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Non c’è più acqua!
Erano arrivati altri quattro viaggiatori. Cosetta pensava che era notte, notte fonda, che all’improvviso i bicchieri e le caraffe delle stanze dei viaggiatori dovevano essere riempiti, e che non c’era più acqua nella cisterna.
Ciò che la rassicurava un po’ era che dai Thénardier non si beveva molta acqua. La sete non mancava, ma era una sete che si placava più facilmente con la bottiglia che con la caraffa. Chi avesse chiesto un bicchiere d’acqua tra quei bicchieri di vino sarebbe sembrato un selvaggio a tutti quegli uomini.
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Ci fu però un momento in cui la bambina tremò: la Thénardier sollevò il coperchio di una pentola che bolliva sul fornello, poi prese un bicchiere e si avvicinò svelta alla cisterna. Girò il rubinetto. La bambina alzò gli occhi per seguire ogni sua mossa. Dal rubinetto uscì un sottile filo d’acqua che riempì il bicchiere per metà.
«Non c’è più acqua» disse, e poi tacque per un momento. La bambina non respirava.
«Bah» disse la Thénardier, guardando il bicchiere mezzo pieno, «questa basterà.»
Cosetta tornò al suo lavoro, ma per più di un quarto d’ora sentì il cuore in gola.
Contava i minuti che passavano e desiderava che fosse già il mattino del giorno dopo.
Di tanto in tanto uno dei bevitori si affacciava in strada ed esclamava:
«È buio pesto!» o «Bisogna essere un gatto per andare in strada senza lanterna a quest’ora!»
E Cosetta rabbrividiva.
All’improvviso uno dei viaggiatori disse con voce dura:
«Non hanno dato da bere al mio cavallo».
«Sì, l’hanno fatto» disse la Thénardier.
«E io dico di no, la mia locandiera» disse il mercante.
Cosetta era uscita da sotto il tavolo.
«Oh, sì, signore!» disse, «il cavallo ha bevuto, ha bevuto dal secchio, pieno, e sono stata proprio io a dargli da bere, e gli ho parlato.»
Non era vero. Cosetta stava mentendo.
«Ecco una grande come uno scricciolo che dice bugie grandi come una casa» gridò il mercante.
«Ti dico che non ha bevuto, piccola sfrontata! Quando non ha bevuto, ha un modo di soffiare che riconosco bene.»
Cosetta insistette, e aggiunse con voce rauca per l’angoscia, che si sentiva appena:
«E ha anche bevuto molto!»
«Andiamo» disse il mercante con rabbia, «non perdiamo tempo, che si dia da bere al mio cavallo e facciamola finita!»
Cosetta tornò sotto il tavolo.
«In effetti è giusto» disse il Thénardier, «se quella bestia non ha bevuto, deve bere»; poi, guardandosi intorno: «ebbene, dov’è finita quell’altra?»
Si chinò e scoprì Cosetta rannicchiata all’altro capo del tavolo, quasi sotto i piedi dei bevitori.
«Vuoi venire?» le urlò.
Cosetta uscì dal buco in cui si era nascosta.
La Thénardier proseguì:
«Signorina io-so-tutto, vai a portare da bere a quel cavallo».
«Ma signora» disse Cosetta con voce fievole, «non c’è acqua.»
La Thénardier spalancò la porta che dava sulla strada.
«Che aspetti? Valla a prendere!»
Cosetta chinò il capo e andò a prendere un secchio vuoto che stava nell’angolo del camino.
Il secchio era più grande di lei e la bambina avrebbe potuto sedercisi dentro comodamente.
La Thénardier si rimise ai fornelli e assaggiò con un cucchiaio di legno il contenuto della casseruola, sempre brontolando:
«Ce n’è alla sorgente… che sarà mai!…»
Cosetta rimase immobile, con il secchio in mano e la porta aperta davanti a lei.
«Muoviti dunque!» gridò la Thénardier.
Cosetta uscì. La porta si richiuse.