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La storia dei ghisa milanesi La nascita della scuola di difesa personale
Fino verso La metà dell'anno 1906, non si era mai pensato, a Milano almeno, e, che si sappia, anche negli altri comuni d'Italia, di dare agli agenti della sorveglianza pubblica una speciale e metodica istruzione di contegno per quei casi nei quali, per necessità di servizio fosse per decorrer loro di intervenire con la forza in aiuto delle autorità, al fine di sedare una rissa e separare i riottosi, difendere un cittadino sopraffatto da una aggressione, costringere un ribelle alla immobilità, disarmare un violento pericoloso, condurre alle sezioni un arrestato riluttante e via di seguito.
Poiché gli agenti, per cura del Comune, vanno generalmente armati di bastone e di rivoltella, si riteneva che, così armati, fossero già sufficientemente preparati e protetti per qualunque occasione.
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Inoltre sì facendo loro raccomandazioni generiche per eccitarne il coraggio e infondere in loro calma e prudenza; si lodavano e si promuovevano gli esercizi fisici: mandandoli alle lezioni di tiro a segno; provvedendo che si addestrassero con la ginnastica e la scherma d bastone. Si presumeva, del resto non senza fondamento, che, nell'occasione, gli agenti avrebbero saputo valersi di tutti questi mezzi con energia e discernimento. Tuttavia, nel caso pratico, raramente, occorrendo una circostanza molto pericolosa, l'agente riusciva a disimpegnarsi bene, senza danno proprio ed altrui, senza grave fatica e coraggio non comune, senza aver usato atti dí brutalità, aggiungasi pure necessaria, senza aver affrontato gravissime responsabilità per l'uso dell'arme, e senza avere sollevato negli astanti segni di riprovazione o, peggio, atti di ribellione, infine senza aver suscitato altri inconvenienti che non giova aggiungere (…)
Verso la fine dell'anno 1907, si presentò all'onorevole Sindaco di Milano, allora signor Marchese Ponti, insieme all'assessore del Riparto della Sorveglianza signor Dr. Ettore Candiani e altre autorità, un Saggio, che osiamo chiamare notevole, sui risultati della Scuola di Prova. Il tentativo era riuscito, parzialmente s'intende, ma già con l'evidenza di tale pratica utilità e facilità di applicazione da potersi ormai considerare come necessario corredo di cognizioni per un agente; ii metodo era degno quindi di essere reso completo e perfezionato.
A tale intento, si scelsero altri agenti che si unissero a quelli che avevano già dato così bel contributo alla prova, che fisicamente e moralmente dessero affidamento di una buona riuscita, e si continuarono a fare esperimenti ed esercitazioni. Nell'agosto del 1908 venne quindi mandato a Londra, alla scuola di SelfDefence dei Policeman of the London Police, il Funzionario della sorveglianza, signor Armani, ad apprendervi quel metodo, già da alcuni anni adottato dalla polizia londinese. Con la guida dei signori: Inspector Hewitt, Sergeant Martin e West, il detto signor Armani ebbe campo di esperimentare personalmente la bontà del metodo, di impararlo e di perfezionare soprattutto la difesa dal coltello.
Passato quindi a Parigi vi ripetè studi ed esperimenti sia presso quella polizia come rivolgendosi a maestri privati, dai quali però non trovò nulla di eccezionalmente notevole.
Tornato in Italia, volle ancora profittare dell'insegnamento di un maestro di lotta giapponese, dello jiu jitsu, in quegli anni assai celebrato; e fu il signor Soyer, dal quale ebbe preziosi insegnamenti pratici. Fu nel venturo 1909 che il metodo cercato si potè dire del tutto ritrovato. E' ii "Metodo di Difesa personale" ora in uso presso il Corpo della Sorveglianza Urbana di Milano, adatto ai nostri mezzi fisici, semplice ed efficace, di applicazione sicura e di facile apprendimento. Si tratta di un metodo a portata di ognuno, da potersi insegnare senza troppo sacrificio di tempo e soverchio sforzo di buona volontà da chichessia, e che risponde a quel concetto di reale superiorità per cui l'agente interessato in una delle circostanze più sopra accennate, può con calma e sicurezza, in breve e senza brutalità, imporre a chi tocca gli atti della sua autorità (…)
Da quanto si è detto , con i mezzi cui dispone, si presume anche di avere dimostrato, si conclude che un agente della forza pubblica, così e destrato, potrà mantenere anche nei casi più difficili del suo servizio esterno un contegno fermo ed energico sulla coscienza della propria superiorità e quindi difendere , difendersi, disarmare, arrestare, immobilizzare persone pericolose a sé e agli altri, condurre ribelli, senza essere obbligato a trascendere in atti meno decorosi alla sua dignità, essere insieme quel valido e buon soldato della paterna autorità del Comune, dove si esercitano pacificamente le facoltà e i diritti personali dei buoni e liberi cittadini.
ComandanteCarloMella