NOVEMBRE 2010 WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT
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ESCLUSIVO LETTERA ORIGINALE DI MESSA IN SONNO DI LICIO GELLI Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, erede di Armando Corona nella successione alla Gran Maestranza della Loggia d’Italia Umsoi.
ARMANDO CORONA
L’ E R E D I T À
BEPPE PISANU L’ISOLA, L’ANTIMAFIA E SEMPRE MORO
Jerzu è il Cannonau un binomio frutto di un’autentica passione di chi da generazioni coltiva la vite in un territorio unico e irripetibile da sempre vocato al vino
Vitivinicola Antichi Poderi Jerzu s.c.a. - Via Umberto I, n. 1 - 08044 Jerzu (OG) Tel. 0782 70028 Fax 0782 71105 - antichipoderi@tiscali.it
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NOVEMBRE 2010 WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT
ESCLUSIVO LETTERA ORIGINALE DI MESSA IN SONNO DI LICIO GELLI Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, erede di Armando Corona nella successione alla Gran Maestranza della Loggia d’Italia Umsoi.
ARMANDO CORONA
L’ E R E D I T À
BEPPE PISANU L’ISOLA, L’ANTIMAFIA E SEMPRE MORO
Foto di copertina, Simone Ariu
2€
ANNO XXXVIII - N. 4 - NOVEMBRE 2010 Direttore responsabile GIORGIO ARIU giorgioariu@tin.it In redazione Simone Ariu, Maurizio Artizzu, Lorelyse Pinna, Antonella Solinas
DALLA BALENA BIANCA ALL’ANTIMAFIA
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Scritti Giorgio Ariu, Antonello Angioni, Paolo Fadda, Francesco Fuggetta, Giampaolo Lallai, Lorelyne Pinna, Roberto Piras, Claudia Sarritzu, Alessandra Scifoni, Maria Sias Fotografie Simone Ariu, Maurizio Artizzu, Roberto Ferrante, GIA foto, Mario Lastretti, Nino Muggianu, Sarah Pinson, Alessandra Scifoni, Enrico Spanu Redazione e Centro di Produzione via Sardegna 132 - Cagliari Tel. 070.728356 - Fax 070.728214 giorgioariu@tin.it - www.giacomunicazione.it
L’EREDITÀ DI ARMANDO CORONA
Grafica e impaginazione GIA Comunicazione
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Concessionaria per la pubblicità GIA Comunicazione Stampa e allestimento Grafiche Ghiani Distribuzione Agenzia Fantini S.P. Sestu Km 5.200 - Tel. 070 261535 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI CAGLIARI N. 21 DEL 23 GENNAIO 1973 UFFICIO DEL GARANTE PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI REGISTRO NAZIONALE DELLA STAMPA N. 3165
MITICO
CAGLIARI
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EVOCARE IL PASSATO ANTICIPANDO IL FUTURO
CATERINA MURINO
SOGNI E BISOGNI QUARTU, SELARGIUS E QUARTUCCIU
giorgio ariu editore Premio Europa per l’Editoria Premio Editore dell’Anno per l’impegno sociale e la valorizzazione della cultura sarda www.giacomunicazione.it
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fastiggiu de una borta Sue cussu de oi
Dialogo
POVERTÀ, DROGA, MINORENNI CHE SI VENDONO... SPIRITO DEL TEMPO
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utti insieme contro la crisi, aveva strillato la copertina de Il Cagliaritano prima dell’estate più rovente, velenosa e gossipara. In questo spazio si chiedeva alla politica, al sindacato e a tutte le forze produttive di sollevare l’asticella del dialogo, di svelenire i toni e di eliminare il gioco al massacro delle strumentalizzazioni e delle frapposizioni da ultrà. La Sardegna dei cassintegrati, delle ciminiere spente e dei giovani già vecchi e senza futuro chiede a gran voce lo spirito del tempo, un collante che metta insieme tutte le energie possibili per cercare spiragli di luce. Cittadini e pastori insieme, burocrati e imprese e i giovani poi, attori di un presente e di un futuro lontano dai tentacoli delle scorciatoie, delle
Dialogo devianze o delle rassegnazioni. Paolo De Angelis, magistrato silenzioso e infaticabile nella lotta alle mafie e al traffico della droga, ha sgominato più di una banda multietnica con l’isola facilitatrice di sponde e di consumi senza precedenti. S’allunga la lista dei tossici, sfrecciano auto di lusso, minicar e motorini trendy e dopati, sgomitano vite spericolate e si gonfia l’esercito dei minorenni con troppi soldi in tasca, sbarbine superaccessoriate di telefonini e griffe addosso. Famiglie distratte, anche quelle a secco di risorse già a metà mese. Altre con la testa dall’altra parte: non si accorgono di nulla? Fiumi di soldi che vagano per la notte, talvolta la mattina, stanchissima e sballata agli ingressi delle scuole. Crisi a tutto campo, con la caduta dei valori e i messaggi e gli esempi devastanti di questi anni cialtroni. In Consiglio Regionale approda finalmente una proposta di legge (“Norme a favore della famiglia”, primo firmatario Mario Bruno del Pd) che punta a tutelare e incentivare le 659 famiglie con particolare attenzione verso quelle che vivono sotto la soglia di povertà e quelle numerose: in questo periodo in cui tutti i valori sono messi in discussione, la famiglia deve essere al centro dell’attività legislativa”. Qualche goccia nel mare della disperazione e qualche sussulto per quelle case dove se suoni il campanello nessuno risponde: sono rimaste lì solo il silenzio e l’orgoglio, dove un tempo c’era la classe media.
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L’EREDITÀ DI ARMANDO CORONA
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on Armando Corona ha vissuto intensamente gli ultimi dieci anni del Grande Maestro della Massoneria, poi ne ha raccolto l’eredità spirituale. Gianfranco Pilloni, da via Roma osserva il porto e gira il mondo: “ovunque ci sono il ricordo e l’immagine alle pareti di zio Armando. Ha soddisfatto la nostra curiosità e per la prima volta varchiamo la soglia della Istituzione. Così si racconta e enfatizza la trasparenza della Massoneria. Poi ci offre un documento mai uscito dalle segrete stanze: è del 1981 a firma Licio Gelli che spiega la “Filosofia Massonica”, la P2, il rapporto con i “tre Saggi”, e, udite udite, la richiesta di “essere messo in sonno per tutto il tempo che mi occorrerà per preparare e definire la mia difesa”. Un documento straordinario che apre scenari nuovi sulla Grande Questione.
I giusti e sacrosanti ULTIMATUM DEL PRESIDENTE AL GOVERNO CENTRALE
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ell’attuale congiuntura economica la necessità che il Governo nazionale sincronizzi l’agenda politica coi tempi della Sardegna rappresenta un’esigenza inderogabile e improcrastinabile. La nostra isola ha necessità di recuperare ritardi decennali e patisce un divario infrastrutturale rispetto ad altre Regioni, che richiede un’attenzione straordinaria e costante. Se le Regioni del Nord hanno mille motivi per chiedere attenzione, la Sardegna ne ha diecimila. Non chiediamo un nuovo assistenzialismo. Chiediamo ciò che ci spetta per essere nelle condizioni di essere artefici e responsabili del nostro futuro e realizzare un modello di sviluppo che si fondi sulla nostra cultura e sulle nostre tradizioni. Non chiediamo altro che avere le stesse condizioni di partenza delle altre regioni italiane ed europee. Per questo non possiamo permetterci di fare sconti né sui tempi, né sulle risorse e chiediamo che la questione sarda, in tutte le sue sfaccettature, sia avvertita come una priorità assoluta dall’Esecutivo. Occorre aumentare la pressione nei confronti dello Stato e del Governo nazionale affinché i giusti e sacrosanti diritti dei Sardi possono trovare piena espressione e concreta realizzazione. Fin dall’inizio del nostro mandato abbiamo adottato come
diritti dei sardi
metodo ordinario quello della concertazione, dalla quale è emersa in tutta evidenza la necessità di avere da Roma le risposte che la Sardegna chiede da molti decenni. Partendo da quanto emerso dai tanti momenti di ascolto con i rappresentanti del territorio, con i sindacati e con gli altri protagonisti nel nostro sistema, stiamo predisponendo con cura una piattaforma di richieste sulla quale vogliamo fondare una rivendicazione forte nei confronti dell’Esecutivo nazionale. Indicheremo
una serie di priorità, molte delle quali sono già note al Governo, rispetto alle quali ci aspettiamo uno sforzo straordinario e un’attenzione costante da parte dei Ministri. Questa azione sarà incisiva tanto quanto sarà forte la coesione politica e sociale e il superamento di particolarismi locali, partitici o personali, che devono cedere il passo a superiore interesse generale del popolo sardo. Ugo Cappellacci Governatore della Regione Sardegna
RISPETTEREMO TUTTI GLI ACCORDI
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ispetteremo ogni accordo, non ci saranno passi indietro sulle intese che la Regione ha firmato con le associazioni di categoria e con il Movimento dei pastori. Stiamo lavorando perché ora è il momento di agire e siamo convinti che il Disegno di legge sull’Agricoltura potrà essere la base per affrontare questa crisi e porre le basi perché i problemi di cui si parla da troppo tempo non si ripresentino tra due o tre anni. In questo momento è necessario che ognuno facci la propria parte (istituzioni, associazioni, settore primario e di trasformazione) e gli interventi della Giunta inseriti nel prov-
vedimento in discussione in Aula assicurano il sostegno della Regione. Ma con una novità importante rispetto al passato: per la prima volta, ogni aiuto regionale sarà condizionato da azioni che il comparto dovrà attuare per modernizzare il settore e per renderlo più competitivo, in primis l’aggregazione e la diversificazione delle produzioni. Nessuna sparizione di fondi, come è stato dichiarato. I 6 milioni ai quali si fa riferimento sono solo per l’intervento relativo ai Paesi in via di sviluppo. A questi si aggiungono i 10 milioni per il 2010 e il 10 per il 2011 e i 14 più 4 milioni che gestirà Agea per il bando destinato agli indigeni.
il Cagliaritano
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ESCLUSIVA: CONVERSANDO CON BEPPE PISANU
Dalla Balena Bian Moro in Sardegna con Dettori e Paolo Fadda.
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i Giuseppe Pisanu – già ministro ed oggi presidente della Commissione parlamentare antmafia – sono amico da una vita. Cioè da quando, giovanissimi, militammo insieme in quella che un estroso giornalista avrebbe definito la grande “balena bianca” dell’oceano politico nazionale. In quella DC ci trovammo assai vicini intellettualmente, impregnati di quel popolarismo assai distante dal clericalismo di certe parti di quel partito. S’aveva come maestri Maritain e Lazzati e non s’aveva timore di leggere e citare Croce e Gramsci. Ambedue, mi pare giusto ricordarlo, s’era seguaci e ammiratori di Paolo Dettori, lo straordinario profeta di una Sardegna redenta dalle tante sue afflizioni. E, ancor più, militanti in quella pattuglia d’avanguardie democristiane che erano “gli amici di Aldo Moro”. Del grande statista pugliese Pisanu sarebbe divenuto uno degli uomini di
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il Cagliaritano
punta, un homo novus capace di interpretare con forte caratura intellettuale, il “nuovo” tempo della politica. E per il suo esordio parlamentare, nella campagna elettorale del 1972, proprio Moro giunse in Sardegna per tirargli la volata, in uno straordinario incontro, popolatissimo di sardi giunti da ogni dove nonostante la giornata atmosfericamente infelice, che si svolse nell’ippodromo di Chilivani. Più che un comizio – viene da ricordarlo – fu una festa, un happening politico straordinario, con due primattori d’eccezione, Moro e Pisanu, appunto. Da allora il suo far politica fu tutto un cursus honorum, e di cui – per chi gli volle essere sempre amico – non se ne può che essere lieti. Perché si è trattato di successi strameritati. Dalla diaspora della DC in poi, i nostri incontri si sono rarefatti, ma non ha perso certo calore ed affetto la nostra amicizia. Perché anche in questa sta-
gione berlusconiana “Peppe” Pisanu è rimasto sempre lo stesso, con la sua indipendenza intellettuale e con la sua riconosciuta etica politica. Anche perché, tra i reduci della grande e avvincente stagione democristiana, c’è, e rimane, una straordinaria solidarietà, come nel secolo precedente s’era stabilita fra i reduci garibaldini. Perché anche quello scudo crociato come quella camicia rossa sarebbero rimasti impressi indelebilmente nella pelle di ciascuno. “Peppe” lo rincontro al teatro Lirico, in occasione della cerimonia di premiazione dell’Alziator di letteratura, dove anch’io ero fra i premiati per un saggio biografico su Giovanni Antonio Sanna, un grande sardo ed un grande italiano rimasto, purtroppo, dimenticato. Non è un’occasione qualunque, quindi. E vale un reincontrarsi in amicizia per riparlare insieme di quel che è più attuale nel tempo d’oggi. Il Sanna della
anca all’antimafia
di Paolo Fadda
Sotto, Beppe Pisanu riceve il “Premio Alziator” dal sindaco di Cagliari Emilio Floris.
mia biografia è il tramite del nostro discorrere su quel che, da sardi, ci brucia dentro. Cioè che nel ricordare i 150 anni dell’Unità nazionale si sia disconosciuto e dimenticato quel che fu il ruolo, l’impegno e la volontà dei sardi nel volere e nel costruire l’Italia unita. Pisanu dice d’averne parlato più volte con Giuliano Amato a cui è affidato il compito del ricordo celebrativo, e di volerne coinvolgere il governatore Ugo Cappellacci perché la Sardegna rivendichi il suo ruolo ed i suoi meriti nel processo risorgimentale. Perché la Sardegna deve pretendere ed ottenere un posto d’onore nel ricordo di quel marzo 1861 che vide nascere il Regno d’Italia. Che altro non fu – come sostiene autorevolmente lo storico Francesco Cesare Casula – di un cambio d’intestazione del precedente Regno di Sardegna, perché rimasero tali lo Statuto, le leggi e lo stesso sovrano che volle mantenere, tra l’altro, lo
stesso ordinario (rimase infatti Vittorio Emanuele II nonostante fosse divenuto il primo re d’Italia). Di questi rapporti “Stato nazionale-Regione sarda”, in una chiave di paritàreciprocità, l’amico Pisanu ne è da tempo un deciso sostenitore, perché non ha mai inteso dimenticare quante difficoltà si frapposero al riconoscimento di un’autonomia “compiuta”, cioè aderente agli indirizzi dei padri costituenti. Ora, anche il centocinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale non può, né deve vedere la Sardegna ignorata o marginale, perché il ruolo che i sardi ebbero in quel processo risorgimentale (soprattutto dei migliori e più autorevoli fra essi, come Giorgio Asproni e Giovanni Antonio Sanna) fu politicamente ed intellettualmente importante. Certo, nel parlare di quest’argomento, traspare nelle parole di Pisanu tutta la sua preoccupazione per una Sardegna
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in difficoltà, e – non secondariamente – per una caduta della “carica” autonomistica che da diversi anni sembra aver pervaso la politica sarda in indifferenza di schieramenti (forse, anche in questo, c’è il suo personale rimpianto per quella che fu la “stagione” della presidenza di Paolo Dettori e della sua “contestazione-accettazione” nei rapporti con lo Stato). Quest’argomento della memoria, di una Sardegna che dimentica presto e trascura la storia del suo passato, Pisanu lo rimarca più volte nell’amichevole conversazione, perché il caso di Sanna, dimenticato e ignorato nonostante che con il suo piombo di Montevecchio abbia “foraggiato” molte imprese e molti movimenti risorgimentali, no n è differente da quelli di tanti altri nostri corregionali di cui s’è dimenticato persino il nome se non le gesta ed i meriti. Perché è nella memoria del proprio passato che si trovano i valori per costruire il proprio futuro. Se questo vale per una nazione giovane come gli States americani, ben più a ragione deve valere per una Sardegna la cui storia passata affonda nel pozzo dei secoli. In questo suo essere sempre intellettualmente vicino dei problemi della
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“sua” isola, “Peppe” conferma tutta la sua sardità, il suo voler essere un politico “sardo” a 360 gradi. Precisando che proprio quel suo legame ancestrale con la piccola patria sarda andrebbe sempre inteso non come una chiusura autarchica nei confronti del mondo esterno ma come una capacità d’aprirsi al mondo in una rivendicazione di pari capacità e di eguali attitudini. Perché la sardità non sta nell’accento ruvido o nel cantilenare della parlata, o – ancora – nel ritenere che solo quello che è sardo è buono e bello, ma deve consistere nell’impegno e nella volontà d’ogni sardo di scalare le gerarchie – politiche, economiche, scientifiche, artistiche – del mondo globale. Mancando questa volontà e questo impegno – o lasciandoli cadere come spesso viene da rilevare – i sardi sarebbero condannati ad una sudditanza deteriore, rimanendo quasi figli d’un dio minore. Tra l’altro, da qualche tempo Pisanu va esprimendo, anche pubblicamente, le sue valutazioni su una politica (anche quella dello scenario nazionale) che non riesce ad esprimere tutte quelle valenze necessarie per affrontare i gravi problemi del presente. Rimanendo lontano dai bisogni e dalle attese della gente. D’altra parte, per un politico di lungo corso come lui, il giudizio viene assai più facile contenendo, inoltre, una buona caratura di esattezza. Anche nella sua attuale milizia politica, Pisanu ha mantenuto intatto tutto quel “moroteismo” che era stato il balsamo rigeneratore della spenta DC dei
Piccoli e dei Bisaglia. E per non andare lontano dall’isola, di quella “balena bianca” del clericalismo integralista dei “comitati civici” e del partito “d’un arcivescovo”. Un balsamo che andrebbe inteso come la capacità intellettuale di voler “leggere” le questioni politiche con l’indipendenza del giudizio e non con l’obbedienza cieca allo scorrere dei fatti e delle guide. Anche per l’isola, per la stagione politica che l’isola va attraversando, ci vorrebbe una sveglia, una resipiscenza d’orgoglio e d’impegno per andare oltre il deterioramento provocato da guide assai poco sapienti ed avvedute; per invertire la marcia d’un declino avviato in un pericoloso piano inclinato; per costruire infine un nuovo progetto “d’azioni politiche” che apra per i sardi un tempo meno ingrato e pericoloso. Di ritrovata speranza nel futuro prossimo venturo. Lo pensa Pisanu, come s’intuisce da taluni suoi accenni, anche perché non nasconde la sua disponibilità nell’essere a fianco di quanti, qui nell’isola, vogliano impegnarsi per quella che potrebbe definirsi una nuova “rinascita”. C’è una memoria da riscoprire, un impegno da ritrovare, delle regole etiche da rispettare e delle capacità da valorizzare al meglio, perché la sardità di cui in tanti ci vantiamo qui nell’isola diventi lo strumento per poter gareggiare nel mondo d’oggi. Forse sta in questo – lo diciamo sottovoce – il “moroteismo” in chiave sarda che Pisanu predilige e che ci annuncia.
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DALL’ARCHEOLOGIA POLITICA AL NUOVO STATUTO CON I SARDI UNITI E PROTAGONISTI IN EUROPA
A VIA SARDA AL FEDERALISMO
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a presidente del Consiglio Regionale Claudia Lombardo aveva denunciato la necessità di una riscrittura dello Statuto al convegno “Federalismo, Autnomia, Sovranità: un nuovo Patto Costituzionale per la Sardegna”, organizzato ad Abbasanta da Cgil, Cisl e Uil. L’autonoma determinazione è il solo strumento che può creare le condizioni affinché l’Isola possa recuperare i ritardi infrastrutturali derivanti dalla sua particolare condizione geografica. Riscrivere lo Statuto è urgente ma questa riscrittura non deve risultare una “perifrasi” di quello esistente: «riformulare l’attuale Statuto infatti non condurrebbe di sicuro a un successo, in quanto si continuerebbe a scrivere norme nuove su norme vecchie, creando così maggiori problemi di quanti già attualmente ne esistono», aveva detto la Lombardo. Quattro le direttrici indicate in quella occasione dalla presidente per a nuova Carta: la necessità che la Sardegna si costituisca in Regione Autonoma con l’attribuzione di tutti i poteri ad eccezione di quelli di ordine federale, la necessità che tutti i rapporti tra Sardegna, Stato centrale e Unione Europea si ispirino al principio secondo il quale tutti i popoli hanno pari dignità e pari diritti e la necessità che al Popolo Sardo, in quanto nazione senza stato, sia riconosciuta la possibilità di riformare la propria Carta fondamentale ne rispetto del patto con lo Stato e l’Europa, ma anche del suo diritto di scegliere in che modo essere parte della Repubblica italia-
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na e dell’Unione Europea. In questo percorso, che durerà non meno di tre anni, il Consiglio Regionale deve assumere il ruolo di “agorà” permanente del Popolo Sardo. La presidente aveva quindi concluso con un appello all’unità: «mettiamo, dunque, al bando divisioni anacronistiche, faziosità perdenti e futili incomprensioni per dare ai sardi un nuovo motivo di orgoglio verso una così rinnovata classe dirigente capace di assumersi in pieno la responsabilità di guidare il destino della Sardegna attraverso una “Via Sarda al Federalismo”». Di recente è tornata sull’argomento al convegno “Uno Statuto per la Sardegna del XXI secolo”, tenutosi a Sassari e organizzato dall’Associazione degli ex consiglieri regionali. «La riscrittura dello Statuto è il presupposto per lasciarsi alle spalle l’”archeologia politica” caratterizzata dalla spesso sterile rivendicazione intorno all’insufficienza dell’istituto autonomistico», ha affermato la presidente, «solo riscrivendo la nostra Carta Costituzionale potremo avviarci verso la progettazione di un nuovo modello politico e istituzionale che conferisca una diversa veste giuridica alla partecipazione della Sardegna all’interno dell’ordinamento della Repubblica Italiana e dell’Europa». «Una carta statutaria europeista e federale dove le funzioni siano caratterizzate da una sovranità diffusa con conseguente ripartizione delle funzioni esclusive tra “Regione-Stato-Unione Europea” sulla base di principi di sussidiarietà, leale collaborazione e solidarietà», quella
auspicata dalla Lombardo. Sarà necessario anche «un momento di crescita culturale che porti tutti i sardi a considerare l’evoluzione da autonomia a federalismo non solo come momento di passaggio normativo, ma come coscienza di un popolo che vuole assumersi direttamente le responsabilità che derivano dal governo del proprio territorio». Il Parlamento sardo, secondo la presidente, deve essere parte attiva in questo processo, assumere un ruolo di guida politica e morale, e trovare una volontà di agire comune e un clima unitario nel quale operare le necessarie modifiche al dettato costituzionale. «La Sardegna può e deve intervenire con un proprio specifico contributo di progettualità che si incanali nell’alveo di questa corrente riformatrice europea», ha concluso Claudia Lombardo, «la riforma dello Statuto, soprattutto in una regione ad autonomia differenziata, è un compito che non può essere lasciato esclusivamente al legislatore nazionale, ma deve essere un’iniziativa di quello regionale. Per questo il Consiglio Regionale si è fatto interprete della ormai matura coscienza di autogoverno dei sardi, che sono consapevoli di voler diventare padroni del loro futuro».
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L’EREDITÀ DI ARM 12
il Cagliaritano
DOSSIER MASSONERIA INCONTRO CON IL GRAN MAESTRO DELLA GRAN LOGGIA D’ITALIA U.M.S.O.I. GIANFRANCO PILLONI
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lla domanda Cosa pensa del caso della loggia P3?, entrambi mostrano disappunto. Nessun paragone: la P2 era una cosa seria, la P3 no. Licio Gelli la definisce “un sodalizio tra affaristi”, mentre la sua era un’associazione massonica finalizzata a fare del bene, e si ritiene offeso dall’accostamento a Flavio Carboni. Gianfranco Pilloni, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia a Cagliari, ne parla come di “un’associazione tra quattro sfigati”. Entrambi sostengono che Carboni non sia mai stato un massone: «nella nostra istituzione possono entrare solo persone oneste, di specchiata moralità», spiega Gelli. Pilloni è ancora più chiaro: «per essere affiliati alla Gran Loggia d’Italia bisogna presentare un certificato penale immacolato». La massoneria è, secondo Pilloni, un’istituzione che ha come fine il miglioramento, il recupero e la conservazione dei vecchi valori, per primo il rispetto del prossimo e di chi sta male. «Non chiediamo a nessuno di declinare la propria professione. Accettiamo persone perbene, distinte, libere e pulite. Qua dentro siamo tutti fratelli», dice. «Anche la loggia P2 aveva come fine il miglioramento, quello del Paese: istituzioni più forti e anti-comunismo, ciò di cui l’Italia aveva bisogno in quegli anni», spiega Gelli. Parla del gran maestro sardo come di “un vero amico” e sono molti i suoi legami con l’Isola. Fu proprio in Sardegna che Licio Gelli fu iniziato alla massoneria nel 1944, durante una sorta di confino a La Maddalena, quando si ritrovava spesso con il sindaco Marchetti che, come racconta, gli ripeteva che purtroppo l’essere fascista gli impediva di entrare a far parte dell’istituzione. Ma gli anni del fascismo non li rinne-
ga, anzi se li ricorda come tra i più belli della sua vita e vent’anni dopo divenne comunque affiliato del Grande Oriente d’Italia. «Il fascismo è stata un’esperienza che dovrà essere analizzata con più serietà sotto il profilo storico», afferma. Ha un bel ricordo anche degli anni passati in Sardegna, dell’ospitalità, di quando fece amicizia con il maresciallo incaricato di controllarlo e riuscì persino ad avviare un’attività commerciale: vendeva filo per cucire in cambio dei monili d’oro che abbellivano i costumi tradizionali sardi, unica valuta di scambio in quel periodo. E oggi? La politica ha perso ogni riferimento ideale secondo Gelli: «tutti, maggioranza e opposizione, sembrano più tesi a fare i propri interessi, quelli della propria famiglia e del proprio gruppo di potere». Pilloni è meno disilluso: «io non guardo ai partiti ma alle persone. Il mio voto se lo devono meritare». E mentre le carte di Licio Gelli finiscono pian piano nelle mani dello Stato, il 90% si trova già all’Archivio di Stato di Pistoia, la massoneria continua ad esercitare il suo fascino tra i giovani: per loro il gran maestro Pilloni ha fondato una loggia a Cagliari, “Erasmus”, che conta 60 iscritti tra gli studenti universitari.
MANDO CORONA il Cagliaritano
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Il presidente dell’U.m.s.o.i. Giancarlo Simonetti, il Sovrano Gran Commendatore Armando Corona e il Gran Maestro Gianfranco Pilloni.
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el sontuoso ufficio del Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. incontriamo Gianfranco Pilloni, 33° grado del R.S.A.A., nominato Gran Maestro per volere e indicazione del fondatore della Gran Loggia d’Italia Armando Corona. Quando ha incontrato per la prima volta il Gran Maestro Armando Corona? Sentii parlare per la prima volta del Potentissimo Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. dell’U.m.s.o.i. negli anni ’80, in un modo molto singolare. Non dimentichiamoci che le origini del Gran Maestro Armando Corona sono di Jerzu, paese dell’Ogliastra dove nacque il padre, trasferitosi poi per motivi di lavoro nel vicino Sarrabus a Villaputzu. Anche io sono di Jerzu, e avevo una personale amicizia con un cugino del Gran Maestro, Luigino Corona, quindi frequentavo la sua casa a Pelau, in agro di Jerzu. In una di queste visite
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il Cagliaritano
vi trovai il giornale La Voce Repubblicana. Allora ero un attivista democristiano e chiesi con meraviglia al mio amico come mai quel giornale si trovasse lì. Mi rispose che provvedeva a farglielo arrivare tutti i mesi suo cugino Armandino. Aggiunse che era una persona molto importante ma senza scendere nei dettagli. Dopo qualche anno accompagnai a Cagliari ziu Luigineddu ed ebbi il grande onore di conoscere Armando Corona. Da quel momento nacque una simpatia reciproca, poi tramutata in grande stima e grande affetto. Per la seconda volta la Sardegna si onora di avere ai vertici della Massoneria un suo conterraneo e, nel suo caso, non solo della assoneria italiana. Dai documenti che ci ha mostrato si evince che la Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. di fatto rappresenta gli Stati Uniti d’America, naturalmente mas-
L’EREDITÀ
DI ARMANDO CORONA sonicamente parlando. Leggo che siete riconosciuti dalla Gran Loggia del Mondo di Washington e siete autorizzati a riconoscere altre grandi logge in vari Stati del mondo… Questo non può che riempirmi di grande onore. Spero che questa nostra meravigliosa terra di Sardegna possa esprimere ancora in futuro altri Grandi Maestri. Penso non ci sia da meravigliarsi, l’Isola è sempre stata fucina di grandi personalità sia del mondo culturale che di quello politico. Abbiamo avuto l’onore di avere due Presidenti della Repubblica. Per quanto mi riguarda, rappresento un’obbedienza massonica autorizzata a riconoscere altre grandi logge, quindi una Potenza Massonica a tutti gli effetti: la Marea Loggia Rumena, la Gran Loggia del Brasile Glob, la Gran Loggia Sovrana della Repubblica de Colombia, la Gran Loggia del Perù e quella della Bulgaria sono regolarmente riconosciute da noi. Sotto, il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. Gianfranco Pilloni consegna i riconoscimenti al Gran Maesto della Gran Loggia Soverana U.m.s.o.i. della Repubblica de Colombia Luis Cayon. Sotto a destra, la sede della Gran Loggia Soverana U.m.s.o.i. della Repubblica de Colombia.
Uno dei saloni della Gran Loggia d’Italia nella sede di Cagliari.
Lei ha cinquant’anni e gira il mondo a dettare i valori della massoneria, ma soprattutto porta avanti un’eredità molto pesante, quella di Armando Corona… Ha proprio ragione, un’eredità che pesa come un macigno. Il fratello Armando Corona è stato in assoluto il più grande Gran Maestro che la massoneria mondiale abbia avuto. Fu lui, nel periodo dello scandalo della P2, a salvare la massoneria dal tracollo competo con le sue scelte coraggiose. L’eredità è molto pesante ma allo stesso tempo gioiosa e colma di grandi soddisfazioni. In tutto il mondo massonico quando si fa il nome di Armando Corona tutti i fratelli si mettono all’ordine e regolarmente il venerabile ordina l’applauso. Tutto il mondo sa chi è stato Armando Corona e in tutte le
L’EREDITÀ
DI ARMANDO CORONA
Sopra, il Gran Maestro Gianfranco Pilloni a Caracas in compagnia del Gran Maestro della Gran Loggia del Brasile Glob, col Sovrano del R.S.A.A. della Gran Loggia del Venezuela, il Gran Maestro della Bolivia, e il Gran Maestro della Gran Loggia del Perù. A lato, il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. Gianfranco Pilloni firma, nella sede della Gran Loggia d’Italia in Cagliari, i riconoscimenti alla Gran Loggia del Brasile Globo nella persona del suo Gran Maestro Dorival Fiorini e alla Marea Loggia Rumena U.m.s.o.i. nella persona del suo Gran Commisario Bogdan Panaite.
Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni riceve un dono dal Gran Mufti della Siria Ahmad Badr Al-Din Hassoun.
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il Cagliaritano
parti del mondo si stanno aprendo delle logge a lui dedicate. Con la sua nomina a Gran Maestro l’età media in massoneria si è abbassata notevolmente… Il mio modo di vedere la Massoneria è questo: rispetto assoluto per “i vecchi” che con la loro saggezza devono essere la guida dell’istituzione, ma largo ai giovani perché sono il nostro futuro. Le dirò di più, dalla Gran Loggia d’Inghilterra, dove mi onoro di avere grandi amici, mi dicono di essere oggi in grande difficoltà proprio per la mancanza di giovani. Quindi la mia politica è giusta: largo ai giovani con il rispetto più assoluto verso i più maturi. Cos’è la Massoneria? Rispondo dicendo cosa non è: la Massoneria non è una lobby di affari, anche se nulla impedisce ai fratelli di fare affari nella vita profana e penso senza alcuna ipocrisia che
sia un loro diritto campare e portare il pane a casa. Caro direttore, vede, la Massoneria è un ordine iniziatico, i cui membri operano per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo e dell’Umana Famiglia; La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e morale. Essa lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilità del-
singola persona umana, e riconosciamo ad ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della verità. Essa inizia soltanto uomini di buoni costumi, senza distinzione di razza o di ceto sociale. I lavori di Loggia sono di natura strettamente riservata, ma non segreta. Il Massone è tenuto a rispettare scrupolosamente la carta Costituzionale dello Stato in cui risiede o che lo ospita, e le leggi che ad essa si ispiraIl Gran Maestro Gianfranco Pilloni in occasione della sua visita in Siria viene ricevuto dal Ministro delle Comunicazioni del Governo Siriano e un componente della famiglia del Presidente Hassan.
le proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in Massoneria se prima non abbia dichiarato esplicitamente di credere nell’Essere Supremo; non è una religione, né intende sostituirne alcuna: non pratica riti religiosi, non valuta le credenze religiose, non si occupa di nessun tema teologo e non consente ai suoi membri di discutere in Loggia in materia di religione. La Massoneria lavora con propri metodi mediante l’uso di rituali e di simboli, coi quali esprime ed interpreta i principi, gli ideali, le aspirazioni, le idee ed i propositi della propria essenza iniziatica. Essa stimola la tolleranza, pratica la giustizia, aiuta i bisognosi, promuove l’amore per il prossimo e ricerca tutto ciò che unisce tra di loro gli uomini ed i popoli, per meglio contribuire alla realizzazione della fratellanza universale; affermiamo l’alto valore della
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no. La Massoneria non permette ad alcuno dei suoi membri di partecipare o anche semplicemente di sostenere o incoraggiare qualsiasi azione che possa turbare la pace e l’ordine liberamente e democraticamente costituito dalla società. La Massoneria è apolitica. Essa impone ai suoi membri i doveri di lealtà civica, riserva loro il diritto di formare la propria opinione riguardo agli affari pubblici, ma né in Loggia né in qualsiasi altro momento dell’attività massonica è consentito loro di discutere in ma-
Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni al momento del suo ingresso in Loggia a Bogotà.
teria di politica. I massoni hanno stima, rispetto e considerazione per le donne. Tuttavia, essendo la Massoneria l’erede della tradizione Muratoria operativa, non le ammette nell’Ordine. Ogni membro, al fine di rendere sacri i propri impegni, deve aver prestato Solenne Promessa sul Libro della Legge, da essa ritenuta sacra. La Massoneria cerca di imporre con tutte le sue forze il credo negli antichi valori, ossia il rispetto assoluto per il prossimo, il perdono e soprattutto la sopportazione e l’aiuto del prossimo bisognoso. Chi sono i gran fratelli massoni e come si entra in Massoneria? I massoni sono uomini liberi, di buoni costumi e sani principi, degni di essere definiti uomini in quanto tali, e non perché figurano nel registro all’anagrafe. In Massoneria non si decide di entrare, si viene chiamati. Devi essere scelto e solo dopo aver passato un’attentissima selezione potrai essere ammesso. Ha mai sentito parlare di palline bianche e nere? Quella è la selezione. Se un fratello mette nell’urna una pallina nera non si verrà mai ammessi. E cosa mi dice invece dei cappucci? Due sole parole: leggende metropolitane. Una nota dolente: il rapporto tra la Massoneria
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L’EREDITÀ
DI ARMANDO CORONA
Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni decreta i riconoscimenti alla Gran Loggia Soverana della Repubblica de Colombia.
e la Chiesa… Le rispondo con un invito: venga a casa mia e troverà la risposta. Dormo con la foto della Madonna sopra il letto e la foto di Padre Pio sul comodino. E le dico di più, se va a vedere “L’Unione Sarda” del 27 settembre, un articolo titola “Una statua per Padre Pio”, e nella foto, accanto al vescovo Monsignor Antioco Piseddu che benedice la statua, ci siamo io e la mia famiglia. Abbiamo fatto dono della statua, il vescovo sapeva chi aveva organizzato tutto. Quindi non c’è nessun problema, anzi rispetto assoluto. In quell’occasione il segretario dello Stato Vaticano Cardinale Tarcisio Bertone ha fatto giungere con una lettera il saluto del Santo Padre Pio XVI alla comunità jerzese. Questo è il mio rapporto personale con la Chiesa Cattolica. Le aggiungo anche che in Massoneria sono presenti anche dei preti cattolici, che occupano ruoli di rilievo nella Chiesa stessa, preti ortodossi e figure di tutte le religioni. Un piccolo, ulteriore dettaglio: se si è atei non si viene ammessi in Massoneria. Ho visto che ai festeggiamenti della breccia di Porta Pia era presente anche il Cardinal Bertone, questo vuol dire qualcosa: forse finalmente la Chiesa di Roma ha capito che non siamo una componente a
lei avversa. Su L’Unione Sarda Licio Gelli disse di essere legato alla Sardegna per due persone, il Presidente Francesco Cossiga e il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, a cui è legato da un rapporto di grande amicizia… Quando è uscito l’articolo mi trovavo all’estero e mi è stato riferito. Sapevo della grande stima reciproca che legava Licio al Presidente Cossiga e per quanto mi riguarda sono onorato della nostra amicizia, che è estesa anche alle nostre famiglie. Con lui ho un rapporto di sincera e pura amicizia personale, basata sul rispetto reciproco e dei ruoli. Non dimentichiamoci che nel bene o nel male ha scritto un pezzo di storia d’Italia. Io la mia idea sul Venerabile Maestro Licio Gelli e la “R.L. Propaganda 2” me la sono fatta, ed è nella mia mente anche abbastanza chiara. Vede direttore, spesso un conto è ciò che la storia scrive, un altro sono i fatti realmente accaduti. Le faccio una confidenza: nel caso specifico regna una grossa componente: il falso moralismo. Farò a lei e alla sua testata un grosso regalo, un documento inedito che forse servirà a chiarire il falso moralismo di cui parlo e quale fosse l’esatto rapporto di Licio Gelli e la P2 con il Grande Oriente d’Italia e i suoi vertici. Scelga lei se pubblicarlo o no, noi massoni non abbiamo niente di cui vergognarci, siamo persone pulite, uomini di buoni costumi. Visto che siamo in tema, cosa ne pensa dello scandalo della nuova P3? P3, P4, magari tra un po’ anche P5. Ma sono solo sigle che di volta in volta si affiancano a certi fatti che non riescono a trovare spiegazioni. Mi creda, sono solo quattro amici al bar che volevano fare il business e soprattutto tanta millanteria; è la sola verità, tutti i paragoni non reggono. Ma secondo lei è possibile paragonare un’associazione massonica ad un sodalizio di affaristi? Solo millanteria. Basti pensare che le persone che sono coinvolte non potrebbero mai far parte di una istituzione massonica perché hanno varie condanne sulle spalle. Quindi nessun accostamento all’istituzione massonica visti i principi di alta moralità su cui si basa. Sarà sempre un’istituzione distante da questi personaggi.
Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni a Villa Wanda, ospite di Licio Gelli.
A cura di Giorgio Ariu
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LA LETTERA DI RICHIESTA DI MESSA IN SONNO CHE IL VENERABILE DELLA P2 HA INVIATO AL GRANDE ORIENTE D’ITALIA NEL 1981 Abbiamo pensato di pubblicare copia integrale della lettera inedita dalla quale si evince che la P2 era, a tutti gli effetti, una loggia regolare del Grande Oriente d’Italia. 20
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e disegni un cerchi di gesso attorno ad un tacchino esso ne viene psicologicamente condizionato tanto da non riuscire più ad uscire da questa sua cella immaginaria. L’aquila, il più longevo degli animali, può vivere fino a settanta anni purchè attorno ai quarant’anni prenda una
cruciale decisione. A questa età infatti il suo becco e i suoi artigli sono tanto consumati che le diventa impossibile afferrare le prede. Le sue ali sono poi tanto appesantite dalle vecchie penne che non le consentono di spiccare il volo. A questo punto o si lascia morire o affronta il doloroso processo di rinnova-
mento che dura circa 150 giorni.. Cioè deve rintanarsi in cima ad una montagna e battere il becco contro una roccia fino a consumarlo del tutto. Quando si sarà formato un nuovo becco potrà beccare le unghie dei suoi artigli fino a distruggerli. Quando saranno rinate le unghie potrà con queste liberarsi delle vecchie penne. E così dopo cinque mesi
luogo caotico, un susseguirsi di interventi spesso scoordinati e incidentali dove le diverse amministrazioni non sono state in grado di programmare e dirigere le pressioni speculative di una crescita urbana sempre più incontrollata con l’inevitabile conseguenza dei livelli di qualità del pae-
dell’aquila disposta ad affrontare dolorosi processi pur di conquistare una vita nuova connotata dalla forza e dalla qualità. La metafora mi sembra appropriata ad una riflessione sulla odierna qualità dell’ambiente urbano cagliaritano e sulle scelte che la città stessa si trova ad affrontare: difficili sfide alla ricerca di un delicato equilibrio fra sviluppo innovazione, sostenibilità, coesione sociale con l’obiettivo di livelli di qualità ambientale sempre più alti. Oltre cento anni fa Cagliari, dopo l’Unità d’Italia, ha affrontato un processo di rinnovamento sostanziale che ha originato la città “fuori dalle mura” la cui matrice è ancora oggi leggibile nel fronte-mare, negli edifici storici, nelle periferie consolidate, negli stessi quartieri popolari più antichi. Dal dopoguerra ad oggi la città è divenuta un
saggio e dell’ambiente fisico e sociale. Il tema della qualità investe l’ambiente, la società la sua cultura e la sua organizzazione imponendo una rielaborazione di concetti e metodi che fino a poco tempo fa venivano applicati a discipline specifiche inerenti il controllo di qualità dei processi di produzione o dei prodotti mentre l’ambiente e il paesaggio che ne è espressione diviene oggi la principale risorsa di cui la città dispone per la conservazione dei suoi ecosistemi e per la caratterizzazione del proprio spazio insediativi. Se è ormai ovunque acquisita l’esigenza di attribuire alla città valenze di qualità sempre più alte tuttavia ragionare sui nuovi livelli di qualità della vita urbana non è semplice perché le interpretazioni molteplici che cerchiamo di dare sono comunque settoriali: perché la qualità è in fondo un concet-
to legato a fattori soggettivi; perché varia in funzione del dei diversi fruitori; perché varia in funzione del contesto cui si riferisce; perché varia in funzione dei livelli sociali e culturali; perché non può essere espressa con valori assoluti ed è soggetta a continue variazioni; perché i parametri di riferimento cambiano così come cambiano i valori sociali i modelli di comportamento o le stesse leggi dell’economia. Con riferimento all’ambiente urbano possiamo dare una prima definizione di qualità dicendo che:qualità significa capacità di soddisfare esigenze di tipo materiale e morale, sociale ed economico proprie della vita civile e produttiva op-
Maurizio Artizzu
sarà nuovamente pronta a spiccare il volo un volo che le consentirà di vivere altri trent’anni. La nostra vita può essere simile a quella del tacchino imprigionato dai pregiudizi o dell’aquila rassegnata che preferisce morire anziché rinnovarsi. Ma può anche essere simile a quella
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portunamente identificate e tradotte in determinati requisiti concreti e misurabili. Sempre con riferimento all’ambiente urbano ricordiamo che le prime fondamentali problematiche legate alla qualità della vita nelle città del 1800 sono generate dall’esigenze di sicurezza e di salubrità nonché dalla necessità di assicurare un minimo di comfort allo spazio abitativo dell’uomo. Fino ad oggi i parametri e gli standards che definiscono la qualità della vita dell’uomo nelle città sono stati improntati a criteri meramente quantitativi. La legislazione urbanistica così come le normative settoriali o i regolamenti edilizi infatti individuano standards numerici che fanno riferimento all’uomo assunto come unità di misura secondo l’impostazione concettuale razionalista definendo di vol-
ta in volta le quantità minime di riferimento (Mc/mq di verde per abitante, 100 mc ad abitante) mentre la realtà operativa odierna con i suoi stili di vita profondamente differenti impone la ricerca di nuovi parametri ispirati a criteri di valenza qualitativa capaci di interpretare lo spazio di relazione dell’ambiente urbano e di dare l’avvio ad un completo processo di riqualificazione che coinvolge: La funzionalità della maglia urbana; il paesaggio e le risorse culturali; l’immagine ambientale e le architetture; la cultura diffusa e la funzione simbolica che essa esprime. Sulla qualità dell’ambiente urbano di Cagliari si è incentrata già da tempo una ricerca avviata in sede accademica col corso di recupero e riqualificazione urbana della facoltà di Ingegneria,e proseguita di recente con
risorse del Movimento di Opinione a Cagliari . La nostra indagine, svolta con metodo di monitoraggio ambientale sugli spazi fisici e con indagine diretta sugli abitanti di alcuni quartieri, si è focalizzata su quelli che sono gli aspetti oggettivi e soggettivi per comprendere e dare un nuovo contributo al concetto di qualità urbana. Per descrivere e individuare i nuovi livelli di qualità ci siamo poste il problema di definire quelli che sono i parametri che permettono di misurarla, differenziando i parametri stessi in base alle esigenze fisiche, morali e materiali dell’individuo. Estrapolando i requisiti fondamentali della città fisica e della città immateriale si evidenziano i parametri di maggiore rilevanza: Tra i parametri materiali si sottoli-
neano i parametri di funzionalità del sistema delle attrezzature, dei servizi delle infrastrutture (sia puntuali che di rete), di fruibilità, che deriva dalla organizzazione di uno spazio in modo ordinato e razionale; di accessibilità che consente di utilizzare in maniera equiparata gli spazi urbani e i servizi ad essi annessi Fra i parametri immateriali assumono rilevanza i concetti di: solidarietà, integrazione interscambio, uguaglianza che delineano un ambiente di relazione e cooperazione tra gli individui agevolando così la loro identificazione e il loro benessere nella città. Tra i parametri morali è emerso anche il concetto di pari opportunità per il quale si intende garantire ed assicurare agli individui il loro “inserimento” nella vita sociale a prescindere dal loro stato sociale, culturale ed economico. Tra quelli fondamentali emergono naturalmente sicurezza e salubrità. Ovvero, la salute e l’incolumità delle persone come esigenze primarie dell’individuo. Ma nella verifica delle valenze di qualità dello spazio urbano come si può intuire dall’indagine diretta è emersa in maniera inequivocabile l’importanza di tutti i fattori di qualità ambientale intrinseci e specifici dello spazio fisico (con attenzione ai fattori naturalistici, storici e culturali e con rilevanza particolare dei fattori climatici). Così si spiega come Cagliari, pur penalizzata dall’essere una città insu-
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lare e da una manifesta carenza culturale (nel senso del sapere comune sull’educazione e sulla cultura ambientale) che si riflette sull’urbanistica, sulla qualità architetture, sulla carenza degli interventi di restauro, venga comunque ritenuta, nella percezione generale, una città di altissima qualità ambientale. Nei requisiti esigenziali si rileva la ricorrenza di carenze nel sistema del verde, nel degrado di alcuni quartieri, nella qualità dei linguaggi architettonici, nell’efficienza dei servizi, nel sistema della ricettività e dell’accoglienza. Dai dati della rilevazione diretta e del monitoraggio ambientale , per un corretto approccio alla progettazione ambientale ovvero per l’avvio di processi di sviluppo sostenibile supportati da dati fondamentali che consentano di ragionare su nuovi livelli di qualità degli spazi di vita sia privati che di relazione si sono approfonditi i futuri scenari possibili e/o probabili nel medio periodo. Nel tentativo di focalizzare le problematiche contestuali, abbiamo preso come riferimento i dati di medio trend, di rilevanza nazionale, inerenti la realtà urbana contemporanea che definiscono, con attendibilità le principali tendenze ed i probabili scenari futuri. Distinguendo gli scenari, come modalità complessive legate all’abitare e relativamente stabili nel medio e nel lungo periodo, dalle tendenze intese più mutevoli, vicine alle oscillazio-
ni delle mode e del gusto e soggette alle proposte del mercato siamo andati a leggere ed interpretare i “Living Trends” ovvero le tendenze a medio temine in atto nelle città Italiane del meridione, che possiamo sintetizzare come segue: Crescita zero; invecchiamento della popolazione; aumento del tempo libero; incremento del settore dei servizi; incremento del terziario (sociale mercantile avanzato); incremento del settore tecnologico. Con attenzione naturalmente ai grandi temi della tutela degli ecosistemi e dello sviluppo sostenibile, crediamo siano questi i punti cruciali del odierno dibattito perché dalla corretta interpretazione degli scenari e delle tendenze dipende essenzialmente la qualità della nostra vita futura ed è questa è la base di partenza che riteniamo di approfondire nella fase di elaborazione di prospettive nuove per una città di grandi potenzialità che intenda sviluppare in maniera intelligente le proprie risorse.Se questi concetti possono sembrare scontati ricordiamo tuttavia che la qualità non si raggiunge una volta per tutte, è una conquista fragile che richiede cure incessanti e dedizione tenace. Per raggiungere alti livelli di qualità della vita occorre uno sviluppo culturale sensibile e l’azione congiunta di molti fattori: Occorre un’esatta e intelligente interpretazione degli scenari futuri per i quali è forse necessaria anche una buona dose di intuito e fantasia che sono sintesi magica della creatività con cui produciamo idee e della concretezza con cui riusciamo a realizzarle. Occorre la capacità di raggiungere una dimensione globale ma di conservare la dimensione locale per mantenere intatto il genius loci, quello spirito dei luoghi che caratterizza e rende unici i diversi spazi, Occorre unire l’etica con l’estetica per avere condivisione e sicurezza Occorre avere un alto livello di cultura diffusa ed un sano rapporto con il tempo per essere in grado di evocare il passato anticipando il futuro.
L A METRO DI VIA ROMA «In metropolitana da piazza Repubblica a via Roma entro il 2012», aveva affermato Giovanni Caria, il presidente dell’Arst, l’azienda unica dei trasporti che ha unito all’Arst le Fms e le Fds. Ma è un’utopia almeno per ora, ha poi ritrattato. Per ora è stata appaltata la tratta Gottardo-Policlinico ed è stata indetta la gara per quella GottardoSettimo San Pietro, ma non ci sono i soldi per i percorsi cittadini. Di quei 320 milioni di euro stanziati dalla Giunta Soru per realizzare la rete metrotranviaria nel 2008 non è rimasto nulla. Si sperava nell’utilizzo dei binari del vecchio tram per realizzare la promessa di Caria ma neanche i 22 milioni di euro necessari ci sono. Il presidente Cappellacci aveva addirittura firmato un’intesa con il Governo che garantiva uno finanziamento di 740 milioni di euro per la realizzazione della linea sotterranea e delle maggior parte delle tratte di superficie che avrebbero dovuto collegare Cagliari all’hinterland, e anche di quei soldi neanche l’ombra. Angelo Carta, l’assessore regionale ai Trasporti, ha affermato: «lo Stato ci deve 1,6 miliardi di entrate fiscali, 2,2 di fondi Fas e ci impone il blocco della spesa a causa del patto di stabilità. Bisogna battere cassa con il governo amico, che fino ad oggi tanto amico non è stato, per ottenere i soldi che ci devono. Altrimenti i progetti non li rea-
lizziamo». Senza contare che i progetti si contraddicono tra loro: la Regione vorrebbe una metropolitana leggera e ha commissionato uno studio di fattibilità all’impresa d’Apollonia, mentre il sindaco Emilio Floris sostiene vigorosamente la metro sotterranea. I soldi restano comunque il problema principale e non solo nella realizzazione di nuovi progetti. Il direttore del Ctm Ezio Castagna ha lanciato l’allarme: sono probabili dei tagli nelle corse tra 2011 e 2012. «L’ex assessore ai Trasporti Liliana Lorettu ci convocò e ci preannunciò un taglio del 10 per cento. Non ho mai capito se si trattasse di un annuncio di riduzione dei contributi regionali o se intendesse dire che dobbiamo tagliare il 10 per cento dei chilometri percorsi dai nostri autobus», ha spiegato, «se devo risparmiare il 10 per cento vuol dire che se oggi facciamo circa 12 milioni di chilometri all’anno, ne devo tagliare 1,2». E si chiede: «abbiamo comprato in tuta l’Isola 290 autobus nuovi e ora che facciamo, li tagliamo? Sarebbe paradossale, soprattutto in una regione dove i trasporti hanno grossi problemi e nella quale molti comuni chiedono al Ctm di gestire il trasporto pubblico su tratte brevi». Ma se così fosse la metropolitana, leggera o sotterranea, sarebbe l’ultimo dei problemi dei trasporti pubblici cagliaritani.
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iù ci si allontana dal centro di Cagliari, più si respira un’aria di calma e umiltà. Almeno questo si percepisce attraversando le strade di periferia, ascoltando stralci di discorsi della gente che passeggia, guardandosi attorno senza andare troppo in profondità. La realtà è che la crisi ha colpito anche e soprattutto i piccoli centri, che le persone ricercano ovunque le soluzioni ai medesimi problemi. La crescita demografica è uno dei primi fattori che ha contribuito al cambiamento del volto dell’area del cagliaritano, un’area che sempre più affannosamente cerca di avere le sembianze di una grande città, di essere all’altezza della modernità e del pro-
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QUI QUARTU, SELARGIUS E QUARTUCCIU
SOGNI E BISOGNI gresso sognato. I fatti testimoniano una lenta ma continua migrazione dei residenti da Cagliari verso i comuni dell’hinterland, comuni che offrono spazi ancora non congestionati e case a prezzi più accessibili rispetto a quelle del capoluogo. Dati che risalgono al 2006 ci dicono che tra i lavoratori dell’area vasta cagliaritana ben il 62,5% è pendolare e si sposta nel capoluogo per lavorare. Si può facilmente immaginare che con la crisi degli ultimi anni questa percentuale non possa che essere aumentata. L’ingresso giornaliero di vetture a Cagliari è passato dalle 50.000 unità del 2001, che si sommavano alle 100.000 auto dei residenti, alla cifra di 170.000 vetture al giorno nel 2010. È chiaro che si voglia trovare una
soluzione a tutto questo, con la progettazione di continui miglioramenti al trasporto pubblico e la creazione di una rete estesa di metrò elettrici, nonché con l’assegnazione di maggiori funzioni di servizio ai comuni dell’hinterland. Ciò che sicuramente non manca sono proprio i progetti. I comuni dell’area vasta, e qui parlerò di Selargius, Quartucciu e Sinnai, non stanno certo sonnecchiando, sono propositivi e attivi e non rassegnati ai problemi vecchi e nuovi a cui devono far fronte. A partire dai bisogni più semplici, quasi primari: si pensa a ristrutturare strade, impianti elettrici, edifici, soprattutto asili, scuole e palestre, a riqualificare aree ambientali, a sorvegliare, a valorizzare.
Fotoservizio di Alessandra Scifoni
Gran parte dei finanziamenti, il comune di Selargius li utilizzerebbe per il settore socio assistenziale e culturale, per i servizi ambientali e tecnologici e, ovviamente, per le opere pubbliche. Si fa riferimento soprattutto al recupero funzionale, architettonico e sociale, di strutture già esistenti; alla riqualificazione del Riu Saliu, della sistemazione a verde del parco San Lussorio e dei lavori in piazza Si’e Boi; del mantenimento dei livelli di raccolta differenziata e della tutela delle aree soggette ad abbandono indiscriminato di rifiuti, tramite videosorveglianza e pulizia ad opera del cantiere “Sardegna fatti bella”. Senza dimenticare tutti quei lavori di manutenzione degli impianti elettrici, termici, antincendio e di sicurezza.
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Il sindaco di Quartucciu tende a mettere in evidenza l’impegno nel non lasciare abbandonate a loro stesse aree della città non ancora inglobate nel tessuto urbano. A questo scopo si stanno cercando di portare avanti diversi lavori per migliorare la viabilità e la generale condizione di lottizzazioni come La Freccia Verde, e della località di Sant’Isidoro. Anche Sinnai deve fare i conti con diverse ristrutturazioni: dalla chiesa di Santa Barbara e quella di San Giuseppe a Solanas, al Municipio e alla Pinacoteca, senza contare il discorso “depuratore” che, a causa dei tempi lunghi derivati dalla gestione congiunta di Regione, comuni e Abbanoa, non è ancora stato risolto. Il problema più diffuso e anche più sentito dalla cittadinanza, è sicuramente quello del lavoro. Come ho già detto, la crisi di questi ultimi tempi, non ha fatto altro che aggravare una situazione già difficile nei paesi e ora ampiamente diffusa anche nelle grandi città, non solo italiane. Ciò che mi sembra importante sottolineare è la lunga strada che deve percorrere l’abitante dell’hinterland cagliaritano, non solo in senso letterale: la lunga strada verso una buona formazione, verso la realizzazione delle proprie aspirazioni e potenzialità. Non solo esistono ancora giovani che non sanno cosa sia un curriculum in formato europeo, ma addirittura alcuni non hanno la minima idea di come si possa e si debba redigerne uno, in modo da valorizzare le proprie qualità e competenze. Per questo c’è da augurarsi che progetti di formazione affianchino sempre
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di più quelli riguardanti l’occupazione, ai quali si stanno dedicando un po’ tutte le amministrazioni dell’area vasta. “Io lavoro”, progetto promosso dall’Assessorato attività produttive e politiche del lavoro di Selargius, dal Csl di Quartu Sant’Elena e dall’Agenzia regionale per il lavoro, è riservato ai residenti di Selargius, e offrirà la possibilità a 86 disoccupati o inoccupati di svolgere un tirocinio retribuito presso aziende dello stesso comune, per un periodo che potrà raggiungere i 6 mesi. Certo il numero dei richiedenti è stato circa quattro volte superiore a quello dei tirocini offerti, ma è comunque un’opportunità, un primo passo da non sottovalutare. Qualcosa di simile farà il comune di Quartucciu, che darà lavoro ad un certo numero di giovani per almeno quattro mesi. Sinnai, come altre cittadine del cagliaritano, si impegna nell’offrire lavori di pubblica utilità, in primo luogo alle famiglie o ai singoli in difficoltà che ne facciano richiesta. Ma non solo: si preoccupa di favorire le nuove imprese, nonostante la riluttanza, non sempre ingiustificata, dei giovani. Così, ad esempio, è nata una cooperativa sociale che si occupa di giardinaggio, e saranno attive a breve diverse botteghe artigiane nella piazza di Sant’Isidoro. Un’attenzione particolare è data, nonostante i continui tagli ai finanziamenti, all’ambito culturale. Questi comuni contano un numero di associazioni molto alto. Selargius, ad esempio, ha 105 associazioni, la maggior parte delle quali sportive, ma
anche quelle di carattere culturale, come quelle musicali e folkloristiche, nonché quelle dedite al volontariato sociale, sono molto attive. Obiettivo del comune è quello di sostenere tutte queste associazioni; mira alla “privatizzazione” delle strutture sportive, tramite la concessione in gestione, e al mantenimento delle tradizioni locali, in particolare alla valorizzazione dell’Antico Matrimonio Selargino. Stesse speranze nutrono i quartucciai, che aspettano cambiamenti e migliorie sia nel centro sportivo “Le Serre”, sia nella biblioteca comunale “Francesca Sanna Sulis”. Ancora a Quartucciu ci si sta dando da fare per rendere operativi spazi e strutture del nuovo parco intitolato a Sergio Atzeni e si conta di fare lo stesso col parco archeologico Pill’ ‘e Mata, nella zona industriale. A marzo di quest’anno c’era stata l’inaugurazione sia del museo che del parco archeologico e una mostra, “Luce sul Tempo”, era stata allestita presso il centro culturale DoMusArt, meglio noto come ex Casa Angioni. Questo spazio è da molto tempo utilizzato da numerose e diverse associazioni per la realizzazione di manifestazioni di carattere culturale, spesso a sfondo benefico. Anche la promozione e la valorizzazione della cultura e della lingua sarda, sono tra i principali obiettivi delle amministrazioni dell’area vasta di Cagliari e della stessa Provincia. Una testimonianza tra tante è il concorso di poesia “Quartucciu”, giunto quest’anno alla sua terza edizione, che comprende, oltre alla sezione in lingua italiana, una doppia sezione
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in sardo, rima e verso libero. Questo concorso, come pure altre manifestazioni e feste, ha visto una buona partecipazione di pubblico. Altrettanto attivo e partecipativo è il popolo di Sinnai, ricco di associazioni sportive, cooperative o semplici gruppi di appassionati, che si occupano di mantenere vive le tradizioni locali e di promuovere i diversi aspetti culturali e ambientali del luogo. La cooperativa Bios, ad esempio, gestisce il Civico
Museo Archeologico e la Pinacoteca, il Museo del Cervo Sardo e il Giardino Botanico di Maidopis, e si occupa di percorsi didattici teorico-pratici ed escursioni per scolaresche e comitive. Non dimentichiamo poi la presenza della Scuola Civica di Musica, gestita dall’associazione musicale “G.Verdi”, che richiama l’attenzione ben al di fuori dell’area sinnaese. Molto successo ha inoltre ottenuto quest’estate la rassegna teatrale “Il colore rosa”, organizzata, come nei passati cinque anni, dall’Effimero Meraviglioso; la mostra sull’archeologia subacquea e quella sulla navigazione nuragica, tenutesi nel Centro di Educazione Ambientale di Solanas; nonché l’ormai famosa manifestazione Monumenti Aperti, che coinvolge molti comuni in tutta la Sardegna. Qui, forse più che altrove, il comune cerca di valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico, favorendo l’organizzazione di seminari, mostre e conferenze, adatte sia ad un ap-
profondimento specialistico, sia alla semplice e suggestiva conoscenza del passato di questa cittadina e delle sue antiche e ancora vive risorse. Viene da chiedersi se i giovani dell’area vasta cagliaritana, come gli stessi della “grande città”, non sentano invece più forte il bisogno di modernità e innovazione, la volontà di sentirsi proiettati in una realtà europea, forti della propria identità, ma non per questo meno interessati al cambiamento. Nonostante le innumerevoli difficoltà di tutte le amministrazioni comunali, aggravate dal Patto di Stabilità, colpisce positivamente la volontà di ognuna di loro di informare il cittadino, renderlo partecipe dei meccanismi di progettazione, gestione e attuazione, coinvolgerlo nelle varie attività. Cittadini, sappiatelo, è vostro diritto partecipare ed essere informati dalle istituzioni, magari alcune risposte non vi piaceranno o non vi aiuteranno ad avere una soluzione facile ai vostri problemi, ma almeno sarete consapevoli. Ed è questo il primo passo per realizzare i propri sogni.
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F ERTILISSIMA SESTU
QUI I RECORD DELL’ORTOFRUTTA E DELLA NATALITÀ
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estu è conosciuto soprattutto per la sua vocazione agricola e probabilmente in pochi sanno che è attualmente il paese in Sardegna con l’età media più bassa, 36,7 anni, e con il più alto tasso di natalità. Un dato che non dovrebbe stupire se si considera che questo paese, come tutti quelli del circondario di Cagliari, è entrato a far parte delle ambizioni abitative dei cagliaritani, soprattutto dei giovani che cercano di comprare casa, un sogno ormai pressoché irrealizzabile nel capoluogo. La sua popolazione è passata dai poco più di 15 mila abitanti del 2001, ai quasi 20 mila del 2009: una crescita supportata dal sorgere di nuovi complessi residenziali, quasi tutti integrati nel tessuto del paese. Le scuole elementari occupano tre edifici e le scuole medie due, la biblioteca comunale è ben fornita e divisa in due settori, ragazzi e adulti. Molte anche le piazze e gli spazi verdi. «È una realtà viva ed economicamente solida», sostiene il vice-presidente del Consiglio Regionale Michele Cossa, avvantaggiata dalla sua posizione strategica, riconosciuta sin da tempi antichissimi: le origini di Sestu infatti risalgono ai tempi dei cartaginesi (III millennio a.C.) e il suo nome, come quello di Quartu e altri paesi, deriva proprio da “Ad sextum lapide”, l’indicazione della posizione del paese lungo la strada romana che da Cagliari portava a Porto Torres. Il ritrovamento di alcuni reperti di epoca imperiale e i documenti di epoca giudicale e feudale dimostrano la sua vitalità lungo tutto il corso della storia sarda. Oggi si trova
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circondato dalle principali arterie di accesso al capoluogo, da cui lo separano solo pochi chilometri, per la maggior parte quindi rapidamente percorribili. Per non parlare della vicinanza con la nuova Cittadella Universitaria e con il Policlinico e i grossi centri commerciali che lo circondano, prima fra tutti “La città del sole” con il suo cinema multisala. Nonostante questa crescita è rimasta una realtà a misura d’uomo. Le persone si conoscono e si raccontano le ultime lungo strada e nei negozi, d’estate si siedono fuori dai portoni delle case a prendere il fresco, i ragazzini girano per le strade in bicicletta…Insomma a Sestu si vive ancora e bene. Come afferma categorico il vice-presidente Cossa, «non è di sicuro un “paese dormitorio”». Anche se bisogna ammettere che per qualcuno ci si dorme soltanto. Molti dei nuovi abitanti infatti non si sono integrati nella vita del paese, ci tornano solo la sera dopo la giornata di lavoro passata a Cagliari e si sentono fondamentalmente cittadini. Come gli abitanti del nuovo complesso di Cortexandra, una serie di palazzi costruiti fuori dal centro abitato lungo la ex-131, che niente hanno a che vedere con la vita quotidiana sestese, perchè neanche attraversano le vie del paese. Sestu vive dunque una doppia dimensione di paese ancora molto vivo e di nascente “dormitorio”. «Sono state fatte molte promesse durante la campagna elettorale», denuncia il vice-presidente, «ma i nuovi abitanti lamentano una scarsa considerazione da parte della amministrazione comu-
di Lorelyse Pinna
nale». Si pensi che nella cooperativa “Dedalo”, abitata fin dal 2000, non è possibile avere il telefono fisso perché non sono stati ancora passati i cavi… «Soprattutto i giovani lamentano la scarsità di proposte che li coinvolgano e li trattengano in paese», conclude. Molte pizzerie e pochi pub o locali in cui passare una serata con gli amici senza necessariamente spostarsi in auto, feste patronali e paesane ma pochi eventi dedicati ai giovani che rendano il paese un polo di attrazione non solo per la sua tranquillità, ma anche per le possibilità che offre. Proprio queste nuove esigenze potrebbero diventare la spinta e il terreno fertile sul quale costruire una nuova immagine di Sestu, senza che per questo si debbano abbandonare le tradizioni e le “care vecchie abitudini”.
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il Cagliaritano
LA
Maurizio Artizzu
R
ipensare la città, la sua identità e il suo destino: per renderla più moderna, più dinamica e più competitiva. Fare di Cagliari una città leader per i servizi di eccellenza che sia in grado di offrire - ad un’area sempre più vasta - università, teatro, porto, aeroporto, ospedali. Individuare, in altri termini, nuove strategie e nuovi modelli dello sviluppo urbano che consentano un diverso approccio col territorio regionale e con la comunità che ne è interprete. In questa prospettiva “Cagliari capitale” dunque non è né uno slogan né un blasone acquisito per decreto. Costituisce sempre più una realtà operativa in quanto la città rappresenta, già oggi, una porta dell’internazionalizzazione dei territori circostanti, vale a dire uno dei luoghi in cui nasce e si sviluppa - soprattutto attraverso l’Università ed i centri della ricerca scientifica e tecnologica avanzata - la conoscenza, la modernità, l’innovazione e la creatività. La città del futuro dovrà essere quindi un milieu di conoscenza (formazione, cultura, ricerca, scienza e tecnologia) integrato col mondo delle professioni e dell’impresa. In altri termini, Cagliari dovrà essere il motore del progresso sociale e della crescita economica e civile di una vastissima area della Sardegna. La Cagliari del futuro - di cui oggi si pongono solide basi - dovrà essere una moderna città internazionale, protagonista in Sardegna, nel Mediterraneo e in Europa. A tal fine occorre innanzitutto rafforzare il sistema portuale nell’ambito delle “autostrade del mare”. Seguendo tale prospettiva si ribalta l’orientamento nord-sud, ancora prevalente, alla luce di una più approfondita analisi quantitativa e qualitativa dei traffici marittimi attuali e potenziali. E’ in questo rinnovato scenario globale che, tra l’altro, le “autostrade del mare” sono state riconosciute come un asse strategico del sistema infrastrutturale e trasportistico europeo, così come nei rapporti di prossimità con l’Est Europeo, i Balcani, il Nord Africa, il Caucaso ed il Medio Oriente. In particolare l’area mediterranea dovrà costituire un luogo privilegiato ed esemplare di relazioni di scambio e cooperazione dirette verso obiettivi comuni di solidarietà e di sviluppo pacifico: qui sorgono città che hanno avuto e tuttora hanno, specie come città-porto, un grande ruolo nella storia e nella vita del Mediterraneo. Le città del Mediterraneo testimoniano millenni di storia comune delle rive e recano ancora i segni di imperi tramontati e di egemonie scomparse, in ogni caso di culture stratificate. Ancora oggi in-
AREA VASTA
A CAGLIARI DEL FUTURO di Antonello Angioni
torno a questo mare ed ai suoi spazi continentali più profondi emergono e si manifestano forme nuove di contatto e di dialogo culturale, flussi di popolazione, convergenze di interessi, integrazioni di fattori produttivi e si sviluppano scambi che tendono ad intensificarsi e a dar luogo ad un vero e proprio processo di interdipendenza e, al limite, di integrazione e unificazione. Il Mediterraneo non è soltanto il grande mare interno su cui si affacciano i Paesi rivieraschi - sedi di alcune delle più antiche e suggestive civiltà umane, oggi raccolte in importanti e vaste comunità politiche, culturali e religiose di popoli e di Stati - ma è anche lo spazio di contiguità fisica tra i grandi continenti dell’antichità: l’Europa, l’Africa rivierasca ed il vicino Medio Oriente. Nasce proprio da questa primaria e oggettiva connotazione geofisica e geopolitica - in un mondo che, come detto, procede verso l’interdipendenza e l’integrazione - la consapevolezza, sempre più chiara e diffusa, che gli interessi e i destini sono comuni per cui vi è l’esigenza di saggiare la possibilità e i modi di un approccio globale ai temi della cooperazione e dello sviluppo comune. In questi anni sono stati fatti notevoli progressi nel senso della presa di coscienza dell’unitarietà e globalità del problema dello sviluppo dell’area mediterranea considerata
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nel suo complesso ma molto resta ancora da fare. In tale ambito l’Università di Cagliari dovrà sempre più affermarsi come punto di riferimento qualificato del sapere e della ricerca scientifica per i Paesi del Mediterraneo. L’Area vasta dovrà polarizzare nuovi investimenti, in particolare nella “filiera del mare”, attraverso l’integrazione di portualità, attività della pesca, turismo crocieristico, nautico, culturale e congressuale. Ma anche nei settori della cantieristica, del rimessaggio e delle esposizioni fieristiche legate al mare. Una città che vuole affermare la sua leadership non può vivere di sussidi. Dovrà essere elaborato un piano straordinario per l’occupazione come grande occasione di crescita economica e civile. Il lavoro non deve mancare, soprattutto alle giovani generazioni che costituiscono il motore del rinnovamento della comunità urbana. Grande impulso dovrà essere assicurato per la salvaguardia dei parchi ambientali, culturali e turistici. Tutte le città a vocazione internazionale legano l’ambiente naturale e storico al turismo e agli eventi culturali. In tale prospettiva anche la “città della musica” - in corso di ultimazione - dovrà assolvere un ruolo fondamentale. Ora non vi è dubbio che la Cagliari del futuro dovrà costituire una sintesi impegnativa tra la memoria storica (sedimento d’identità e luogo ove af-
fondano le nostre radici individuali e collettive) ed i processi di cambiamento e modernizzazione in atto nella società. Cagliari - città di sole e di pietra, levigata dal maestrale e dalla salsedine, che dal respiro del mare ha saputo trarre linfa vitale nel corso dei secoli - deve dunque, sempre più, essere in grado di coniugare il suo passato con le prospettive future. Perché c’è ancora la Cagliari dei palazzi bui, dei vicoli e degli angoli nascosti, dei tanti misteri tutti ancora da decifrare, ricca di umanità, odori, suoni, colori. Ma c’è anche la Cagliari dei commerci, delle industrie, dello sviluppo turistico e mercantile, del porto-container, della cultura moderna e della ricerca scientifica e tecnologica. Due mondi apparentemente diversi e distanti ma, tra loro, contigui e complementari. Del resto la “continuità” rappresenta una costante che permea la storia e la cultura della società sarda, dove il “nuovo” nasce sempre sulle fondamenta del “vecchio”. In questo contesto, la Cagliari del futuro - frutto di una lenta evoluzione maturata sia pur tra significative “rotture” - costituisce la risultante delle stratificazioni formate dal tempo e nel tempo ma sempre modellate dall’azione dell’uomo. La città - sintesi di storia, arte e natura - è oggi un crocevia privilegiato tra l’opera dell’individuo e l’organizzazione pubblica. A quanti la amano è affidato il compito - arduo ma affascinante - di decifrare non solo gli enigmi del passato ma anche di tracciare le prospettive per il futuro.
il Cagliaritano
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QUARTU
NON PIÚ CITTÀ DORMITORIO
PULSANTE di Claudia Sarritzu
“Q
uartu è una città dormitorio, che non riesce a trovare una sua identità e collocazione nell’Area vasta di Cagliari”. Lo diceva Giuseppe Atzeri del Psd’Az a maggio durante l’ultima campagna elettorale che ha visto come coalizione vincente quella di centro destra guidata dall’attuale primo cittadino Mauro Contini. Un problema attuale, attualissimo, trattato da sindaci di entrambi gli schieramenti e da tutti i partiti, ormai da decenni, che non riesce a trovare una soluzione. C’era una volta un tratto di costa a sei metri dal livello del mare che sorgeva a pochi chilometri da Cagliari. I primi a insediarsi sono i fenici. Tantissime località come la stessa Geremeas lo dimostrano, sono infatti parole di origine fenicia. Come i tantissimi cognomi quartesi che hanno la particolarità del tz per il suono di doppia z, che ancora oggi sono presenti in modo molto più frequente in questa parte di costa che in tutta l’isola. I romani la usarono come riserva per gli schiavi. Un luogo abbastanza vicino a Cagliari per essere controllati, ma altrettanto lontano per non disturbare la città “vera”, Caralis, Cagliari. Solo negli anni della dominazione pisana i villaggi collocati nell’attuale città diventano un centro urbano unico e autonomo. Siamo nel 1070. La città ha avuto una storia identi-
ca a quella di Cagliari, stesse dominazioni, sempre all’ombra del centro urbano più importante dell’isola. In fondo a fregare Quartu Sant’Elena è lo stesso nome che deriva dal latino Cuartu, quarto di miglio da Cagliari. Quattro scritto in caratteri romani IV è inciso nella pietra miliare in basso alle due spade incrociate, nello stemma della città. La sua identità inizia a svilupparsi con la nascita di strutture come la cantina sociale, le fornaci di laterizi Picci e quelle di Maxia, la stazione tranviaria, la caserma dei carabinieri, il pastificio Rosas, la distilleria Cabras, la cartiera Perra. Siamo nel ‘900 ormai, e con lo sviluppo di una economia propria, si pone la necessità di dare autonomia amministrativa a un territorio che di fatto è già diviso da Cagliari. È il 1959 quando Quartu diviene città grazie a un decreto del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. “Per le sue tradizioni storiche e per i meriti acquisiti dalla sua Comunità” . La vera crescita demografica vertiginosa, 10 mila abitanti in più in poco tempo, avviene negli anni “70. Ma perché in questi 50 anni la città viene ancora percepita come un satellite, un dormitorio, una città insomma ancora “da fare”? La posizione geografica non facilita assolutamente la possibilità di distaccarsi facilmente dal capoluogo.
La presenza di una spiaggia importante come il Poetto e lo stagno di Molentargius, all’interno del centro urbano, vanno “condivise” con Cagliari. Un matrimonio territoriale scomodo che ha reso fin ora impossibile rilanciare l’identità e l’economia quartese svincolandola del tutto dalla cugina confinante. Più la popolazione di Quartu cresce – 70mila abitanti oggi – più quella di Cagliari diminuisce o tenta di restare immutata grazie alla percentuale crescente di immigrati. Una città sicuramente giovane ormai abitata da tantissimi cagliaritani che abbandonano la loro residenza per comprare casa qui dove i prezzi sono senza dubbio più bassi. Una Quartu che si cagliaritanizza, al punto da rendere ancora più vero l’epiteto di dormitorio. I motivi sono ovvi e risiedono nei servizi e nelle possibilità lavorative che il capoluogo offre, sia nei centri di impiego statale, assessorati, regione, provincia, e così via, sia nel commercio, sono molte di più le aree in cui si concentrano i negozi. Senza parlare di tutte le altre strutture private che hanno i loro locali a Cagliari. L’esodo lo si può vedere dalla prima mattina. Tantissimi gli interventi nel viale Marconi che collega l’hinterland al capoluogo per tentare di risolvere il problema del traffico. Da dieci anni a questa parte l’ultimo progetto, quello
de “Is Pontis Paris,”sembra aver migliorato la situazione, soprattutto nelle ore più a rischio, la mattina presto e la sera. Ma questo esodo e controesodo è la prova di quanto la terza città più grande della Sardegna sia poco attrattiva. Una forza centrifuga che tenta, nonostante le ovvie difficoltà che ha un grosso centro abitato al fianco di un capoluogo, la via dell’alternativa a Cagliari anche grazie all’offerta scolastica. Pensiamo al polo del Brotzu. Un Liceo Classico e delle Scienze Sociali, un Liceo Scientifico, l’Istituto tecnico industriale, il Primo Levi. Tante realtà che riescono ad attirare studenti dall’hinterland che preferiscono queste scuole rispetto alle cagliaritane. Anche la Casa di Cura Polispecialistica Sant’Elena situata all’ingresso della città fra il viale Marconi e il viale Colombo è una struttura sanitaria molto frequentata dagli stessi cagliaritani che scelgono questa clinica rispetto alle tante realtà presenti a Cagliari. Lo stesso centro commerciale le Vele con la multisala del Millenium e il Carrefour hanno in questi anni attirato verso Quartu tantissi-
mi cagliaritani. Un problema che con il tempo si sta attenuando anche grazie all’idea di un capoluogo più decentrato che attraverso lo sviluppo di un Area vasta sta dando rilevo ai tanti comuni che confinano con il capoluogo. Quartu è anche la città, da un po’ di anni a questa parte, dello sport. Il litorale offre un area pedonale praticabile a chi vuole fare footing e una pista ciclabile. La piscina comunale, i campi di basket presenti in tutto il centro urbano, senza parlare dei numerosissimi impianti sportivi che sorgono in tutto il comune. Il sindaco Mauro Contini ha affermato che il rilancio della città passerà anche da uno sfruttamento di risorse come il Poetto che ancora oggi, secondo il primo cittadino, non è stato sfruttato al meglio. “La spiaggia di Quartu ha un potenziale che deve essere valorizzato, dalla prossima stagione balneare punteremo moltissimo sul nostro litorale, facendo sì che Quartu diventi una città di mare alternativa a Cagliari e che possa essere scelta anche da chi non è residente.” Una frase che dimostra quanto la città, anche fra i giovanissimi, sta acquistando una sua identità è quella che ci è stata detta da Andrea, 22enne che vive a Quartu, studente di Lingue all’Ateneo di Cagliari. “Io sono di Quartu, a Cagliari ci lavoro e studio.”
Da Severino Il vecchio
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Ada Lai.
di Francesco Fuggetta La dirigente comunale ha raccontato in un convegno dell’Unesco i risultati raggiunti e le sfide che aspettano la città. E il sindaco Emilio Floris preme per il riconoscimento della sagra di Sant’Efisio come Patrimonio dell’Umanità “Lo stadio deve rimanere a Cagliari, non possiamo permetterci di perderlo a favore di Elmas”: l’ha dichiarato Ada Lai, dirigente dell’area Servizi al Cittadino del Comune, nel corso di un convegno organizzato al Lazzaretto di Sant’Elia dal Club Unesco cittadino. La dirigente, in qualità di vice presidente del Club, ha ripercorso le tappe del suo impegno per la città, illustrando i successi raggiunti e i progetti per il futuro di Cagliari. La rinascita della città deve venire dal mare: per Ada Lai la crescita economica passa attraverso il turismo e il
commercio. Quindi dal porto, “uno dei punti critici, ancora da migliorare”, la vita notturna, “su cui occorre investire”, nonostante la mancanza di un vero lungomare che vada da via Roma a Sant’Elia. Sbagliato, però, delegare ogni cosa al Comune: “Abbiamo una mentalità imprenditoriale un po’ vecchia, bisogna capire che dobbiamo darci da fare tutti, anche i privati”, ha sottolineato. La dirigente, indicata come uno dei nomi in corsa per la poltrona di sindaco (sarebbe la prima donna nella storia della città), ha elencato le potenzialità del territorio: i beni militari dismessi, “che possono diventare alberghi o strutture turistiche”, il quartiere di Castello, “che va reso accessibile, con altri ascensori o strutture meccanizzate”, e il Parco della Musica. “È un intero quartiere, che avrà all’interno un teatro da mille
posti, offrirà vari servizi e darà tanto lavoro con la produzione di multimedialità artistiche”. Una città solidale e multietnica, quella descritta da Ada Lai, “che di fronte alla crisi non si è degradata”. All’incontro, dal titolo “Cagliari città mediterranea”, è intervenuto anche il sindaco Emilio Floris, particolarmente legato a questo tema. “Diventare capitale del Mediterraneo è un obiettivo che si può raggiungere, nonostante la concorrenza nazionale e internazionale: le basi le abbiamo poste”. Floris ha ricordato al presidente dell’Unesco Antonio Vernier la domanda per il riconoscimento della sagra di Sant’Efisio come Patrimonio dell’Umanità. “Sono convinto che entro il prossimo anno vinceremo la concorrenza e riusciremo ad ottenerlo”, ha garantito Vernier. Il sindaco ha poi discusso di un altro riconoscimento, quello di Cagliari come città metropolitana. “Spero che anche la Regione, oltre che la legge, lo recepisca prima della fine del mio mandato: significherebbe ricevere risorse e partecipare a bandi europei senza passare dalla Regione o dallo Stato. Allora sì che potremo essere competitivi”.
SU FASTIGGIU DE UNA BORTA E CUSSU DE OI
S
u tempus de su fastiggiu fiat importanti meda po is piciocus e is piciocas de una borta. Oi puru est importanti, poneus is cosas beni in craru, ma est biviu in manera totu difarenti. Is piciocus oi s’atobiant cun prus naturalesa, passant is oras aundi bolint, impari cun is atrus o a solus. Tenint prus libertadi de si movi po contu insoru, de s’agatai cun chini aggradessint. Doncas, si ddis acucat, fastiggiant puru, mancai anant’ ‘e totus, si lassant, ndi pigant un’atru o un’atra, certant, torrant impari; est totu unu durci avolotu chi est parti de sa giovunesa, s’edadi prus bella de sa vida, prena coment’est de bisus e de pagus pensamentus e no ancora de cuddus grais e leggius. Is babbus e is mamas billant, cunsillant, circant de sighiri cun atentzioni. A is bortas ci arrennescint, atras prus pagu. Una cosa, perou, est sigura. Candu is piciocus de oi lompint a sa coia si connoscint giai meda beni, no si depint scoberri casi po nudda. Ma una borta no fiat aici. Su fastiggiu fiat sempri fatu a sa scusi. Cumentzàt apustis de unu tempus longu prenu de castiadas e de oghiadas prus de totu in ocasioni de is passilladas de su dominigu, a mengianu e a merì, chi fiant su momentu mellus po is piciocas e is piciocus po biri e si fai biri. Passendi e torrendi a passai po oras interas in su propiu logu, donnia borta chi s’atobiàt sa picioca chi praxiat, tocàt a si ddu fai cumprendi, ma fendi atentzioni meda chi nemus si nd’acatessit, e, prus de totu, is mamas chi fiant sempri atzudas e prontas a sculai calisisiat principiu de trassa. E doncas fiant prus de totu is ogus a intrai in giogu! Cumentzànt is piciocus. Chini sciat fai is ogus de triglia, fiat fortunau e favoressiu. Is atrus s’arrangiànt fendi s’oghitu o, mancai, serrendi e oberendi de pressi is pibiristas. Su sinnali lompiat de siguru. Sceti chi sa picioca no
di Giampaolo Lallai
podiat currespundi fendi s’oghitu issa puru, poita totus dd’iant essi pigada po una femina mala. Prus a prestu depiat s’amostai gratziosa e de acordiu, cun d’unu arrisixeddu meda meda piticu. Ma candu, invecis, su piciocu no ddi praxiat, bastàt a ddi fai sa faci trota, seria seria, o castiai de s’atra parti po ddi fai cumprendi de dd’acabai luegu. Candu is oghiadas e is castiadas promitiant beni, intzandus su piciocu si fiat atriviu e passàt in s’arruga aundi biviat sa bella, sperendi de dda biri a sa fentana o in su corridoriu. E aici podiant sighiri cun is castiadas donnia dì, no sceti su dominigu, e mancai cun calincunu sinnali nou, ma fatu sempri a sa scusi. Is prus abilis imperànt s’alfabbetu po is surdus e is mudus e aici arrennesciant a si fueddai de atesu. Medas atrus pigànt dus botixeddus sentz’ ‘e cobercu ni fundu e ddus serrànt de una parti cun peddecaminu chi, apoi, uniant cun d’unu spaghixeddu istirau. Una spetzia de telefonu. Aici puru si chistionànt de atesu: issa in su corridoriu o a sa fentana e issu a suta, in s’arruga. Castiendi sempri a susu, su tzugu ddi depiat doli. Ma ndi baliat sa pena. Unu segament’ ‘e conca po is fastiggiadoris fiant is bixinus de domu, totus atrupeliaus a scuciai. Prus de totus is crastualas chi aturendi cuadas a palas de sa fentana insoru, no si perdiant nudda, nimancu s’espressioni prus pitica e, s’incrasi, dd’andànt a iscoviai a is amigas. Aici ddu beniat a isciri sa famiglia puru de sa picioca chi luegu cumentzàt a scrucullai po cumprendi si su piciocu fiat unu bonu partidu. Ma no sempri sa picioca teniat is informatzionis chi abisongiànt. Intzandus su babu e sa mama preguntànt genti meda po nd’isciri de prus. Candu donnia isfortzu no portàt a nudda, su babbu decidiat de firmai su piciocu e de ddi ponni calancuna domandedda. A Casteddu si contat ancora chi unu
babbu, arrosciu de s’agatai a donnia ora in mesu a is peis unu piciocu chi iat oghiau sa filla, una dì, tot’in d’unu, dd’iat domandau de chini fiat fillu e cantu gadangiàt a su mesi. Apenas dd’iat scipiu, dd’iat castiau mali e dd’iat nau: “O schillellè, tzaca stradoni e de pressi puru; a filla mia cussu tanti no dd’abbastat mancu po si comporai su paper’ ‘e si strexi!”. A su piciocheddu no fiat abarrau atru sceru chi nai a sa picioca, candu si fiant torra atobiaus, no prus fueddus de amori comenti sa dì prima, ma sceti diaici: “Baidindi, cagona”. E totu fiat acabau inguni. Ma po fortuna in atras mill’ istorias s’amori binciat totu e sempri, impari a sa firmesa e a … su dolor’ ‘e tzugu. Importanti fiat, intzandus, sa prima presentada de su piciocu in domu de sa picioca po fai sa connoscentzia cun sa familia de issa. Su piciocu beniat cumbidau a prandi e totus ci teniant a si presentai in sa mellus manera po fai bella figura: totus allichidius, cun sa bistimenta bona, is pilus beni segaus po is mascus e arrubieddu in cantidadi po is feminas. Totus genaus in su momentu de si setzi po papai e, prus de totu, imperendi sa cullera, sa fruchita e su corteddu. Abisongiàt fai biri d’essi sennoris. Mancai apustis de is malloreddus cun sartitzu, sa connoscentzia fiat giai a bonu puntu e totu cumentzàt a si sciolli e essi prus fatzili. Candu lompiant is durcis e su prangiu fiat casi acabendi, s’aria fiat giai de allirghia manna e tocàt a su babbu de sa picioca a si ndi pesai cun d’una tass’ ‘e binu in manu e donai is norabonas. Ma no sempri su primu cumbidu acabàt beni. A is bortas pariat chi ci fessit su tiaulu a si ponni de trevessu. Comenti candu una bella picioca, ma de gent’ ‘e botu, iat cumbidau in domu sua su piciocu po ddu fai connosci a totu sa familia. Su piciocu fiat dotori in mexina e beniat de una familia de sennoris connota meda in Casteddu. Sa
picioca fiat abetendi de meda custu momentu, un’amori torrau. E no biat s’ora de ci lompi poita cun su piciocu fiant giai chistionendi de coia. Ma in su propiu tempus timiat de ci arribai, connoscendi beni is maneras bastaxinas de sa familia sua. Teniat brigungia. Po cussu iat passau una cida intera a ddi nai comenti si depiat cumportai e a ddi fai biri comenti papai, comenti pigai su corteddu e sa fruchita, comenti bufai, comenti surbiri su brodu cun sa cullera sentz’ ‘ e fai murigus e arremorius leggius cun sa buca. Ma prus de totu iat arregumandau de chistionai pagu o nudda po no nai sciollorius o zunghentzias. Su prangiu fiat andendi beni meda, casi unu miragulu po sa picioca, candu tot’in d’unu unu fradi iat pigau sa fruchita e iat cumentzau a si forrogai is dentis po ndi bogai un’arroghedd’ ‘e petza arresciu. Sa sorri, totu atzicada, dd’iat tzacau luegu una puntad’ ‘e pei a sut’ ‘e sa mesa. Ma issu iat sighiu cun strufuddu e a sa noa puntad’ ‘e pei de sa sorri, dd’iat nau claru e tundu: “Ma no est mancu merda!”. Sa mama luegu, fintzas a cuddu momentu siddia, iat nau: “A propositu de merda, chin’est chi s’est istrexiu su paneri cun s’asciugamanu?”. Su babbu, issu puru abarrau sempri citiu fintzas a intzandus, iat arrespundiu: “Deu no seu istetiu, seu tres dìs chi no cagu!”. Unu sciacu mannu repentinu! Sa picioca, scedada, si ndi fiat pesada e si fiat inserrada in s’aposentu suu a prangi disisperada. Su piciocu si ndi fiat fuiu tot’atzicau. Cudd’amori puru fiat acabau mali po curpa de sa familia scurregìa i aresti. Candu, invecis, sa prima presentada andàt beni e su piciocu fiat istetiu aggradessiu de totu sa familia de sa picioca, boliat nai chi is fastiggiadoris podiant pensai a si fai isposus e a sa coia etotu. Fiant aderetura liberus de bessiri impari, andai a su cinema o a passillai, ma mai ancora a solus ma, prus a prestu, in cumpangia de calincunu de sa familia de issa, mancai unu fradixeddu o una sorrixedda chi depiant aguan-
tai candela, po iscoviai comenti si cumportànt is innamoraus foras de domu. A sa coia arribànt in prena castidadi, cun calincunu basideddu ma sempri donau a sa scusi. Apoi ci fiat chini si chesciàt chi sa primu noti de coiantza ci at a essi bofiu unu decespugliadori po ndi segai totu su pilu burdu! Custu mundu immoi est sparessiu. Is piciocus e is piciocas de oi, comenti femu nendi in su cumintzu, si castiant, si pigant, s’imprassant, si passant friga-friga, tenint tempus po si fueddai e po si connosci beni aturendi acanta e no atesu. No c’est prus perunu misteriu. Si connoscint tanti beni chi candu arribant a sa coia, cussus chi ci arribant, pensant, prus de totu is feminas, a spantai su sposu fendisì donai de su chirurgu un’aria noa, mancai prus simbillanti a sa “velina” de moda in sa televisioni. Calincuna po sa dì de sa coia si fai cambiai su nasu, sa buca o atras partis de su corpu po aparri prus bella e prus ermosa: unu sinu prus mannu permitit de portai mellus su bistiri biancu de isposa. Ma is ominis puru disigiant cambiai calincuna cosa, comenti sa brenti, candu est tropu lada. Is isposus chi oi lompint a sa coia tenint un’edadi prus manna meda de cussa de una borta e doncas is primas frungias o is atrus sinnalis de su tempus podint fai curri and’‘e su chirurgu, ponendi mancai s’operatzioni in sa lista de is arregalus chi ddis arrechedint, impari cun pratus, cafeteras, sprigus, ainas de coxina, mantas, lentzorus, arrellogius e totus is atras cosas chi serbint. Nosu custa moda noa da connosceus pagu. In America e in is atras partis de s’Europa, invecis, est giai meda sighia. Bolit nai chi dd’eus a ponni infatu, ma arregordendi is oghiadas e is castiadas de una borta.
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L’OGLIASTRA CHE
O
gliastra, terra dolcissima, poetica, modellata dal Creatore secondo il suo estro e ridipinta dalla forza della natura cpm colori variegati ed impreziosita da tutta una serie di costruzioni straordinarie (torri,fortilizi, “tonneri”) in cui la roccia, elemento apparentemente statico, sembra assumere aromaticità poliedriche e variegate che finiscono, inevitabilmente per rendere il nostro paesaggio il più bello ed interessante di tutta l’Isola. Su tutto questo immenso anfiteatro di tonneri, di torri e fortilizi
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il Cagliaritano
naturali, che esplodono nudi e caldi di colore dalle loro basi gonfie di macchie mediterranee e selve, sembrano voler cingere,a mò di abbraccio, tutta l’Ogliastra e slanciarsi, contro un mare adamantino e trasparente che sembra non conoscere alcun limite e si perde all’orizzonte. Su queste formidabili costruzioni, che mai genio umano potrà eguagliare nelle forme e nello spazio, spicca altissimo il torrione di Perda Liana (1293 mt.) luogo esoterico, per alcuni, ma sacro e baluardo difensivo per i nostri progenitori che, spesso e
volentieri, dovevano tenere a bada gli invasori di turno. Come un’assise di giganti dall’aria sorniona, questi stalli di roccia, che celano nel cuore molte grotte inesplorate e congiunte d una trama indecifrabile di meandri, improvvisamente (e dolcemente) degradano verso la marina; così la vegetazione, corollario unitario di una natura feconda, adegua questo declinare ritmico e muta veste lungo il tragitto. Ecco che l’Ogliastra, con sorpresa generale, ci propone una policroma polifonia di foreste d’elci, querce, ca-
FUORI PORTA: IL CAGLIARITANO IN GIRO PER L’ISOLA
E TI AVVINCE stagni. Se ciò non bastasse a placare la curiosità degli osservatori, potremo notare i filari di ciliegi, mandorli, peschi, ulivi, avellani, nonché miti pentagrammi di vigne ed orti distribuiti, razionalmente, su gradinate di terrazze. Ma questa fiumana verdeggiante, come per mangia, pian piano, declinando verso valle, diventa gracile ed aspra, con i cisti ad orlare i frangenti di alcune colline, vinta interamente dal rosso cupo e dal viola di quelle alture di sasso. La dolce rigogliosità ambientale ed una visuale moderna del progresso umano (strade, aeroporto ecc.) compaiono all’improvviso e vengono a integrarsi nella piana di Tortolì e che paiono avocare a loro quell’oasi lussureggiante costituita dai tanti orti e giardini che circondano la cittadina costiera e creare, di fatto, un collage omogeneo con il blù del mare e le acque dello stagno. Al di là delle suggestive immagini, quasi a completamento della prospettiva teatrale del paesaggio, ecco apparirci il golfo di Arbatax inquadrato dalle quinte del Monte Santo e di Capo Bellavista, che spalanca il suo boccascena d’acqua
N
di Roberto Piras
cristallina ed azzurrissima dove un isolotto di porfido affiora con le sue guglie vermiglie, come una cattedrale dalle navate sommerse. Questa è una panoramica che l’Ogliastra ci offre da quasi tutti i paesi: da Villagrande, da Arzana, da Ibono, Elini, da Glassai e da Ierzu, così come da Baunei. Ma lo scenario più variegato ed aperto lo si può cogliere da Lanusei perché da questa cittadina, in una sola volta, potete abbracciare, senza schermi, la vallata più ampia. Salendo sui punti più alti di questa realtà urbana ogliastrina, ricca peraltro di storia e monumenti preistorici (basti citare il villaggio nuragico di Selene), potrete gustare la freschezza dell’aria montano l’allegria di quella marina. Ma l’Ogliastra, come abbiamo sottolineato, è una sorpresa continua che vale la pena di scoprire in tutta la bellezza dei boschi (Arquerì, Idolo, S. Barabara di Villagrande, Selene, Tricoli, l’altopiano di Baunei, Urzulei e Taluna), del mare (Tortolì, Lotzorai, Girasole, S. Maria Navarrese, Barisardo, Cardedu e Tertenia), della collina (Lanusei, Elini, Ilbono, Gairo, Ussassai,
Loceri, Jerzu, Glassai, Triei, Arzana, Villagrande e Villanova), del lago (il Flumendosa), delle grotte (Glassai e Gairo)e dei siti preistorici (presenti nei territori comunali). Questo rincorrersi di panorami mozzafiato (altopiano di Baunei, Silvana, Talan, Urzulei, Ierzu, Perdasdefogu, la Glassai-Ierzu, la Lanusei-bivio Carmine e in direzione Ussassai e Osini) rappresentano un biglietto da visita (gratuito) di tutto rispetto e che certamente contribuisce a dare una concreta e positiva immagine della bellezza unica, a volte selvaggia, di questo lembo di terra sarda. Se un intero paese (Perdasdefogu) può definirsi esempio mirabile di convivenza tra militari e civili, altri comuni (Baunei, Urzulei, Taluna, Villagrande, Arzana, ecc.) possono, a buon diritto rivendicare, non senza orgoglio, vere e proprie perle naturali come Gorropu (Urzulei), il Golgo (Baunei), i resti di antichi insediamenti (Villagrande, Arzana) e via discorrendo. Una Ogliastra da visitare e da gustare in tutta la sua tradizionale ospitalità attraverso anche i prodotti tipici (culurgiones, prosciutti, vini, dolci) o le sagre tradizionali. Se è vero, come infatti parelo sia, che esista un mal di Sardegna, noi ci auguriamo che possa verificarsi un uguale male, stavolta in stile ogliastrino, dal quale ci si può guarire soltanto facendovi ritorno.
Fiabe e leggende ogliastrine
elle tradizioni popolari, ma non solo della nostra Ogliastra, certi luoghi (picchi, castelli ecc.) hanno dato la stura a racconti fiabeschi o leggende, dove, come nella buona tradizione, diavoli, streghe, fate e compagnia, danzano o vengono a contatto con la realtà popolare e con i bisogni di un futuro meno incerto. Vediamo alcuni esempi di questa saga, talora conservata nella memoria dei più anziani, ma che in fondo, come tutte le altre fiabe, nascondono insegnamenti o raccomandazioni morali. Secondo un’antica leggenda, probabilmente mutate nei secoli e ricordo di aspre lotte combattute dai nostri progenitori contro gli invasori, Perda Liana, la punta calcarea (1293 mt.) sita tra i Comuni di Gairo e Seui, sarebbe stato un luogo prediletto da demoni e streghe e dove, nella notte di plenilunio,
sarebbe stato possibile ottenere quello che si desiderava. “A sa Perda ‘e Liana su hi heres ti dana” (trad. A perda Liana ti danno ciò che vuoi), un pastore di Oliena, povero in canna, vi si recò una notte di plenilunio e d invocò il diavolo perché lo facesse diventare ricco; in cambio gli avrebbe venduto l’anima. A mezzanotte, accompagnati da strepiti di ogni sorta, ecco apparire la demoniaca congrega con a capo un diavolo di notevoli proporzioni che si divertiva a far girare attorno a sé un somaro che portava sul dorso due grossi sacchi pieni di monete sonanti. Il giovane si sentiva già contento; ma non appena il falò infernale illuminò il volto del demonio il giovane si spaventò ed urlando pronunciò questa invocazione: “Josef, Maria cum Gesus, itt’est custa camarada! Santa Guglia avocada, miche vochet dae mesus” (Giuseppe con Maria e Gesù/ cos’è
mai questa congrega!Santa Giulia avvocata/mi porti via di qui”). A questa invocazione i demoni scomparvero rapidamente, come inghiottiti, ma il giovane rimase per tutta la vita più povero di prima. Altre leggende ogliastrine indicano nel monte Arquerì (Seui) una delle sedi preferite dal diavolo. Ma senza scomodare troppi demoni, altre leggende ogliastrine parlano di tesori favolosi esistiti nel castello di Navarra (Lotzorai), di persone trasformate in sassi per la durezza del loro cuore (leggenda di Maria Etili di Baunei), di misteriosi serpenti che ingurgitavano ragazze (Baunei-Urzulei). Al di là della fantasia e degli inevitabili insegnamenti morali, questi racconti, sotto sotto, sono uno strumento in più, non foss’altro che per la curiosità di scoprire questi posti, per invitare la gente a venire in Ogliastra. Roberto Piras