Il Cagliaritano - N. 2 '12

Page 1

I TAVOLI DELLA CRISI

LA CITTÀ CAMBIA COSÌ

ESCLUSIVA: I GIGANTI 40° ANNO

1€

Anno 40, N. 1

?

SENZA DOMANI



SOMMARIO ANNO 40 - N. 1

IN EVIDENZA

ALTRE STORIE

L’ISOLA E LA CRISI Focus/ Per uscire dal tunnel ............................................................ 8

DIALOGO ............................................................................................ 4

DE IS SIGARRUS A SA CULTURA Storia (e storie) dell’Ex Manifattura Tabacchi ......................... 12

UN SECOLO DI POETTO ................................................................ 8

QUELLI DEI SALESIANI Storia (e storie) dell’Istituto Salesiano di Cagliari ................. 16

«SUBITO L’ASSEMBLEA COSTITUENTE» .............................. 22

ECCO LA NUOVA CITTÀ Qui Palazzo/ Incontro con il sindaco Massimo Zedda ........ 18

«ECCO PERCHÉ HO LASCIATO L’ARMA» ............................... 26

IL NOSTRO PROGETTO LIBERA L’INDIVIDUO La Sinistra che cresce/ Incontro con Michele Piras ................ 20

QUANDO TV E WEB SONO DEVASTANTI ............................. 30

IS SANTUS DE SU TEMPU DE IS NURAXIS Esclusivo/ I Giganti di Monti Prama ........................................... 24

I GRANDI AVVOCATI SARDI: AGOSTINO CASTELLI ........ 33

MARGHINOTTI RITROVATO NELLA SAVOIA FRANCESE Esclusivo/ Scoperte due tele del primo pittore sardo famoso nel mondo .......................................................................... 36

FOTO-STORY: L’ISOLA CHE C’È ................................................ 43

CHI ERA EMILIO LUSSU I grandi di Sardegna/ Quell’incontro con Joyce Lussu ......... 38 ECCO COME CONOBBI EMILIO LUSSU I grandi di Sardegna/ Qui Camillo Bellieni raccontava un incontro molto casuale ........................................................... 34

FUORI DAL TUNNEL ....................................................................... 5 IO VADO A PIEDI. ANZI, IN METRO ........................................ 10 GALEP OLTRE TEX ......................................................................... 25 COME ERAVAMO AI PRIMI DEL ‘900 ..................................... 28 I GRANDI AVVOCATI SARDI: BENIAMINO PIRAS ............. 32 FARE TEATRO OGGI: AKRÒAMA E LELIO LECIS ................ 34 DALLA PADELLA AL MATERASSO .......................................... 44 INCONTRO CON L’AUTORE: ANTONELLO ANGIONI ........ 45 INCONTRO CON L’AUTORE: MARIO STERI .......................... 46 TIMEOUT .......................................................................................... 47

·3


DIALOGO di Giorgio Ariu

INSIEME DA 40 ANNI

Q

uarant’anni di questo giornale e la passione, l’umiltà e la tenacia per raccontare la nostra terra assieme ai grandi scritti di coloro che nel corso dei tanti mesi e dei decenni ci hanno fatto crescere in piena libertà: Giovanni Lilliu, Michelangelo Pira, Francesco Masala, Vindice Ribichesu, Giuseppe Podda, Luigi Concas, Gianfranco Anedda, Agostino Castelli, Ezio Pirastu, Luigi Riva, Costantino Nivola, Emanuele Sanna, Luigi Cogodi, Enrico Endrich (insuperabile critico d’arte), Cenzo Soro, Paola Bertolucci, Armandino Corona, Fernando Pilia, Armando Zucca, Luigi Nieddu, Siro Vannelli, Milena Milani, Gianfranco Pintore, Michele Columbu, Antonello Satta, Paolo Fadda, Vittoria Palazzo, Sebastiano Dessanay, Biagio Arixi, Maria Giacobbe, Eugenio Orrù, Raniero Massoli Novelli, Carlo Dore, Mario Silvetti, Salvatorangelo Spano, Everardo Della Noce, Giampaolo Murgia, Pietro Muggiano, Paolo De Angelis, Duilio Casula, Paolo De Magistris, Giulio Cossu, Aurelio Galleppini, giusto per ricordarne alcuni. Eppoi quelli con i disegni e le copertine in esclusiva: Amintone Fanfani, Ugo Ugo, Giorgio Princivalle, Angelo Liberati, il vignettista esordiente Mannelli, destinato alla prima pagina del Corriere della Sera e le foto di Andrea Nissardi, Giorgio Dettori, Enrico Locci, Mario Lastretti, ecc. Eppoi gli esordienti: Carlo Figari, Alfredo Franchini, Filippo Peretti, Andrea Coco, Giorgio Porrà, Ignazio Artizzu, Antonello Angioni, Lello Caravano, Giovanni Maria Bellu, Paolo Latini, Fabio Manca, Giorgio Pellegrini, Valerio Vargiu, Emanuele Dessì, Lucio Salis, Ernestina Giudici, Giuseppe Marci, Gianfranco Masala, Neria de Giovanni, Sergio Nuvoli, Claudio Cugusi, Marco Bittau, Giuseppe Macciotta, Amanda Sandrelli, Ignazio Argiolas, Paola Deplano, Giampaolo Meloni, Luciana Pirastu, Luigi Spanu, Paolo Branca, Aldo Brigaglia, Marcello Garbati, Gianfranco Macciotta, Vincenzo Frigo, Roberto Paracchini, il fotografo Niki Grauso, Giampaolo Lallai e l’indimenticabile Sergio Atzeni accompagnato per mano da Giuseppe Podda, sino a Lorelyse Pinna, Simone Ariu e mille altri. Nei giorni scorsi ai mercatini dell’antiquariato ho scorto di qua e di là copie definite “rare“ de Il Cagliaritano: ho provato un tuffo al cuore, ma solo per un istante, tanta la voglia di pensare a questo numero che prosegue con l’entusiasmo di sempre, a raccontare la nostra Sardegna inseguendo,

per dirla con l’amica Tara Gandhi un giorno in visita in redazione, la ricerca della verità e la coesione per un Bene Comune sempre più distante. POCOS, LOCOS Y MALE UNIDOS Francesco Masala all’amico Alziator Dedica a due grandi indimenticabili amici del nostro Giornale. Dalla rubrica di Francesco Masala “Uomini e Idee”: Non so di che malattia è morto Francesco Alziator ma ho il dubbio che sia morto del male di cui moriamo noi sardi: lo sgarrettamento, il cuore che si ferma per la pena di vivere nella terra dei pocos, locos y male unidos. Un male, in fondo, per cui la morte non è fiele ma miele. Quando era vivo, visse nella accademica ostilità degli “italioti”, cioè dei sardi che lo trovavano “troppo sardo” e, perciò, troppo angusto, limitato, provinciale: e gli preferivano i “continentali”, importatori di legna pintata e portata in Sardegna, s’importa petrolio e cultura a “illuminare” e a rendere beati e beoti gli occhi e le menti dei “mastrucati latrones”. Eppure, come scrisse Paolo Toschi, il caro, grande, amico Paolo Toschi, che gli diede la libera docenza: «Nessun tentativo di caratterizzazione e di sintesi può sostituire l’incanto delle innumerevoli varietà e suggestive bellezze delle tradizioni popolari sarde, quali appaiono dal chiaro e preciso panorama offertoci da Alziator». Ecco, in che senso Alziator era troppo sardo: «Il dialogo tra l’uomo e la terra è ancora più vivo nelle vaste solitudini della Sardegna, dove la terra, le pietre, gli alberi sono ancora i personaggi prossimi e visibili della lotta quotidiana per l’esistenza. La pioggia, la neve, il sole, la tempesta, i grandi venti che, calando dal settentrione e incuneandosi tra le montagne che circondano la pianura del Campidano, spazzano l’Isola da un capo all’altro, sono gli esecutori di volontà eterne, le cui cause e le cui regioni si perdono al di là dei nembi o nella pace del cielo stellato. In questa tanto attuale potenza primigenia del colloquio tra il sardo e la natura, nella eccezionale solitudine dell’uomo, che in ben poche terre, in Europa, s’avverte come in Sardegna, si possono trovare molte delle ragioni del perdurare di modi e di concezioni di vita così profondamente distemporati con il resto del mondo». Si può discutere il legame, stabilito da Alziator, fra l’io cosmico e l’io sardo: ma è materia

opinabile e non motivo di ostracismo. Ma il buon Francesco perdonava e continuava a vivere e a camminare, giorno dopo giorno, a vivere e a camminare nella sua “Città del sole”, col suo viso da senusso, col suo sangue rosso azichenazim mozarabico, trapiantato in Sardegna al seguito degli alcadi aragonesi, ultimo hidalgo di una Casteddu che sta morendo inquinata dal Dio Petrolio. A ROMA CI PENSA BARBARESCHI! Anche per questo a Roma, oggi, ci rappresenta un certo Luca Barbareschi. Il nemico è sempre venuto dal mare: scriveva per noi Francesco Masala, «dalla malaria con i Cartaginesi, ai cani mastini importati dai Romani, alla bardane dei Goti, agli usurai, ai cavalli versi spagnoli, a sas cortes de sas furcas e sas tancas serradas a mura dei Piemontesi, alle teste di morto importate dal fascismo».

Il Cagliaritano (dicembre 1977) e la controinformazione: le nostre battaglie, quasi in solitudine, su: ˝Rovellizzazione˝, ˝mega porcilaia˝, ˝bistecche al petrolio˝ e centrale nucleare.

g.ariu@giacomunicazione.it / facebook.com/ariug / www.giacomunicazione.it


TI

N ME

- NO COMMENT -

CU

DO

FUORI DAL TUNNEL di Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca*

Cgil, Cisl e Uil della Sardegna chiedono un’immediata svolta nelle politiche dello sviluppo. Le responsabilità e le difficoltà che in Sardegna ostacolano la crescita economica e il lavoro. La Sardegna vive una crisi senza precedenti, su più versanti, e in particolare su quelli del lavoro, delle attività produttive e del sistema di sicurezza sociale. Problemi di dimensione planetaria interferiscono con quelli più prettamente locali. Questi non possono essere, dunque, tempi di gestione ordinaria delle questioni che più attengono al governo della cosa pubblica e allo sviluppo economico e sociale. L’immobilismo della politica è cosa grave quanto e più della crisi che attanaglia il sistema produttivo. Nell’Isola, infatti, non vengono affrontate le cause vicine e lontane delle difficoltà in cui versa l’economia e la società sarda: La crisi produttiva continua a segnare livelli mai raggiunti non solo per le difficoltà dell’economia mondiale, ma soprattutto per non aver ancora trovato soluzione alle diseconomie che pesano storicamente, e che oggi si acuiscono sulle imprese. In particolare i trasporti, il costo energetico, la burocrazia, il credito, i servizi, i costi dell’insularità e il mancato riconoscimento delle pari opportunità rispetto al resto del Paese, il deficit infrastrutturale, materiale e immateriale; Il vuoto strategico su agricoltura, allevamento e industria. La Regione, infatti, non è stata in grado di produrre un progetto sul quale avviare il confronto con gli operatori del settore e le parti sociali. Mentre crolla sia il primario che il secondario non è certo sufficiente, da parte della Regione, intervenire nella

fase ormai terminale delle crisi aziendali per tentare di arginarle o per gestire la partita degli ammortizzatori sociali; Un sistema regionale di sicurezza sociale da rivisitare. A iniziare dall’individuazione di nuove norme e misure in grado di cogliere le difficoltà in cui versano i cittadini a causa del fenomeno congiunto di disoccupazione e povertà materiale; L’assenza di un piano per il lavoro e di lotta alla disoccupazione giovanile, che pesa, insieme alla crisi, sull’incremento del tasso di disoccupazione; Il ritardo sulle riforme istituzionali e della Regione che spiega la scarsa efficienza ed efficacia quanto a programmazione dello sviluppo, capacità di spesa e attuazione delle politiche. Vive infatti una crisi senza precedenti l’istituzione Regione, anche a causa del deficit di capacità di governo, ma anche per l’urgenza di ridefinirla come soggetto di regolazione delle aspettative e dei bisogni dei sardi e di programmazione dello sviluppo insieme alle istituzioni locali. Questa crisi rende ormai sempre più evidente la difficoltà dell’ente Regione di rendersi credibile in fase di attuazione delle norme e degli accordi che si sottoscrivono; Il silenzio su un nuovo Patto costituzionale Stato-Regione, a partire dall’urgenza del nuovo statuto della Sardegna, dai poteri necessari all’autogoverno, e dalla definizione dei parametri e degli obiettivi necessari a garantire l’autonomia finanziaria della Regione. Tutto ciò in una fase caratterizzata da un attacco senza precedenti alla specialità, con il tentativo da più parti di ricondurla ad un’ordinarietà e omologazione che renderebbe ancora di più debole e periferica l’Isola. Si tratta di pensare a una Sardegna che dia sen-

so alle nuove generazioni e dignità, di vita e di lavoro, a quelli che oggi vi abitano. È una sfida con la quale dobbiamo tutti misurarci, ma che riguarda primariamente la Regione e lo Stato. Ciò che non si può accettare è che si osservino in silenzio o con rassegnazione le conseguenze territoriali della crisi, l’inefficacia dell’azione di governo e l’immobilismo della politica. La sfida è quella di ridare speranza e senso alla vita democratica, e in primo luogo di valorizzare la partecipazione dei cittadini perché possa decollare un progetto di rinascita dell’Isola. Per questo è indispensabile rinnovare e rimotivare l’azione politica e l’iniziativa delle istituzioni come soggetto efficace e tempestivo di regolazione della vita economica e sociale della Sardegna. La mobilitazione dei lavoratori e di tutti i cittadini sardi è condizione fondamentale per promuovere dunque una nuova fase di positivo cambiamento nell’Isola. In questa direzione le segreterie regionali di CGIL, CISL e UIL, proprio per contrastare l’impatto della crisi sui ceti più poveri ed emarginati, e per attuare una forte pressione e sollecitazione alla Giunta regionale verso il cambiamento, hanno programmato numerose iniziative. Per avviare un percorso di mobilitazione che interesserà tutti i territori e si concluderà con lo sciopero generale regionale di tutti i settori produttivi e dei servizi a rete con una grande manifestazione a Cagliari. *Segretari generali CGIL, CISL e UIL Sardegna

·5


FOCUS Per uscire dal tunnel

L’ISOLA E LA CRISI Alcoa, Keller, Porto Torres e chimica verde, edilizia, trasporti e ambiente. 1102 aziende hanno dichiarato la crisi, 10 mila posti di lavoro persi nell’industria, 14 mila nell’agricoltura, 194 mila i disoccupati alla fine del 2011. FINANZIARIA Tagli necessari e recupero di fondi La manovra Finanziaria ha passato l’esame della Commissione Bilancio, ora si attende l’esame del Consiglio dopo l’approvazione dell’esercizio provvisorio. «La Finanziaria migliore di questa legislatura», l’ha definita il capogruppo UDC Giulio Steri: grazie ai tagli, alcuni anche di poche decine di migliaia di euro su spese considerate meno necessarie, il testo prevede il recupero di 150 milioni di euro che saranno investiti in opere pubbliche e cantieri (40 milioni), consorzi fidi (7 milioni) e percorsi di rientro nell’isola dei beneficiari del Master and Back (18 milioni), e «che diversamente sarebbero rimasti inutilizzati senza essere immessi nel circuito economico e imprenditoriale», ha commentato il presidente della Commissione Bilancio Pietrino Fois. I capitoli di spesa tagliati sono risultati soprattutto quelli in cui la spesa è andata a rilento, e sono quindi presenti residui, e quelli che si potevano ridimensionare: «Un lavoro molto faticoso», ha dichiarato Fois, «la Commissione, in strettissima collaborazione con l’assessore della Programmazione La Spisa, ha individuato precisi punti sui quali far convergere le pur significative, ma sempre poche, risorse visto il clima di enorme difficoltà che stiamo attraversando». «È una Finanziaria», ha concluso, «che terrà conto particolarmente di tutti coloro che non hanno lavoro o che rischiano di perderlo». INDUSTRIA Mobilitazioni in tutta l’isola Mentre Porto Torres dovrebbe rinascere grazie al progetto della “chimica verde”, Keller spera grazie all’interesse della Skoda, e Ila e Legler si trovano all’asta, l’Alcoa di Portovesme ha chiuso, definitivamente hanno comunicato dai vertici americani, e mille persone rischiano di perdere il posto di lavoro. La causa sarebbero quei 56 milioni di euro persi dal 2009, con i costi crescenti delle materie prime contro il crollo dei prezzi dell’alluminio, che farebbero prevedere una perdita di altri 46 milioni per il 2012. A questi si aggiungono le multe, quella dell’Unione Europea da 300 milioni di euro e quella del Consiglio di Stato da 28: entrambe nascono dalle tariffe energetiche agevolate che la società ave-

va ottenuto tramite accordi con il Governo, quelle tra 2004 e 2005 contestate dall’UE come aiuti di stato e quelle fino al 2012 contestate dal Consiglio di Stato. La chiusura dello stabilimento di Portovesme, considerato dai vertici dell’Alcoa in Europa il meno produttivo, mette a rischio tutta la Sardegna, come ha spiegato il presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias Tore Cherchi: in primo luogo il settore energetico, con lo stabilimento Enel di Portoscuso che perderebbe il suo principale cliente (l’Alcoa consuma circa 2,3 miliardi di chilowattore, un terzo del consumo di tutta l’isola), e potrebbe trascinare poi altre importanti realtà industriali sarde già in bilico come Ila ed Eurallumina. Gli operai in mobilitazione chiedono che l’azienda rispetti gli accordi presi e di poter continuare la produzione. Lo sostiene anche il presidente della Regione Ugo Cappellacci, che ha fatto presente al Governo la necessità di tenere in funzione gli impianti per avviare le interlocuzioni con le imprese interessate alla loro acquisizione. Intanto si è aperto uno nuovo spiraglio: ci sarebbero infatti contatti con la società svizzera Glencore, già proprietaria della Portovesme srl per la produzione di piombo e zinco e con un progetto in cantiere da 300 milioni di euro tra un nuovo impianto e un parco eolico per l’autoproduzione. CRISI DEL LAVORO Pubblicati statistiche e dati del 2011 Inizia un nuovo anno e arrivano, implacabili,

i dati e le statistiche di quello appena passato. La crisi continua a mietere vittime: dal comparto edile in cui ha “bruciato” quasi 18 mila posti di lavoro e quasi 2000 aziende in tre anni, a quello dell’artigianato e delle piccole imprese, in cui i cali di fatturato vanno dal 43% del settore commercio, al 60% di quello manifatturiero fino al 70% del settore costruzioni. Solo lo scorso anno, denuncia la Cisl, 1.102 aziende hanno dichiarato la crisi, con 15 mila lavoratori coinvolti nell’utilizzo di ammortizzatori sociali. 10 mila i posti di lavoro persi nell’industria, 14 mila quelli persi nell’agricoltura, 194 mila i disoccupati alla fine del 2011: questi i numeri della recessione che si sta abbattendo sull’isola. In controtendenza, invece, quelli pubblicati dall’Agenzia regionale per il Lavoro, secondo cui l’occupazione nell’isola nell’ultimo trimestre del 2011 sarebbe cresciuta di 22 mila unità, grazie soprattutto al settore alberghi e ristorazione. Quadro negativo confermato invece dai dati pubblicati dalla Caritas, che solo a Cagliari nel corso del 2011 ha distribuito 140 pasti alle oltre 500 persone che frequentano quotidianamente la mensa (307 italiani, 204 stranieri). Ma sono più di 5 mila coloro che si sono rivolti ai servizi mensa, sostegno, assistenza e ascolto. Tra questi i “nuovi poveri”, come li aveva definiti nel rapporto “Poveri d’Italia, poveri di diritti”: una categoria di indigenti, che hanno casa e lavoro, eppure non riescono a far quadrare i conti a fine mese. È allarmante il loro numero: in Sardegna due famiglie su dieci (18, 5 %) versa in questa condizione di povertà relativa


Stefano Tunis, Direttore generale dell’Agenzia del Lavoro. Nella pagina accanto, Pietrino Fois, presidente della Commissione Bilancio e Ugo Cappellacci, presidente della Regione Sardegna.

e combatte con problemi legati al cibo, alla casa, alla sanità. Secondo la Caritas le risorse per far fronte al fenomeno ci sarebbero, ma non vengono investite in misure realmente efficaci. Nell’Isola si spende il doppio per gli aiuti alle persone con disagio economico rispetto al resto d’Italia: 51 euro a persona contro i 25 euro della media nazionale. Misure comunque risultate inefficaci alla luce dei dati raccolti nel rapporto. Anche la Cisl proclama la necessità di nuove decisioni immediate e operative da parte della Regione: un Piano Straordinario per il lavoro che riguardi da un lato le imprese e dall’altro l’occupazione e che, nel breve periodo, garantisca un’esperienza lavorativa soprattutto a giovani e disoccupati nei settori di diretta competenza della Regione e degli Enti locali. TRASPORTI La flotta sarda e il caso Tirrenia Riprendono i viaggi di Scintu tra Civitavecchia e Olbia e tra qualche settimana riprenderanno anche i collegamenti tra Porto Torres e Vado Ligure. Nonostante il ridotto numero di passeggeri nel viaggio inaugurale, le buone premesse per questa seconda stagione ci sono: tutti soddisfatti, dai viaggiatori che promuovono la Saremar sia per le tariffe competitive che per la qualità, ai vertici della compagnia, che annunciano l’arrivo delle prenotazioni per i mesi da aprile a giugno. «Un risveglio timido che consideriamo incoraggiante», l’ha definito l’amministratore delegato della Saremar Salvatore Scarpati. E si parla anche di un potenziamento della flotta con altre tre navi: la compagnia ha infatti pubblicato un avviso su quotidiani nazionali

ed esteri per reperire altri tre cruise ferries in grado di trasportare 1.500 passeggeri o tre traghetti ro-pax per le merci. Intanto l’Antitrust dell’Unione Europea ha sospeso la gara per la vendita della Tirrenia, vinta dalla Compagnia Italiana di Navigazione degli armatori napoletani Onorato, Grimaldi e Aponte, e aprirà una inchiesta che terminerà a giugno. La cordata si era aggiudicata una parte, quella più produttiva, di Tirrenia per la cifra di 380 milioni di euro, godendo anche delle sovvenzioni statali come servizio pubblico per la continuità territoriale di 72,685 milioni di euro. La commissione sostiene però che le parti in causa detengano quote di mercato molto elevate, se non addirittura di monopolio su alcune tratte, come appunto quelle verso la Sardegna, e che la vendita della compagnia di Stato a Cin restringerebbe ulteriormente la concorrenza con conseguenze sul trasporto di passeggeri e merci. «Un primo riconoscimento del fondamento delle ragioni della Sardegna», ha commentato il presidente della Regione Cappellacci. AMBIENTE Fondi per bonifiche e amministrazioni Su proposta dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, altri 7 milioni di euro saranno destinati nel 2012 ad interventi ambientali. Di questi, 5 milioni al processo di bonifica e ripristino ambientale delle aree minerarie dismesse nella valle di Iglesias, che andranno ad aggiungersi ai 27 già stanziati per la realizzazione del sito di raccolta in località

San Giorgio. Insieme alla bonifica e al sito di raccolta, era emersa infatti la necessità di un sistema centralizzato di trattamento dei percolati permeati provenienti dai bacini sterili di Campo Pisano, S. Giovanni, S. Giorgio e dallo stesso sito di raccolta e dei reflui della discarica di fanghi rossi di Monteponi, per proteggere il rio San Giorgio da ulteriori contaminazioni a valle. La bonifica restituirà alla Sardegna una zona di grande valore e consentirà di confinare i rifiuti contaminati in una struttura dotata degli idonei presidi ambientali. Gli altri 2 milioni sono stati assegnati al Fondo per interventi ambientali e verranno ripartiti tra le amministrazioni provinciali e comunali per il finanziamento di azioni volte a promuovere la tutela ambientale, la raccolta differenziata e la rimozione dei rifiuti da aree degradate. Una parte sarà destinata ai Comuni che nel 2012 si dimostreranno più virtuosi, raggiungendo una percentuale di raccolta differenziata superiore al 50 % e finanzieranno l’acquisto di buste in materiale compostabile.

Christian Solinas, assessore regionale dei Trasporti e Giorgio Oppi, assessore regionale della Difesa dell’Ambiente.

·7


SPECIALE Le grandi tradizioni cagliaritane

Un secolo di Poetto È passato quasi un secolo da quando, nel 1913, il Comune di Cagliari diede il via libera alla costruzione dei primi stabilimenti balneari in quella che sarebbe diventata a breve “la spiaggia dei cagliaritani”. Cento anni che hanno visto cambiare il Poetto e, con esso, anche i cagliaritani. di Lorelyse Pinna Quante ne ha visto il Poetto e quante ne ha passato, da quando nel 1913 il Comune di Cagliari diede il via libera alla costruzione dei primi stabilimenti balneari in quella che sarebbe diventata a breve “la spiaggia dei cagliaritani”. I casotti e la loro demolizione, il rimpascimento, i chioschi, la vita notturna e ora, di nuovo, la demolizione: cambiamenti sempre accompagnati da accese polemiche che coinvolgono tutta la città, perché quando si parla di Poetto il cagliaritano non può restare indifferente. Perché il Poetto è parte di Cagliari. Lo raccontano Giuseppe Podda e Giampaolo Lallai, firme storiche delle nostre pagine e grandi cantori della nostra spiaggia, quindi della nostra storia. Da lì è iniziata la ricostruzione della città nel 1944, da su Poettu, «la spiaggia delle “ferie” economiche, il paradiso delle vacanze povere fatte alle porte di casa, a unu passu de domu», (Giuseppe Podda, Ajò, a su Poettu). Nel tempo anche i cagliaritani sono cambiati e, in qualche modo, il Poetto è stato specchio di questi cambiamenti sociali. Soprattutto per le donne le vacanze al mare hanno rappresentato una conquista sociale: «Non sono forse nati sulle spiagge, dopo la prima guerra mondiale, i concorsi di bellezza, destinati a diventare l’emblema marino della nostra epoca?». Le “Bellezze d’Italia”, così si chiamavano le prime miss cagliaritane di epoca fascista. Con loro è iniziata la rivoluzione che ha sconfitto definitivamente quel pudore misurato “in centimetri di pelle scoperta”, che fino al primo dopoguerra imponeva alla donna di coprire il proprio corpo con costumi castigatissimi che lasciavano nudi solo i polpacci. È con il Fascismo che i costumi si fanno più audaci e le ragazze possono persino fare ginnastica in costume da bagno, una calzamaglia corta molto simile a quella maschile. Ma lo

scandalo arriva negli anni Quaranta, quando fanno il loro ingresso al Poetto i primi “due pezzi”, tra lo sconcerto delle vecchie dame. E poliziotti armati di metro vigilano che la nudità delle bagnanti non vada “oltre il lecito consentito”. Dopo tutto cambia velocemente, i costumi si riducono fino a tanga e topless: anche le cagliaritane sono finalmente libere di mostrare il loro corpo, per la felicità dei cagliaritani. Oggi la libertà è diventata tanta da suscitare la comparsa di decaloghi del bon ton in spiaggia: sì alla tintarella in topless ma non alla passeggiata, bocciati alcuni comportamenti e capi di abbigliamento. Perché la spiaggia, e in particolare il Poetto per i cagliaritani, è prima di tutto un luogo di vita sociale. Lontani i tempi dei bagni separati, il Poetto è il luogo degli incontri, un tempo sotto lo sguardo vigile dei parenti, soprattutto delle mamme delle ragazze che aspiravano per loro a un bel matrimonio, dei fratellini e sorelline, nel ruolo di guardie. Dagli stabilimenti, D’Aquila e Lido, all’Ospedale Marino, la spiaggia libera un tempo occupata dai casotti, tutta Cagliari si riversa in spiaggia, un’umanità variegata che trova poi il suo posto: negli stabilimenti i più benestanti, divisi tra il D’Aquila, più familiare, e il Lido, più chic 1 ed esclusivo. Tanto esclusivo che Sergio Atzeni, altra firma de Il Cagliaritano all’esordio, racconta nelle pagine del libro di Podda di quando da bambino cercava di intrufolarsi nello stabilimento per “vedere i bambini ricchi e capire qual’era la differenza”: «Una spiaggia separata dal resto del mondo, riservata a pochi abbienti. Un tempo più di oggi. Essere uno del Lido significa appartenere a una cerchia, a un vecchio gruppo di amici figli di amici. Un gruppo chiuso all’osso, ricco e potente, quasi impenetrabile per un

poveraccio come me, quand’ero bambino. […] Curiosavo in giro, guardavo tutto e tutti finché qualcuno mi individuava come estraneo e mi segnalava al bagnino. La procedura di espulsione era spiccia: venivo ricacciato in mare». 2


2

1 Ragazza in costume, al Poetto, alla fine del Novecento. 2 Vanessa Barrui, giovane modella fotografata da Elia Vaccaro. 3 e 4 Il Poetto ieri e oggi. 4 Stefania Barbarossa, di recente sulla rivista Maxim, nello scatto di Massimiliano Salvi.

E poi i casotti, «su logu de sa vida de dognia dì, mentri su Lidu e su D’Aquila fiant s’ocasioni po si fai biri, po fai unu pagh’´e scioru, feminas i ominis. Intra sa genti de is casotus ci fiat amigantzia prena e solidariedadi», racconta Giampaolo Lallai. Per tutta l’estate le famiglie si trasferivano nelle loro “villette” di legno sulla spiaggia, che durante il giorno brulicavano di parenti e amici e alla sera si svuotavano, lasciando ai loro proprietari uno spazio di ombra in cui sedersi per fare quattro chiacchiere. L’estate tra i casotti era il paradiso per i bimbi cagliaritani, liberi di giocare e correre sulla spiaggia. E il ricordo dei pranzi che si cucinavano affianco ai casotti, le abbuffate di Ferragosto a base di malloreddus, pesce, carne e formaggio, annaffiati di vino buono. Ancora le rimpiangono i cagliaritani, quelle casette colorate che trattenevano la sabbia formando dune bianchissime. E non riescono ad abituarsi alla nuova sabbia scura. Forse è anche per questo che è cambiato il loro rapporto con il Poetto, secondo Lallai: «La presenza della sabbia bianca e dei casotti non solo conferivano alla spiaggia cagliaritana un aspetto di rara bellezza, ma costituivano un invito irresistibile a trascorrervi l’intera giornata. Oggi, invece, si va al mare quasi di corsa, con una sosta di appena qualche ora». Ma come scrive Giovanni Maria Bellu nelle pagine di Ajò, a su Poettu di Giuseppe Podda, è proprio dal Poetto che la sua generazione iniziò ad intravedere le coste del resto del mondo, “il porto” da cui partirono «con l’idea di produrre radici lunghissime, quasi infinite: essere fino in fondo sardi e fino in fondo cittadini del mondo». Da lì il suo sospetto «che la distruzione dei casotti non sia stata solo

4

E poi i casotti, «su logu de sa vida de dognia dì, mentri su Lidu e su D’Aquila fiant s’ocasioni po si fai biri, po fai unu pagh’e scioru, feminas i ominis. Intra sa genti de is casotus ci fiat amigantzia prena e solidariedadi»

5

"

un caso di analfabetismo urbanistico, ma una vera e propria operazione militare per stanarci dalle nostre roccaforti». E «non sarà che l’ultimo scempio, il rimpascimento con la sabbia nera, è stato realizzato perché sono stati avvertiti i segnali della comparsa di una nuova generazione capace di sognare? Beh, credo che falliranno anche questa volta. Anzi, otterranno l’effetto contrario: per non vedere la sabbia nera, saranno ancora di più i giovani che volgeranno lo sguardo verso il mare e verso il mondo. E il Poetto, immenso e incorruttibile, sarà ancora una volta il porto da cui partono i sogni».

·9


TRASPORTI Mobilità sostenibile a Cagliari

IO VADO A PIEDI

ANZI, IN METRO

L

a metrotranvia di Cagliari, inaugurata il 17 marzo 2008, si estende per 6,3 km, da piazza Repubblica a via San Gottardo (Monserrato) e comprende sette fermate, oltre ai due capolinea. A queste si aggiungerà a breve il collegamento tra Monserrato, il Policlinico Universitario e Settimo San Pietro, e successivamente quelli tra il Policlinico e Sestu, piazza Repubblica e piazza Matteotti. Un servizio che permetterà di andare dal centro di Cagliari alla Cittadella Universitaria in 20 minuti, «il futuro dei trasporti in città e dell’Azienda», come afferma Giovanni Caria, presidente dell’ARST. Eppure la metropolitana viene attualmente utilizzata ogni giorno da 5000 passeggeri, nonostante la sua capacità teorica sia di 32.000 passeggeri e quella pratica di 20.000. Lungo le quattro principali sezioni di collegamento Cagliari–Monserrato, invece, si registrano 150.000 passeggeri veicolari e il collegamento è da solo responsabile dell’emissione di 90 tonnellate al giorno di CO2. Se gli spostamenti veicolari sulla Cagliari – Monserrato venissero realizzati attraverso la Metropolitana leggera, questi produrrebbero il 90% in meno di CO2. Il programma Casteddu Mobility Styles, ideato ed implementato dal CRiMM (Centro Ricerche Modelli e Mobilità) dell’Università di Cagliari, coordinato dal Prof. Italo Meloni docente di Pianificazione dei Trasporti, con la collaborazione di Elisabetta Cherchi, Erika Spissu, Silvio Porcu, Benedetta Sanjust e Rosaria Derosa e di quella numerose altre persone, tra le quali alcuni giovani neo-laureati, si è occupato di “Cambiamenti volontari di viaggio” e della promozione delle diverse forme di mobilità sostenibile. Con Mobilità Sostenibile vengono indicati tutti gli spostamenti effettuati con modalità alternative al veicolo privato (automobile) che incidono

10 ·

Un progetto per sensibilizzare i cagliaritani verso l’uso di mezzi di trasporto “sostenibili” e soprattutto verso l’utilizzo della Metro Leggera, inaugurata tre anni fa ma ancora di Stefania Onano sotto utilizzata. sul sistema di trasporto e sulla collettività producendo quantità inferiori delle cosiddette “esternalità” (congestione, inquinamento, incidentalità, etc.). Camminare a piedi, andare in bici, utilizzare i mezzi pubblici, ma anche condividere i mezzi privati (car pooling e car sharing) sono tutte forme di mobilità sostenibile. All’interno del programma, e attraverso la collaborazione con l’ARST, ha avuto particolare importanza la promozione della linea di Metropolitana Leggera, con la dimostrazione dei vantaggi che essa offre rispetto all’uso del veicolo privato: produzione di un decimo delle emissioni di CO2, quindi meno inquinamento atmosferico, spostamenti più sicuri in

Giovanni Caria, presidente Arst.

termini di incolumità personale e materiale e azzeramento delle problematiche di traffico che ogni guidatore affronta quotidianamente. Attraverso il contatto diretto e in primo luogo la rilevazione degli stili individuali di mobilità, quindi le modalità di scelta dei diversi modi di spostarsi, Casteddu Mobillity Styles ha tentato di modificare le scelte degli individui a favore di modi ecosostenibili, in particolare quelle dei viaggiatori dell’area vasta di Cagliari: coloro che già utilizzano la Metro Cagliari e quelli che, pur abitando o lavorando a 300-500 metri dalle fermate della Metropolitana leggera di Cagliari, non la utilizzano ma sarebbero interessati ad acquisire comportamenti di mobilità sostenibile. Dall’analisi dei risultati è emerso un gruppo di utilizzatori che hanno autonomamente individuato forme di mobilità sostenibile senza rinunciare completamente all’utilizzo dell’automobile: i Park and Riders. Questi provengono principalmente dall’area vasta di Cagliari (Selargius, Quartu, Quartucciu e Monserrato), la maggior parte di loro si sposta principalmente per motivi di lavoro e la destinazione principale per il 90% di loro è Piazza Repubblica.. Il confronto tra 11 Park and Riders e 12 automobilisti che hanno partecipato al programma ha evidenziato, inoltre, che chi parcheggia l’auto vicino alla fermata e prosegue in metro, risparmia mediamente 1.100 euro, produce 500kg di CO² in meno ogni anno, trascorre due ore settimanali in auto contro le 5 di un automobilista e brucia 250 kcal alla settimana, contro le 70 bruciate da chi utilizza soltanto l’autovettura. Infine lo studio ha dimostrato che Piazza Repubblica è facilmente raggiungibile in auto + metro a tutte le ore del giorno. «Un’indagine interessante che ci offre grandi prospettive», commenta il presidente dell’ARST, «perché conferma che l’idea che


si possa ripristinare il servizio metrotramviario a Cagliari è ormai matura nella coscienza dei cittadini. Un’idea, quella di far correre di nuovo i binari per le strade cittadine, prima rifiutata e che invece ora sembra largamente accettata: è una rivoluzione». Una rivoluzione che coinvolge la cittadinanza e l’amministrazione: «Un progetto fondamentale per l’intero hinterland di Cagliari» e da cui non si può prescindere per lo sviluppo del capoluogo, l’ha definita infatti il sindaco di Cagliari Massimo Zedda nell’incontro a Palazzo Chigi dei presidenti delle Regioni e i sindaci del Mezzogiorno con il presidente del Consiglio Monti e i ministri dello Sviluppo Economico Corrado Passera, dell’Istruzione Francesco Profumo, della Coesione Territoriale Fabrizio Barca e dell’Ambiente Corrado Clini. «È indispensabile dal punto di vista ambientale, importante per alleggerire il traffico sulla città e per un aiuto concreto alle famiglie e agli abitanti visti i prezzi ormai insostenibili della benzina», ha affermato Zedda. La scelta del sistema di trasporto di superficie è stata fatta per ragioni tecniche: la sua realizzazione è infatti più semplice e prevede costi più ridotti rispetto all’“underground”. «In futuro il servizio dovrà essere reso più efficiente e confortevole», spiega il presidente Caria, «sia all’interno che nelle fermate, per far sì che i cittadini, soprattutto quelli che arrivano da fuori Cagliari, possano agevolmente raggiungere il Policlinico e il Centro città utilizzando questo servizio». Insomma c’è ancora tanto da fare: «questa è solo la fase embrionale», conclude, «questi progetti occuperanno anche le amministrazioni future perché i tempi sono lunghi sia per le difficoltà tecniche che per l’aspetto finanziario, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale». Tempi lunghi che possono essere utilizzati per lavorare su un aspetto non meno importante: la sensibilizzazione dei cittadini verso i vantaggi dell’uso di mezzi di trasporto e di

spostamento alternativi all’auto, a cominciare dalla Metro, che l’Arst ha messo a disposizione gratuitamente nei tre giorni “caldi” dello shopping natalizio. Ma anche il “car sharing”, l’auto in affitto, che il Comune sperimenterà a breve nel capoluogo. Si tratta di un servizio che permetterà agli automobilisti di non usare il proprio mezzo ma affittarlo, restituendo poi l’auto nelle apposite stazioni. Nelle città che hanno già sperimentato il sistema, l’automobilista si abbona al servizio con una tariffa annuale di 100-150 euro e paga l’affitto del mezzo tra 1 e 2,50 euro all’ora, il tutto con una smart card prepagata. Insomma con costi non troppo elevati si riducono i problemi di traffico, parcheggio e inquinamento, visto che i mezzi saranno elettrici. Senza dimenticare la bici: entro l’anno Cagliari avrà le sue piste ciclabili con i primi due interventi, uno intorno al centro storico (piazza Matteotti, porto, viale Colombo, via Tramontana o viale Diaz verso piazza Giovanni XXIII), e l’altro tra Terramaini e via Tramontana. E ci sono le altre campagne e associazioni, come la Campagna 1x100 promossa dall’associazione Pamoja, partner di Casteddu Mobility Styles e in rete con altre 100 associazioni, il cui scopo principale è sensibilizzare la cittadinanza promuovendo stili di vita sostenibili, a partire dall’astensione volontaria dell’utilizzo dell’autovettura la domenica, o Passaggiosardegna.it, un sito nato per incentivare la condivisione dell’automobile privata, riunendo più persone in un’unica autovettura, combinando percorsi comuni sulle strade della Sardegna.

LE STAZIONI DEL CAR SHARING Generuxi, via Berna Pirri, via Ampere Poetto, Marina Piccola Quartiere del Sole, via del Sole Monte Urpinu, via Scano S. Benedetto, piazza Repubblica Marina, piazza Matteotti Fonsarda, piazza Giovanni XXIII Villanova, piazza De Gasperi Castello, Porta Cristina La Vega, via Trentino Tuvixeddu, piazza D’Armi Stampace, Ospedale Civile Is Mirrionis, Ospedale SS Trinità S. Avendrace, p.zza L’Unione Sarda Mulinu Becciu, Ospedale Brotzu

Un manifesto della campagna Casteddu Mobility Styles. A sinistra, l’ing. Carlo Poledrini, Direttore Generale ARST, e a destra Matteo Sanna, presidente Commissione Trasporti.

· 11


MEMORIA CAGLIARITANA Storia (e storie) dell’Ex Manifattura Tabacchi

TESTO IN LINGUA SARDA

DE IS SIGAR A SA CULTU di Giampaolo Lallai - Fotoservizio, Maurizio Agelli


RRUS URA


Su logu connotu comenti “La Manifattura dei tabacchi”, intr’‘e s’annu benidori, su 2012, at a diventai sa “Fabbrica de su creai”, unu progetu importanti meda chi at a mudai unu logu una borta industriali.

S

u logu aundi in Casteddu ci fiat, fintzas a su 2001, sa fabbrica de is sigarrus e de is sigaretas, connotu comenti “La Manifattura dei tabacchi”, intr’‘e s’annu benidori, su 2012, at a diventai sa “Fabbrica de su creai” cun sa Sardigna Digital Library, est a nai sa bibblioteca sarda chi podit essi preguntada cun su computadori, sa Cineteca po istuggiai e fai biri is pelliculas de su cinema, is Butegas po is artistas e unu Teatreddu cun centucincanta postus a setzi. Ant a serbìri in totu seti milionis e mesu de eurus po donai vida noa a is domus e a is magasinus, po immoi sesmilla sescentus metrus quadraus cun crobetura, chi s’agàtant in sa parti prus baxia de s’arburada Reina Margherita. Doncas unu progetu importanti meda chi at a mudai unu logu una borta industriali, in d’un’apenditziu de sa cultura po Casteddu e po sa Sardigna intera, donendi a s’una e a s’atra, dd’at nau me in ultimus tempus s’Assessori regionali Sergiu Milia, una bisura ancora prus acanta de s’Europa. Sa fabbrica de is sigarrus toscanus e de is sigaretas fiat istetia oberta in sa segunda metadi de su Setixentus (1752), una de is primas industrias de Casteddu, ma chi teniat pagus machinas e prus de totu aìnas de imperai cun is manus. Sceti a s’acabbu de s’Otuxentus su molìngiu cun is bratzus de su tabbacu fiat istetiu remplasau cun sa prima machina a vapori. In su passau is Savoia iant donau s’amministratzioni de s’azienda a is privaus chi no teniant interessamentu perunu a innovai in d’un’arrampu chi fiat monopòliu de su Stadu. Po cust’arrexoni iant serrau s’istabbilimentu de Sassari, dannifichendi meda, aici, sa coltivatzioni de su tabbacu de Sorso, Sennori e Sassari chi intzaras fiat su mellus e su prus abbundanti de sa Sardigna. Sa traballadura fiat istetia cuncentrada totu in s’istabbilimentu de Casteddu cun s’aumentu de is costus de su trasportu de is follas de su tabbacu e s’arriscu de furas. In custa manera fiat aumentau su commerciu a martinìca e giai in su 1870 fiant isparessias totus is coltivatzionis de tabbacu in Sardigna e fiant istetias importadas matixeddas de ispetzias prus bonas ma cun pretzius prus artus puru. Sa fabbrica casteddaia si fiat torrada a pigai

14 ·

candu iat cumentzau a produsiri sceti is sigarrus toscanus chi no teniant abbisongiu de machinas poita fiant fatus casi de totu cun is manus e iant sostituìu, aici, in s’aggradessimentu de is consumadoris, is tabbacus de nasu e po sa pipa. In su 1884 sa fabbrica fiat torrada, defatu, una borta po sempri, a su Stadu. Is operaius istiant meda beni poita tirànt una paga bona e traballànt sceti ot’oras e mesu cun su pausu de un’ora po su prangiu; in is atrus istabbilimentus s’orariu fiat de undixi oras a sa dì. Candu, in sa segunda metadi de s’Otuxentus, s’azienda iat preferìu fabbricai is sigarrus, sa manorberìa fiat cumposta casi totu de feminas poita cudda fiat una faìna po sa prus parti artesana, fata cun is manus e doncas prus cunformi a is feminas chi fiant su 95% de totus is operaius, pruschetotu apustis chi iant introdusiu s’iscarada, sa paga apretzada cun su traballu reali, chi iat artziau sa paga etotu. In d’una dì un’operaia normali arrennesciat a fai a su mancus otuxentus sigarrus; is prus lestras e bravas pofintzas milliduxentus. Ma sa presentzia prus manna de is feminas si depiat puru a sa paga prus baxia a cumparantzia cun cussa de is ominis. Su donadori de traballu ndi teniat cumbenientzia. Acant’‘e sa fabbrica ci fiant puru aposentus mannus aundi is operaias podiant donai a sui a is pipius insoru e is asilus po is prus matucheddus. Ma sa disciplina fiat severa meda. Chini arribàt in retardu a traballai, cumenti minimu, perdiat una parti de sa paga e su mancai sentz’‘e una bàlida arrexoni, podiat portai a su lissentziamentu. Fiat puru proibìu lassai su logu de su traballu o andai in atras partis de s’istabbilimentu. Fiant tirriosus, in prus, is cumpudamentus personalis fatus a sa bessida de sa fabbrica po cuntrollai si calancunu iat furau tabbacu e ddu fiat portendi a foras. Chini fiat cassau in grimis ddu portànt in “sala di disciplina”; a custu primu castigu sighiat casi sempri deretu su lissentziamentu e sa presoni puru. S’ambienti de su traballu abarràt malesànu: si respirànt fumus, prùinis e sustantzias velenosas. Medas s’ammmaladiànt de tisichentzia o de tracoma e is feminas s’istrumànt o no arrennexiant a fai fillus: sa mortalla de is giovunus fiat intr’‘e bintunu e trint’annus. In is primus annus de su Noixentus is operaias fiant unu grupu meda unìu e prontu a gherrai contras a is prepotentzias e is disparidadis socialis. In su 1906 fiant istetias issas etotu sa ghia de is casteddaius chi si chesciànt po s’aumentu de is pretzius de sa cos’‘e papai e su trexi de maju iant pigau parti a unu comitziu in su bastioni de San Remy. Is tres operaias Boi, Marini e Nieddu iant chistionau a itzerrius ananti a totu su populu chi si fiat


L’assessore regionale della Pubblica Istruzione e Beni Culturali, Sergio Milia, presenta il Piano di rilancio dell’Ex Manifattura.

riunìu ingunis, arrennegadas meda poita, sa dì innantis, su sindigu Ottoni Bacaredda iat ascurtau una delegatzioni, narendiddi sfacìu chi “si is triglias costant dus francus, deu pigu e papu bacaliari”. Po custus fueddus sa genti si fiat inchietada e si ndi fiat offendia e in dìs infatu, candu iat bistu is amparadoris de s’ordini prubbicu armaus de fusilis, iat cumentzau a ferri is cosas chi arregordànt prus de totu s’aumentu de is pretzius e de sa miserèsa: is casotus de su dàtziu, sa “quarta regia”, is carrotzas de su tranvai a vapori chi portàt de Casteddu a Cuartu, passendi in Pirri, Pauli, Ceraxus e Cuartuciu, poita nanch’iat furau su traballu a is carradoris. Su catodixi, lunis, in sa pratz’‘e sa statzioni de is Ferrovias Realis, faci a is tres e cuartu de merì, fiat cumentzau unu tiru de perda contras a is carabineris chi iant arrespustu sparendi. Fiant arrutus a terra medas ferìus e dus, portaus a su spidali, fiant mortus cudda noti etotu, dus piciocus, unu de sexi e s’atru de dexennoi annus. Su cuindixi de maju su sindigu e sa Giunta comunali iant donau is dimissionis. S’avolotu grai e sangunosu de Casteddu si fiat spainau luegu in atrus logus de sa Sardigna cun ses mortus a Biddesartu e unu a Gonnesa, a Nebida e a Bonorva. Casteddu, gratzias puru a sa presentzia de is sigaraias gherradoras, iat donau s’esempiu a totu s’isula de cumenti si furriai contras a is prepotentis abbetiosus po fai binci is diritus politicus e socialis. Sa fortuna de is sigarrus iat sighiu fintzas a sa prima gherra mundiali candu fiat cumentzau su tempus de is sigaretas chi is istabbilimentus de Bari, Milano, Napoli e Palermo arrennesciant a produsiri in cantidadis medas prus mannas de cussas de Casteddu poita teniant is machinas prus lestras e modernas. Po

cust’arrexoni sa Manifatura de Casteddu at produsiu sempri prus pagu e dd’ant serrada in su mes’‘e idas de su 2001. Ma is atras puru de su Continenti no esistint prus sostituias de s’ETI (Ente Tabacchi Italiani) e, apustis, de sa BAT (British American Tabacco). De cuddu tempus casteddaiu abarrant sceti s’istoria importanti, is immaginis ingroghìas e is arregordus de chini at connotu a su mancus is urtimus annus, cumenti sa sirena chi sonàt donnia merì a forti e a s’ora pretzisa po marcai s’acabbu de su traballu. Su logu de sa fabbrica de is sigarrus e de is sigaretas est puru connotu e arregordau in Casteddu poita in tempus innantis, ingunis etotu, s’agatànt su guventu e sa cresia de Santa Maria de Gesùs de is paras franciscanus, aundi est mortu, su dexotu martzu de su 1567, Santu Sarbadori de Horta, lompiu de sa Catalonia a Casteddu sighendi a fai medas miraculus. Immoi is arrestus de su corpu de custu Santu, alabau e istimau sempri de totu sa Sardigna, funt istuggiaus in s’artari mannu de sa cresia de Santa Rosalìa. Su guventu e sa cresia fiant istetius casi de su totu destruìdus de is bombardamentus austriacus de su 1717 e su corpu de Santu Sarbadori dd’iant portau a primu a Santu Mauru, in s’apenditziu de Biddanoa, e apustis a Santa Rosalìa in sa parti prus arta de sa Marina. Spereus chi custu logu santu e de traballu potzat benni diaderus unu de is mellus de sa cultura casteddaia e sarda.

· 15


MEMORIA CAGLIARITANA Storia (e storie) dell’Istituto Salesiano

QUELLI DEI

SALESIANI Una terra di missione dove si sono formati centinaia di protagonisti della vita sociale isolana. di Gabriella Botta - Foto, Mariangelo Mudu

16 ·


Fu don Bosco stesso a voler porre tutte le sue fatiche apostoliche sotto la protezione di San Francesco di Sales, un modello di pazienza, carità e gioia per i Salesiani, preti al servizio dei giovani per formare “onesti cittadini e buoni cristiani”. Il 29 aprile 1908 fu benedetta e posta la prima pietra dell’Istituto Salesiano di Cagliari, che ha offerto la possibilità di formarsi a centinaia di ragazzini, alcuni dei quali sono poi diventati importanti personaggi della storia cagliaritana.

S

alesiani: discepoli di San Francesco di Sales. Fu don Bosco stesso che volle porre tutte le sue fatiche apostoliche sotto la protezione di questo santo; i Salesiani si sarebbero dovuti ispirare a lui per pazienza, carità e gioia, un modello che avrebbe condotto direttamente a Dio. Preti al servizio dei giovani per formare “onesti cittadini e buoni cristiani”, tale il desiderio di don Bosco. Ma quelli in cui visse il santo erano veramente tempi duri. Se ignoranza, analfabetismo e povertà dilagavano in tutta Italia, in Sardegna la situazione era ancor più grave; era necessario superare il sottosviluppo atavico, il problema legato all’usura e in alcune zone come Lanusei, dove sorse il primo convitto salesiano, il problema sociale del banditismo, ormai diventato ferita purulenta.

Anche Cagliari soffriva il degrado generale, e per interessamento delle autorità locali fra cui il senatore Siotto Pintor, che conobbe don Bosco, nel 1908 iniziò in città l’opera salesiana per occuparsi della formazione morale e civile dei ragazzi. Pare che a Cagliari i figli del popolo si trovassero in deplorevole abbandono ma,se coltivati e ben educati, avrebbero potuto crescere onesti e utili alla società anziché popolare le carceri cittadine. Così in quella che un tempo si chiamava via degli Ospizi, alla presenza di numerosi vescovi e autorità politiche tra cui il conte Sanjust, il 29 aprile 1908 fu benedetta e posta la prima pietra di quello che sarà l’Istituto Salesiano. I fondi per l’acquisto del terreno furono racimolati dal lavoro indefesso di don Piu e dalle offerte: il signor Gaetano Garzia iniziò con 3.000 lire. Raggiunta una somma ragionevole, si individuò il terreno di proprietà di Raimondo Leone che vendette ad un prezzo di favore e il notaio De Magistris registrò gratuitamente l’atto. Inseguito per consentire ai ragazzi di giocare in spazi più adeguati,si acquistò il giardino e il villino dell’avvocato Fadda. Nel 1913 mancavano ancora la mensa e molti arredi interni. Per qualche tempo gli allievi e i loro superiori andarono a mangiare nel Corso, mentre al mobilio ci pensarono la baronessa Amat, la Carboni e tante altre. Con il sopraggiungere della guerra, molti preti dovettero partire e per poco il fabbricato non fu occupato dai militari che pensavano di utilizzarlo come ospedale. Chiuso il conflitto l’opera salesiana continuò con nuovo vigore superando anche il secondo scontro mondiale. L’inserimento dei salesiani non fu, comunque, lavoro facile perché se da un lato l’opera di don Bosco veniva richiesta e accolta con

soddisfazione, molti ostacoli provenivano dal contesto storico-sociale in cui si trovava l’isola. Una “terra di missione”, veniva definita dagli stessi Salesiani dove regnavano arretratezza, pressione fiscale, isolamento culturale ed anche disinteresse da parte del governo centrale. Ecco, dunque, quanto è stata importante l’Opera in città: ebbero la possibilità di formarsi centinaia di ragazzi, alcuni, in seguito, si sono distinti in campo politico, giuridico, medico e quant’altro. Ex allievi che hanno lasciato un’impronta importante nella società; basta citare solo alcuni nomi come ad esempio l’avvocato Del Rio, presidente della Regione, parlamentare, sottosegretario alla Difesa; il dott. Di Martino, sindaco di Cagliari; il dott. Viarengo, magistrato, difensore civico della Regione; il prof. Cabiddu, ordinario di chimica organica il dott. Aldo Carta, dirigente delle Poste; l’avvocato Giua; il giornalista Mameli, il prof. Sitzia, preside della facoltà di Giurisprudenza; il prof. Curreli, primario nell’Ospedale Oncologico; il dott. Liori, assessore alla Sanità della RSA. È l’associazione ex allievi che tiene uniti gli amici di don Bosco, tutti ormai ex ragazzi che hanno giocato, riso e qualche volta pianto nel cortile. Tutti hanno sentito il lungo fischio mattutino che ancora oggi capita di sentire se si passa in viale Fra Ignazio alle 8:15. Si tratta del richiamo per i ragazzi che chiacchierano, passeggiano e giocano, è ora di mettersi in ordine, ogni classe formerà la propria fila, seguirà il pensiero del giorno formulato a turno da un salesiano,poi la preghiera. Solo qualche minuto. Così tutte le mattine durante l’anno scolastico, da sempre.

· 17


ENRICO MURRU MASSA

QUI PALAZZO Incontro con il sindaco Massimo Zedda

ECCO LA NUOVA CITTÀ Priorità ai tagli della macchina amministrativa. Poi il Tavolo con i sindaci dell’area metropolitana. di Lorelyse Pinna

U

esigenze, è arrivato, dice, “il momento delle decisioni”. La priorità dunque alla riduzione delle spese dell’amministrazione: dopo la riduzione delle “auto blu”, l’ottimizzazione della macchina amministrativa, valorizzando il personale e tagliando le spese superflue, e la dismissione di tutti gli immobili in affitto, che terminerà a marzo, con il trasferimento degli uffici comunali in altri edifici, che vengono così riqualificati. E poi le società partecipate, con la liquidazione dell’Ask che ha portato nelle casse del Comune 400 mila euro. In tutto 22 milioni di euro risparmiati sui 31 richiesti ri-

chiesti dal Governo, un buon risultato anche se «restano ancora 9 milioni da trovare, ma senza toccare i servizi», ha assicurato il sindaco, «anzi migliorandoli». Altro nodo importante: i trasporti, spina nel fianco del capoluogo. Cagliari ha infatti 156 mila abitanti ma eroga servizi per 350 mila e 200 mila veicoli entrano ogni giorno in città e cercano parcheggio. Problemi che coinvolgono anche i cittadini dei centri che gravitano intorno a Cagliari ed è per questo che se ne discute al “tavolo dei sindaci dell’area metropolitana”. Zedda ha le idee chiarissime, le soluzioni saranno la metro leggera e le al-

MAURIZIO ARTIZZU

n sindaco giovane, “una faccia nuova” come lo hanno definito in tanti, ma che sta dimostrando nei mesi di avere la stoffa per governare una città che è di per sé complessa, e deve anche relazionarsi con la sua dimensione metropolitana. Massimo Zedda è risultato infatti al secondo posto nella classifica di gradimento “Governance Poll”, istituita dal Sole24Ore. Tutto questo in un periodo di grave crisi economica, in cui tutti i Comuni italiani stanno facendo i conti con il taglio dei finanziamenti statali. Dopo una prima fase di ascolto dei cittadini e delle loro

18 ·


tre strategie di mobilità sostenibile. Fondamentale l’allungamento del tratto di metro da piazza Repubblica a piazza Matteotti e il successivo collegamento con il Policlinico Universitario e i paesi dell’hinterland. Così si ridurrà notevolmente il flusso di auto che ingorga quotidianamente le vie d’accesso al capoluogo ma non solo, migliorare la viabilità agevolerebbe chi comunque decidesse di utilizzare il proprio mezzo per andare in città. Già sulla S.S. 554 l’eliminazione, molto discussa, di uno dei semafori ha invece diminuito i tempi di percorrenza e aumentato la sicurezza, dimostrazione di come si possa operare in altri punti critici in collaborazione con gli altri Comuni coinvolti. Come per la S.S. 195 e viale Marconi: «tutte questioni ancora aperte e che stanno tornando attuali con l’arrivo della metro leggera». Per quanto riguarda il problema dei parcheggi è imminente l’attivazione delle telecamere nei quartieri storici, ma si pensa anche di creare una distinzione tra residenti e non residenti per l’uso dei parcheggi a pagamento, in modo da garantire il parcheggio ai residenti e al Comune le entrate delle “strisce blu”. Ma i quartieri del centro storico hanno bisogno di un rilancio su tutti i fronti. «Per Castello sarebbe necessario l’adeguamento al

PUC e al PPR, che sarebbe una certezza per chi vuole acquistare, oltre che un Piano Particolareggiato per il Centro Storico», spiega il sindaco. Per ora il Comune ha agevolato la possibilità dei frazionamenti e offre un incentivo in termini economici, ossia paga meno chi fraziona un grande appartamento e lo da a un parente fino al terzo grado. E per contrastare l’invecchiamento della città, un incentivo anche per chi riqualifica edifici in stato di abbandono e li affitta a giovani e giovani coppie, ma allo stesso tempo attenzione a non realizzare nel centro storico immobili abitati da soli universitari perché si verrebbe a creare «una “vita finta”, una città che si svuota durante le vacanze», come l’ha definita Zedda. «Non intervenire sull’urbanistica», afferma, «significa perdere una possibilità, come i tanti giovani che si trasferiscono nelle villette al mare. Ma per affrontare questi problemi serve anche il dialogo con gli altri Comuni per adottare una linea comune su ICI e sviluppo urbanistico e non creare così condizioni diverse a breve distanza tra loro». Anche il Poetto cambierà volto con l’approvazione del progetto lungomare, che andrà da Marina Piccola all’Ottagono e si collegherà con il Lazzareto, arrivando poi fino a via Roma. Sono tanti dunque i problemi da risol-

vere e i nuovi progetti, con una certezza per il futuro: «Siamo in una fase in cui la Pubblica Amministrazione deve dimostrare di poter far bene e smontare il messaggio che associa il pubblico a sprechi e clientele», conclude il sindaco, «perché quando il pubblico fa bene crea le condizioni anche per un aumento dei posti di lavoro».

LUCIANO URAS «Massimo Zedda è un bravo ragazzo, farà bene: dà valore alla cultura e all’università, ha una grande attenzione per i problemi in campo sociale, punta sul recupero della bellezza di Cagliari, dal Poetto al centro storico, e sa dialogare bene con il settore economico e con le imprese. Rappresenta una svolta per le giovani generazioni, penalizzate da questa società che gli toglie la prospettiva di un lavoro e di una crescita e una maturazione nei tempi giusti, perché arrivano alla stabilità verso, se non oltre, i 40 anni. Giovani bravi, che hanno studiato, conoscono le lingue straniere, viaggiano per l’Europa e hanno quindi un’apertura mentale maggiore rispetto alla nostra generazione, eppure vengono marginalizzati dal mondo del lavoro e dalle posizioni di rilievo. È onesto, capace, di grande disponibilità e con già 5 anni di esperienza in Consiglio comunale e un’esperienza nella Commissione Cultura in Consiglio regionale, la persona giusta per coinvolgere i cittadini cagliaritani oltre il centrosinistra».

Luciano Uras, 57 anni, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà.

GIORGIO CUGUSI «È iniziata una fase di rivoluzione generazionale e Cagliari ha dato il suo contributo, anzi ha dato il primo contributo, quello più autentico. È come se nonni, genitori e figli avessero deciso che fosse giunto il momento di cambiare, di liberare le nuove energie. In questo senza dubbio Massimo Zedda ha un ruolo importantissimo: deve dimostrare che questo rinnovamento c’è, sarà sicuramente difficile perché il sistema di potere si è ormai “incrostato” e il lavoro sarà lungo. Bisogna smentire l’idea che Massimo sia troppo giovane: una generazione fa alla sua età si governava il mondo e 35 anni non sono pochi, ma l’età della maturità».

Giorgio Cugusi, 53 anni, consigliere regionale.

· 19


LA SINISTRA CHE CRESCE Incontro con Michele Piras SIMONE ARIU

Dopo la vittoria di Massimo Zedda, storica perché arrivata dopo quasi vent’anni di governo cittadino del centro-destra, perché a vincere è stato un giovane e perché la campagna elettorale ha mobilitato tutta la città e coinvolto anche i giovani che da anni non partecipavano alla vita politica cagliaritana, Michele Piras parla di sé e della sua esperienza politica: il coordinatore regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, ma sottolinea «coordinatore regionale, non figura di vertice ma “primus inter pares”», “regista” di questa vittoria, aveva avuto la possibilità di entrare nella Direzione nazionale di Rifondazione, ma ha scelto di restare e accettare una sfida difficile. Dopo la sconfitta alle elezioni ha “attraversato il deserto” ma, racconta, la solitudine è stata un’occasione di riflessione e di crescita. Proprio in quel periodo lui e Luciano Uras hanno capito che per riemergere la Sinistra doveva ricominciare “ad ascoltare” il vento che viene dalle strade, dalle case, dalle persone comuni, ricominciare dalla città. «La pressione della quotidianità aumenta e ci costringe a ottimizzare al massimo il tempo di una giornata, rendendoci spesso superficiali, ma contro c’è la spinta dell’agonismo», spiega, «fare sempre meglio è il bello della vita». È il riscatto della generazione degli anni ‘70, tenuta lontana dal potere proprio da coloro che quel potere l’avevano contestato, i superstiti del ‘68 che dopo le lotte si sono affermati e “fermati” e hanno sostituito gli ideali della lotta con il cinismo del “non c’è niente da fare, le cose non si possono cambiare”. E invece sembra di sì.

Michele Piras

IL NOSTRO PROGETTO LIBERA L’INDIVIDUO A cura di Giorgio Ariu

20 ·

Per creare una rete di consenso si sfruttano anche sponde e attraversamenti fuori dall’isola, ma senza sfruttare “l’effetto boomerang” perché non sempre l’emigrato è meglio di chi ha deciso di restare e lottare. «Sono figlio di emigrati ma sono tornato dalla Germania a sei anni e mezzo per fare la scuola in Italia perché i miei genitori pensavano: “Se fa la scuola qui diventa tedesco a tutti gli effetti e lo perdiamo”. A distanza di anni mi hanno chiesto se avevano fatto bene a tornare in Sardegna e li ho ringraziati. Qui la sfida è sicuramente più interessante. Poi si, magari ripensi a tutte le opportunità perse... Mi proposero di entrare nella Direzione nazionale di Rifondazione ma rifiutai per aderire al progetto di SEL. Sinistra Ecologia Libertà è un fenomeno di sinistra che nasce a Seattle e mette insieme tre termini che nel corso della storia hanno spesso cozzato: la Sinistra come idea di uguaglianza, l’Ecologia e la Libertà, un concetto non molto chiaro se pensiamo ai regimi comunisti. Tutto nasce dal bisogno di partecipazione, la funzione dei partiti progressisti di oggi è aprire gli spazi di partecipazione. Ma se non ci fosse stata l’esperienza


di quei pochi che sembrava attraversassero il deserto dopo le ultime elezioni, quello che è successo a Cagliari non sarebbe stato possibile e non parlo solo della vittoria. Abbiamo capito che non serve più la presunzione, la prosopopea del dirigente di partito che ne sa sempre più del suo elettore. Quello è un retaggio della vecchia politica, che fa senza che l’elettore senta le sue proposte. Dopo la sconfitta elettorale la sinistra è stata costretta a una riflessione: se gli elettori ti espellono dal parlamento un motivo c’è, vuol dire che non hai dato risposte e la politica è dare risposte. Ma non è vero che la politica è sempre privilegio, ci sono anche quelli che non guadagnano niente. La solitudine è stata un’esperienza drammatica che ci ha formati meglio, ci ha resi più sensibili, gentili, aperti alla solitudine altrui e abbiamo riscoperto alcuni capisaldi della Sinistra. Questo è il fenomeno rilevante: la Sinistra ha ricominciato a cogliere ciò che sta succedendo nella società in un momento in cui il popolo è più avanti dei partiti e sta rovesciando la situazione. Il successo di SEL è proprio questo, è un progetto che non limita ma libera la dimensione individuale e la esalta nel collettivo. E questo credo sia l’atto fondamentale di inizio di un processo rivoluzionario». Ma sentivate di vincere? «La candidatura di Massimo aveva una valenza simbolica e di profondità. Poi col passare delle settimane ci siamo accorti che la partita si poteva vincere perché siamo riusciti a cogliere la richiesta di trasparenza che veniva dalla società, abbiamo comunicato che “si può” attraverso un ragazzo di poco più di trent’anni, sicuramente esperto e competente, che però rispecchiava queste richieste. Questa è l’onda che ci ha consentito di vincere: i giovani sono nascosti e sfiduciati ma abbiamo dimostrato che gli si dà spazio riemergono. E penso non si fosse mai vista una cosa del genere a Cagliari: la riappropriazio-

ne degli spazi, il travaso di entusiasmo che ha scardinato un blocco di potere che sembrava fosse inattaccabile».

1

Il tuo profilo e quello di Massimo: in cosa vi assomigliate e in cosa siete diversi? «Siamo figli della stessa generazione, ci assomigliamo in questo. Da un punto di vista politico condividiamo gli ideali, ma dal punto di vista dell’approccio nella relazione siamo diversi. Ci sono esperienze esistenziali che ti segnano: io sono figlio della classe operaia, lui è “figlio d’arte”. Lui è meticoloso, preciso, tecnico, io più istintivo. Da un punto di vista caratteriale io sono socievole, lui più introverso, anche se non timido. E questo credo gli consentirà di affrontare i rischi della politica con maggiore prudenza. Siamo due figure molto diverse, che per certi versi si integrano a vicenda. E torniamo a ciò che dicevo a proposito di una politica che valorizzi l’individualità». 2

Dai l’impressione di non essere libidinoso di potere materiale, di “poltrone”. Sembri più un regista. «Penso che le poltrone siano una responsabilità. Sin da ragazzino mi accorsi delle mie attitudini: ero bravo nelle materie umanistiche e scarso in matematica. C’è sempre a scuola chi ha un’attitudine umanistica e chi scientifica, nella politica la situazione è simile: c’è chi ha un’attitudine politica e chi amministrativa. Io conosco i miei limiti e so che non sarei bravo come assessore, neanche a Borore, il mio paese natale. La relazione con il potere è sempre stata difficile per me, ho una sorta di rigetto, quindi non ho mai pensato che la funzione politica e legislativa fosse il mio forte. La politica per me è relazione. Sono un ricercatore sociale (da sempre precario) laureato in Scienze Politiche e la mia professione, come la parte originaria della mia passione politica, nascono proprio dall’interesse per la società, per i suoi movimenti e le sue con-

3

traddizioni. La leadership non si costruisce con l’ostentazione ma con il carisma e la mia soddisfazione è quella di non stare in prima fila ma di essere “cercato” dalle telecamere e dalle macchine fotografiche. Ma poi la soddisfazione più grande è stata vedere un popolo straordinario e pensare “l’abbiamo fatto uscire noi”, sentirsi artefici. Una sensazione bellissima, sono quello che ha versato più lacrime dopo Massimo. Un’emozione che fa passare la stanchezza e la depressione storica della Sinistra. Ora potrò dire a mio figlio di aver fatto una cosa bella». 1 Michele Piras durante un comizio elettorale. 2 Il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. 2 Ancora Piras con il leader nazionale di SEL, Nichi Vendola.

21 ·

· 21


INTERVENTI Il consigliere regionale Giulio Steri sui costi della politica

«SUBITO L’ASSEMBLEA COSTITUENTE» L’approvazione della legge elettorale consentirebbe di limitare ad ottanta il numero dei consiglieri regionali. di Giulio Steri

I

l problema dei cosiddetti costi della politica è un argomento che anima il dibattito in tutti i livelli istituzionali e della società così come il problema delle riforme istituzionali. Il Consiglio Regionale, alcuni mesi orsono, aveva approvato un ordine del giorno che tracciava la strada da percorrere per giungere all’approvazione di un nuovo Statuto, della legge statutaria, della legge elettorale nonché della nuova legge sul personale. Sicuramente in questo processo vi sono stati dei ritardi; il gruppo dell’UDC, in sede di dibattito, si è pronunciato a favore dell’istituzione di un’Assemblea costituente alla quale affidare il compito di riscrivere lo Statuto. Peraltro, a differenza degli altri gruppi, l’UDC ha sostenuto che il compito dell’Assemblea costituente deve essere non quello di elaborare una mera proposta da trasmettere poi per l’approvazione al Parlamento, bensì quello ben più pregnante di approvare direttamente il nuovo Statuto da trasmettere al Governo solo per il controllo volto ad accertare il rispetto dei principi costituzionali. In questo senso, quindi, si è chiesto di modificare l’art. 54 dello Statuto, che per l’appunto disciplina le modalità di revisione dello Statuto oggi esistente. In tale modo, non solo si coinvolge la società e il popolo sardo in tutte le sue sfaccettature, avvicinandolo così alle istituzioni, ma si consente anche l’esplicazione di un’ampia autonomia. Oggi è di moda da parte di alcuni rivendicare la sovranità della Sardegna, le etichette però non mi sono mai piaciute. L’esperienza storica ci dimostra che esistono stati federati dotati di meno poteri e/o autonomia di enti definiti regionali. Allora quello che è importante non è tanto la definizione quanto individuare i poteri che la Regione rivendica, quali sono gli strumenti per esercitarli e quali le risorse disponibili. In Consiglio, peraltro, questa posizione è ad oggi minoritaria ed anche le forze che si sono pronunciate a favore dell’Assemblea costituente interpretano la richiesta in senso restrittivo. In questo contesto è stata di recente approvata la proposta di legge costituzionale che chiede al Parlamento di operare una riduzione del numero di consiglieri regionali da 80 a 60. Avremmo preferito che fosse stato richiesto che il potere di operare la riduzione fosse attribuito direttamente alla Regione; ciò nonostante abbiamo egualmente votato la proposta di riduzione in questione, della

22 ·

Giulio Steri, consigliere regionale, capogruppo UDC.

quale anzi io sono il primo firmatario, perché abbiamo ritenuto opportuno manifestare la ferma volontà di giungere all’approvazione delle riforme istituzionali. Auspichiamo, però, che in breve tempo si possa procedere con una riforma complessiva e non solo con una mera proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali. Sia chiaro, l’approvazione delle riforme non è la soluzione dei problemi. In tale modo, infatti, ci si limita a creare le condizioni per poter meglio affrontare e risolvere i gravi problemi che oggi attanagliano la Sardegna. Anche senza attendere l’approvazione del nuovo Statuto, tuttavia oggi si può già operare approvando la legge statutaria e la legge elettorale. Anzi l’approvazione della legge elettorale consentirebbe quanto meno di limitare ad 80 il numero dei consiglieri regionali, escludendo la possibilità di una loro lievitazione a seconda del

risultato elettorale come accaduto la scorsa legislatura nella quale erano stati eletti 85 consiglieri. Egualmente, per quanto riguarda la riduzione dei cosiddetti costi della politica si può operare da subito. Io, per la verità, preferisco parlare di costi della democrazia e dell’amministrazione. Tanto è vero che la proposta di legge presentata da noi e dalle altre forze aderenti al Terzo polo, prevede non solo l’abolizione integrale delle indennità cosiddette aggiuntive, ma anche una serie di interventi volti a limitare le spese degli apparati amministrativi, così introducendo, tra l’altro, dei limiti stringenti agli emolumenti degli amministratori. C’è molto da fare e c’è molto che si può fare in tempi brevi. L’UDC è pronta a confrontarsi e a giungere in tempi rapidi all’approvazione di queste proposte, ci auguriamo che tutte le forze politiche, al di là dei proclami, abbiano la stessa volontà.


Un cuore indipendente nel centro del Mediterraneo

RAFFINAZIONE / MARKETING / ENERGIA ELETTRICA / EOLICO / IT / INGEGNERIA E RICERCA /

www.saras.it


ESCLUSIVO I giganti di Monti Prama

IS SANTUS DE SU TEMPU DE IS NURAXIS

I

n su mesi de gennàrgiu de su 1977, deu, Erricu Atzeni e Pepinedhu Atzori, eus agatau, a Monti Prama in su Sinis de Cabras, arrogus de istatuas de perda de arena, trabballadas in s’antigoriu de is nuraxis. Fiant a pillu a pillu is istatuas in sa terra frúscia acanta a is istangius, una a pitzus de s’àtera, in disórdini, comenti ci dhas iant a ghetai apustis de su sciusciu de su templu in su cali fiant istetias postas de is devotus. Eus contau avantzus a su mancu de seti istatuas chi, candu fiant interas, si presentant in su santuàriu, una acanta a s’àtera, istrantaxas, firmas e impassibilis: unu ispantu po sa genti de insaras. Su templu, aintru de una bidha cun domus a pinnetas cun d’unu nuraxi insoru, oi totu arrutu, fiat a órdinis de colunnas, a contratura, cun sa grussaria de susu a capitellus fatus a sa manera de is picaperderis de s’edadi de is nuraxis. E de custa edadi funt puru is istatuas, traballadas de maistus e cun perda de su logu, chi si lassat insculpire cantaganta cun su scrafedhu. Est una perda bianca, modhi, prena de luxi. Is figuras funt de istatuas prus mannas de sa istatura communa de s’ómini. Cancuna arribbada a casi dus metrus de artesa. Una cosa ispantosa e fora de su sólitu in Sardigna, fintzas a immoi. Duncas: una iscoberta chi at a fai chistionai meda, de nosu e foras de nosu, in sa genti de pinna e in sa burrumballa, po su tempus aici atesu, po s’arti, po su chi fait intendi de sa istoria, de sa sociedadi, de su modu de bivi in is séculus candu su pópulu sardu fiat líbberu e indipendenti. Is istatuas funt in figuras de sordaus o de gherreris, cun is bistiris de distinzioni e is armas: arcus, iscudus, ispadas. S’arreconnóscint comenti e militaris idealitzaus, ne is calis sa genti bidhiada erois e fintzas divinidadis. Po sa mannària e po su costu bisòngiat a crei chi dhas ant fata is mannus de su guvernu de su logu, poita parit chi su sistema de insaras fiat a sa moda de s’aristocratzia, poderosa tantu de èssiri organizada casi comenti in sa citadi greca (s’antica “polis”). Custu ispricat sa fortza de is sardus de insaras, sa resistentzia de su pópulu po séculus e séculus, gherrendi contra is furisteris de dógnia parti e arratza, totus furuncus e terrobadoris de sa terra nosta. Su gradu de podere e de richesa de cussa edadi de printzipalis fait cumprendi comenti s’arti at pótziu tocai unu puntu e unu valori tantu artu de arrennesci a fàiri instatuedhas

24 ·

MATTEO TATTI

Ecco come sono venuti alla luce i guerrieri di Monti Prama nel ricordo dell’insigne scopritore, accademico dei lincei. di Giovanni Lilliu

TESTO IN LINGUA SARDA

Finora sono state individuate e restaurate 25 figure umane e 13 modelli di nuraghe.

de brunzu, chi funt istetias agatadas a centu e a centu in dógnia logu de s’ísula. Si bidiat sa finesa de is artistas e s’originalidadi de sa língua de sa produtzioni, a parti su èssiri documentus de sa vida de dógnia dí e signalis de is partis diversas de sa sociedadi e de su mundu de sa natura e de s’ómini. Ma custas istatuas colossalis funt immoi testimòngius prus crarus de su puntu prus mannu e prus gloriosu tocau de sa Sardigna, candu podiat castiai a is àteras terras de s’Europa e de su Mediterraneu, de uguali a uguali, podiat isfidai is aterus de acanta e de atesu, poita is sardus, insaras, fiant abberu una natzioni. Po tenni un’idea de s’importantzia de custas figuras de gherreris, de custus castiadoris sublimaus de sa libbertadi e de sa indipendentzia de sa Sardigna, bisòngiat a biri su èssiri forti, sintzillu e de mascu de is lineamentus de sa faci, sa rigidadi a pesa de su corpus, s’órdini pretzisu in sa giometria de su frorígiu de is bistiris e de is armas. In sa perda, s’arti e sa poesia ant fatu calai sa memória de su

tempus de s’epopea sarda; parit chi siat isculpiu su cantu de s’identidadi de is sardus. Su chi ascurtaus in is immàginis de Monti Prama, de oto séculus prima de nasci Gesucristus, fatas candu in Grècia s’arti de is istatuas fiat ancora pipia, est sa boxi de sa istoria, de sa beridadi de sa Sardigna: candu su pópulu guvernada po contu suu, in autonomia in su sentidu schetu de su fuedhu, sentza de si lassai cumandai de nisciunus, ne a intru ne a foras. Sa balentia de su pópulu sardu non timiat, in poderi, cussa de is àterus pópulus grecus e de s’Orienti cun is calis teniat relatzionis de cumérciu. Però sa natura sua fiat e abarrat diversa; su ispíritu, sa matéria de sa istoria de is sardus non si donant a nisciunus, totu cosa de issus. Custa diversidadi de sa natura nosta non deus pérdia ancora, mancai s’iant postu su pei apitzus po séculus e séculus is intregau a su dimóniu, furisteris e serbidoris sardus de is furisteris, ladronis e tiàulus de mari e de terra.


In giro per la città CULTURA

Galep

I tesori artistici tra sacro e profano

La copertina dell’opuscolo edito dalla GIA Comunicazione e, a destra, la stampa che Galeppini regalò a Giorgio Ariu.

“C

GALEP OLTRE TEX

osa avrà mai a che fare Tex Willer con le pie suore di San Vincenzo?”, si chiede Giorgio Pellegrini nel suo intervento in “Galep, i tesori artistici tra sacro e profano”. E infatti che fosse Aurelio Galeppini, in arte Galep, l’autore dei quattro dipinti della Via Crucis, delle decorazioni e degli affreschi della piccola cappella dell’Istituto San Vincenzo De Paoli a Cagliari, lo sapevano davvero in pochi, finché qualche mese prima di morire non ha deciso di firmarle. Ora grazie a questa pubblicazione possiamo conoscere la storia di questo patrimonio per troppo tempo nascosto. Erano gli anni difficili della guerra e Aurelio Galeppini le trovava tutte per trovare un pasto in una Cagliari distrutta dai bombardamenti: dai ritratti dei commilitoni agli affreschi raffiguranti battaglie per la caserma dove risiedeva, fino a souvenir raffiguranti scorci della città dipinti su pezzi di matto-

nelle buttate giù dalle bombe. All’Ospizio di San Vincenzo De Paoli trovò alloggio, un piatto di minestra e qualche vestito usato, che ricambiò dipingendo questo ciclo di affreschi. Era il 1945 e solo tre anni dopo avrebbe visto la luce “Tex”, il personaggio che lo avrebbe consacrato artista e disegnatore di successo. Nel ciclo cagliaritano non si avverte la vocazione fumettistica del futuro Galep, che per mezzo del colore realizza figure evanescenti, vive nel loro dialogo muto fatto di sguardi, prediligendo l’aspetto psicologico, l’interiorità dei personaggi. Nonostante questo Luigi Agus, docente di Storia ed Esegesi dell’Arte Cristiana (ISSR EuroMediterraneo, Tempio Pausania) sottolinea come queste opere, per quanto lontane dal fumetto a cui si dedicò per tutta la vita, siano fondamentali per la lettura della successiva opera di Galep: sono la massima espressione della forte consa-

pevolezza accademica d’avanguardia su cui essa si fonda. L’opuscolo, ideato e realizzato dalla GIA Comunicazione di Giorgio Ariu, a cui Aurelio Galeppini affidò il ciclo di opere, e patrocinato dall’Assessorato del Turismo della Regione Sardegna, è stato presentato a Roma in occasione della trentesima edizione de “L’Isola che c’è”. Un convegno che ha rappresentato un’occasione importante per far conoscere un altro grande tesoro dell’isola, non solo a chi la conosce poco, ma anche a chi ci vive e a volte si perde alcune sue meraviglie.

· 25


PERSONAGGI Incontro con Gilberto Murgia

«ECCO PERCHÉ HO LASCIATO L’ARMA» Amministrare, salvaguardare e promuovere il patrimonio forestale sardo, cui si aggiunge la missione di sensibilizzare ed educare anche i più piccoli: questi i compiti dell’Ente Foreste della Sardegna. Alla sua direzione Gilberto Murgia, che ha messo al grande esperienza maturata in più di 40 anni nell’Arma dei Carabinieri al servizio dell’isola.

L

a nostra isola possiede un immenso patrimonio forestale, un bene collettivo da preservare e promuovere per la sua valenza non solo naturalistica, ma anche storica e culturale. A gestire questa risorsa è l’Ente Foreste della Sardegna, istituito nel 1999 per sostituire l’Agenzia Foreste Demaniali, attualmente uno dei più importanti e poderosi della Regione Sardegna con un “esercito” di quasi settemila dipendenti attivi su tutto il territorio regionale e compiti che vanno dall’amministrazione e salvaguardia della fauna autoctona e della flora sia da parassiti che dalla piaga degli

26 ·

incendi, all’organizzazione di manifestazioni di promozione e fruizione del patrimonio, campagne di sensibilizzazione ed educazione ambientale. Una missione che richiede la conoscenza delle specie sarde e delle loro necessità, oltre a una grande competenza e capacità organizzativa che garantiscano interventi rapidi ed efficaci. Non è un caso, quindi, che lo scorso anno alla Direzione generale dell’Ente sia giunto Gilberto Murgia, l’ex Comandante regionale dei Carabinieri, che i tanti anni di servizio nell’Arma avevano dotato di grande esperienza in ambito direttivo, a cui si aggiungevano i ruoli importanti assunti fuori dall’isola e l’attività di contrasto

a banditismo e sequestri svolta nella provincia di Nuoro. E proprio da quest’ultima esperienza deriva la sua grande conoscenza del territorio, in quell’occasione utile per scovare i possibili nascondigli dei ricercati e le prigioni degli ostaggi, ora votata al servizio dei sardi e della loro terra. Prima di essere nominato direttore generale dell’Ente Foreste, era Comandante regionale dei Carabinieri. Quanto ha contato l’esperienza nell’Arma nel ruolo che ora svolge? «Quando mi è stata proposta la funzione di direttore generale dell’Ente Foreste stavo


nell’isola, dove ho operato in provincia di Nuoro nella lotta al banditismo e ai sequestri. E soprattutto questa esperienza fatta in Sardegna mi ha consentito di avere un approccio diretto non solo con i problemi legati alla sicurezza, ma anche con i problemi legati alla tutela ambientale».

FORESTE APERTE La manifestazione “Foreste Aperte” si articola in una serie di giornate in foresta per promuovere i tesori naturali dell’isola e richiamare l’attenzione sul loro valore, sia per la popolazione locale che come attrazione turistica. “Aprire” significa infatti “liberare”, liberare le risorse ma anche favorire la presa di coscienza del giusto utilizzo di questo bene, troppo spesso soggetto ad abusi come i tagli indiscriminati, gli incendi e lo sfruttamento. Ogni giornata prevede un vasto programma di attività, dal trekking, orienteering, nordic walking, ai corsi di fotografia naturalistica, educazione ambientale per i bimbi, mostre sulla biodiversità e avvicinamento al cavallo, oltre ad alcuni eventi musicali, sportivi ed espositivi specifici di alcune giornate. al Comando generale dei Carabinieri, dove svolgevo l’attività di presidente della Commissione per l’avanzamento dei marescialli e facevo parte della Commissione d’Inchiesta istituita dal Ministro La Russa per fare luce su eventuali criticità legate ai concorsi del personale civile del Ministero. Ho accettato di lasciare definitivamente l’Arma per mettermi al servizio della Regione Sardegna, facendo leva sulle vecchie esperienze maturate negli oltre quarant’anni di servizio nell’Arma, che mi ha portato ad operare anche in Lazio, Campania, Calabria e Sicilia, oltre che

E le esperienze fuori dall’isola? «Le esperienze nelle altre regioni sono state un arricchimento costante perché mi hanno consentito di conoscere diverse realtà sociali. Un’altra esperienza esaltante è stata quella al Senato della Repubblica, dove per tre anni ho avuto la responsabilità della sicurezza del Senato e di tutte le strutture che ne fanno parte. Sotto questo profilo ero stretto collaboratore del Presidente del Senato. Grazie a questa esperienza ho potuto conoscere da vicino ex-capi di Stato e molti dei personaggi politici più in vista. Tutto questo bagaglio di esperienze mi è particolarmente utile per svolgere le funzioni di direttore generale dell’Ente Foreste, che è uno degli Enti più importanti della Regione, oltre che per i quasi 7 mila dipendenti, anche per la natura delle attività che svolge». Quali sono le attività dell’Ente Foreste? «La sua attività principale è la conservazione e la valorizzazione del patrimonio boschivo e ambientale dell’isola, ma l’Ente non si ferma all’implementazione e valorizzazione in quanto l’attività è riferita anche alla protezione civile e quindi anche all’antincendio. L’Ente Foreste schiera oltre 200 vedette e circa 3 mila unità nelle squadre di lotta, dunque un’attività corposa e importante che viene svolta con grande generosità e senso di responsabilità da tutto il personale. Un’altra attività non secondaria è quella dell’educazione ambientale: lo scorso anno, per esempio, con il progetto “Un albero per ogni bambino” sono state coinvolte le scuole d’infanzia e primarie di tutta l’isola, per un totale di oltre 42 mila bambini ai quali è stata consegnata una piantina della flora sarda. E poi la ormai “classica” manifestazione “Foreste Aperte”, con cui l’Ente ha inteso far conoscere i gioielli del suo patrimonio boschivo al popolo sardo».

Infatti queste manifestazioni sono molto conosciute e apprezzate, ma oltre a queste, come si svolge l’attività di educazione ambientale? «Si, ognuna di queste manifestazioni ha visto la partecipazione di almeno 3 mila persone, che hanno aderito con grande entusiasmo e hanno potuto apprezzare i boschi e la rete sentieristica realizzata dall’Ente. Per le attività della didattica e della sensibilizzazione abbiamo i nostri educatori ambientali, personale altamente specializzato che va nelle scuole e spiega agli scolari i valori naturalistici, consegnando anche un opuscoletto con schede che descrivono le principali specie presenti in Sardegna. I progetti “Un albero per ogni bambino” e “Foreste Aperte” sono stati inquadrati nell’Anno internazionale delle Foreste dichiarato dall’ONU». E qualche volta sono invece i boschi a trasformarsi in aula scolastica, come nella manifestazione “Per un giorno il bosco come aula scolastica” svolta nel Cantiere di Campanasissa a Siliqua, durante la quale i bambini delle scuole primarie, accompagnati dai loro insegnanti, hanno seguito una lezione speciale. Un giorno di giochi con sfide di riconoscimento delle specie vegetali sarde ed escursioni, terminato con la consegna da parte dei bimbi dei loro lavori sui temi della raccolta dei rifiuti, della salvaguardia delle specie animali e vegetali e sulla campagna antincendio. Il 2012 è inoltre l’Anno Internazionale del pipistrello, un mammifero molto diffuso sul territorio italiano e sardo, ma spesso maltrattato: in questa occasione l’Ente si propone di raccogliere i nomi sardi di questa specie, che variano da zona a zona e sono anch’essi un patrimonio, per compilare una scheda da inserire nella sezione Fauna del sito SardegnaForeste. È anch’esso un modo di preservare i tesori dell’isola. Così l’Ente Foreste della Sardegna si occupa della salvaguardia e della formazione di coloro a cui un domani verrà affidato questo patrimonio. Davvero una grande sfida, oltre che una grande responsabilità.

L.P.

· 27


QUELL’INFANZIA SEMPLICE, FATICOSA E OBBEDIENTE DEI PRIMI DEL ‘900 Il mondo dei bambini in Sardegna: i legami affettivi, gli spazi e i tempi.

L'

di Maria Armida Forteleoni - Foto, National Geographic

affetto e l'amore dei genitori verso il bambino erano immensi, anche se non sempre manifestati apertamente attraverso coccole, abbracci, baci, tono della voce e gestualità. Il rapporto, se pur buono, non era confidenziale ma si tendeva a mantenere un certo distacco. Nella maggior parte dei casi era la figura materna a risultare la più severa e rigorosa, mentre il padre era più affettuoso anche se talvolta temuto. Spesso assente per motivi di lavoro, lasciava fosse la moglie ad occuparsi dei figli ed in particolare della loro educazione, quando non erano entrambi a farlo. Il rapporto tra il bambino e i suoi fratelli non presentava grosse discordanze: non vi erano infatti differenze tra il primogenito e gli altri figli o particolari privilegi o doveri del primogenito, né tra fratelli dello stesso sesso, né tra quelli di sesso diverso. L'unica possibile differenza era che i più grandi cominciavano a lavorare prima e talvolta avevano la respon-

28 ·

sabilità di mandare avanti la famiglia e salvaguardare i più piccoli. Gli spazi e i tempi del bambino erano molto limitati e i momenti di libertà pressoché inesistenti. A parte la scuola e salvo poche e rare eccezioni, si usciva soltanto la domenica per la funzione religiosa e le sere d'estate, quando ci si sedeva in “s'ecca”, ossia vicino al portone di casa, insieme a familiari e vicinato. Il maggiore traguardo scolastico era la quinta elementare, rara la licenza media, e qualcuno a scuola non andava proprio. Con ansia si attendeva l'arrivo della domenica per la passeggiata pomeridiana, per la quale la strada principale dei paesi si popolava e si animava allegramente. Ma non prima di aver ascoltato la Messa al mattino e la funzione alla sera. Spesso le madri sorvegliavano dalle finestre l'andirivieni che terminava obbligatoriamente al suono dell'Angelus, intorno alle 19. Non appena le campane della parrocchiale cominciavano a suonare si assisteva a un fuggifuggi generale perché se per

caso ci si attardava a rientrare la domenica successiva si poteva star certi che non ci si sarebbe mossi di casa! Durante l'inverno si usciva solo la domenica e si doveva rientrare appena fosse stato buio. I neonati dormivano in su brazzollu, l'antica culla di legno fabbricata dal falegname del paese o dallo stesso genitore. Se non si possedeva la culla, il neonato dormiva nel letto matrimoniale tra padre e madre. Poi passava alla stuoia o alla branda in cucina se la casa era piccola, insieme a fratelli e sorelle. Non si andava mai a dormire troppo tardi perché la mattina poi ci si doveva alzare presto. La sera, soprattutto d'inverno, ci si trovava davanti al camino e si leggeva qualcosa, principalmente libri di religione e vite di santi, fino alle 21, mentre d'estate ci si tratteneva a “prendere il fresco” fino alle 23 e il sabato anche fino a mezzanotte. Un'infanzia dunque semplice, per certi e molti versi dura e faticosa anche per i bambini, che abbandonavano la scuola per i lavori


Come eravamo ai primi del ‘900 UN TUFFO NEL PASSATO

Attimi di vita quotidiana in Sardegna ai primi del ‘900 negli scatti di National Geographic.

E SI GIOCAVA CON I SASSOLINI

di campagna o di casa. In alcuni casi scuola e lavoro andavano di pari passo. L'educazione era rigida e fondata sull'obbedienza, tanto che ai genitori ci si rivolgeva obbligatoriamente dando del “lei”. Ma nonostante le ristrettezze economiche, i legami familiari, e parentali in genere, e quelli con il vicinato erano saldi: si gioiva delle piccole cose, ci si accontentava e i rapporti erano improntati sul rispetto e sulla fratellanza, sul sostegno reciproco e sulla solidarietà.

I giochi dei bambini sardi del primo Novecento erano semplici e i giocattoli di certo non acquistati, ma erano oggetti comuni e quotidiani tra i più disparati, dai sassolini ai grembiuli delle mamme, la carta e le stoffe vecchie con cui si improvvisavano dei pupazzetti. I momenti di svago non erano poi tanti, anzi talvolta proprio non esistevano perché il lavoro non lo permetteva. Si giocava nelle sere d’estate, quando dopo cena gli adulti sedevano per strada, vicino al portone di casa. Sotto l’occhio vigile delle mamme i bambini si riunivano e organizzavano i giochi. A volte si disponevano in cerchio e si raccontavano favole inventate di sana pianta o sentite raccontare da un genitore di fronte al camino. Tutte iniziavano con “Un’otta ci fia...”, il classico “C’era una volta...”, e terminavano con “... nosu innòi e issusu innìa”, “noi siamo qui e i personaggi della fiaba sono rimasti lì”. Si giocava anche con le bambole di pezza, arrangiate e forgiate dalle bambine con l’ausilio di asciugamani, spago e rocchetti, si facevano i girotondi o “su giogu de sa marighèdda”, il gioco della brocca: le bambine del vicinato accovacciate perfettamente allineate erano le brocche e c’erano poi la venditrice di questi “vasi” e la possibile acquirente. E così cominciavano il dialogo e la pseudo vendita. Nelle sere d’inverno ci si divertiva giocando “alla botteghina”, simulando di avere una bottega e vendere prodotti diversi: si usavano il grembiule della mamma, delle monetine, escrementi di coniglio per caffè, cenere al posto dello zucchero, pezzetti di legno per spaghetti. Si giocava poi con

i vecchi cerchi delle biciclette o alla corsa, si modellavano caramelle con le foglie portate dal vento e ci si metteva rocchetti al posto dei tacchi. I bambini giocavano a calcio con palloni di stracci, “sa boccia de su zappulu”. Si riempiva la carta con la paglia che in inverno, quando si inzuppava d’acqua, diventava pesante e non palleggiava tanto. Le squadre erano formate da amici, fratelli, cugini e vicini e qualche volta capitava di rientrare a casa infestati di pulci e pidocchi. Un altro grande divertimento erano i bottoni: il gioco consisteva nel lanciarli contro il muro, il giocatore che riusciva a mandarli più lontano aveva vinto. E poi nascondino, “zacca la mano” o “zacca e’ poni”, girotondo, salto della corda o l’altalena. In gruppo si poteva giocare anche a “mamma cua”, la notissima mosca cieca. Durante le feste si faceva l’albero della cuccagna, “su pinnìoni”, che veniva unto di olio di animale. Chi riusciva ad essere così abile da arrampicarsi si accaparrava il bottino appeso in cima: formaggio, conigli, galline, salsicce, sigarette e tanto altro. Comunissimo era anche il gioco “de s’umbrusciu” o “su pincareddu”, il pincaro: indispensabile in questo caso era disporre della cosiddetta “telluzza”, ossia di una pietra di fiume piatta e di un rettangolo disegnato per terra, suddiviso in caselle numerate. Si lanciava il sasso in modo che ogni volta cadesse su una casella diversa senza toccare le linee di divisione, poi lo si spingeva facendo saltelli su un solo piede, spostando la pietra dal centro di una casella a quello delle successive e infine si compiva un giro di tutte le caselle con la “telluzza in su pei”, la pietra ferma sul piede. Il gioco si concludeva quando si arrivava alla tappa del Paradiso e si riusciva a centrarla lanciando la pietra di spalle. Un altro gioco era quello “de is biccus”, che si faceva con cinque sassolini arrotondati: con una mano si lanciava in aria un sasso e, nel tempo in cui questo andava verso l’alto e ricadeva, con la stessa mano si raccoglievano da terra gli altri quattro e si raccoglieva il quinto al volo. Si proseguiva lanciando due sassolini, poi tre e infine quattro, con la difficoltà che aumentava. La semplicità di questi giochi esalta l’innocenza dei bambini del passato. Alcuni di essi purtroppo non hanno mai giocato o lo hanno fatto raramente perché dovevano badare ai fratellini più piccoli o attendere alle faccende domestiche, quando non addirittura lavorare in campagna, come pastorelli, come garzoni, sotto dipendenza, nei lavori di spigatura e in altri impieghi simili.

· 29


(CYBER)BULLISMO Adolescenti ieri e oggi

QUANDO TV E WEB SONO DEVASTANTI Nel mondo della comunicazione massmediatica è difficile proteggere i minori dalla violenza nei film e non solo. La nuova frontiera è quella del bullismo elettronico: le leggi europee e italiane in materia e i consigli degli esperti.

H

ena Begun è morta a 14 anni, uccisa dalle ottanta frustate inflitte come punizione per la sua presunta relazione con un cugino sposato. La pena è quella prevista dalle norme della sharia, la legge islamica applicata alla lettera dal tribunale di anziani e religiosi del suo villaggio in Bangladesh. Il suo caso riapre la questione mai risolta della violenza sui minori, di cui Il Cagliaritano si era occupato anche nel 1997 con il dossier “Dove vanno i bambini”, a cura di Gabriel Levi e Alfredo Carlo Moro. Quest’ultimo, a quasi dieci anni dall’approvazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, denunciava: «In molte plaghe del nostro pianeta i bambini non vedono affatto riconosciuti ancora alcuni diritti elementari», denuncia a quanto pare ancora attuale a distanza di vent’anni dall’entrata in vigore della Convenzione. «Ma anche nei paesi sedicenti civilizzati il costume appare molto lontano dalle enunciazioni teoriche», continuava Moro. Tanto è vero che di recente la Commissione europea ha preparato un pacchetto di provvedimenti a tutela dei minori che vanno dalla protezione in tribunale, siano essi vittime, testimoni o sospetti di crimini, alla lotta contro la pedopornografia e il cyberbullismo. Oltre alla violenza vera e propria, infatti, ne esiste una

più subdola, che nega ai bambini il diritto di esserlo in modo coatto, immettendoli sin da neonati nel sistema imperante del consumismo. È questa quella più diffusa e pericolosa nei paesi “civilizzati”: dalla TV alla pubblicità fino all’incontrollabile web, i mass media concorrono a fornire ai piccoli utenti modelli spesso sbagliati, sfruttano la loro permeabilità per aumentare le vendite dei prodotti, quando non diventano addirittura per qualcuno un mezzo per adescarli e rapinarli violentemente della loro infanzia. Il bambino è riconosciuto bambino e, come tale, dotato di esigenze e gusti ben definiti e appagabili, così diventa oggetto dell’attenzione dei professionisti del marketing che lo trattano al pari di qualsiasi altra “fetta di mercato”. E non solo del mercato dei beni di consumo destinati propriamente all’infanzia: il bambino diventa il tramite per orientare le spese dei genitori e una spugna a cui far assorbire i modelli di una società a volte troppo superficiale. È stata chiamata “cattiva maestra”, “ladra di tempo”, “bambinaia elettronica”: quanti bambini vengono affidati alla televisione quando i genitori hanno da fare e stanno per ore di fronte allo schermo? “TV e videogiochi solo dopo i compiti” è il motto delle mamme, ma dopo i compiti, la TV e i videogiochi resta poco tempo per giocare a qualcos’altro,

Facebook è il social network più diffuso al mondo. È stato fondato dal giovane Mark Zuckerberg il 4 febbraio 2004.

30 ·

leggere e sviluppare la fantasia. Prestissimo iniziano a comunicare con gli amici via sms e chat: una recente indagine del Centro studi Minori e Media di Firenze ha rilevato che l’età media del primo telefonino è 10 anni e la ricarica mensile si aggira tra i 20 e i 50 euro fino alle scuole superiori, quando si arriva a spendere anche più di 50 euro al mese. Così succede a volte che non si rendano conto che scrivere un tema è diverso da scrivere un messaggino. Finché un giorno ci si accorge che un quindicenne su cinque è semi analfabeta, ovvero “privo delle capacità fondamentali di lettura e scrittura”, e si grida al disastro socio-culturale. È emerso inoltre da tante ricerche che molti adolescenti si assentano da scuola perché fanno le ore piccole di fronte alla TV o al PC e soprattutto è emerso che la violenza legata alla fiction piace, colpisce e può generare processi di imitazione. Semplificando ovviamente, ma anche questo fa parte del più generale fenomeno di appiattimento culturale che l’Italia sta subendo da anni a questa parte. Questa non vuole essere una demonizzazione dei mass media: la televisione, la radio e ora il web hanno contribuito e possono contribuire alla crescita culturale e affettiva se usati in modo giusto. E come oggi sembra che siano tra le cause principali dell’aumento della dispersione scolastica e dell’incapacità comunicativa, in passato svolsero un ruolo fondamentale nell’unificazione linguistica del nostro paese e nella nascita della lingua italiana media che oggi parliamo. La Convenzione riconosce questo contributo all’art. 17: «Gli Stati parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere a una informazione e a materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine gli Stati parti incoraggiano i mass media a


L’INDAGINE OPEN EYES: SAFENET USE

divulgare informazioni e materiali che hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo» e «favoriscono l’elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere». Questi principi direttivi, elaborati dalla Comunità Europea e dallo Stato, consistono principalmente nel divieto di proiezione di programmi che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche e che possano nuocere allo sviluppo psichico e morale dei minori. I programmi inadatti a un pubblico di minori sono ammessi solo nella fascia oraria tra le 23 e le 7, devono essere preceduti da una avvertenza acustica e identificati da una segnalazione visiva. L’attenzione dei legiferatori si è poi concentrata sulla pubblicità, stabilendo delle norme che evitassero ai minori di diventare prede della cosiddetta “pubblicità invasiva”. Nel 2002 il codice di Autoregolamentazione TV e minori, firmato dalle emittenti nazionali e locali, ha disposto la fascia oraria “per tutti” tra le 7 e alle 22.30 e “la televisione per minori” tra le 16 e le 19, in cui anche gli spot pubblicitari sono soggetti a restrizioni specifiche. Oggi poi con il digitale terrestre il problema risulta superato in quanto esistono canali interamente dedicati ai bambini e ai ragazzi. La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia firmata nel 1989 ha segnato un passo fondamentale nel riconoscimento che «il bambino non è solo una “speranza d’uomo” ma è già una persona i cui bisogni fondamentali di vita devono trovare risposte adeguate e pieno appagamento», come ha scritto Moro. Ora bisognerebbe passare dall’idea del “bambino-spugna”, consumatore di televisione e di beni di consumo, all’idea del bambino come cittadino del futuro. Si dovrebbe fare maggiore attenzione alla quantità di tempo che i bambini e i ragazzi passano di fronte alla televisione e allo schermo del PC e alla qualità dei programmi specifici per loro. Proibire

In USA si chiama “cyber bullyng”, in Italia “bullismo elettronico” ed è il nuovo volto della violenza di branco nell’era digitale. Le minacce e le violenze non sono più solo fisiche e vengono perpetuate con il supporto della tecnologia tramite sms, e-mail, chat e programmi di messaggeria istantanea. Spesso sono le informazioni private a trasformarsi in un arma contro le vittime designate, “messe alla berlina” con foto, video e notizie private postate su blog. Così la spettacolarizzazione mediatica diventa uno strumento di violenza, una violenza che non dà tregua alle vittime, che non si sentono più al sicuro nemmeno in casa: è proprio questa una delle due novità del nuovo bullismo. L’altra è l’anonimato dietro cui si nasconde il bullo, protetto da un nickname dietro il quale si sente più forte e sicuro e che lo rende difficilmente rintracciabile. E questa mancanza di contatto “faccia a faccia” può rendere bulli anche coloro che normalmente non farebbero del male a una mosca. Le più cattive sono le femmine, più abili nello scovare il lato debole della propria vittima. La loro violenza è sottile e riguarda la sfera intima: le armi sono calunnie e frasi, se non addirittura rime e canzonette, oltre all’isolamento sociale, l’esclusione totale dal gruppo o dalla classe. La ricerca “Open Eyes: safenet use”, realizzata da Occhi Aperti (associazione temporanea di scopo creata dall’Associazione Chiamamilano e dall’Istituto Superiore N. Machiavelli di Pioltello, con il supporto del Ministero dell’Istruzione) insieme al dipartimento di Psicologia dell’Università di Napoli, fornisce alcuni dati allarmanti sulla portata del fenomeno: su un campione di 951 studenti tra i 14 e i 21 anni, un ragazzo/a su 10 ha dichiarato di aver avuto a che fare con “cyber bulli”, ma la percezione è che siano almeno il 20% ad essere vittima di queste persecuzioni on-line. Quasi il 13% degli intervistati ha ammesso di aver inviato messaggi crudeli, volgari o minacciosi e l’8% di aver pubblicato pettegolezzi o frasi umilianti nei confronti di altre persone. Molti dei ragazzi (29%) hanno detto di aver visto girare online materiale denigratorio su preside, professori e personale scolastico, mentre quasi il 40% hanno confessato di sapere che i propri compagni sono iscritti a gruppi che inneggiano a varie forme di violenza e di odio. Ma la ricerca è solo uno degli scopi del progetto “Open Eyes: safenet use”, che si propone di formare gli insegnanti e realizzare sportelli di counselling psicologico e legale. Il primo è già attivo nella sede dell’associazione a Milano, nelle cui scuole partirà anche il primo ciclo di formazione, con l’obiettivo di allargare la ricerca agli studenti delle scuole medie inferiori e estendere l’Osservatorio Open Eyes a tutto il territorio nazionale.

I RAGAZZI E LA RETE • SONO L’85,4% GLI STUDENTI CHE HANNO ALMENO UN PROFILO DI SOCIAL NETWORKING (MYSPACE, FACEBOOK, TWITTER, FRIENDFEED). • LA METÀ DEI RAGAZZI DICE CHE I GENITORI NON HANNO MAI DATO UN’OCCHIATA A QUELLO CHE FANNO ONLINE, E OLTRE LA METÀ (66,1%) NON HA MAI GUARDATO IL LORO PROFILO SUL SOCIAL NETWORK.

unicamente è inutile, gli specialisti sostengono che sarebbe meglio aiutarli a imparare a distinguere la finzione dalla realtà e a sviluppare sin da piccoli un maggiore senso critico, magari creando degli spazi perché parlino di ciò che hanno visto con genitori e insegnanti.

ANCHE SUL WEB

Info, indagini, approfondimenti e aggiornamenti su queste e altre iniziative dell’associazione Open Eyes si trovano su www.openeyes.it

L.P.

· 31


PERSONAGGI I grandi avvocati sardi

BENIAMINO PIRAS L’etica e la cultura di Antonello Angioni

N

on è semplice scrivere di Beniamino Piras, attento giurista e figura di spicco dell’avvocatura cagliaritana per circa quarant’anni. Per ricordarlo basta dire che è stato l’indiscusso maestro dei cultori del diritto amministrativo in Sardegna e che nel suo studio e sotto la sua attenta guida si sono formati professionisti di elevato livello. Era nato a Samassi il 18 febbraio 1915 da Giuseppe e Bonaria Cabiddu. Il 13 novembre 1939 consegue la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Cagliari, col massimo dei voti e la lode. Frequenta subito lo studio dell’avvocato Giorgio Mereu ai fini del compimento della pratica forense. Inizia come patrocinatore legale presso la Pretura di Serramanna. Nel gennaio del 1942, conclusa la pratica, lo attende la divisa con le stellette in quanto deve partecipare alla guerra. Rientrato dal servizio militare, il 15 giugno del 1944, si iscrive all’Albo dei procuratori e, il 22 maggio 1945, a quello degli avvocati. Il 9 gennaio 1950 viene ammesso al patrocinio presso la Suprema Corte di Cassazione e le giurisdizioni superiori. Allora Beniamino Piras era già un avvocato di primissimo livello. “Era eccezionale in tutto” - ricorda l’avv. Bartolomeo Salone che fu allievo e poi collega di Piras - “per la profonda preparazione giuridica e per le elevate capacità professionali, ma soprattutto per la sua umanità, modestia, disinteresse e disponibilità, spesso in favore dei più deboli e dei più bisognosi. Intendeva l’avvocatura come un servizio e perciò ignorava totalmente i possibili aspetti negativi che spesso si accompagnavano all’esercizio professionale quali la vanità, la presunzione e la venalità: parole a lui sconosciute».

32 ·

Di formazione liberale, è stato indipendente dal potere politico e da ogni altra forma di potere: quel potere che ha sempre combattuto gli avvocati quando si sono eretti a difesa dei diritti di libertà e, per converso, li ha premiati quando vi è stata condiscendenza e connivenza. Anche sotto tale profilo, Beniamino Piras è stato una delle persone più integre che sia possibile immaginare, la voce di un’avvocatura morale e civile. Questo gli ha permesso di essere quel grande avvocato che è stato per quasi cinquant’anni. Chi ha avuto la fortuna di lavorare con l’avvocato Piras ne ha un ricordo epico ed ha quasi il senso di aver servito sotto una vera bandiera. È stato un professionista fino all’ultimo pieno di slanci e prodigo di consigli che attingeva dalla sua esemplare etica professionale e da una vasta cultura giuridica (e non solo). Verso i più giovani era prodigo di consigli che dava con tono paterno ma senza paternalismi. Negli ultimi anni la sua scrittura, già asciutta e scintillante di erudizione, si era fatta più analitica e pensosa, mentre cresceva la sua fama di avvocato dalla forte dirittura morale e di uomo sobrio e rigoroso. Benché gravemente ammalato, frequentò lo studio fino a tre giorni prima della morte occupandosi, con la consueta lucidità, degli affari professionali. Coerente con se stesso e con i suoi principi, il 7 dicembre 1992 se n’è andato in punta di piedi, in silenzio e senza clamori, raccomandando che l’annuncio della sua morte fosse dato solo ad esequie avvenute. Cose d’altri tempi.


I grandi avvocati sardi PERSONAGGI

AGOSTINO CASTELLI Poeta, giurista e politico di Antonello Angioni

N

on è semplice tracciare, nel breve spazio riservato a questo articolo, un profilo biografico di Agostino Castelli. E ciò perché alla figura dell’illustre avvocato si sovrappongono quella del politico impegnato e, prima ancora, dell’uomo di cultura. Discendente da una nobile famiglia cagliaritana originaria di Lucca, era nato a Cagliari il 4 febbraio del 1930 da Agostino Castelli, docente universitario di Igiene e Microbiologia, e da Fanny Angioni, appartenente ad una famiglia originaria di Borore che ha dato alla Sardegna illustri giuristi e valenti medici. All’età di nove anni si trasferì con la famiglia in Cile dove conseguì la laurea in scienze economico-giuridiche. Rientrato in città nel 1954, dovette amaramente prendere atto della circostanza che la sua laurea, in Italia, era priva di valore legale. Ad Agostino non restava che tornare sui banchi dell’Università di Cagliari dove, dopo qualche anno, conseguì brillantemente la laurea in Giurisprudenza. Quindi, superato l’esame di stato, il 12 febbraio 1959, poté iscriversi all’Albo dei procuratori legali. Intraprese la carriera forense, con ottimi risultati, negli studi degli avvocati Beniamino Piras e Giuseppe Musio. Nello stesso periodo, dopo una militanza politica nel partito radicale, aderì al partito socialista italiano nelle cui file, nel 1960, venne eletto consigliere comunale di Cagliari. Venne rieletto più volte e ricoprì anche l’incarico di assessore. Per diversi anni è stato consigliere di amministrazione del Credito Industriale Sardo, sindaco della Sfirs e presidente dell’Azienda Consortile Trasporti di Cagliari. Come avvocato era specializzato in diritto amministrativo con una

spiccata propensione per l’urbanistica. Nel 1997 è stato, unitamente all’avv. prof. Giovanni Cossu e ad altri valenti professionisti, tra i fondatori della Società Sarda degli Avvocati Amministrativisti che presiedette dalla sua fondazione sino al 2009. Era capace di unire al fiuto del legale, abituato a rovistare tra le pieghe del reale, la classicità intellettuale di un’autentica cultura che apre larghe prospettive e permette interpretazioni di ampio respiro che inseriscono la vicenda concreta nel più vasto orizzonte dell’ordinamento giuridico e delle sue regole. Sicuramente ha dato un notevole contributo al progredire delle tematiche inerenti la tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione. Conosceva il gusto e il senso dell’amicizia che tanto sostiene e allieta. E soprattutto era un vero signore, generoso e leale, come uomo e come avvocato. Sempre riservato, era pronto a fare un passo indietro per ascoltare pazientemente e in silenzio le opinioni degli altri, soprattutto quelle che non condivideva. Agostino Castelli era anche un cultore di storia e di economia e soprattutto un letterato. Ha pubblicato due libri di poesie: “Un canto per il Cile” e “Sillabe al vento”. Tali opere evidenziano sia l’influsso esercitato su di lui dalla lunga permanenza nell’America Latina e sia il suo profondo attaccamento alla Sardegna. Nella poesia sono riflessi i suoi affetti e suoi sentimenti, i suoi ideali e il suo mondo interiore, la sua semplicità e la sua profonda cultura. Quelle liriche ci danno il ritratto di un uomo che ha attraversato l’esistenza con forte capacità di godere gli affetti, i piaceri e le amenità della vita sino a quando arriva il momento in cui la luce della lampada che ha sorretto un’intera esistenza è destinata a spegnersi.

· 33


FARE TEATRO OGGI La storia del Teatro Stabile Akròama e di Lelio Lecis

Quel bravo bambino passato dall’Opera di Pechino Fare teatro in Sardegna: i successi di Akròama, dalla collaborazione nel Sol Levante alla ristrutturazione, senza fondi pubblici, del dimenticato Teatro delle Saline.

SELENE FARCI

Incontro di Lorelyse Pinna

C

i ha colpiti con tante produzioni di altissimo livello, con una scuola di arte drammatica che ha formato attori di fama nazionale, con il teatro per famiglie e ragazzi, poi con la Stagione “1 Euro Festival”, l’idea di ridurre il biglietto al costo di un caffè per consentire a tutti di assistere a questi spettacoli. Un’idea vincente visto che gli abbonamenti sono andati a ruba. Ma il Teatro Stabile di Innovazione e Ricerca Akròama, nei suoi oltre trent’anni di attività, di vittorie ne ha collezionate molte: dalla collaborazione con l’Opera di Pechino da cui è nato lo spettacolo “Sguardo Occidentale” del 1997, durante la quale, per la prima volta, gli attori cinesi sono stati diretti da un regista occidentale senza il controllore politico, alla ristrutturazione, senza alcun aiuto economico pubblico, di tutte le sue sedi, quella di Pirri, quella di Monserrato e infine del Teatro delle Saline, un rudere di epoca fascista dimenticato fino alla sua seconda inaugurazione nel 1991. Quella che era nata alla fine degli anni Settanta come un’esperienza di ricerca e innovazione dei linguaggi espressivi, è oggi una realtà importante nel panorama culturale sardo, affermata anche a livello nazionale. Tante rassegne, un folto pubblico e la Scuola di Arte Drammatica che attualmente conta circa 150 iscritti, in cui sono

34 ·

cresciuti tanti talenti che ora lavorano in Italia. “Il Cagliaritano” ha incontrato il regista Lelio Lecis che, insieme a un gruppo di giovanissimi attori tra cui Elisabetta Podda e Rosalba Piras, fondò Akròama in quel lontano 1977, per parlare di cosa vuol dire fare teatro oggi, soprattutto in Sardegna. Com’è nata questa passione? «Ho iniziato giovanissimo, infatti nel 2017 festeggeremo i quarant’anni di Akròama. La passione è nata alle scuole medie, quando vivevo a Pesaro: avendo un buon italiano e l’aspetto del “bravo bambino”, fui scelto per fare alcune repliche de “I sei personaggi in cerca d’autore”. Fu un’esperienza molto bella perché, come tutti i bambini, giocavo ai giochi di simulazione e potei entrare nel più grande mondo della simulazione. E il suo fascino mi ha segnato per il resto della vita. Dopo anni, quando poco più che ventenne studiavo Filosofia, mi venne in mente di dedicarmi a questo mondo, ma solo come passione, non pensavo che sarebbe potuta diventare la mia professione. Al tempo mi immaginavo di finire ad insegnare filosofia a studenti recalcitranti, invece il pubblico, gli avvenimenti e il successo hanno decretato che questa diventasse la mia professione. Ricordo quando giravamo l’Europa e, a dispetto delle leggi sul lavoro mino-


Quando non avevano voglia di lavorare si inventavano le scuse più incredibili: una volta una donna mi disse che non aveva voce perché gliela aveva rubata il gatto e io dovetti inseguire il gatto per restituirgliela

"

Lelio Lecis, fondatore e direttore del Teatro Stabile di Innovazione e Ricerca Akròama.

rile, il più grande degli attori aveva 18 anni. Quando andammo al Festival di Edimburgo, la protagonista Elisabetta Podda aveva solo 17 anni e mezzo. In seguito volli approfondire con i grandi maestri del teatro come Eugenio Barba, con cui studiai tre mesi, e Grotowski, con cui rimasi un mese. La frequentazione reale con questi grandi maestri non mi ha insegnato solo a recitare, perché loro non sono solo maestri di teatro ma maestri di vita all’interno del teatro, e si sa che gli attori sono difficili da gestire. Un’altra esperienza importante per l’acquisizione della capacità di gestione della vita a teatro è stata quella all’ospedale psichiatrico, dove ho lavorato per studiare il rapporto tra i malati di mente e il personaggio che interpretano per tutta la vita. Quando non avevano voglia di lavorare si inventavano le scuse più incredibili: una volta una donna mi disse che non aveva voce perché gliela aveva rubata il gatto e io dovetti inseguire il gatto per restituirle la voce. Un’altra mi confidò che non avrebbe potuto recitare perché la notte prima San Giovanni le era apparso in sogno e le aveva detto di non farlo. Le risposi che era apparso anche me il pomeriggio successivo e mi aveva detto di dirle che aveva sbagliato e che poteva recitare. Lei mi credette e quel giorno potemmo lavorare. È chiaro che dopo esperienze del genere gli attori sono diventati facili da gestire!». Fare teatro a Cagliari allora e oggi: quali sono le difficoltà? «Allora una grande difficoltà era la mancanza di punti di riferimento: non c’era un Lelio Lecis che mi potesse aiutare. Era un periodo pionieristico e non esistevano ancora gli enti teatrali, ma non solo in Sardegna, in tutta Italia. Il Fondo venne istituito negli anni Ottanta e da allora nacquero i primi centri di ricerca teatrale finanziati dallo Stato, in cui si faceva ricerca fuori dai canoni. I Centri di ricerca di allora sono diventati gli attuali teatri stabili di innovazione, di cui Akròama è l’unico in Sardegna. Allora c’erano meno possibilità ma più meritocrazia: come in tutte le epoche pionieristiche, i pionieri di maggiore talento hanno avuto più crediti da parte della società, dunque la difficoltà era lo stare in mezzo al deserto, ma era compensata dalla meritocrazia. Oggi invece prolificano gruppi che

non hanno granché talento ma sono professionalizzati dagli enti (espressione di Antonio Attisani) e, dall’altra parte, alcuni giovani talenti che non vengono riconosciuti. In un mondo di furbi i talenti veri sono i primi a mollare e una fetta importante del nostro lavoro è proprio quella di aiutare questi giovani ad emergere. Nel corso degli anni nacque anche l’esigenza di avere una “casa”: da lì iniziò la ristrutturazione edile di Akròama. Il primo centro fu quello di Pirri più o meno alla fine degli anni Settanta, chiamato “Capannone” o “Ex Spazio A”, dove organizzavamo anche rassegne e scuole per attori. Poi a Monserrato trasformammo una discoteca in un teatro e infine, senza fondi regionali, ristrutturammo il Teatro delle Saline, che è la nostra casa attuale e lo resterà per un’altra quindicina d’anni. Avevamo organizzato anche una scuola per attori, ma abbiamo dovuto chiuderla perché l’impegno del Teatro era costante, tra i 120 spettacoli, le prove e i giorni festivi. Solo due anni fa abbiamo chiesto al Comune di poter utilizzare anche lo spazio dell’Auditorium ed è nata la Scuola d’Arte Drammatica: un grande successo visto che abbiamo circa 140-160 iscritti». E oggi quali sono i problemi più gravi? «I problemi sono principalmente economici. Negli anni i finanziamenti “a pioggia” non hanno salvaguardato gli enti più importanti, ma il fatto più grave è che non si riconosce a questo settore il ruolo fondamentale che ha nello sviluppo della società. Prima di tutto perché offre un grande servizio pubblico: le persone possono permettersi di andare a teatro grazie ai finanziamenti pubblici che mantengono i prezzi contenuti, ma d’altra parte, la gestione privata dei teatri mantiene i costi molto ridotti per l’ente, rispetto a una gestione totalmente pubblica. E Cagliari, con i suoi 300 mila spettatori, è al nono posto tra i capoluoghi di regione come media abitantispettatori, prima anche di Torino e Bologna. (Akròama raccoglie 40-50 mila spettatori paganti a stagione) Inoltre questo settore ha un ruolo importante nell’ambito dell’occupazione giovanile a basso costo: Akròama ha 20 persone stabili, più 40-50 persone all’anno assunte a progetto e va in scena anche fuori dalla Sardegna con una cinquantina di spettacoli nelle grandi città italiane». Come è articolata la vostra stagione e quali sono i prossimi spettacoli in programma? «Proponiamo diverse rassegne. Quella di teatro contemporaneo, la prima a portare questo nome in tutta Italia, che normalmente va in scena tra novembre e marzo sin dal 1983. Una stagione di teatro per bambini e una chiamata “Famiglie a teatro”, nella quale proponiamo alcuni spettacoli di domenica. Da tre anni poi organizziamo “1 Euro Festival” destinato ai giovani, in cui l’abbonamento fa sì che ogni spettacolo costi un euro. Lo scorso anno è stato davvero un grande successo: abbiamo raggiunto i 500 abbonamenti, il numero massimo dato che manteniamo alcuni posti per coloro che decidono di andare a teatro all’ultimo momento. Finito questo Festival iniziamo a lavorare sulle produzioni per la stagione successiva, anche perché solo durante la stagione estiva possiamo provare. Spesso partecipiamo a qualche festival estivo, ma in generale non proponiamo niente di pubblico». Ce n’è per tutti, appuntamento a teatro allora.

· 35


ESCLUSIVO Scoperte due tele del primo pittore sardo famoso nel mondo

Marghinotti ritrovato nella Savoia francese Due tele del famoso pittore sardo scoperte nella Savoia francese, erroneamente assegnate a un pittore locale e ora attribuite al loro vero autore: si tratta di San Giuseppe col bambino e de La Vergine del Rosario, commissionate a Marghinotti nel 1850 per abbellire la nuova fabbrica di Bourg Saint Maurice.

R

di Alma Casula

ecentemente, a Bourg Saint Maurice nella Savoia francese, nel corso della schedatura delle opere della parrocchiale, sono state scoperte due tele di Giovanni Marghinotti, il primo pittore sardo ad aver ottenuto fama ed insigni riconoscimenti anche fuori dall’Isola. I dipinti, raffiguranti San Giuseppe col bambino e La Vergine del Rosario, probabilmente a causa dell’offuscamento generalizzato della vernice che impediva di leggere la firma dell’autore, risultavano assegnati ad un pittore locale. Sul primo, il pittore si firma col semplice cognome, sul secondo anche col titolo di cavaliere. Quest’ultimo particolare costituisce un importante termine ante quem non, per datare il dipinto della Vergine del Rosario anche in mancanza di riferimenti documentali. Il titolo di cavaliere dell’Ordine di Carlo III, infatti, venne conferito dalla regina Isabella II di Spagna a Marghinotti l’8 febbraio del 1854 durante il suo secondo soggiorno a Madrid. Il pittore in occasione del primo viaggio,

36 ·

documentato nel 1852, aveva avuto modo di far apprezzare a corte le sue qualità artistiche offrendo in dono al re consorte, Francisco de Asis de Borbone, un Ritratto del re Vittorio Emanuele II e una Madonna. Dalla lettura delle delibere del Consiglio municipale di Bourg Saint Maurice, che testimoniano la commissione delle opere ad hoc per arredare la nuova fabbrica, si evince che in un primo momento (7 dicembre 1849) fu deliberato di realizzare un solo quadro e che successivamente (17 febbraio 1850) prevalse la valutazione di arredare gli altari laterali, con due dipinti. Il 15 aprile 1851 avvenne la consegna del primo, il San Giuseppe col bambino (fig.3), per il costo di 500 livres. L’interesse della scoperta consiste, oltre che nell’aver ritrovato due opere autografe di soggetto sacro finora sconosciute che vanno a integrare il corpus del maestro, anche nell’aver fornito la felice occasione per individuare lo studio preparatorio eseguito per il volto del San Giuseppe, in un olio su tela (cm. 48 x 38) proveniente dal


Museo Nazionale Sanna di Sassari e recentemente confluito presso la pinacoteca statale Mus’a, ubicata presso l’antico Collegio e Casa professa gesuitica del Canopoleno, la cui direzione scientifica è affidata alla scrivente. Il piccolo dipinto, che propone su uno sfondo neutro la testa canuta di un uomo stempiato non più giovane di cui si coglie l’espressione molto intensa dello sguardo, con capigliatura e barba definite da rapide e vigorose pennellate lumeggiate di bianco, era stato finora riconosciuto quale probabile bozzetto preparatorio, per il san Pietro della Comunione degli Apostoli del duomo sassarese di San Nicola. Pur dovendo riconoscere che la fisionomia dello stesso modello ricorre con frequenza in molte opere di soggetto sacro dello stesso pittore, è tale l’aderenza esistente tra il bozzetto conservato a Sassari e la testa del San Giuseppe della bella tela di Bourg Saint Maurice, da poterne affermare con evidenza la sua diretta dipendenza. La datazione del bozzetto è da ritenere abbastanza prossima all’opera finita e pertanto da posticipare rispetto a quelle finora avanzate e comprese tra il 1840 e il 1846. SAN GIUSEPPE COL BAMBINO - Nel dipinto francese la figura del santo campeggia al centro della tela su uno sfondo simile a quello dello studio sassarese, colta nell’affettuoso atto di sorreggere il Bambinello che ritto appoggia i piedini nudi su un morbido cuscino deposto sul tavolo della bottega, dove arnesi da lavoro, ascia e sega, campeggiano in primo piano. Cherubini incorniciano la tela nei quadranti superiori mentre sulla destra, nello sfondo di una tenda verde, si staglia la verga fiorita che unitamente al bianco giglio sul lato opposto, costituiscono i suoi attributi. L’espediente del drappo verde sullo sfondo, è stato utilizzato dal pittore per conferire profondità e risalto alla figura del santo e al suo specifico attributo, come allo stesso modo in cui l’impiego dell’azzurro per la tunica e del giallo per il manto, a cui non sono estranei precisi rimandi simbolici, contribuiscono a “creare un largo respiro di atmosfere colorate”. La purezza dei colori, ancora di chiara ascendenza settecentesca per la ricchezza e l’armonia dell’impasto,

accompagna quell’ineccepibile disciplina del disegno che sempre caratterizza l’opera del Marghinotti. Di grande nitidezza e aderenza al vero appaiono la mano sinistra portata in avanti, i nodosi piedi nudi che acquisiscono grande risalto sul pavimento in assi di legno e il leggero tessuto ricamato della veste del bambino Gesù. La scelta di ridurre la rappresentazione all’essenziale, nonostante l’accensione cromatica, crea un’atmosfera sobria, raccolta, di grande intimità e tenerezza che riesce a cogliere in modo efficace il significato e la forza espressiva del soggetto, sottraendo l’opera a un accademismo edulcorato. LA VERGINE DEL ROSARIO - Il dipinto costituisce pendant del precedente per analoghe misure e impostazione. Le due opere, pur nella semplicità dell’impianto compositivo esprimono la personale cifra stilistica del pittore e testimoniano la maturità artistica raggiunta all’interno del nutrito filone di opere devozionali realizzate nel corso della sua attività. Nel dolce volto della Vergine del Rosario, che campeggia al centro del quadro assisa su un cumulo di nubi tra angeli e testine angeliche che le fanno da corona, è facile riconoscere i tratti somatici della stessa modella che anni addietro aveva prestato il volto alla allegoria della Mansuetudine nel famoso dipinto Omaggio al re Carlo Felice protettore delle Belle Arti in Sardegna firmato e datato 1830. Nel volto del Bambinello sembra di scorgere le delicate fattezze del puttino o anche del fanciullo del “luminoso Ritratto di bambino, intenerito nelle tonalità pastello”, già nello stesso Museo, sul telaio del quale corre la scritta a matita evidenziata da Dore: “Caro Luigi/il tuo bambino non l’hanno/potuto finire. Non dubitare./Voglimi bene. Marghinotti”. Il destinatario della scritta è forse l’amico Luigi Usala. Se le fattezze del puttino del bozzetto appaiono idealizzate, quelle del bambino restituiscono l’incisività di uno sguardo colto dal vero, forte ed intenso e le gamme cromatiche impiegate esprimono una calda atmosfera romantica debitrice della lezione della briosa pittura di Francisco Goya che caratterizza i cartoni per l’arazzeria di Santa Barbara.

· 37


I GRANDI DI SARDEGNA Quell’incontro con Joyce Lussu

Chi era

EMILIO LUSSU Incontro di Giorgio Ariu

«Era un uomo profondamente ottimista, aveva fiducia nelle masse; il primo giudizio che dava, per chiunque, era sempre benevolo. Di buona compagnia e di facile comunicativa, aveva un fascino particolare che era semplicemente la sua umanità, la disponibilità per tutti i problemi degli altri. Delusioni? Non direi: le delusioni sono la conseguenza delle illusioni e lui illusioni non ne nutriva, come diceva Luigi Russo, era uno scettico entusiasta, ossia non c’era in lui nessuna ingenuità». Chi parlava così di Emilio Lussu ad un anno dalla morte era la moglie Joyce. Accettò eccezionalmente di essere intervistata, a un patto: purché non si facesse operazione di mera esaltazione e quindi di imbalsamazione del “compagno“ Emilio. Il taglio delle sue risposte, delle osservazioni e sottolineature era sereno, pacato ma fermo, deciso, come di chi è avvezzo a badare all’osso delle cose. «Emilio vedeva le cose duramente e spietatamente, però anche

38 ·

riducendo all’osso il problema dell’uomo, rimaneva quest’osso prestigioso, molto esaltante che è l’uomo. Per cui il fatto di non essere ingenui, di non farsi illusioni, non gli toglieva l’entusiasmo. C’era in lui diffusa l’amarezza di vedere che le cose andavano troppo lentamente, che bisognava attendere per certe scadenze. Però in prospettiva c’era sempre l’ottimismo». Per la sua Sardegna cosa avrebbe desiderato di diverso? «Certamente una storia diversa in questo dopoguerra, e anche durante la resistenza questo non è accaduto, anche se certe cose sono destinate a realizzarsi dopo la sua scomparsa e non durante la sua vita. Rimpianti? Nessuno. Certo, amava la campagna e ci andava spesso: non è che si privasse di ciò che voleva fare. Gli è dispiaciuto non poter finire la sua vita ad Armungia. Ma a Roma stava scrivendo il libro sulla difesa di Roma: consultazioni di biblioteche, archivi, contatti. La casa al villaggio poi era una casa nuragica, senza acqua corrente, molto pittoresca, del tutto priva di comodità


uomini. Sarebbe più giusto partire da una posizione classista e dalle tradizioni delle lotte contadine e operaie in Italia. Riguardo alla questione femminile prima della prima guerra mondiale le posizioni del vecchio socialismo erano più avanzate di quelle dei partiti di sinistra di oggi. Tutto era più avanzato: il movimento socialista, l’immissione della donna nella produzione, le loro lotte, il fatto che avessero superato anche il nodo religioso perché i vecchi socialisti non si battezzavano, non si sposavano in chiesa, facevano i funerali con le bandiere rosse. In questo dopoguerra nonostante la forte partecipazione della donna alla resistenza c’è stata una involuzione. Perciò direi che il recupero della questione femminile va fatto nella lotta di classe e non attraverso lo specifico femminista».

Emilio Lussu, indimenticato politico e scrittore scomparso nel 1975. Nella pagina accanto, Joyce Salvadori Paleotti, più nota con il nome da sposata di Joyce Lussu.

e molto fredda, scale su e giù, molto faticosa e inagibile per uno malato come lui». La signora Lussu tornava spesso in Sardegna, nonostante gli impegni accanto ai popoli in lotta per la liberazione e per la realizzazione di un mondo nuovo: come trovava le masse, i giovani e soprattutto le donne? «Per la Sardegna c’è da sperare che la nuovissima generazione si ricolleghi alle esperienze popolari rivoluzionarie del passato, le riprenda e le porti avanti: è il filone storico della presa di coscienza del popolo sardo, perché l’autonomia venga intesa come capacità di gestire se stessi. In tutta l’isola specie nei centri minori, ho avvertito una ripresa tra i giovanissimi. Anche le donne hanno fatto degli immensi passi avanti specie sulla presa di coscienza contro l’assetto capitalistico dell’economia e della società con le sue sovrastrutture. Questo compromesso storico con i cattolici: ma poi chi sono? Cosa vuol dire? Ma... se significasse un certo tipo di ideologia che il trascendente! Dico, le donne fanno bene a buttare tutto nell’immondezzaio, fanno bene a rigettare visioni di valori barbarici, primitivi. Non si può essere cattolici ed essere per l’emancipazione della donna. Di tutta questa tradizione dobbiamo liberarcene completamente: è incompatibile con qualsiasi sviluppo, sia per l’uomo che per la donna». E delle punte femministe cosa pensava? «Secondo me il movimento femminista ha il difetto di essere appunto femminista. Ossia di derivare da una tradizione anglosassone interclassista: tutte le donne contro tutti gli

Qual era l’insegnamento che le aveva lasciato? «Ho vissuto accanto a lui e quindi ho avuto i grandi vantaggi che derivano dalla vita di un uomo in cui non c’è differenza tra vita pubblica e vita privata, sempre coerenti al suo indirizzo ideologico. Certo, se io sono stata anche moglie lui è stato anche marito e padre, pure se non considerava una necessità avere dei figli. È stato padre affettuosissimo e attento e marito profondamente compagno e amico. Si è posto il problema cosa vuol dire avere un figlio, allevarlo, come si poneva tutti i problemi che gli si presentavano, piccoli e grandi, in chiave politica, in forma culturale, morale ideologica, con una coerenza che era appunto di ogni aspetto della sua vita. Non c’era differenza alcuna di linguaggi e di comportamenti tra uomo pubblico e uomo privato: questa caratteristica del militante moderno e del rivoluzionario moderno è anche una costante del modo di intendere la storia. La storia non è soltanto quello che fa la gente, anzi una minoranza di gente, ma quello che la gente è globalmente, ecco l’uomo che ha una coscienza moderna cerca di capire la storia come fatto globale. Emilio Lussu era un uomo moderno. Per lui la vita presentava sempre aspetti nuovi e interessanti, non si attardava sul passato in forma nostalgica, era sempre più interessato all’avvenire. Di qui la fiducia sconfinata nei popoli, nelle masse, nei lavoratori. Dato che lui aveva questa grande maturità, io imparavo sempre, ma tutti, reciprocamente, ci diamo dei contributi, non è che si possa tenere un registro... Lui aveva soprattutto il pregio di farmi vedere per vie più brevi tante cose, mi spianava la strada perché certe esperienze le aveva già fatte. La coerenza, ancora, rende la vita molto più gradevole, anche meglio vissuta, perché la gente oggi cade in contraddizioni drammatiche, penosissime, non riesce a districarsi,

sta male, vive male e non sa perché. Cercate di semplificare, di capire in fondo come in realtà si può vivere meglio, con rapporti più giusti, più umani, sereni con se stessi, col mondo esterno, e poi si campa meglio come ha campato Emilio: è una vita più gioiosa, più viva più entusiasmante. E allora se si è capito qualcosa di tutto ciò lo si fa, non si fa della retorica. Si cerchi di padroneggiare la vita e di non subirla schiavisticamente. Nonostante fossi la compagna di Emilio Lussu ho fatto delle cose diverse, mi sono occupata del terzo mondo, di internazionalismo, di rapporti con la situazione rivoluzionaria del mondo, oggi mi occupo di storia, spero di riuscire a scrivere una storia della Sardegna, del popolo sardo, perché è opera che non è stata mai fatta. Ma mi interessa la storia della Sardegna come quella delle Marche, del Trentino. Ecco anche queste cose condivideva: perciò siamo stati sempre bene insieme». Qualcuno cerca di ricordare Emilio Lussu esaltandolo come letterato, come scrittore: è una palese operazione strumentale che tende a chiudere il personaggio politico in spazi angusti... «Certamente, per lui lo scrivere era una forma di comunicazione come un’altra, lo strumento per comunicare. Come si fa a distinguere? Cultura e politica sono la stessa cosa: l’uomo è cosciente di come convivere con gli altri, muoversi storicamente su questo pianeta è fare politica. Poi lo stile di Emilio non è classificabile come scrittore nei filoni libreschi. Lo stile di Emilio deriva piuttosto dai racconti che faceva suo nonno analfabeta accanto al focolare. C’è questa capacità enorme di narrativa del popolo specie delle campagne». Emilio Lussu ha sofferto negli ultimi tempi della sua esistenza; qual’era il ricordo di questo periodo? «Certo, non è piacevole per nessuno indebolirsi fisicamente, non poter fare più tutte le cose che si faceva quando si era forti, ma dico, questo per un uomo saggio ed equilibrato quale era Emilio è una fase della vita che si accetta con serenità, virilmente, come la morte. La morte fa parte della vita e si accetta, meglio arrivarci con serenità e dignità, senza rimpianti inutili. L’importante è poi avere sempre la mente lucida. Anche per me quella è stata una fase da accettare serenamente, la morte l’ho vista più volte durante la vita, non è una cosa particolarmente angosciosa. Emilio non ha patito delle sofferenze fisiche particolari, si è spento per consunzione, diciamo. Pesava 35-36 Kg. È normale invecchiare, è brutto quando muoiono i giovani, quando avvengono delle forme traumatiche, il normale corso della vita uno lo accetta e ne trae il massimo possibile».

· 39


I GRANDI DI SARDEGNA Qui Camillo Bellieni raccontava un incontro molto casuale

ECCO COME CONOBBI EMILIO LUSSU

A

vevo da pochi giorni lasciato Plava ed i miei buoni piemontes del 43 Fanteria, che in quell’umido e piovoso dicembre 1915, accovacciati sotto lercie baracchette in prima linea, raccontavano tutto il giorno grasse storie della Pina e della Nina, dimenticando nella rievocazione del malizioso sorriso delle loro fanciulle, le molte miserie della guerra. Avevo lasciato con rammarico quella zona di montagna dai solenni panorami di paese barbarico, da l’aria rigida, odorante di resina per le vaste e cupe abetaie della Bainsizza, che si stendeva misteriosa, a sinistra della nostra testa di ponte. Cominciavano allora a cadere i primi fiocchi di neve dopo un novembre d’inferno il silenzio s’era fatto fra la compatta muraglia italiana del Korada e l’austriaco Kun, dominante e minaccioso. Già sulle due linee scoppiettava qualche falò, alimentato da gran bracciate di sterpi ancora freschi, senza che si manifestasse per questo alcuna dispettosa reazione di artigliere. Era ormai l’inverno di pace e di riposo in guerra. A che scopo andare sul Carso? Da quota 383 si profilavano lontano le sue basse colline, un po’ velate dalla bruma del mare. Vi si scorgeva un continuo ribollire di vampe e nere colonne di fumo; a notte, quando tutto era silenzio, giungeva distinto il rombo delle artiglierie come il faticoso mugolìo di un mostro ferito. Perchè ritornare sul Carso quando era ancora vivo il ricordo del luglio canicolare al Sei Busi la terra rossa dalle pietre infitte come canditi, gli assalti alla baionetta in un andirivieni di Savoia, il tenace martellare dei cannoni di Duinosu ogni palmo di suono, sopratutto i morti dal viso d’ebano, gli occhi bianchissimi sbarrati, e l’acuto profumo della carne in sfacelo, giungente a tratti insieme al salso della brezza marina? Io odiavo il Carso e il suo fango sanguinoso. «Non andare sul Carso che ci lascerai la pelle», ammonivano fraternamente i colleghi del 43, «resta con noi». Andavo egualmente sul Carso per obbedire alla strana disposizione del Comando Supremo che imponeva ai militari di stirpe sarda di raggiungere al più presto la brigata Sassari, che doveva essere al più presto ricostituita. Agli ufficiali della medesima stirpe era la-

40 ·

Testo di Camillo Bellieni

sciata benignamente facoltà di seguirli o di restare al proprio Reggimento. Ed appunto come protesta contro questo provvedimento d’eccezione nei riguardi dei miei poveri compaesani, che venivano strappati dal loro reggimento, diventato una seconda famiglia, a cui erano legati dai dolci ricordi di una vita di guarnigione, io credevo mio dovere seguirne la sorte. Vago sentimento di solidarietà, perché allora, impeciato di democrazia e di futurismo, combattente antimilitarista per una Europa senza barriere doganali e con una sola civiltà, io non credevo alla Sardegna. Ma arrivato a Fogliano, ai piedi del greppo rosso, un piccolo brivido di commozione nelle vene. Ecco le samerie della brigata, ecco i primi soldati dal caratteristico viso, con occhi neri vicini, il profilo sporgente; e la sagomatura del corpo che ricorda certe figure stilizzate dalle pitture murali egiziane. E tu credevi d’aver dimenticato il tuo paese! Non ti accorgevi di portarlo con te non solo nel volto, in tutto il fisico ma anche nella tua forma mentis, che tutti i dilettantismi e tutte le esperienze di vita riusciranno appena a debolmente modificare. Certo che la razza, questa antipatica forma nazionalista, la stirpe del Sig. Cadorna, viveva in quella piccola folla sempre più fitta man mano che ci s’inoltrava nei camminamenti, appariva in quei soldati dall’aspetto ingenuo e primitivo, come il marchio di un invisibile demiurgico sigillatore. Quasi tutti andavano in su, come me, uomini di cento reggimenti, per fare onore alla Sardegna, in obbedienza all’ordine di servizio Cadorna. Ripensavo a queste cose, all’abbandonata cordialità dei colleghi della brigata Forlì, alla nuova vita che mi attendeva, al prossimo riposo che mi sarei concesso in baracchetta una mattina prima del sorgere del sole, dopo un’intera notte di veglia, trascorsa seduto su un sacchetto, nel centro di una dolina, a sorvegliare la Corvè che scavava il terriccio e riempiva sempre nuovi sacchetti, necessari per un camminamento in costruzione. Tratto a tratto mi levavo per seguire la lunga teoria di uomini, guidata dai sergenti, che si snodava dal fosso profondo e scompariva nell’ombra. Ad intervalli il bengala fantastico dei razzi austriaci. Gli uomini si arrestavano, diventavano alberi, frammenti di trincea, durante


Dove si trovava col 43?», «A Plava», «Si stava tranquilli?», «Non c’è male», «E qui siamo sempre in allarme». «Aiutante», aggiunse poi col piglio risoluto dell’ufficiale di carriera che si accordava tanto bene con i suoi baffi e la sua tanto chiara parlata toscana, «lo accompagni al Budello. Bisogna che quel servizio sia presto eseguito», e rivolgendosi a me, «stasera col suo Plotone lei darà il cambio in linea. Prenda quindi visione del fronte. Vada Pure». L’ora del riposo si allontanava sempre di più. Uscimmo dalla baracca con il Tenente Lussu. «È un brav’uomo il Maggiore Cuoco», disse quando fummo un po’ lontani, «non impressionarti per il suo cipiglio. È l’abito del mestiere. Starai bene qui fra noi». Io lo guardavo: alto, snello, la schiena dritta, un visetto di bimbo, il naso corto e un po’ all’insù, la barbetta a cispuglio che accarezzava di continuo con un gesto nervoso, gli occhi piccoli, truci, scintillanti dietro gli occhiali. Truci, e ad un tratto pieni di dolcezza, quando rideva, con una larga bocca cordiale che mostrava i denti bianchi allineati.

In una baracca due uomini erano seduti su lettucci di sassi e di sacchi. Il Maggiore un po’ anziano, dai grandi occhi neri e dai baffi marziali, ed il suo aiutante, un giovanotto con gli occhiali, il viso piccolo tutto barba, il resto del capo avvolto in un passamontagna. la breve danza delle abbaglianti luci. E poi di nuovo l’ombra e la rispresa della Corvè fra le schioppettate frequenti dei nemici, a tiro radente sul suolo scoperto. Spesso arrivano in fondo alla dolina pallottole in fine di traiettoria, lunghi filamenti d’oro che urtavano contro le pietre e si spegnevano dopo aver tracciato una brusca spirale. «Signor Tenente, lo vuole il signor Maggiore». Era ormai l’alba. Il momento di andare a dormire. Sbattuto da una giornata e mezzo in una compagnia di rincalzo per disposizione del Comando di Reggimento, non avevo avuto ancora la possibilità di presentarmi al mio maggiore. Pure in quell’istante avrei volentieri rinunziato alla soddisfazione di conoscerlo, se mi fosse stato permesso di buttarmi in cantuccio a riposare. Con un leggero sospiro seguì il porta ordini. In una baracca un po’ ampia due uomini erano seduti su lettucci di sassi e di sacchi. Il Maggiore un po’ anziano, dai grandi occhi neri e dai baffi marziali, ed il suo aiutante, un giovanotto con gli occhiali, il viso piccolo tutto barba, il resto del capo avvolto in un passamontagna. Presentazioni: «Sottotenente Bellieni, Maggiore Cuoco, Tenente Emilio Lussu». Domanda del signor Maggiore: «Lei è arrivato da avanti ieri sera? », «Signor sì», «Ha fatto domanda di venire alla Brigata? Bravo.

"

· 41


PUBBLICITA’


35ª edizione de “L’isola che c’è - Sardegna incontra Roma“ L’EVENTO

L’ISOLA CHE C’È SARDEGNA INCONTRA ROMA Ottima la riuscita della 35ª edizione de “L’isola che c’è – Sardegna incontra Roma”, organizzata per il secondo anno consecutivo nella prestigiosa e storica piazza di San Giovanni in Laterano, là, nello stesso punto dove ogni anno si festeggia con una cornice eccezionale di popolo e di giovani la festa del Primo maggio. Calda, caldissima l’ospitalità tributata ai visitatori romani e a quelli giunti da tutto il mondo: il richiamo delle bandiere sarde ed il corner contrassegnato dalla Campagna “Cuore d’acqua” con la diffusione di materiali e di informazioni dell’isola e il brindisi di benvenuto hanno prodotto un’efficace immersione nel villaggio e nelle eccellenze della Sardegna. Ed è subito invito in Sardegna con “Autunno in Barbagia” per chi ha da investire in turismo intelligente a prezzi competitivi.

· 43


QUESTIONE LAVORO I nuovi mestieri

DALLA PADELLA AL MATERASSO Emanuele Collu, professionista della cucina e del riposo di lusso: prima chef internazionale a Vienna, ora “stilista del materasso”, l’unico in Sardegna. Un mestiere in via d’estinzione quello del materassaio, che lui ha riscoperto grazie alla passione per il sano riposo nata quando vendeva materassi per una multinazionale milanese.

M

angiare e dormire bene sono i due ingredienti fondamentali di una migliore qualità della vita, gli studiosi lo affermano senza alcun dubbio: dormire il giusto numero di ore e seguire una sana alimentazione aiutano a rimanere in forma. Emanuele Collu è diventato un professionista in entrambi i campi. La sua esperienza nel mondo del gusto, e quindi della ristorazione, ha avuto inizio quando diciannovenne ha deciso di abbandonare il lavoro alla Saras per partire all’estero, dove è diventato uno chef specializzato in cucina internazionale. Uno chef molto particolare perché coltivava anche la passione per il “sano riposo”, nata quando ancora viveva in Sardegna e vendeva materassi per una multinazionale milanese. Una passione che è cresciuta durante i dodici anni in cui ha lavorato nel campo della ristorazione, finché Emanuele ha deciso di considerarla seriamente e ha lasciato la direzione di uno dei ristoranti più importanti di Vienna per dedicarsi interamente alla salute del sonno. Ha contattato i più importanti materassai a livello europeo, ne ha scoperto i segreti e ha

44 ·

deciso di provare a superarli. Oggi è l’unico “stilista del materasso” nell’isola, cioè l’unico che realizza materassi e cuscini come un sarto realizza abiti su misura. «Il materasso è un investimento per la salute», spiega, «ma spesso quella del sonno è una cultura ignorata. Tutti spendono per qualunque cosa meno che per un sano riposo, non considerando che il sonno è la base della salute». Ma come avviene la costruzione del materasso su misura? La prima fase è la consulenza, nel corso della quale si discute sull’importanza di dormire bene, dopo di che ha inizio il lavoro vero e proprio con lo studio della conformazione fisica del cliente. Le informazioni su peso, altezza, eventuali patologie e allergie vengono trasmesse a un’equipe di medici del Policlinico di Firenze, che collabora alla costruzione del materasso personalizzato, specifico per il cliente, fatto con materiali particolari, come per esempio quelli micromassaggianti che combattono uno dei principali problemi del sonno, l’ischemia, ossia la mancanza di circolazione sanguigna in una parte del corpo, che spinge a girarsi e rigirarsi nel letto. Ovviamente lo studio comprende il cuscino e persino la discesa dal letto, altro

aspetto importante e ignorato. «Fare quello che faccio è difficile in un mondo in cui tutti pensano solo al guadagno e i veri materassai sono in via d’estinzione», continua, «purtroppo capita che quando ci si fa un nome, si inizi a pensare solo ai soldi e non badare più alla qualità. Spero che questo non mi succeda mai». Il suo ideale infatti, dice, sarebbe riuscire ad avere un cliente al giorno, per avere il tempo di conoscerlo a fondo ovunque abiti. E tutte le informazioni di cui veniamo quotidianamente bombardati su materassi ortopedici o in lattice, proposti a prezzi eccezionali? «Il materasso ortopedico non esiste, esiste quello ergonomico ma comporta una spesa superiore. Per non parlare del materasso in lattice, che in Italia viene realizzato con un derivato del petrolio ed è addirittura cancerogeno. Il lattice vero», spiega, «arriva dal Brasile e costa 14 euro al litro, dunque non basterebbero 5 mila euro per fare un materasso così. E questo comunque non dovrebbe essere usato oltre un anno perché non è traspirante». Ma allora quanto si spende per un materasso salutare? Il letto della E.C. Lusso viene realizzato in base alle caratteristiche fisiche ed economiche del cliente per dare la possibilità a tutti di dormire bene. Il prezzo si aggira intorno ai 1800-2000 euro per un letto completo. «Quando ho presentato questo progetto a Firenze mi hanno dato del pazzo perché nessuno avrebbe potuto permettersi di spendere tanto per un materasso, poi lentamente mi hanno dato fiducia e dopo aver realizzato il primo materasso mi hanno detto: “stai entrando in campo con la Ferrari del materasso”». Ed in effetti tutti i prodotti di Emanuele sono firmati, brevettati e garantiti dalla soddisfazione dei clienti precedenti: nessuno è finora rimasto scontento e la migliore pubblicità per il suo lavoro è stato proprio il passaparola, giunto fino a Paolo Maldini, per citare uno dei tanti clienti vip. Tanti i progetti per il futuro, tra questi una linea di materassi extra lusso per yacht, ma anche la promozione di un’iniziativa a livello nazionale per far realizzare in ogni albergo di lusso tre stanze per disabili con letti adatti, nei quali è specializzato.


Incontro con gli autori IN LIBRERIA

CASTELLO, LUOGO DEL CUORE E DELLA MEMORIA Incontro con Antonello Angioni, autore del volume “Castello: i palazzi, le famiglie, le strade, le chiese”.

U

Ultimamente si sta parlando molto di rinascita del centro storico e il suo ultimo libro è dedicato appunto a Castello. Una monografia su uno degli antichi quartieri di Cagliari che forse non conosciamo davvero fino in fondo. «La rinascita del Castello, e più in generale del centro storico, è importante per diverse ragioni e, non ultima, perché rappresenta il luogo dove è maturata l’idea autonomista sarda che, a partire dagli Stamenti, gli antichi parlamenti del Regno di Sardegna, si è sviluppata nel corso dei secoli. Castello è, dunque, un luogo di formazione della nostra identità e memoria storica collettiva, imprescindibile crocevia non solo se si vuole compiere un viaggio nel passato, ma per capire davvero il presente della nostra città. Nel libro si passano in rassegna edifici civili, chiese, palazzi, strade e, partendo dall’esistente, si riannodano i fili della storia. In qualche misura il libro costituisce anche una ricostruzione delle vicende urbanistiche e sociali di Cagliari, perché il palazzo rappresentava il segno distintivo di una famiglia da cui è possibile risalire al ruolo svolto da quella famiglia nella storia cittadina. Il libro tenta di fornire un quadro completo di un quartiere su cui il Comune nutre un grande interesse volto al recupero e alla valorizzazione e che credo possa essere uno dei motori di sviluppo della Cagliari moderna». Come far rivivere Castello? «È da diversi anni che Castello ha ripreso a vivere: si è iniziato col rifacimento dei sottoservizi e poi delle strade e delle piazze. Molti edifici sono stati restaurati e sono presenti

diverse attività. Qui puoi ancora trovare le cose consegnate ai ricordi o abbandonate ai sogni: i vetri dipinti a mano, le vecchie lampade, un negozio tutto di statuine di creta, un altro di giocattoli in legno, una vetrina di pizzi e merletti. Castello rappresenta un episodio monumentale formato da elementi morfologici, storici, architettonici, artistici e paesaggistici di rara bellezza. Questo miracolo di equilibri, che ci giunge direttamente dalla storia, costituisce di per sé un museo, un’immensa esposizione d’arte, un archivio vivente. Dipinti e sculture, chiese e palazzi, biblioteche e archivi, esprimono una realtà complessa e attraente che si prepara al futuro con una nuova consapevolezza della sua storia e delle sue risorse naturali e d’ambiente. Ora si tratta di migliorare le condizioni di vivibilità del quartiere attraverso la dotazione di quei servizi che ancora mancano». Ma è possibile conciliare, in un quartiere storico, la tradizione e la modernità, l’ambiente naturale con l’opera dell’uomo? «Il quartiere di Castello è il risultato della modificazione di un paesaggio naturale da parte dell’uomo. Il problema è, dunque, quello di un corretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente: va tutelato non con un atteggiamento feticistico, ma vivendolo in maniera compa-

IN LIBRERIA

Un’opera straordinaria che mette in luce i palazzi e soprattutto i luoghi dove è maturata la coscienza e l’identità di un popolo.

Antonello Angioni, 45 anni, avvocato, autore di diversi volumi su Cagliari e sulla Sardegna per la GIA Editrice.

tibile. Le opere dell’uomo devono integrarsi nell’ambiente al fine di migliorarlo. Occorre dunque una particolare sensibilità culturale. Il problema del quartiere di Castello sta nell’armonizzare le esigenze della quotidianità (e dunque dell’inevitabile modernizzazione) e la salvaguardia della tradizione: del resto il futuro di ogni centro storico si gioca sulla sintesi tra salvaguardia della memoria storica e apertura verso il mondo moderno. E Castello ha seguito questo percorso da sempre: sin quando all’originario nucleo pisano si sovrapposero il quartiere catalano-aragonese e poi le fortificazioni bastionate cinquecentesche, riviste sotto i Savoia. È stato un processo di sostituzione edilizia continua. Pensiamo al bastione di Saint Remy, costruito a cavallo tra Ottocento e Novecento e che allora rappresentava la modernità, mentre oggi si è perfettamente amalgamato nel contesto storico». Molte delle storie e dei fatti che ci ha raccontato nelle sue opere sono sconosciuti ai “non addetti ai lavori”. Quali sono le sue fonti? «Le fonti dei miei lavori sono costituite principalmente da documenti scritti (materiali d’archivio e pubblicazioni specialistiche), da fonti iconografiche, ma anche da testimonianze orali: la memoria che gli anziani custodiscono. In ogni caso in questo lavoro sul Castello si parte dalla descrizione di ogni

· 45


edificio, “il rilievo” per usare il termine tecnico, per poi passare alla storia. Invece nel libro “La congiura di Camarassa”, la base è costituita dalla verità storica (le carte processuali, per intenderci) ma - come ho precisato - è romanzata per dare maggiore leggibilità al testo». Un avvocato molto impegnato nella professione, ma con una grande passione per la storia, l’arte e la letteratura. Queste vocazioni convivono pacificamente? «Sono un avvocato e ne sono orgoglioso. È un lavoro molto interessante perché consente di occuparsi di vicende concrete. Attraverso il diritto si disciplina il complesso agire umano e oggigiorno l’avvocato è una figura indispensabile. Infatti sempre più serve un governo delle relazioni, dall’economia alla società civile. Ma viviamo nel paradosso: c’è un eccesso di regole e, nonostante ciò, manca ancora la disciplina di importanti rapporti. Così accade che fenomeni di grande rilevanza, come per esempio quelli concernenti le unioni di fatto o riguardanti i rapporti economici, talvolta non siano regolati compiutamente. La professione di avvocato e la passione per la storia non sono contrapposte: le opere materiali (ed in particolare quelle di valore artistico e letterario) rispecchiano il tempo in cui l’uomo vive ed esprimono la sua cultura, così come il diritto è un’espressione della società da cui promana. Di tutti i periodi storici ciò che resta sono le grandi opere dell’uomo, non necessariamente auliche, in quanto vi sono importanti momenti della cultura popolare che si esprimono nelle produzioni materiali. Pensiamo ai centri storici della Barbagia. La tradizione orale invece si sta, purtroppo, perdendo. In una società che viaggia troppo veloce i riti tradizionali devono essere fissati attraverso lo scritto, che ne consente la conoscenza e la valorizzazione». Anche questo libro costituisce, dunque, un tentativo di “fissare” la tradizione rappresentata da Castello, per permetterne la conoscenza e la tutela? «In qualche misura si, ma è innanzitutto un atto d’amore. Ho cercato di dare il mio contributo alla conoscenza del quartiere perché non è possibile amare ciò che non si conosce. E ciò che amiamo viene, da ciascuno di noi, sempre tutelato. E non solo quando si parla di architetture e contesti storici».

46 ·

INCONTRO CON DON MARIO STERI

TUTTO NACQUE... QUELLA VOLTA IN MADAGASCAR «Sono nato a Cagliari nel 1952, salesiano dal 1979 e prete dal 1987, sto per compiere 25 anni. Ora sono parroco della parrocchia di San Paolo, prima sono stato in alcune parrocchie di Roma e viceparroco a Selargius, e ancora prima, dal 1981 al 1983, in missione in Madagascar. Ho sempre scritto, fin da quando ero ragazzo, ma ho sempre buttato tutto, persino un diario spirituale composto da una decina di volumi. Poi quando mi sono trovato a Selargius, in una parrocchia in cui c’era poco lavoro pastorale, ho ricominciato a scrivere e ho continuato anche quando, nel 2000, sono diventato parroco di San Paolo, una parrocchia che mi impegna molto di più. Negli ultimi anni ho scritto cinque o sei volumi di teologia, un romanzo e alcune raccolte di poesie». Da cosa nasce questa profonda tensione verso la scrittura? È più un’esigenza comunicativa o introspettiva? «Credo ci sia un rapporto profondo tra la letteratura, soprattutto la poesia, e la preghiera: la preghiera, e la vita mistica in generale, mettono in contatto con le realtà invisibili, la letteratura e soprattutto la poesia, permettono di intuirla, anche se non realizzano il contatto. Quando si legge la “Divina Commedia”, per esempio, si intuiscono la grandezza e la bellezza di Dio, ma solo la preghiera arriva a farle percepire. La letteratura fa intuire la bellezza delle cose ma non le rende percepibili ai sensi. I sensi spirituali di cui parla Origene permettono, invece, di conoscere esperenzialmente la realtà divina. Per me scrivere è prima di tutto sfruttare un dono che Dio mi ha dato. Credo che la bellezza, anche se non espressa in modo eccezionale, sia un mezzo per avvicinarsi a Dio. La scrittura è quindi prima di tutto una missione. In secondo luogo è un modo per prendere coscienza di ciò che si agita nel mio intimo e in ultimo credo nella funzione pedagogica della scrittura. Alcuni sostengono che l’arte più alta sia la musica (spesso i musicisti ovviamente), io credo invece sia la poesia, perché è la parola che caratterizza l’uomo rispetto agli

animali». Il suo ultimo lavoro è un romanzo, che storia ci racconta? «Questo romanzo è stato scritto nel 1999 ed è basato su una storia vera, quella di un prete diocesano che ho conosciuto in Madagascar nel 1982: eravamo a un corso di esercizi e una sera mi ha confidato la sua vita. È stata un’esperienza fondamentale per me, che al tempo ero solo un giovane seminarista, e non mi sono più dimenticato questa lezione. Non era un prete cattivo o infedele agli impegni del ministero, però era svuotato spiritualmente. Dopo numerosi colloqui ed esperienze arriva la decisione della missione e lì, senza parlare comunque di “conversione”, ritrova le radici della sua fede. Non svelo la conclusione per lasciare la suspense...». Da più di dieci anni è parroco di San Paolo, in continuo contatto con i giovani. Com’è oggi il loro e il vostro mondo? «La ragione della missione salesiana sono appunto i giovani. Io stesso ho un gruppo di preghiera formato da giovani universitari. È la porzione più delicata della società e ha bisogno di una cura particolare, soprattutto oggi che spesso non trovano più un punto di riferimento sicuro nella famiglia. Parlo di famiglie divise, padri, e a volte anche madri, assenti, famiglie allargate, e tante altre situazioni di mancanza. E non trovano questo punto di riferimento neanche nella scuola e nella società, che anzi comunicano loro non-valori. Inoltre questo è un momento difficile anche per la fede, si respira in Europa un’aria di antiCristianesimo. Il Cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo, non solo nei paesi islamici dove i preti vengono condannati a morte. I giovani intanto hanno bisogno di guide, di padri, e il compito dei preti è proprio quello di fornire questa guida. Nelle varie attività di una parrocchia come quella di San Paolo, i rischi sono presenti: per esempio quello di spingere i ragazzi a una concezione di sport agonistico, non formativo come dovrebbe essere».


FLASH NEWS DALLA SARDEGNA

CIBO AMBIENTE

POLITICA

SPORT & FITNESS

ARTE

CINEMA

TIMEOUT CULTURA MUSICA

A CURA DI SIMONE ARIU E LORELYSE PINNA

路 47


TIMEOUT Una “passillara” al colle di monte Urpinu tra i musei, l’ex cava del colle, la batteria contraerea della seconda guerra mondiale, il belvedere panoramico e il parco. Questo il programma della giornata organizzata dalle associazioni Aloe Felice e Ambiente Sardegna, in collaborazione con l’Arciconfraternita dei SS. Giorgio e Caterina. Gli escursionisti hanno avuto così occasione di riscoprire un pezzo di storia della città a partire da uno dei suoi colli, dal museo e l’archivio dei Genovesi nei locali adiacenti alla chiesa dei SS. Giorgio e Caterina, all’ex cava di Monte Urpinu, importante fin dall’epoca neolitica, passando per il belvedere di Viale Europa con l’illustrazione della laguna di Molentargius e della colonia di fenicotteri rosa, delle fortificazioni con la batteria militare c.198. Infine i sentieri naturalistici del parco urbano e la conoscenza del suo patrimonio naturale, la cui prima piantumazione si deve alla famiglia Sanjust di Teulada, proprietaria della collina fino al 1939, quando venne acquistato dal Comune e trasformato nel parco cittadino amato dai cagliaritani.

PROTOCOLLO D’INTESA CON LA PROTEZIONE CIVILE Gli iscritti all’Ordine dei Geologi potranno intervenire in Sardegna insieme alla Protezione Civile nella gestione delle emergenze causate da eventi calamitosi: è questo il risultato del protocollo d’intesa siglato dal direttore generale della Protezione Civile Giorgio Onorato Cicalò e il presidente regionale dell’Ordine dei Geologi Davide Boneddu, alla presenza dell’assessore dall’Ambiente Giorgio Oppi. I geologi che manifesteranno la propria disponibilità potranno intervenire per censire e catalogare i danni, stabilire l’entità dei fenomeni naturali, individuare le situazioni ambientali a rischio e stabilire le azioni necessarie per la messa in sicurezza dei luoghi.

CREATIVITÀ LETTERARIA IN BIBLIOTECA

48 ·

“PASSILLARA” A MONTE URPINU

NUOVA AUTOEMOTECA PER L’AVIS L’AVIS Provinciale di Cagliari si è dotata di una nuova autoemoteca grazie al contributo dell’Assessorato regionale della Sanità, un evento di grande importanza perché il mezzo sostituisce la “vecchia” autoemoteca in uso da circa vent’anni. All’inaugurazione hanno partecipato il vice presidente del Consiglio regionale Michele Cossa, l’assessore della Sanità Simona De Francisci e il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, insieme ai rappresentati delle autorità civili, militari, religiose e delle realtà avisine presenti in tutta l’isola. Il nuovo mezzo è arrivato a coronamento di un anno di grandi risultati: nel 2011 l’AVIS Provinciale di Cagliari ha infatti consegnato ai Centri Trasfusionali 16.794 donazioni di sangue intero.

È arrivata anche a Cagliari, come ultima tappa dopo nel suo giro nell’isola, la manifestazione itinerante “I libri aiutano a leggere il mondo”, a cura dell’associazione culturale Malik e dedicata alla creatività letteraria: attraverso lo studio delle opere di un autore, in cerca di sinergie tra autori, lettori e istituzioni, si valorizza lo spazio prezioso delle biblioteche, centri del sapere che con questa iniziativa si aprono all’esterno cercando un legame con la comunità. Alla Mediateca del Mediterraneo si è partiti quest’anno dalle opere di Italo Calvino per percorrere le relazioni che il libro ha con la realtà che lo circonda, utilizzando tutti i linguaggi artistici a disposizione per mostrare diverse interpretazioni della realtà e cogliere i vari aspetti di quello che si legge. Nel corso della manifestazione sono state inaugurate due mostre dedicate all’autore de “Le città invisibili”, di cui si celebra il trentennale dalla pubblicazione: “Foto di città immaginate”, a cura di Dario Coletti e allestimento di Laura Peretti, e “Geografie Visionarie”, a cura dello scrittore Aldo Tanchis.


T

ra le tante associazioni culturali, artistiche e ricreative di Cagliari c’è “Mondi Sospesi”, «nata nella primavera del 2007 da un team affiatato di persone che avevano già partecipato all’organizzazione di attività riguardanti il gioco e tutte le arti che gravitano intorno ad esso: fumetto, letteratura, illustrazione e cosplay», spiega la presidentessa Eleonora Guggeri. «Mondi Sospesi ha iniziato la sua attività con i giochi di ruolo dal vivo, che purtroppo però richiamano l’attenzione di pochi appassionati e richiedono molte risorse. Ma abbiano organizzato anche decine di manifestazioni diverse, che hanno riscosso un successo insperato, in particolare il Beach Cosplay Party, arrivato alla quinta edizione, e il GioCoMix, una piccola fiera in cui editori, autori e negozianti possono presentare al pubblico i loro prodotti e che comprende mostre, laboratori, tornei, concorsi e tante altre iniziative». Organizzare eventi di questo tipo non è facile, le difficoltà economiche e burocratiche si fanno sentire soprattutto per le piccole realtà, dal pagamento di uno spazio pubblico e della SIAE, a quello per l’affissione delle locandine. Ma ci sono anche le soddisfazioni: «come quando i grandi marchi ci contattano per supportare le nostre iniziative, perché significa che stiamo costruendo qualcosa e che è stato notato». Il loro più grande desiderio? Una fiera del gioco e del fumetto a Cagliari: «partiamo ogni anno alla fiera italiana più grande del settore (che si tiene a Lucca) e ci spiace che i nostri corregionali, magari per motivi economici, non possano avere accesso a quel fantastico mondo. Per questo ci piacerebbe portargliene un pezzetto a casa!».

“MONDI SOSPESI”

SERVIZIO SAVI Il direttore del Servizio SAVI ha approvato la graduatoria per il finanziamento di azioni dimostrative di acquisto e consumo sostenibile. Le 26 amministrazioni pubbliche vincitrici disporranno di 1 milione e 300 mila euro per realizzare azioni esemplari a dimostrazione di come si possano compiere ordinarie azioni di servizio pubblico con minore impatto ambientale, mirando a influire positivamente sul comportamento di acquisto e di consumo.

SAVI servizi

SCUOLE SARDE PRIME NEL TASSO DI INSUCCESSO L’isola è prima in Italia nel tasso di insuccesso scolastico e potrebbe perdere più di 50 istituti, che accorpati passerebbero da 254 a 201. ma presenta anche una serie di “anomalie positive”, come le ha definite il direttore scolastico regionale Enrico Tocco: positivo è il numero medio di studenti per classe (19,69) e per docente (11,96), quello degli insegnanti di sostegno (uno ogni 1,7 portatori di disabilità) e quello sul tempo pieno nelle elementari (in aumento del 92% rispetto al 2003/2004). inoltre l’edilizia scolastica sarda non è soggetta a gravi carenze strutturali. Questa la situazione descritta dal direttore scolastico regionale nell’audizione dell’ottava Commissione del Consiglio regionale.

· 49


I consigli de Il Cagliaritano

Ristorante Sa Barracca

Accoglienza e piatti di gran classe v.le Europa, 53 - Quartu Sant’Elena - Tel. 070 813570

LA STELLA MARINA di Montecristo

La trattoria di mare del centro storico via Sardegna, 140 - Cagliari - Tel. 347 5788964

I TAVOLI DELLA CRISI

LA CITTÀ CAMBIA COSÌ

ESCLUSIVA: I GIGANTI 40° ANNO

1€

Anno 40, N. 1

?

SENZA DOMANI

FOTO DI COPERTINA Maurizio Artizzu

PREMIO EUROPA PER L’EDITORIA Premio Editore dell’Anno per l’impegno sociale e la valorizzazione della cultura sarda

ANNO 40 - N. 1 GENNAIO 2012

DIRETTORE RESPONSABILE Giorgio Ariu (g.ariu@giacomunicazione.it) SEGRETERIA DI REDAZIONE Antonella Solinas (info@giacomunicazione.it) REDAZIONE Simone Ariu (s.ariu@giacomunicazione.it) Lorelyse Pinna (l.pinna@giacomunicazione.it) UFFICIO GRAFICO Simone Ariu, Maurizio Artizzu (grafica@giacomunicazione.it) REDAZIONE E CENTRO DI PRODUZIONE via Sardegna, 132 - 09124 Cagliari · Tel. e Fax 070 728356 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀ GIA Comunicazione (marketing@giacomunicazione.it) STAMPA E ALLESTIMENTO Grafiche Ghiani DISTRIBUZIONE Agenzia Fantini (Cagliari-Olbia)

SCRITTI Antonello Angioni, Giorgio Ariu, Simone Ariu, Camillo Bellieni, Gabriella Botta, Alma Casula, Enzo Costa, Maria Armida Forteleoni, Giampaolo Lallai, Giovanni Lilliu, Mario Medde, Stefania Onano, Lorelyse Pinna, Giulio Steri, Francesca Ticca FOTO Maurizio Agelli, Archivio GIA, Simone Ariu, Maurizio Artizzu, Selene Farci, Roberto Marci, Mariangelo Mudu, Enrico Murru Massa, National Geographic, Massimiliano Salvi, Matteo Tatti, Elia Vaccaro Registrazione presso il Tribunale di Cagliari (n. 271 del 23 Gennaio 1973) Ufficio del Garante e Presidenza del Consiglio dei Ministri Registro Nazionale della Stampa n. 3165

giacomunicazione.it

facebook.com/giacomunicazione twitter.com/comugia

© È severamente vietata la riproduzione, anche parziale, di testi, fotografie, disegni e soluzioni creative.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.