Il Cagliaritano - Ottobre '10

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VIAGGIO DENTRO LA CITTÀ

EMERGENZA LAVORO

UNA LEZIONE DI VITA

Anno 38 N.3 • € 2,00 • Spedizione in Abb. Post. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 • C/C post. n. I7233099

L’ISOLA CHE... C’È

MA ROMA CI AMA DAVVERO? CRISI E FEDERALISMO ETICO

ENRICO BERLINGUER CAGLIARITANO SOCIETÀ OGGI

ANSIA E ATTACCHI DI PANICO ATTENTATO AL MAGISTRATO

PERCHÉ A DE ANGELIS? Piazza San Giovanni, nella foto di Simone Ariu l’Arcibasilica, ha accolto la Sardegna e le sue eccellenze in un weekend memorabile.

SOS POLIZIA

PIÙ RISPETTO PER LA DIVISA



EMERGENZA LAVORO

UNA LEZIONE DI VITA

Anno 38 N.3 • € 2,00 • Spedizione in Abb. Post. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 • C/C post. n. I7233099

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MA ROMA CI AMA DAVVERO? CRISI E FEDERALISMO ETICO

ENRICO BERLINGUER CAGLIARITANO SOCIETÀ OGGI

ANSIA E ATTACCHI DI PANICO ATTENTATO AL MAGISTRATO

PERCHÉ A DE ANGELIS? Piazza San Giovanni, nella foto di Simone Ariu l’Arcibasilica, ha accolto la Sardegna e le sue eccellenze in un weekend memorabile.

Foto di copertina, Simone Ariu

VIAGGIO DENTRO LA CITTÀ

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ECCO LA CITTÀ DEL FUTURO

SOS POLIZIA

PIÙ RISPETTO PER LA DIVISA

ANNO XXXVIII - N. 3 - OTTOBRE 2010 Direttore responsabile GIORGIO ARIU giorgioariu@tin.it In redazione Simone Ariu, Maurizio Artizzu, Lorelyse Pinna, Antonella Solinas Scritti Antonello Angioni, Simone Ariu, Laura Bonu, Claudia Cao, Valentina Caruso, Francesco Fuggetta, Antonio Maria Masia, Giovanni Matta, Eugenio Orrù, Giuseppa Pianu, Lorelyse Pinna, Donatella Salvi Fotografie Simone Ariu, Maurizio Artizzu, Roberto Ferrante, GIA foto, Andrea Nissardi, Enrico Locci, Enrico Spanu Redazione e Centro di Produzione Via Sardegna, 132 - Cagliari Tel. 070.728356 - Fax 070.728214 giorgioariu@tin.it - www.giacomunicazione.it

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LA SCALA DI FERRO

SOCIETÀ OGGI

ANSIA E ATTACCHI DI PANICO

28 MITICO

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Grafica e Impaginazione GIA Comunicazione Concessionaria per la pubblicità GIA Comunicazione Stampa e allestimento Grafiche Ghiani Distribuzione Agenzia Fantini S.P. Sestu Km. 5,200 - Tel. 070 261535 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI CAGLIARI N. 21 DEL 23 GENNAIO 1973 UFFICIO DEL GARANTE PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI REGISTRO NAZIONALE DELLA STAMPA N. 3165

giorgio ariu editore Premio Europa per l’Editoria Premio Editore dell’Anno per l’impegno sociale e la valorizzazione della cultura sarda

DOVE VA IL SISTEMA LAVORO IN SARDEGNA

CATERINA MURINO

QUELLI CHE TI FANNO LE SCARPE

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NRICO BERLINGUER

e la sua Cagliari

WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT



Dialogo

EMERGENZA LAVORO E POVERTÀ

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rovate a bussare alla porta di quelle famiglie sarde dove si sopravvive al di sotto della soglia di povertà. Sono oltre trecentocinquantamila le persone che spesso non escono di casa, chiuse nella gabbia tra orgoglio e rabbia, dignità e protesta. Troppi giovani senza progetto, masse di operai, pastori e contadini, laureati e artigiani con le speranze bruciate. Via Roma e lungo Viale Trento, il muro del pianto. Emergenza economica e sociale in crescita dirompente senza che ci siano misure forti e atte a frenare disagi da ultima spiaggia. Serve un fondo di garanzia etico per quelle famiglie, urge un piano di formazione e di riqualificazione per i senza lavoro. La Regione tenta di arginare la drammatica situazione degli indigenti budgettando trenta milioni di euro a favore dei comuni che li canalizza sul territorio con diverse modalità: sussidi per famiglie e persone povere; contributi a favore di coloro che hanno un reddito pari alla soglia della povertà attraverso l’abbattimento sui costi dei servizi essenziali; sussidi di 800 euro per l’attività di servizio civico comunale. Ma non tutti sono

stati raggiunti, mancano un monitoraggio e l’osservatorio delle povertà: in troppi si chiudono in casa, non aprono quella porta. Oltre lo scoramento c’è la mina vagante della tensione sociale, c’è la rabbia dei senza lavoro, troppi, un esercito di disperati, giovani e lavoratori espulsi dal mercato: un tasso di disoccupazione che ha portato l’asticella al 44%. Occorrono risorse, il Patto di Stabilità ha fatto sprofondare l’isola. Troppe le saracinesche abbassate, gli uffici che chiudono, le ciminiere spente. Lo stesso federalismo fiscale può essere la Grande Opportunità solo se di stampo sociale, e la politica deve impegnarsi per regolare la ridistribuzione delle ricchezze per frenare la crescita della disgregazione sociale. Sul federalismo fiscale e sulle entrate, il governatore Ugo Cappellacci, coordinatore del tavolo delle Regioni a Statuto Speciale, negli ultimi tempi ha aperto più di un confronto a Roma e con lo stesso premier Berlusconi. Su questa vertenza da Difensore della specificità dell’isola egli si sta giocando la partita più delicata della Legislatura, all’indomani della ricomposizione della Giunta, che sta creando malcontenti tra Riformatori e Sardisti, finalmente all’opera con coloro che devono dare risposte a chi li ha votati, cioè a tutti i sardi. Eppoi lo stesso Presidente del Consiglio che in campagna elettorale ha più volte sottolineato il suo senso di appartenenza alla “Sua Sardegna” facendosi garante più degli stessi parlamentari sardi, della Questione Sarda non può tradire gli impegni. Vi ricordate di qualche deputato o senatore, tra i sardi, titolare di un Dicastero? Sino a prova contraria questo si chiama Patto di Instabilità.

giorgioariu@tin.it facebook.com/ariug

IL MESTIERE DEL GIORNALISTA

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ome è cambiato il mestiere del giornalista! Un tempo si stava ai fatti. Oggi gli ultras della comunicazione fanno attivismo politico e pure muscolare. Supporters dell’una o dell’altra parte e non curiosi indagatori della verità. Azioni muscolari perché le due fazioni si riconoscano nel pezzo. Voglia di padroni e non contropotere. Vietate cautela e indipendenza, scambiate per ipocrisia. Doppia morale e giornalismo attivo. La rovinosa caduta di un mestiere incartato tra violazione della privacy e posizionamenti ideologici. Modalità da rimuovere velocemente, come sul cazzeggio e il privato di Facebook.

IL MAGISTRATO PAOLO DE ANGELIS

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a inseguito e stanato per anni brigatisti e anarchici, trafficanti di droga e truffatori da doping nello sport. Il magistrato Paolo De Angelis, ora colleziona minacce, avvertimenti, intimidazioni. È un caso unico: cosa sta succedendo in Sardegna, cosa è stato toccato? Stanò coloro che misero le due bombe a Nuoro all’auto di Beppe Pisanu (24 settembre 2002), quelli che fecero esplodere le abitazioni oristanesi di Diana e Manunza (anno 2004), poi quelle per gli Assoindustriali e la CISL a Cagliari, poi ad Iglesias per l’assessore Roberto Frongia. Egli, tutte le mattine in Procura, è sereno, solo un sottile dispiacere per quell’ultimo gesto sotto casa della madre.


E cco la Cagliari d APRIAMO L’AGENDA DEL SINDACO FLORIS

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umerosi i progetti per la Cagliari del futuro ancora nell’agenda del Sindaco Floris, ma altrettanti sono gli ostacoli per una loro piena attuazione. Un esempio fra tutti lo offre il fatto che Cagliari, sebbene costituisca la sede di numerose attività e uffici ed attragga necessariamente nella propria orbita un numero di utenti ben superiore alla popolazione residente, non veda garantite risorse adeguate nei trasferimenti regionali, fattore d’intralcio alla realizzazione dell’auspicata legge per “Cagliari capitale”. Questo progetto, esistente sin dal 2001, intende infatti trasformare Cagliari in una moderna città internazionale, rendendola non solo ambita meta per visitatori e turisti, ma anche luogo ideale in cui vivere e lavorare. Un obiettivo, dunque, che dovrebbe appartenere non solo al sindaco di Cagliari, ma all’intera Regione.

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il Cagliaritano

A tali fini anche il capoluogo sardo ha scelto di dotarsi di uno strumento che già numerose città italiane ed europee hanno adoperato, il Piano Strategico: punto di partenza per la definizione della Cagliari del futuro, un documento naturalmente aperto e suscettibile ad integrazioni dal momento che le strategie ivi inserite poggiano su un arco temporale di medio-lungo termine (che arrivi fino al 2020). Già negli anni passati sono state realizzate alcune opere volte a porre le basi per l’attuazione del Piano: ne offrono un esempio gli interventi sul fronte Porto, la zona Franca Urbana di Sant’Elia a loro volta rientranti in progetti di sviluppo altrettanto ampi. Sono numerosi i motivi d’orgoglio emergenti dal bilancio, soprattutto in merito alle questioni su cui il Comune ha concentrato maggiormente la propria attenzione: il tema della sicurezza, del lavoro, l’ambiente, lo sviluppo eco-

nomico e commerciale, le problematiche di natura sociale, l’interesse per la cultura e lo spettacolo, i giovani, il turismo. Per quel che riguarda la questione sicurezza, l’Amministrazione in questi anni non ha dato peso alla sola accezione di ordine pubblico e lotta alla criminalità, ma anche ad un miglioramento degli standard qualitativi del vivere civile, che comprende anche la multiculturalità, la tutela dell’ambiente e la viabilità sicura. Un apprezzabile risultato, sotto questo profilo, risulta essere la riduzione degli incidenti gravi e mortali, soprattutto delle cosiddette “stragi del sabato sera”, anche in seguito ad un’intensa attività di informazione svolta dal Comune per mezzo di specifici incontri anche con i ragazzi. Sul tema del lavoro si sta cercando di coniugare l’esigenza di incrementare l’occupazione con quella di offrire maggiori e migliori servizi, tramite l’utiliz-


i del futuro zo dei cantieri comunali. Sono state completate, inoltre, le procedure di stabilizzazione dei precari, giungendo all’assunzione di 109 unità, e grande successo ha riscosso anche l’elaborazione di formule di aggiornamento e formazione del personale, miranti ad un sviluppo della qualità di attività private e pubbliche. Di altrettanto pregio gode lo sforzo di tutela e incentivazione all’impresa, eseguiti attraverso la concessione di Contributi de minimis e per mezzo dell’apertura della “Città dell’Impresa”, punto di riferimento soprattutto per le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro. In tema di ambiente, invece, ricoprono una certa rilevanza la concreta attivazione della raccolta differenziata e lo sviluppo del verde cittadino, soprattutto tramite la dotazione di strutture finalizzate all’utilizzo dei parchi da parte dei più piccoli. Nell’ottica della valorizzazione e fruibilità dell’ambiente naturale, meritano particolare attenzione il Poetto e le aree umide, quali Molentargius e Santa Gilla, inserite fra le aree di protezione della convenzione di Ramsar e divenute parti integranti dei percorsi turistici del centro storico. La riqualificazione di questi spazi, unita a quella del fronte mare e del porto antico, mirano, infatti, non solo allo sviluppo del diportismo nautico, ma convergono anche con l’intento di affermare e ampliare il ruolo di Cagliari nell’organizzazione di grandi eventi

di Claudia Cao

sportivi legati al mare. Sono in fase avanzata i lavori per la realizzazione del Parco della musica, la cui inaugurazione è prevista nell’autunno prossimo e, sempre in tema di cultura e spettacolo, sta proseguendo la programmazione di importanti mostre e spettacoli in tutti i settori e il recupero di nuovi spazi come il Teatro Massimo. Rientra nel Piano strategico anche la proposta della candidatura di Cagliari come capitale europea della cultura nell’anno 2019. In merito all’attenzione rivolta ai giovani, sempre più forte è divenuta la rete di comuni sardi (denominata Isola dei giovani) finalizzata a creare nuove vie di sviluppo per la regione. Tra gli altri progetti vanno ricordati i Piani Locali Giovani, la rete Nazionale dei Festival Letterari, Utopia ed Urbact. Riguardo allo sviluppo del commercio, degne di menzione risultano le giornate in cui si è effettuata l’apertura dei negozi fino alla mezzanotte, unita all’organizzazione di eventi di cultura e animazione, e agli altrettanto importanti bandi finalizzati ad agevolare le piccole imprese nelle aree di degrado urbano come Is Mirrionis, San Michele e Sant’Avendrace, insieme a quelli volti all’innovazione e al rafforzamento dei quartieri di Castello e della Marina. Anche sul tema della promozione turistica sono stati raggiunti importanti traguardi: basti pensare alla risonanza

internazionale raggiunta dalla Festa di Sant’Efisio e dalle manifestazioni della Settimana Santa. Tali risultati non sarebbero stati possibili senza la sinergia realizzata con l’Autorità Portuale e la Sogaer che con una più ampia presenza dei voli low cost da e per Cagliari, con la conferma del nostro porto tra le più importanti Compagnie crocieristiche, l’esposizione di importanti fiere, hanno rafforzato risultati solo parzialmente ottenuti in precedenza. Nell’ambito delle Politiche Sociali, gli interventi per la lotta alla povertà finora realizzati, di rilievo risultano il Servizio micronido a domicilio e la consegna di venti alloggi a canone moderato realizzati in Via della Pineta insieme ai quarantotto alloggi ERP in via Premuda; ma ancora tanti sono gli sforzi necessari. Per concludere, anche la gestione finanziaria sta dando i suoi frutti, mirando alla riqualificazione e all’aumento di un’autonomia finanziaria del Comune, grazie a cui Cagliari si può considerare tra i comuni più pronti ad affrontare il percorso che attraverso l’attuazione del federalismo fiscale pone all’orizzonte delle comunità locali nuovi traguardi e nuovi obiettivi. Sono queste le basi e gli obiettivi con cui la nostra città si sta rivolgendo al futuro, pronta a farsi motore dello sviluppo locale e capitale dell’Isola.

Laura Bonu


I LUOGHI DI CAGLIARI

Q costruì la stazio

uando la C

L

a formazione della piazza Matteotti risale alla seconda metà dell’Ottocento e si ricollega alla realizzazione della stazione ferroviaria. Nel 1864 la “Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde” presenta al Comune di Cagliari una richiesta finalizzata ad ottenere un tratto di terreno per la costruzione di una stazione. Nel 1871 il Consiglio Civico discute sulla scelta del luogo ove erigere l’opera. L’11 luglio 1879 viene ufficialmente inaugurata la stazione ferroviaria, realizzata sulla base del progetto compilato dall’Ufficio tecnico della predetta Compagnia. L’aspetto peraltro non è quello attuale, di gusto rigorosamente classico, che risale ad un intervento di modifica effettuato dopo il 1930. Successivamente si dà avvio agli interventi di sistemazione dell’area adiacente. Nel 1882-83 vengono effet-

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il Cagliaritano

tuati i lavori per impiantare il giardino nella piazza della stazione ferroviaria. Nello stesso periodo vengono appaltate le opere di riordino del tratto di strada in prolungamento della via Sassari sino all’incrocio della strada che conduce alla Plaia (in pratica l’attuale parte bassa della via Sassari). Le opere di urbanizzazione del sito proseguono con la costruzione di una chiavica nel largo che stà di fronte alla stazione (v. delibera 5 settembre 1883 della Giunta Municipale). Nel 1891 si dà il via all’appalto dei lavori di ampliamento del giardino di fronte alla Stazione delle Ferrovie Reali: ultimato l’intervento il giardino è all’inglese (del genere square) chiuso da un’elegante cancellata in ferro. Tra il 1893 e il 1895, su progetto dell’ing. Cesare Picchi, viene edificato il palazzo Vivanet, uno dei primi edifici con portici. Concepito secondo i ca-

noni dell’eclettismo di fine Ottocento, si distingue per il neogotico evidenziato dagli archi acuti e dall’utilizzo del mattone faccia vista. Nel 1896 il Consiglio comunale ritiene l’area adiacente al palazzo Vivanet (posta in prossimità all’attuale largo Carlo Felice) quella più idonea per realizzare il nuovo Palazzo Civico. Dopo la solenne posa della prima pietra (alla presenza dei sovrani Umberto e Margherita), il 14 aprile 1899 l’Impresa Barbera inizia i lavori di costruzione dell’imponente edificio. L’opera, progettata dagli architetti torinesi Crescentino Caselli e Annibale Rigotti, costituisce uno dei più significativi monumenti della città e - sia pure attraverso il recupero e la reinterpretazione della tradizione - rappresenta un momento di apertura alla moderna cultura italiana ed europea. Il 29 ottobre del 1901 il Consiglio


PIAZZA MATTEOTTI

Compagnia Reale

zione ferroviaria

Comunale delibera di accettare il busto in bronzo di Giuseppe Verdi, offerto dal Comitato promotore per le onoranze al maestro, per collocarlo in una delle aiuole del giardino pubblico antistante la stazione delle Ferrovie Reali. Il busto, realizzato dallo scultore cagliaritano Pippo Boero, è il primo monumento dedicato in Italia a Giuseppe Verdi. Nel 1905 nei giardinetti viene sistemato un altro monumento, sempre opera di Pippo Boero: è un busto in marmo raffigurante il filosofo radicale Giovanni Bovio. I due busti convivono pacificamente per diversi anni. Ma, durante il regime fascista, il Bovio non può difendersi dall’accusa di repubblicanesimo ed il suo monumento viene epurato in modo drastico (fu irrimediabilmente sfregiato e quindi abbattuto). Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento dietro il giardinetto si crea

di Antonello Angioni

una sorta di stazione per le diligenze che partivano per gli stabilimenti balneari della Plaia e di Giorgino aperti dall’imprenditore Michele Carboni. La piazza si completa tra le due guerre con la costruzione - nell’area ove sorge la stazione dell’Arst - di una stazione per le corriere della Satas. Di fatto, nelle immediate adiacenze, si crea anche una stazione tramviaria (la piazza era il capolinea di diversi mezzi). Intorno al 1940-41 la piazza viene dedicata ad Italo Balbo, il mitico trasvolatore morto agli inizi della Seconda Guerra Mondiale. Le bombe del 1943 praticamente distruggono i giardinetti che vengono subito reimpiantati. Attualmente il vecchio parterre delle Ferrovie Reali - nonostante i bombardamenti - presenta interessanti essenze risalenti al primo impianto, come l’unico superstite di araucaria cookii, conifera australiana, i colos-

sali ficus magnolioides vicini alla stazione dell’Arst e le adulte palme washingtonia filifera. Interessante, per la sua rarità, anche l’adulto esemplare di albero bottiglia (chorisia insignis) originario dell’America meridionale ed il più giovane australiano ficus bellengeri, che gli sta a fianco. Altre specie presenti nella piazza Matteotti sono i ficus retusa nitida (filare sul lato del Municipio), le cycas revoluta, i phoenix canariensis, i ligustrum sinense, i maclura aurantiaca e i salix alba. Infine si segnalano le aiuole gremite di opuntia dejecta e yucca aloifolia (per un approfondimento sulle essenze arboree della piazza, v. il libro Il verde a Cagliari curato da Siro Vannelli).

il Cagliaritano

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VIAGGIO DENTRO I PALAZZI DI CAGLIARI

LA SCALA DI FERR L’

immagine che vedete riprodotta in questa pagina è la prima rappresentazione cartografica della città di Cagliari: si tratta del celebre disegno inserito nella Sardinia brevis historia et descriptio scritta da Sigismondo Arquer nell’ambito della Cosmographiae Universalis edita nel 1550, a Basilea, da Sebastian Münster. La città è raffigurata nella sua classica divisione in quartieri che corrisponde, nella sostanza, all’attuale centro storico: sono ben evidenti il Castello, la Marina, Stampace e Villanova. Le mura presentano già alcuni tratti bastionati ma, nel complesso, risultano inidonee alle funzioni difensive ove si consideri che vi è stata l’introduzione delle armi da fuoco. Questa è la situazione esistente nel 1552 allorché, chiamato dall’imperatore Carlo V, giunge in Sardegna l’ingegnere militare Rocco Cappellino col compito di rafforzare le difese nel-

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il Cagliaritano

di Antonello Angioni

le piazzeforti. Tra il 1552 e il 1568 Cappellino, che era originario di Cremona, curò il completamento e la ristrutturazione delle fortificazioni di Cagliari. Nell’ambito di questi interventi, nel 1562, a ridosso di uno strapiombo successivamente colmato, costruì il bastione di San Giacomo (conosciuto anche come bastione di Nostra Signora di Monserrato o dei Morti). A volere l’edificazione del possente baluardo era stato il viceré don Alvaro de Madrigal il quale intendeva potenziare il settore orientale delle fortificazioni della Marina. I relativi lavori portarono alla luce preesistenze archeologiche di epoca romana. Più precisamente furono rinvenute una ventina di lastre marmoree (le cui iscrizioni ricordavano i nomi di illustri personaggi di stirpe greca e romana) ed uno spesso blocco di marmo: quasi sicuramente un altare. Quelle lapidi, appartenenti ad un antico cimitero, secondo la cultura del

tempo, furono riutilizzate come materiale da costruzione. Situato tra i bastioni dello Sperone e di Gesus, il bastione di San Giacomo costituiva un classico bastione pentagonale a due facce e due fianchi, completo di parapetto, cordone e scarpa, con un orecchione quadrato nel fianco nord. Il bastione dello Sperone era stato realizzato nel 1503, su iniziativa del viceré Joan Dusay, ed è ancora visibile dalla via Mazzini, in prossimità della porta dei Leoni, praticamente inglobato nel bastione di Saint Remy. Il bastione di Gesus invece si trovava nella parte bassa dell’attuale viale Regina Margherita, sempre sul lato “Scala di Ferro”, all’incirca all’altezza della scalinata: era stato fatto realizzare, nel 1534-35, dal viceré Antonio de Cardona a difesa del porto. Il bastione di San Giacomo venne unito, dallo stesso Cappellino, ai bastioni dello Sperone e di Gesus tramite due nuove cortine dette porta di Villanova


e di Gesus. Con la sua imponente mole ed il sovrastante piazzale armato munito di cannoniere, era destinato a controllare gli accessi alla città da Oriente e, nel contempo, a sorvegliare l’antico porto (la cui ubicazione corrispondeva all’incirca all’attuale darsena). Agli inizi del XVII secolo dopo che (nel 1604) i padri benedettini di Spagna di Nostra Signora di Mont Serrat costruirono in quei pressi (e precisamente nell’attuale via Torino) il loro convento - il bastione mutava il proprio nome in “bastione di Monserrato”. Ulteriore cambio di nome si ebbe, dal 1756 al 1813, allorché la sua gola venne adibita a cimitero del vicino Ospedale Militare: per tale ragione fu chiamato “bastione dei Morti”. Al riguardo occorre considerare che, nella seconda metà del 1755, una parte del convento benedettino di cui si è appena detto era stata destinata ad ospedale militare per le truppe del presidio. Fu il capitano Soleri del Corpo Reale del Genio a dirigere i lavori di adattamento dei locali ad ospedale. Quindi, nell’aprile del 1756, lungo la gola del vicino bastione di Monserrato, venne recintato un settore da destinare a cimitero dell’ospedale ove ben presto si iniziò a seppellire i soldati di fede cattolica. Un altro settore, sempre lungo la gola del bastione, venne destinato alla sepoltura di militari e civili di fede protestante.

RRO

A partire dal 1813 le sepolture vennero effettuate nella vicina “Botanica” (l’area, tra la via Lanusei e la via XX Settembre, ove si tentò senza successo di impiantare il primo Orto botanico). Peraltro il “bastione dei Morti” cessò di accogliere i defunti solo intorno al 1835 a seguito dell’ennesima protesta da parte degli abitanti delle strade vicine. Va anche detto che - sulla base delle notizie disponibili - il possente baluardo fu protagonista di un fatto d’arme solo il 22 agosto 1717 allorché una flotta spagnola, guidata dal cardinale Alberoni, bombardò la città causando notevoli danni e colpendo lo stesso bastione che venne riparato, nel 1720-23, dall’ingegnere piemontese Felice De Vincenti. Dal 1850 al marzo del 1852, il bastione di San Giacomo fu sede della Guardia Nazionale alla quale era stato concesso per le esercitazioni. A seguito del regio decreto 31 dicembre 1866, che eliminava la città di Cagliari dall’elenco delle piazzeforti, il bastione venne dismesso e, dopo qualche mese, venduto dal Comune al cav. Antonio Cerruti, un ingegnere di Biella che vi impiantò un lussuoso stabilimento balneare di acqua dolce, dotato di 22 camerini spaziosi e confortevoli con ampie e comode vasche in marmo rifornite di acqua calda da imponenti caldaie in rame alimentate con fuoco a legna. Lo stabilimento balneare, inaugurato ufficialmente il 5 settembre 1869, procurò al Cerruti

grande merito perché a Cagliari, in quegli anni, si lamentava la mancanza di bagni pubblici. La struttura non risultò inferiore a nessuna delle altre che, all’epoca, operavano nel resto d’Italia. Occorre considerare che il cav. Cerruti, proprio nell’area adiacente il bastione di San Giacomo (ove ora c’è l’hotel Regina Margherita), nel 1859, aveva realizzato il “Teatro Diurno”: una struttura, dotata di un palcoscenico vastissimo, che poteva contenere circa 3.000 spettatori (secondo la “Guida di Cagliari” dello Spano) e oltre 1.800 spettatori (secondo la “Guida” del Corona). Il nuovo locale, che si poneva in concorrenza col Teatro Civico di Castello, venne inaugurato il 14 luglio 1859 dalla Compagnia drammatica Zammarini con la tragedia Medea. Nell’autunno del 1868 il “Diurno” venne ricoperto con una tettoia mobile in legno e assunse il nome di “Teatro Cerruti”. Tornando allo stabilimento balneare si evidenzia che, nel 1869-70, per migliorare l’aspetto del fabbricato, furono aggiunte ai lati due torrette merlate in stile neogotico. Nel 1871, su progetto dell’ingegner Fulgenzio Setti, una parte del complesso venne trasformata in albergo con l’aggiunta di eleganti appartamenti, grandi camere e di una bella sala da pranzo. Questi ambienti, il cui prospetto poggiava sul muro di contenimento della fortificazione cinquecentesca, in omaggio al neogotico allora imperante, vennero

il Cagliaritano

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contraddistinti dalla merlatura che ancora oggi corre lungo la facciata: insomma il castello turrito era venuto alla luce. Tuttavia il progetto di destinazione alberghiera venne per il momento accantonato ed i locali furono affittati ad un istituto-convitto (fondato da Clotilde Pavesi e diretto dal prof. G. Thermes) riservato alla formazione dei giovani: come detto siamo nel 1871. All’inizio la scuola ottenne un notevole successo e addirittura s’impose l’ampliamento dei locali. Ma, dopo qualche anno, chiuse i battenti. Per fortuna

esistente quando Rita Corongiu vedova Caldanzano manifestò il proprio interesse per il castello turrito al fine di trasferirvi il suo albergo-ristorante. Le trattative si svolsero con gli eredi del cav. Cerruti (deceduto nel marzo del 1887) e si conclusero il 30 giugno 1889. A questo punto occorre chiarire un equivoco. L’albergo-ristorante “La Scala di Ferro” era già stato inaugurato nel 1877 ma non nel prestigioso edificio di viale Regina Margherita. Infatti aveva sede nel palazzo Baffico, all’angolo tra la via Torino e la piaz-

Cesare Pascarella (quivi arrivati nel maggio del 1882) vennero ospitati alla “Scala di Ferro” ma nel palazzo Baffico. Dunque è solo nel 1889 che l’albergo “La Scala di Ferro”, con annesso ristorante, trasloca e s’insedia nei locali già utilizzati dall’Istituto-convitto e dalle Regie Poste. Più precisamente la struttura alberghiera occupò una porzione del piano terreno, la quasi totalità dei piani superiori e le due torrette panoramiche che la titolare adibì ad alloggio degli inservienti. Le camere erano ampie e decorose e presentava-

un altro inquilino bussava alle porte. Sono le Regie Poste. Pertanto, per soddisfare le specifiche esigenze del nuovo utilizzatore, intorno al 1881-82, l’ingegner Cerruti fa erigere un corpo centrale rivolto verso il cortile interno abbellito anch’esso con elementi neogotici (monofore con la cornice in pietra a trafori trilobati, bifore e trifore ad arco acuto con sottili colonnine divisorie, ecc.). Ultimati i lavori, le Poste prendono possesso dei locali. Peraltro anche il rapporto con l’Amministrazione delle Poste doveva concludersi nell’arco di pochi anni per cui il cav. Cerruti si ritrovò i locali di nuovo sfitti. Una parte consistente venne quindi ceduta in locazione a Giuseppe Setti di Tortona, all’epoca esattore del Comune di Cagliari, che utilizzò i locali per ufficio ed abitazione privata. Questa era la situazione

za Martiri. Era gestito dal sig. Luigi Caldanzano, personaggio molto conosciuto in città per i suoi trascorsi risorgimentali, il quale, nello scegliere il nome, si era ispirato ad una scaletta a chiocciola, in ferro, che congiungeva le sale inferiori con quelle superiori del palazzo Baffico. Nell’edificio realizzato sopra la terrazza del bastione di San Giacomo, l’albergo-ristorante “La Scala di Ferro” arriverà solo nel giugno del 1889, subito dopo la morte del Caldanzano, allorché la gestione dell’attività - come detto - era passata nelle mani della vedova Rita Corongiu. Fatta questa premessa può affermarsi che sia lo storico Teodoro Mommsen (presidente dell’Accademia di Berlino, giunto in città nell’ottobre del 1877 per studiare le carte d’Arborea) e sia Gabriele D’Annunzio, Edoardo Scarfoglio e

no pareti e soffitti pitturati e mobili di un certo pregio. Naturalmente la scala a chiocciola rimase dove era sempre stata, nel palazzo Baffico. In ogni caso la nuova struttura, forte della tradizione, lavorava a pieno ritmo. Al contrario, gli eredi Cerruti, pur gestendo lo stabilimento dei bagni ed incamerando due cospicui canoni di locazione (dalla vedova Caldanzano e dall’esattore Setti), navigavano in acque tempestose. Per tale ragione, ad istanza di alcuni creditori, nel 1894, il prestigioso immobile venne pignorato e sottoposto dal Tribunale di Cagliari alla vendita mediante incanto. Alla procedura partecipa il citato esattore che si aggiudica il bene. Così i Cerruti scompaiono dalla scena e con essi la vedova Caldanzano. Da allora il padrone assoluto è Giuseppe Setti che inizia a gestire l’al-

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il Cagliaritano


bergo e lo stabilimento balneare. Lo stesso avvia i lavori di radicale rinnovamento dell’intero complesso, puntualmente descritti sulle pagine del quotidiano “L’Unione Sarda” (maggio 1894). Il giornale ci informa inoltre che Setti intende portare nell’impianto le acque termali di Sardara di modo che i cagliaritani colpiti dall’artrosi possano curarsi in città. Viene rimessa a nuovo la sala per il servizio del bar e si prevede la sistemazione di una rivendita di giornali. In questo modo la direzione dello stabilimento intendeva offrire ai suoi frequentatori la possibilità di rilassarsi in un locale

piano. Inoltre nelle sue sale si organizzano memorabili banchetti. Cito alcuni ospiti illustri: il glottologo Max Leopold Wagner, il gran maestro della massoneria Ernesto Nathan, donna Francesca Armosino Garibaldi (vedova dell’eroe dei due mondi), il letterato Carlo Emilio Gadda, David Herbert Lawrence con la moglie Frida (che da questo albergo trae ispirazione per alcune pagine del libro “Mare e Sardegna”). L’albergo lavora alla grande. Tant’è che, nel 1926-27, i fratelli Setti (subentrati nella proprietà al padre deceduto nel 1903) programmano l’amplia-

L’epopea dell’albergo prosegue nell’immediato dopoguerra. Nelle sue stanze vengono ospitati Mario del Monaco, Boris Cristoff, Luciano Taioli, Alberto Rabagliati, Fausto Coppi, Gino Bartali e tanti altri illustri personaggi. Nel 1961 i Setti vendono l’albergo alla Compagnia Italiana Jolly Hotels che lo chiude poco tempo dopo per costruire una nuova struttura alberghiera a ridosso delle antiche mura. Nel 1964 l’albergo viene quindi ceduto al Banco di Sardegna che intende impiantarvi una scuola per la formazione dei propri funzionari. Il Banco acquista anche le case di via Torino e via Porcile,

bello e accogliente, bevendo un caffè e leggendo i giornali, dopo aver fatto il bagno o nell’attesa del proprio turno. L’operazione culmina nel 1898 con la realizzazione della bella balconata e l’apertura di un secondo ingresso, nell’attuale viale Regina Margherita, su progetto dell’ingegner Dionigi Scano. Da allora le torrette, che erano state destinate ad alloggio del personale di servizio, vengono adattate per ospitare i visitatori più esigenti che sanno apprezzare lo stupendo panorama della città ed il suo mare. Tutte le innovazioni introdotte vennero ben accolte dai cittadini che, da tempo, lamentavano la mancanza di un albergo che, per eleganza e comodità, fosse in grado di appagare le esigenze della clientela più raffinata. Da questo periodo nell’albergo turrito soggiornano personalità di primo

mento del complesso al fine di accrescerne la ricettività: costruiscono una nuova ala che si sviluppa verso nord partendo dall’ingresso di viale Regina Margherita. Viene anche completata la facciata in bugnato in analogia con quella esistente nella parte più a valle. L’edificio appare ancora più maestoso. Tra gli anni Venti e Trenta si registrano ulteriori progressi nei servizi: termosifoni, acqua calda e acqua fredda arrivano in tutte le stanze. La guerra non blocca “La Scala di Ferro” nei cui registri, nel 1941, compare il nome di Sibilla Aleramo. La scrittrice, sebbene avesse già collezionato oltre sessanta primavere, è venuta a Cagliari per incontrare Franco Matacotto, un poeta ventenne, militare in Sardegna, del quale è follemente innamorata. Una camera del castello turrito sarà il loro nido d’amore.

contigue all’ingresso dell’albergo. L’iniziativa peraltro cade nel nulla e l’intero complesso entra in una fase di lunga agonia: i soffitti cadono, le pareti si sbriciolano, il giardino si trasforma in una selva intricata, i vandali fanno il resto. Una vera tristezza acuita dal ricordo dei fasti del passato. Nel 1989 il Banco decide di vendere e, dopo una trattativa privata preceduta da un invito ad offrire pubblicato sulla stampa, il 9 luglio 1991, la Costruzioni Mambrini stipula il contratto di compravendita. Si apre così un nuovo capitolo che trova sbocco, nel 1997, a seguito dell’interesse manifestato dalla Prefettura di Cagliari per la locazione e quindi, il 10 febbraio 1998, in un accordo raggiunto in sede di “conferenza di servizi”. Il 2 agosto 2000 finisce l’attesa: hanno inizio i lavori di recupero del complesso.

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Vivere la città

Sotto

Sant’Eulalia rivive l’antica Karales di Giuseppa Pianu

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resti di un maestoso portico colonnato, una strada romana, un antico cortile, un impianto per le offerte monetali rivivono nei sotterranei della chiesa di Sant’Eulalia. È la parte orientale dell’antica città di Karales che è stata portata alla luce da una lunga campagna di scavi iniziata nel 1990. Grazie al forte impegno di don Mario Cugusi, da sempre appassionato di archeologia, gli scavi hanno potuto giungere a compi-

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mento: in questo modo il quartiere della Marina ha assunto un aspetto completamente diverso. È stata una vera e propria impresa ciclopica per la parrocchia, come ha giustamente affermato il sindaco Emilio Floris, in quanto il 90% dei fondi a disposizione per la campagna di scavi (pari a 2.500.000 euro) sono stati investiti proprio dalla Chiesa, mentre il Comune si è occupato della passerella e delle luci all’interno dell’area archeologica. Hanno poi contribuito la Regione Sardegna, l’Unione Europea e l’Università di Cagliari. Tutto è iniziato per via di una zona umida nella sagrestia, che stava rovinando tutti i mobili presenti. Un foro effettuato per risolvere il problema ha permesso di scorgere un misterioso tratto di strada romana. “E da allora” - racconta la guida turistica“don Mario non si è più fermato”. All’inaugurazione del plesso archeologico ha guidato i presenti la dirigente della Soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari, Donatella Mureddu, soffermandosi sulla descrizione di quanto emerso dagli scavi. Di particolare interesse il ritrovamento di un grandioso portico risalente alla metà del IV secolo d.C., da immaginare con tetto a spiovente e colonne alte più di quattro metri, costruito probabilmente da un’autorità pubblica per dare decoro alla città. Dietro il portico è presente un’antica strada romana dei primi del IV secolo d.C., avente origine probabilmente dal porto che, in epoca romana, si ipotizza fosse dislocato dov’è oggi via Sardegna. Sono emersi poi i resti di uno spazio adibito a cortile, costruito sulla strada stessa Dall’altro lato invece vi è un’interessante tempio punico-romano in cui si lasciavano le offerte votive. All’interno sono state ritrovate ben 307 monete in bronzo del III secolo a.C. e altri oggetti in ceramica. Tutti questi reperti, dal grandioso portico, al sistema fognario sotterraneo (la cloaca), all’amplissima cisterna di 95 mq. e alta sei metri, e le latrine, testimoniano non solo l’abilità dei romani nell’edificazione di strutture di forte impatto scenografico, ma anche una committenza di livello sociale molto elevato. Da questi ritrovamenti è stato possibile ricostruire buona parte delle epoche storiche che si sono succedute: romani, vandali, bizantini e spagnoli hanno lasciato numerose tracce in quest’interessante sotterraneo. Come spesso accade durante gli scavi, anche in questo plesso sono stati ritrovati vasi, anforette, boccali e altri oggetti di vita quotidiana da disporre in apposite tecche all’interno del complesso stesso in modo da rendere la visita più completa alla cittadinanza e ai turisti. Il fatto che siano quasi inesistenti le fonti letterarie che narrano della presenza di questo sito archeologico fa pensare che in altri posti della città si possano trovare numerosi tesori nascosti.


Strada facendo

Toponomastica

Memoria storica della città di Francesco Fuggetta

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artelli, targhe, nomi e cognomi. Sono ogni giorno sotto i nostri occhi, ma il più delle volte non ci soffermiamo a pensare al significato di quelle vite, così speciali da meritare l’intitolazione di una via o di una piazza. Sono 24 le nuove vie nate a Cagliari negli ultimi 4 anni: dal 2005 ad oggi 24 personaggi illustri hanno avuto questo onore. La toponomastica rappresenta la storia di un luogo, di una città, conserva il ricordo di chi l’ha resa grande. Alcuni di questi nomi scolpiti nel marmo sono talmente noti che è superfluo ricordarne la biografia: è il caso del parco Giovanni Paolo II o di viale Monsignor Luigi Giussani. Fra le nuove intitolazioni, ben 16 sono state dedicate a personalità sarde, e in particolare cagliaritane: sono appunto queste che cercheremo di conoscere più a fondo. Le rimanenti 8 riguardano persone che hanno avuto fama nazionale, oppure toponimi (come via dell’Idrovora, presso le Saline). In una città di mare come Cagliari non poteva mancare Piazza Marinai d’Italia,

vicino alla quale si trova via Giovanni Barbini, Tenente di Vascello Medaglia d’Oro al valor militare. Un piazzale è stato dedicato alla gloria dell’aviazione italiana Francesco De Pinedo, e una via all’eroe di Baghdad, il funzionario del SISMI Nicola Calipari, mentre l’unico “straniero” è il fondatore dello scoutismo, l’inglese Robert Baden Powell. Ma come nasce una via? Le proposte di intitolazione possono essere presentate da diversi soggetti: • un ordine del giorno o mozione del Consiglio Comunale • almeno cinque consiglieri comunali • un consiglio di circoscrizione o il consiglio della Municipalità di Pirri • almeno 100 cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Cagliari con le modalità previste dall’articolo 65 dello Statuto comunale per le petizioni popolari • almeno due associazioni iscritte all’albo di cui all’articolo 63 dello Statuto comunale Chi presenta una proposta deve an-

che individuare un luogo ancora senza nome e allegare una biografia accurata della persona (che deve essere deceduta da almeno 10 anni). La commissione Toponomastica è tenuta a pronunciarsi entro sessanta giorni sulle proposte di intitolazione. Nel caso il parere espresso sia favorevole, la proposta di delibera viene trasmessa alla Giunta comunale, che a sua volta dovrà approvarla o respingerla. Se approvata, seguirà l’iter di legge, con la successiva firma del Prefetto che renderà esecutiva la decisione. In questo nostro percorso alla scoperta delle nuove vie di Cagliari, incontreremo personalità del mondo dell’arte, della musica, dello sport, sacerdoti, militari, medici e magistrati. Ripercorrere le loro biografie sarà utile a guardare quelle targhe con una nuova consapevolezza, e con la riconoscenza che merita chi ha amato Cagliari e l’ha resa migliore.

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Vivere la città GLI SPORTIVI: CARLO CASCHILI, ROBERTO PISANO E SALVATORE SOLE Piazza Carlo Caschili Ubicazione: via Morgagni Circoscrizione: N. 5 Una via, un viale e una piazza: così il Comune ha voluto ringraziare tre uomini che con la loro passione si sono dedicati da protagonisti allo sport e ai giovani cagliaritani. Uomini come Carlo Caschili, (1950-2004), che riuscì a conquistare la stima di tutti quelli che lo conobbero, soprattutto i giovani, e non solo nell’ambito sportivo. E’ merito suo, infatti, la realizzazione degli impianti sportivi dell’attuale società sportiva di basket “Virtus”, di cui divenne presidente, mettendo i campi da pallacanestro a disposizione delle bambine del vicino quartiere di Sant’Elia. Caschili iniziò la sua carriera come medico condotto a Guasila, lavorando poi presso l’ospedale “San Giovanni di Dio” e infine presso il “Brotzu”; conseguì le specializzazioni in chirurgia dell’apparato digerente, radiologia, endoscopia digestiva e proctologia. Solo in seguito si impegnò nel campo sportivo e sociale, con la stessa passione e generosità. Viale Roberto Pisano Ubicazione: via Vesalio, via Italia Municipio: Pirri Una personalità del mondo sportivo cittadino è stato anche Roberto Pisano (1943-1999), pioniere del nuoto e della pallanuoto in Sardegna. Fece diventare grandi gli sport d’acqua a Cagliari, quando in città non esistevano piscine coperte e questi si potevano svolgere soltanto nel tratto di mare di “Su Siccu” della gloriosa società “Rari Nantes”, quindi all’aperto. Ma “su piscicani”, così fu soprannominato dagli amici per la sua esuberanza sportiva e per la sua dimestichezza con l’acqua, non era solo un grande nuotatore e pallanuotista. Era un giovane cordiale e amico di tutti, capace di diventare anche un apprezzato medico sportivo. Via Salvatore Sole Ubicazione: via Ampere Municipio: Pirri Le passioni di Salvatore Sole (19092001) erano invece il calcio e la politica: mezz’ala destra del Cagliari Calcio negli anni venti, si classificò secondo ai campionati italiani di salto in lungo, e ricoprì la carica di arbitro F.I.G.C. Pirrese, fu per tre volte

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consigliere comunale della frazione, nonché sub sindaco. Divenne poi assessore di Cagliari per le frazioni (Pirri - Monserrato - Quartucciu - Elmas) e allo sport.

dizione dei batteristi storici del jazz. Il sodalizio col duo Carrus - Fresu lo portò ad incidere brani che possono essere considerati il risultato delle sue ricerche sperimentali.

I MUSICISTI: GIUSEPPE ANEDDA E BILLY SECHI Via Giuseppe Anedda e Piazzetta Billy Sechi sono la testimonianza del grande fermento che anima il panorama musicale isolano. Due musicisti che si sono dedicati a generi diversi (musica classica e jazz), e hanno riscosso successo e riconoscimenti sia in Italia che all’estero.

I PITTORI: BRANCALEONE CUGUSI DI ROMANA E GUIDO CAVALLO Via Brancaleone Cugusi di Romana Ubicazione: via Vesalio, via Pisano Municipio: Pirri

Via Giuseppe Anedda Ubicazione: via Bacaredda Circoscrizione: N. 1 Giuseppe Anedda (1912 - 1997) è stato un musicista di fama internazionale: la sua esecuzione al mandolino della partitura del balletto del compositore Igor Stravinskj Agon lo consacrò come il più grande mandolinista del mondo e gli valse la stima dello stesso Stravinskj. Suonò in tutte le più prestigiose sale da concerto, portando lustro ad uno strumento, il mandolino, spesso considerato minore. Da ricordare la sua lunga collaborazione con i Virtuosi di Roma, considerata una delle migliori orchestre da camera del mondo, il suo insegnamento (mandolino e liuto) presso la Manhattan School of Music di New York, l’istituzione della prima cattedra di insegnamento di mandolino presso il Conservatorio Pollini di Padova. Per la sua brillante carriera gli venne conferita la medaglia d’oro a nome della Presidenza della Repubblica Italiana. Piazzetta Billy Sechi Ubicazione: fronte via La Palma Circoscrizione: N. 5 Un artista di grande talento, attivissimo nel panorama musicale isolano, fu anche Billy Sechi (1959 - 2005), batterista jazz scomparso prematuramente a causa di una malattia incurabile. Suonò con una grande quantità di formazioni, con artisti italiani e americani di calibro internazionale. Compose la musica del film “Pesi leggeri” del regista cagliaritano Enrico Pau e partecipò con i suoi tamburi alla riduzione teatrale musicata dell’opera “Sos sinnos” di Michelangelo Pira. Grazie alla sua profonda esperienza musicale riuscì a fondere in un linguaggio personale il drumming moderno e la tra-

“Un’opera intensa, spirituale, assorta e solenne. Nessun pittore, neanche Caravaggio, ha dipinto l’ombra come Cugusi”. Così Vittorio Sgarbi commentava i quadri di Brancaleone Cugusi di Romana (1903 - 1942), un pittore sardo fino a pochi anni fa praticamente sconosciuto. Autodidatta, fin da ragazzo Brancaleone mostra un innato talento per il disegno. Abbandonata l’università per dedicarsi alla pittura, si trasferisce a Milano e poi a Roma. Grazie alla sua affettuosa amicizia con Nella Zoja, critico d’arte del “Corriere della Sera”, sarà possibile conservare molte sue opere di questo fortunato periodo. Muore a Milano a soli 39 anni, pochi giorni prima di quella sua mostra personale che aveva sempre sognato di realizzare. Dopo sessant’anni, e grazie alla sua riscoperta da parte di Sgarbi, anche il Comune di Cagliari gli ha riconosciuto il dovuto prestigio, intitolandogli una via. Via Guido Cavallo Ubicazione: viale Monastir, via Giotto Circoscrizione: N. 3 La vita di Guido Cavallo (1911 - 1992), al contrario, fu lunga e piena di soddisfazioni. Dopo aver imparato tutte le tecniche legate alla pittura, all’incisione e alla scultura alla scuola di maestri quali Francesco Ciusa, Rossino, Stanis Dessì e Felice Melis Marini, si diplomò al liceo artistico di Brera a Milano. Per 38 anni insegnò disegno e storia dell’arte nelle scuole superiori, e fu insignito di numerosissimi premi, riscuotendo consensi dalla critica nazionale e internazionale. Maestro di numerosi pittori attualmente ai vertici dell’arte in Sardegna, fu portavoce di nuovi linguaggi nella pittura del novecento. I SACERDOTI: ALDO MATZEU E ANTONIO SPANEDDA Le vite dei sacerdoti sono per defini-


S trada facendo zione votate al sacrificio e dedicate agli altri. Ma ci sono degli uomini, dei religiosi, che si distinguono per la loro instancabile opera di dedizione. Due sacerdoti cagliaritani negli ultimi anni sono stati riconosciuti degni dell’intitolazione di una via, per il bene che hanno portato alla città e ai suoi abitanti. Via Don Aldo Matzeu Ubicazione: via Volta, via Gioia Circoscrizione: N. 4 Don Aldo Matzeu (1920-1995) fu ordinato sacerdote l’11 giugno del 1944, e nominato vice parroco presso la cattedrale di Cagliari. Successivamente fu destinato alla parrocchia di San Biagio a Dolianova, e dal 1967 sino al 1990 fu parroco fondatore della parrocchia di S.M. del Suffragio, nel popolare quartiere C.E.P. di Cagliari. In questo ruolo si distinse per il suo grande dinamismo verso i giovani e gli anziani: fondò il “Teatro delle mani” e incentivò l’attività sportiva, in particolare la pallacanestro, sua grande passione, portando la squadra femminile locale a vari successi in campo nazionale. Via Antonio Spanedda Ubicazione: via Pacioli strada chiusa Circoscrizione: N. 4 Particolare è la storia di Antonio Spanedda (1907-1998): una vita, la sua, dedicata al bene del prossimo, prima attraverso la professione di medico e ricercatore, e in seguito, in tarda età, con il ruolo di sacerdote. Rimasto orfano di padre a soli cinque anni, da Pinerolo (TO) ritornò con la madre a Cagliari, sua città d’origine. Conseguita la laurea in medicina, il prof. Giuseppe Brotzu gli propose un posto di assistente all’Istituto di Igiene e Batteriologia. Cominciava così un sodalizio scientifico che collocò l’Università di Cagliari ai vertici della ricerca medica. Nel 1940, rinunciando alla dispensa, venne chiamato alle armi e prestò la propria opera prima in navi ospedale e poi a Cagliari all’ospedale della Marina. Il suo comportamento durante i bombardamenti di Cagliari gli valse due Croci di Guerra. Terminata la guerra riprese la sua instancabile attività di docente e di ricercatore medico-scientifico, accompagnata da pubblicazioni edite in tutto il mondo. Nel 1979 viene ordinato sacerdote e a questa attività egli dedicherà tutto il resto della sua vita. I MILITARI, GLI EROI… Piazza Piero Dessì Ubicazione: via Astrolabio, via Scirocco, via S’Arrulloni Circoscrizione: N. 5 Il 9 novembre 1971, nello specchio di mare antistante Livorno, accadde una delle più gravi sciagure aeree mai avvenute in Italia. Un C130 della RAF, partito con altri nove aerei militari dall’aeroporto di Pisa San Giusto per raggiungere la zona di lancio di Villacidro per un’eser-

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Vivere la città

S trada facendo

citazione congiunta, si inabissò nelle acque delle secche della Meloria: morirono sei aviatori britannici e 46 paracadutisti della Folgore. Piero Dessì, militare di leva paracadutista, appena ventenne, era fra loro, e con lui altri due giovani sardi. Nella tragedia perse la vita anche il Sergente Maggiore Giannino Caria di Macomer, decorato con Medaglia d’Oro al Valor Civile per aver donato la vita nei suoi prolungati tentativi di recuperare le salme.

veniva dall’Accademia Militare di Modena. Morì a 22 anni nella battaglia di Tobruk, in Libia. Per il suo eroismo venne proposto per una decorazione, ma la morte in combattimento del suo comandante non consentì la realizzazione di questa richiesta. I suoi resti si trovano a Cagliari, nella cripta del sacrario militare di San Michele.

Piazza Giovanni Garau Ubicazione: via Baccelli, via Darwin, via Freud Circoscrizione: N. 5

Numerose furono invece le onorificenze di cui si poté fregiare il Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Pizzorno (1891-1980), tra le quali: Cavaliere di Gran Croce, Legione d’Onore francese, Grande Ufficiale d’Italia, cinque Medaglie d’Argento e cinque Medaglie di Bronzo. Nel corso della sua brillante carriera nell’Esercito Italiano ha ricoperto vari incarichi, tra cui quello di Capo di Stato Maggiore, comandante della Brigata Sassari, comandante dell’Accademia Militare di Modena, presidente nazionale dell’Unuci. Ha partecipato a numerose battaglie della prima e seconda guerra mondiale, durante una delle quali è stato fatto prigioniero dagli inglesi, ricevendo comunque l’onore delle armi.

Morì giovanissimo anche Giovanni Garau (1917-1941). Dopo aver frequentato l’Accademia di Livorno, dove si fece apprezzare per la serietà negli studi, il coraggio e l’altruismo, venne nominato Guardiamarina, Sottotenente di Vascello e Tenente di Vascello, e partecipò a numerose azioni militari durante le quali si distinse per il coraggio e lo sprezzo del pericolo. A soli 24 anni la sua vita fu stroncata in un cruento combattimento navale, nel corso del quale, con gesto eroico, abbandonò la scialuppa di salvataggio per far posto ai feriti, scomparendo poi tra le gelide acque del Mediterraneo centrale. Gli sono state conferite la Medaglia di Bronzo al Valor Militare e la Medaglia d’Oro alla memoria. Piazza Fratelli Pisu Ubicazione: via del Tricolore via Genieri - via Fosse Ardeatine Municipio: Pirri L’esempio più commovente di eroismo si può scoprire ricordando le gesta dei Fratelli Pisu. Nella famiglia Pisu nacquero tre fratelli, tutti e tre eroi che, giovanissimi, donarono la vita alla Patria. Bruno 1° (1897-1918), Tenente dei Carabinieri, morì in occasione del siluramento della nave Tripoli avvenuto nelle acque di Golfo Aranci. Si sacrificò per far posto sulle scialuppe a donne e bambini. Nel cimitero di Bonaria è visibile una lapide in suo ricordo. Francesco (1911-1937), Tenente di fanteria e Medaglia d’Argento alla memoria, morì nella guerra di Spagna. E’ sepolto nel cimitero di Guadalajara insieme ad altri 39 ufficiali italiani fatti prigionieri e poi trucidati. Come i suoi fratelli, anche Bruno 2° (1920-1942), ufficiale carrista, pro-

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Piazza Giuseppe Pizzorno Ubicazione: via Montemixi Circoscrizione: N. 5

FRANCESCO COCO, ALDO SCARDELLA E PIETRINO MOI Via Francesco Coco Ubicazione: via Abba Circoscrizione: N. 1 Procuratore Capo della Repubblica del Tribunale di Genova, il giudice Francesco Coco (1908-1976) fu un uomo dello Stato schierato in prima linea nella lotta al terrorismo. Venne assassinato a colpi di rivoltella dalle Brigate Rosse, insieme ai due agenti della scorta Giovanni Saponara e Antioco Deiana. Sostituto Procuratore Generale dal 1952 al 1955, poi Procuratore Generale della Corte d’Appello di Cagliari prima di trasferirsi a Genova, il suo nome nell’Isola viene ricordato, oltre che per l’attività di accusa in numerosi processi legati a sequestri di persona, anche per le indagini e il successivo processo per l’uccisione della beata Antonia Mesina. A Genova legò il suo nome alla gestione del sequestro del collega Mario Sossi, rapito dalle BR. Durante il sequestro del giudice Sossi, la Corte d’Assise d’Appello di Genova concesse la libertà ad alcuni detenuti, subor-

dinandone la scarcerazione alla condizione di effettiva integrità fisica del magistrato. All’atto della liberazione dell’ostaggio si constatò che al magistrato erano invece state inflitte varie lesioni, tra cui la frattura di una costola. Il giudice Coco impugnò di conseguenza in Cassazione l’ordinanza di scarcerazione, ottenendone l’annullamento ma firmando, purtroppo, la sua condanna a morte. Poche ore dopo, alcuni militanti delle Brigate Rosse sottoposti a processo (fra cui Renato Curcio), rivendicarono l’omicidio del Procuratore Generale, che lasciava moglie e tre figli. Piazza Aldo Scardella Ubicazione: Parco Giovanni Paolo II Circoscrizione: N. 4 Il 23 dicembre 1985 tre banditi, armati e coperti da un passamontagna, fecero irruzione nel market di Giovanni Battista Pinna, in via dei Donoratico a Cagliari. Il commerciante tentò una reazione, e i rapinatori spararono, uccidendolo. Pochi giorni dopo, sulla base di sospetti infondati, fu arrestato lo studente universitario cagliaritano Aldo Scardella (1961-1986), che venne messo in isolamento prima di essere processato. Sei mesi dopo, il 2 luglio 1986, Aldo fu trovato impiccato nella sua cella del carcere di Buoncammino, in circostanze ancora misteriose. Aveva solo 24 anni e si era sempre proclamato innocente. Fu un clamoroso errore giudiziario, dato che soltanto nel 1996 altre persone furono condannate dalla Corte d’Assise per quell’omicidio. Via Pietrino Moi Ubicazione: via Sanfelice, via Schiaffino Municipio: Pirri Pietrino Moi (1915-1976), figura di spicco della comunità pirrese, è stato fra i primi iscritti all’Avis. Di lui si ricordano ben 367 donazioni registrate, pari a circa 160 litri di sangue donato. Commendatore, Cavaliere e Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, costituisce un luminoso esempio di altruismo e di alto senso del dovere civico per un’attività svolta in un periodo storico nel quale donare il sangue ancora costituiva un atto pionieristico e quasi eroico, anche in considerazione delle modalità con le quali venivano all’epoca eseguite le pratiche di trasfusione.


Jared C. Benedict

TALENTI CAGLIARITANI: SIMONE DELIPERI

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entro la Cattedrale di odontoiatria a Boston sua terra ha deciso da qualche anno di ritornare in Sardegna e cercare di proseguire il suo importante lavoro nelle grosse difficoltà dell’ambito isolano. Una scelta coraggiosa, ma veramente lodevole e degna di ammirazione, il richiamo della sua isola è stato così forte da rimettere in discussione tutta la carriera e gli importanti traguardi ottenuti negli Stati Uniti, dove ormai aveva davanti a se un percorso spianato e brillante. Al contrario di come si poteva temere, fortunatamente la grande fama di Simone non è passata inosservata e a distanza di poco tempo si può dire che abbia già vinto la sua scommessa. Una volta tornato dagli USA, ha sviluppato protocolli clinici volti, ove possibile, a preservare la struttura dentaria sana residua con l’obiettivo di evitare la devitalizzazione e/o l’incapsulamento dei denti e ridurre i costi per il paziente. Ha quindi presentato i suoi protocolli ed i suoi lavori presso i più prestigiosi convegni europei ed americani ottenendo importanti riconoscimenti per le tecniche innovative messe a disposizione della comunità scientifica internazionale. La sua prossima sfida è quella di istituire il suo primo corso annuale d’insegnamento in Estetica Dentale a Cagliari con l’obiettivo di diffondere e condividere tali protocolli innovativi.

In queste settimane, dottor Deliperi è stato contattato dall’ANDI, l’associazione nazionale dentisti italiani, che lo ha voluto inserire tra i principali relatori nazionali, si prospetta quindi per lui un futuro raggiante anche nel panorama dentistico italiano.

Jared C. Benedict

agliaritano doc, Simone Deliperi, a soli 36 anni porta già alto il nome della Sardegna nel campo dell’odontoiatria internazionale. Laureato in Odontoiatria nella facoltà di Cagliari a soli 24 anni, Simone, dopo soli due anni ha vinto l’importante concorso di ricerca dell’American Academy of Cosmetic Dentistry, Accademia Americana di Odontoiatria Cosmetica, specializzandosi poi in estetica dentale presso la Tufts University a Boston, negli Stati Uniti. Quivi è nominato docente nel 2001 e tuttora ricopre l’incarico di “Adjunct Assistant Professor”. Ed è proprio negli USA che il giovane dentista ha avuto modo di entrare in contatto con un ambiente molto all’avanguardia nel settore, diventando nel giro di poco tempo membro dell’IADR, l’associazione internazionale di ricerca odontoiatrica, dove ha ripetutamente ricoperto l’incarico di co-presidente di sessione, avendo inoltre modo di presentarvi diversi lavori di ricerca. Autore di numerose pubblicazioni, il cagliaritano, è divenuto famoso in tutto il mondo tanto che i suoi articoli sono stati tradotti in diverse lingue, tra le quali lo spagnolo, il russo e il portoghese. L’affermato professionista ha voluto fare una scommessa: innamorato della

di Valentina Caruso

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on è semplice, a dieci anni dalla sua scomparsa, tracciare un profilo biografico di Achille Sirchia, un uomo che ha legato la sua laboriosa esistenza alle vicende dello sviluppo industriale e portuale dell’area cagliaritana nella seconda metà del Novecento. Un’intensa attività che ha avuto come scenario privilegiato la laguna di Santa Gilla, un vasto compendio posto a occidente della città, che riveste un notevole interesse sia dal punto di vista naturalistico che avuto riguardo alle vicende economiche e storiche che hanno interessato la nostra città soprattutto a partire dagli ultimi tre decenni dell’Ottocento. Secondo la classificazione dei geografi, Santa Gilla - essendo collegata al mare - è una “laguna”, anche se la denominazione popolare è sempre stata quella di “stagno” (su stani): e ciò, forse, con riferimento allo stato calmo delle acque che in latino si indica col termine stagnum. L’importanza del sito si ricollega soprattutto alla presenza di un ecosistema, ricco di avifauna, protetto attraverso le clausole contenute nella convenzione internazionale firmata a Ramsar nel 1971. Ma questa imponente laguna non è soltanto una nota dominante del paesaggio urbano cagliaritano. Costituisce infatti anche una componente essenziale della sua storia millenaria. Sulle sue rive hanno vissuto punici e romani e la città

medioevale si è sviluppata libera e sicura. Sin dalla remota antichità la laguna è stata il terminal di una grande via d’acqua, un approdo e un imbarco di uomini e di merci, un luogo di traffici e di contese che ha inserito Cagliari nella più vasta vicenda del mondo. Nel compendio lagunare di Santa Gilla terra e acque si fronteggiano in un delicato equilibrio tra emerso e sommerso. Si é in presenza di un luogo dove il vento, le mareggiate e le alluvioni possono mettere nel nulla l’opera paziente dell’uomo modificando i territori e i loro confini. Vien da pensare - davanti alla maestà di questa grande laguna, alla sua perennità ed indifferenza di fronte agli eventi di storia, all’avvicendarsi delle generazioni, al sorgere ed al perire delle fortune - che il termine vero di tutto debba essere un silenzio senza memoria, una natura senza storia. Eppure proprio qui, tra le melme e i detriti alluvionali fangosi, potrebbero essere sepolti resti significativi dell’antica città di Santa Igia che costituiva la capitale del Giudicato di Cagliari: un importante tassello della nostra storia e memoria collettiva. Che sulle sponde della laguna abbia fiorito la lunga stagione punica è cosa nota. I segni della vita e della morte punica sono affiorati da tempo. Nella zona di Campo Scipione, presso la riva orientale, era ubicato il porto.

In località San Paolo, sempre intorno all’area orientale della laguna, furono ritrovate numerose urne cirenarie, sistemate per file parallele a un metro di distanza l’una dall’altra, accompagnate da stele. La particolare disposizione delle urne e la circostanza che ad esse si accoppiassero delle stele, ha fatto ritenere che quello fosse il tophet, vale a dire il luogo ove avveniva il sacrificio umano necessario per propiziare il bene della città. Secondo la tradizione le vittime (fanciulli di stirpe nobile) venivano uccise e cremate e le loro ceneri custodite in urne presso cui veniva posta una stele. Della Cagliari giudicale non è rimasto nulla, assolutamente nulla, salvo la chiesa di San Pietro, di origini vittorine, ubicata ai margini del viale Trieste, vecchia di quasi mille anni, e forse qualche rudere a Sa Illetta e pochi resti di mura nella zona di Campo Scipione, sotto il cavalcavia della linea ferroviaria. Con la caduta e la distruzione del borgo fortificato di Santa Igia, avvenuta nel 1257, le rive di Santa Gilla tornarono deserte come nei giorni più remoti e le erbe lacustri ricoprirono le sponde ridiventate acquitrini e pantani; l’interminabile flagello della malaria gravò come una maledizione biblica. Nella laguna restarono solo i pescatori, in lotta con la malaria, con i pesanti gravami feudali imposti dalla Corona sul pescato (la c.d. “quarta re-


Enrico Locci Maurizio Artizzu

gia”) sin dai tempi di Pietro IV d’Aragona, con le piene dei fiumi (il Mannu e il Cixerri) non ancora canalizzati, con la furia del mare che spesso rompeva gli argini, distruggeva le peschiere e trascinava i ponti. Tutto ciò a causa dell’estrema fragilità del cordone litoraneo della Scaffa di fronte alla traversia dei venti e delle onde. Con la realizzazione del porto industriale, la zona lagunare di Santa Gilla - uno dei compendi più autentici e suggestivi del paesaggio cagliaritano - ha cambiato aspetto ed in parte funzione. Intendiamoci più di una volta, nel passato, la laguna aveva mutato la sua fisionomia: come abbiamo visto, da porto di traffici in epoca punica e romano-repubblicana, le sue sponde divennero, nel Medioevo, la sede della capitale giudicale. Ma soprattutto Santa Gilla ha conosciuto un passato fatto di pesca e di saline e poi anche di industrie: funzione questa che avrebbe dovuto trovare sviluppo con l’entrata in funzione del moderno terminal container. Ora, non vi é dubbio che Achille Sirchia della storia del porto industriale di Cagliari e dello sviluppo economico della città più in generale é stato un attore non secondario e, al tempo stesso, un narratore lucido e preciso (si veda il saggio “Progetti e speranze per l’Autonomia”) che ha messo a disposizione della nostra comunità la sua intelligenza e la sua

sensibilità civile. Achille Sirchia era nato a Cagliari il 5 febbraio del 1934. Dopo essersi laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza della locale Università, aveva conseguito l’abilitazione alla professione forense. Peraltro, all’attività di procuratore legale, preferì la carriera nella Pubblica Amministrazione. Dopo un master nella scuola d’economia guidata da Pasquale Saraceno e Ferdinando Ventriglia, entrò giovanissimo nell’organico della Camera di Commercio di Cagliari ricoprendo il ruolo di capo dell’Ufficio Studi. In quegli anni iniziò anche la collaborazione a giornali e riviste specializzate sui problemi dell’economia e dello sviluppo e, nel 1966, venne iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Studioso di storia economica (sarda in particolare), si occupò a lungo del problema dell’industrializzazione dell’area cagliaritana con particolare attenzione alla portualità. E’ stato lo storico direttore del CASIC per trent’anni, dal 1966 al 1 agosto 1996, quando é andato in pensione. Socio del Rotary, ha impostato la sua vita con grande rigore e spirito di servizio. Ci ha lasciato il 9 febbraio del 2000. In un articolo pubblicato sull’Almanacco di Cagliari di quest’anno, Paolo Fadda ha evidenziato che “al suo operare, fattivo ed intelligente quanto discreto e modesto, é legata in larga misura l’evoluzione industriale e por-

tuale concretizzatasi in città negli ultimi quattro decenni del secolo scorso”. E poi aggiunge: era un uomo “del fare” più che “del dire”, dei fatti più che dei proponimenti. Un uomo - dico io - che sentiva, in modo naturale, un alto senso del dovere, che credeva davvero nella modernizzazione della città e del suo tessuto produttivo, nella necessità di superare (attraverso le industrie e le grandi opportunità offerte dal mare) l’isolamento economico e l’arretratezza della Sardegna. Di lui mi piace ricordare non solo la grande professionalità - e non aggiungo altro perché al riguardo non avrei certo titolo per giudicare - ma anche la profonda cultura e le non comuni doti umane (l’amore per la famiglia, l’onestà innata, lo spirito di servizio: insomma l’essere, prima di tutto, un galantuomo). Mi piace anche ricordare il suo libro “I ponti raccontano” - scritto insieme a Stefano Lucchese - presentato agli “Amici del Libro” nel dicembre del 1999, poco prima della sua morte. Un’opera di estremo interesse per la ricostruzione delle vicende che hanno interessato la laguna di Santa Gilla nel corso dei secoli e che ancora oggi ne condizionano lo sviluppo.


SOCIETÀ OGGI: I DISTURBI DELLA PSICHE COLPISCONO SEMPRE PIÙ PERSONE. SOPRATTUTTO I GIOVANI

Ansia E ATTA S

i è recentemente svolto un convegno sul tema dei disturbi da attacchi di panico organizzato da “GabbiaNo”, un’associazione Onlus. L’iniziativa, unica nel suo genere per il carattere divulgativo, ha ricevuto un generale consenso confermato da un’intensa partecipazione di pubblico. Le motivazioni di tale interesse sono legate alla dimensione del disturbo, sempre più diffuso e frequente specialmente fra i giovani. Il convegno, pur rivolgendosi ad un pubblico non esclusivamente addetto ai lavori, ha messo a fuoco tutti gli aspetti riguardanti le cause, la sintomatologia e la

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il Cagliaritano

di Simone Ariu

terapia, senza per questo perdere il suo rigore scientifico. Inoltre ha avuto il merito di mettere a confronto, in un rapporto dialettico costruttivo, due strategie terapeutiche: la psicoterapia e la farmacoterapia, storicamente contrapposte su posizioni inconciliabili che hanno prodotto grande confusione e incertezza nella opinione pubblica e soprattutto nei pazienti. Il dibattito, considerato l’elevato valore intellettuale dei relatori, ha ridato fiducia a tutti quei cittadini disorientati. L’associazione “GabbiaNo” è nata da un’esperienza personale del presidente Delio Spada che, giovane studente

universitario, fu assalito dal disturbo di panico. Fu una esperienza così devastante che modificò il corso della sua vita, così che dopo aver cambiato indirizzo di studi, dopo essersi laureato in medicina e specializzato in psichiatria, pensò di mettere insieme la sua storia personale e la sua competenza professionale per dare vita ad un’iniziativa che potesse in qualche modo essere utile anche ad altre persone. Ma perché è stato dato il nome “GabbiaNo” ad un’associazione che si occupa di attacchi di panico? Gli attacchi di panico nascono dalla mancanza di libertà, cioè dalla sen-


l’una o c’e l’altra. Ciò sta ad indicare che la causa della paura è l’assenza di libertà. È importante capire questo perché solo così si può ricercare la “via di fuga” da tutte quelle situazioni che limitano la nostra autonomia fisica, sociale, culturale e psicologica. Sotto questo aspetto si tratta di un titolo che ha una funzione terapeutica. Le situazioni in cui si possono manifestare gli attacchi di panico sono numerose, anzi illimitate. Qualunque situazione può provocare il panico, ma tutte sono legate da un comune denominatore: la sensazione di sentirsi in gabbia. Paradossalmente anche la situazione più gradevole può nascondere una qualunque percezione spiacevole tale da innescare, come una scintilla in una polveriera, un attacco di panico. Ad amplificare tale reazione d’allarme intervengono modelli educativi caratterizzati dalla costruzione di un’immagine di sé fragile e vulnerabile e al contempo un’immagine del mondo circostante eccessivamente aggressivo e violento così che qualunque situazione - anche banale - può apparire pericolosa per la propria incolumità fisica, sociale o emotiva. Per capire il meccanismo di evoluzione del processo emotivo è importante sapere che qualunque forma di paura, anche la più piccola, si associa sempre a delle manifestazioni per così dire fisiche quali tachicardia, tensione

ACCHI DI PANICO sazione di sentirsi in gabbia. Il nome “GabbiaNo” dato all’associazione, visto da questa prospettiva, non è un nome dato a caso. Il gabbiano è un uccello che nell’immaginario collettivo evoca un senso di libertà, rafforzato dalla doppia lettura ottenuta dalla scissione virtuale della parola “gabbiano” in “gabbia-no” che significa appunto “rifiuto della gabbia”; qualunque tipo di gabbia: fisica, culturale, sociale, emotiva. Così che gabbiano = gabbia no. Questo spiega anche il titolo “Paura o libertà” dato al convegno. La libertà, infatti, neutralizza la paura. Pertanto la paura è alternativa alla libertà; o c’è

muscolare, iperventilazione e tante altre che, sebbene abbiano il significato naturale di preparare l’individuo alla fuga o alla lotta, vengono interpretate erroneamente come indicatore di qualche anomalia di se stessi. Tale convinzione non fa altro che alimentare l’iniziale paura, la quale provoca un ulteriore incremento, per intensità e numero, delle prime manifestazioni fisiche, dando origine ad un’escalation della paura stessa sino a raggiungere velocemente l’intensità del panico, con l’intero corredo sintomatologico. La situazione vissuta dal soggetto è tale da apparire assimilabile all’idea di “gabbia”, metafora utiliz-

zata per indicare quella situazione tipica della preda rispetto al predatore, quando le viene impedita qualunque via di fuga. La “gabbia” pertanto rappresenta tutto ciò che non accettiamo, che non ci piace, che rifiutiamo, che viviamo come imposto. La “gabbia” diventa una “costrizione” che limita le nostre aspettative, i nostri desideri, le nostre aspirazioni, la nostra volontà. La gabbia diventa un’“imposizione” che impedisce di fare ciò che vogliamo o ci costringe a fare ciò che non vogliamo. In sostanza la gabbia è tutto ciò che limita la nostra libertà. Col tempo le forme di gabbia più ancestrali si sono intellettualizzate e ad esse si sono aggiunti tanti tipi di gabbia, culturale, sociale, emotiva, psicologica. Attualmente le gabbie della società contemporanea sono le tante regole, leggi, norme, regolamenti, luoghi comuni, consuetudini, convenzioni e mode che aumentano sempre più di numero. Sono spesso inutili o non comprensibili oppure non sono condivise. Solo attraverso l‘aumento delle gabbie sociali si spiega l’incidenza del disturbo di panico nei Paesi più industrializzati.

Le strategie messe in campo dall’Associazione “GabbiaNo” sono diverse: si passa dalla corretta informazione sulle caratteristiche del disturbo alla lotta al pregiudizio sociale, al confronto tra i soci sulle esperienze sintomatologiche. È per tutti di grande sollievo poter dichiarare apertamente la loro sofferenza senza la paura di essere giudicati. Sensibilizzare l’opinione pubblica al problema erroneamente visto come una condanna e una mancanza di volontà. L’associazione “GabbiaNo” ha indetto una “giornata contro il panico e l’ansia” che ha fissato per il 20 maggio di ogni anno. È una giornata che invita tutti indistintamente alla discussione e alla riflessione su una società che ci spinge verso obiettivi sempre più impegnativi e grandi gabbie moderne che diventano fonte di ansie e sofferenza. www.associazionegabbiano.com


LunedĂŹ mattina

Un salto in palestra Riunione

In Sardegna vivi di piĂš.


Mensa di mezzogiorno

Ora di punta

Spettacolo di prima serata

w w w. s a rd e g n a t u r i s m o . i t


T a Tuvixeddu

ESTIMONIANZE DI di Donatella Salvi

C

he la necropoli cagliaritana di Tuvixeddu costituisca una delle più vaste aree funerarie puniche del Mediterraneo è stato detto e ribadito da tutti coloro che si sono occupati

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il Cagliaritano

dell’assetto della Cagliari antica. La bianca collina di calcare, con i suoi tagli regolari e profondi ed i fronti delle cave che mostrano in sezione la struttura dei pozzi e delle celle, mettendo a nudo l’intimità dei sepolcri

ricavati sottoterra, costituisce quasi un segno distintivo della città. Ma già nell’Ottocento Francesca Elena, archeologo per passione, dedicò alla necropoli intense frasi di apprezzamento ma anche di apprensione, qua-


DENTRO IL CUORE DELLA CITTÀ

I VITA si profetica, per la sua conservazione futura. La città, che per molto tempo aveva considerato quel colle esterno al tessuto urbano e comodo approvvigionamento di pietra da costruzione e da calce, lo ha col tempo accerchiato anche se, paradossalmente, le cave, che delle tombe hanno fatto scempio, hanno in parte impedito, per molti anni, che si pensasse a Tuvixeddu come ad un’area edificabile. La monumentalità dell’insieme, eccezional-

mente chiara agli occhi dell’Elena, non è stato però, nel tempo, un valore tutelato: le cave hanno cancellato gran parte del Predio Ibba, scavato nel 1908 dal Taramelli, e le case popolari si sono sovrapposte, dopo lo scavo archeologico, alle tombe a pozzo indagate presso via Montello negli anni Quaranta. Altri spazi, salvaguardati con provvedimenti di tutela, hanno in passato incontrato non poche difficoltà finchè l’archeologia e la conoscenza del passato sono state considerate non patrimonio di tutti, ma ristretto ambito degli addetti ai lavori. Eppure, nonostante tutto, Tuvixeddu conserva e tenta di recuperare,dopo tanto degrado, le ampie superfici destinate nell’antichità al silenzio della morte. Ed ancora stupisce la potenzialità di informazione che il luogo conserva, talvolta sotto cumuli di immondizie, quando l’indagine archeologica affronta i pendii della collina dove nulla sembrava presente o conservato. Quasi duecento sepolture, praticamente intatte, sono state scientificamente scavate negli ultimi anni e non erano soltanto tombe a pozzo: a queste, non particolarmente numerose a valle, dove la roccia si alterna a strati di terra e di argilla e non si presta al taglio, si erano sovrapposte con il passare del tempo più semplici sepolture a fossa e in anfora, tombe a cremazione ed urne con resti di incinerati. “Tomba su tomba”, fu il titolo dato alla mostra allestita di qualche anno fa, rispecchia pienamente, e intenzionalmente, la continuità di utilizzo dell’area ed il rispetto che nel tempo fu riservato alle sepolture più antiche. Corredi composti di stoviglie comuni o d’importazione in varia combinazione e sistemazione intorno al corpo accompagnavano i defunti secondo il rituale di volta in volta adottato, fornendo, all’interpretazione archeologica, la possibilità di situare nel tempo le sovrapposizioni. Da queste analisi nasce la possibilità di comprendere come l’adozione di particolari rituali corrisponda non a casualità fra loro contemporanee, ma a scelte dettate da convinzioni religiose e quindi dalla formazione culturale ed etnica degli abitanti della città. Si coglie bene, ad esempio, come nell’ambito dell’età punica il rituale della sepoltura in fossa,

con il corpo circondato di pietre, subentri a quello delle tombe a pozzo e soprattutto si percepisce come l’arrivo di popolazione latine sia segnato nella necropoli dall’introduzione di un nuovo modello di sepoltura, quello che prevede la deposizione del corpo su un letto di tronchi – e in un caso di pigne, - che vengono bruciati quando la tomba è già coperta di terra e pietrame, senza che i resti vengano successivamente rimossi. E’ più tardo, e tende a generalizzarsi col tempo, l’impiego degli strina, cioè dei luoghi, presumibilmente pubblici, nei quali si procedeva al rogo del defunto raccogliendone poi le ceneri nelle urne. Distinzioni di carattere sociale si evidenziano allora fra le urne semplicemente deposte nel terreno, praticando una piccola fossa, e le urne che dovevano trovare posto nelle nicchie aperte lungo le pareti delle tombe a camera, come nel caso della tomba di Attilia Pomptilla, meglio noto come Grotta della vipera, o come nel caso della tomba di Rubellio, nelle quali lo spazio fisico, il decoro architettonico e la parola scritta restituiscono, col nome, personalità ai defunti. E’ evidente così che tutte le testimonianze legate alla morte diventano testimonianza di vita, di persone che, provenendo da realtà diverse, hanno fatto di Cagliari il luogo dove svolgere commerci ed attività, dove hanno costruito case e templi e che diventano oggi protagoniste di nuove proposte per ricostruire tasselli sconosciuti di storia.


La drammatica DOVE VA IL SISTEMA PRODUTTIVO IN SARDEGNA

di Giovanni Matta*

N

onostante l’annunciata ripresina che coinvolge alcuni settori ed alcune aree del Paese, in Sardegna i morsi della crisi sono sempre più violenti. Anzi, dai dati forniti dai diversi istituti - Istat, ma anche dall’Inps e dalla Direzione regionale del lavoro - appare evidente che nella nostra regione la stasi del sistema produttivo non accenna in alcun modo a invertire la tendenza. Il valore aggiunto prodotto ha toccato il minimo storico negli ultimi 10 anni con un saldo negativo di -8%. Il tasso di disoccupazione risulta essere quasi il doppio di quello nazionale 13,3% contro l’8,3%, ed ai 94.000 senza lavoro si sommano altri 80.000 che ormai hanno rinunciato a cercare un’occupazione. Il tasso di occupazione nella fascia di età 15/64 anni è del 53% con-

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il Cagliaritano

tro il 57,2% nazionale. Il tasso di attività e del 61%, contro il 62,5% nazionale. A ciò si somma un esercito di lavoratori in CIG ordinaria e straordinaria e in deroga. A settembre erano già 20 milioni le ore di Cig autorizzate dall’inizio dell’anno e il dato non pare accenni a diminuire. A tutt’oggi sono circa 700 le aziende che hanno chiesto di accedere alla Cig in deroga per un totale di 13.000 lavoratori circa. L’aspetto più angosciante comunque attiene alla prospettiva. Nonostante le reiterate sollecitazioni, gli impegni assunti anche per iscritto (l’accordo del 4 giugno Regione/Sindacati è ancora da attuare), nessun atto significativo è stato sinora adottato per governare tale emergenze. L’agenzia per il reimpiego e lo scauting d’impresa è in divenire,


come pure mancano gli strumenti di rilancio industriale per creare nuova impresa. Il 30 dicembre prossimo scade il provvedimento di Cig in deroga con le incognite che tale scadenza si porta appresso e con una prospettiva decisamente delicata per le nostre maestranze. Per questo la Cisl regionale propone subito un tavolo negoziale che indichi come affrontare la prossima emergenza e che dica come e quando i lavoratori usciti dal processo produttivo possano rientrare. Per il sindacato la preoccupazione è che questi non rientrino affatto al lavoro. Urge quindi ricontrattare con il Governo un nuovo ciclo di ammortizzatori sociali e, soprattutto, occorre rimboccarsi le maniche perché a queste persone, alcune in Cig da 5/6 anni, venga garantita una nuova opportunità di lavoro. Del resto, se il pacchetto normativo che

regola la Cig in deroga dovesse restare invariato, il 50 % dei lavoratori accederebbe ad un sussidio mensile che non raggiunge i 500 euro mensili, assolutamente insufficienti a garantire il sostentamento dei lavoratori e delle rispettive famiglie. Peraltro la permanenza in un simile stato pone problemi individuali e sociali delicatissimi. Per questo occorre por mano subito all’agenzia che gestisca il reimpiego ma, soprattutto, occorre invertire il quadro di tendenza dell’economia regionale. Urge un nuovo piano di sviluppo che supporti il bisogno di crescita economica e occupazionale della comunità sarda. Nuove infrastrutture e nuove intraprese paiono essere gli elementi necessari per favorire la rinascita dell’Isola. Occorre passare dalle parole ai fatti ed occorre farlo subito prima che la situazione precipiti ulteriormente. *Giovanni Matta Segretario Regionale CISL

a emergenza del lavoro

il Cagliaritano

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Quelli c G

li anni passano, le mode cambiano, ma certe tradizioni restano. E questo, a Cagliari, è vero più che mai. Negli ultimi cinquant’anni la globalizzazione, il diffondersi dei grandi marchi, del franchising ha indubbiamente portato al declino di antichi mestieri che prima erano affidati alle mani di esperti artigiani che di generazione in generazione si tramandavano un’antica arte. Avevano il loro piccolo laboratorio, i loro clienti affezionati nel quartiere e questo era sufficiente.Esistono mestieri che, tuttavia, sono la dimostrazione di come l’industrializzazione e le attività delle grandi multinazionali non possano sostituire quelle antiche arti, che possono dare sempre quel qualcosa in più che non è possibile trovare altrove. Ne sono l’esempio i laboratori di calzolai rimasti nel capoluogo. Il Cagliaritano si è interrogato su come questi mestieri siano cambiati, su quale sia la clientela che ancora si rivolge a loro e perché, si è

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il Cagliaritano

domandato se con la crisi e con certe inversioni delle abitudini cui si sta assistendo stia avvenendo anche un ritorno a questi vecchi mestieri. Giuseppe Usai, calzolaio Piazza San Bartolomeo, da più di 40 anni «Posso dire che il nostro è davvero un mestiere intramontabile, in cui non c’è stato mai veramente un momento in cui le persone abbiano smesso di rivolgersi a noi: viene chiunque, da chi possiede un paio di scarpe che costano 15 euro a chi ha quelle da 400. Non posso dire se con la crisi sia aumentato o diminuito il numero di clienti, perché il target di persone è sempre molto vario: c’è chi si riporta via le scarpe se sente che la spesa sarà di 3 o 4 euro, e c’è chi ti chiede di rifargliele completamente nuove, spendendo quello che per un altro è il tanto per un nuovo acquisto. Il solo vero cambiamento di cui ho risentito negli ultimi anni è stato quello della perdita dei lavori delle caserme. Ormai

solo quella di Teulada si rivolge a noi. Prima ogni caserma aveva un calzolaio, un sarto, un barbiere per sé. Ora che se lo devono pagare da soli il lavoro è diminuito. Rispetto al passato poi, un altro cambiamento, è che non facciamo più scarpe su misura. Non conviene né a noi né al cliente. Ogni tanto arriva qualche richiesta ma l’ho fatto solo per le caserme quando capitava che c’erano numeri particolari. Il materiale costa moltissimo, se si aggiungono le ore di lavoro, non converrebbe a nessuno dei due. Tra le cose che sicuramente non si trovano altrove, inoltre, perché ormai non lo sa fare più nessuno, c’è quello di aggiustare le scarpe da calcio – per tanti anni i miei clienti più assidui sono stati i giocatori del Cagliari. Posso dire che sicuramente negli ultimi dieci anni, mano a mano che sono spariti gli altri calzolai e con l’uso di internet per la pubblicità, non ho avvertito un cambiamento che magari ci si aspetterebbe per un mestiere come il nostro».


Enrico Spanu

DENTRO LA CITTÀ: QUELLI CHE NON MUOIONO MAI

i che ti rifanno le scarpe di Claudia Cao

Giorgio Schirru, calzolaio Via Cornalias, dal 1972 «Sicuramente quella del calzolaio è un’attività che in questi anni si è evoluta, perché anche i prodotti che trattiamo nono sono più quelli di una volta. Ci si è adattatati davanti al cambiamento e si è imparato a fare cose che prima non erano necessarie. Ora ci sono scarpe da tingere, si fa il colore, si fa persino lo shampoo alle scarpe. Si utilizzano prodotti nuovi, perché c’è più informazione. Si cerca di scegliere quelli non tossici, e se da un lato c’è stato un progresso, per certi versi si è avvertito anche un regresso: si è perso il valore dei prodotti di prima scelta come il cuoio, la pelle. Ora si utilizzano solo ecopelle, similpelle. Il risparmio è una delle ragioni per cui nessuno chiede più di avere scarpe su misura. Non conviene ai nostri clienti, perché costa fino a 200 euro solo realizzare una tomaia, e noi impiegheremmo fino a quattro giorni di lavoro. Allo stesso tempo, negli ultimi

anni, stiamo registrando un ritorno, ma spetta soprattutto a noi artigiani far capire perché è necessario ritornare a questi metodi tradizionali. Molti calzolai oggi sono i primi che dicono al cliente che non c’è nulla da fare, che tanto vale buttare la scarpa. Chi sa ancora fare bene questo mestiere deve anche saper intervenire e migliorare il prodotto dove è possibile per rendersi indispensabile al proprio cliente». Filippo Vite, calzolaio Via Iglesias, dal 1953 «Ho ereditato l’attività che mio padre aveva iniziato sessant’anni fa e di cambiamenti se ne sono avvertiti tanti. Sicuramente il primo è dato dal fatto che oggi la maggior parte delle scarpe sono di gomma e il lavoro è in parte venuto a mancare perché molti preferiscono la scarpa usa e getta per risparmiare. Dall’altra rimane il fatto che siamo rimasti in pochi a saper fare questo mestiere ed è più semplice che il cliente si rivolga a noi. Certo tra

i cambiamenti c’è anche il fatto che ormai a noi non spetta più il saper fare le scarpe su misura, è da almeno 50 anni che non se ne fanno più, perché i clienti sanno che costerebbe l’ira di Dio. Ora per lo più chi si rivolge a noi sono donne che ci tengono a poter riutilizzare una scarpa ancora nuova, cui basta aggiungere un tacco o una suola. Sono loro a sapere perfettamente che la base dell’eleganza sta proprio nella scarpa e che è diventata la prima cosa da curare. Gli uomini che si rivolgono a noi, al contrario, sono molti meno, non ci tengono quanto loro. In questi anni sicuramente il nostro mestiere è stato un grande aiuto in vista del bisogno di risparmio e il primo obiettivo della riparazione è sempre stato quello di risparmiare. Ma molti oggi in vista di questo stesso obiettivo continuano a preferire la scarpa da pochi mesi e via. Per fortuna non sono tutti così, o il nostro mestiere sarebbe già tramontato».

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I MESTIERI CHE RESISTONO

C’È IL PC MA IL GIORNA

A

lla luce di un cambiamento epocale che numerosi fattori – dal digitale, alla liberalizzazione, alla crisi - stanno portando nel mondo dell’editoria, Il Cagliaritano ha voluto raccogliere le testimonianze degli edicolanti del centro del capoluogo per rispondere con loro a tre interrogativi: come sta cambiando la loro attività, in riferimento al target di riferimento, al tipo di prodotti presenti nelle loro edicole, quali sono i prodotti più venduti o che comunque sembrano resistere a questo travolgimento e quali sono, in base alla loro esperienza, i fattori che più influiscono su questo cambiamento. Roberto Gerina Via Roma fronte Darsena Edicolante da 26 anni «Si è verificato indubbiamente un crollo nella vendita dei giornali e i fattori che influenzano maggiormente sono tre: l’avvento di internet, la legge Bersani, che permette a tabacchini e centri commerciali di vendere il nostro stesso prodotto, e la crisi. Le riviste che si vendono di più sono quelle economiche, di gossip soprattutto. L’arrivo dell’estate influenza ulteriormente questo tipo di vendite. In più direi che la diffusione di molti

settimanali a 0,50 euro ha contribuito al crollo dei prezzi, così come tutta la concorrenza in generale. Basti pensare che ora esistono almeno quattro o cinque giornali su auto e motori, hanno tutti gli stessi contenuti ogni mese, e stanno contribuendo a un livellamento dei prezzi. Il quotidiano continua ad essere in primo piano, ma bisogna aggiungere che anche la diffusione del Giornale di Sardegna ha portato via molti clienti. Si continuano a vendere soprattutto molte cose per bambini perché è per loro che si continua a spendere di più». Antonio Durzu Via Roma davanti Piazza Deffenu Edicolante da 12 anni «A mio avviso a creare maggiore danno sono state le numerose iniziative editoriali azzardate, irrispettose delle altre case editrici, poiché hanno utilizzato l’edicola come trampolino di lancio per poi creare abbonamenti che abbattevano i costi fino al 20%. Il fatto di poter leggere il giornale anche on line sta sicuramente contribuendo al crollo delle vendite. La gente non approfondisce più perché c’è internet e c’è la tv. La carta è sicuramente intramontabile ma ci saranno ancora ulteriori cali e sempre meno

lettori affezionati al cartaceo. Il tipo di clientela non è cambiata, la gente che compra è sempre la stessa, sono i giovani che non si riesce a far affezionare. Il crollo del cartaceo è dato anche dal fatto che i giovani leggano sempre meno». Giuseppe Conti Viale Diaz Parcheggio Ex Cis Edicolante da 40 anni «In questo cambiamento internet ha influito solo in parte. Ormai hanno dato i giornali a tutti con la liberalizzazione. A farsi sentire maggiormente è stata la diminuzione della vendita dei quotidiani e in questo ha influito soprattutto il fattore crisi, perché la gente adesso spende solo se ha soldi “extra”. Intendo dire che non esiste più quella costante vendita giornaliera che esisteva prima, c’è magari il cliente a cui conservo la rivista mensile perché me lo richiede. È anche per questo che ritengo che la causa sia soprattutto la crisi. La gente orami spende solo per i bambini, vendiamo molte bustine di gadget o giocattoli, ed è la stessa agenzia a dircelo. Ma non c’è mai costanza nell’acquisto di uno stesso prodotto, soprattutto riviste. Ormai tutto dipende dal servizio e dall’articolo. A mio avviso restano gli


EDICOLANTI

NALE È UN’ALTRA COSA affezionati del cartaceo e se la gente avesse i soldi continuerebbe a comprare a e leggere il giornale cartaceo, anche perché, a differenza dei ragazzi, chi lavora, e gli adulti in genere, non hanno tempo per stare collegati a internet con il pc. A riprova di questo vi dico che anche chi prima comprava due o tre quotidiani ora ne prende al massimo uno e che a resistere maggiormente è Repubblica che è rimasto al costo di un euro mentre gli altri prezzi sono aumentati» Sandro Desogus Via Roma angolo Via dei Mille Edicolante da 35 anni «La clientela prima era in generale più ampia, tutti prima venivano a comprare mentre ora con internet e con la liberalizzazione tutto sta cambiando. Ciò che ora va di più è il gossip e le riviste femminili sono quelle che vengono lette di più. I giornali maschili sono in calo, le riviste specializzate idem, e in questo caso la causa è soprattutto internet perché le persone quando non sanno qualcosa possono sempre cercarlo lì. Reggono i quotidiani locali, mentre quelli nazionali stanno perdendo quota, perché con la tv digitale che offre un po’ di tutto si sono fatti sentire gli

effetti. A mio avviso oltre internet ha influito anche un cambiamento dello stile di vita, che rispetto a qualche decennio fa ha ridotto al minimo il tempo per leggere, portando una vita sempre più frenetica. Direi che quello che si vende sempre siano giochi per i bambini, album, gadget, e meno male che ci sono loro che sono i nostri maggiori clienti». Rosangela Nurcis Via Roma angolo Via Baille Edicolante da 8 anni «Il fattore numero uno in questo cambiamento rimane la crisi, perché il giornale non è un bene di prima necessità ed è una delle prime spese che si va a eliminare. Certo, ci sono sempre i clienti affezionati, ma è diminuita la vendita di qualsiasi tipo di prodotto, tant’ è che per me è difficile dire cosa si venda di più cosa meno. Si sta arrivando ad un livellamento. Posso dire che sicuramente il quotidiano detiene ancora il primo posto e che non ci è dato sapere, ora come ora, se internet arriverà ad abbattere del tutto le vendite dei giornali. Non lo escluderei del tutto se si dovesse continuare così».

Raffaele Caschili Largo Carlo Felice fronte Rinascente Edicolante da 7 anni «Direi che siamo arrivati indubbiamente ad un 40 % in meno delle vendite rispetto a qualche anno fa: internet e la tv digitale sono necessari ad ognuno di noi e non sono secondo me la causa principale del crollo. La vera responsabilità va imputata alla liberalizzazione, alla grande distribuzione nei centri commerciali. Cosa ci fa un giornale in mezzo agli scaffali e vicino alla frutta? La gente spesso si ferma lì, si legge la rivista, poi la butta. Si prende il gadget e poi lascia il resto lì, perché non c’è nessuno privato che abbia l’interesse di controllare i giornali. Certo, un’altra causa è la crisi: prima, tutti i banchieri passavano qui e si compravano i quotidiani. Ora se li scambiano in ufficio, si dividono gli acquisti. Sicuramente i quotidiani restano i più venduti, hanno sempre clienti fissi, e anche il settimanale. Ma anche quando esce una buona pubblicazione, soprattutto se riguardante tematiche locali, qualsiasi sia la tiratura vendono sempre moltissimo, proprio perché il prodotto sardo è sempre ben visto».

Laura Bonu

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E

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corro i giornali sardi del 28 aprile 1977. L’Unione Sarda titola: “Imponente la manifestazione a Cagliari – Attorno a Berlinguer in trentamila per onorare la memoria di Gramsci.”. La Nuova Sardegna titola a sua volta: “Inaugurate a Cagliari dal segretario comunista le celebrazioni per il capo storico del PCI. Berlinguer: è vivo il pensiero di Gramsci”.

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Sono nitide le foto nei due giornali: la folla, Berlinguer, il sindaco Salvatore Ferrara. Il 27 aprile del 1977, alle ore 19, - precisano i due quotidiani sardi - dal balcone del municipio nel Largo Carlo Felice parlano di Gramsci prima Salvatore Ferrara e poi Enrico Berlinguer a una folla di oltre trentamila persone, già presente dalle ore 17,00 e stipata tra la via Roma e il Largo Carlo Felice. È il 40° anniversa-

rio della morte di Antonio Gramsci, il pensatore più grande del Novecento in Italia e forse nel mondo, ancora oggi più che mai vivo e attuale. I giornali non lo dicono, ma proprio io ho la ventura di essere il responsabile di questa straordinaria manifestazione, in quanto, allora, segretario del PCI a Cagliari. Il ricordo mi inorgoglisce, ma il merito non è mio. Il merito è dell’organizza-


E NRICO BERLINGUER QUELLI CHE AMAVANO LA NOSTRA CITTÀ

e la sua Cagliari di Eugenio Orrù

Qualche parola su Enrico Berlinguer. L’approccio con Enrico Berlinguer è sempre fugace perché il tempo è sempre ristretto. Breve riunione, parole essenziali. Come allora, così io ricordo Berlinguer, sempre, ogni qualvolta ho avuto modo di incontrarlo. In occasione di convegni, di conferenze tematiche, organizzative. Ero ragazzo quando l’ho conosciuto.

Avevo 22 anni quando fui eletto, nel 1960, segretario regionale e membro della direzione nazionale della Federazione Giovanile comunista. Alle riunioni della Direzione e del Comitato Centrale della Federazione giovanile comunista, partecipava sempre un dirigente nazionale del PCI, spesso Giancarlo Pajetta o Luciano Barca, ma anche altri come Enrico Berlinguer.

zione del PCI, il merito è delle tante centinaia di giovani, operai e studenti, soprattutto, che si sono prodigati per il successo dell’iniziativa con impegno e passione civile commoventi. Nel servizio d’ordine sono in tanti, molte centinaia, ciascuno con la sua bandiera rossa. Il servizio d’ordine cinge e tutela l’intera folla dei partecipanti. L’ordine è perfetto. In omaggio a Berlinguer e a Gramsci. Altri tempi.

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In occasione di queste riunioni, l’ho conosciuto. Le sue domande si riproponevano pressoché uguali: “Come va? Che stai facendo in questo momento?” Che cosa pensi di questo o di quello. Fui colpito dalla sua mitezza, dai suoi atteggiamenti di modestia. Altro che supponenza! Si coglieva, al contrario, tutta la sua disposizione a porsi alla pari del giovane interlocutore, giovanissimo ventenne quale ero io. Questo tratto andrebbe ricordato agli attuali politici. Con Berlinguer, in occasione d’importanti iniziative politiche in Sardegna, ho avuto modo di conversare più volte, anche per strappargli, da giornalista, insieme a Giuseppe Podda, qualche dichiarazione, qualche anticipazione del discorso che avrebbe dovuto tenere in pubblico. Ricordo la fatica per ottenere una sua dichiarazione una volta, insieme al solito Giuseppe Podda, mentre era alloggiato all’Hotel Golfo degli Angeli, al Poetto, ora Ospedale Marino. Ottenemmo una dichiarazione finalmente, passando per Tatò suo segretario, che, con decisione lo difendeva sempre da ogni assedio o insidia. Lo ricordo anche a pranzo. Sempre frugale, schivo, di poche parole, quasi taciturno. Ma di Berlinguer voglio soprattutto parlare per l’oggi. Ricordo l’intervista rilasciata a Eugenio Scalfari, quasi

trent’anni fa, 1981. In quell’intervista Enrico Berlinguer aveva tranciato un’analisi efficace, penetrante, drammatica, del suo presente. Le ascendenze di quel presente, è indiscutibile, sono leggibili più che mai nel nostro presente. Domandiamoci: dissolti ormai i partiti di massa e caduta drasticamente la partecipazione, che cos’è oggi e dov’è la democrazia? Come si esercita? Domina il potere mediatico, domina il potere personale, domina e non dirige una classe dirigente assai inadeguata, mentre l’opinione pubblica sembra dissolversi. Si tollera, si sopporta sempre di più. Dov’è l’etica? Conta spesso l’interesse privato, l’astuzia, l’arroganza e la cultura non serve. Come può valere l’interesse generale? La passione civile? L’occhio è troppo spesso solo all’affare, al tornaconto personale, al si arrangi chi può. Gli intellettuali? Dove sono? Quanto contano? Le masse, come si diceva un tempo ovvero, il cittadino comune ha voce, ha volto? O valgono solo i gesti disperati, il plebiscito, o, peggio, l’imbroglio, il malaffare? Ecco, Enrico Berlinguer, può essere oggi, ancora, anzi più che mai, punto di riferimento, promemoria e può servire il suo ricordo per sollecitarci a operare per arginare il declino culturale, politico, morale. Che c’è. E dobbiamo vederlo, combatterlo. A partire dai no-

stri comportamenti. Dobbiamo essere severi nella condotta morale di tutti e di ciascuno, soprattutto dei politici. Non possiamo transigere. La politica è la più nobile occupazione dell’uomo se è morale, se è fondata sull’onestà, sull’interesse generale, sulla trasparenza. Non si può veramente transigere. Altro che generici richiami al popolo sovrano, altro che plebisciti. I cittadini, tutti i cittadini devono contare e controllare. Come? Attraverso la vita quotidiana, i comportamenti quotidiani, la rinascita di luoghi, occasioni


d’incontro, di associazioni, organizzazioni, movimenti, partiti, di partiti veri, fondati sulla partecipazione di tutti. Tutti devono partecipare e decidere. È possibile. I partiti non possono essere partiti del leader, partiti personali, partiti azienda, partiti vaporosi, partiti flou, partiti liquidi, di semplici elettori. I partiti di soli elettori rischiano di degradare nei partiti delle lobbies, dei gruppi di potere, dei soliti noti. I partiti democratici sono partiti di iscritti, che contano, che controllano, che hanno doveri e diritti, che eleggono i dirigenti, che controllano e

destituiscono i dirigenti quando sbagliano. Questo cambiamento radicale della vita pubblica è possibile, a sinistra e a destra. Basta veramente con i partiti personali, con i partiti di pochi, dei soliti noti. La democrazia è partecipazione, la democrazia è di tutti e per tutti. Se la politica è per i pochi e dei pochi è malaffare, è imbroglio e bisogna combatterla. Occorre un sussulto, una rivolta morale. Basta. Si può cambiare, si può vivere in un mondo migliore, a misura di tutti. Perché tutti gli uomini siano sempre il fine e non il mezzo

da utilizzare e asservire per i pochi. Bisogna crederci, affermare la fiducia, coltivare la speranza. Perché le condizioni ci sono. Perché il popolo italiano è sano. Perché la democrazia non è morta e può diventare invincibile. Enrico Berlinguer rimane un esempio, un promemoria appunto. Si può arginare e vincere il declino, il degrado, tutto il negativo. Può, deve vincere la passione civile, la ragione degli onesti, la speranza dei giusti. La speranza, incrollabile e insostituibile, costruttrice del futuro.

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LEZIONE SPECIALE TRA MUSICA E STORIE DI STRAORDINARIA UMANITÀ

in nome della vita

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di Lorelyse Pinna

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a scuola media Vittorio Alfieri di Cagliari è stata di recente teatro di un importante incontro di musica, vita e speranza. Sono queste infatti le tre parole chiave nell’esperienza di Gianluca Sciortino, il cantautore ventinovenne che ha raccontato la sua storia a un folto pubblico di alunni e professori raccolti nella palestra della scuola cagliaritana: Gianluca era un bambino come tanti, ma una mattina di novembre del 1992 a scuola si è accasciato ed è entrato in coma a causa di

tautori italiani, che il bambino conosceva grazie al lavoro del padre Pino, impresario di tanti artisti tra i quali Antonello Venditti. E fu proprio la canzone Dimmelo tu cos’è del cantautore romano a risvegliare Gianluca la mattina del 24 dicembre. Un miracolo compiuto dall’amore dei genitori e dalla musica che l’hanno accompagnato anche durante il periodo successivo al risveglio, quello della riabilitazione, fatto di solitudine e sacrifici, dandogli la forza di andare avanti e tornare a una vita normale. Ora che anch’egli è

figlio, a cura di RAI 1 con la regia di Alberto Simone e la sceneggiatura di Fabrizio Bettelli, e il dialogo diretto con i ragazzi, come in questo incontrofesta alla scuola Alfieri, organizzato dal maestro Lucio Tintis e presentato da Giorgio Ariu, in cui si è fatto portavoce tra i giovani del valore sociale, culturale e educativo della musica come veicolo di emozioni e strumento di crescita interiore. Ha parlato della sua vita, di ciò che ha visto in coma, della musica nel periodo della riabilitazione e della sua

un’emorragia cerebrale. All’ospedale i medici dissero alla madre che non avrebbe superato la notte o, nella migliore delle ipotesi, avrebbe trascorso il resto della vita come “un vegetale”. La madre Gerarda però non si arrese e per quarantuno giorni rimase accanto al figlio in coma, tenendolo legato a sé e alla vita con il suo amore e attraverso l’ascolto di rumori della sua vita quotidiana e soprattutto della sua musica preferita, quella dei can-

diventato un cantautore, la musica, che è stata per lui una compagna inseparabile e un sostegno nei momenti più duri, diventa il principale strumento per raccontare la sua storia e diffondere i suoi valori di amore, di attaccamento alla vita e di speranza. Altri strumenti sono stati i due libri Non ti lascerò morire, scritto nel 1994 con la madre Gerarda, e Un giorno di dicembre, pubblicato nel 2007, da cui è stato tratto il film TV In nome del

importanza durante l’infanzia, delle motivazioni della sua musica e degli scopi della sua attività, dell’importanza di incontrare la gente e di trasmettere emozioni e infine del suo incontro e della scelta di reinterpretare alcuni brani del grande Vasco. E la mattinata di festa si è conclusa con l’esibizione in alcune sue canzoni e gli applausi dei tanti giovani che gremivano la palestra.

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L’isola

nella Capitale

Ancora una volta le eccellenze della Sardegna si sono riunite a Roma in una tre giorni di cultura, spettacolo, enogastronomia, divertimento e tanto altro. Il riepilogo della manifestazione raccontato dal presidente de “Il Gremio dei Sardi� a Roma. di Antonio Maria Masia - Foto Simone Ariu


È

proprio vero che se una cosa la fai con il cuore e con entusiasmo il risultato è quasi sempre positivo ed appagante. Ancora di più se ci metti i quattro cuori di cui ha parlato Giorgio Ariu, pensando evidentemente ai nostri quattro Mori, nel corso della ma-

nifestazione. E così è stato. Dopo mesi di lavoro, di preoccupazioni, di ansia per il programma, per il budget, per le autorizzazioni, per le condizioni meteorologiche attese, gli artisti, gli invitati, i premiati, le risorse da impegnare, gli operatori economici ed i loro prodotti da somministrare e vendere, alla fine la GIA Comunicazione di Giorgio Ariu, la nostra Associazione “Il Gremio”, organizzatori dell’evento, in collaborazione, questa volta, con Neria De Giovanni attraverso la sua Associazione “Salpare”, ecco realizzato uno splendido evento nella magnifica piazza che abbraccia la Basilica di San Giovanni, monumentale e solenne. Non ci sembra ancora vero aver potuto svolgere la rassegna a San Giovanni, pensate, la stessa piazza dove si

operatore culturale ed economico, di uno scrittore e giornalista che nel suo “vulcano” mentale elabora e propone in continuazione eventi, incontri, dibattiti, libri e riviste di gran pregio (Il Cagliaritano, Via Mare, Sardegnatavola). Da quattro anni fa incontrare la Sardegna con Roma. Da due anni lo fa attraverso la nostra Associazione, e noi di questo siamo lieti ed orgogliosi. L’anno scorso ricordiamo una ben riuscita e partecipata rassegna in piazzale Ankara, davanti allo stadio Flaminio, nella valle dei Parioli. Nel corso di questa rassegna con Giorgio e con Neria, anche Lei, giornalista e scrittrice, instancabile sul campo della diffusione della cultura sarda e non solo, è stato possibile riunire il pomeriggio dell’apertura ben nove (mancava Roberto Olla, a Pechino per impegni professionali) dei dieci giornalisti sardi più popolari e stimati a Roma. Anche questo sembrava impossibile eppure, Bianca Berlinguer, Jana Gagliardi, Annas Piras, Tiziana Ribichesu, Giovanni Maria Bellu, Pasquale Chessa, Giovanni Floris, Sergio Frau e Mario Sechi, sono venuti da noi in piazza, come previsto. E dopo una simpaticissima e viva-

celebra da anni la festa del 1° maggio, dove si tengono raduni politici e sociali di enorme importanza per il significato e per i numeri delle presenze. Eppure è così. La nostra comunità ha ottenuto questa incredibile e significativa disponibilità. Non per niente siamo, come Gremio, un’associazione “giovane” (si fa per dire) di 62 anni, siamo il primo circolo dei sardi del Continente e godiamo da parte della municipalità della Capitale di attenzione e considerazione. Grazie anche all’aiuto prezioso che viene dalla nostra consigliera al Comune di Roma, Gemma Azuni, sempre prodiga di consigli e aiuti verso i suoi sardi. Il Gremio, per il secondo anno consecutivo, raccogliendo l’idea ed il progetto di Giorgio Ariu, ha dato la sua disponibilità in sinergia per l’evento, al fine di proporsi alla comunità di appartenenza come punto di riferimento e di aggregazione, di diffondere la cultura e l’identità della Sardegna attraverso i suoi principali protagonisti culturali ed economici. Giorgio Ariu e la sua idea, L’Isola che c’è - Sardegna incontra... Brillante iniziativa da parte di un dinamico e attivo

ce chiacchierata-confessione sui loro legami personali e familiari con l’Isola, hanno ritirato dalle mani delle avvenenti ed eleganti modelle vestiste dallo stilista Adelino Cabras, le sculture in trachite, molto belle e suggestive di ricordi nuragici, realizzate per l’occasione dall’artista di Castelsardo Roberto Budroni. Foto di rito con le newsstar, un giro per gli stand ed entusiasmo da parte del folto pubblico presente. Gli operatori commerciali, come sempre generosi attraverso i loro gustosi prodotti enogastronomici (pane carasau, formaggio, salsicce, vino, mirto, torrone, olio, e tanto altro) nei confronti di queste nostre “bandiere” sarde a Roma. Ancora abbracci, strette di mano, foto, un saluto, un arrivederci a Roma. È stato un momento molto bello di sano orgoglio di appartenenza e di allegria. Tra un intervallo musicale e l’altro di giovanile allegria e dinamismo dei ragazzi romani del gruppo dei “Lazzaroni”, coordinati dal funambolico loro leader Davide Pierangelini, Vicepresidente dell’Avis di Roma, nonché valido bancario a “tempo perso”, la rassegna è andata avanti.


Ricordiamo il sodalizio tra Avis Roma e Cagliari che ha visto, nella mattinata della domenica, un’interessante e utilissima conferenza-dibattito sul tema della donazione, con la partecipazione di importanti medici ed ematologi romani. La serata dell’apertura è proseguita con un incontro speciale: la presentazione del poeta e scrittore di Villasor, Biagio Arixi, personaggio di spessore, da anni residente a Roma, ove occupa una posizione di notorietà e rilievo nel settore della scrittura. Romanzi e poesie di Biagio sono spesso all’attenzione positiva dei critici letterari più accreditati. Tra i suoi amici, a rendergli il meritato omaggio, l’assessore alla Cultura di Villasor, Concetta Sangermano, e un’attrice di razza, Maria Rosaria Omaggio, che si è offerta generosamente per foto e commenti. E subito dopo l’esibizione della soprano di Roma Luciana Santoianni, per alcuni inni di lode alla Sardegna e per incantarci alla fine con la stupenda “Con te partirò”. Effetto della contaminazione delle culture che la rassegna si proponeva. Ed ancora torniamo alla nostra Terra con

negli occhi lucidi di tanti. E durante la Messa l’intervento dal pulpito di Giorgio a favore della lotta dei pastori sardi, in linea con il tema del Vangelo del giorno: il povero Lazzaro che bussa inascoltato alla porta del ricco, secondo Luca. Geniale e sobrio il passaggio di Giorgio, come la circostanza richiedeva, ed, a riscontro positivo, la preghiera del celebrante affinché la vicenda trovi finalmente un’opportuna ed equa soluzione. Da parte nostra non potevamo non donare alle suore di San Giovanni il nostro pecorino. Altri appuntamenti importanti e di prestigio hanno contrassegnato la manifestazione, ricca come non mai. Il sabato abbiamo avuto l‘atteso incontro di Neria con uno dei big del giornalismo televisivo, la splendida rossa di Sky Paola Saluzzi per la consegna del Premio “Alghero Donna”. Un premio importante, creato e condotto da anni da Neria, che Paola non aveva potuto ritirare ad Alghero nel corso dell’estate: una invidiabile collana di rosso algherese corallo, a riconoscenza per il suo alto valore professionale ed umano. Anche per la Saluzzi gran-

l’attesa esibizione del coro Gavino Gabriel di Tempio, ben rappresentato dal suo leader Giuseppe Sotgiu. Canzoni e cori struggenti e coinvolgenti, non è mancato il classico “Non poto reposare” e i conseguenti brividi di emozione ed anche per un po’ di freddino che minacciava pioggia. Ma Giorgio continuava ad invocare la protezione di San Giovanni Battista, camminando a passi svelti, su e giù per lo spazio verde del giardino del Santo, fra le due fila dei gazebo, alla stregua di un novello Napoleone pensoso, occhi mobilissimi e attenti. Un anticipo di emozioni quello regalatoci dal coro Gabriel rispetto a ciò che che poi gli amici tenores ci hanno offerto, la domenica alle ore 12, quando durante la Messa, come concordato con il parroco della Basilica, hanno accompagnato con l’inconfondibile ieratica solennità sarda dei loro canti religiosi la celebrazione. E quando le parole ed il canto de “S’Ave Maria” hanno iniziato dolcemente a riempire quelle mura, la commozione, anche nel ricordo istintivo di Maria Carta che ne fu l’interprete prima, è stata palpabile ed evidente

de ed entusiastica accoglienza, con foto ricordo e ricordi anche familiari confessati ad un pubblico attentissimo e generoso di applausi. Meritati. La serata è proseguita con l’esibizione magistrale e veramente coinvolgente dalle forti emozioni (nel frattempo il freddo iniziava a pungere un po’ di più ed il cielo già buio si copriva di nuvole non amiche) da parte del gruppo teatrale di Villasor “Fueddu e Gestu”. Vi assicuro, parole e gesti di elevato livello artistico. Peccato che un inopportuno acquazzone abbia interrotto, seppur nel finale, l’esibizione. E, in sequenza, tra qualche spruzzata d’acqua e l’altra, la sfilata dello stilista Roberto Stella, il “Cocciante di Sassari”, con i sui affascinanti costumi, indossati da bellissime modelle. Ed infine per il sabato il gruppo musicale Etnias, autore di un’esibizione di valore, nonostante l’umido ormai padrone della situazione, alimentato da una pioggerellina sempre in agguatto. La domenica si apre con un bel sole romano, il dibattito sulla sicurezza con l’intervento dei responsabili della




Polizia, quello tenuto dal responsabile di un gruppo che potremmo chiamare “Fotografi senza Frontiere”, interessante iniziativa gratuita da parte di liberi ed autonomi fotoreporter a documentare in giro per il mondo eventi e situazioni. Ancora l’Avis e i Lazzaroni. Ed il tardo pomeriggio a chiudere con la prevista proiezione di un interessante, pluripremiato ed apprezzato cortometraggio del giovane regista di Sassari Antonio Maciocco. Permesso?, questo il titolo del corto, è incentrato sul tema attualissimo dell’emigrazione, ed interpretato da un grande attore, Piero Nuti, presente con il regista. Dopo lunghi e meritati applausi il dibattito intorno al tema dell’identità in un contesto migratorio. Condotto dal nostro importante sardo di Roma Franco Pittau, autore del dossier annuale Caritas/Emigrazione, ha visto gli interventi del regista, di Piero Nuti, degli organizzatori e del Vi-

cepresidente dell’Associazione dei Medici stranieri in Italia, il chirurgo Dr. Katambe, originario del Congo-Belga, ora cittadino italiano. Doveroso il pensiero che noi Sardi siamo figli di una generazione di emigranti per il mondo, in cerca di lavoro, benessere e accoglienza. Non bisogna mai dimenticare, o cedere alle false lusinghe e finte paure di sicurezza indotte da concetti di puro egoismo ed individualismo, da qualsiasi vento sospinte! Si corre il rischio di allontanarsi dalle radici. Insomma, un evento ricco e ottimamente riuscito che ha visto al battesimo il nuovo Direttivo del Gremio in tutti i suoi componenti prodigarsi al massimo. E per finire, ancora i Lazzaroni e poi baci e abbracci di saluto e di arrivederci… a Roma. A occannu chi ‘enit, si Deus cheret…e Santu Juanne Battista.



CIVICRAZIA E DEMOCRAZIA COMPIUTA ma, informativa chiara, liceità, deroga motivata, delimitata memorizzazione, temporanea conservazione, scrupolose misure di sicurezza, piena ed immediata conoscibilità dei dati biometrici da parte dell’interessato, rispetto rigoroso degli obblighi, disattivazione automatica, immediata e certa di funzioni di smart card o altre analoghe in caso di smarrimento o furto, in merito al tema dell’utilizzo dei dati personali attraverso le nuove tecnologie. Anche il Laboratorio Privacy Sviluppo costituisce un altro strumento di particolare peso, sorto proprio presso il Garante per la protezione dei dati

IL CITTADINO PROTAGONISTA

“C

CON I DIRITTI GARANTITI

ivicrazia è la democrazia compiuta, in cui il cittadino è davvero il protagonista e in cui i diritti vengono garantiti veramente, sempre e comunque”: questo quanto recita l’incipit del Manifesto per la civicrazia. Tuttavia è necessario esaminare più a fondo il funzionamento della società odierna per comprendere quale raggio d’azione possiedano le oltre 4000 associazioni e organismi che costituiscono il nucleo di Civicrazia. In Sardegna il referente regionale è Giorgio Ariu che ha presentato recentemente l’organismo nell’Aula del Consiglio Comunale di Cagliari. Alle fondamenta della civicrazia si pone, infatti, la dignità della persona protagonista della vita pubblica. Soprattutto di fronte a una realtà complessa come quella attuale, in cui la Pubblica Amministrazione risulta macchinosa e onnipervadente, poter realizzare l’ideale di un cittadino protagonista non è impresa semplice. Ancora di più se si pensa al secondo fattore che nel quotidiano pervade quasi ogni momento della nostra esistenza: i nuovi sistemi di comunicazione che, dai cellulari ad internet ai bancomat, sembrano esercitare ormai un vero e proprio controllo sulle nostre vite. Nonostante gli innumerevoli tentativi di tutela, la privacy risulta costantemente minata e avversata dai nuovi strumenti tecnologici. Ne rivela già

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una certa consapevolezza tanta letteratura giuridica degli anni Sessanta, interessata al tema non solo con il fine di tutelare il cosiddetto “diritto di essere lasciati soli”, interpretato come la protezione della sfera privata dall’altrui curiosità, ma anche come controllo del flusso delle informazioni in uscita dalla sfera privata verso l’esterno. Indispensabile perciò il lavoro del Garante per la protezione dei dati personali, per il quale tutelare la privacy significa anche consentire all’individuo di decidere autonomamente l’ambito entro cui i suoi dati personali possono essere portati a conoscenza di terzi. Purtroppo, soprattutto davanti all’evoluzione delle tecnologie che ha condotto a quella definizione di vera e propria “gogna elettronica”, le cose non stanno in maniera così semplice: la stessa libertà personale risulta costantemente in pericolo e anche un’abitudine come quella di trascorrere sempre più tempo in rete comporta nuove relazioni con soggetti giuridici di cui non sempre si ha piena consapevolezza. Insomma l’altra faccia della medaglia rispetto a tutti quei vantaggi sociali ed economici che la massiccia adozione di mezzi informatici per la ricerca e per il disbrigo di pratiche di ogni sorta sta comportando. Per questo il decalogo dell’Autorità Garante per la Privacy annovera principi come affidabilità del siste-

di Laura Bonu

personali. Il Laboratorio rappresenta infatti un “luogo” dove ciascuno può contribuire per approfondire le forme, le modalità, gli strumenti per la libera costruzione dell’identità personale secondo i propri obiettivi. Il suo principale mezzo do divulgazione è divenuto il periodico “La Svolta” che fa delle indagini sulla base di concrete osservazioni, di sistemi operativi e della migliore letteratura in materia le sue principali fonti. Un costante e indispensabile aggiornamento volto ad aggirare il pericolo cui continuamente il cittadino è sottoposto in materia di privacy, e un necessario bacino di confronto intorno ai principi basilari della civicrazia. Non solo questi i fini preposti dagli organismi della civicrazia: tra gli obiettivi che si propone vi è infatti un migliore rapporto tra rappresentanti e rappresentati, nomine più trasparenti dei competenti di ogni ente, l’attuazione del un codice deontologico dell’amministrazione pubblica, procedure più trasparenti nell’utilizzo di fondi pubblici. Insomma, una reale possibilità di partecipazione e di coinvolgimento concreto del cittadino nella vita dello Stato, affinché la politica ritorni ad essere l’espressione massima delle istanze e dei bisogni di ogni individuo, perché possa avvenire quel tanto auspicato salto di qualità nei rapporti tra lo Stato e i suoi cittadini, le cui richieste al riguardo si fanno sempre più pressanti.


Cartabianca IL SINDACATO DI POLIZIA ALZA LA VOCE

PIÙ RISPETTO PER LA DIVISA

L

a cronica assenza di pattuglie della sezione Polizia Stradale di Cagliari è il risultato di una politica di tagli alla sicurezza che non vede fine e che negli ultimi anni ha inciso con una riduzione di personale lenta ma progressiva per circa il 30%, che non reintegra le quiescenze e che cerca di tamponare per brevi periodi le necessità operative con l’aggregazione di agenti appena usciti dai corsi ma che dopo aver dato un po’ di respiro al reparto vengono assegnati ad altri uffici – è ciò che amaramente dichiara il Segretario Generale Provinciale del Sindacato Indipendente di Polizia Coisp cagliaritano Giuseppe Pilichi. La stessa classe dirigente ha cercato, con la razionalizzazione di tutti i servizi burocratici, di ridurre al minimo gli organici ad esso destinati, significando che, sempre più spesso, questo stesso personale rappresenta l’unica risorsa per poter assicurare alcuni servizi esterni indispensabili, ma che incide inevitabilmente sull’efficienza dell’intero apparato burocratico e, dato che le prospettive per il futuro immediato non sembrano essere più rosee, riteniamo che a furia di razionalizzare il risultato sarà di “mungere” allo stremo il poco personale rimasto, circa quaranta uomini da cui si pretende l’assolvimento delle sempre più complesse e inderogabili attività burocratiche, a dispetto della tanto decantata semplificazione, e, comunque, la presenza sul territorio delle pattuglie per gli innegabili compiti istituzionali attribuiti alla specialità della Polizia Stradale. Non è certo più confortante il dato relativo ai mezzi, aggiunge il Dirigente Nazionale Coisp Marcello Pusceddu, che vede autovetture collassate dall’usura integrate da pochissime new entry insufficienti a garantire il necessario turn-over e la paradossale situazione della caserma di viale Poetto, per la quale è in atto uno sfratto esecutivo da marzo ma, a dispetto dei 300 giorni ottenuti dal giudice per l’abbandono dello stabile, ad oggi non si vede l’ombra dei lavori che dovrebbero approntare la caserma Carlo Alberto, sita in viale Buoncammino, per poter ospitare la Polizia Stradale. Tra l’altro, in una delle zone a maggior densità di traffico di Caglia-

ri e certamente molto lontana da quelle condizioni di mobilità necessarie alla Polizia Stradale. Ma se è vero che al peggio non c’è mai fine allora aspettiamo con ansia di conoscere la sorte della Specialità. REINTRODOTTO IL REATO DI OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE “La decisione presa dal Governo di reinserire l’oltraggio al Pubblico Ufficiale non riscatta questa maggioranza dalle “gaffe” commesse nei confronti delle Forze dell’Ordine, ma, in ogni caso, è un ottimo risultato raggiunto grazie alla caparbietà del nostro Sindacato di Polizia”. A dirlo è Giusppe Pilichi, Segretario Generale Provinciale del Coisp di Cagliari, il Sindacato Indipendente di Polizia. “È una battaglia questa, continua Pilichi, condotta in primis dal Coisp. L’abrogazione, del reato di oltraggio a pubblico ufficiale aveva significato uno schiaffo nei confronti di migliaia di donne e di uomini che, indossando una divisa, ogni giorno difendono i cittadini e le Istituzioni democratiche del Paese finanche all’estremo sacrificio. Chi ha votato per quell’abrogazione aveva fatto venir meno la tutela dello

specifico interesse della Pubblica Amministrazione che era protetto con la norma di cui all’art. 341 del codice penale, ed aveva di fatto irriso la nostra lealtà, la nostra abnegazione, i nostri sacrifici, il nostro lavoro di difensori della legge e della legalità”. “La cancellazione del reato di oltraggio ex art. 341 c.p., aggiunge Marcello Pusceddu, dirigente nazionale del Coisp, che incriminava la condotta di “chiunque offende l’onore o il prestigio di un Pubblico Ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni” era stata una scelta legislativa che aveva destato giuste perplessità e forti malumori tra gli appartenenti alle Forze di Polizia, che svolgono il precipuo compito di tutela delle Istituzioni democratiche e della salute e del patrimonio dei cittadini non certo rappresentando se stessi in tali attività, bensì lo Stato italiano e che, in totale contrasto con tale assunto, si sono ritrovati ad essere considerati ad espletare quelle funzioni per conto proprio. Questa indecenza ed assurdità è stata denunciata dal Coisp, conclude Pusceddu, con estrema costanza, mentre altri si sono preoccupati di farne rilevare l’incongruenza solamente una tantum”.


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