Anno 27 - N°05 del 22/04/2021 - www.newentrymagazine.it - redazione@newentrymagazine.it - Per la tua pubblicità: 347.73.52.863 Gianluca Boffetti
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NEW ENTRY MAGAZINE il Giornale della Gente Quindicinale d’informazione sociale e culturale a distribuzione gratuita Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M.
Anno 27 - N°05 del 22/04/2021 www.newentrymagazine.it New Entry il giornale della gente New Entry Boffetti Gianluca newentrymagazine New Entry Television
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Editoriale
NORMALE É LA VITA CHE ABBIAMO, NON QUELLA CHE DOVREBBE ESSERE! E’ inutile negarlo, sono settimane per non dire mesi, dove si vive difficilmente in equilibrio mentale: siamo decisamente sbilanciati sul fronte sofferenza e ansia probabilmente dovuta alla situazione lavorativa che non porta ad essere sereni dato che il presente e futuro è più che mai incerto. Ho ritrovato in me quel senso di fastidio e di rassegnazione, di distrazione ed indifferenza che non mi contraddistingue ma di fronte alle avversità a volte si è vulnerabili. Per carità, siamo tutti d’accordo che esistono situazioni ben peggiori, basti pensare a tutte quelle persone che in questo anno ci hanno lasciato a causa del Covid e tutte quelle che tuttora stanno soffrendo. Una frase che spesso si sente dire è che “non si muore di Covid, ma anche di una grave crisi economica senza precedenti”. Sono consapevole che bisogna arginare il Covid ma bisogna pensare anche alle famiglie, ai dipendenti, agli esercenti, ai professionisti, ai ragazzi che non possono più andare a scuola e ai genitori che devono gestirli a casa e contemporaneamente lavorare. Sono tante le situazioni di fragilità che devono essere ascoltate ed aiutate. Tutto ciò mi ha permesso di guardare il mondo con altri occhi cercando di cogliere soprattutto nei gesti più semplici l’intensità, la meraviglia e la pienezza della vita. E così ci si trova ad essere in equilibrio tra due mon-
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di: uno dove si cerca di assaporare le gioie della vita e l’altro tra i luoghi faticosi e veri dell’umanità che soffre. Tutto ciò ci riporta a dediderare una vita normale, tranquilla con, al massimo, problemi assimilabili a tiepide preoccupazioni... Ma quante vite rientrano in quella supposta normalità e soprattutto quanti oggi la desidererebbero più di ogni altra cosa? Prima del Covid lamentavamo il fatto che avere una vita “normale” significava più che altro routine, noia... ma con il senno di poi, non ci accorgevamo che eravamo felici a parte coloro, magari meno fortunati, che dovevano comunque affrontare ogni giorno cammini molto in salita. Forse è una concezione legata allo spirito del tempo: la generazione che dagli anni ’50 in poi, è cresciuta in periodi di ripresa economica, di speranze, di migliora-
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EDITORIALE
mento che sembrava non dovesse mai finire. Invece è finito, e ci abbiamo messo anni per accorgercene. Sento spesso le persone lamentarsi delle fatiche che devono fare nelle loro vite ma ho l’impressione che si sia perso il senso di questa parola. La normalità non è l’equivalente della serenità. È normale che si alternino gioie e dolori, è normale che si fatichi a vivere: sei fortunato se i tuoi pesi non gravano troppo. Poi sono arrivati i social dove molti li utilizzano per sforgiare bellezza, benessere, lusso che ti danno la sensazione di essere in una vita sbagliata e che da qualche altra parte ci sia la vita che dovremmo vivere. Certo, quando i pesi si fanno sentire, desiderare una vita diversa è umano ma non aiuta. Si possono attraversare le terre dello sconforto e della rabbia, della depressione e dell’impotenza, ma è anche vero che dire sì alla vita così com’è, si ritrova l’equilibrio e la forza per affrontare le difficoltà che incontriamo giorno per giorno, è il passo indispensabile per andare oltre, per migliorare la situazione fin dove è possibile.Normale è la vita che abbiamo, non quella che dovrebbe essere. Gianluca Boffetti 05
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Riflessioni
L’ULTIMO PICNIC L’ultima volta che ho mangiato su un bel prato all’aria aperta (nonostante io sia un contadino), risale all’ormai lontanissimo 22 aprile 1984, giorno di Pasquetta. Avevo da poco conosciuto una ragazza di Isola Dovarese, un bel paesello costeggiato dal fiume Oglio; la domenica pomeriggio la trascorrevo come volontario nella casa di riposo di Isola, era stata Serena (così si chiamava la fanciulla), a farmi avvicinare a questa bella esperienza, molte volte il resto del tempo libero lo passavamo facendo lunghe passeggiate (a volte anche in bici), sulle stradine adiacenti le rive dell’Oglio. Il paesaggio in aprile era mozzafiato, fiori di ogni tipo e colore ornavano le sponde del fiume, veri e propri boschetti di alti alberi, donavano ombra, pace, quiete mentre li si attraversava, sembrava di essere in Eden. Trovammo una radura di straordinaria bellezza non lontano dal Mulino Vecchio (storico ristorante di Isola); Serena mi disse: <perché non trascorriamo qua il giorno di Pasquetta? C’è un bel praticello ed i pioppi ci donano ombra>, io risposi di si con grande entusiasmo. Arrivato il giorno, passai a prenderla a casa, caricammo l’auto di vivande e tutto l’occorrente per trascorrere uno splendido picnic. C’era un sole stupendo, mi ero messo in abbigliamento sportivo con pantaloncini corti,
arrivati alla radura, sistemammo la coperta sul prato e su di essa i piatti, forchette e cibi prelibati; ci sedemmo a mo’ di fachiro e cominciammo a mangiare felicissimi. Ma dopo meno di 10 minuti sentii un dolore atroce ai miei bassipenduli, decine di formiche rosse mi erano entrate nelle mutande, saltai in piedi e sistematomi dietro un albero tirai giù braghe e slip, ero pieno di quei diabolici insetti, il dolore insopportabile, chiesi aiuto a Serena ma mi rispose: <sei impazzito? Non vorrai che mi metta in ginocchio a spulciarti i marroni>. Dovetti fare tutto da solo, ci impiegai diversi minuti per liberarmi da quelle terribili formiche; ero pieno di bolle rosse, un bruciore insopportabile. Caricammo i viveri nel baule dell’auto, la coperta, essendo piena di insetti, la arrotolai e la lasciai ai piedi di un’albero, con l’intento di andare a ritirarla successivamente (Serena andò a riprendersela il giorno dopo), finimmmo di mangiare a casa sua, la magica atmosfera si era rotta, che peccato, la Pasquetta era cominciata così bene e finita così male, diciamo che per lo meno era stata una giornata indimenticabile. Quando salutai Serena le dissi: <ricordati, se tutto questo fosse capitato a te, io una mano te l’avrei data sicuramente>. Giordano
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Riflessioni
UN SASSO PER UN SORRISO Sta dilagando in molte località la simpatica iniziativa ”Un sasso per un sorriso”. Lanciata, pare, sia dalla Svizzera che dalla provincia di Pesaro, fino a dilagare a Ravenna, in diversi paesi del basso e alto Lago di Garda, tra cui Manerba, Moniga, Arco e Toscolano Maderno, dove viene denominata “Le pietre gentili”. Si tratta di sassi raccolti nelle campagne, in riva ai fiumi, ai laghi (non sulle spiagge) adiacenti, dipinti, soprattutto da bambini, ma anche da qualche adulto. Su questi sassi di varie forme si realizzano disegni colorati e una breve frase gentile: buona giornata, grazie, ti voglio bene…, oppure citazioni famose. Dietro si può firmare e scrivere “Un sasso per un sorriso” per far capire che aderisce a questa idea. Sassi che poi ognuno posa in angoli del suo paese: muretti, aiole, panchine, ecc, seminascosti, ma dove comunque possano essere trovati, raccolti e fotografati. Chi vuole li può poi postare sull’apposita pagina facebook. T utti coloro che nelle varie città hanno dato vita a questa iniziativa concordano che, soprattutto in questo difficile periodo, c’è bisogno di gentilezza, di bellezza, di condivisione e questo è un piacevole modo per scambiarsi buoni sentimenti, pur a distanza. Si dice che sarebbe bello fare uno scambio: prendo un sasso e ne lascio un altro, così come si fa nelle Free Library Literary, casette di legno o di altro materiale che negli ultimi anni sono state dislocate in vari punti delle città in tutto il mondo. Da queste casette, appunto, la regola vuole che chi prende un libro, ne lasci uno, per uno scambio equo. Libro che poi può essere restituito in qualsiasi altra casetta, per far girare la cultura senza confini. Anche per i sassi, se si manterrà questa regola, si allargherà il raggio in cui viaggeranno, dipinti nelle più svariate maniere, con soggetti altrettan08
to diversi, con fantasia e voglia di portare messaggi positivi, dai più semplici a quelli più ricercati, ogni “artista” si mette in gioco e si diverte, immaginando che ogni sasso porti un sorriso a chi lo trova. A me, per esempio, piace scrivere frasi famose sui sassi che raccolgo principalmente sul fiume Chiese, ma non solo, e che regalo ad amiche e persone care in occasioni particolari. Fotografando questi sassi e postandoli su facebook chissà, alcuni autori si riconosceranno e potranno in seguito magari conoscersi di persona. La regola principale, per fortuna, che gli amministratori hanno ben chiarito in questo gruppo molto numeroso (circa 60.000 persone) è che nessuno può vendere i propri sassi, così com’è giusto che sia. Chissà che anche a Montichiari i genitori aiutino i loro bambini, in questo periodo in cui molte famiglie fanno lunghe camminate nella nostra vastissima campagna, alla ricerca di sassi, per vederli spuntare poi in qualche angolo della città trasformati in messaggi tangibili e benauguranti Ornella Olfi
Riflessioni
LA FEDE È IL MISTERO
Esiste una cosa difficile da comprendere, nonostante gli sforzi che facciamo. Non si tratta di propaganda di qualsiasi tipo di ideologia, sto solo facendo del tutto per chiarire un argomentato che per me è incomprensibile.Com’è possibile che persone con un’ampia erudizione, una formazione scientifica approfondita, coi titoli di studio, attestati, qualifiche nel campo di astrofisica, fisica, biologia molecolare, siano atei? Dall’altro lato, ci sono altrettanti scienziati con competenze e conoscenze serie che sono profondamente religiosi. Ma si tratta delle stesse discipline scientifiche! Sono convinta che la fede è qualcosa che sta al di sopra dell’intelletto, la preparazione scientifica, l’educazione, più di tutto dall’educazione. Ho indelebile il ricordo della mia infanzia, quando dissi una bugia all’insegnante di storia, mi sono giustificata con mal di testa per evitare l’interrogazione. Il titolo della lezione era “Ateismo scientifico”, e con essa si concludeva la sezione “La storia europea durante il medioevo”. Avevo solo 12 anni, cresciuta ed educata in un paese dove nella base della visione del mondo c’erano il comunismo scientifico e la filosofia marxista-leninista. La fede è secreto, mistero. Come sono misteri ed enigmi l’inizio e la fine, la perdizione e la salvezza, la morte e la vita. Ci può aiutare nella comprensione, fino a un certo punto però, la natura, questo libro variopinto e pieno di inesauribile saggezza, dove l’Autore ha lasciato a ogni pagina la Sua firma. Qualcuno aveva detto che, pensare che l’Universo è stato creato dall’inanimata e cieca materia è come pensare che l’enciclopedia è stata creata dall’esplosione nella tipografia. E aveva ragione. Darina Naumova
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ANIME NEL VENTO
MI MANCHI RITA, TI VOGLIO TANTO BENE... Soffia il vento,rapido, impetuoso, sferza, rulla; s’acquieta, prende vigore, forza, irosa passione. Bisogna ascoltarlo il vento, racchiude mille voci, quelle presenti e quelle passate, remote, arcane, sepolte entro meandri bui e densi. Mancanza di certo, fra le dita sento scorrere, farsi strada, toccare tasti dolenti, carezzare ferite. E’ volata in cielo la mia Rita, in un battito d’ali, rapita da mano crudele ha dovuto varcare soglie dell’infinito, con un mare di cose ancora da fare e da dire, incompiute, a mezz’aria sospese. Come lei, milioni di uomini e donne, sono state costrette ad affrontare nella solitudine calvario di sofferenza e di morte. Un anno è trascorso, tanto rapido da sembrare irreale… Tempo tiranno questo dove l’uomo si vede svestito della dignità, della possibilità, nel caso di positività al Covid, di avere accanto i propri cari. Rabbrividisco al pensiero, sento i loro pensieri, penetrare i miei, farsi tutt’uno con il rapido, ingordo, ticchettio della tastiera il cui rifuso arrancare pesca parole, emozioni, tratti. Di lei nel cuore, nel petto, fra le mani, sui polpastrelli tesi, nella mente, nella memoria, infinita nostalgia sino a divenire lacrima salsa che muta scivola su gote arrossate. Si dice che tempo e spazio non esistano, che siano un pallido simulacro di gesta remote, illusione forse? Nel gergo comune si è soliti dire “Chi muore giace, chi vive si da pace ..” .. menzogna oscura questa che vela realtà complesse. La vita è un giro, segue tracciati oscuri, rimanda bagliori, azzarda, osa, semina, getta, sfocia infine in un limbo denso e compatto. Per Amore e solo per Amore è compito, dovere, piacere non lasciar cadere, non fare tabula rasa, permettere al germe della dimenticanza di prendere piede. Ti sento ancora accanto a me Rita, ti parlo, prendo consiglio, ascolto i tuoi passi farsi miei; le tue mani tendersi chete; il tuo tono am12
monire, condurre, raddolcire, consolare. Nella nostra casa, famiglia, sei presente nelle scelte di ogni giorno, nel quotidiano tramestio. Nella quieta della sera, quando tutto tace, quando i pensieri si raccolgono fra nocche tese, quando la voce della coscienza geme e stride, quando la gioia irrompe il mio pensiero corre a te. Ho da sempre lottato come una bestia feroce per i diritti di Vittoria, spesso calpestati da burocrazie e freddezze umane. Ancora lotto, a denti stretti, la voce faccio sentire per non essere seppelliti vivi. Ancora lotto, con te accanto; getto seme a profusione, ascolto, rinnego, rigetto, ribatto, annego nella solitudine, riemergo rinnovata in forza e sostanza. E quando la mancanza si fa oscura, silente, greve fra le mani prendo il capo, ascolto la voce del vento, la carezza di un raggio di sole certa di ricevere da te una carezza. Mi hai insegnato che non si è figli solo se si è stati partoriti, ma per fiducia, affetto e stima reciproca acquisita. Mi permetto di farmi “figlia tua”, erede del tuo grande amore, mano protettrice per la nostra famiglia. Da figlia a madre: “Mi manchi Rita, ti voglio tanto tanto bene …”. Un caldo affettuoso abnorme abbraccio possa giungerti indiviso. Tua Milena
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Pasqua in sobrietà Sono ENRICO e sono alcolista. È il secondo anno che festeggio la senta Pasqua in sobrietà. Mi ricordo quando mi alzavo la mattina di Pasqua e non vedevo l’ora che arrivassero le 10.30 per andare al bar a festeggiare con un bel prosecco o un buon lugana con gli amici di bevute. Poi arrivavo dopo pranzo che ero già bello carico e non vedevo l’ora di andare nel letto perché mi girava la testa. I litigi con mia moglie che mi diceva POSSIBILE CHE NON RIESCI A BERE MENO? CHE FIGURE FACCIAMO SEMPRE PER COLPA TUA!
Oggi sono grato a tutti voi amici per avermi aiutato a farmi capire che sono malato e che l’unico modo di sconfiggere la malattia è fare le 24h con tutti voi e non prendere in mano quel maledetto primo bicchiere. Serene 24 h Enrico
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ASSOCIAZIONE “IL SORRISO” DI CALVISANO: DALL’INIZIO DELLA PANDEMIA LA SITUAZIONE DELLA DISABILITÀ NON É CAMBIATA, ANZI... Molte sono le testimonianze di regressioni per le persone diversamente abili, specialmente quelle riferite a disabili appartenenti alla legge 104 considerate le più fragili in questo periodo di pandemia. Queste persone hanno sempre subito le condizioni principalmente associate alle RSA, nonostante ripetutamente è stato chiesto di non adeguare la realtà degli anziani con quella della disabilità, delle dipendenze, della salute mentale, della neuropsichiatria, dei minori rispettando i diversi bisogni delle cittadine e dei cittadini lombardi. Questo persistente accorpamento ha fatto sì che molti di questi disabili, compresi i loro educatori e operatori, si siano trovati in drammatiche difficoltà per le norme a cui dovevano attenersi. Questi disabili da tredici mesi sono stati costretti a controlli periodici ossessivi, con test molecolari, prelievi e obbligati ad una condizione di vita clausurale in quanto nessuno si prendeva la responsabilità di far loro respirare un po’ di aria pura. Oggi abbiamo una situazione che parecchie di queste persone sono state anche vaccinate completamente con il vaccino Pfizer ritenuto il più affidabile ed efficace fra i
vaccini, perciò un vaccino che tutela con percentuali molto alte queste persone da un probabile contagio. Superando molteplici difficoltà e confortati dalle dichiarazioni di emeriti Immunologi e Direttori Sanitari, famigliari e parenti di ospiti inseriti nelle residenze, sentito che dopo il vaccino sarebbero stati protetti, molti hanno sperato che gli fosse concesso il rientro in famiglia. Purtroppo a soffocare gli entusiasmi sono state le condizioni, per quelli che volevano usufruire di questi permessi, che facevano ancora riferimento a quelle adottate per la prima ondata di pandemia, “Quattordici giorni a casa e poi per i rientri in residenza, 1 tampone e 14 giorni di isolamento nel proprio nucleo”, come se fosse un nuovo inserimento. Tali disposizioni sembrano più orientate a disincentivare che favorire queste persone a chiedere. Infatti, specialmente per le condizioni di rientro danno la sensazione di essere considerate più come punizioni e mortificazioni per aver usufruito di un permesso per vedere i propri genitori, rispetto ad altri ospiti che per ragioni vitali o inattuabili non possono lasciare la residenza. Una disposizione che non serve a nulla dal momento che al rientro nel nucleo rimanPASTICCERIA DOLCI A RICHIESTA SPECIALITÀ MERINGATE E PIZZETTE SIAMO APERTI DA LUNEDI’ A SABATO PASTICCINI E CROISSANT DI NOSTRA PRODUZIONE DALLE 07.30 ALLE 13.30
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gono a stretto contatto con i loro compagni, una precauzione che ha solo la funzione di umiliarli e privarli di alcune attività gratificanti per loro, e che non fanno altro di aumentare le inquietudini e le sofferenze anche per i loro famigliari. Inoltre considerando che la Lombardia si trova in Zona Rossa, non vi sembra che questi disabili invece di essere esposti maggiormente al contagio non siano più tutelati per le ridotte o nulle possibilità di movimento e col dovere di attenersi alle norme stabilite dal Ministero della Salute? Se ci sono persone che hanno sempre rispettato queste regole sono proprio questi disabili e i propri famigliari che sicuramente non frequentano luoghi che li possano contagiare. Allora perché imporgli questo isolamento, a cosa è servito tormentarli con i tamponi e vaccinarli, non pensate che fare un test antigenico prima di entrare in Residenza con risultato negativo non sia sufficiente per reintegrarli a pieno titolo nel loro nucleo? Credo non ci siano categorie che abbiano queste rigide limitazioni, pertanto vorrei far presente a chi ha la possibilità di cambiare questi protocolli quanto sopra esposto, in quanto sono atti diretti a discriminare
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Binosi Luciano Presidente Assoc. "Il Sorriso" Calvisano e ghettizzare ancora di più queste persone estremamente indifese. Durante la pandemia hanno rispettato i tempi di criticità ma poi, nei periodi meno avversi, casi evidenti di mancanza di affettività nei loro confronti, nonostante l’eroismo e la sensibilità degli educatori e operatori, sono stati volutamente ignorati dai responsabili nonostante la Regione avesse dato loro la possibilità di intervenire per il loro benessere. Ora se anche il vaccino non serve almeno a rendere possibile quel livello minimo di umanità che sta fra un figlio e una madre, allora di cosa parliamo? Bisogna adoperarsi affinché si trovino le soluzioni per consentire la fine di queste azioni disumane che da 13 mesi non guarda in faccia ad affetti e legami. Non sono certo i rientri in famiglia con la penitenza dell’isolamento di queste persone che fanno aumentare i contagi. Spero che qualcuno che ha il potere di cambiare colga questo appello e provveda, in quanto siamo stanchi di promesse per fare in modo di ridare a queste persone la dignità che si meritano e un aiuto prezioso ai loro famigliari per non dissipare anni di sacrifici in funzione di disposizioni mirate più a salvaguardare solo l’aspetto clinico tralasciando l’aspetto emotivo e affettivo. Binosi Luciano Presidente Associaz. Il Sorriso Calvisano 15
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MONTICHIARI: PIAZZA SANTA MARIA UN ANNO DOPO
È passato un anno e la Piazza Santa Maria a Montichiari si presenta ancora così: vuota, silenziosa, triste, cupa. Rispecchia il nostro umore, perché ci avevamo creduto davvero che tutto si risolvesse in breve tempo, invece è come se il tempo si fosse fermato a marzo 2020. Il Duomo e il Castello, imponenti, sovrastano un elegante salotto a cielo aperto, di solito animato da molte persone di ogni età: di giorno per incontrarsi facendo acquisti nei negozi, per la colazione e l’aperitivo nei locali, al mercato; sul sagrato del Duomo la domenica prima e dopo le Messe; la sera, soprattutto d’estate, per assistere a spettacoli di intrattenimento o semplicemente per ritrovarsi tra amici a farsi una chiacchierata, qualche pettegolezzo di paese gustando un gelato. Punto di riferimento, simbolo di appartenenza alla comunità per tutti noi monteclarensi. È desolante e deprimente essere ancora prigionieri nelle nostre case, con le stesse paure, la stessa incertezza e non certo solo per colpa nostra come continuamente ci si sente accusare!! Ci sono sì alcuni che non rispettano le regole, ma le responsabilità sono anche altre, a livello governativo e non di poco conto: ritardi, incompetenze, protocolli sanitari che si sono rivelati sbagliati e pericolosi, chiusure insensate, mal organizzate e che stanno distruggendo la nostra economia, magna-magna a vari livelli e in vari settori, interessi di case farmaceutiche che ovviamente sono più economici che sanitari…. Un lungo elenco di problematiche, di responsabili che anche davanti a errori e ritardi evidenti, giocano a vergognosi scaricabarile, con una faccia da schiaffi indescrivibile. Intanto la vita se per molti è “solo” rallentata e limitata, per molti altri si è proprio fermata: chi non c’è più, chi è rimasto e rimarrà senza lavoro, senza dignità; bambini e ragazzi a cui per troppo tempo viene rubata la parte migliore della loro vita e il diritto ad un’idonea istruzione; anziani soli e depressi, senza neppure la possibilità di vedere e abbracciare i loro cari. Il silenzio che, più assordante 16
di sera, aleggia nelle vie del centro città e nella Piazza è un pugno nello stomaco, è una sensazione di impotenza che fa male, rabbia, dispiacere, che fa sognare con impazienza un domani in cui poter tornare a vivere nella normalità. Siamo stanchi e sfiduciati; siamo in balìa di un virus maledetto e di una confusione di soluzioni insufficienti e contraddittorie che peggiorano la situazione già pesante!! Vogliamo tornare presto in Piazza a chiacchierare in compagnia, a far festa, a sentirci semplicemente “vivi” come prima. Ornella Olfi
Sembra la gentilezza cammini al nostro fianco quando il mondo si veste di bianco. Darina Naumova
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LE FAMIGLIE PIALORSI A MEZZANE E SUL LAGO MAGGIORE:
Undici i fratelli, Eugenio figlio di Francesco, cantore nella piazza di Intra-Verbania Il quotidiano torinese “La Stampa” del 12 marzo scorso ha dedicato mezza pagina a Eugenio Pialorsi, conosciuto nella frazione di Calvisano negli anni 1970/1990 e parente dei tanti Pialorsi presenti nella frazione. L’articolo lo ricorda come cantore di Intra, cittadina sul Lago Maggiore diventata Comune di Verbania. Lui di carattere eclettico, aveva nel cuore e nella mente il senso artistico e l’attaccamento al suo paese, dove era nato nel 1939. Un attaccamento ad Intra, senza dimenticare le sue origini della bassa bresciana, essendo il padre Francesco nato a Mezzane, mentre la mamma Vittoria Schneider, proveniva dalla Toscana. Il padre divenne sarto agli Artigianelli di Brescia, professione trasmessa ad Eugenio, il quale con fantasia ed estrosità la pose in pratica, supportandola con un rinomato negozio di sartoria, nel la bella città bagnata dal Lago Maggiore.
EUGENIO CANTORE PER LE STRADE D’INTRA 18
EUGENIO PIALORSI A MEZZANE Entrò negli scout da ragazzo, continuando anche da giovane come educatore, con loro e come escursionista apprezzò ed amò la montagna, luogo dove ebbe a morire nel 2004. Sempre attivo, come in tutte le sue attività sociali ed artistiche. Fra i suoi amori la musica, fin da ragazzo suonò la fisarmonica, studiando poi il sax tenore. Una preparazione che espresse come musica, suonò con l’Ente Musicale Verbano ed in vari cori, cantò dal 1979 fino alla sua morte nel Coro di San Vittore. Facile per Eugenio Pialorsi comporre musiche, scrivere testi e valorizzare il dialetto locale. Partecipò con esperti alla ricerca dei canti della Valle Intrasca, diventati il 33 giri: “Concerto dei Canti popolari di Intra e le sue Valli”. Suonò in vari spettacoli e in commedie, quasi sempre in piazza. A Mezzane non mancò la sua musica con la fisarmonica, in qualche serata di compagnia, accompagnando la Santa Lucia per le vie del paese per la gioia dei bambini, oppure scrivendo note a salvaguardia del Fiume Chiese. Sposatosi con Lisetta, dal loro matrimonio sono nati quattro figli, Francesco, Chiara, Giovanna e Marco. Dicevamo delle origini mezzanesi del papà Francesco, cresciuto insieme ad altri dieci
fratelli, due erano morti in tenera età, vivendo a Mezzane, nei paesi limitrofi o nel Verbano. Le famiglie dei Figli dei fratelli Pialorsi si diffusero in varie realtà italiana, anche in Sardegna o nella Svizzera. I genitori furono Giacomo Pialorsi e Eugenia Zorzetti, che pellegrinarono nella nostra zona essendo lui contadino. A Montichiari furono proprietari della Chiesa di S. Antonio, pare sia stata persa al gioco. Da annotare che dal 1789 al 1820 don Giovanni Giacomo nato a Levrange, è stato parroco a Mezzane, pare fosse parente dei Pialorsi mezzanesi. A Lavrange i Pialorsi, erano in tanti, chiamati “boscai” per il legname usato nei tanti lavori artistici, opere d’arte diffuse in molte Chiese bresciane. Una sua stola per anni fu nei cassetti di Maria Pialorsi. Fra i fratelli di Francesco classe 1904, Felice del 1910, emigrato pure lui ad Intra, dove svolgeva l’attività di calzolaio, sposato con Giuseppina Bertoletti di Malpaga, vissuta per 100 anni fino al 2015, due i loro figli Roberto e Gianfranco, entrambi bravi giocatori di calcio. Così come Eugenio e Bruno (i Ciorlì) apprezzati giocatori di calcio a Carpenedolo, figli di Italo Pialorsi nato nel 1908, sposato con Giuseppa Baratti. Luigi Pialorsi classe 1899, sposatosi con Domenica Criscini, abitarono tanti anni a Mezzane, quattro i figli Giuseppina, Bruno, Giulio e Maria. Anche il fratello Giuseppe Silvio, nato nel 1913 restò a Mezzane, sposato con Gina Mazza, ebbero tre figli Uber, Eugenia e Rina. Uber è deceduto nel periodo del coronavirus il 30.03.2020. Suonava anche lui come hobby la fisarmonica, e come i cugini Giulio e Marino era un buon giocatore di calcio. Le sorelle Pialorsi furono: Costantina nata nel 1901, che sposò Domenico Dalla Bona, tre i figli Giacomina, Giovanni e Gino. Martina classe 1902, sposò Lorenzo Vezzoli, un buon numero i loro figli: Assunta, Giacomina deceduta da giovane, Melania morta a nove mesi, Eugenia, Fioravante, Enrico, Guido, Maria, Pierina e Giacomo, che per un anno fu sindaco di Calvisano.
TERRITORIO
FESTA DEI PIALORSI 1992 LE ZIE PEPPA, GINA, EMMA Domenica (Nina) Pialorsi, emigrò anch’essa ad Intra, nella frazione di Biganzolo, sposatasi con Roberto Pezzi dove nascono Cleliana e Luciana. Deceduto il marito, in secondo nozze sposa Cesare Moretti, nascono Miria (suora dal 1963), Rosanna e Dario. La sorella Santina nasce nel 1907, si sposa con Moscati Palmino, dal matrimonio nasce Adelina. Emma Pialorsi chiamata Maria, dopo qualche mese ad Intra torna a Mezzane dove sposa Primo Marini: dal matrimonio nascono Grandilia, Marino e Itala. Rosa Pialorsi, chiamata e conosciuta come Zia Emma, vive e lavora per tanti anni in Svizzera, si sposa con Costantino Lesticci, dal matrimonio nasce Daniela
FESTA DEI PIALORSI 26 aprile 1992 residente a Montegrotto Terme. Si ritrovarono in una Festa indimenticabile il 25-26 aprile 1992 a Mezzane, con le Zie Giuseppina, Gina e Emma, allora ancora viventi ed i figli dei Pialorsi. Marino Marini 19
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NON TRADIRE UN’AMICIZIA!! In una società dove sono presenti elevati valori di cultura e civiltà, s’individua nella tutela degli animali uno strumento finalizzato al rispetto e alla tolleranza verso tutti gli essere viventi e, in particolare i più deboli, al fine di favorire una corretta convivenza fra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e dell’ambiente. In questa situazione bisogna combattere il triste fenomeno dell’abbandono degli animali, gatti, cani e altri, con la non meno triste ed anche pericolosa conseguenza del randagismo. Per non parlare di quelli che, specie nella stagione estiva, sono abbandonati a un triste destino in nome di un egoismo francamente ripugnante. Da anni, anche se leggermente in calo, si assiste al fenomeno devastante dell’abbandono. Un fenomeno che nel sud dell’Italia è ancora più devastante e cruento. Nella nostra società dove la ricerca esasperata del benessere materiale e del superficiale sembra essere il solo, vero e importante, obiettivo; ci si allontana dai veri valori di cultura e civiltà, che una società evoluta dovrebbe avere e mettere in atto quotidiana22
mente. Ma purtroppo non si è ancora riusciti a trovare un equilibrio giusto tra uomo e natura, un equilibrio necessario per l’esistenza stessa del genere umano. Basterebbe fermarsi a riflettere sul fatto che la natura senza l’uomo può sopravvivere, mentre l’uomo senza la natura no. Eppure questa riflessione, che tutti dovremmo fare, non sembra minimamente preoccupare la stragrande maggioranza delle persone, troppo prese a inseguire un progetto di guadagno personale. E pensare che basterebbe un semplice punto di partenza, “Il RISPETTO PER TUTTI I DIRITTI BASILARI DEGLI ANIMALI” un atteggiamento che non è da considerare un atto d’amore, che può essere messo o non messo in atto, ma un atteggiamento di giustizia. E’ giusto che tra l’umo e gli animali, tra l’uomo e la natura esista un equilibrio fondamentale, basato appunto sul rispetto. Un tema questo che negli ultimi anni va conquistando sempre maggiore audience nella sensibilità comune, ma che rimane, purtroppo, sempre in minoranza rispetto alle manifestazioni d’indifferenza, crudeltà, cattiveria ed egoi-
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smo che “l’Uomo” continua a commettere nei confronti dei nostri migliori amici gli animali, TRADENDO così un’AMICIZIA insostituibile e fondamentale per ogni individuo. Una amicizia che è una vera e propria pet terapy . I nostri amici animali sanno amarci senza giudicare, sanno esserci quando ci sentiamo soli e nessuno sembra capirci, sanno sopportare i nostri malumori, e in cambio cercano solo un po’ d’amore e di rispetto, veramente poca cosa rispetto a tutto quello che sanno darci considerando che tra gli uomini e gli animali, sono gli uomini quelli che hanno evoluto una coscienza, una morale e un’etica, che li ha portati a decidere del proprio destino e purtroppo anche quello della natura. Basti pensare a tutti gli animali uccisi per farne pellicce o per il gusto di mostrare un trofeo o ancora quelli uccisi in nome di una medicina tradizionale, soprattutto nei paesi orientali, che non ha scopi terapeutici, ma si basa solo ed esclusivamente su credenze popolari. In natura sia gli uomini che gli animali nascono, vivono, si riproducono e muoiono. Ma nel caso degli animali non sempre la morte avviene per un decorso naturale, spesso la cattiveria umana accelera la sua dipartita. Sembra quasi che il dolore sia esso fisico, o per la perdita di un figlio sia soltanto un aspetto umano. Il genere umano non coglie il dolore che un animale trova per il male inflitto, non coglie l’amore che prova per i suoi cuccioli, la sua lotta per salvarli a costo di perdere la propria vita. In questa lotta inpari, alcune persone, i cosiddetti volontari, cercano di aiutare come possono, provvedendo al sostentamento, alle cure dei nostri amici animali. Kristina
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La mattina inizia con un quadrifoglio trovato e l’auto delle pompe funebri che parcheggia. D’altra parte sto entrando in un hospice per un corso. Ascolto riflessioni e le associo a volti incontrati. Fuori il rumore del tosaerba. Ognuno è al suo posto nel mondo, e fa il suo mestiere. Qualcuno vive, qualcuno sta morendo. Incrocio due cani scodinzolanti nel corridoio, qui hanno introdotto la pet therapy. C’è un incrocio di normale quotidianità e di tempo sospeso, tempo greve, tempo di dolore. Chiacchieriamo nel break, prendiamo il caffè. Qui si avverte con più consapevolezza com’è la vita, intreccio costante di vita e di morte, di ordinario quotidiano e di straordinario accadimento. Esco e proseguo la mia giornata lavorativa. La sera, davanti a un succo di pomodoro aspettando l’ora di inizio di un altro corso, guardo l’uomo anziano che gioca alla macchinetta di non so che gioco. È assorto nel gesto ripetitivo di pigiare un tasto e guardare. Pigia e guarda. In solitudine, mentre intorno c’è il chiacchiericcio dell’happy hour. Frammenti di vita, isole che si incrociano e non si incontrano, non si conoscono. Non è né bello né brutto. È semplicemente così. Arriva la mia amica e collega: vite che si incontrano da molti anni. Lo sguardo si chiude su di noi, sul nostro parlare. La vita scorre, e noi con lei. sguardiepercorsi
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DA 40 ANNI NEL GRUPPO AL-ANON
Mi presento, sono un Al-anon, dopo 40 anni che frequento il gruppo, voglio per prima cosa ringraziare tutte le persone che hanno fatto parte di questa realtà. Sono diventate la mia seconda famiglia. Il Potere Superiore che io chiamo Dio mi ha regalato l’opportunità di una nuova vita e questa è la famiglia degli Al-anon. Dopo 18 anni di matrimonio la convivenza era molto peggiorata: urla, liti, delusioni, ecc... ecc... Anche il medico mi disse di rassegnarmi perchè non c’era più nulla che si potesse fare, non c’era via di salvezza per me e la mia famiglia. Un benedetto giorno una vicina di casa mi diede un articolo su una rivista che scriveva di un gruppo di Alcolisti Anonimi che era stato
da poco avviato a Brescia. Illuminazione o Dio, abbiamo iniziato a frequentare questa realtà, perchè affiancato agli Alcolisti Anonimi ci sono gli Al-anon: cioè il gruppo che aiuta le famiglie degli alcolisti. Anno dopo anno ne sono passati 40 e sono la metà dei miei anni... con la consapevolezza che la seconda parte è stata sicuramente migliore e costruita su basi d’amore, condivisione e fratellanza. Invito tutte le persone che hanno bisogno di cambiare la propria vita e renderla più serena di non avere timore di chiamare o di frequentare questa realtà. Mariarosa Info 334 65 18 186
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COS'E' L'OSTEOPATIA? L’osteopatia è un sistema di diagnosi e trattamento che utilizza esclusivamente tecniche manuali (senza ricorrere all’uso di farmaci) per trattare diverse patologie. È una scienza che si basa sulla profonda conoscenza dell’anatomia e della fisiologia del corpo umano, che si avvale sempre di un approccio causale e non sintomatico (ciò significa che l’osteopata va sempre a ricercare la causa del dolore e non si limita a trattare la zona sintomatica). Non si inquadra come medicina alternativa, ma bensì come medicina complementare, in quanto, l’osteopata può approcciarsi al paziente come unico professionista oppure affiancarsi alla medicina tradizionale e lavorare in equipe con altri specialisti per affrontare un disturbo specifico. Si tratta di una terapia incentrata sulla salute e non sulla malattia, che ha come obiettivo principale la ricerca del benessere psico-fisico della persona.
Quando rivolgersi all'Osteopata? Il trattamento osteopatico è adatto a persone di tutte le età, bambini, adulti, sportivi e anziani. È indicato per problematiche dell’apparato muscolo-scheletrico (lombalgia, cervicalgia, contratture muscolari, tendiniti..), della sfera viscerale (reflusso, gastriti, stipsi..), del sistema neurovegetativo (insonnia, stress…) e altre problematiche come emicrania, cefalee, sindrome del tunnel carpale, sinusiti, plagiocefalia. Come si svolge una seduta dall’osteopata? Una seduta dura all’incirca dai 45 ai 60 minuti. Dopo aver eseguito un’anamnesi conoscitiva, l’osteopata valuta attentamente la postura del paziente e la mobilità delle varie strutture corporee attraverso dei test palpatori. Una volta individuati i punti da trattare applica delle tecniche specifiche dolci che hanno lo scopo di allentare le tensioni e riportare le strutture nella corretta posizione. Dott.ssa Elisa Cerutti
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La scala di Santa Fe:
un miracolo che la scienza non sa spiegare! Nel 1872 il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto, per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi dopo un lungo pellegrinaggio. Le suore affidarono il lavoro all’architetto P. Mouly. I lavori durarono cinque anni ma il risultato fu davvero sbalorditivo.Tutto sembrava perfetto, finché le suore non si resero conto che non vi era alcun accesso per il coro: non era stata costruita una scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. L’architetto Mouly era morto, e le suore furono costrette ad ingaggiare diversi ingegneri che, nonostante gli sforzi, non trovarono alcuna soluzione plausibile: il danno era fatto! Come se non bastasse, finirono anche i soldi. Le suore iniziarono a pregare e decisero di fare una novena a San Giuseppe, cui la cappella era dedicata. Pregarono giorno e notte. Il miracolo della scala di Santa Fe Il nono giorno si presentò uno sconosciuto e disse che avrebbe pensato lui alla costruzione della scala. Le suore, non avendo ricevuto valide alternative, decisero di accettare la proposta. Il falegname chiese di poter essere lasciato solo
durante i lavori. Capitava però che qualche suora, passando di lì, desse una sbirciatina. Ciò che stupì a chi osservava da lontano furono gli attrezzi che adoperava: una sega, un goniometro e un martello. Utilizzava cavicchi al posto dei chiodi ed immergeva pezzi di legno in un secchio d’acqua. Lavorò per ben tre mesi e al
Breve documentario sul miracolo della Scala di Santa Fe 40
termine dell’opera sparì senza chiedere alcun compenso. Le suore, grate al falegname, iniziarono a cercarlo ovunque ma non fu mai trovato: tutti dissero di non averlo mai visto prima. La scala, con doppia spirale, sembra come sospesa senza punti d’appoggio. Assemblata senza alcun chiodo e realizzata con legno sconosciuto, composta da ben trentatre gradini: gli anni di Gesù. É la scala della chiesa di Our Lady of Loreto a Santa Fé, nel New Mexico. Costruita nel 1873, viene visitata ogni giorno da centinaia di persone, oltre 230 mila ogni anno. Nonostante il trascorrere del tempo e le migliaia
ITINERARI
di persone che quotidianamente la calpestano, la scala di Santa Fe non presenta alcun segno di usura. Chi percorre i gradini dice di provare una sensazione gradevole, quasi mistica.
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CROCE ROSSA: DUE CELEBRAZIONI DA RICORDARE CROCE ROSSA del COMITATO DI CALVISANO Due sono lo ricorrenze importante che cadono nel mese di aprile: giovedi 22 è la Giornata della Terra, giorno dedicato alla celebrazione dell’ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra. La data scelta dalle nazioni Unite cade esattamente un mese e un giorno dopo l’equinozio di primavera ed ha come obiettivo (coinvolgendo più nazioni possibile) quello di informare ed educare ad un corretto comportamento di rispetto dell’ambiente ponendo l’accento sull’importanza della conservazione delle risorse naturali della Terra e valutando le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi (piante e specie animali a rischio estinzione) e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Il Comitato di Calvisano della Croce Rossa Italiana approfitta di questa ricorrenza per celebrare una specie animale fondamentale per la regolazione dell’ecosistema ed il mantenimento della biodiversità: le api. Le api, infatti, sono fondamentali per l’impollinazione, attività indispensabile per la vita della maggior parte delle piante, spontanee o domestiche. Purtroppo, però, nonostante l’importanza del lavoro svolto la loro stessa
esistenza è messa a rischio proprio dalle attività umane. Il riscaldamento globale, causato dall’inquinamento, sta infatti stravolgendo i loro ritmi vitali; l’innalzamento delle temperature e la conseguente bizzarria delle stagioni causano il rischio concreto di trovare il polline quando le api non sono ancora pronte a raccoglierlo o, viceversa, di avere fioriture vuote senza nutrimento sufficiente per alimentare lo sciame. Non solo: il cambiamento climatico sta anche favorendo la diffusione dei parassiti che distruggono gli alveari. A ciò poi va aggiunto l’uso massic-
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cio di pesticidi e sostanze nocive come il glisolfato (molto usato negli erbicidi) da parte di alcuni settori dell’agricoltura e che, trasportate dall’aria, intossicano l’habitat delle api. Tra gli obiettivi specifici dell’attività della Croce Rossa Italiana vogliamo ricordare “migliorare lo stato di salute delle persone e delle comunità” e “costruire comunità più sicure attraverso la promozione della salute”. Non è un caso, quindi, che il riconoscimento dell’importanza della vita e dell’attività svolta da queste piccole amiche ci spinga ed incentivare il più possibile l’abitudine al rispetto per il loro lavoro, approfittando anche del secondo importante evento che cade questa settimana: il 23 aprile di ogni anno si celebra la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore (patrocinato dall’UNESCO), con lo scopo di promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la protezione della proprietà intellettuale. Trovandoci ancora in una situazione di emergenza sanitaria che, se pure in via di miglioramento, non permette ancora di poter organizzare iniziative o eventi in presenza, il comitato di Calvisano della Croce Rossa Italiana ha preparato un piccolo ricordo da distribuire alle biblioteche della nostra zona: a partire da questa settimana, le biblioteche che daranno gentile disponibilità potranno inserire all’interno dei libri da dare in prestito un segnalibro con alcuni consigli di lettura sulla tematica dell’importanza delle api (suddivisi in letture indicate per bambini ed altre per adulti). Oltre ad avere un simpatico ricordino
delle due giornate internazionali è possibile prendere spunto per poter scegliere qualche interessante lettura adatta ad ogni fascia d’età. Ricordiamo che la Croce Rossa Italiana oltre a pianificare ed implementare attività e progetti di assistenza sanitaria e di tutela e promozione della salute, incoraggia “lo sviluppo dell’individuo, che passa necessariamente anche attraverso la promozione della salute, intesa come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, che richiede quindi un approccio globale ed integrato all’individuo, basato sulla persona nel suo intero e nei diversi aspetti della sua vita”. La lettura, l’informazione e l’educazione rappresentano aspetti importantissimi per il sano sviluppo delle persone, a partire dalla più tenera età e non possono prescindere l’una dalle altre. Per questo motivo, in assenza di altre opportunità di divulgazione, il Comitato di Calvisano della Croce Rossa Italiana ha voluto cogliere questa occasione per unire le due importanti celebrazioni. Croce Rossa Italiana Comitato di Calvisano Via dell’industria 1 Tel. 030 99 68 533 email: calvisano@cri.it 43
Teenager
La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit) è una miniserie televisiva drammatica statunitense creata da Scott Frank e Allan Scott, distribuita in streaming il 23 ottobre 2020 su Netflix. La serie è basata sull’omonimo romanzo del 1983 di Walter Tevis. Il titolo originale della miniserie, come quello del romanzo, si riferisce al gambetto di donna, un’apertura scacchistica. La serie esplora la vita di una bambina prodigio degli scacchi, orfana, di nome Beth Harmon, seguendo le sue vicissitudini dall’età di otto ai ventidue anni, mentre lotta contro la dipendenza da alcol e psicofarmaci nel tentativo di diventare grande maestro di scacchi. Trama La serie inizia ambientata negli anni ‘50, in un orfanotrofio femminile, dove Beth, bambina di otto anni, incontra Jolene, una ragazza vivace e amichevole di qualche anno più grande; Helen Deardorff 44
è la donna che gestisce l’orfanotrofio e il signor Shaibel, custode dell’orfanotrofio, impartisce a Beth le sue prime lezioni di scacchi. Come era comune negli anni ‘50, l’orfanotrofio distribuisce quotidianamente pillole tranquillanti alle ragazze, il che si trasforma in una dipendenza per Beth. Pochi anni dopo, Beth viene adottata da Alma Wheatley e suo marito, che vengono da Lexington, Kentucky. Nella sua nuova casa, Beth decide di iniziare a partecipare a tornei di scacchi. Vince molte partite venendo notata da altri e sviluppa amicizie con diverse persone, tra cui Harry Beltik, Benny Watts e Townes. Lungo la strada, mentre continua a vincere partite e diventa più famosa, diventa anche più dipendente da farmaci e alcol, e inizia a perdere il controllo della sua vita. Tuttavia alla fine sconfigge il campione del mondo di scacchi russo, Vasily Borgov, a Mosca, in una partita spettacolare, in cui lei effettivamente gioca un gambetto di donna. Il suo trionfo ha vari livelli simbolici: un giocatore di scacchi statunitense sconfigge un grande maestro russo; una donna molto giovane sconfigge un uomo più anziano; una donna si impone in un ambiente dominato dagli uomini. Puntate I titoli delle puntate fanno riferimento a termini scacchistici, nell’ordine ad apertura, cambio, pedone doppiato, mediogioco, forchetta, aggiornamento, finale. Audience Il 28 ottobre 2020, La regina degli scacchi diventa la serie più vista del giorno su Netflix. A 28 giorni dalla messa in onda è stata vista da circa 62 milioni di persone, classificandosi come la serie esclusiva Netflix con sceneggiatura non originale più vista di sempre. Critica Sul sito web aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, la serie ha ottenuto un punteggio medio di 8,06/10 e una percentuale di approvazione del 99%, basata su 76 recensioni. Il commento del sito recita: «Le sue mosse non sono sempre perfette, ma tra la performance magnetica di Anya Taylor-Joy, la cura ottima nella realizzazione dei dettagli d’epoca e una sceneggiatura emotiva e intelligente, rendono La regina degli scacchi una vittoria assoluta». Mentre sul sito Metacritic, che usa una media ponderata, ha assegnato alla serie un punteggio medio di 79 su 100,
Teenager
basandosi su 28 critici, indicandone che le «recensioni sono generalmente favorevoli». Golden Globe • 2021 – Miglior miniserie
• 2021 – Miglior attrice in una mini-serie o film per la televisione (Anya Taylor-Joy) Ilaria Boffetti
CITAZIONI: “La Regina degli scacchi” Quelle come te non hanno vita facile. Sei due facce della stessa medaglia; da una parte il talento, dall’altra il prezzo da pagare. Non si può dire quale sarà il tuo di prezzo, avrai il tuo momento di gloria, ma questo non durerà, tu hai così tanta rabbia dentro, devi fare attenzione. (Mr Scheibel, il vecchio custode dell’orfanotrofio) La rabbia è una potente spezia, un pizzico ti risveglia, troppa ti ottunde i sensi. (Harry Beltik) Le persone si accontentano di tutto per poter dire di aver qualcosa. (Alice Harmon, madre di Beth Harmon)
Spesso le persone sembrano dirci qualcosa per il nostro bene ma è per il nostro male. (Alice Harmon, madre di Beth Harmon) Non devi avere paura del buio, anzi, oserei dire che non devi avere paura di nulla, una persona forte è una persona che non teme di stare da sola. Sono altre le persone di cui preoccuparti, quelle persone che ti dicono cosa fare e cosa provare, in un batter d’occhio hai sprecato la tua vita cercando qualcosa che altre persone ti hanno detto di cercare. Un giorno rimarrai tutta sola, quindi devi imparare a prenderti cura di te stessa. (Alice Harmon, madre di Beth Harmon)
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RIDIAMOCI SOPRA
Tutte le donne aspettano l’uomo della loro vita, però, nel frattempo si sposano. Una signora incinta va da un medico esperto in manipolazioni genetiche: “Dottore, visto che mio marito è un gran cafone e io sono incinta di 2 gemelli, vorrei che loro non siano come lui. Può fare qualcosa?!?!”. “Certo signora, ho il programma “Buoneducationes extremis”. Non abbia paura”. La signora fa una cura di 30 giorni e al nono mese aspetta impaziente... niente... 10 mesi... niente... 11 mesi... 12 mesi... 24... 30... 40... Il pancione è arrivato ad una dimensione abnorme. Il medico guarda nella magica fessura e vede i due gemelli che fanno: “Prego, prima tu!”. “Ma figurati, prima tu!”. “No maddai, prima tu...” “Papà, mi devi dare 10 mila euro perché ho messo incinta una ragazza”. Secondo figlio: “Papà, mi devi dare 10 mila euro perché ho messo incinta una ragazza”. Arriva la figlia: “Papà sono incinta”. “Oh finalmente si incassa”.
Allo zoo: “Signori e signore, vedete questo serpente? È un pitone ed è capace di ingoiare una vacca. Signora, stia lontana!”. Un poliziotto ferma un automobilista. Si affaccia al suo finestrino e gli dice: “Signore, dovrebbe soffiare dentro questo tubicino per analizzare il suo tasso alcolico”. “Mi dispiace agente, ma non posso, sono asmatico e se soffiassi in quel tubo mi verrebbe un terribile attacco d’asma”. “Bene, allora dovrà venire con me alla centrale per un campione di sangue”. “Non posso farlo agente, sono anemico, potrei morire dissanguato”. “Allora dovremo prendere un campione di urine”. “Mi dispiace agente, ma sono anche affetto da una malattia renale e se lo facessi potrei andare incontro a una grave disidratazione”. “Ok, ok, allora scenda dalla macchina e cammini lungo questa linea bianca”. “Non posso farlo agente...”. “E perché?!?”. “Perché sono troppo ubriaco per farlo...”. Riflessioni
IL VALORE DI UNA STRETTA DI MANO Una vecchia trattativa di circa 20 anni fa di un toro fascionato che ha fatto la Fiera di Rovato. Foto d’altri tempi ma soprattutto con modalità contrattuali ben diverse da quelle dei nostri giorni. Una stretta di mano che valeva più di mille documenti firmati e dove la parola data aveva un valore inestimabile.
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Miss New Entry 2021
Miss Ne
Nelle giornate di mercoledì 7 aprile, giovedì 8 venerdì 9 aprile e di oggi, sabato 10 aprile 2021 il nostro programma di controllo delle votazioni relativo al Concorso Miss New Entry 2021 ha riscontrato diverse anomalie sul 15 sistema di votazione indicandoci Nicole che molti utenti hanno potuto effettuare più di una votazione trovando un modo per sviare le restrizioni del sistema. Di conseguenza, gli organizzatori in completo accordo con Vittoria e Nicole hanno deciso di annullare definitivamente questa ultima fase senza decretare Miss New Entry 2021 e come premio per il raggiungimento alla fase finale, provvederemo a realizzare delle interviste a tutte e quattro le finaliste in modo da conoscerle meglio da vicino. Ci scusiamo comunque con tutti coloro che hanno votato onestamente durante il concorso e li ringraziamo per il tempo a noi dedicato. 48
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Miss New Entry
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OROSCOPO dal 19 al 30 Aprile 2021 ARIETE 21/03 - 20/04 Non credete a ciò che gli altri vi raccontano: l’istinto vi segnala se sono sinceri oppure no. Troppo forte la nostalgia per una donna perduta, tradirla è stato un errore fatale, ma scrivetegli: vi ha perdonato!
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GEMELLI 21/05 - 21/06 Una volta tanto d’accordo con mammina e suocera, che vi elargiscono consigli preziosi su come pulire casa e preparare il piatto preferito del vostro lui. Incredibile alleanza, durerà?
CANCRO 22/06 - 22/07 Lavorate costantemente sul vostro modo di reagire in questo periodo, specie per quel che riguarda le critiche o le problematiche quotidiane. Talvolta siete esagerati e non volete proprio prenderne coscienza.
LEONE 23/07 - 23/08 Coccole e un lungo bagno rilassante con bollicine profumate insieme alla persona del cuore, magari anche due flûte di spumante sul vassoio galleggiante. Giorni romanticii da vivere a fianco di chi vi ama.
VERGINE 24/08 - 22/09 Giornate un po’ noiose senza meta... per chi è sposato. Solitari in cerca d’avventura: la tipetta che vi presentano non è niente male, ma qualcosa nel suo atteggiamento non vi convince, probabile che bluffi.
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(una volta fissato e pagato l’appuntamento sarà Lady Marianne a richiamare il cliente) #arcomagicoitalia @arcomagico arcomagico www.arcomagico.com BILANCIA 23/09 - 22/10 Gioco erotico sì, ma improntato al romanticismo, il piacere primario è quello di stare insieme al vostro lui, comunicandovi amore anche attraverso la pelle. Qualche nostalgia del passato riappare...
SCORPIONE 23/10 - 22/11 Le vostre antenne captano lontano, ripensate al passato scoprendo collegamenti interessanti con il “qui e ora”, ma la fantasia vi porta anche più in là pensando in futuro come un film già lo create con la mente.
SAGITTARIO 23/11 - 21/12 Le vostre amiche vi tacciano di essere antiquate, incapaci di gestire una relazione. Tante idee ma confuse, soggette alle emozioni del momento. Lasciatele decantare prima di orientarvi in qualsiasi direzione.
CAPRICORNO 22/12 - 20/01 Anche se vi rimbeccate spesso, alle donne di famiglia volete un gran bene, perfino alla suocera che scoprendolo vi commuove. Buon momento anche per gli affari con entrate a sorpresa.
ACQUARIO 21/01 - 19/02 Estasiate da un appuntamento che vi fa battere il cuore a mille. Questa volta lo sentite, è l’uomo/donna giusto/a, su misura per voi. Qualche grattacapo con un collega sul lavoro ma nulla di grave.
PESCI 20/02 - 20/03 Vita spericolata ma solo sul fronte amoroso, sul lavoro, in giacca e cravatta, sembrate un altro: soltanto voi sapete chi siete davvero! Cuore e testa lavorano in team, per regalarvi entusiasmo e ottimismo... 51
Riflessioni
LA STATUA DELLA LIBERTÀ Le cascine di una volta erano solitamente costruite vicino a dei grossi fossi, per avere la possibilità di poter abbeverare facilmente gli animali allevati. Anche la cascina Canova, dove sono nato, sorgeva vicino al Canale Longhena, usato anche per l’irrigazione dei campi. Quand’ero bambino era un fosso di una certa dimensione, le sue rive incorniciate da giganteschi alberi, erano l’habitat ideale per moltissimi animali, oggigiorno si è un po’ ridimensionato e gli alberi seccati dal tempo, non sono più stati rimpiazzati. Mi ricordo che il nostro cascinale era frequentato da persone alquanto singolari; ogni tanto passava lo stagnaro (tappava i buchi dei recipienti in metallo), l’arrotino (che affilava i coltelli), e c’era un simpaticissimo signore molto anziano che passava un paio di volte al mese con una specie di ape car tutta scoperta, lo chiamavamo Angili dei pom perché aveva sempre qualche cassetta di mele, ma non solo, vendeva anche cinture, bretelle, calzini, cappelli, e una mattina aveva dei bellissimi cappellini di paglia; mio papà me ne mise in testa uno, mi stava a pennello; “Giordano, è perfetto, ti sta benissimo, adesso che il sole comincia a scottare, ti serve proprio,” e me lo comprò. Com’ero contento, un cappellino nuovo tutto mio, era adornato da una striscia azzurra, mi sembrava di portare in testa un pezzo di nuvola. L’ indomani mattina io e mia sorella, andammo, assieme ad altri bambini delle cascine vicine, a giocare sul ponte Longhena, che collegava la strada ai nostri cascinali, non essendo dotato di parapetto, i nostri genitori non erano affatto contenti vi stessimo sopra, ma come si sa, i bambini fanno quasi sempre il contrario di quanto raccomandato. Stavamo facendo la gara a chi tirava più lontano i sassi nel fosso, quando ho sentito una spinta alle mie spalle e sono caduto nel canale, nell’ andare giù il mio bellissimo cappellino mi si era tolto, ed era caduto sul pelo dell’acqua, ma io velocissi52
mo lo afferrai con la mano destra e lo tenni con il braccio alto per non farlo bagnare. Poco più avanti era abbassata la chiavica per l’irrigazione e per questo motivo l’acqua era molto alta, (bisogna considerare che all’epoca avevo 5 anni), mi toccava il mento e per respirare bene dovevo tenere la testa all’indietro, ma il mio cappellino nuovo, non lo lasciavo. Mia sorella mi disse: <Giordano, stai tranquillo, non muoverti, vado subito a chiamare la mamma”; passarono minuti interminabili, finalmente mia mamma arrivò in bici, quando guardò giù dal ponte non riuscì a trattenere un urlo terribile, poi cominciò a correre da una parte all’altra in cerca di una soluzione, si attaccò al ramo di un’albero piantato sulla riva e si calò in mezzo ad un cespuglio di ortiche, protese il braccio verso di me, mancava almeno un metro per toccarla; “Giordano, lascia il cappellino e vieni verso di me”, ma io che ero ancora con il braccio rivolto in alto, non lo avrei lasciato per nulla al mondo, feci due passi verso mia mamma, ma finii in una buca e l’acqua mi superò gli occhi, allora tornai indietro, mia ma-
Riflessioni
dre era disperata, continuava a ripetere: <ti prego dammi la mano, ti prego, non riesco a prenderti>, io non volevo che l’acqua mi superasse la faccia, mi sentivo soffocare. Dopo diversi tentativi a vuoto, risalii sulla riva e rivolgendosi a mia sorella che nel frattempo era ritornata di corsa gli disse: “Irene stai con Giordano, continua a parlargli, tienilo calmo, vado a cercare il papà”. Mio padre stava andando con il trattore in un campo lontano con del fieno, mi ricordo che pensavo “io ieri sera ho recitato l’Angelo di Dio che sei il mio Custode, perché allora sono finito nel fosso? Dov’è il mio Angelo?, Magari se lo prego adesso lui mi prende per il braccio e mi tira fuori, e allora ho cominciato: “Angelo di Dio......” Continuavo a ripeterlo, non so quante volte, ed il tempo passava passava, finché mia sorella cominciò ad urlare: <sta arrivando il papàaa>, sentii il motore del Ferguson che si avvicinava, fino a diventare un boato, il ranghinatore che aveva attaccato dietro, sbatteva contro gli alberi che erano lungo la stradina per la gran velocità, poi una gigantesca nube di polvere coprì il fosso, mio padre saltò giù dal trattore e cominciò a gridare: “sono qua Giordano, sono quaaaa”, vidi la sua ombra alle mie spalle, saltò giù direttamente dal ponte formando una bomba d’acqua che mi sommerse completamente, poi mi prese, sentivo le sue dita stringermi come tenaglie, mi abbracciò fortissimo; “hai visto che sono arrivato? Adesso usciamo subito dall’acqua”, arrivò anche mia mamma in bici, mi disse piangendo: <adesso il braccio puoi tirarlo giù, dallo a me il cappellino>, ma il mio braccino e le dita si erano atrofizzati non riuscivo neanche ad aprire la mano. Mio padre disse alla mamma di correre ad accendere il camino e far scaldare un paiolo di acqua, “l’è fret gelat, puari’. Non era una giornata particolarmente fredda, ma ero stato talmente tanto nell’acqua del fosso che ero diventato bianco come la carta. Finalmente arrivammo in cascina, mi misero vicino al fuoco, piano piano abbassarono il braccio,
mi aprirono le dita della mano e tolsero il mio cappellino, mia nonna Elena non sapeva ancora cosa fosse successo di preciso, e così mio padre cominciò a raccontare: <mamo’, avresti dovuto vederlo il nostro Giordano, nonostante avesse l’acqua alla gola, non ha fatto bagnare il cappellino nuovo che gli ho regalato, era là con il braccio in alto, sembrava la Statua della Libertà; el ga en coragio de leu’!>. Poco ci manca che mia nonna stramazzasse a terra, poi staccò il crocefisso dal muro e cominciò a baciarlo, e rivolgendosi alla foto di mio nonno Oddone gli disse: <ghet sintit cusa el ga fat nost neut?, ringrazia tutti li in alto>. Per giorni e giorni mio padre raccontò a tutti quelli che passavano per la nostra cascina del mio gesto “eroico” ed ogni volta terminava sempre con: “sembrava la Statua della Libertà”. Questo lontano episodio che ancora ricordo perfettamente, ritengo sia stato fra quelli più importanti e fondamentali per la formazione dello straordinario rapporto d’affetto, di amicizia, di complicità, di stima che per tutta la vita ha unito me e mio papà; un rapporto che neppure la morte ha diviso. Giordano
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L’INTERVISTA
ALESSIA DONATO
STUDENTESSA, FITMODEL E BRAND AMBASSADOR Mens sana in corpore sano. Alessia Donato è l’esempio di come bellezza, intraprendenza e forza di volontà possano unirsi in un tutt’uno. Studentessa universitaria, brand ambassador, fitness model e coach online per quelle ragazze che decidono di seguire un percorso che le faccia star meglio con se stesse. Un uragano di idee che l’ha portata ad essere sempre più seguita sui social e a diventare testimonial di numerose aziende nel settore benessere. Riavvolgiamo il nastro: Alessia Donato, 19 anni, da Torino. Eccomi, sono io! Nella vita lavoro e studio, insomma non mi fermo mai… Ho frequentato due anni di liceo linguistico internazionale, parlo inglese e spagnolo, e sono diplomata al liceo delle Scienze umane socio-economico. Attualmente frequento la facoltà di Scienze Motorie e lavoro come coach online seguendo diverse ragazze, fornendo loro allenamento, consigli alimentari e supporto psicologico.
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Una svolta decisamente… fit. Sono contenta perché amo quello che faccio e ci metto molta passione, io in prima persona ho avuto un grande cambiamento fisico grazie all’allenamento con i pesi e ho voluto che diventasse la mia vita a 360 gradi. Per l’età che ho mi sento affermata socialmente, sono soddisfatta di me stessa e di quello che faccio. Ah, voglio ribadirlo: per me la famiglia ha un valore inestimabile. Amo i miei genitori e sono contenta di dare loro soddisfazione. Perché questa svolta verso il mondo fitness? La mia vocazione verso lo stile di vita sano nasce da mia madre, lei è da sempre un esempio per me in quanto atleta nella categoria Bikini over 35 nelle gare di bodybuilding. Ma un grazie speciale lo devo anche al mio preparatore Andrea Capocci, una persona a
L’INTERVISTA
cui devo moltissimo e che mi ha aiutata a diventare ciò che sono oggi, facendo della mia passione un vero e proprio lavoro. Ad oggi ho la fortuna di fare ciò che mi piace nella vita… vorrei che ciò non finisse mai! Questo cambiamento ti ha aperto strade davvero inaspettate. Ho in essere numerose collaborazioni con brand olistici, dall’abbigliamento fitness alle case di integrazione, ho recentemente collaborato con Yamamoto Nutrition, un’azienda Italiana dall’impronta internazionale. Amo mettere alla prova me stessa, puntando sempre al meglio. Spesso collaboro anche con brand del settore abbigliamento e/o beauty. Ci tengo sempre che la mia femminilità emerga in ciò che faccio. Un’immagine che traspare anche vedendo il tuo account Instagram. Che rapporto hai con i social? Amo condividere contenuti fitness con i miei followers, dare consigli utili e pubblicare ricette fit nella mia rubrica alimentare. Amo trasmettere un’immagine sicura di me, e dare un’idea
di bellezza sana e in forma rispetto ai canoni odierni. C’è spazio anche per la tua immagine. Confermo, mi piace condividere anche scatti glamour, ma non sopporto l’idea di cadere sul banale con foto volgari. Ci tengo che la mia immagine rimanga sempre professionale, in quanto desidero essere una figura di riferimento per molte ragazze. Una passione, per la fotografia, diventata sempre più seria. Collaboro con diversi fotografi in Torino, ho recentemente partecipato alla Photography fashion weekend. Mi piace condividere il progetto insieme al fotografo e… svilupparlo al meglio! Inoltre, ho frequentato l’accademia di Ezio Fontana per mettere in pratica le mie abilità con il make-up, ottenendo un attestato come corso di trucco base. Che ragazza è Alessia Donato nel quotidiano? 55
L’INTERVISTA
Per quanto possa sembrare, in realtà sono molto semplice: sono spesso in tuta e mi trucco poco, ma non sono mai trasandata. Ci tengo che i miei capelli e le mie unghie siano sempre a posto. Quando devo uscire con le mie amiche però... non mi risparmio nulla! Amo mettermi in tiro ed essere femminile. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/alessiadonat0/
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Racconti
L’INCIDENTE Il sole si tuffava nel lago di fronte alla terrazza del piccolo albergo dove alloggiavano, proprio dietro l’isoletta dove si coltivava lo zafferano. Arturo e Carlotta si godevano il tramonto fumando una sigaretta in relax dopo una giornata passata girovagando in moto sui dolci pendii dell’Appennino, a cui era seguita una doccia bollente. Osservavano i passanti sulla strada sotto di loro e ridevano come bambini per ogni sciocchezza che gli passava per la mente. Faceva ancora caldo, in quello scorcio d’autunno, e nugoli di moscerini si alzavano dai canneti sulla riva. Arturo decise che la mattina seguente sarebbero passati da una cittadina poco lontano: aveva letto che il centro storico era particolarmente bello, ricco di vestigia medioevali e pieno di piccoli ristoranti dove assaggiare specialità locali, lontano dal frastuono del traffico. Quella notte giocarono all’amore come due adolescenti, baciandosi e accarezzandosi fino allo sfinimento, poi si addormentarono abbracciati fantasticando sui giorni che li attendevano. Partirono così, leggeri come l’aria, vestiti solo della loro allegria. Carlotta, seduta dietro, ogni tanto allargava le braccia come se volesse spiccare il volo, mentre Arturo si godeva le vibrazioni del bi-
cilindrico che sornione ronfava tra le sue ginocchia, pennellando le curve con dolcezza, senza fretta, assaporando i profumi della campagna e l’aria tiepida che gli solleticava il viso. Di tanto in tanto allungava la mano sinistra sulla coscia di lei e l’accarezzava, sorridendo sotto il casco. Si accodò ben presto a una piccola colonna di macchine, frenata da un trattore che non voleva saperne di superare i quaranta all’ora. Scalò due marce e attese il momento propizio per lasciarsi alle spalle i fumi di scarico delle automobili davanti a lui. Poco dopo, un lungo rettilineo si srotolò davanti al suo parabrezza, come una ferita nella campagna ondulata che profumava ancora d’erba appena tagliata, così Arturo mise la freccia a sinistra e iniziò la manovra. Accelerò piano, attento ai movimenti delle macchine che sfilavano sulla sua destra, sbirciando nei loro abitacoli per capire se l’autista li avesse notati. Non riuscì nemmeno a frenare, potè solo urlare il suo terrore con tutto il fiato che aveva in gola. Carlotta aveva le braccia aperte e gli occhi chiusi, mentre volava e si chiedeva se stesse sognando. Strizzò le palpebre con una smorfia, quasi volesse trattenere la vita con le ciglia. Tutto era così lento, così silenzioso, così irreale,
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Racconti
come se il mondo avesse perso d’un tratto i suoi colori e i suoi rumori, dopo lo schianto e il rosso delle scintille. Quando atterrò si sentì invasa da milioni di insetti che le camminavano sotto la pelle, e le punture di mille spine infuocate le fecero ricordare quella volta che da bambina, giocando ad arrampicarsi sugli alberi, cadde in un cespuglio di rovi vestita solo di una maglietta e di una gonna a fiori gialli. Cercava aria per i polmoni, mentre un caleidoscopio in bianco e nero le girava in testa e immaginava di essere legata supina a una tavola di legno irta di chiodi, in un locale angusto dove un sadico boia la stava torturando. “Perché?” fece in tempo a chiedersi, mentre le forze venivano meno e la coltre di una notte senza luna le scendeva dentro. Pensò di camminare lungo un sentiero di campagna dove scorse l’imboccatura di un profondissimo pozzo. Vi si affacciò e vide sul fondo la tela tessuta da un enorme ragno dagli occhi buoni, che muoveva piano le lunghe zampe calamitandola a sé. L’urlo della sirena, sentito da dentro l’ambulanza, era ovattato, continuo e angosciante. Il caldo orgasmo della morfina l’avvolse, e finalmente potè piangere un po’. Mentre si trovava fuori da quella porta verde, Arturo ebbe a che fare per l’ennesima volta con un loop: non poteva fare a meno di pensare che quella trama l’aveva scritta lui, e gli tornò vivida alla mente la lezione di un suo vecchio maestro, secoli prima: “tu sei i tuoi pensieri. Credi siano evanescenti, ma prendono vita e li proietti fuori di te. Tu, solo tu, sei il creatore del tuo futuro.” Si sorprese a chiedersi: quale castigo per tanto bene ricevuto? Quale pena espiare come contrappasso per il tempo che aveva passato felice? Che strada avrebbe imboccato, adesso? Le ore passavano lente, tra le sue mille domande. Quando finalmente la porta si aprì e gli permisero di entrare, stava prendendo un appunto sul suo block notes: “non si devono avere rim-
pianti. I rimorsi fanno parte del pacchetto regalo”. Poi la vide, bella come sempre, e smise di pensare. Mentre si incamminavano verso casa, molti mesi dopo, Arturo e Carlotta si abbracciavano, infreddoliti. La primavera era lì che li aspettava, e le giornate si erano fatte un po’ più lunghe. Arturo amava sempre guidare con le luci basse dell’alba e del tramonto, lo trovava terapeutico. Immaginava spesso di trovarsi a cavallo di una moto, con lei seduta dietro, guidando verso il mare per godersi una bottiglia di vino seduti sulla riva. Ridevano ancora come adolescenti guardando le persone che passeggiavano in tuta nel parco come se dovessero correre la maratona, mentre loro ingrassavano felici. Vicino al fiume, proprio di fronte al vecchio mulino, c’era uno spiazzo verde. Si sedettero e Arturo raccontò a Carlotta degli scheletri che custodiva gelosamente nel suo armadio segreto. Carlotta lo ascoltò a lungo, in silenzio, poi sorrise, lo accarezzò piano e gli sussurrò: “purtroppo il mondo non è gestito da coloro che hanno la musica dentro, ma sai? Tutto accade per una ragione. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, ma mi hanno promesso che ne sarebbe valsa la pena...” Massimo Zucca Noi che si accontentavamo di cose semplici ma che ci davano tanto divertimento.... Noi che “se ti faccio fare un giro con la bici nuova non devi cambiare le marce”. Noi che sognavamo un’avventura alla Ambrogio Fogar. Noi che con le 500 lire di carta ci venivano 10 pacchetti di figurine. Noi che la Domenica alle 19,30 vedevamo un tempo di una partita di calcio. Gelato Pantera Rosa 59
QUESTO È IL MIO NOME
di Micky
Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.
Monica
Il nome Monica, secondo alcuni studi etimologici, sarebbe di origine punica o fenicia. Deriverebbe, così, dal nome originale Monnica alterato nel greco Monica. Quest’alterazione del nome avvenne, presumibilmente, dopo l’associazione con il termine (sempre greco) monos il cui significato è “unico, uno solo”. Altre fonti, invece, riportano questo nome come derivazione del termine greco monake. In questo caso, il nome assumerebbe il significato di “monaco, eremita” o “solitario”. La sua diffusione in ambienti cristiani è dovuta soprattutto al culto e alla devozione verso Santa Monica. A partire dal 1960, questo nome andò molto in voga sia per imitarne l’uso della forma in altre lingue sia per la fama di alcune dive del tempo. Onomastico Viene festeggiata il 27 agosto in onore di di Santa Monica di Tagaste, madre di Sant’Ago-
AD ANTONIA
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Origine: punica o fenicia Parola chiave: ironia Numero portafortuna: 4 Colore: Blu Pietra Simbolo: Zaffiro Metallo: Oro Onomastico: 27 agosto Segno zodiacale corrispondente: Capricorno (Fonte: ilgiardinodegliilluminati.it)
Ed è Poesia
ANIME NEL VENTO
Non ti conoscevo molto, Ti ho incontrato poche volte, Più che sufficienti per capire Che bella persona eri, IL cielo si è arricchito di una Stella, Da oggi in poi ti vedrò di più, Mi basterà alzare lo sguardo. Ciao Antonia
stino patrona delle donne sposate, delle madri e delle vedove. Caratteristiche del nome Chi porta il nome Monica è una persona molto precisa, ma allo stesso tempo ironica. È un’ottima educatrice, detta regole e ama l’ordine. È, inoltre, una persona fedele sia nei rapporti sentimentali che in quelli di amicizia. Non conosce particolari debolezze e sa essere molto coerente sia con quello che dice che nei modi di agire.
“Archimia”
Giordano
Attingere il desiderio nell’inchiostro del cuore, trascrivere nella mente l’istante di passione, l’archimia travolge l’anima evolvendo in un’armoniosa passione. Scalvini Roberta
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AUTO D'EPOCA
ALFA ROMEO 156 GTA, L’ULTIMA “ROMANTICA” Lanciata nell’anno che cambiò per sempre la storia dell’era moderna, quel famigerato 2001, per una strana casualità proprio a Settembre. Chi non ricorda cosa stava facendo quell’11 Settembre di venti anni fa? Io ricordo tutto, con dovizia di particolari; era, a prescindere da tutto, il giorno prima del mio primo giorno di liceo, credo che forse lo avrei ricordato comunque, forse non così bene però. Siamo stati tutti testimoni di un giorno che doveva essere come tanti e che in realtà, non sarà mai più dimenticato. Erano gli anni dei Nokia 3310, ve lo ricordate ? Io si, era il sogno di ogni adolescente. E le scarpe della Fornarina? Praticamente vedevi il mondo da un’altra altitudine: chi le metteva, respirava aria migliore, più ossigenata diciamo. Ah… dimenticavo i pantaloni a zampa… Accorsi e Martina Stella sbancavano il botteghino consacrando di riflesso Muccino come uno dei migliori registi del nostro paese, e si parlò proprio dell’ultimo bacio. Motoristicamente parlando, erano anni in cui la corsa alla tecnologizzazione degli abitacoli era senza esclusione di colpi fra le case. I cambi robotizzati con paddles al volante erano l’altra grande novità di inizio millennio. Le macchine però, intendo dire le sportive, erano ancora dure e pure sotto tanti punti di vista. Al giorno d’oggi le auto di allora vengono spesso chiamate young timer, ma date retta ad un grande appassionato come me, in quegli anni crearono auto 62
eccelse, la 156 GTA è una di queste. Già la 156 2.5 V6 24 valvole, sorella più piccola della GTA era una bomba. In famiglia mio zio ne ebbe una, nera, interni in pelle Momo beige e poi quel V6, il Busso, considerato uno dei migliori V6 di sempre. Mentre sulla 2.5 sprigionava 192 CV sulla GTA la potenza sale a 250 CV, la cilindrata invece viene portata a 3.2 litri. Prestazioni notevolissime, 250km/h ma c’è chi giura che si possa andare anche oltre e o-100 coperto in 6.3 secondi. Interni in pelle con sedili avvolgenti, necessari se si vuole alzare il ritmo e divertirsi magari fra i tornanti di montagna. Ovviamente date le prestazioni l’impianto frenante fu aggiornato, usando dei Brembo con dischi da 305 mm davanti e 276 mm dietro. Anche i cerchi in lega sono dedicati, esteriormente solo un occhio particolarmente attento la riconosce, ha paraurti anteriori e posteriori dal design marcatamente sportivo, così come le minigonne laterali. Doppio scarico sul lato sinistro. Forse per riconoscerla da spenta serve un occhio da appassionato ma fidatevi che da accesa, magari durante un allungo verso i 6000 giri, si girerebbero a guardarla in tanti, quasi tutti. Già con lo scarico originale, ha un sound che scalda il cuore e si fa notare... tralascio i capitoli sulle modifiche di questa auto, perché si aprirebbe un capitolo infinito. Ne furono prodotte 1973 berlina e 1678 sport wagon, scelta che apprezzai, in fin dei conti sono tanti i papà
ANIME NEL VENTO
AUTO D'EPOCA
NONNO SILVIO
che guiderebbero volentieri una sw prestazionale, il mercato però ai tempi non ne offriva molte al di là delle tedesche. I prezzi però delle varie AMG, Audi S ed RS erano ben più alti. Cambio manuale o Selespeed? Ovviamente consiglio sempre il manuale su una sportiva. Gran Turismo Alleggerita, questo significa l’acronimo GTA. Sigla dei tempi d’oro di Alfa Romeo, riporta a infinti successi con le piccole e leggerissime coupe che misero in riga mezza Europa. La 156 GTA fu l’ultima berlina del biscione a montare il glorioso e leggendario V6 Busso, la 159 non fu più equipaggiata con questo V6 ma un altro che nulla ha a che spartire con il Busso. Lo sterzo fu adattato e reso ancora più diretto e sportivo in linea con l’anima dell’auto, bastavano 1,7 giri per una sterzata completa contro i 2,1 della versione standard. Lo stesso V6 della GTA montato sulla coeva GTV fecero dell’Alfa Romeo stradale, la più veloce di sempre con oltre 255 km/h. E’ un’auto di razza ad un prezzo tutto sommato accettabile con 30.000,00 € circa, si compra un esemplare con basso chilometraggio, tagliandi certificati e di sicura rivalutazione. Fu l’ultima berlina di Arese con il Busso e con quelle tre lettere iconiche nel suo nome… Antonio Gelmini Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com
E’ volato in cielo “nonno Silvio” emblema di dolcezza passione delicatezza soffusa tenerezza. Sorriso lieve battuta pronta prontezza allegra lo portavano a rapportarsi con grandi e piccini. Occhi luminosi intrecciavano liete fantasie parola buona donava a ciascuno. Un ricordo sovviene tanto chiaro da destare stupore. Lo rivedo nella giovinezza discorrere sereno con la moglie Silvana carezzati dal sole rallegrati dall’abbaiare brioso dell’amato cagnolino Tabarì. Anche per te un grazie per tutto l’amore a piene mani senza riserve che hai saputo donare per la riservatezza con cui hai solcato i passi della vita. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste 63
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