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e social network relativi all’anno che ci ha appena lasciato e francamente ne è uscito un quadro tutt’altro che positivo. Sicuramente l’aumento delle bollette e in generale dei prezzi su prodotti di prima necessità ha innescato ansia nelle famiglie ed è diventato sempre più difficile arrivare a fine mese. Un malessere generale unito alla paura che questa situazione possa perdurare per tutto il 2024 ed oltre.
Ma la nostra vita non è scandita dagli anni ma dagli attimi: c’è chi mentre gioiva per la nascita di un figlio, nella stanza a fianco c’era chi piangeva per la perdita del proprio caro. Quello che mi sento di augurare a tutti voi è di essere felici e godere di ogni singolo momento perchè spesso e volentieri non torna più indietro. Credo che la felicità sia un’insieme di sfumature che dobbiamo imparare a riconoscere. Sembra irraggiungibile poi ti basta osservare tuo figlio che ti corre incontro, ascoltare la canzone che ti ha fatto innamorare, ridere e scherzare con gli amici di fronte ad una pizza, raccontare storie, aneddoti di un tempo lontano per farli riaffiorire nel presente. Anche solo la possibilità di fare qualcosa nel momento che si sta vivendo, renderlo positivo, utile, pur nella fatica o nel dolore può renderci felici. Ogni momento porta con sé un’opportunità che possiamo cogliere. Possiamo essere arrabbiati con la vita per ciò che non ci ha dato o ci ha tolto. Possiamo cercare di lottare contro la nostra rabbia, reggerla finché -stanca- si arrende. Ci vuole tempo, a volte molto tempo. Ci vuole pazienza.
Ma quando la rabbia se ne va, ci lascia più liberi di vedere le opportunità. La felicità è un percorso che va vissuto quotidianamente all’interno della propria famiglia per poi diffonderlo tra la gente in modo che anche coloro che non colgono l’essenza della felicità, possano in qualche modo conoscerla.
Tutto questo non è surreale anche se la felicità è minata ogni giorno dall’odio e dall’indifferenza di molte persone che per raggiungere la loro felicità effimera, non esitano a spegnere il tuo sorriso, la tua voglia di vivere, la tua voglia di amare. AMARE, ecco la vera felicità! Amare la vita, la tua famiglia, gli amici... Non permettiamo a queste persone di vincere sull’immensa voglia di amare che sentiamo nel profondo del nostro cuore! Buona vita!
Ingredienti per 4/5 persone: 500 grammi di pasta Paccheri 1 burrata da 300 grammi, 150 ml di panna da cucina 150 grammi di salmone affumicato 10 scalogni Sale e pepe Semi di finocchio Olio e.v.o. Aceto balsamico
Preparazione ricetta:
Portare a bollore abbondante acqua salata per cuocere i paccheri. Bollire per circa 10 minuti gli scalogni NON sbucciati, dopodiché pulirli togliendo la parte esterna. Versare un filo di olio in una padellina e brasare gli scalogni, salare e pepare, sfumare con
qualche goccia di aceto balsamico. In una larga padella mettere la panna e la burrata a pezzetti, sale e pepe e semi di finocchio, scaldare leggermente per amalgamare il composto di latticini. Dopo aver scolato la pasta saltarla nella padella con la burrata e panna, aggiungendo un poco di acqua di cottura e il salmone tagliato a listarelle. Comporre il piatto aggiungendo gli scalogni all’agrodolce.
Preferisco tenere in questa ricetta il salmone al naturale, a piacere si potrebbe scottare prima di aggiungerlo alla pasta.
Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna
La riserva naturale regionale Monte Alpe è situata a Menconico nel cuore dell’Appennino lombardo e dell’Oltrepò Pavese ed è un luogo di conservazione della biodiversità dove osservare diverse specie di flora e fauna Facilmente raggiungibile in auto, la riserva è percorribile solo a piedi. Segnaliamo in particolare il “Sentiero della Faina” un sentiero ad anello breve (1,5 km) adatto a tutti che si snoda all’interno della pineta e nel bosco di carpino nero e il “Sentiero di Costa Alpe” (8 km) che si snoda con pendenza dolce tra pinete, pascoli fino alla cima del Monte Alpe (m 1254) offrendo bellissimi panorami sulla Val Tidone e la Valle Staffora. In località Fontana Forni c’è un’area di sosta attrezzata con panche e tavoli, tettoia, parcheggio, struttura per griglia, acqua e ampio spazio verde per pic-nic. Nelle vicinanze è possibile trovare anche il centro visite della Riserva Monte Alpe che è attivo in estate con servizio di punto informazione turistica e accompagnamento in escursione.
Fonte: giteinlombardia.it
Nel corso degli anni non mancano certo le occasioni per festeggiare in compagnia: compleanni, nascite, battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, anniversari, diplomi, lauree, Natale, Pasqua, ecc.. Spesso però si ha voglia di invitare amici o parenti anche senza motivi particolari, per un pranzo o una serata in buona compagnia. Quel che conta davvero, infatti, almeno per me, non è il cibo fine a sé stesso, seppure da buona cuoca e altrettanto buongustaia, lo apprezzi sempre; neppure la casa, modesta o lussuosa, né tantomeno tovaglia e stoviglie costose e firmate: la felicità di ritrovarsi insieme per una bella chiacchierata, una risata, a volte una lacrima, questa è l’atmosfera che mi fa desiderare un invito da fare o da ricevere. Ecco allora che so gustare una spaghettata al pomodoro, o qualsiasi altro semplice piatto, al pari o forse più di menù sofisticati!! Per fortuna ho amici e parenti che condividono questi miei pensieri, con i quali ho trascorso spesso (e spero di trascorrere ancora) qualche ora a casa mia o a casa loro, anche solo davanti a una bibita e un dolcetto, senza pretese, senza sentirsi giudicati per l’abbigliamento, per la spontaneità e le sane risate, magari per battute ruspanti!! Nei momenti più malinconici o difficili, riprendere queste buone abitudini, con persone care, è davvero una medicina antidepressiva!! Proprio dopo un periodo tremendo come quello degli ultimi anni, si sente il bisogno di rivivere una normalità fatta principalmente di rapporti umani, di ritornare a fare lunghe chiacchierate con i propri affetti tra ricordi e progetti, di lasciarci alle spalle paure e incertezze destabilizzanti. Chi l’ha vissuto in solitudine, desidera ancora di più un abbraccio e buona compagnia per non lasciarsi sopraffare da pensieri negativi, molto più pesanti da supe-
rare, se si è da soli. Sembra finalmente esserci uno spiraglio di concreta speranza, che ci auguriamo sia duraturo!
Con intelligenza e moderazione, dunque, festeggiamo, magari nulla di speciale, se non la fortuna di essere ancora qui, in buona salute e con tanta voglia di vivere, non sopravvivere!
Ornella OlfiPenso a te ai tuoi occhi scuri come nera è la notte priva d’albore così buia è la mente china e fuggiasca dopo averti lasciata sotto il manto funereo di una brina gemente che ha gelato il tuo cuore tanto incredulo e candido quanto dolce d’amore. ...come potrai sopportare ora un altro dolore quando stille celesti non avranno pudore e ti chiederanno di non perdonare la mano che un tempo ti ascoltava pulsare nel greve germoglio di un agognato candore.
In ricordo del signor Pietro Ferrari detto Piero di Remedello. Rivedo Pietro in questi giorni di estremo dolore di commiato sorridere ilare alla vita colorarla di sfumature accese.
Da piccina restavo ad ascoltarlo, incantata dal suo fare brioso, tenero. A noi infanti regalava un sorriso, un dolcetto che estraeva con maestria dalle fonde tasche di lunghi calzoni di fustagno marrone. Dolore e sofferenza, nel tempo l’ hanno profonfamente segnato smorzando l’ allegria purtuttavia lo sguardo conservava l’ antica vorace letizia.
Fra le braccia del Padre ora riposa, fiore rosso, sorriso lieto dall’alto riversa a chetichella sovrana bellezza. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
Sono passati tanti anni, forse troppi.
Ricordo bene quando, ancora bimbo sognante, con la scrittura incerta di quell’età, investivo tempo e dedizione a scriverti per assicurare te di quanto fossi stato bravo lungo l’anno e per assicurare a me stesso di ricevere i regali che tanto desideravo.
Ricordo, però, bene anche quando, con il passare del tempo, ho pian piano smesso di scriverti, di pensarti, di sperarti, trasformandomi, giorno per giorno, in quell’adulto che mai nessuno vorrebbe diventare e che, invece, ahinoi, tutti diventiamo; quell’adulto che in “Polar Express” risulta incapace di sentire il suono della campanella di Natale, incapace di vivere sulla sua pelle la magia tipica di questo periodo invernale. Ci affanniamo tutti – io per primo – ad addobbare, illuminare, abbellire; ci preoccupiamo di quanto i bimbi possano essere felici; ci procuriamo di svegliare quella parte di noi che, almeno una volta l’anno, sa essere “buona” (senza poi sapere esattamente cosa significhi davvero); ci proponiamo di migliorare sempre più, rimandando al nuovo anno quel che non abbiamo saputo fare nell’anno che si sta concludendo. Ci affanniamo, insomma, a rendere un qual-
cosa di speciale ogni anno, senza sapere se ci si riesce davvero. Per questo, carissima Santa, ho deciso di tornare a scriverti, oggi, all’alba dei miei 31 anni, come fossi un bimbo sognante: per provare, almeno quest’anno, a non dimenticare te e quella speranza di gioia e bellezza che tu stessa rappresenti. Prima di iniziare a scrivere, appunto come quando ero bambino, ho domandato a me stesso “Sei stato buono quest’anno?”
Ho sperato tanto che la risposta fosse positiva per poter, come anni fa, passare con disinvoltura alle richieste da esaudire, ai desideri da esprimere. Mi sono, però, reso conto di quanto la risposta non fosse così immediata come lo poteva essere allora (è forse anche questo il motivo per cui da adulti smettiamo di scriverti?!?). Ci guardiamo attorno ogni giorno, in un’epoca di profondo sconforto e incertezza, per scoprire, come ogni anno, che ci sono ancora troppe ingiustizie, troppo dolore, troppe indifferenze. Non sono – tranquilla – a chiederti “un’utopistica pace nel mondo”, ma non posso – permettimelo – nemmeno voltarmi dall’altra parte. Approfitto, quindi, di questa lettera a te, amica mia, per riflettere e per dire a me stesso e a chi mi circonda che, forse, no, non sono stato abbastanza buono – o meglio – non lo siamo stati noi tutti, come umanità, come comunità di anime e persone. Avremmo dovuto, potuto fare
di più? Non sta a me dirlo. Ma sta a me, a tutti noi, chiedertelo e chiedercelo. Allora, forse, si illumina qui il mio pensiero e il mio desiderio da esaudire per quest’anno: il mio, spero il nostro, auspicio di una maggiore consapevolezza di un collettivo noi, prima ancora di un singolo io; di un migliore vivere comune, prima ancora di un buon vivere personale. Sarebbe ipocrita dirti che non vorrei regali e cioccolatini per me e per le persone che amo; ancor più ipocrita sarebbe dire che non vorrei “una Santa Lucia” piena di balocchi e dolci per ogni bimbo (e anche per ogni adulto) nel mondo, ma non è questo l’importante. A poco serve, credo, fare, a questo punto e a questa età, un elenco di desideri o richieste: so che non sarebbero esaudite, almeno non tut-
te e, ancor peggio, non per tutti. E non lo dico, carissima amica, perché non credo in te, anzi, al contrario. Lo dico perché credo tanto in te al punto di rendermi conto, ancor più con questa lettera, che tu non sei tu, nell’astrazione di un personaggio immaginario, ma tu sei tu nella concretezza di noi stessi che ogni anno dimentichiamo di scriverti e che non riusciamo più nemmeno ad esaudire il nostro stesso desiderio per un mondo migliore per tutti. Cambio, dunque, interlocutore sul finale di questa lettera e a tutti noi Uomini chiedo, invoco, una rinnovata e radicata speranza. Solo allora, forse, torneremo capaci di scrivere “siamo stati buoni quest’anno”.
Con sincero affetto Giorgio
Pa’ non temere, resterò sempre al tuo fianco a vegliare, abbiamo il nostro mondo, una valigia di ricordi da raccontare, un amore che non si può spiegare, a volte torno fanciullo e ti cerco nel sogno, un bisogno, un mistero, a guardare nel cielo.
Parlami di te, è solo melodia, il cuore palpita di gioia e scoppia in una lacrima di solitudine e di mancanza, a volte grido il tuo nome e ti cerco nel buio della vita, ma tu sei andato via, lasciando ogni porta aperta.
Una speranza hai lasciato nel mio cuore, un arrivederci in cielo, non mi stancherò mai di crederci... ritorneremo assieme un giorno, forse in un altro mondo, adesso faccio il viaggio del ritorno, mi siedo accanto a te e ti racconto...
Caro Cristo, ritornerai da noi anche quest’anno?
In questo mondo tondo la cui quadra nessuno riesce a trovare? Eppure Tu, come Maestro di geometria non sei stato male. Qua sempre si discute si continua a parlare ma i buoni propositi finiscono in alto mare. Gas liquido, gas metano, gas serra le vacche poverette non possono nemmeno scorreggiare, ma cosa hanno fatto di male? Vicino la nostra capanna c’è una piccola stalla di rosse, grosse, grasse vacche è abitata; a vederle con quanto amore tiran su i loro piccini mi fa emozionare. Un angolo di questa stalla è sempre pieno di paglia, se il 25 dicembre non sai dove andare questo è il posto giusto dove arrivare. Con immenso amore , ti sapranno riscaldare e se gli scappa un po’ di gas; ne sono certo, Tu le saprai perdonare.
GiordanoEmilio Salgari credo che sia uno scrittore amato soprattutto dai piccoli però sicuramente non è disdegnato nemmeno dai più grandi. Chi non si ricorda di Sandokan anche se il titolo del libro è “I pirati della Malesia”? O de “La regina dei Caraibi”?
E sono passati più di 160 anni dalla nascita di Salgari tuttavia il suo nome è ancora tra quello degli scrittori più conosciuti e più letti almeno tra gli amanti dei libri di avventura. Ma partiamo dall’inizio! È indubbiamente meglio. Va detto per prima cosa che il cognome Salgari va letto, per essere precisi, con l’accento sulla “a”!
Emilio Salgari nasce a Verona il 21 agosto 1862 ed è il figlio di mezzo essendo il secondo di tre. Suo padre era un commerciante di panni ed anche un possidente terriero mentre la madre era di origine veneta. Il giovane Emilio ha sempre amato scrivere fin da piccolo tuttavia non era uno studente modello in quanto aveva sempre la testa immersa nella fantasia, immaginando i viaggi e le avventure... ed è così che quando diventa poco più di un ragazzo va ad abitare dagli zii in modo da poter frequentare l’Istituto Nautico che poi gli avrebbe permesso di diventare capitano di gran cabotaggio. In pratica arebbe diventato capitano di navi mercantili. Però agli esami estivi del secondo anno non si presenta ed per questo motivo non conseguirà mai tale diploma. Altresì la leggenda narra che il viaggio più lungo che abbia mai fatto in nave fosse quello che da Venezia lo portò in Puglia e si racconta che soffrisse anche di mal di mare tanto che il rientro
dovette farlo in treno. Se non fu mai un gran navigatore in nave lo fu sicuramente con la fantasia. Inizia come giornalista presso “L’Arena di Verona” e dato che molte riviste dell’epoca come questa, dedicano ampio spazio ai romanzi d’appendice, comincia qui a scrivere la storia della famosa tigre della Malesia. Nel 1887 inizia anche la pubblicazione in volume dei suoi racconti ma nel mese di marzo di quell’anno muore sua mamma e due anni dopo quindi nel 1889 suo padre muore gettandosi da una finestra in quanto era convinto di avere una malattia incurabile.
Il “nostro” Emilio si sposa nel 1892 con un’attrice di teatro di nome Ida Peruzzi che una volta diventata sua moglie abbandona la vita da attrice e da questa donna avrà quattro figli: due femmine e due maschi.
Nel 1893 Salgari con la famiglia va a vivere a Torino e chiude la sua esperienza con l’Arena di Verona.
Sicuramente diventare ricco scrivendo, era una chimera allora come oggi. Salgari pubblica, per lo più, grazie ad un editore tedesco che si trasferì a Genova, un tale Antonio Donath, opere come “I misteri della Jungla nera”, “Il corsaro Nero” e “Capitan Tempesta”. Successivamente continuerà a pubblicare con Enrico Bemporad che gli subentrò e sarà quest’altro a farlo conoscere anche all’estero. Nonostante ciò, Emilio non sta bene perché fuma e beve tantissimo caffè.
La moglie nel 1911 venne ricoverata in un manicomio a causa di un esaurimento nervoso ed Emilio si sente talmente spiazzato: non ha i soldi necessari per farla curare ed è per questo moti-
vo che sempre quell’anno ed esattamente il 25 aprile si toglie la vita in un bosco che si trova sulle colline di Torino.
Due particolarità alla morte di Salgari. La sua morte ricorda molto da vicino la morte che si davano gli antichi samurai in quanto lasciò scritto: “Vi saluto spezzando la penna” e questo è un saluto pieno di astio e polemica rivolto ai suoi editori ai quali chiede di pagare il suo funerale. Sulla sua tomba che si trova a Verona è raffigurata una donna che affonda la lama di un pugnale in un libro. E io mi fermo qua però spero di aver fatto venir voglia a qualcuno di scoprire e ad altri, invece, di riscoprire questo scrittore leggendo o rileggendo almeno uno fra i suoi tanti bei libri che credo va-
dano bene sia grandi sia ai piccini perché non è mai troppo tardi o troppo presto per viaggiare quanto meno con la fantasia…
Vuoi crescere su Instagram? Allora continua a leggere… Ci sono tantissime strategie che ti permettono di crescere organicamente su questo social.Oggi te ne presento una che permette di crescere su Instagram da una parte e ottenere valore dall’altra.
Sto parlando del Freebie! Proprio così!
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Conoscevi già la potenza del freebie? Lo utilizzi nella tua strategia? Fammi sapere.
A prestissimo, un abbraccio.
Passeggio sotto il vorticoso mulinello di neve mentre il mio sguardo si posa sugli addobbi di Natale. Tristi, insignificanti, grigio-neri, abbruttiscono più che abbelliscono a quest’ora del giorno. E penso, qualunque cosa dicano, non basta solo la luce interna. Puoi sforzarti quanto vuoi, ma per ottenere questo incanto servono anche circostanze esterne per sostenerti ed aiutarti; quel poco, tanto per creare uno sfondo, indispensabile per far emergere ciò che porti dentro. Nel caso contrario, rimarrà qualcosa di misero, grigio-nero, noioso e insignificante, più brutto che bello e senza dubbio infinitamente triste.
Darina NaumovaRegalami la tua luce bianco Natale silenzioso, le stelle sono occhi di bambini speranzosi lo sguardo mi porta altrove, e la luna mi illumina come sole.
Encomiabile inizio accogli le grida disperate dona ali alle anime addormentate trasforma le ferite in sorgenti d’acqua viva, il freddo in calore, il buio in splendore, nel bene il male solitario deserto in rifugio accogliente e trasforma alla fine la vita e la morte in eterno Amore senza confini.
Stamattina, uscendo di casa nel buio un po’ nebbioso, ero felice. In mano borse con pacchetti colorati, scambi natalizi tra colleghi. Ho sentito lo spirito leggero e gioioso del Natale, che fino a quel momento non si era ancora fatto vivo. Lo so. Il Natale è un periodo difficile. Spesso rende insofferenti verso luminarie e affollamenti, cene rituali, riunioni familiari che scatenano tensioni e litigi, corse ai regali che si devono fare e che magari non si ha voglia di fare, o che non si ha il tempo o il denaro per fare come si vorrebbe. Spesso rende malinconici, tristi, nostalgici.
E segna il tempo che passa, i cambiamenti intervenuti nelle nostre vite. Per non parlare poi di chi è sofferente, nel corpo o nell’anima, e che sente così distante dai suoi stati d’animo lo spirito festoso e frenetico.
La gioia dei tempi d’infanzia si infrange contro la vita complessa e indaffarata di adulti.
I rituali natalizi nel tempo finiscono per svuotarsi di senso collettivo, però possono sempre essere riempiti di significato individuale.
Il Natale c’è, e ci dobbiamo fare i conti. Meglio provare a farci pace, in qualche modo, e trovare il nostro senso personale.
Il mio è fatto di pensieri per le persone a cui voglio bene, e alcuni di questi si tramutano in piccoli doni. È fatto di scambi di pacchetti. È fatto di sobri pranzi familiari, di cene con amici, di calore. È fatto di albero e presepe che la sera si illuminano. E’ fatto di passeggiate nel freddo, di tempi un po’ più rilassati anche per i libri e le foto. Ecco, il Natale è soprattutto un po’ più di tempo per le persone e per le cose che amo fare. Purtroppo passa in fretta, sempre prima che abbia esaurito la lista dei desideri e dei progetti. Stasera, però, mi godo le luci a intermittenza e il tempo che ha iniziato a rallentare. sguardiepercorsi
Nel 1999, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA
VIOLENZA CONTRO LE DONNE e ha invitato governi, organizzazioni internazionale e ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani ancora molto diffusa.“Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta [...]”
“La violenza sulle donne non ha confini... E spesso ha le chiavi di casa”
La violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani e una conseguenza della discriminazione nei confronti delle donne, nella legge e anche nella pratica, nonché delle preesistenti disuguaglianze tra uomini e donne. Fin dall’antichità la donna è stata considerata “Oggetto di Proprietà”; il futuro marito pagava una somma di denaro al padre che la cedeva ad un’altra autorità (quella del marito). Il marito, come nella civiltà romana, aveva il diritto di punire la moglie e di ucciderla, SE LO RITENEVA GIUSTO. Il marito deve decidere se io voglio vivo o muoio? Ecco, non sembra un déjà vu?
GIORNALE 24 ORE: “Violenza sulle donne: in calo i reati spia, aumentano le violenze sessuali”
MILANO TODAY
“Milano è la 2º città metropolitana per numero di femminicidi”
Durante gli anni del covid si è assistito ad un notevole aumento delle chiamate al 1522, arrivate fino a 4310 al giorno. Un numero spaventoso. Fortunatamente nel 2022 si è notato un calo che ha portato le chiamate ad un numero pari a 2966 al giorno. Un numero ancora troppo alto per un Paese dove nella Costituzione è presente questo articolo: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti INVIOLABILI dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità [...]”
La vita non è un diritto inviolabile? Se c’è scritto la parola UOMO, vuol dire che sono indicati tutti i cittadini, maschi e femmine, non solo i maschi. Vi sentite più uomini a mettere le mani addosso ad una donna?
Tornate a casa contenti dopo averla uccisa?
Mi dispiace dirvi che anche solo tentare di alzare un dito su una donna, non vi rende più uomini.
Dal 1990 è nata la Casa delle Donne che, negli anni, si sono moltiplicate diventando luoghi sicuri dove vengono accolte le donne vittime di violenza. Ora sono molti i simbolo che identificano la violenza sulle donne, come le panchine o le scarpe rosse. È nato poi il simbolo #SIGNAL FOR HELP, ovvero un segnale che fa la donna in pubblico per far capire alla gente di essere in pericolo. La campagna nasce in Nord America. Quando si vede una donna che alza la mano e con il pollice si tocca il palmo e le 4 dita si chiudono, come fosse un saluto, significa che è in pericolo.
“Gli uomini hanno paura che le donne gridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano. È mai esistito qualcuno così maltrattato, così vilipeso, così insultato, tanto crudelmente e ingiustamente calpestato come noi donne? Sogno un mondo in cui gli uomini non usino la violenza sulle donne”
Il mio sogno da bambina era quello di trovare il principe azzurro. Ora spero solo di trovare un uomo che se si arrabbia non alza le mani.
“Ci sono uomini che picchiano le donne e continuano ad andare in giro come se fossero uomini”
- “Guardate uomini, non importa quello che fa una
donna, non importa come sia vestita, non importa quanto abbia bevuto, non vi è mai, mai, mai, mai, mai permesso toccarla senza il suo consenso. Questo non vi rende uomini. Vi rende vigliacchi”
Joe Biden“Non importa a quanti uomini una donna abbia detto di sì. Tu puoi anche essere il centesimo, ma se lei decide di no, tu non la tocchi”
“Una donna non dovrebbe mai difendersi da chi la ami. Questa è la prima e unica regola che un vero uomo conosce”
E ricordate, cari uomini, che se vogliamo la parità, non diciamo che vogliamo le botte come se sareste su un ring.
LucianaPaint The Sky With Stars - the best of Enya (Dipingere il cielo con le stelle - il meglio di Enya) è la prima raccolta della musicista e cantante irlandese Enya, pubblicata nel 1997 dalla Warner Music. Celebra i primi dieci anni di carriera di Enya e rappresenta una sorta di conclusione di un capitolo della sua produzione discografica, racchiudendo le canzoni più rappresentative dell’artista irlandese degli anni ottanta e anni novanta, realizzate per i suoi primi 4 albums in studio. Tra le tracce già precedentemente edite che compongono l’album spiccano i brani inediti Paint the Sky with Stars e Only If..., di cui quest’ultimo è stato pubblicato come singolo in supporto al Greatest Hits. La raccolta ha riscosso un grande successo di vendite e ha ampliato notevolmente la schiera dei fans di Enya, con vendite mondiali che superano oggi i 12 milioni di copie. Nello stesso anno è stato pubblicato anche un cofanetto di tre CDs in edizione speciale, A Box of Dreams, contenente quasi tutta la discografia della cantante fino ad allora. Questo è senza dubbio l’album di Enya ad aver avuto più successo in Italia: è rimasto in vetta alla classifica per 8 settimane, è risultato l’album straniero più venduto del 1997 con più di 410 000 copie vendute in nemmeno due mesi,
di cui 50 000 nella sola settimana natalizia. Nel 1998 le vendite superano le 550 000 copie, equivalenti a 5 dischi di platino e un disco di diamante. Fonte: Wilipedia
Per quanto riguarda le tendenze invernali delle borse troviamo i modelli intramontabili che ritornano rivisitati nei colori e materiali e nuove proposte destinate a diventare delle icone, nelle misure mini o maxi sicuramente non si riscontrano le mezze misure!!! Tra le novità che colpiscono maggiormente abbiamo: -la borsa trapuntata: grande importanza alle impunture anche per i modelli più minimal, nella misura piccola è raffinata e versatile;
- maxi bag scamosciata: morbida e capiente ideale per chi è fuori casa tutto il giorno; - la borsa rossa: tonalità accese e decise sia mini che maxi; - il bauletto con i manici: nel colore total black oppure con ricami fantasia; -la borsa peluche: sbarazzina, morbida e colorata sicuramente stravagante; - la baguette: stretta ed affusolata da portare sulla spalla nei colori accesi e dettagli scintillanti; - la borsa color pastello: nelle tonalità delicate come acquamarina, verde salvia, celeste polvere e giallo limone; - la tolfa con patta frontale: ossia la borsa da lavoro comoda soprattutto per chi è sempre in viaggio.
Svariate le novità per questa stagione fredda che ci regalano quella nota di colore di cui abbiamo bisogno!! Romina Sirani
Ingredienti
300 grammi di biscotti secchi 100 grammi di amaretti sbriciolati 3 uova intere 150 grammi di zucchero 100 grammi di burro 80 grammi di cacao in polvere amaro zucchero a velo Codette di zuccheri Procedimento
Tritare grossolanamente i biscotti e gli amaretti. Mettere poi in una terrina tutti gli ingredienti: biscotti, uova, cacao, zucchero, burro sciolto. Mescolare con le mani e dare la forma scelta servendosi di formine, oppure chiudere a cilindro in
pellicola. Lasciare riposare un’oretta in frigorifero. Decorare a piacere con codette, zucchero a velo.
Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna
La cascata di Cambrembo, o di Capo Brembo o di San Simone è immersa nelle bellezze naturali della Val Brembana, a 1400 metri di altezza sul livello del mare. Situata nel cuore della Val Brembana, prima di Foppolo, per raggiungerla si prende la deviazione per Cambrembo e, al quarto tornante, la deviazione su una stradina che porta alle Cave di ardesia. Poi dieci minuti a piedi dalla Val Rotta in piano e, sulla chiusura della valletta, si trova la colata. Pur non essendo una delle cascate più alte di Lombardia, colpisce per la verticalità del suo salto d’acqua che, seguendo il percorso in discesa del torrente, supera i cinquanta metri. Questa cascata è molto suggestiva soprattutto durante i mesi invernali quando, per le temperature rigide, si ghiaccia regalando uno spettacolo unico. Fonte: giteinlombardia.it
In un villaggio qualsiasi di un paese qualunque, in uno squallido mattino senza un alito di vento, cinque ragazzini cercano invano di far decollare il loro rudimentale gioco di carta... Sopra di loro un cielo vano, anemico quasi, sotto i loro piedi scalzi una desolata strada sterrata e la polvere. Il loro gioco agonizza a terra assieme al lungo filo senza vita. Poi passa un vecchio e si guardano sconsolati e lui capisce; passato e futuro si incontrano su quella strada, in quel segmento di mondo... Sarà lui a costruire l’aquilone; è una promessa. Le mani del vecchio sono abili, le mani di un artista; listello di legno leggero, carta rossa e azzurra leggera, sottile come una foglia... Ora rieccoli tutti insieme; i ragazzi ripartono per farlo decollare ma non trovano una corrente ascensionale. Poi fissano di nuovo il vecchio, lui accenna un sorriso; una brezza leggera e ami-
ca scompiglia le loro chiome..... E’ il momento! L’aquilone si agita a terra e in un batter d’occhio si leva in cielo, libero.... Ora tutti sorridono, ridono, corrono: presente e passato proiettati in un futuro più luminoso. Sorridono liberi, in quel momento sono liberi, accarezzano le nubi. Cercano ancora lo sguardo del vecchio, colmi di riconoscenza; lui contraccambia con un cenno e poi si eclissa nel bosco, più veloce di un aquilone..... Il suo lavoro è stato premiato.
Il dolore, quello vero, è uno strano personaggio, sì, perché è una cosa viva che ti entra nel sangue e nella mente come metallo fuso o come acqua bollente. Non parlo del male che ti prende vigliaccamente alle spalle e talvolta puoi riconoscere un istante prima. E nemmeno la paura o il terrore profondo; contro di loro esiste solo l’arma della disperazione. Ma il dolore, per chi lo ha conosciuto, agisce differentemente con due modalità e solo due... Per alcuni giunge come una lastra di ghiaccio in faccia e proprio come vento freddo prima di colpirti gira intorno ai picchi nevosi, si carica di gelo e ti abbatte, ti stordisce. Ne rimani inebetito, mutato per sempre e raramente riusciamo a tornare gli stessi... Ma non sempre; per alcuni infatti giunge come una lancia nel cuore
ma miracolosamente ci sveglia a un livello di coscienza e conoscenza più consapevole; risveglia in noi sensazioni e una creatività che prima era morta o non sapevamo di avere. E’ davvero uno strano e bizzarro artista. Enrico Savoldi
“Vedi figlia mia io sono lo stesso di sempre, sono lo stesso bambino che giocava a pallone, sono pure il giovane sposo emozionato che os-
serva ammirato la donna della sua vita, sono lo stesso ventiquattrenne che ti ha visto e quando ti ha tenuta in braccio per la prima volta, avevo il cuore che scoppiava di felicità ma purtroppo
figlia mia, seppure io dentro di me ho ancora uno spirito giocoso e gogliardico il mio corpo no, lui mi ricorda tutti i giorni gli anni che passano. Con la stanchezza mi rammenta che non posso più rincorrere il pallone o andare in bicicletta e nemmeno coltivare il mio amato orto.
Vedi adorata figlia mia, il mio tempo sta per finire, ho visto tanti amici precedermi, i dolori a volte mi rendono triste e non più gogliardico, ma dentro di me, te lo giuro, io sono l’allegro e giocoso bambino di sempre...”.
Si trovavano in un hotel esclusivo, in fondo a una lunga e stretta terrazza di pietra che fiancheggiava e abbracciava la scogliera a strapiombo sul mare. Le onde imponenti si infrangevano impetuose sotto di loro ripetendo sugli scogli la loro frase infinita. Era notte ma in quel posto, per gente come loro, non v’era orario, tre uomini piuttosto giovani davano le spalle al mare, e tre donne, altrettanto giovani e di un’eleganza ricercata, potevano ammirare quel mare impetuoso, le poche imbarcazioni che riflettevono le loro luci sull’acqua. Poi un faro della baia e una luna piena tingeva il paesaggio incantato. Poche stelle, a dire il vero, ma anche per loro sarebbe stato difficile decifrare quei sei personaggi, i loro gesti e le parole bisbigliate. Da una parte le donne, dall’altra i tre uomini e naturalmente un tavolo in comune. Sembravano ombre tanto erano attenti, scrupolosi e concentrati gli
uni sugli altri. Sul tavolo non v’era nulla se non due accendini e due pacchetti di sigarette senza posacenere e una grossa candela protetta dalle folate di vento che venivano dal mare e che scompigliavano i capelli sciolti di due delle donne. Ma chi erano, cosa celebravano? Erano tre coppie di amici, di amanti, erano sposati o forse si accingevano a dichiararlo? Persino il cameriere che nel frattempo li aveva raggiunti con una superba bottiglia di vino e sei bicchieri ghiacciato capì che non era il caso di soffermarsi in sconvenienti cerimonie, bastarono due sguardi e levò i tacchi. Erano figure indecifrabili, eppure un osservatore più attento e più arguto avrebbe notato, potendosi avvicinare come un fantasma o come una farfalla che quei visi erano freddi, tirati, torvi persino, senza troppi sorrisi e nemmeno divertiti ma gradualmente una di loro riempì i sei bicchieri; qualcosa stava accadendo. I bicchieri si alzarono per un brindisi al centro del tavolo. I loro sguardi finalmente si intersecarono, i loro occhi brillavano e sembravano incontrarsi quasi formando una ragnatela luminosa... Lavoravano tutti e sei in una compagnia, una grossa compagnia finanziaria e v’era un rampollo di una finanziaria altrettanto prestigiosa che con loro grande preoccupazione stava intralciando i loro piani e programmi futuri.... Il brindisi era tutto per lui; avevano finalmente trovato la somma derivante dal loro consorzio, l’ora esatta e l’uomo giusto per toglierlo per sempre di mezzo... Questa era la ragione della loro intesa e il frutto delle loro menti contorte e animate in termini di denaro e scalata sociale.
Deriva dal latino Herminius, nome portato da una gens romana, la cui etimologia è dibattuta: secondo alcune fonti sarebbe di origine etrusca, non decifrabile. Altre lo riconducono invece alla radice germanica ermin (“intero”, “universale”), presente anche in Arminio, Ermenegildo ed Ermengarda, oppure al nome del dio greco Ermes. Questo nome, già portato da un personaggio secondario dell’Eneide, uno dei compagni di Enea, è stato successivamente ripreso da Torquato Tasso per il personaggio di Erminia, una delle eroine della sua Gerusalemme liberata. Il successo dell’opera ha decretato la fortuna del
nome: in Italia gode di buona diffusione, attestandosi in tutte le regioni e principalmente nella forma femminile. L’onomastico si può festeggiare in memoria di più santi, alle date seguenti: 24 aprile, sant’Erminio, martire venerato a Perugia; 25 aprile, sant’Erminio, abate di Lobbes; 25 agosto, sant’Erminia o Ermina, mistica, venerata a Reims; 27 settembre, beata Herminia Martínez Amigó, madre di famiglia, uccisa a Gilet (Comunità Valenciana), una dei martiri della guerra civile spagnola; 13 ottobre, beato Herminio Motos Torrecillas, sacerdote ucciso a María (Andalusia), uno dei martiri della guerra civile spagnola. Portano questo nome anche Tito Erminio Aquilino, politico e militare romano; Erminio Azzaro, atleta e allenatore di atletica leggera italiano; Erminio Bercarich, calciatore italiano; Erminio Blotta, scultore argentino; Erminio Boso, politico italiano;; Erminio Brevedan, calciatore italiano; Erminio Dones, canottiere italiano; Erminio Favalli, calciatore e dirigente sportivo italiano; Erminio Ferretto, partigiano italiano; Erminio Juvalta, filosofo italiano; Erminio Macario, attore e comico italiano; Erminio Rullo, calciatore italiano; Erminio Sipari, naturalista, ambientalista e politico italiano Erminio Spalla, pugile e attore italiano; Erminio Troilo, filosofo italiano.
Tre diversi settori hanno collaborato tra di loro per informare e formare le loro clienti con del buon cibo. Marika Gualandris e Stefano Rota hanno aperto le porte del loro Agriturismo del Battista per permettere lo svolgimento di un evento in due serate distinte.
Come vi è venuta in mente questa idea?
Una sera di fine estate ci siamo seduti attorno ad un tavolo sorseggiando un buon caffè ed è nata l’idea di condividere una serata formativa dove ci sarebbe piaciuto trasmettere l’importanza di una sana alimentazione per la salute del nostro corpo e la bellezza dei nostri capelli.
Come l’avete sviluppata? Ciascuno di noi ha portato le proprie competenze professionali. La Dottoressa Biologa Nutrizionista Annise Butta di Palazzago che collabora con lo studio Plenitude di Mozzo, ha parlato dell’importanza di una sana alimentazione per il nostro benessere. Danila Lomboni, titolare del salone IDEA DONNA di Palazzago in collaborazione con l’e-
sperta Alessia Auteri, hanno descritto come si svolge l’esame del capello con la tricocamera per risolvere le varie anomalie della cute. Gli chef di Stefano Rota e Marika Gualandris dell’Agriturismo del Battista a Palazzago, ci hanno fatto degustare piatti tipici che sono andati ben oltre le aspettative di un’apericena.
Come hanno reagito le clienti di fronte a questa singolare iniziativa?
Il primo evento è stato proposto il 19 ottobre 2022 e visto il passaparola e le numerose nuove richieste che si sono venute a creare, abbiamo deciso di riproporre l’evento il 30 novembre, raggiungendo in breve tempo il sold out.
Come hanno vissuto le clienti l’iniziativa? L’esperienza è stata sicuramente molto piacevole ed istruttiva. Durante la serata le clienti hanno potuto ascoltare, apprendere informazioni chiacchierando con i presenti e divertendosi, degustando del buon cibo. Che emozioni avete percepito durante queste due serate?
Abbiamo respirato un’atmosfera leggera ottenendo tante informazioni semplici e chiare. La reciproca stima e la contentezza di condividere una serata speciale è stato qualcosa di unico e meraviglioso. Abbiamo terminato l’e-
vento con un omaggio di ringraziamento per la massiccia presenza delle nostre meravigliose clienti alle quali va sicuramente il merito di aver reso questa iniziativa ancor più preziosa.
Un gruppo di amici è riunito al bar. Uno di loro si è perdutamente innamorato della bella Carla. Fra poco sarà il suo compleanno e l’innamorato non sa cosa regalare e chiede consiglio. Uno dice: “Secondo me, se la cosa è seria, il regalo deve essere poco costoso, altrimenti fai la figura dello spendaccione”. E l’innamorato dice. “Mah, io pensavo a un completo intimo, slip e reggiseno di seta. Cosa ne dite? “. E uno degli amici: “Ma no! Lo sappiamo tutti che Carla non porta indumenti intimi!”.
Paolo alla mamma: “Mamma, mamma, ho visto Giulia che baciava Luca!”. E la mamma: “Beh, Paolo, è normale, fra 1 settimana si sposano!”. Paolo: “E allora quand’è che si sposano papà e la cameriera?”.
Oggi ho rivisto il video del mio matrimonio però all’indietro... Mi sono emozionato tantissimo nella parte dove le tolgo l’anello, riconsegno ia moglie al suo papà ed esco dalla chiesa camminando all’indietro nello stile di Michael Jackson... e via!
Due tipi in ascensore. Dopo tre piani di salita si comincia a sentire una gran puzza di merda. Al che uno dei due all’altro: “Ma mi scusi lei ha scoreggiato?”. E l’altro: “E certo, perché secondo lei puzzo così tutto l’anno???”.
Quando si comincia a sentire nell’aria l’atmosfera del Natale, provo dentro me forti emozioni contrastanti, di gioia e grande amarezza, il 16 dicembre 2016 è venuto a mancare mio padre e da allora le festività Natalizie hanno assunto un significato molto particolare. Certo, il posto di capotavola che lui occupava non è rimasto vuoto... ci sono 2 splendide nipotine sedute lì, al suo posto per il cenone di Natale, ma la sua straordinaria personalità non può essere colmata anche se il suo ricordo dimorerà sempre nei nostri cuori. Il mio papy si chiamava Attilio, piccolo di statura ma al suo interno nascondeva un autentico vulcano, pronto a sputare lava contro chiunque andasse contro i suoi principi od offendesse il suo modo di pensare, non aveva vergogna neanche del diavolo, posso affermare che era esattamente il mio contrario.
Diversi anni fa io e lui, partecipammo ad un convegno il cui relatore era un luminare nell’alimentazione delle vacche da latte, suo unico difetto è che si esprimeva con una incomprensibile terminologia tecnica. Alla fine del discorso chiese all’immensa platea se c’erano domande, mio padre si alzò: “Mi scusi professore, può darsi che io sia una bestia, ma non ho capito niente di quel che ha detto”. Io diventai rosso dalla vergogna ed invece la folla applaudì mio padre, praticamente nemmeno la platea aveva capito qualcosa ma nessuno aveva avuto il coraggio di ammetterlo. Gli ultimi 2 anni di vita di papà Attilio detto “gremegnò “ perché nessuno riusciva ad estirpare o scalfire la sua volontà, sono stati letteralmente un inferno. Quindici anni prima la sua salute era stata fortemente minata da un infarto poi nel 2010 accadde un avvenimento (che probabilmente racconterò in futuro), talmente tragico e terribile che il suo cuore ne risentì fino alla fine dei suoi giorni. Io e lui eravamo gli addetti in stalla, mio fratel-
lo e suo figlio si occupavano dei campi: era così da sempre e logicamente fra noi due era nata una straordinaria simbiosi e complicità... chissà, forse per questo aveva nei miei confronti un amore smisurato che francamente non meritavo. La mungitura era per lui un rituale irrinunciabile, doveva sempre essere effettuata ad opera d’arte durante la quale approfittava per pettinare la coda alle nostre vacche che lui trattava come fossero figlie. Fino all’età di 85 anni, fu sempre presente in sala di mungitura (anche se il cardiologo gli aveva vietato l’attività fisica), il cuore era sempre più debole e faceva fatica a far circolare il sangue fino all’estremità degli arti al punto che il piede sinistro, non adeguatamente irrorato, cominciò a cambiare colore, si imputridiva. Iniziò così a camminare con le stampelle finché il piede si perforò, si formò un buco talmente grande attraverso il quale si poteva vedere il pavimento. Era atroce il dolore che doveva sopportare, ogni giorno gli applicavamo una pomata, gli mettevamo bende nuove e lui stringeva i denti, reprimeva le urla. Come potesse sopportare un simile dolore, io non lo so, finché il medico gli prescrisse delle capsule di morfina. Queste però gli procuravano frequenti allucinazioni, si alzava di notte, buttava per aria la camera oppure usciva a zappare nell’orto; diceva cose senza senso... E’ stato terribile vedere una persona della sua saggezza perdere il senno; certo, era colpa delle altissime dosi di analgesico che gli venivano somministrate, comunque, non è stato facile far entrare da un orecchio ed uscire dall’altro le sue terribili invettive... sembrava che il suo cervello fosse stato impossessato da chissà quale malefica creatura, non era più lui.
La cancrena all’arto sinistro cominciò a salire, fu ricoverato... i medici (due in particolare), parlarono a noi familiari, uno ci disse che per salvargli la
vita la gamba sinistra doveva essere amputata al più presto, l’altro invece replicava che il cuore era talmente debole che sarebbe morto durante l’intervento. Finalmente stabilirono di operarlo anche se non era possibile farlo in anestesia totale, le sue condizioni di salute non lo permettevano, gli avrebbero tagliato la gamba tramite l’epidurale, a mente sveglia. Vi lascio immaginare quando comunicammo questa cosa a nostro padre; piangeva, piangeva piangeva. Pensare in che stato era, sto male ancora adesso però quando riuscì a calmarsi disse con voce decisa: “D’altronde se non c’è altra alternativa la tagliamo, magari dopo riesco a trovare un po’ di sollievo”. Mio papà è sempre stato un leone. Dopo un paio di giorni, tutto era pronto per l’intervento... mia mamma rimasta a casa aveva già preparato il più bel abito da mettere a mio padre nel caso non avesse superato l’operazione. Entrò in sala operatoria con sguardo fiero e deciso, da condottiero quale lui era sempre stato; non molto tempo dopo uscì su un lettino, la gamba sinistra era tutta piena di jodio ma ce l’aveva ancora, un’infermiera ci spiegò
che avevano dovuto lasciar libera la sala operatoria ad un giovanotto coinvolto in un incidente stradale così il taglio della gamba fu rimandato alla mattina successiva. Mio padre era viola dalla rabbia, tutto ancora da rifare, sparava bestemmie pesanti e taglienti come un machete, d’altronde, mettiamoci nei suoi panni. Il mattino successivo rientra in sala operatoria e stavolta vi rimase un sacco di tempo, quando usì la gamba sinistra non c’era più. Il fatto che avesse superato l’intervento era quasi un miracolo, ci fissò con quei suoi occhi color grigio tempesta (che già dicevano tutto sul suo temperamento), con una fierezza ed un orgoglio indescrivibili, perfettamente cosciente ci disse che tutto sommato il dolore era sopportabile, ma la cosa che gli faceva veramente male era l’unghia incarnita del piede sinistro; — scusa papà, ma com’è possibile che ti faccia male l’unghia? Non ce l’hai più l’arto !! — Ti dico che mi sento pungere il dito, fa qualcosa ! — Va bene, mi faccio dare la gamba e la porto da un’estetista! — Porcocane, quant sa diss che Giordano l’è propes una bestio’ —. Dopo 15 giorni fu trasferito per la convalescenza
all’ospedale di Pontevico, Il Gabbiano (che io vorrei ringraziare ancora oggi non solo per le cure ma lo straordinario affetto dimostrato a mio padre ed a noi familiari). Due mesi dopo l’intervento tornò a casa con la gamba perfettamente cicatrizzata, non sentiva più alcun dolore (anche se paradossalmente l’unghia incarnita lo infastidiva ancora), riusciva a spingere da solo la carrozzina. Smesso con la morfina, aveva la mente lucida, si mise subito al lavoro sistemando tutti i conti dell’azienda e nonostante prendesse una ventina di pastiglie al giorno per contrastare tutti i suoi acciacchi, l’appetito non gli mancava mai. Arriviamo al 15 novembre, da quaranta giorni il papy era tornato dall’ospedale, cominciò a sentirsi sempre più debole finché il nost e lì cominciò il suo ultimo mese di vita. Come suo compagno di stanza ebbe l’ex medico condotto di Gottolengo: erano della stessa classe, anche lui con problemi al cuore, si era fatto portare da suo figlio la valigetta che usava per le visite a domicilio. Ogni giorno si autoascoltava il cuore, non solo, visitava sempre anche mio padre e per questo le infermiere ed i medici lo sgridavano in continuazione ma era più forte di lui, aveva adottato mio padre come suo paziente. Per lui era una missione da compiere fino all’ultimo istante. Le condizioni di mio padre nei suoi ultimi 20 giorni di vita, si erano ulteriormente aggravate, il cuore sempre più debole e così noi familiari ci alternavamo per stare sempre con lui, giorno e notte. Per me rimanere così tanto in ospedale era pesantissimo. Quando avevo 9 anni sono stato ricoverato per 5 mesi e da allora ho sviluppato una specie di allergia per l’ambiente ospedaliero. Vedendo la cosa dal lato positivo, posso affermare che ho avuto modo di conoscere molte persone e condividere molte storie di vita, ha sicuramente arricchito la mia personalità. Arriviamo poi al 15 dicembre 2016, l’ultimo giorno in cui ho visto mio padre, era debole, respirava aiutato dall’ossigeno, volle sapere come andava-
no le cose in azienda poi mi ha preso una mano e guardandomi negli occhi mi ha chiesto: “Ascolta Giordano, rispondi sinceramente, stavolta esco dall’ospedale con i piedi in avanti??”, “No papà, è impossibile, ti hanno tagliato una gamba, al massimo puoi uscire con un piede in avanti!”. Mi guardò con la faccia stralunata, gli occhi spalancati e disse forte: “Ta se a stupit”, poi cominciò a ridere, a ridere forte e girandosi verso il medico di Gottolengo, suo compagno di stanza: “Me fiol Giordano l’è semper stat un deficiente“, poi rideva ancora. In quel momento arrivò mia sorella a darmi il cambio, mi chiese il perché di quella risata, gli dissi solo che il papy era di buon umore, poi lo salutai: “Ciao papà, ci vediamo dopodomani, do’ un bacino alle tue gnare (le vacche del nostro allevamento )”. L’indomani, 16 dicembre, erano le tre del pomeriggio, mi telefona mia sorella per dirmi che nostro padre era partito per il lungo viaggio, sembrava più forte degli altri giorni, si era tolto la maschera dell’ossigeno, aveva mangiato da solo, sembrava molto tranquillo, poi si è svegliato, ha fissato mia sorella per parecchi secondi e se ne è andato. Ero convinto che avremmo passato assieme ancora un Natale, per tutti noi familiari è stata una terribile mazzata, la cosa che mi dà sollievo, è che l’ultima volta che l’ho visto, lui sorrideva, è stato il suo ultimo grande sorriso. Giordano
Mi colpisce entrare nelle case di malati terminali nel periodo natalizio. Trovo quasi sempre alberi con le luminarie, presepi, addobbi vari. Accanto ai medicinali, le coperte abbondanti, i tanti cuscini. Due mondi che a vederli da fuori stridono, tanto sembrano divergere, eppure lì, in quelle case, celebrano la vita che vorrebbe scorrere regolare, che si aggrappa a un quotidiano che si desidera normale. E normale non sarà. Mi colpisce sempre questo bisogno profondamente umano di ritrovare normalità in mezzo agli sconvolgimenti della vita. È commovente. Noi esseri umani così fragili, che un nulla può spazzar via, teniamo duro e a testa bassa andiamo avanti nelle tempeste. Laviamo i panni, cuciniamo, andiamo al lavoro. Siamo come quella vegetazione che buca l’asfalto, e tra auto e pedoni si allunga verso un raggio di sole, vita che spinge alla vita. Natale è anche questo, oggi. Lascio quelle case per un po’. Rientro pensierosa nella mia vita. Qui c’è un posto per voi, che avete incrociato la vostra vita con la mia per un breve tratto.
C’è posto insieme alle mie gioie, alle persone che amo e dalle quali mi sento amata. Stasera sto. In equilibrio, serena. Tutto scorre. Buon Natale a tutti. E che il solstizio porti nuova luce in ogni vita.
Sono passate le feste anche quest’anno. Eh già. Sono arrivate, sono trascorse e se ne sono andate.
Sono state belle, non lo nego. Ho passato tempo con le persone che amo e mi sono divertita. Poi non sono andata a scuola e questo è un bel punto a favore. Eppure, non riuscivo a non guardare quelle 2 sedie vuote. Quella che sarebbe stata tua, nonna. E quella che sarebbe stata tua, nonno. Aspettavo il vostro arrivo. Attendevo davanti alla porta che voi suonaste il campanello; ma non lo avete fatto. Non lo avete fatto neanche quest’anno. Sono anni che vi aspetto e ormai il Natale insieme sembra solo un lontano ricordo; un ricordo di quelli belli, però. Quando ho visto che non arrivate, mi sono precipitata al telefono per chiamarvi e lamentarmi perché eravate in ritardo. Ha risposto una voce robotica: la segreteria, con quella voce odiosa. Magari il vostro telefono non prendeva, così ho aspettato e poi ho riprovato. Ma ancora una volta, ha risposto la segreteria. Non potevo fare molto altro. Mi sono seduta davanti alla porta e vi ho aspettato, convinta che sareste arrivati da un momento all’altro. Invece no, ma devo ammettere
che ci sono abituata. Magari ci vedremo al prossimo Natale. Si, magari. Magari avete avuto solo un imprevisto. Magari. Forse, lì in Paradiso, non hanno voluto che voi veniste a trovarci. Però potevate avvertirci. Sapete che vi cerco sempre? Ogni notte vi cerco in sogno e ogni giorno vi cerco dietro l’angolo. Peccato che non ci siate mai. Mi mancate, sapete? Mi mancano le nostre chiacchierate, la vostra voce, le vostre carezze e mi manca passare le feste insieme. Quindi quest’anno ho deciso di scrivervi una lettera, che forse un giorno leggerete: Ciao nonni. Come va? Speravo di passare il Natale insieme, come da piccoli. Avremmo mangiato, giocato e scartato i regali. Poi mi sarei addormentata nel vostro letto mentre voi mi guardavate e coccolate. Mi manca tutto questo.
Vorrei farvi tante domande che ora non vi posso più porre. Vorrei crescere con voi e sentirvi criticare le mie scelte sbagliate ed esultare a quelle giuste. Vorrei raccontarvi tutto quello che è successo negli ultimi 8 anni, ma sarebbe troppo. Vorrei chiedervi se siete orgogliosi di me e di quello che sono diventata.
Vorrei chiedervi un aiuto quando non posso chiederlo ad altri. Vorrei un vostro suggerimento su determinate cose che mi tengo dentro.
Vorrei sentire ancora una volta tutte le vostre storie di altri tempi. Vorrei tornare con la nonna in pollaio ancora una volta, o forse 2. Vorrei fare a gare ancora con il nonno per prendere il posto a tavola e giocare con le bottiglie in mezzo. Vorrei ricevere ancora le vostre carezze e vorrei ancora abbracciarci. Forse però, vi vorrei solo avere qui. Il tempo non ha cambiato niente, nonni.
Continuate a mancarci oggi come il giorno in cui siete volati in cielo. Continua a mancarmi la vostra voce, la saggezza dei vostri consigli, il vostro affetto. Ognuno ha il suo angelo custode e io vorrei dire ai miei che mi mancano tantissimo, ma se soltanto per un attimo potessi avervi accanto, forse non vi direi niente e vi guarderei soltanto. Nonni, i vostri ricordi non moriranno mai. Fino a quando non ci rincontreremo dovrò accontentarmi di augurarvi buon Natale. Adesso non so in quale parte del cielo siete, ma sappiate che io non mi dimenticherò di voi! Vivete giorno dopo giorno nel mio cuore, perché noi siamo ancora insieme. Stamattina vi ho salutato come si salutano gli amici. Ho accarezzato le vostre foto sulla lapide con un sorriso, sapendo che un giorno ci saremmo rincontrati per non lasciarci mai più. Auguri nonni
Valeggi Eleonora
Essere genitori oggi, in un contesto sociale dai tratti tanto allargati quanto ristretti costa fatica interiore, equilibrio psicologico. Poco il tempo necessario per generare baratri tra quello che era e quello che è. Un tempo, “potrei permettermi di dire ai miei tempi?”, l’infanzia trascorreva nel tramestio di giorni uguali e diversi con accenni di novità ricordati e custoditi nell’avvenire come tesoro prezioso. Oggi i figli, piccoli e grandi, hanno tutto e niente; fra le dita stringono il mondo pur tuttavia spesso sono incapaci di apprezzare la bellezza delle piccole cose, la rarità di un momento magico. Nei testi di pedagogia si legge del “taedium vitae” di quel male oscuro che scava annidato fra interstizi ciechi, fra le pieghe di vesti riccamente firmate, fra divertimenti all’ultimo grido, fra urla gettate alla luna, nella ricerca spasmodica di emozioni estreme sino a divenire parte integrante del tessuto, membra viva di un corpo svuotato dell’essenza. “Rischiotutto” era il nome di un programma televisivo dei miei tempi dove l’intrepido Mike Buongiorno si destreggiava fra concorrenti ed ospiti incantando la platea italiana. Essere genitori oggi ha il valore del rischiare tutto? Del mettersi in gioco interamente? Del voler a tutti i costi offrire servizi e non beni essenziali?
Spesso mi capita di sentire luoghi comuni quali; “Hai ragione amore, la mamma o il papà sono spesso fuori casa per lavoro ma se così non fosse come potremmo permetterci di andare a zonzo? O, acquistare auto di lusso? O, andare a cena? O acquistare giochi elettronici? Quando sarai grande capirai …”. Comprenderanno realmente? Seguiranno le stesse orme? Rimpiangeranno un tempo perduto? L’intimità di una tazza di latte consumata per cena? Una passeggiata fra i campi? O, s’immergeranno nel flusso caotico della vita invischiato di videogiochi, contrattempi, troppo poco tempo per giocare? Essere genitori oggi è complicato, non facile, di difficile interpretazione.
Mi piacerebbe che ciascun genitore, domani all’alba, o alle ultime luci del tramonto, potesse prendersi il capo fra le mani, osservare in silenzio il volo di una farfalla, odorare l’odore del vento, calpestare remote astrazioni per sentire, comprendere, oppure semplicemente percepire se la strada imboccata è quella da percorrere, se non necessita di un fermo, di una sosta, virata, piroetta, giravolta?
Produzione Propria
Ampio Parcheggio Orari Apertura 06.30-20.00
Chiuso il lunedì
Mi piacerebbe, in un assolo, sentire le loro voci, una dentro l’altra, aggrovigliate, intrecciate, una e mille, unite e separate, une e trine.
Domani all’alba riuscirò a percepire il loro battito?MIo, in primis, mi metterò in ascolto, ancora una volta, sempre e semmai, nel principio e nella svolta di un percorso chiamato amore.
Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
Fin dall’inizio delle nostre indagini genealogiche ci siamo trovati davanti un doppio filone di ricerca: innanzitutto ricreare l’albero genealogico per trovare l’origine del cognome Sirtoli, che alla fine del ‘600 era indicato anche Circoli o Cirtoli. Il secondo filone invece prende le mosse dal presente, cioè il nostro soprannome: Carlòcc. Qual è il suo significato? Quando ha avuto origine? L’esistenza del soprannome famigliare è molto comune in Lombardia, ma nella bergamasca ha un peso maggiore. Lo scotöm viene malamente tradotto come soprannome, in realtà vale come e più del cognome, perché esprime i tratti caratteristici di un ramo famigliare. Spesso però l’origine di questo nome rimane oscura e tocca ai discendenti cercare di risolvere il mistero. Per noi Sirtoli, o perlomeno quelli originari di Fontana, frazione di Bergamo adagiata sui colli occidentali, il nome carlòcc (o carlòtt al singolare) è sempre stato un dato di fatto. Partiamo dall’esame dei documenti nell’archivio per noi più importante: quello parrocchiale di Santa Grata inter vites. La prima menzione
appare nell’atto di battesimo di “Gaetano figlio di Carlo Circoli ovvero Carlotti”, datato 27 novembre 1772. La seconda menzione appare in un atto del 1781 dal Libro de consilij della veneranda chiesa di San Sebastiano. Vi si legge che viene confermato nella carica di sindaco “Francesco Circoli detto Carlotto”. La terza menzione appare nello stato d’anime del 1805, notevole per completezza e calligrafia: nella cascina di proprietà Mosconi è indicata la familia Sirtoli vulgo Carlotti. Ad ulteriore conferma, nel catasto lombardo-veneto del 1808 la strada dove si trovava la cascina è indicata “strada detta dei carlotti”. Nonostante questi indizi, l’origine del nostro scotöm al momento appare ancora ignota. Possiamo però azzardare alcune ipotesi: 1) Carlo Borromeo, figura eminente della Chiesa milanese, visita la terra bergamasca nel 1575 e diviene santo nel 1610. Nella famiglia Sirtoli, di probabile origine brianzola, diventa abituale battezzare i maschi col nome Carlo, al punto che nella prima parte del Settecento, sono numerosissimi i Carlo presenti nei vari rami della famiglia!
2) Carlo Borromeo fonda il collegio di Celana nel 1566 e questo istituto viene frequentato dai figli di numerose famiglie della Brianza. E’ accertato che nel 1605 a Celanella (nucleo storico dell’odierna Celana) vive un certo Sirtoli Francesco detto brianteo. E’ possibile che i suoi discendenti prendano il nome “carlotti” dal fatto che il loro capostipite fosse un alunno del collegio?
3) Il nome Carlotti è legato alla cascina Mosconi e alla zona in cui vivono i Sirtoli, che pertanto prendono il soprannome da questo toponimo.Questa ipotesi parrebbe corroborata dal ritrovamento di questo stemma sulla facciata est della cascina. Colpisce la somiglianza con lo stemma della famiglia Carlotti, nobili veronesi. Rimane da accertare se il restauro abbia riprodotto ex-novo uno stemma preesistente. Quanto al filone principale della ricerca, appare ormai chiaro che l’origine dei Sirtoli sia da ricercare in Brianza, come tanti cognomi bergamaschi che derivano dai paesi appena oltre l’Adda: Brivio, Perego/Perico, Giovenzana, Barzanò, Viganò. ecc. In particolare la nostra attenzione va al comune di Sirtori, che potrebbe essere proprio il punto d’origine dei nostri antenati. Qui s’innesta una interessante osservazione: una famiglia che emigra da una località prende il soprannome da quella e poi si cristallizza nel cognome vero e proprio. Ad esempio il cognome Brambilla nell’aneddotica rappresenta il milanese per eccellenza, in realtà si tratta dei brembillesi che nel gennaio del 1443 furono cacciati dai veneziani, a causa del loro sostegno a Filippo Maria Visconti.Se pensiamo ai paesi della valle Imagna,
notiamo che molti sono diventati cognomi: Rota, Valsecchi, Corna, Locatelli...
Allora è chiaro che un cognome di chiara origine geografica nasconde quello vero, cioè quello che avevano i nostri antenati quando ancora risiedevano nel paese di origine.
Per tornare all’esempio precedente, molto probabilmente i Brambilla derivano da un ramo dei Carminati, importantissima famiglia della val Brembilla.Anche per i Sirtoli potrebbe prefigurarsi questo scenario: nei battesimi dei primi due figli di Carlo Cirtoli e Cecilia Sana, ritrovati nell’archivio di Ossanesga e risalenti al 1640 e al 1642, curiosamente viene fatto lo stesso “errore”: il cognome è de Sibectis. Che sia l’indizio del nomen originario prima di emigrare dalla Brianza? Insomma, aveva ragione il mio professore di storia quando mi disse di stare attento ai cognomi: sembrano una via sicura per ritrovare i propri antenati, ma in realtà nascondono molte insidie e a volte possono trarci in inganno!
Rifacimento struttura di copia dati all’interno di uno studio d’architettura
La sicurezza dei propri dati personali è uno degli argomenti più difficili da trattare in campo informatico, in quanto bisogna avere sempre più possibilità di recuperare i propri documenti in caso di perdita o eliminazione. È necessario quindi predisporre, all’interno della propria infrastruttura, un ambiente di lavoro adatto con backup programmati e sicuri. Nell’ultimo mese uno dei lavori affrontati da HkStyle è stato il rifacimento completo del sistema di backup di uno studio d’architettura bergamasco e la messa in totale sicurezza della rete interna. Vediamo insieme come è stato effettuato il lavoro!
Struttura di rete in fase di cablaggio e pulizia
Situazione attuale degli apparati
Durante il primo sopralluogo effettuato da Stefano presso il cliente sono state verificate subito le principali impostazioni di copia e sicurezza
della struttura informatica: la rete non presentava alcuna tipologia di filtraggio o verifica del flusso internet e, soprattutto, il sistema principale di archiviazione dei dati era solamente un piccolo NAS (dispositivo di archiviazione in rete) con alcune problematiche di configurazione e salute dei dischi interni In questo modo il dispositivo di salvataggio poteva subire danneggiamenti in ogni momento e, non avendo nessuna copia esterna dei dati, sarebbe stato molto difficoltoso procedere ad un recupero in emergenza.
Per questi motivi abbiamo pensato di procedere con la sostituzione e l’implementazione dei seguenti servizi:
1. Installazione di un firewall a monte della rete interna per proteggere il traffico dati interno.
2. Installazione di un nuovo NAS di produzione e impostazione del vecchio NAS come replica di backup.
3. Predisposizione di un ambiente cloud online aggiuntivo per il salvataggio dei dati in totale sicurezza.
Il lavoro presso il cliente è stato completato in un giorno lavorativo, in aggiunta a qualche giorno di preparazione degli apparati in laboratorio da installare presso il cliente; la lavorazione è stata effettuata dal nostro tecnico Lorenzo. Gli apparati sostitutivi sono stati preparati in precedenza presso il nostro laboratorio certificato, predisponendo configurazioni, indirizzamenti e spazi di archiviazione. In questo modo l’intervento presso lo studio del cliente è stato effettuato con apparati già preparati ad hoc per la struttura di destinazione. Il primo step operativo è stata l’installazione del firewall di rete e la reimpostazione degli indirizzi interni. Il firewall (letteralmente “muro di fuoco”) è quel dispositivo che si mette a monte della rete informatica e permette di filtrare, e quindi proteggere, tutto il flusso dati della propria infrastruttura, predisponendo regole di sicurezza e impostazioni specifiche per l’accesso dall’interno e dall’esterno. Il firewall installato ha permesso di cambiare la rete del cliente su un indirizzamento più performante e impostare una serie di filtri di sicurezza necessari per mantenere protetto il lavoro dei computer. Tramite il firewall è stato inoltre possibile impostare tutte le VPN di accesso remoto per i singoli operatori, per poter accedere con facilità
Il firewall Nethesis installato presso il cliente e sicurezza alle risorse aziendali anche dall’esterno. La VPN è una connessione criptata, attivabile tramite un file di configurazione per ogni computer, che permette di raggiungere in modo sicuro, da una qualsiasi rete internet attiva, i documenti presso il proprio ufficio. Una configurazione del genere è impostabile tramite il firewall appena installato.
Sostituzione NAS
Uno dei problemi più importanti da risolvere era la protezione dei dati del cliente attualmente salvati su un dispositivo NAS non molto stabile. È stato perciò predisposto un NAS di nuova generazione con maggior spazio e hard disk
Il Nas Qnap installato presso il cliente Nuovo NAS in fase di montaggio e configurazione
interni più resistenti ed è stata fatta partire immediatamente la migrazione di circa 2 tb di dati complessivi da NAS a NAS. In questo modo siamo riusciti a preservare l’integrità del dato e spostarlo senza particolari errori sul nuovo sistema di archiviazione.
I due NAS sono stati collegati direttamente tra di loro tramite una connessione denominata “direct attach (attacco diretto)”, così da velocizzare lo spostamento dei file. Tramite questa modalità, in circa 16 ore di lavoro tutta la struttura di cartelle e sottocartelle è
stata spostata correttamente sotto il nuovo sistema.
Sui singoli computer sono state impostate in parallelo le nuove cartelle di rete condivise che lentamente, nel corso della giornata, si sono popolate con i nuovi documenti.
Il cliente ha dovuto poi semplicemente eliminare i vecchi collegamenti impostati senza nessun blocco di lavoro. Una volta migrato completamente tutto lo storage dati sul nuovo NAS, il vecchio è stato pulito e impostato come replica del primario.
Con questo sistema, ogni giorno l’intera struttura dei file viene replicata sul secondo NAS di backup, in modo da avere una copia sempre pronta all’uso di tutti i propri file personali e di lavoro.
Predisposizione backup in cloud
La modalità di replica locale
di tutto il Nas dal primario al secondario è una buona soluzione di sicurezza ma entrambi i dispositivi, in caso di attacco esterno alla rete o di
virus interno, si troverebbero sulla stessa rete locale e quindi entrambi potenzialmente infettabili.
Era necessario quindi impostare uno spazio aggiuntivo che si trovasse fuori dalla rete e che fosse raggiungibile in modo sicuro per la copia dei dati. Una delle soluzioni offerte da HkStyle è la preparazione di spazi virtuali di backup per i propri file, e proprio uno di questi servizi è stato venduto come backup aggiuntivo presso lo studio. Nel lato pratico si procede per questi step:
• Si imposta una connessione criptata e sicura che dal firewall del cliente arriva allo spazio online.
• Lo spazio cloud venduto si connette al NAS che contiene tutti i dati di lavoro.
• Infine, si imposta un processo di backup scadenzato che procede a copiare le cartelle via internet dalla rete locale del cliente verso lo spazio di copia online.
In questo modo, nella peggiore delle ipotesi, se tutti i dispositivi locali non fossero più ripristinabili, si ha sempre lo spazio cloud per poter lavorare sui documenti e ricopiarli nella propria rete. Una forma di sicurezza per i propri dati vera-
Al termine del lavoro il tempo di accesso dei singoli utenti verso il server dati era migliorato notevolmente e la fluidità di modifica ha risentito positivamente delle modifiche effettuate ma, soprattutto, la sicurezza via rete del lavoro è totalmente aumentata grazie ai backup impostati!
Miss New Entry 2023
Ritorna a grande richiesta il concorso di bellezza organizzato dalla redazione di New Entry Magazine che nell’ultima edizione, ha totalizzato più di 21.000 visualizzazioni con la speranza di eguagliare se non aumentare la partecipazione, non solo delle candidate, ma anche di tutti coloro che hanno espresso il loro voto durante le varie fasi. Condizioni di ammissione
1) Iscrizione gratuita entro il 31 Dicembre 2022
2) Aver compiuto almeno 18 anni entro la data 30 Novembre 2022 e non aver compiuto 49 anni entro la data del 31 Dicembre 2022 Programma del concorso
1) Inviare tramite email a redazione@newentrymagazine.it oppure tramite numero whatsapp al 3477352863 una foto a mezzobusto con il viso in evidenza. Verranno scartate foto sfuocate, scure, con il cellulare davanti al viso!
2) In caso di un numero elevato di partecipanti, una giuria tecnica si riserva la facoltà di preselezionare le canditate che potranno passare alle fasi successive.
3) Il concorso si svolge con diverse tappe ad eliminazione. (Esempio: se le candidate sono 24, nella prima fase, seconda e terza fase ne verranno eliminate 8 per giungere così alla fase finale con le
31/12/2022
ultime 4 finaliste. Con l’inizio di ogni fase vengono azzerati i voti di quella precedente.
4) Le votazioni avverranno tramite la pagina facebook di New Entry Magazine – Il Giornale della Gente dove verrà creato un album fotografico per ogni fase, riconoscibile dalla locandina nella quale si troverà la data ultima per votare. Ad ogni fase la copertina verrà pubblicata con un colore diverso e ben visibile in modo da non creare confusione. Chi vorrà votare potrà entrare sulla pagina, mettere il mi piace a New Entry Magazine – Il Giornale della Gente e esprimere la propria preferenze tramite il “mi piace” alla o alle miss da lui ritenuta/e più meritevole/i.
Le tre finaliste oltre all’intervista corredata da fotografie pubblicata sulla nostra rivista e sito internet, avranno come premio dei buoni così suddivisi: € 150,00 per la prima classificata, € 100,00 per la seconda e € 50,00 per la terza per uno shooting fotografico professionale in studio nei vari generi fotografici, con vari set e cambi di outfit da concordare con il fotografo Piero Beghi di Ghedi (Bs) Una grande opportunità per avere un tuo portfolio di qualità e sentirti modella per un giorno. Non si escludono altri premi offerti dai nostri sponsor.
Abbiamo incontrato Fiorenza Ravasio, nata ad Almè in provincia di Bergamo, di origine francese da parte di mamma, ora residente a Chignolo d’Isola.
Fiorenza, parlaci della tua infanzia...
Sono cresciuta in una famiglia numerosa, umile ma molto dignitosa, cresciuta con una educazione molto rigida ma con sani principi.
Cosa ti caratterizza particolarmente?
Mi ritengo una persona semplice, altruista allegra socievole estroversa ma soprattutto molto sincera.
Al di là del tuo lavoro, quali sono le passioni della tua vita?
Amo la moda e tutto ciò che è inerente al mondo dello spettacolo, una passione che ho fin da
ragazzina ma per motivi economici non ho mai potuto coltivare.
Hai già ottenuto moltissimi riconoscimenti... Da dieci anni sfilo per concorsi di bellezza in tutta Italia... Ho vinto numerosissimi titoli tra cui trofei, riconoscimenti, fasce nazionali e internazionali. Sfilo alle fashion week per stilisti di ALTA MODA e poso come modella per shooting fotografici. L’anno scorso a febbraio sono stata invitata dalla grande stilista ÉDITH JACOB a sfilare al GRAN GALÀ di ALTA MODA INTERNAZIONALE al VICTORY MORGANA BAY di fronte a numerosi vip a Sanremo, in occasione dell’ultima edizione del festival della musica ITALIANA ... Anche questa è stata davvero una bellissima esperienza. Il 31 agosto ho partecipato per la prima volta alla finalissima internazionale del concorso di bellezza”THE BEST MODEL OF EUROPE”
a Lloret de Mar Barcellona, EVENTO giunto alla decima edizione con partecipanti provenienti da tutta EUROPA, VINCENDO il TITOLO di (THE BEST MODEL OF EUROPE ITALIA by ROSARIO STAGNO - 2022) e un 3° posto INTERNAZIONALE di MIGLIOR MODELLA D’EUROPA 2022.
Come ti piace vestire?
Sono una persona semplice e amo vestire in modo sportivo e comodo ma amo naturalmente anche vestire fashion e elegante raffinato. Oltre al mondo dello spettacolo, hai altre passioni?
La letteratura e il ballo e amo fare lunghe camminate all’aria aperta.. Che rapporto hai con i social?
Con i social ho un buon rapporto.. ho moltissimi follower che mi seguono sia su Instagram che Facebook grazie ai molteplici post video Real pubblicati che hanno ottenuto moltissime visualizzazioni..
Un tuo pregio e un tuo difetto... Il mio pregio è la sincerità e il mio difetto è la troppa precisione.
Cosa cambieresti del tuo corpo?
Di me sinceramente non cambierei nulla... Sono molto contenta di me stessa anzi, ne vado fiera, ho molta cura del mio corpo facendo una vita sana e regolare..
Convivenza o matrimonio?
Per me non ci sono differenze: penso che la materia principale sia l’amore e il rispetto reciproco...
Ti piacciono gli animali?
Adoro tutti gli animali, mi piacciono moltissimo e soprattutto adoro l’amore incondizionato che sanno dare offrire a tutti noi. Che squadra di calcio tifi?
Sono juventina da sempre e amo la mia squadra del cuore.
Credi alla magia e al paranormale? Alla magia e al paranormale CREDO in un modo limitato...
Da 1 a 10 che valori dai a: -Soldi -Amici -Essere alla moda
Ai soldi un valore di 7 perché penso che non danno la felicità ma se mancano creano problemi quindi direi un valore un po’ più della metà. Naturalmente al primo posto la salute..
Un bel 10 per quanto riguarda gli amici perché penso che l’amicizia vera sia qualcosa da conservare con cura. A volte un vero amico vale più di un parente/serpente.
Le 3 cose che guardi in un uomo...
In un uomo ho sempre guardato tre cose importanti: LE MANI, LO SGUARDO e LA TESTA...
Sei mai stato/a innamorato/a?
Sono una donna molto fortunata... ho un marito meraviglioso con cui condivido tutto...
Lui e i miei meravigliosi figli Emanuela e Stefano sono il mio MONDO... LA MIA ESSENZA DI VITA.
Sono nonna di una bellissima bambina di un anno, ALASIA che ha riempito ancor di più immensamente la mia MERAVIGLIOSA VITA. Hai piercing o tatuaggi?
Amo i TATUAGGI anche se personalmente non ne ho nessuno.
Film e cantante preferito?
Il mio cantante preferito è da sempre il mitico Vasco Rossi, il mio film preferito, essendo una persona romantica, naturalmente Titanic..
Dove vorresti vivere?
Vorrei vivere in una bellissima zona marittima Adoro il sole e il mare...
Se fosse in tuo potere di risolvere un grande problema, uno e uno solo che affligge l’umanità, su cosa cadrebbe la tua scelta?
Sicuramente sarebbe COMBATTERE L’INDIFFERENZA... PENSO SIA IL MALE DEL SECOLO!
Cosa ti infastidisce più al mondo? Sicuramente l’indifferenza sociale e il bullismo.
Poseresti mai nuda/o per una rivista?
Mi è stato più volte proposto di posare nuda ma non ho mai accettato. Ho sempre preferito
il “vedo non vedo” o comunque un intimo elegante sexy..
Che immagine vuoi dare di te stessa? Una donna semplice che ama la vita e tutto ciò di bello che mi circonda..
Dove ti vedi fra 10 anni?
E’ una domanda che non mi sono mai posta ma riallacciandomi a dove mi piacerebbe vivere, spero vivamente in una bellissima location di mare con tutta la mia MERAVIGLIOSA FAMIGLIA.
Il vintage fino a qualche anno fa era chiamato semplicemente usato e non era poi nemmeno sicuramente così popolare come adesso. In quanto è una tendenza che sta crescendo di giorno in giorno quella, ad esempio, di rovistare nei vecchi bauli di famiglia alla ricerca di qualcosa di bello o curioso ma certamente particolare così come l’andare per mercatini neanche fosse una caccia al tesoro in cui il premio in palio è quello di trovare un capo interessante.
La passione del vintage nasce negli anni Settanta quando si chiamava, per l’appunto, solo usato e l’indossare abiti di seconda mano voleva dire mettersi in contrapposizione con la generazione precedente (vale a dire per lo più quella dei genitori) mentre oggi è diventato qualcosa di fashion, ossia alla moda.
Il vintage piace e piacerà sempre perché vuol dire unire il passato, il presente e il futuro in modo da rendere moderno il passato e passato il moderno. La parola vintage nasce dal francese “vendange” che deriva dal latino vindemia e stava ad indicare i vini d’annata. mentre ora sta a indicare un oggetto che con il passare del tempo acquista valore.
Un capo di abbigliamento o un paio di scarpe diventano vintage dopo vent’anni dalla loro messa in produzione e a patto che abbiano però anche un qualcosa (tessuto, stampa, marca) che li possa contraddistinguere come tipici di un’epoca.
Secondo uno studio della Doxa nel 2021 il mercato del vintage ha generato un giro d’affari di 24 miliardi di euro, ossia l’1,4 del Pil (Prodotto Interno Lordo) e sono quasi 23 milioni gli italiani che si sono affidati alla seconda mano.
E secondo una ricerca della piattaforma francese “Vestiaire Collective” gli italiani sono quelli che a
livello mondiale vendono in un anno una media annua di 7,5 pezzi cadauno con un guadagno che sfiora i 2 mila euro annuali.
Ci sono tanti motivi per amare il vintage, ma soprattutto per questioni economiche dato che i prodotti di seconda mano sono più accessibili e il rapporto qualità/prezzo è buono.
Per esempio se si fa qualche ricerca si può arrivare a comperare un prodotto griffato a un prezzo davvero imbattibile che è ancora usufruibilissimo in quanto la scelta dei materiali era stata alta fin dal principio.
Un altro motivo per cui il vintage è così di moda è perché ci si preoccupa delle sorti del pianeta e con il riuso si può tentare di limitare parte dell’inquinamento. Si tenga presente, infatti, che l’industria tessile è responsabile del 20% dello spreco globale di acqua e del 10% di emissioni di anidride carbonica. I capi di altri sono una valida alternativa se si vuole cercare di dare una mano a preservare questa nostra terra sottraendo un rifiuto alla discarica e si fa del bene (e anche tanto), come detto, all’ambiente. Per acquistare prodotti di seconda mano non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ecco qualche esempio. Per quanto riguarda le grandi marche, ad esempio, la Maison Valentino ha Valentino Vintage che invita a rendere i propri capi vintage presso uno qualsiasi dei suoi negozi in cambio di
buoni acquisto per prenderne di nuovi. E ancora Miu Miu da un paio di anni ha la collezione Upcycled che vuole mixare la sostenibilità, il vintage e l’artigianalità. Ma anche Paul Gautier ha sul suo sito una sezione in cui poter rivendere le cose del passato. Oppure si possono usare anche i giornali di annunci (uno fra tutti secondamanoitalia.it) così come i siti internet o le app sul cellulare, ad esempio, Ebay oppure Vinted in cui basta caricare le foto dell’oggetto e fare una descrizione accurata di quello che si vuole vendere e indicare il prezzo. Poi quando si trova l’acquirente arriva un avviso e l’etichetta di spedizione (solitamente paga l’acquirente unitamente alle commissioni del sito) dopodiche l’altra persona riceve il pacco e incassa la cifra. In alternativa si possono cercare anche i classici negozi di usato, tra le più famose, le catene di franchising come Mercatino o Mercatopoli che
sono presenti in quasi tutte le grandi città e andare direttamente sul posto per accordarsi con il titolare del negozio che normalmente lavora in conto vendita. Perciò si concorda il prezzo e si lascia in deposito l’oggetto e in caso di vendita si avrà una percentuale che varia dal 30% al 40% del prezzo di vendita stesso. Una menzione la meritano sicuramente anche i mercatini e le fiere. Ad esempio a Milano c’è il Mercatone dell’Antiquariato che si tiene sul Naviglio Grande ogni ultima domenica del mese. Sicuramente il momento migliore per darsi al vintage è il cambio di stagione. Questo non esclude che si possa fare in qualsiasi momento dell’anno: 1) per disfarci di quello che non usiamo più a patto che sia ancora in buono stato, 2) per acquistare un capo di abbigliamento che abbiamo sempre amato che però a prezzo pieno non potevamo proprio permetterci.
Monica PalazziSono carica di storie. Non finisco mai di stupirmi della complessità dei percorsi umani. Di quanto siano comuni e uniche le strade che percorriamo. Comuni perché attraversiamo tutti territori d’amore, di lavoro, di relazioni, di salute e malattie, di morti. E uniche perché la forma che prende ogni strada e il modo di percorrerla è straordinariamente diversa per ciascuno. Ascolto patologie normali e normalità patologiche. Sintomi che portano a nuovi e più sani
equilibri e salute che sfocia in malessere. Eventi felici che non portano felicità, eventi dolorosi che portano senso e saggezza. Dolori che si impiantano, serenità che restano lontane all’orizzonte. Vite.Così raccolgo testimonianze, ascolto resoconti di battaglie, di vittorie, di rese. Condivido e scambio riflessioni, sguardi, frammenti di conoscenza.Ne esco a volte appesantita, sempre arricchita. Buon anno a tutti voi, vi auguro di apprezzare ogni vostro momento! un abbraccio.
A tutti quelli che credono di essere invisibili auguro un Natale pieno di specchi, in cui le luci di questa festa riflettano l’immagine di coraggio, sensibilità e amore che essi vedono ogni giorno!
Tutto comincia, tutto finisce, è la favola del credere e dell’imporre, insegnamenti del vissuto che restano adosso, e del consolare a volte non si riesce... i sacrifici vanno visti per quelli che sono, a volte il premio è tutto dolore da affrontare, partite perse,con caparbietà. Che ne sarà di noi un giorno, non c’è risposta, la speranza a volte è un’anima che aspetta ogni destino, un addio alla vita combattuta come un leone, persa già in partenza. Ora, tutto ciò non importa, un esempio che non si esce sconfitti, ma eroi da emulare nel tempo. Addio campione, ora nel cielo brilla una nuova stella, che ogni volta a vederla, ci regali un sorriso e un po’ di malinconia. BMG
Secondo più, secondo meno, sono entrato in camera mia. Il piumone scostato dal lenzuolo, un lembo del piumone metteva in evidenza il bianco e sul bianco un puntino nero procedeva lento... Non una cetonia viridis, non una coccinella septempunctata, solo una comune cimice che, peraltro, non è poi così comune... L’ho avvicinata con una carta da gioco ma ancora prima di toccarla si è bloccata, quasi scocciata, evidentemente disturbata. Allora ho tolto il piumone cosi da favorirle il passaggio fino all’altra sponda del letto e prima che finisse la sua traversata l’ho caricata su un cartoncino e l’ho poggiata sullo scaffale dei libri. Ma il tempo di tornare e l’ho trovata esattamente nello stesso punto iniziale del tragitto. Ho controllato lo scaffale pensando fosse una seconda sua amica... No, era sempre la capricciosa, testarda e forse offesa di prima. Come non scriverle un racconto prenatalizio? Come non dedicarle attenzione? Allora l’ho ripescata con una vecchia cartolina e cambiando sede di deposito l’ho poggiata tra i cd musicali, sperando che nutra più interesse per la musica che per la letteratura e che mi lasci libero il letto. Ma due pensieri li meritava; sarà stato un segno, una curiosa combinazione? E chi può dirlo... Di spazio ce n’è in abbondanza, buona notte e buon Natale anche a te piccola amica. Enrico Savoldi
Dopo essersi diplomata come linguista, ha scelto di dedicarsi completamente al mondo dello spettacolo. E le esperienze, diverse ma tutte straordinarie, non si sono fatte attendere. Greta Galbianco ha appena 21 anni ma è una di quelle ragazze decise a giocarsi le proprie carte sotto i riflettori. Bella, energica, determinata. Grinta da vendere e tanto, ma tanto, studio per farsi trovare pronta a cogliere ogni occasione. Così, da uno shooting ad un concorso di bellezza, passando per una piéce teatrale, Greta ha iniziato a macinare esperienza. Naturalmente, complice la giovane età, ha tutta l’intenzione di continuare a togliersi soddisfazioni…
Come inizia il tuo feeling col mondo della fotografia?
La fotografia per me è davvero molto importan-
te: già da quando avevo 6 anni sapevo che avrei fatto la modella, attualmente questo è un lavoro che si sta affermando sempre più nella mia vita! Questa mia vocazione è nata in parallelo con quello della moda, prendendo ispirazione da molte supermodelle con un passato da Miss: ricordo di aver partecipato al primo concorso di bellezza all’età di 14 anni, dopo aver letto un bando esposto fuori da un ristorante, e da lì è partito tutto!
Da allora, molte esperienze e tante soddisfazioni!
La strada che sto percorrendo non mi ha regalato nulla, anzi: quello che ho ottenuto me lo sono guadagnato! Ci ho sempre messo co-
stanza, umiltà ma soprattutto concentrazione perché di certo i momenti “no” non sono mancati, ed è proprio da questi che bisogna risalire! Ho raggiunto traguardi davvero straordinari, ho partecipato a molti spettacoli teatrali tra cui musical, da cui ho preso spunto da celebrità che definire tali è molto riduttivo: Gal Gadot e Christina Aguilera.
In tutto quello che fai, sei alla ricerca del bello.
La bellezza è ciò che “nutre” i nostri occhi: ci trovo ipocrisia nelle parole di chi la definisce soggettiva e il detto “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace” non è affatto convincente, altrimenti non avrebbe questo significato. E se la tua carriera ti portasse fino al mondo dello spettacolo?
Dico solo che io, davanti alla frustrazione altrui non mi sono mai fermata, e, lavorando duramente, alla fine ho avuto la meglio! Per me questo lavoro è la mia vita, la mia casa, il mio amore che di certo non fa eccezioni!
Che rapporto hai col mondo dei social?
Con i social network ho un rapporto non troppo parsimonioso, poiché creano dipendenza: li uso senza alcun fine, e mai mi sognerei di utilizzarli a scopo lavorativo. Ritengo che lavorare sodo per raggiungere un obbiettivo sia molto più soddisfacente e umano!
Il tuo profilo, cosa vuole raccontare ai tuoi followers?
Voglio veicolare l’immagine di una persona che, oltre al suo lavoro, ha diverse passioni, tipiche di una ragazza della sua età. Ciò che mi infastidisce dei social è la pubblicazione in tempo reale di contenuti banali e personali da parte di quasi tutti gli utenti, credendo di suscitare apprezzamenti e a volte ilarità da tutto ciò.
Chi è Greta Galbianco nel quotidiano?
Nel mio quotidiano la parola d’ordine è riservatezza: non esibisco mai la mia vita lavorativa, né tanto meno quella privata. Fin da piccola mi sono sempre distinta dagli altri bambini per la mia creatività: molte inorridiscono solo a sentire l’aggettivo “maschiaccio”, ma io invece no, lo ritengo davvero femminile! Cosa vuoi dal tuo futuro?
Da sempre sono cresciuta con la consapevolezza di dare un significato alla mia vita e tuttora la pianifico anche per l’avvenire, anziché vivere alla giornata come fanno molte persone! Tra 10 anni mi vedo seduta ad una tribuna di un campo da calcio, a commentare la partita e a tifare la squadra del cuore con i miei figli!
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Stamane, nel mio consueto passaggio da una palazzina all’altra dell’ospedale, ho scorto le prime tracce d’autunno.
Il cielo era azzurro, il sole caldo, avevo appena parlato con una collega in partenza per le vacanze: nell’atmosfera estiva, un po’ nascoste dalla chioma verde, ecco le prime foglie rosse. Metafora della vita, eterno fluire del Tao. Un principio ha in sé i semi del suo opposto. È bene ricordarselo, per navigare nelle acque complesse della vita. Nulla è statico, gli equilibri son sempre dinamici, in divenire. A volte è faticoso, altre volte consolante. Più tardi, un’altra immagine ha colpito il mio sguardo: simmetrie, armonie che appaiono così, mentre stai camminando e non le stai cercando. La vita si dà. In ogni momento. sguardiepercorsi
Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come far ridere i bambini, e invece di una favola regaliamo un dvd, invece dei colori compriamo loro un pc. Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come giocare con la palla, far correre un aquilone in riva al mare e correre a piedi scalzi nei prati. Siamo figli degli smartphone, dei tablet e dei pc. Vogliamo conoscere chi c’è dall’altra parte del mondo senza vivere chi è accanto a noi. Siamo figli di un mondo distratto, fatto di sms e di buongiorno dimenticati, di un caffè postato sui social e un caffè oramai freddo ancora da bere. Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come far sorridere un bambino... Silvana Stremiz