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Cultura - Territorio - Sport - Gusto a Tavola - Itinerari - Riflessioni - Racconti - Poesie - Interviste
NEW ENTRY MAGAZINE il Giornale della Gente Quindicinale d’informazione sociale e culturale a distribuzione gratuita Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M.
Anno 27 - N°08 del 09/09/2021
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PENSIERI E PAROLE
IL SAPERE Alcune volte è sbagliato giudicare un’attività semplicemente per il tempo che occorre realizzarla... Un buon esempio è il caso del sistemista che è stato chiamato per aggiustare un computer molto grande ed estremamente complesso... un computer del valore di 12 milioni di Euro. Seduto di fronte allo schermo, preme un paio di tasti, asserisce con la testa, mormora qualcosa a se stesso e spegne il computer. A quel punto estrae un piccolo cacciavite dalla tasca e dà un giro e mezzo ad una minuscola vite. A questo punto, accende il computer e verifica che funzioni perfettamente. Il presidente dell’azienda è felicissimo e si offre di pagare il conto immediatamente. “Quanto le devo?” chiede. “Sono Mille Euro, per cortesia” risponde il sistemista. - “Mille Euro? MIlle Euro per pochi minuti di lavoro? Mille Euro per stringere una semplicissima vitina? Mi rendo conto che il computer vale 12 milioni di Euro, ma mille Euro mi sembra una cifra veramente esagerata. Pagherò solamente se mi manderà una fattura dettagliata che giustifichi una cifra del genere.” Il Sistemista acconsente con un cenno e se ne va. Il mattino dopo il presidente riceve la fattura, la legge attentamente, asserisce con la testa e la paga immediatamente, senza una lamentela. La fattura diceva: servizi effettuati - Avvitamento di una vitina: EURO 1 - Sapere quale vitina avvitare: EURO 999 Far pervenire questo messaggio a tutti i professionisti che ogni giorno affrontano la mancanza di considerazione di quelli che per la loro ignoranza non arrivano a capirli, e regalargli un momento di umorismo. RICORDATI: SI GUADAGNA PER QUELLO CHE SI SA, NON PER QUELLO CHE SI FA. Marco
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EDITORIALE
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riano nzone molto famosa di Ad ca a un a ev dic i... gh lun to. assano gli anni ma 8 sono ancora qui, nonostante tut mo sia E . 27 n be ati ss pa Di anni però ne sono
o inizialmente in due amici al bar, o meglio eravam 4 o vam Era .. te. tan te en del mondo” d Ne abbiamo passate veram Eros Ramazzotti, “L’ombelico di sa” co lla be iù “P , ue ab sul panora di Lig nuova, una nuova entrata dei Lunapop, “Certe notti” sa co a un ere ess eva vol , ce dal nome ragazzo timido e dur NEW ENTRY, come si capis difficile crederlo, ma ero un è ma om ins io… gg ssa pio e variegato! T dire la sua, lanciare un me ter creare un bel gruppo am po di ea l’id i ind qu , ciò to ciò si dev tut volevo che altri rivivessero alle prime tipografie. A tutto ti cia ac aff mo sia ci si dir avuto un ad ingran e corte, sapevamo di aver ett Salvatore (Bg), cominciando gh bra le o vam ave o do lo fondamm 24 ma certe cose no E’ inutile nascondersi, quan nnessi e reperibili 24h su co mo sia , ork tw ne ial soc i Ora esiste internet, ci sono
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i, per finire poi in are o nell’inserire i volantin gin pa ll’im ne te tira le co ore pic esti 27 anni articoli da pubblicare, alle try ha fatto o ha visto in qu En w Ne e ch ello qu re nta e, d ti! Racco voluto sottolineare: passion pre sempre contenti e soddisfat sem mo bia ab me co , rnale della Gente riche sempre nuov New Entry Magazine è il Gio al colore, introducendo rub ro ne e o nc bia l da o nd ssa pa e da lassù veg se abbiamo cambiato pelle o co-fondatore Michele ch mi al uto sal ro ca un oso I! Dover per noi e soprattutto PER VO indacabile crisi editor rattutto se rapportati all’ins sop , nti elle ecc che più i ltat del genere o s Formula vincente che dà risu ttanti allo sbaraglio, amanti dile e ti nis sio fes pro o ud pse gliare e ittori giornale assolutamente da sfo e brutti, bravi e bravissimi, scr un è o, est qu r pe o pri Pro l suo genere. considerare rivista unica ne
EDITORIALE
Celentano...
gli 883, con “50 special” “Come mai” e ”Gli anni” de n co uti sci cre o nd mo il e e che volevano cambiar e tanti altri... voce” di Adriano Celentano ha n no e creare dibattiti, on ozi em “L’ i, ott di Jovan teva scrivere, intervenire, po e qu iun ch ve do pi, tem e e non a quei llismo, momenti di solitudin ama che si poteva trovare bu lli: ciu fan i no di mi ble to tutti i pro quello di Almenno San rante l’età scolare, ha vissu ozza (Bg) siamo passati a Str di o ori rat ll’o da , ati mp Tanti numeri sono stati sta guiti. i e lettori che si sono susse vono aggiungere tanti autor i… anni ne andiamo orgoglios nel raccogliere gli na grande idea e dopo 27 serate trascorse in oratorio alle e, fac to e fac ate ris e san on sono paragonabili alle
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nchi ma o bere qualcosa sfiniti e sta o lat ge un si iar ng ma a r n un ba anni… o ci vorrebbero altrettanti i non è facile e come minim are e anche messaggi positivi, emozion dedizione, voglia di lanciare a farlo... e origini e così continueremo str no le to nu nte ma mo bia ve, ab i avvenuto! tutto questo non sarebbe ma glia su di noi e senza il quale nlu Gia ca Boffetti per tutti, belli Nelle sue pagine c’è spazio e. tor set il o pit col ha che si può riale a è bandita, ecco perchè la nn pe na ssu Ne ti. an tizz pa semplici sim sua semplicità. rsi sorprendere, anche dalla e da cui, senza limiti, lascia enzi, scrittore) (Recensione di Maurizio Lor
ANIME NEL VENTO
CENTO ANNI DI MIA MAMMA CRISTINA Il 6 settembre mia mamma avrebbe compiuto 100 anni, un traguardo che ormai raggiungono molti anziani, alcuni anche in buona salute. Nacque in una famiglia modesta e numerosa (erano 5 figlie e 1 figlio), in anni molto duri e non poté terminare neppure le scuole elementari, pur desiderandolo molto, così come le sue sorelle. Fu dunque mandata a lavorare giovanissima, oltre ad aiutare la mamma nelle faccende domestiche prima, durante la pausa pranzo, dopo il lavoro, il papà carrettiere di notte, quando si alzava per andare a Brescia a caricare la merce e a volte pure a bottega dal fratello barbiere, per la mentalità di allora il ”maschio”, dunque esentato da altre incombenze, oltre ad essere servito in guanti bianchi. Visse gli anni difficili della guerra, con tutte le privazioni, le paure, le incertezze sul futuro, proprio nel periodo migliore della sua giovinezza. Era già fidanzata con mio papà, che rimase prigioniero in Algeria per 7 lunghi anni, perciò al ritorno a casa organizzarono presto il matrimonio. In una fredda mattina invernale, il 15
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febbraio 1947, senza neppure acquistare un abito e un cappotto nuovo, accompagnata a piedi da casa sua alla chiesa, a braccetto di mio nonno, avvolto nel suo mantello e col cappello, iniziò in modo molto dimesso la sua nuova vita da sposa, con un pranzo alla buona, in famiglia. Vita che le riservò difficoltà a catena: la prima convivere con la suocera, un peperino con cui non era facile andare d’accordo, mentre il suocero, più buono e affettuoso con lei, morì poco dopo, a 52 anni. A seguire negli anni la malattia di mio papà, a 44 anni che se lo portò via poi a soli 52 anni; nel 1999 la morte improvvisa di mia sorella a soli 50 anni e, nell’ultimo anno e mezzo, la malattia invalidante che la costrinse a vivere sulla carrozzella. I due mesi prima della sua morte rimase in coma vegetativo e per noi figlie fu davvero straziante vederla in quelle condizioni oltre che prendere decisioni dolorose e pesanti. La consolazione mia e di mia sorella è tutt’oggi, dopo nove anni, la certezza di averla assistita al meglio, standole sempre vicino, anche quando lei non se ne rendeva più conto. Qualsiasi età abbiano, le mamme lasciano un vuoto e una sensazione di recisione con un prima e un dopo molto netto. È infatti il legame più forte, dal quale non si è mai pronti a staccarsi. L’ultima festa di compleanno che le avevamo preparato è stata per i suoi 90 anni, già malata nel fisico, ma molto presente mentalmente, attorniata dai suoi affetti più cari e dalla badante, che l’ha accudita con pazienza e affetto: nei suoi occhi quel giorno, la felicità per avere vicino le persone che le volevano bene e nei nostri un bel ricordo. Auguri per un compleanno speciale che sono certa le arriveranno lassù! Olfi Ornella
GUSTO A TAVOLA
MOZZARELLE IN CARROZZA Ingredienti 1 pacco di pan carrè da 12 fette 6 fette di fontina “ rossa” o mozzar. filante per pizza 12 fettine di prosciutto cotto 5 uova 1 bicchiere di latte pane per l’impanatura olio di girasole per friggere Procedimento Tagliare le fette di pan carrè a metà. Tagliare le 6 fette di formaggio a metà e avvolgerle iognuna in una fetta di prosciutto. Le due fette di pane devono contenere 1 fetta di formaggio avvolta nel prosciutto. Passare alla panatura. Sbattere in una terrina le uova e il latte.
Immergere le fette pane farcito nel composto di uova e latte poi passarle nel pane cercando di fare presa schiacciando bene i bordi, ripassare nell’uovo e di nuovo nel pane dando la forma come da foto. Scaldare l’olio portandolo a temperatura ideale per la frittura. Friggere le mozzarelle in carrozza da ambo i lati per 2 minuti circa per lato. Dal blog: www.cucinarecreare.it Anna
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DEDICA A...
CON IL VENTO CHE TI SPETTINA UN PO’ “…Passano gli anni ma otto son lunghi…” canta Adriano Celentano in una sua famosissima canzone ed è proprio il caso di dirlo… Ne sono trascorsi ben otto dall’ultima volta che ci eravamo visti, dall’ultima volta che ho avuto la possibilità di guardarti negli occhi… Si sa, le strade si dividono, nascono nuove amicizie, nuove compagnie, nuovi amori e poi il lavoro, la scuola…, fattori che portano a malincuore a perdersi di vista… Rimangono i ricordi, splendida e gioiosi, tristi e sofferenti, ricordi di un tempo che fu dove si era più ingenui ma dove bastava un sorriso, un abbraccio, una corsa a due sugli spalti di quel campo sportivo per sentirsi felici. Un’altra età, un’altra mentalità ma lo stesso cuore… quel cuore che batteva velocemente e che mi faceva capire che il sentimento che provavo per te andava ben oltre la semplice amicizia. E di quello scorcio di vita oltre ai ricordi ne è rimasto un libro, un po’ ingiallito nel tempo, ma ricco di sentimenti. “Con il vento che ti spettina un po’… come poter dimenticare quei capelli lunghi che il vento trasportava e accarezzava il tuo dolce viso…” Poi, come è strana la vita… all’improvviso, casualmente, ci siamo rivisti…. E’ stata un’emozione indescrivi-
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bile e vederti felice, con quel sorriso meraviglioso è stato ancora più bello… Non mi sembra vero, io e te a ridere, scherzare, raccontare in poche parole ciò che è accaduto in questo lungo arco di tempo… per poi ricordare con serenità i vecchi tempi… L’averti rivista mi ha riempito di gioia poiché è splendido dopo tanto tempo ritrovare un’amica preziosa a cui ho voluto molto bene. E’ inutile nascondere la commozione, lo stato d’animo che ho provato… ma è avvenuto tutto così all’improvviso che mi sembrava persino fosse un sogno… Ho sempre avuto l’abitudine di esprimere le mie emozioni e sentimenti tramite la scrittura, mi auguro che questo mio piccolo pensiero sia per te una bella sorpresa in nome della nostra Amicizia ritrovata. Con Affetto a M. Adry
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PENSIERI E PAROLE
A MEZZ’ARIA Capìtano delle giornate dove tutto gira storto e si vorrebbe essere da un’altra parte, è in quei momenti che ripenso all’ultimo casottino di legno costruito assieme al mio amico Massimo. Avevamo 11 anni e notammo nell’angolo del mio portico impilate moltissime assi, erano le vecchie assi della mangiatoia delle vacche, sostituite perché cominciavano ad essere troppo logore per svolgere al meglio il loro dovere. Quando le vedemmo esclamammo: “ma qui c’è tanto materiale da costruire una casa”; bisognava trovare il sito adatto dove collocarla, pensa e ripensa mi venne in mente che una cinquantina di metri dietro la cascina scorreva un fiumiciattolo le cui rive erano adornate da alti pioppi ed alla fine, proprio dove curvava l’acqua, c’erano due enormi gelsi vicini fra di loro. Andammo a visitare il posto, era proprio l’ideale dove costruire la casetta, nell’osservare le due larghe piante mi venne un’idea geniale: “Massimo, perché non costruiamo il casottino là in alto, tra un gelso e l’altro sospeso a due metri da terra?” - la mia idea fu accolta con un urlo di approvazione. Con un metro a nastro, prendemmo tutte le misure, poi tornati in cascina, su un block notes disegnammo una specie di progetto, qui ci fu un piccolo diverbio con il mio amico, lui insisteva nel fare l’ingresso sul gelso di destra, io invece volevo entrare su quello di sinistra, così dopo una “pacifica” scazzottata, visto che in piedi ero rimasto io, entrammo sul gelso di sinistra. So che può sembrare diseducativo quanto scrivo, ma io ed il mio amico Massimo risolvevamo le nostre questioni più intricate prendendoci a sberloni. Posso però affermare con certezza che l’azzuffata per la casetta di legno, fu l’ultima, in seguito, probabilmente nel diventare più grandicelli, mettemmo più sale in zucca e non ci toccammo mai più con un dito. In base al progetto stabilito, segnammo tutte le 10
assi con un gesso per poi tagliarle con precisione con un seghetto (a dir la verità, usammo di nascosto la motosega, ma non vorrei che mio padre, adesso che lo viene a sapere, mi lanci un fulmine dal paradiso). Finalmente, tagliate tutte le assi alla giusta misura, le trasportammo ai due gelsi ed iniziammo la costruzione; una faticaccia, un tribolare indescrivibile, accentuata dal fatto che eravamo a due metri da terra. Martella, inchioda, lega, dopo qualche giorno finimmmo la nostra casetta sugli alberi, un’opera che io non esito a definire di alta ingegneria edile; si entrava sul gelso di sinistra, come stabilito, salendo grazie ad una corda a cui avevamo praticato dei nodi per evitare che le mani scivolassero, le assi collegavano i due grandi gelsi, le pareti laterali alte un metro e quaranta, avevano due finestrelle laterali che permettevano di vedere fuori stando anche seduti, le fronde dei due grandi alberi, facevano da tetto. Grazie agli alti pioppi piantati lungo la riva opposta che ombreggiavano i nostri gelsi ed al fosso che scorreva vicino, il clima era ideale, una sorta di aria condizionata naturale. Arredammo il casottino con due vecchie sedie ed un tavolino che avevamo trovato nel granaio della mia cascina. Stando là sopra sospesi a 2 metri da terra, sentivamo un senso di pace indescrivibile, sembrava d’esser sospesi su una nuvola. Nel raggio di 500 metri quadri c’erano lungo le rive dei campi, alberi di ciliege, albicocche, pesche, un piccolo campo di angurie e meloni e qualche filare di uva nera americana e bianca moscato. Mano a mano che la frutta maturava (in base alla stagionalità), ne raccoglievamo un pochino ed aiutati da un cestino di vimini con una cordicella, la issavamo nella nostra casetta per fare merenda; era come passare mezz’oretta in Paradiso, lontano da tutto e tutti. Quell’anno avevamo terminato la quinta elementare, io ed
PENSIERI E PAROLE il mio amico Massimo ci scambiavamo opinioni su come sarebbero state le medie, era un bel cambiamento che un po’ ci preoccupava, mi ricordo che il mio amico disse: “tra poco finiamo le vacanze estive ed ho ancora più della metà di compiti da fare, tu come sei messo?. -“lo sai bene che i compiti delle vacanze non li faccio mai, è una forma di protesta,” - “ti ricordi però in quarta elementare che strigliata ti piantò il maestro Paolo?” - “mi ricordo benissimo, e comunque le strigliate fanno bene al pelo, lo rendono più lucido” - “ Giordano, tu sei e sarai sempre un testone!”. Più passava il tempo e meno tempo trascorrevamo nella nostra casetta di legno, quando cominciai la prima media, mio padre mi affidò l’incarico di occuparmi dei vitelli: allattarli, pulirli e lavare i secchi della mungitrice. Anche Massimo cominciò a dare una mano a suo padre: il nostro casottino diventò uno spazio dove rifugiarsi quando problemi e delusioni cominciavano ad essere più grandi di noi. Ricordo quando mi morì la prima vitellina, disidratata dalla diarrea, non mi davo pace, era stata affidata a me; avevo fatto tutto il possibile per salvarla? L’avevo vista esalare il suo ultimo respiro, emettere l’ultimo gemito prima di rimanere immobile, è stato terribile, sono corso nel casottino a sfogarmi, piangere ed urlare; quando sono tornato in cascina, mio padre mi disse: “Giordano, il nostro non è un mestiere facile, ma se la perdita della vitellina ti ha così sconvolto, vuol dire che sei un bravo allevatore.” L’ultima volta che io e Massimo siamo saliti assieme nella nostra casa sugli alberi è stato verso la fine della terza media, a parlare del nostro futuro, dei nostri sogni; ci siamo chiesti: chi vogliamo diventare? Massimo non aveva dubbi: “basta studiare, io inizio subito a lavorare, almeno comincerò a mettere da parte qualche soldo” - io invece diventerò un perito elettronico” gli risposi, ma dopo il biennio alle superiori mi ritirai ed ini-
ziai a lavorare a tempo pieno nella nostra azienda agricola. Non ero per nulla convinto di voler fare il contadino, continuavo a pensare che dopo il militare avrei preso una decisione definitiva, invece fu proprio il servizio militare a convincermi a proseguire in agricoltura; tutti i ragazzi che ho conosciuto durante la leva, mi dicevano più o meno la stessa cosa: “tu non hai idea della fortuna che hai a lavorare nella tua azienda, all’aperto, a contatto con la natura, io invece sono sotto padrone, devo sempre obbedire, chiuso tutto il giorno in fabbrica; Giordano credimi, io farei carte false per essere al tuo posto”. E così dopo il congedo, ripresi gli studi serali in una scuola agraria professionale, perché la teoria e la pratica devono camminare di pari passo, e dedicai anima e corpo alla nostra azienda. Cavolo, sono passati quasi cinquant’anni da quando io e Massimo costruimmo la nostra reggia sugli alberi, il casottino resistette per 4 o 5 anni, ma poi le assi esposte alle intemperie marcirono. Quante volte nel corso della vita quando i problemi diventavano più grandi delle soluzioni, avrei voluto rifugiarmi nel nostro spazio magico, lasciare le difficoltà per terra, salire nella casetta a mezz’aria, e con la testa libera da turbamenti, guadare i problemi dall’alto in cerca di una soluzione. Giordano
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CHEF ALISANI E LA SUA ODISSEA Questo libro è dedicato a tutti, giovani e adulti, ma soprattutto ai ragazzi e a quelle persone che scelgono di fare la scuola alberghiera o di intraprendere un altro tipo di strada scolastica, soltanto perché pensano che non si debba studiare o peggio, scelgono la scuola perché non sanno cosa altro scegliere. Semplicemente non lo fate. Non sprecate i vostri anni preziosi. Usate il vostro tempo per poter costruire qualcosa di importante e non sprecarlo così, senza avere nessun obiettivo.Perché la vita è un dono di Dio e per questo va rispettata. Chef Alisani Biografia dell’Autore: Feto Alisani Quando incontri Chef Alisani, incontri un mondo, una storia, una vita giovane ma già piena
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di tanta esperienza. Il vero Feto non è solo quello che si legge tra le righe di questo volume: è di più, molto di più. Bisogna conoscerlo di persona, scambiare due parole, osservarlo all’opera in cucina, notare l’approccio con i suoi collaboratori, vederlo sorridere e, mentre i suoi occhi scuri e sicuri ti penetrano, percepire una sorta di senso di infallibilità che però non trasmette arroganza, ma sicurezza. Chef Alisani è un uomo caldo, pieno di passione ed energia, ma al tempo stesso tenero e dolce. Lo riscontri nei suoi piatti gourmet, geometrici e precisi tanto quanto gustosi e raffinati. E come hai timore di affondare la forchetta nei suoi capolavori perché non vuoi rovinarne la perfezione, così ti rendi conto che per gustare Feto devi farlo delicatamente, con garbo e grazia, perché dietro a quell’uomo forte e possente c’è un cuore buono, dedito agli altri più che a sé stesso. In poche parole, non solo un uomo, ma un Capolavoro! Editore: Edizioni03 http://www.edizioni03.com/
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PENSIERI E PAROLE
GRAZIE SIGNORA GRAZIA Domenica scorsa, io e mia moglie, siamo stati invitati dalla Signora Grazia (o Graziella), per una piacevole chiacchierata a casa sua. Mi ha molto colpito la cordialità e sincerità di questa Signora.
che abbiamo fatto ed anchela rivista New Entry, per avermi permesso di conoscere una Signora con la S maiuscola. Giordano
Il titolo non vuole essere un gioco di parole, ma un ringraziamento sincero alla Signora che sul numero 08 di New Entry, ha fatto delle precisazioni riguardo la mia biografia sulla grande Carla Fracci. Ho avuto il piacere di conoscerla di persona, sono rimasto sorpreso dalla sua gentilezza, schiettezza e dalla storia della sua vita che mi ha molto stupito, nonostante molti anni fa, lei e la sua famiglia siano stati colpiti da un gravissimo lutto. Grazie all’aiuto dei suoi figli (la mela non cade mai lontano dall’albero), si sono rimboccati le maniche e con tanti sacrifici sono riusciti a risollevare la sorte allora avversa. Mi ha mostrato la casa, finemente arredata ove l’ordine regna sovrano, e che (secondo me), rispecchia la sua personalità. La Signora Grazia è una parente della grande Carla Fracci e custodisce con straordinaria cura moltissime foto, cartoline, ritagli di giornale, biglietti dei teatri ove la ballerina si è esibita; sono tanti gli scatti che le ritraggono abbracciate assieme e dove traspare un grande affetto fra loro. Mi ha detto che si sentivano di frequente anche telefonicamente e l’ultima volta che si sono parlate la grande Carla era molto affatica, la voce flebile, ma nonostante ciò disse che andava tutto bene; solo i familiari più intimi erano a conoscenza della sua malattia e delle cure a cui si sottoponeva, come se non volesse far soffrire le molte persone che le volevano bene; era veramente una grande. Ringrazio veramente di cuore la Signora Grazia per il materiale che mi ha mostrato, per la stupenda e cordiale chiacchierata
Questi splendidi incontri ci riempiono di gioia, il sapere che delle persone hanno potuto incontrarsi, scambiare e condividere opinioni, emozioni tramite New Entry è qualcosa di meraviglioso e indescrivibile che solo le persone sensibili possono comprendere. Infinite grazie a Giordano e alla signora Grazia che hanno impreziosito la nostra rivista, prima, parlando dell’immensa Carla Fracci e poi suggellando il tutto con il vostro incontro. Gianluca Boffetti
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BEST FRIENDS FOREVER
PREVENIRE CHE IL CANE MORDA Ci sono dei momenti in cui anche il cane non vuole essere disturbato (mentre mangia e mentre dorme prevalentemente) per cui è necessario tenere presente questo. Insegna ai bambini a dare i comandi giusti al cane, così che lui possa rivedere nel piccolo padrone una figura di autorevolezza e obbedire anche a lui. Ovviamente è sempre necessaria la presenza di un adulto. Ricorda che non è mai bene fare movimenti molto bruschi verso un cane e poi magari mettersi a correre scappando. Il suo istinto potrebbe dirgli che sei una preda. È necessario che i bambini molto piccoli, al di sotto dei 4-5 anni, non restino mai da soli con cani di cui non conosci l’educazione. È compito dell’adulto proteggere entrambi. (Se al bambino non è stato insegnato come trattare il cane è bene non lasciarlo da solo anche con un cane che conosci o che hai educato). Ricorda che la responsabilità è sempre del padrone! Insegna quindi ai tuoi cani e ai tuoi bambini di rispettarsi gli uni e gli altri e inizia a farlo fin da subito, infatti se i cuccioli sono abituati alla presenza dei bambini diventeranno più tolleranti nei loro confronti. L’atteggiamento del cane infatti è ereditario (dipende dalle razze, alcune più portate a stare in compagnia rispetto ad altre) ma può cambiare con il tempo. Abitua quindi il cane a stare a contatto con la gente in genere e anche con i bambini,
magari passeggiando al parco o in zone dove ci sono altri bimbi e cani (con la dovuta cautela e precauzioni ovviamente). Insegna ai bambini a non avvicinarsi ad un cane che non conoscono e nel caso chiedi comunque sempre al proprietario se è possibile accarezzare o meno il cane (nessuno lo conosce come il suo padrone). Approcciarsi molto lentamente, evitare atteggiamenti quali urla ed evitare anche di emettere suoni che possano infastidire l’animale. Le carezze devono essere delicate, niente strappi improvvisi, non tirare il pelo, coda o mettere le mani sul muso. Generalmente è bene evitare il contatto viso-viso e non fissare troppo il cane. Inoltre è bene lasciarsi “studiare” dal cane e lasciarlo annusare a lungo. Non cercare di dividere due cani di grossa taglia che litigano. Se un cane dovesse saltarti addosso con l’intenzione di morderti offrigli immediatamente qualcosa da mordere (ad esempio un braccio) e con l’altro proteggiti le parti sensibili come testa e collo. certificato ANAMMI n. N946
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ASSOCIAZIONE ALCOLISTI ANONIMI
METTERE DA PARTE L’EGOISMO
Ciao sono Alessia e sono un’alcolista. E’ stato difficile per me apprenderlo piano piano, sono dovuta ricadere un paio di volte prima di essere convinta che a me un bicchiere non basta mai, sì perchè proprio dalla seconda ricaduta ho visto appieno il potere della malattia. Frequento il gruppo da più di un anno e ho vissuto la pandemia in sobrietà ma l’alcolismo mi ha portata ad un notevole isolamento sociale inoltrandomi drasticamente solo nel lavoro. Sbagliato!!! Ma ho scoperto che non mi devo dare delle colpe: noi alcolisti siamo così... dopo anni di alcolismo puro, causato da un forte trauma, persi il lavoro, la salute e la famiglia. Ho visto, nonostante i molteplici problemi del mio carattere dovuto alla malattia, che comunque stavo giorno per giorno riprendendo in mano la mia vita grazie alla sobrietà!! Non so contare i danni che ho recato a me e a terzi, non li ricordo, ma so cosa posso fare oggi seguendo la preghiera della serenità ed il percorso di cercare di capire cosa posso e non posso cambiare. La presenza del gruppo della mia sponsor e dei vari amici mi hanno permessso per la prima volta nella mia vita di non sentirmi più sola facendomi finalmente, giorno
dopo giorno con un lavoro difficile ma bellissimo, essere la donna di affari che vorrei essere, la mamma dalla quale trovare aiuto e amore ed una compagna presente. Ma sopratutto un unico scopo che riempie di felicità le mie giornate, è essere riuscita a vivere con serenità le mie 24 ore. Posso dire che non sia per nulla facile, ma è bellissimo stare bene, nonostante i problemi persistano... Essere finalmente una persona che li vede per ciò che sono e li risolve con tranquillità ma sopratutto consapevolezza. Oggi finalmente sono la persona che sarei voluta sempre essere, con i miei pregi e difetti. Grazie Alessia Qui di seguito vi lascio la preghiera della serenità. Signore dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di comprenderne la differrenza.
Numeri utili Numero Verde 800 411 406 Sito web www.alcolistianonimiitalia.it
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UN VIAGGIO DA CONDIVIDERE
UN GIORNO NELLA STORIA il complesso museale di San Martino e Solferino Il complesso museale di San Martino (BS) e Solferino (MN) si sviluppa su due comuni ma anche su due province quella di Brescia e quella di Mantova che condividendo oggi lo stesso museo ci fanno subito capire come più di centocinquanta anni fa abbiano condiviso un triste destino. Il complesso museale è visitabile con un biglietto cumulativo di € 10,00 che permette la visita al museo, la torre e il sacrario di San Martino e alla rocca, al museo e al sacrario di Solferino. La nostra visita parte dalla Torre di San Martino per la curiosità che l’illuminazione notturna con i tre colori della bandiera italiana ha generato da sempre in noi. La torre ha una salita elicoidale e presenta le varie battaglie susseguitesi nella zona, rappresentate sulle pareti interne della torre. In cima si gode di una splendida vista che abbraccia a 360 gradi, le coltivazioni di vite della pianura e il bacino meridionale del Lago di Garda, ben visibile appare anche la penisola di Sirmione.
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La guida alla biglietteria vi consiglierà di partire dal museo all’interno del grande e curato parco della torre, è presente anche una area picnic coperta e dotata di tavoli e panche. Nel museo oltre agli armamenti e alle divise c’è la possibilità
UN VIAGGIO DA CONDIVIDERE accanto al museo c’è un parcheggio gratuito. Il museo di Solferino seppur contenuto nelle dimensioni degli ambienti è rifornitissimo anche di interessanti reperti cartacei, la nostra guida in uniforme originaria di un soldato francese sotto il comando di Napoleone, ci mostra i manuali in uso nelle guarnigioni dei soldati, ma anche il loro corredo ed il loro zaino (unico loro bene) i santini a cui nei momenti più duri si aggrappavano e le marmitte in cui cucinavano il loro unico pasto della giornata. L’ossario si trova in uno parco bo-
di visionare un video interattivo di pochi minuti, consigliatissima la visione, per poter aver un approccio più storico e consapevole della battaglia degli schieramenti e della loro posizione sul territorio che abbraccia i due comuni e che è stato il palcoscenico della più aspra guerra svoltasi nel Risorgimento italiano. Completa la visita nel comune in provincia di Brescia, il sacrario dove è doveroso fermarsi non solo per la singolarità dell’esposizione dei resti mortali dei soldati, ma in quanto testimonianza di questi uomini e del loro sacrificio per la nostra patria. La visita riprende qualche chilometro più a sud nel bel borgo di Solferino, alla cui base proprio
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UN VIAGGIO DA CONDIVIDERE
scoso e presenta anche dei corpi completamente ricomposti, oggetto di interesse scientifico anche per i famosi studi di antropologia criminale di Cesare Lombroso. Noi abbiamo fatto la gita il fine settimana successivo alla commemorazione della battaglia che è avvenuta il 24 giugno 1859, abbiamo trovato la rappresentazione dell’accampamento e tutti i figuranti nelle divise storiche. Ogni accampamento presentava una particolarità su questa battaglia che viene ricordata sia per l’importanza storica che per la ferocia con la quale tutti gli schieramenti si sono affrontati. Tanto che da questa bat-
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taglia la storia ci riporta la fondazione della Croce Rossa ad opera nel 1864 del filantropo Henry Dunant, come risposta a tanto sacrificio. “La storia è la versione di eventi passati che il popolo ha accettato di comune accordo” Napoleone Bonaparte
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QUESTO È IL MIO NOME - di Micky Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.
Alessandro/a
Il nome Alessandro deriva dal termine greco Aléxandros ed è composto dal verbo aléxein, che significa “proteggere” o “difendere”, e dal sostantivo andròs, che significa “uomo”. Questo nome è quindi traducibile con la frase “difensore dei propri uomini o sudditi”. Tra i personaggi più famosi della storia a portare questo nome ricordiamo Alessandro Magno. Inizialmente re dell’antica Macedonia e diventò il creatore di un impero immenso che si estendeva dall’Europa Orientale fino all’India. Proprio per questa grande impresa è ricordato nei secoli come uno dei più grandi condottieri mai esistiti. La grandissima diffusione del nome Alessandro lo porta ad essere uno dei più usati in tutto il mondo. Basti pensare che sono quaranta i santi a portare questo nome, riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa. Inoltre, ben otto papi e e tre imperatori russi scelsero di usarlo. Ma non finisce qui. Nel corso della storia furono moltissimi i personaggi celebri (tra cui, scienziati, scrittori, artisti, condottieri) a portare questo altisonante nome.
Gocce di Memoria 60’ 70’ 80’ Noi che si accontentavamo di cose semplici ma che ci davano tanto divertimento.... Noi che avevamo adottato gatti e cani randagi che non ci hanno mai attaccato nessuna malattia mortale anche se dopo averli accarezzati ci mettevamo le dita in bocca. Noi che non sapevamo leggere il termometro. Noi che prima di adoperarlo, “il termometro lo devi scaricare”. Going gioco 20
Onomastico Alessandro si festeggia il 26 agosto in ricordo di Sant’Alessandro, patrono di Bergamo martire nel IV secolo. Mentre Alessandra si festeggia il 20 marzo, in onore di Sant’Alessandra, martire con altre compagne ad Amiso, in Paflagonia. Caratteristiche del nome Alessandra o Alessandro è un nome che indica un’indole da lottatore. Inoltre, ha una mente brillante che ha voglia di avventura. Tuttavia, è anche un sognatore pieno di generosità, orgoglio e fascino. Origine: greca Parola chiave: difensore Varianti masch.: Sandro, Alessandrino, Sandrino Varianti femm.: Sandrina, Alessandrina, Sandra Numero portafortuna: 3 Colore: Verde Pietra Simbolo: Smeraldo Metallo: Oro Onomastico maschile: 26 agosto Onomastico femminile: 20 marzo Segno zodiacale corrispondente: Bilancia (Fonte: ilgiardinodegliilluminati.it)
RIDIAMOCI SOPRA Un’inserzione sul giornale dice che si offre lavoro purché si sia disposti a tutto. Si presenta al colloquio preliminare un tale e gli viene chiesto se è disposto a tutto. Quando costui afferma di sì il datore di lavoro tira fuori una pistola e gli dice: “Se vuoi il lavoro devi andare a casa e uccidere tua moglie”. Il tizio ovviamente si rifiuta: “Mi dispiace ma siamo sposati da poco...” e così è costretto ad andarsene. Si presenta il secondo signore ma alla domanda se è disposto a uccidere la moglie, alla vista della pistola, si rifiuta: “Mi dispiace ma mia moglie è incinta...”. Si presenta il terzo tizio che accetta. Prende la pistola e va a casa. Qualche ora dopo torna tutto arrabbiato: “Me lo poteva dire che era scarica. Sono stato costretto a strangolarla!”. Un passero su un ramo vede passare 4 bruchi in fila indiana. Scende a terra e incontra il primo. Un bel bruco, bello grosso. Gli chiede: “Tu chi sei?”. Il bruco: “Io sono il bruco padre”. Incontra il secondo, più piccolo e gli chiede: “E tu chi sei?”. Il bruco: “Io sono il bruco mamma”. Incontra il terzo, più piccolo, e gli chiede: “E tu chi sei?”. Il bruco: “Io sono il bruco figlio”. Il quarto bruco è piccolo, nero, sporco e puzzolente. Il passero
chiede: “Ma tu chi sei, così conciato?”. “Io sono il bruco del culo!”. Una coppia di dinosauri: “Sai, è da giorni che penso solo al nostro futuro...”. “Dai, non ti fossilizzare!”. Un’oca entra in un negozio di accessori per animali. “Avete del lucidante per le penne?” domanda. “No, mi dispiace” risponde gentilmente il negoziante. “Avete del lucidante per le penne?” domanda di nuovo l’oca. “Ho detto di no” risponde meno gentilmente il negoziante. “Avete del lucidante per le penne?” chiede impassibile l’oca. “Se me lo chiedi ancora una volta - sibila infuriato il negoziante - ti stacco la testa con un’accetta!”. “Avete un’accetta?” chiede l’oca. “Nooo!” risponde il negoziante.“ALLORA AVETE IL LUCIDANTE PER LE PENNE?”. Tre amici giocano di sera in strada a chi fa pipì più in alto. A un certo punto uno di essi arriva all’altezza della finestra del primo piano. Per caso proprio in quel momento un vecchietto si sta sporgendo e ne viene completamento investito. Il vecchietto si ritrae di colpo e urla verso il basso: “Sempre i soliti scherzi del cazzo, eh!”.
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RACCONTI
TURKISH BLUES La bocca del traghetto li aveva vomitati dieci giorni prima sul molo di Durazzo, avevano già percorso più di quattromila chilometri verso Est e la temperatura ormai sfiorava i quaranta gradi. Arturo cominciava ad averne abbastanza di quel caldo, e strada davanti ne avevano ancora un sacco. Superarono non senza difficoltà la tratta che costeggiava un lago salato dalle parti di Aksaray e si fermarono in una catapecchia sul bordo della strada che aveva le sembianze di un punto di ristoro, parcheggiarono le motociclette, si tolsero il casco ed entrarono. Il locale era relativamente fresco, o almeno ombreggiato, e si sedettero sotto il ventilatore a soffitto. Immediatamente arrivò un battaglione di mosche che finora si era dedicato a succhiare il cadavere di un agnello appeso dietro al proprietario del bazar, proprio sopra una pila di stoviglie messe ad asciugare. Arturo pensò che dovevano puzzare parecchio, dopo dieci giorni praticamente lessati dentro il giubbotto di pelle. La baracca in cui si trovavano era l’unico segno di civiltà che avevano incrociato negli ultimi trecento chilometri di strada dritta e polverosa, spazzata da un vento laterale fastidiosissimo che non permetteva di andare a più di sessanta all’ora, avevano fame e decisero di fare una sosta. Carlotta diventava isterica se digiunava troppo a lungo, e quel viaggio non si era ancora assestato. Arturo aveva sbagliato due volte strada ed erano finiti fuori rotta, perdendosi un paio di siti archeologici che avevano programmato di visitare, inoltre la moto di lei dava qualche segnale di insofferenza e ogni tanto perdeva un colpo. Lui glielo aveva anche raccomandato, prima di partire: “portamela a casa che te la controllo a fondo”, ma lei aveva scrollato le spalle dicendo che la sua moto non l’avrebbe mai tradita. Arturo aveva annusato fin da piccolo l’odore dell’olio e della benzina, nell’officina di suo padre, e ogni volta che faceva il pieno alla sua vecchia moto non resisteva alla tentazione di mettere il naso nel ser22
batoio. Non aveva mai posseduto un’automobile e se ne vantava parecchio ai raduni cui spesso partecipava. Era stato proprio ad un raduno che aveva conosciuto Carlotta, tre anni prima. Erano seduti uno di fronte all’altra e non riuscivano a staccarsi gli occhi di dosso. Con la scusa di uscire a fumare si baciarono, e fu l’inizio di una gran bella storia. Con lei accanto, Arturo aveva ripreso fiducia nella vita, ma questo viaggio stava davvero mettendo a dura prova la loro relazione. Cercò di non pensarci, spiegò la cartina sul tavolo bisunto e provò a raccapezzarsi. Carlotta potè finalmente fare pipì, ma tornò dalla “toilette” inorridita: “La finestra del bagno è aperta su una stanza dove stanno macellando degli agnelli...” “Beh, direi chilometro zero nel vero senso della parola” borbottò Arturo. Ci mancava solo che Carlotta non volesse fermarsi perché non sopportava la vista del sangue, pensò. Erano ai ferri corti già dalla mattina precedente: complice il gran caldo avevano avuto un’accesa discussione su come e dove pernottare, con Arturo che sognava una notte a 15 gradi, nudo e abbracciato al condizionatore della camera di un hotel, mentre Carlotta voleva accamparsi sulle sponde di un fiume un centinaio di chilometri più in là. Vinse lei, ma quando arrivarono era buio, il fiume era completamente asciutto, piantarono la tenda su una distesa di sassi tra milioni di vespe che ronzavano lì intorno e cercarono di dormire un po’, sfiniti dall’afa opprimente. L’oste si avvicinò al loro tavolo. La bozza di un sorriso gli apriva la faccia, come una mezzaluna bianca in mezzo al nero della barba ispida. Bofonchiò qualcosa in un idioma incomprensibile e Arturo lo seguì in cucina, passando dietro al bancone, sapendo che era l’unico modo per capire cosa bollisse nei pentoloni che sfamavano i camionisti di passaggio sulla rotta per l’Iran, e poi giù attraverso il Pakistan fino
RACCONTI all’India. Tra teste di pecora in umido e spiedini di montone, che stavano sulla griglia del cortile retrostante, scelse questi ultimi, e riuscì a ordinare anche un’insalata di pomodori e cipolle, oltre a una pagnotta abbrustolita, una porzione di salsa piccante e due bottiglie d’acqua fresca. Avrebbe avuto voglia di un’enorme birra, ma trovarla in quelle zone era praticamente impossibile. Arturo e Carlotta avevano progettato quel viaggio durante l’ultimo inverno, immaginandolo colorato, pieno di odori e sapori, inframmezzato da giornate stesi al sole sulle spiagge dei laghi che avevano incrociato lungo il cammino. La realtà appariva però diversa, e la tensione saliva di ora in ora. Comunicavano a monosillabi senza guardarsi, mentre masticavano il pranzo pensando ognuno ai fatti propri. “Che pensi, Arturo?” chiese lei infine, guardando il bicchiere colmo d’acqua nel quale nuotava una mosca. “Che sei bellissima, che sono davvero stanco, che ho voglia di una birra gelata e di un letto comodo e che non so se ce la faccio ad arrivare fin laggiù”, rispose lui. “Già... e che ne pensi di una deviazione verso Nord? Potremmo prenderci una pausa sulle sponde del Mar Nero, dalle parti di Trebisonda, e magari proseguire con calma entrando in Georgia lungo la strada costiera, come feci anni fa con Marco. Ti ho già parlato di Marco, vero?… Comunque da quelle parti è pieno di villaggi e piccoli hotel, hanno l’aria condizionata, magari un paio di giorni al fresco potrebbero rimetterci in sesto...” “Eccola qui Carlotta” pensò Arturo, “pronta a tirare le redini un attimo prima che mi imbizzarrisca del tutto”. A volte gli pareva che giocasse come un gatto col topo, angelica e diabolica al tempo stesso, flessibile come un giunco che si piegava al vento e sempre pronta a tirare frustate. Come quando gli parlava dei suoi ex e dei lunghi viaggi che aveva fatto in precedenza, mai lesinando sui particolari più piccanti. Arturo l’ascoltava per un po’, poi si chiudeva in un lungo silenzio rimuginando sul suo passato, chiedendosi se sarebbe stato mai all’altezza. Come in un gioco, lei a quel
punto gli si avvicinava sinuosa e lo ammaliava con i suoi occhi languidi, elemosinando un sorriso e un bacio. Lui sapeva benissimo di essere alla sua mercé, ma non se ne preoccupava, lasciava che le cose prendessero la piega che Carlotta voleva, in fondo curioso di sapere come sarebbe finita. “Mi sembra una buona idea”, annuì sorridendo. Passarono ancora una notte in tenda, accampati nel piazzale di un distributore di benzina. Il proprietario, un ragazzo che aveva lavorato a Roma anni prima e parlava qualche parola di inglese, aveva loro offerto un po’ di spazio e la possibilità di usare la doccia che di solito era riservata ai camionisti di passaggio, così ne approfittarono. L’indomani mattina, prima che il sole facesse sentire la sua calorosa presenza, smontarono il bivacco, caricarono le moto e si rimisero in strada, direzione mar Nero. Viaggiarono per più di dieci ore, e finalmente si fermarono in un villaggio una ventina di chilometri a Est di Trebisonda, dove trovarono un piccolo albergo affacciato sulla spiaggia. La camera sembrava dignitosa, considerato il luogo in cui si trovavano. C’era sì qualche buco nelle lenzuola e l’intonaco necessitava di una rinfrescata, ma il ronzio del condizionatore rallegrò immediatamente Arturo, che iniziò a smanettare sul termostato cercando di abbassare la temperatura di almeno dieci gradi. “Tra un po’ nevica”, sorrise sorniona Carlotta, “finisce che mi dovrai scaldare, stanotte…” La cena fu, finalmente, a base di pesce alla griglia, pane fresco e birra leggera, bionda e spumeggiante. La tensione accumulata nei giorni precedenti si sciolse piano piano tra risate e carezze, tra i racconti di lei e gli sfottò di lui, mentre il sole si tuffava nel mare di fronte alla terrazza del piccolo albergo. Poco distante, dalla cima del minareto, un altoparlante chiamava a raccolta i fedeli per la preghiera della sera, e il canto del muezzin sovrastava le loro voci. Si tennero per mano guardando il tramonto, in attesa che la moschea si riempisse e tornasse il silenzio... Massimo Zucca 23
50 ANNI FA...
Hit Parade del 17 Settembre1971 1 2 3 4 5
Love story - Francis Lai Sing sing Barbara - L. dei Mardi Gras 4 marzo 1943 - Lucio Dalla My sweet Lord - George Harrison Sotto le lenzuola Adriano Celentano
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Il cuore è uno zingaro - Nicola Di Bari L’amore è un attimo - M. Ranieri Another day - Paul McCartney Che sarà - Jose’ Feliciano La ballata di Sacco e Vanzetti Joan Baez
FRANCIS LAI Francis Lai, talvolta scritto erroneamente Lay (Nizza, 26 aprile 1932 – Nizza, 7 novembre 2018), è stato un compositore francese di colonne sonore cinematografiche. Di origine sarda, suo padre era infatti originario di Ozieri (SS). Intorno ai 20 anni, Francis Lai si spostò a Parigi e cominciò a frequentare gli ambienti musicali di Montmartre. Nel 1965 incontrò il regista Claude Lelouch che gli affidò l’incarico di scrivere la colonna sonora per il film “Un uomo, una donna” che avrebbe realizzato nel 1966. Il film fu un grande successo internazionale e vinse diversi premi Oscar. Per il giovane Lai fu la consacrazione al suo primo film. Questo primo successo gli procurò diversi contratti sia in Francia che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Nel 1970 scrisse la colonna sonora per il film “L’uomo venuto dalla pioggia” e per “Love Story” che lo lanciò definitivamente nel novero dei grandi compositori di colonne sonore facendogli vincere il premio Oscar per la miglior colonna sonora. LOVE STORY Da dove comincio a raccontare la storia Di quanto può essere grande un amore 24
La dolce storia d’amore che è più antica del mare La semplice verità sull’amore c he mi porta Da dove comincio Con il suo primo saluto Ha dato un nuovo significato a questo mio mondo vuoto Non sarà mai un altro amore un’altra volta È entrata nella mia vita e ha fatto vivere bene, Mi riempie il cuore Mi riempie il cuore di cose molto speciali Canzoni d’angelo e fantasie selvagge Lei riempie la mia anima di così tanto amore Ovunque vada non sono mai solo Con lei intorno chi potrebbe essere solo Le prendo la mano, Lei è sempre lì Quanto dura, L’amore può essere misurato dalle ore in un giorno Non ho risposte adesso Ma questo posso dire So che avrò bisogno di lei finché le stelle non bruceranno tutte E lei ci sarà, Quanto dura L’amore può essere misurato dalle ore in un giorno, Non ho risposte adesso Ma questo posso dire, So che avrò bisogno di lei finché le stelle non bruceranno tutte E lei ci sarà
1° POSTO
2° POSTO
3° POSTO
LOVE STORY
Nascita: 26/04/1932, Morte: 7/11 2018, Coniuge: Dagmar Puetz (s. 1968–2018) Film: Un uomo, una donna, Love Story, 13 giorni in Francia
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PENSIERI E PAROLE
POVERTÀ
La vera povertà non è una questione materiale, non riguarda affatto solo e unicamente il tenore di vita. La vera povertà è altra, riguarda la dignità, l’essenza dell’umana esistenza. Crea senso di frustrazione e la cosa peggiore è che ti fa sentire inutile, un peso, un fardello difficile da sopportare da tutti, dalle persone conosciute e sconosciute, dallo Stato e da sè stesso. E se capita che in questa situazione si trova qualcuno che non è protetto da un insieme di pelli di elefante, rinoceronte e ippopotamo, che ha la disgrazia di possedere una sensibilità in eccesso, ecco che la malattia viene a bussare alla porta della sua vita. La disuguaglianza è la cosa più giusta e naturale che si possa immaginare, è esistita da quando è nato il mondo, non può essere eliminata. Abbiamo assistito a tutti quei tentativi sociali e politici che ebbero effetto contrario e ci convinsero solo nel fatto che la strada verso l’inferno è lastricata di buoni intenzioni. Si tratta di altro. Quando uno si trova sprofondato in basso, quando l’unico posto che lo può accogliere è la strada, l’unico tetto il cielo, 26
cambia la prospettiva. E’ un silenzio pieno di grida, un vuoto colmo di dolore e un infantile stupore che cristallizza nella domanda pungente: Perché? Dove ho sbagliato? Che cosa ho fatto di così inaccettabile, imperdonabilmente grave da essere punito ancora in vita? Perdere l’indipendenza economica equivale alla perdita del proprio valore di persona creata su immagine di Dio. Uno si sente perso, smarrito, senza meta, senza prospettiva e senza voglia di vivere. Almeno lo spirito umano non ha bisogno di un tozzo di pane, né di un tetto sopra la testa. Darina Naumova
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SEGNI NEL TEMPO
LA TRATTA ATLANTICA DEGLI SCHIAVI La Tratta atlantica degli schiavi africani si riferisce al commercio di schiavi di origine africana attraverso l’Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe, talvolta con la collaborazione di mercanti locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee del Sud e Centro-America prima e del Nord-America poi. Nella sua storia delle tratte negriere dal titolo “Les traites negrières. Essai d’ histoire globale”, Olivier Pétré-Grenouilleau ricorda che, oltre alla tratta atlantica, vi furono una tratta africana e una tratta orientale. A causa della tratta e delle sue conseguenze morirono da due a quattro milioni di africani; molti afroamericani e africani chiamano questo fenomeno black holocaust oppure olocausto africano o si riferiscono a questo olocausto con il nome maafa (in lingua swahili: «disastro», o “avvenimento terribile”, “grande tragedia”). Origini Nel corso del XVI secolo le grandi potenze europee (Spagna, Portogallo, Inghilterra e Paesi Bassi) iniziarono a creare insediamenti in America su vasta scala. Gran parte dei vantaggi economici erano legati alla creazione di piantagioni (per esempio 28
di canna da zucchero, di caffè e di cacao); con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l’uso di grandi quantità di manodopera. Inizialmente gli europei tentarono di far lavorare come schiavi gli indigeni americani (addirittura già da parte di Cristoforo Colombo) ma questa soluzione tuttavia risultò insufficiente, soprattutto a causa dell’alta mortalità delle popolazioni native dovuta a malattie, come il vaiolo, importate dai conquistatori europei e alla loro conformazione fisica non adatta a quel genere di lavoro. Nello stesso periodo, gli europei entrarono in contatto con la pratica nordafricana di far schiavi i prigionieri di guerra. I re locali delle regioni nella zona dei moderni Senegal e Benin spesso barattavano questi schiavi con gli europei. Gli schiavi africani erano decisamente più adatti, dal punto di vista fisico, a sopportare il lavoro forzato, perciò i portoghesi e gli spagnoli se li procurarono per mandarli nelle colonie americane, dando inizio attraverso l’Oceano Atlantico al più grande commercio di schiavi della storia, dando origine nelle Americhe a vere e proprie “economie basate sullo schiavismo”, dai Caraibi fino agli Stati Uniti
SEGNI NEL TEMPO meridionali. Giustificazioni legali Il 16 giugno 1452 papa Niccolò V scrisse la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del Portogallo Alfonso V, in cui riconosceva al re portoghese le nuove conquiste territoriali, lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i saraceni, i pagani e altri nemici della fede, a catturare i loro beni e le loro terre, a ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori. Questo documento, con altri di simile tenore, venne usato per giustificare lo schiavismo. In seguito, tuttavia, la bolla Veritas Ipsa di papa Paolo III del 2 giugno 1537, conosciuta anche col nome di Sublimis Deus o di Excelsus, scomunicava invece tutti coloro che “praefatos Indios quomodolibet in servitutem redigere aut eos bonis suis spoliare” (“tutti coloro che ridurranno in schiavitù gli indios o li spoglieranno dei loro beni”). In questa bolla il pontefice condannava le tesi razziste, riconoscendo agli indiani, che fossero cristiani o no, la dignità di persona umana, vietando di ridurli in schiavitù e giudicando nullo ogni contratto redatto in tal senso. Il papa metteva così fine alle numerose dispute tra teologi e università, soprattutto spagnole, circa l’umanità degl’indios d’America e sulla possibilità di ridurli in schiavitù. Il papa, tenendo conto della dottrina teologica e della documentazione a lui pervenuta, volle porre dunque
fine alle dispute ed emanò il verdetto: «Indios veros homines esse» (“gli indios sono autentici uomini”). Soprattutto il commercio interessò le potenze del mondo protestante, sebbene i cattolici spagnoli e portoghesi li acquistassero nelle colonie sfidando la scomunica. Dall’Italia invece tale forma di sfruttamento fu modesta o nulla. La dimensione del fenomeno Complessivamente, qualcosa come 12 milioni di schiavi attraversarono l’oceano (la stima è approssimata. La BBC parla di 11 milioni, l’Enciclopedia Britannica ritiene che la migrazione forzata fino al 1867 sia quantificabile tra 7 e 10 milioni; l’Encyclopedia of the middle passage fa una stima tra 9 a 15 milioni. La maggior parte degli storici contemporanei stima che il numero di schiavi africani trasbordati nel Nuovo Mondo sia tra 9,4 e 12 milioni); si tratta di una delle più grandi deportazioni della storia (e certamente la più grande deportazione, se si tiene conto che altri 18 milioni di neri furono avviati in Turchia e nei paesi arabi), che portò anche a notevoli squilibri tra la popolazione bianca e quella nera (nella Giamaica dell’inizio dell’Ottocento il rapporto arrivò a 1 a 20), e la superiorità numerica causò per gli schiavisti un continuo pericolo di rivolta degli schiavi. Potenze europee come Portogallo, Regno Unito, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, come anche mercanti provenienti dal Brasile e dal Nordamerica, alimentarono questo commercio. Nel
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SEGNI NEL TEMPO corso del diciottesimo secolo si stima che siano costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne stati trasbordati oltre Atlantico sei milioni di indivi- dette “barracoons” dove sostavano in attesa delle dui di origine africana, il Regno Unito può ritenersi navi per la traversata per molti giorni o settimane. responsabile di quasi due milioni e mezzo di questi. Lì poi trafficanti provenienti dalle Americhe, dai CaIl numero complessivo di africani morti attribuibili raibi o dall’’Europa, caricavano la “merce umana” direttamente alla traversata atlantica è stimato in sulle navi. La durata della traversata variava da uno due milioni; un bilancio più ampio degli africani a sei mesi a seconda delle condizioni atmosferiche. morti a causa della schiavitù tra il 1500 e il 1900 Le navi schiaviste tipicamente trasportavano diverfa ritenere che la cifra salga a quattro milioni. Lo se centinaia di schiavi con un equipaggio costituito storico William Rubinstein sostiene che, di questi di una trentina di persone (equipaggio doppio ri10 milioni, probabilmente 6 sono da attribuire a spetto alle normali navi per poter controllare evenrazzie o guerre tribali finalizzate alla fornitura di uo- tuali insurrezioni: mediamente in una nave su dieci mini e donne per i mercanti di schiavi. scoppiavano ribellioni). I prigionieri maschi erano Il passaggio incatenati insieme a coppie per risparmiare spaIl passaggio degli schiavi attraverso l’Atlantico, zio: la gamba destra di un uomo legata alla gamba dalla costa occidentale dell’Africa al Nuovo Mon- sinistra del successivo. Donne e bambini avevano do, è noto nel mondo anglosassone come Middle un po’ più di spazio. Le donne e le ragazze salivapassage (letteralmente: trat- “Quando ci siamo trovati prigionieri la no a bordo delle navi nude, to o passaggio intermedio). morte ci è sembrata preferibile alla vita tremanti e terrorizzate, spesEra infatti il tratto intermedio e abbiamo concordato un piano tra noi: so pressoché esaurite per il del viaggio che le navi comavremmo appiccato il fuoco e fatto sal- freddo, la fatica e la fame, pivano dopo essere partite in preda alle maniere rudi (e tare in aria la nave e saremmo morti dall’Europa con prodotti alle violenze) di gente brutatutti tra le fiamme”. commerciali (stoffe, liquori, le che parlava una lingua a perline, conchiglie particolari, manufatti di metal- loro incomprensibile. I prigionieri ricevevano come lo, armi da fuoco)che servivano come merce di alimenti fagioli, mais, patate, riso e olio di palma scambio per l’acquisto degli schiavi da traghettare in uno o due pasti al giorno, ma le razioni erano nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche scarse. La razione quotidiana di acqua era di mezdi materie prime, completando così quello che è za pinta (circa mezzo litro) che portava frequentechiamato il “commercio triangolare”. Il viaggio de- mente alla disidratazione perché oltre alla normale gli schiavi iniziava nell’interno dell’Africa dove gli traspirazione erano frequenti mal di mare e diarrea. intermediari negrieri catturavano o acquistavano Si stima che il 15% degli africani morivano in gli indigeni da semplici rapitori o monarchi africani mare, con un tasso di mortalità sensibilmente più (che li avevano ridotti in schiavitù per punizione o alto nella stessa Africa nelle fasi di cattura e tranel corso di guerre locali). Iniziava il viaggio a piedi, sporto dei popoli indigeni alle navi. talvolta in canoa, verso la costa. Oltre alle malattie fisiche, molti schiavi diventavano Durante la marcia (nota come coffle dal nome dei troppo depressi per mangiare o mantenere un’efficeppi con cui venivano legati a gruppi di 30 o 40) cienza fisica e mentale a causa della perdita della erano costretti a portare sulla testa oggetti come libertà, della famiglia, della sicurezza e della loro pacchi, fasci di zanne di elefante, mais, pelli o otri umanità. Il suicidio era un evento frequente attuato pieni d’acqua. Il trasferimento forzato fino alla co- spesso rifiutando il cibo o le medicine o gettandosi sta poteva durare parecchi giorni o settimane. Sulla in mare o in altri modi. 30
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CAPELLI MAURO SINDACO CAPELLI Mauro - INVERNICI Angelo - PEZZONI Delia - CATTANI Gianluigi BALDASSARRE Yasmine - PIAZZALUNGA Carletto - RONCELLI Maria Virginia LOCATELLI Filippo - FUSTINONI Giovanni Alberto - PORRU Valentina
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PER V O I O N
·LISTA CIVICA·
CAPELLI MAURO SINDACO
PER LE ELEZIONI COMUNALI ................................................
VOTA COSI’
Sulla riga tratteggiata scrivi CAPELLI MAURO LA PREFERENZA scegliendola fra i (Candidato alla carica di Sindaco) ................................................ Canditati Consiglieri della lista. OI
PER V O
LISTA N.01
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·LISTA CIVICA·
CAPELLI MAURO SINDACO
Committente responsabile: Capelli Mauro
COMUNE DI STROZZA (BG) ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL 03 OTTOBRE 2021 Messaggio elettorale
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PROGRAMMA ELETTORALE 2021-2026 Concittadine e concittadini nelle prossime elezioni comunali ci presentiamo in questa nuova lista di candidati con tanta voglia di fare per la nostra comunità. Chiariamo subito che la nostra posizione è di ASSOLUTA CONTRARIETÀ alla realizzazione della discarica sul Monte Castra e continueremo a contrastare il progetto. Da soli non siamo in grado di reggere questa situazione, perciò cercheremo il sostegno dei Comuni della Valle, della Comunità Montana e di tutti gli interlocutori politici provinciali e regionali (con i quali siamo già in contatto) che ci potranno dare una mano senza dimenticare il dialogo con il comitato locale. Ma Strozza non è solo “questione discarica” (e nemmeno vogliamo che ci identifichino in questo modo); ci sono tanti altri problemi che affliggono il nostro Comune. Nel periodo di pandemia a lato dei drammi e delle limitazioni personali che ciascuno di noi ha sofferto, si deve segnalare l’arrivo nelle casse comunali di tanti soldi dallo Stato che, purtroppo, sono finiti in asfaltature, illuminazione e progettazioni rimaste sulla carta. Nel frattempo la comunità è finita ibernata e isolata rispetto alla valle. Una situazione preoccupante che ci ha spinto a formare questa lista elettorale per cercare di porre qualche rimedio mediante le nostre idee e capacità. Non promettiamo miracoli ma ci impegneremo a migliorare la situazione per il beneficio di tutti noi che viviamo questa terra e questi luoghi. In questo programma abbiamo cercato di mettere alcuni spunti su cui lavorare in base alle risorse economiche, umane e, soprattutto, alle disponibilità dei comuni limitrofi a cercare soluzioni comuni. Pensiamo che la ricerca di soluzioni condivise vada implementata, sostenuta e ricercata perché non giova rimanere chiusi nella “torre campanaria”. Questo è quanto ci segnalano gli amici delle Comunità vicine rimproverandoci questa chiusura.
TERRITORIO • Contrarietà e contrasto alla discarica sul monte Castra con particolare attenzione agli sviluppi che potrebbero avere le cause in corso e al ricorso al Tar fatto da Quarzifera. • Modalità per ridurre la tassazione locale in relazione ai rifiuti e alla raccolta differenziata. • Riduzione delle tasse cimiteriali (lumini e costo dei loculi/tombe) • Valutazione per posizionare telecamere sulla strada provinciale e prevedere la realizzazione di passaggi pedonali illuminati. • Attenzione e sostegno alle attività commerciali e produttive esistenti sul territorio comunale.
segnaletica turistica coinvolgendo le scuole, le associazioni locali, creando cooperazione intercomunale per la promozione del nostro territorio.
VIABILITÀ • Richiesta fondi agli Enti Pubblici per la realizzazione della strada Agrosilvopastorale della Fontana Morta che dalle cave sale vero Ca’ Campo, prevista nel PGT.
SERVIZI SOCIALI • Iniziative, in concorso con le istituzioni territoriali, per anziani e per le persone disabili. A titolo esemplificativo si potrebbe pensare ad un centro diurno presso il campo sportivo. • Integrazione dei dispositivi DAE (Defibrillatore) in ogni contrada con corsi gratuiti per la popolazione.
SPORT E TEMPO LIBERO • Recuperare il rapporto con le associaz. locali e della valle (Gruppo Alpini, Gruppo Sportivo, ecc. …) • Valorizzare le piste ciclabili esistenti: ex canale idroelettrico, percorso Strada Regia in zona cave, migliorare la cartellonistica e la segnaletica turistica.
RISPARMIO ENERGETICO • Relativamente all’illuminazione pubblica, valutare soluzioni di risparmio dei consumi di elettricità rispetto ai numerosi punti luce installati in questi anni. Ad esempio: accensione alternata, spegnimento programmato o a comando, ecc... • Valutare possibilità di coibentare gli edifici di proprietà comunale.
ISTRUZIONE E CULTURA • La scuola elementare è a rischio chiusura, bisogna prendere coscienza del problema e la causa va ricercata nelle molte iscrizioni presso strutture extraterritoriali (soprattutto verso Almenno). Anche in questo caso occorre lavorare in sinergia con i comuni limitrofi per cercare soluzioni comuni e valutare se economicamente è sostenibile l’istituzione di incentivi anche economici per le famiglie che iscrivono i figli nella scuola locale. • Ricerca nuovi spazi della della Biblioteca con modifica orari.
URBANISTICA
INTEGRAZIONE CON GLI ENTI PUBBLICI
• Prevedere una revisione del PGT per raccogliere le richieste della cittadinanza. • Valutare la realizzazione di aree pic-nic, migliorare la
• Sviluppo di progetti in condivisione con i comuni limitrofi o la CMVI: percorsi ciclopedonali, vigilanza locale, manutenzione del verde, ecc…
FASHION AND STYLE BY ROMINA SIRANI Care amiche, siamo alle porte dell’autunno ed è il momento giusto per capire cosa andrà di moda nella nuova stagione 2021/2022!! Vi voglio fare una breve carrellata sulle proposte degli stilisti per la nuova donna che intravede uno spiraglio di luce e speranza dopo questo periodo cupo legato alla pandemia. Le novità più importanti sono le seguenti: -le paillettes ( pantaloni, giacche e vestiti ); -tute aderenti come una seconda pelle;
-coordinati o vestiti in maglia; -gonne plissé; -pantaloni a zampa di elefante; -mini abiti con colletti bianchi in stile bon-ton; -cappotti oversize; -capispalla sartoriali; -tute ed abiti cut out ossia ritagliati; - il colore verde prato; - il marrone anche nelle tonalità del cammello; -il color glicine; -Pattern geometrici in stile retrò rivisitato in chiave moderna. Ora iniziate a pensare quali di queste tendenze meglio vi rappresentano per creare il vostro nuovo look. Romina Sirani
AMI SCRIVERE? VORRESTI VEDERE PUBBLICATI I TUOI SCRITTI SULLA NOSTRA RIVISTA? SCRIVICI A: redazione@newentrymagazine.it INFORMAZIONE
MESSAGGI ELETTORALI Ai sensi della legge 22 febbraio 2000, n. 28 contenente le “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”, e della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 265/21/ CONS concernente le “Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per l’elezione diretta dei Sindaci e dei Consigli comunali nonché dei Consigli circoscrizionali fissate per i giorni 3 e 4 ottobre 2021” con eventuale turno di ballottaggio fissato per i giorni 17 e 18 ottobre 2021 SI COMUNICA che per l’elezione diretta dei Sindaci e dei Consiglieri comunali nonché dei Consigli circoscrizionali fissate per i giorni 3 e 4 ottobre 2021, Gianluca Boffetti, editore di New Entry Magazine mette a disposizione gli spazi 34
pubblicitari su questa testata per la diffusione di messaggi politici elettorali nelle forme consentite dall’art. 7 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 e successive modifiche e dalla delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 265/21/CONS. L’accesso agli spazi su New Entry Magazine sia in formato cartaceo che online è consentito a tutti i candidati ed i partiti politici che ne facciano richiesta, nel pieno rispetto del principio della parità di trattamento. Le condizioni temporali di prenotazione e le tariffe sono quelle previste nel documento analitico depositato presso la redazione de New Entry Magazine a Brembate di Sopra (Bg) in via Tresolzio,48. Per ulteriori informazioni chiamare il 3477352863 oppure scrivete all’indirizzo email redazione@newentrymagazine.it Gianluca Boffetti
PENSIERI E PAROLE
PADRE RICCARDO TOBANELLI Leggo su un periodico locale la breve biografia di un missionario saveriano bresciano, padre Riccardo Tobanelli, mancato prematuramente in maggio a 60 anni. Arrivato in Bangladesh nei primi anni ottanta, ha speso la sua vita in progetti per il recupero degli ultimi, soprattutto bambini abbandonati, costretti a sopravvivere in strada. Progetti sicuramente molto impegnativi da realizzare: una casa dove accoglie i bambini perché abbiano un tetto e possano frequentare quindi la scuola pubblica; un terreno sul quale costruisce una casa dove ospitare bimbi e bimbe; un asilo nido per aiutare le mamme che lavorano; coordina alcune equipes mediche italiane che per diversi mesi all’anno offrono gratuitamente un servizio sanitario qualificato ai più poveri; costruisce un’altra casa famiglia per accogliere una sessantina di bambini; in una città, con l’aiuto di suore infermiere, realizza una struttura ospedaliera e infine crea un’unità mobile pediatrica per soccorrere bimbi che vivono allo sbando in strada. Negli anni questi bimbi, cresciuti e molti di loro sposati, trovando casa sempre grazie a Padre Riccardo che gliel’ha loro donata, sono diventati essi stessi volontari e assistono bambini che vivono nelle stesse condizioni in cui vivevano loro. Una ruota della carità e dell’amore che
continua a girare. Una vita intensa, dunque, quella di questo missionario, spesa al servizio dei più bisognosi, come molti altri preti missionari nel mondo. Di lui, però, quel che mi ha colpito maggiormente è che non ha costruito chiese, né tantomeno ha cercato di convertire nessuno. Ha dato ai più poveri una vita dignitosa, ma li ha sempre incoraggiati a mantenere e professare la propria fede, ricordando che esiste un Dio solo, che è padre di tutti i credenti di qualsiasi religione. Questo è forse l’aspetto più meritevole, l’eredità più grande che ha lasciato: vivere il Vangelo aiutando gli ultimi, ma rispettandoli, amandoli così come sono. Secondo me è una lezione encomiabile. Cercare infatti di evangelizzare popoli che sono nati e cresciuti con religioni diverse dalla nostra è sbagliato e irrispettoso nei loro confronti: nessun credo è migliore di un altro. L’essenziale è che sia basato sull’amore per il prossimo, sul rispetto, sulla solidarietà. A maggior ragione chi va in un luogo per fare del bene, deve rispettare la cultura e la religione altrui, semmai confrontarsi e scambiarsi ciò che di buono c’è in ognuna, facendo tesoro del meglio che ogni Credo insegna. Ornella Olfi 35
INIZIATIVA
Campagna “FRATELLI AFGHANI” Il primo abbraccio a chi è in fuga dal terrore. 14 persone sono state portate in salvo da Kabul grazie all’impegno della Fondazione Meet Human- ultima nata nel gruppo delle Opere San Michele Arcangelo- e all’incessante lavoro dei Ministeri della Difesa e dell’Interno e del Comando Operativo dei Vertici Interforze, tra loro 7 bambini. Si tratta di una grande famiglia composta da tre nuclei familiari che a Kabul, dopo aver visto sparire nel nulla il capofamiglia, si era barricata per giorni in una cantina, senza cibo né acqua. Doppiamente perseguitati, sia come appartenenti alla minoranza cristiana che perché in maggioranza donne (8 su 14), stavano tentando di sfuggire ai rastrellamenti talebani. Da Roma il giornalista afghano A. Ehsani si era fatto portavoce della loro angoscia su alcuni quotidiani. Così, leggendo le loro storie, Meet Human ha deciso di mobilitarsi. Per il gruppo è già stato avviato il percorso di accompagnamento psicologico e la necessaria mediazione linguistica. I check-up sanitari hanno rilevato 5 casi di varicella e altre infezioni trascurate che hanno portato al ricovero d’urgenza del più piccolo tra gli ospiti, ora fortunatamente in condizioni meno gravi. Nel mentre si sta provvedendo alla ristrutturazione degli alloggi definitivi nel comune di Zandobbio (BG). Si tratta solo dei primi passi di un progetto articolato affinché queste persone possano tornare nuovamente protagoniste del loro destino e magari, un giorno, decidere di far rientro nel loro Paese, se le condizioni lo permetteranno. Per far fronte all’impegno economico che un’iniziativa di questa natura 36
porta con sé è nata la campagna “FRATELLI AFGHANI” e oggi la Fondazione decide di rilanciare dichiarando “Rischieremo sulla carità per la carità rinunciando a finanziamenti e fondi pubblici per far fronte alla loro accoglienza” L’appello è rivolto a chiunque voglia dare il suo contributo, consapevole che il poco di ognuno è il tanto per molti. È una goccia nel mare, ma il mare è fatto di gocce. È possibile contribuire attraverso il conto corrente intestato a Fondazione Meet Human IBAN: IT 61 S 05034 11121 000000080014 BIC: BAPPIT21AA1 Causale: Fratelli Afghani Per coordinare il lavoro è stata attivata la casella mail afghani@fondazionemeethuman.org.
PAROLE DI ELE
NON C’È NULLA DI CUI VERGOGNARSI
Perché ti vergogni se vieni sgridato davanti a tutti? Perché ti vergogni se sbagli? Perché ti vergogni se piangi? Perché ti vergogni se hai delle disabilità? Perché ti vergogni se sei ancora bambina o se ti comporti da grande? Perché ti vergogni del tuo fisico o del tuo corpo? Perché ti vergogni di essere qualcuno che secondo lui fa qualcosa di giusto (nei limiti della legalità precisiamo). Tu ti vergogni perché c’è qualcuno dall’altra parte che dice che il tuo essere TE non va bene e per questo viene deriso, vieni preso in giro. Ti vergogni del tuo corpo perché magari non rispetta gli standard di bellezza... ma gli standard di bellezza di chi? Chi ha creato questi standard? Un influencer? Una persona famosa? Qualcuno che ammiri? Qualcuno che conosci? Ti vergogni perché non piaci a qualcuno o alla persona che a te piace? Quindi, solo perché io non piaccio a quella persona devo smettere di mangiare o mangiare di più, allenarmi o smettere di fare ginnastica, cambiare il mio essere per quella persona? No, non credo proprio! Io non mi vergogno se il mio fisico non è perfetto come quello delle modelle, non per questo non metto il costume. Non mi vergogno di restare in costume anche con delle imperfezioni. Non mi vergogno di avere 14 anni e la camera rosa con dei peluche. Non mi vergogno, perché fanno parte del mio essere e se io voglio avere la camera rosa con dei peluche tengo la camera così com’è, senza cambiarla anche se a qualcuno non piace. Mi dicono che sono ancora troppo bambina, ma a loro cosa deve interessare della mia vita? Se io voglio restare bambina ci rimango fino a quando diventerò adulta. Agli altri non deve interessare della mia vita. Non mi vergogno se guardo ancora i cartoni animati, se mi piace studiare, se mi piace fare danza o per quello che io sono. Se sono così è perché io voglio essere così. Anche quando gli altri mi prendevano
in giro per il mio aspetto fisico o per come cavolo sono, a me non importava perché ero felice di essere me stessa e non sono cambiata per loro. Anch’io mi sono, in passato, vergognata di ME STESSA, ma piano piano ho capito che non mi devo vergognare se mi piace fare cose da maschio, da femmina, se sono alta o bassa, grassa o magra, se ho qualche imperfezione, se sono ancora bambina o se sono già troppo adulta o se ho delle disabilità. Io non mi vergognerò mai di essere me stessa e spero che nessuno di voi, Voi che state leggendo questo testo, non vi vergognerete di voi stessi perché non c’è assolutamente nulla di sbagliato anche perchè, ripeto, non c’è proprio nulla di cui vergognarsi. Anche perché noi siamo noi e quindi UNICI, non vergogniamoci della nostra unicità. Eleonora Valeggi
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SERIE TV E...
The Umbrella Academy è una serie televisiva statunitense ideata da Steve Blackman e distribuita da Netflix. La serie è basata sulla prima miniserie dell’omonimo fumetto di Gerard Way e Gabriel Bá, intitolato “The Umbrella Academy Volume Uno: La suite dell’Apocalisse”, pubblicato dalla Dark Horse Comics in USA, La prima stagione è stata pubblicata a livello internazionale su Netflix il 15 febbraio 2019. Trama Il 1º ottobre 1989, 43 donne in tutto il mondo partoriscono contemporaneamente, nonostante nessuna di loro mostri alcun segno di gravidanza sino all’inizio del travaglio. Sette di questi bambini vengono adottati dall’eccentrico miliardario Reginald Hargreeves, il quale li addestra attraverso quella che lui chiama “The Umbrella Academy”, formando così una squadra di supereroi. Hargreeves dà ai bambini numeri anziché nomi, ma alla fine vengono conosciuti come Luther (Numero Uno), Diego (Numero Due), Allison (Numero Tre), Klaus (Numero Quattro), Cinque (Numero Cinque), Ben (Numero Sei) e Vanya (Numero Sette). Numero Cinque non viene mai 38
definito con un nome proprio. Hargreeves mette sei dei suoi figli a lavorare per combattere il crimine, mentre Vanya viene tenuta in disparte perché ritenuta priva di poteri. Luther è stato inviato dal padre sulla Luna per compiere una missione, Diego è diventato un vigilante, Allison è una famosa attrice che ha appena divorziato, Klaus è un tossicodipendente, Cinque è scomparso quando era un ragazzino, Ben è morto da tempo e Vanya è una violinista. Stagioni 1^ stag. 1’ episodi - 2^ stag. 10 episodi A novembre 2020 la serie è stata rinnovata per una terza stagione e a gennaio 2021 sono stati presentati i nuovi personaggi. Accoglienza La serie ha riscosso una grande accoglienza da parte degli spettatori e Netflix ha voluto sottolinearlo ad aprile 2019 nel corso del suo report finanziario del recente trimestre della compagnia. Ha infatti sottolineato che The Umbrella Academy è stata vista da più di 45 milioni di abbonati nel corso del primo mese dal giorno di distribuzione (il 15 febbraio 2019). Nella
SERIE TV E...I settimana del debutto è stato inoltre lo show digitale più visto negli Stati Uniti d’America. In accordo ai dati raccolti da “Parrot Analytics”, il più accurato centro di analisi per i contenuti on demand distribuiti su scala mondiale, la serie è continuata a crescere nel numero di visualizzazioni durante la prima settimana. Questi dati la rendono una serie di grande successo anche se comparata alle serie tv in streaming più negli anni recenti. Ilaria Boffetti
CITAZIONI: “The umbrella Academy” “Non siamo più dei bambini, non esistono più i ragazzi buoni o quelli cattivi ma solo persone che vivono la propria vita.” AIDAN GALLAGHER - Numero 5 “Il tempo cambia ogni cosa.” “Il vecchio diceva che viaggiare nel tempo può contaminare la mente.” Vuoi sapere una cosa stupida? Tenevo sempre accese le luci per lui. Avevo paura che potesse tornare, magari di notte, con la casa buia, e che non riuscendo a trovarci se ne andasse di nuovo. E così ogni notte gli preparavo uno spuntino e lasciavo le luci accese. VANYA HARGREEVES Con la fine del mondo quelle persone moriranno, compresa la nostra famiglia. Il tempo cambia ogni cosa.
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AUTO D’EPOCA
ALFA GT, LE DUE PORTE CHE VISSE IN DUE EPOCHE
La vettura di cui vi voglio raccontare oggi, è un’ icona degli anni 70, che ha traghettato l’Alfa fra i 70 e gli 80 divenendo un simbolo delle coupe di Arese, entrando di diritto nel novero delle auto più amate della casa milanese. Vide la luce nel 1974 e fu prodotta in due serie fino al pensionamento avvenuto nel 1987. Un due porte dalla linea filante e slanciata, disegno di Giugiaro, calandra nera, quattro fari e una chicca assoluta che identifica e differenzia la prima serie dalla seconda già a colpo d’occhio. Sulla lato sinistro, vicino al baule, una forma triangolare colpisce e rapisce l’occhio con la scritta “GTV “ acronimo di granturismo
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veloce, incornicia la fiancata e la rende unica. Il motore è il consueto bialbero quattro cilindri in linea e sulla prima serie sarà declinato in quattro diverse cilindrate per la produzione in serie: 1.6,1.8,2.0 e la regina Turbo Delta, che montava un due litri turbo compresso. Visse due epoche appunto con la prima serie, attraversò gli anni di piombo, da regina delle strade, con la seconda serie dal 1980 al 1987, visse l’epoca della Milano da bere e del Craxismo. Sia la prima che la seconda serie montavano il ponte DeDion, finezza assoluta, usata anche su auto di categoria superiore e super sportive dell’epoca. L’interno della prima
AUTO D’EPOCA serie aveva il conta giri come unico strumento di fronte al pilota, devo aggiungere altro? La seconda serie con motorizzazione da 2.5 litri e motore Busso V6 è considerata già da tempo una leggenda su quattro ruote, una delle migliori Alfa degli ultimi anni. Unica nella storia della gamma ad avere il cofano con la “gobba“, per poter ospitare il poderoso V6 da 2.5 litri. In famiglia ne abbiamo avuta una tanti anni fa, confermo che era davvero speciale e quel sound non lo dimentichi facilmente se lo senti. La prima e la seconda serie differiscono in pochi particolari, i fari posteriori, la calandra e gli interni. Pochi dettagli ma bastano a renderle chiaramente differenti anche ad un occhio non troppo esperto. Unico neo di questa meravigliosa auto il cambio, buono ma non all’altezza di quello delle
Giulia e delle Gt, meno secco negli innesti e più “blando”. Per il resto ad Arese erano riusciti a mantenere la solita grande sportività così come da tradizione. Oggi è un’auto ricercata e dallo stile unico, le quotazioni non sono ancora folli, si può ancora prenderne una senza esborsi monstre. In ogni caso, se potete una V6 oppure una 2.0 L prima serie, quella con i due listelli sul frontale. Se avete ancora voglia di guidare e non di farvi portare in giro, credo che sia l’auto giusta da mettere in garage e usare poco, per godersela ancora di più. Antonio Gelmini Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com
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L’INTERVISTA
ANITA DANZI
LA FOTOGRAFIA COME SOGNO NEL CASSETTO
La fotografia è sempre stata il suo sogno nel cassetto, ora non vede l’ora di trasformarla in una ammirevole realtà. “Mi sono sempre trovata a mio agio di fronte all’obbiettivo e fin da piccola ho immortalato gli attimi migliori e i dettagli più particolari per conservare i miei ricordi attraverso le fotografie” racconta Anita Danzi, una ragazza di 20 anni che ha studiato
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lingue a Cremona. Come nasce questo feeling con l’obbiettivo? “Quando ero ancora bambina, io ed una mia amica trascorrevamo intere giornate a fotografarci a vicenda. Ecco, credo che la mia vocazione nasca proprio da questi momenti, poi io l’ho coltivata col tempo, dandomi la possibilità
L’INTERVISTA di essere fotografata qualche volta in più. Un’emozione straordinaria! Ora che ho partecipato a qualche servizio fotografico sono migliorata sicuramente nella disinvoltura di fronte all’obbiettivo, ma ho ancora molto da imparare! Lo shooting con Luca Pozzaglio è quello che finora onestamente mi ha spinta ad avere la determinazione nel proseguire il mio percorso.” Come ti piace essere nel quotidiano? “Mi piace godermi ogni singolo momento e variare spesso il genere delle mie giornate, a volte incontro le persone che mi rendono felice, altre studio, lavoro, altre sperimento nuove ricette in cucina, altre ancora danzo o dipingo. Adoro l’arte, visitare i musei ed ammirare i quadri. Ci sono giorni in cui progetto i miei futuri viaggi ed altri in cui visito delle città con amiche ed è lì che magari scattiamo qualche foto, qualche ricordo. Cerco di dedicare tempo a tutto ciò che mi piace fare senza smettere di inseguire i miei sogni. I miei contatti sono anitadanzi18 (profilo Instagram) e il mio account “Anita Danzi” su fotoportale.it Fortunatamente sono stata contattata per un evento di modelsharing che si terrà a settembre alle Banzole a Parma, dove diversi fotografi italiani scatteranno foto a me, Genny Silvestrini e Carmen Rossa, non vedo l’ora! Cosa ti spinge a buttarti? Ciò che mi spinge a buttarmi è una grande motivazione dato che credo vivamente che se faccio dei sacrifici posso ottenere ciò che desidero. Che messaggio vuoi veicolare col tuo personaggio? Il messaggio che voglio veicolare è che al di là della fotogenia, il bello è soggettivo e ogni donna non può permettersi di abbattersi se talvolta non viene apprezzata o giudicata da qualcuno che non conosce il suo percorso e la sua vera essenza. Ognuna deve amarsi per ciò che è, imparare a convivere con i propri difetti e accettare le imperfezioni perché anche quelle fanno parte di noi e del nostro modo di essere. Amarsi incondizionatamente ogni giorno, coltivare le proprie passioni e credere nelle proprie capacità sono, a mio avviso, i segreti per una vita felice. Inoltre, non bisognerebbe mai scordare che oltre al fascino esteriore c’è qualcosa di ancora più profondo e attraente: lo splendore dell’anima. CREDITS FOTOGRAFICI Ph. Luca Pozzaglio 43
ED È POESIA
“Forse” Niente è come prima, la fortuna, una carta nascosta, il vivere tirare a campare giorno dopo giorno il pensare un chiodo fisso da impiantare, il tornare una porta chiusa senza serratura, vorrei vedere come va il domani, solo che non ho parole, forse è meglio chiudere gli occhi e cercare di dimenticare ..... BMG
“Vecchia città” Nonostante i tanti tradimenti le vane promesse, ti amo ancora vecchia città, triste sporca città. Custode paurosa dei miei sogni di quattro sparuti segreti. Enrico Savoldi
“Rosa del passato” Tra le pagine impolverate del passato ho piantato una rosa, deliziosa, fine, senza spine. Sui binari ombrosi del tempo scorre il vento dei ricordi porta petali appassiti. Difficile sradicare le emozioni del passato far fiorire oggi ciò che ha perso la freschezza ieri ed io... io sono pessimo giardiniere. Darina Naumova 44
“Gli dirò...” Quando morirò dirò tutto a Dio. Gli dirò che nel mondo che ha creato a comandare c’è un essere ingrato. Quando morirò dirò tutto a Dio, gli dirò del vostro fare indifferente, del vostro guardarci come fossimo niente. Quando morirò dirò tutto a Dio. Gli dirò che mi manca il mio papà e che ora sento freddo in questa stanza. Vorrei un mondo per chi come me è nato dall’altra parte della strada, è nato dall’altra parte della vita, dalla parte sbagliata. Quando morirò dirò tutto a Dio, dei beni che ci avete confiscato, tra questi ci sono le persone che abbiamo amato. Quando morirò dirò tutto a Dio, dicono lui sia amico dei bambini non come questi idioti travestiti d’assassini. Vorrei un mondo per chi come me è nato dall’altra parte della strada, è nato dall’altra parte della vita, dalla parte sbagliata. Vorrei un mondo per chi come me è cullato dalle bombe della notte, dalla polvere da sparo, dai palazzi in fiamme, dalle grida disperate delle mamme. Dove hai nascosto la mia mamma, maledetta guerra? Quando morirò dirò tutto a Dio, degli anni che mi avete rubato, della vita che non ho mai vissuto, ora vi saluto... vado a dire tutto a Dio. Martina Attili
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SAM WALTON
“Sono l’uomo che va in un ristorante, si siede al tavolo e aspetta pazientemente, mentre il cameriere fa tutto, meno annotare la mia richiesta. Sono l’uomo che entra in un negozio e aspetta zitto, mentre i commessi concludono le loro conversazioni private. Sono l’uomo che entra da un benzinaio e non usa mai il clacson, ma aspetta pazientemente che l’impiegato finisca la lettura del suo giornale. Sono l’uomo che spiega la sua disperata urgenza per un pezzo, ma non si lamenta di riceverlo dopo tre settimane di attesa. Sono l’uomo che, quando entra in un centro commerciale, sembra chiedere un favore, implorare per un sorriso, sperando solo di essere notato. Devi pensare che io sia una persona silenziosa, paziente, un tipo che non crea mai problemi... ma sbagli. Sai chi sono? Sono il cliente che non torna mai più! Mi diverto guardando milioni spesi ogn anno in annunci di ogni ordine, per portarmi di nuovo alla tua azienda. Quando sono andato lì per la prima volta, tutto quello che avresti dovuto fare era solo una piccola cosa, semplice ed economica: trattarmi con un po’ più di cortesia. C’è solo un campo: il cliente. E può licenziare tutte le persone dell’azienda, dal presidente al bidello, semplicemente portando i suoi soldi altrove”. Sam Walton Samuel Moore Walton (Kingfisher, 29 marzo 1918 – Little Rock, 6 aprile 1992) è stato un imprenditore, filantropo e accademico statunitense. Fu il fondatore della catena di supermercati Walmart leader mondiale nel settore della GDO. Infanzia e gioventù Sam nacque da Thomas Gibson Walton e Nancy Lee Walton, il padre era un agricoltore che però faceva notevole fatica a sfamare la sua 46
famiglia, al punto che nel 1923 decise di andare via dall’Oklahoma ed emigrare in Florida e dopo vari traslochi decise di stabilirsi con la sua famiglia nel Missouri per lavorare con suo fratello Mortage come agente immobiliare per la Metropolitan Life, un’agenzia del Missouri. Cresciuto durante la Grande Depressione, Sam fece numerosi lavori per migliorare il quadro economico della famiglia, come mungere la mucca nella casa dello zio, imbottigliando il latte e rivendendolo ai clienti, o vendere giornali per le case per la Columbia Daily Tribune, così come abbonamenti per riviste. Dopo il diploma alla David H. Hickman High School of Columbia, Sam si iscrisse al college, in cui ebbe grande fortuna grazie soprattutto alla combinazione tra i buoni risultati scolastici e gli eccezionali risultati sportivi in diverse discipline, venne infatti premiato con il titolo di studente più versatile dell’istituto. In seguito diresse una squadra sportiva e diverse attività universitarie, poi trovò lavoro in una fabbrica di munizioni, dove conobbe Helen, sua futura moglie. Successivamente Sam Walton partì per la seconda guerra mondiale.
PERSONAGGI Primi negozi Dopo aver lasciato l’esercito, Walton assunse la gestione del suo primo negozio (all’età di 25 anni) grazie al prestito di 20.000 dollari di suo padre, in seguito grazie ai 5.000 dollari avuti dall’esercito e i riconoscimenti per le sue gesta eroiche, Walton acquistò un negozio (che chiamerà “Eagle”) a Newport, Arkansas. Il negozio era una filiale della catena Butler’s Brothers. Grazie al suo fiuto, alle ottime capacità imprenditoriali e alla sua determinazione il negozio prosperò rapidamente. Walton fece in modo che gli scaffali fossero ben riforniti di una vasta gamma di prodotti a basso prezzo. Il suo secondo negozio, Eagle department store, era vicino al primo aperto a Newport, accanto a quelli della concorrenza. Con il tasso delle vendite in crescita (da $ 80.000 a $ 225.000 in soli tre anni), Walton at-
tirò l’attenzione del padrone di casa di Walton, PK Holmes, da cui la famiglia di Walton aveva affittato la casa diversi anni prima. Colpito dal grande successo di Sam, Holmes acquistò i negozi di Walton a condizioni molto vantaggiose per sé (e svantaggiose per Walton), ma i genitori riacquistarono i negozi (e diritti di franchising) per il figlio, tuttavia Holmes si rifiutò di rinnovare il contratto di affitto alla famiglia. La mancanza di rinnovo del contratto, con i costi degli affitti in aumento, e l’acquisto truffaldino di Holmes furono le prime lezioni di business per Walton. Successivamente riuscì a trattare l’acquisto di un nuovo negozio, e di una nuova casa a Bentonville, sempre Arkansas. Walton si offrì di pagare i lavori di ricostruzione della casa, a condizione che la validità del contratto di affitto fosse di 99 anni, e la possibilità di espandere la futura catena di negozi che intendeva aprire. Il proprietario
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PERSONAGGI di casa e titolare di un negozio accanto rifiutò 6 volte, e Walton rinunciò a Bentonville. Il successo e la prima catena Nel 1954 aprì un negozio con il fratello Bud in un centro commerciale a Ruskin Heights, un sobborgo di Kansas City. Con l’aiuto di suo fratello, Sam aprì una catena di supermercati tutta sua, stimolando molti manager, ed addirittura alcuni politici, a investire nel capitale dell’impresa. Questo motivò gli imprenditori di uno specifico business a estendere il loro interesse commerciale e le loro iniziative imprenditoriali, acquistando partecipazioni, o complete attività, in imprese di altri settori. Nel 1962 Sam Walton possedeva 16 negozi in Arkansas. Walmart Sam Walton volle espandersi sempre di più raggiungendo i tassi di vendita più elevati, mantenendo prezzi di vendita più bassi rispetto ai suoi concorrenti e riducendo il suo margine di profitto. Ispirato dai successi di altre catene, Walton aprì il primo e il secondo negozio targati Walmart a Rogers. Il suo assistente e responsabile per l’acquisto e la manutenzione delle insegne dei negozi, Bob Bogle, gli consigliò il nome di Wal-Mart per la nuova catena. Nel 1967 l’azienda raggiunse i 24 punti vendita in tutto lo stato di Arkansas, ottenendo inoltre 12,6 milioni di vendite. Nel 1968 l’azienda aprì i suoi primi negozi al di fuori di Arkansas, a Sikeston, Missouri, e Claremore, Oklahoma. La società di Walton, che all’inizio degli anni settanta operava in cinque stati (Arkansas, Kansas, Louisiana, Missouri e Oklahoma) si espanse ulteriormente in Tennessee nel 1973, e in Kentucky e Mississippi nel 1974. Al momento in cui la società si ampliò anche in Texas, nel 1975, poteva contare su 125 negozi con 7.500 filiali, raggiungendo un totale di fatturato di 340,3 milioni di dollari. Nel 1977 Wal-Mart aprì nuovi negozi in Illinois e fece la sua prima acquisizione aziendale, ac48
quistando la proprietà e gestione dei negozi di MohrValour, che operavano nel Missouri e Illinois. Questa fu seguita dalla acquisizione della Shoe Company nel 1978. Nello stesso anno Walmart si ramificò in diversi nuovi mercati, lanciando la sua farmacia, il centro servizi auto e una divisione gioielli. Nel 1981 Wal-Mart si espanse nel mercato del sud-est degli Stati Uniti, aprendo negozi in Georgia e South Carolina, e acquisendo 92 negozi Big K di Kuhn. Nel 1982 fu la volta della Florida e del Nebraska. Nel mese di aprile 1983 la società aprì il suo primo Club, Sam’s Club, una adesione basata su sconti, a Midwest City, Oklahoma. Questi furono poi estesi in Indiana, Iowa, New Mexico e North Carolina, furono istituite funzioni di “personale di accoglienza” in tutti i loro punti vendita. I primi negozi aperti in Virginia risalgono al 1984. Nel 1985 con 882 negozi con un fatturato di 8,4 miliardi di dollari e 104.000 soci, la società si ampliò in Wisconsin e Colorado, mentre nel 1986 fu la volta del Minnesota. Nel 1987 vi furono istituiti uffici per tenere sotto controllo l’inventario dei materiali, le vendite, e inviare comunicazione immediata ai loro negozi. Continuando le loro innovazioni tecnologiche attrezzarono il 90% dei loro negozi con i lettori di codici a barre nel 1988, per meglio controllare l’inventario ed il flusso dei materiali. Nel febbraio del 1988 il fondatore Sam Walton si dimise da Amministratore Delegato, e David Glass fu chiamato a succedergli. Walton rimase nella funzione di presidente del Corporate e del Consiglio di Amministrazione, contemporaneamente la società ristrutturò le posizioni di “gestori anziani”, elevando un certo numero di dirigenti a posizioni di maggiore responsabilità. Sempre nel 1988 fu introdotto il primo Wal-Mart Supercenter a Washington, Missouri. Il Supercenter Wal-Mart dispone di tutto quanto contenuto in un negozio medio di sconto Walmart,
PERSONAGGI proponendo inoltre un negozio di pneumatici e di cambio olio, un centro ottico, un laboratorio di stampa foto in un’ora, uno studio di ritratto fotografico e numerosi negozi “alloggiati” come banche, negozi di telefoni cellulari, parrucchieri e saloni di bellezza, negozi di noleggio video, e altri punti vendita tipo “fast food”. Nel 1988 Wal-Mart fu il rivenditore più redditizio negli Stati Uniti, anche se non vendette in quantità superiore a K-Mart e Sears in termini di valore fatturato fino alla fine del 1990 o all’inizio del 1991, questo significa che i suoi ricavi erano superiori con un fatturato inferiore. Sempre nel 1988 Walmart operava in 27 stati, si ampliò poi in Arizona, Michigan, Ohio, West Virginia, New Jersey e Wyoming. Nel 1990 si espanse in California, e poi fu la volta di Nevada, North Dakota, Pennsylvania, South Dakota e Utah. Questo traguardo segnò il raggiungimento ufficiale di Walmart come rivenditore completamente presente a livello nazionale. Il 1990 ha visto un periodo di crescita senza precedenti, e l’integrazione di diverse nuove idee e tecnologie nel business. Le vendite statunitensi quadruplicarono a 32 miliardi di dollari rispetto al corso dei cinque anni precedenti, la Walmart acquisì la Società McLane, distributore di servizi ristoro, che fu poi venduta alla Berkshire Hathaway nel 2003. Nel 1991 la società si ampliò in Connecticut, Delaware, Maine, Maryland, Massachusetts, New Hampshire e New York. Nel 1991 Walmart si ampliò anche al di fuori degli Stati Uniti, a Città del Messico. Il 1991 vide anche il lancio della marca americana di prodotti Sam. Riconoscimenti Il 17 marzo 1992 il presidente statunitense George HW Bush premiò Sam Walton con la Presidential Medal of Freedom, ma Walton morì prima di ricevere il riconoscimento. Nel 1998 Walton fu incluso da Time nella lista dei 100 uomini più importanti del ventesimo secolo,
mentre Forbes lo considerò l’uomo più ricco negli USA dal 1985 al 1988. Secondo la classifica Condé Nast è il terzo miglior manager di tutti i tempi e il diciassettesimo uomo più ricco di ogni epoca. Vita personale Walton sposò Helen Robson il 14 febbraio 1943. La coppia ha avuto quattro figli: Samuel Robson (Rob), nato nel 1944, John Thomas (19462005), James Carr (Jim), nato nel 1948, e Alice Louise nata nel 1949. Walton ha sostenuto varie iniziative caritatevoli. Walton ha inoltre servito come dirigente anziano e insegnante domenicale, insegnando agli studenti delle scuole superiori. La famiglia ha dato dei sostanziali contributi alla chiesa, e lui e la moglie erano attivi nella First Presbyterian Church di Bentonville. La morte Walton morì il 5 aprile 1992 a causa di una leucemia, a Little Rock, Arkansas. La notizia della sua morte fu trasmessa in immediato a tutti i 1.960 negozi Wal-Mart. Al tempo la sua azienda impiegava 380.000 persone. Le vendite annuali assommavano quasi 50 miliardi di dollari in 1735 supermercati Wal-Mart, 212 Club di Sam, e 13 Supercenters. I suoi resti sono sepolti nel cimitero di Bentonville. La struttura societaria Sam lasciò la sua proprietà di Wal-Mart a sua moglie e ai loro figli: Rob Walton succedette al padre come Presidente del Consiglio di Wal-Mart, e John Walton fu direttore della compagnia fino alla sua morte, avvenuta in un incidente aereo nel 2005. Gli altri figli non furono direttamente coinvolti in azienda, se non attraverso il loro potere di voto come azionisti. Comunque il figlio Jim è presidente della Arvest Bank. La famiglia Walton ha tenuto cinque punti nelle prime dieci persone più ricche degli Stati Uniti fino al 2005. Le due figlie di Bud Walton (fratello di Sam), Ann Kroenke e Nancy Laurie, detengono quote minori della società. 49
L’EMOZIONE NON HA VOCE
TWO OF US (Due di noi) - Louis Tomlinson La canzone è dedicata alla madre, Johannah Pulston Deakin, scomparsa nel dicembre È passato un minuto da quando ti ho chiamato Solo per ascoltare la risposta Sì, lo so che non lo capirai Ma lascerò un messaggio quindi non sono solo Stamattina mi sono svegliato ancora sognando Con i ricordi che mi passano per la testa Non saprai mai quanto mi manchi Il giorno in cui ti hanno portata via, vorrei fosse accaduto a me Ma una volta mi hai detto: “Non arrenderti, puoi farcela, giorno dopo giorno” E i diamanti, non si trasformeranno in polvere o svaniranno. Quindi ti terrò, giorno e notte, qui fino al giorno in cui morirò Vivrò una vita per noi due Sarò il migliore di me, ti terrò sempre vicina a me Vivrò una vita per noi due Anche quando sono da solo, so che non sarò solo Tatuate sul mio cuore ci sono le parole della tua canzone preferita So che guarderai in basso, giuro che ti renderò orgoglioso Vivrò una vita per noi due Potevo sentire il tuo sangue scorrere attraverso di me Sei scritta nel mio DNA Guardando indietro in ogni specchio So che starai aspettando, ci rivedremo Ma una volta mi hai detto: “Non arrenderti, puoi farcela, giorno dopo giorno ” E i diamanti, non si trasformeranno in polvere o svaniranno Quindi ti terrò, giorno e notte, qui fino al giorno in cui morirò Vivrò una vita per noi due Sarò il migliore di me, ti terrò sempre vicina a me Vivrò una vita per noi due Anche quando sono da solo, so che non sarò solo Tatuate sul mio cuore ci sono le parole della tua canzone preferita. So che guarderai in basso, 50
Louis Tomlinson mentre manda un bacio alla mamma alla fine dell’esibizione giuro che ti renderò orgoglioso Vivrò una vita per noi due Ti ho promesso che lo avrei fatto Quindi tutto questo è tutto per te Oh, giuro su Dio che stai vivendo Attraverso tutto ciò che mai farò Quindi ti terrò, giorno e notte, qui fino al giorno in cui morirò Vivrò una vita per noi due Sarò il migliore di me, ti terrò sempre vicina a me Vivrò una vita per noi due Anche quando sono da solo, so che non sarò solo Tatuate sul mio cuore ci sono le parole della tua canzone preferita So che guarderai in basso, giuro che ti renderò orgoglioso Vivrò una vita per noi due Una vita per noi due Vivrò una vita per noi due Finiremo proprio come abbiamo iniziato Solo io e te e nessun altro. Ti terrò dove è il mio cuore Una vita per noi due.
VIDEO ORIGINALE “Two of us”
PENSIERI E PAROLE
LA NOSTRA VITA Un professore di filosofia un giorno entro in classe e mise alcuni oggetti sulla cattedra. Quando la lezione ebbe inizio, prese un grosso contenitore di vetro vuoto e cominciò a riempirlo con pezzi di roccia abbastanza grossi. Alla fine chiese ai suoi studenti se il contenitore fosse pieno. Gli studenti risposero di sì. Allora il professore prese un sacchetto di sassolini e li versò nel contenitore, scuotendolo un pochino. I sassolini ovviamente andarono a riempire gli spazi vuoti tra i pezzi di roccia. Allora il professore chiese di nuovo ai suoi studenti se il contenitore fosse pieno. E gli studenti risposero di sì. Il professore allora prese un sacchetto di sabbia e la versò nel contenitore. Naturalmente la sabbia riempì tutti gli spazi ancora vuoti ed il
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professore chiese di nuovo se il contenitore fosse pieno. Anche stavolta gli studenti gli risposero di sì. “Adesso, voglio che vi rendiate conto che il contenitore rappresenta la vostra vita”, disse il professore. “Le rocce sono le cose importanti la vostra famiglia, il vostro compagno o la vostra compagna, la vostra salute, i vostri figli, i veri amici - cose per cui, se anche tutto il resto andasse perduto, la vostra vita risulterebbe ancora piena. I sassolini sono le altre cose che possono contare nella vita, come ad esempio il vostro lavoro, la casa, la macchina. La sabbia è tutto il resto: le piccole cose di poco conto”. “Se mettete la sabbia per prima nel contenitore”, continuò il professore “non rimane spazio per i sassolini e le rocce. Lo stesso succede con la vostra vita: se spendete tutto il vostro tempo per dedicarvi alle cose di poco conto, non avrete più spazio per quelle davvero importanti…” Mariachiara 51
SOCIETÀ
IL REDDITO DI CITTADINANZA Vorrei esprimere il mio modesto parere su un argomento scottante che mi riguarda personalmente, il Redditto di cittadinanza. Comincio con la premessa che non mi intendo di politica, di economia, di Welfare, ecc... ecc... La mia è una opinione personale, ma suppongo che parecchi la pensino come me. Dicono che è una misura sbagliata, che induce all’assistenzialismo di Stato, che non funziona, ci sono tanti abusi e per questo deve essere abolita. Mi pongo la domanda, esiste almeno un ambito della vita sociale, politica, ecclesiastica, ecc., in cui non sono stati commessi sbagli? Non ci sono stati casi di atti osceni da parte dei sacerdoti? Deve essere quindi eliminata la Chiesa Cattolica per questo motivo? Non ci sono stati atti di crudeltà e mancata professionalità da parte di maestre nei confronti di bambini delle scuole materne? Devono essere chiuse tutte le scuole per questo? Non ci sono stati casi di gravi errori da parte di medici che hanno causato danni e addirittura decessi ai pazienti? Devono essere chiusi tutti gli ospedali per questo? Vorrei consigliare a questi politici che ritengono il Reddito una specie di programma di trattamento metadonico, di andare in un reparto oncologico
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di qualsiasi ospedale, di incontrare un paziente malato, disoccupato, il cui unico sostegno economico è il Reddito di cittadinanza e guardarlo negli occhi spiegandogli che è per il suo “ bene” abolire la misura. Guardandolo negli occhi però, dritto e con convinzione. Vediamo se avranno il coraggio di farlo. Scontrarsi con la realtà è molto diverso dai discorsi plateali, patetici tenuti con fervore e diffusi dai mass media. Non voglio accusare nessuno, ognuno risponde davanti alla propria coscienza, se c’è là naturalmente. Io personalmente sono infinitamente grata allo Stato Italiano che mi ha salvato la vita due volte: la prima curandomi, la seconda sostenendomi economicamente. Per me il Redditto di cittadinanza è un atto di Umanità e Civiltà con U e C maiuscoli. Non è vero che chi lo percepisce ha un basso livello di istruzione, non vuole impegnarsi alla ricerca di un lavoro ecc. Ogni caso è diverso, ci sono tanti diplomati e laureati e molti di questi cercano impiego ma semplicemente non lo trovano. E non perché non si impegnano, ma perché la situazione economica non glielo permette. Non basta solo l’intelligenza per ottenere una posizione rispettabile e appagante nella società, ma di questo ne parleremo un’altra volta. L’unica cosa giusta nella vita è la sua fine. Il momento in cui dobbiamo rispondere per le nostre azioni. Per questo saremmo chiamati tutti, nessuno escluso. E’ inevitabile! Darina Naumova
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tenze di psicologi o assistenti sociali, ma offre un primo supporto alla pari. L’obiettivo specifico sarà quello di offrire quindi uno spazio d’ascolto e riflessione all’interno di una relazione d’aiuto per dubbi, difficoltà, ma anche spunti per iniziative formative e progetti da costruire insieme e condividere, anche in collaborazione con associazioni locali. L’accesso al servizio è completamente gratuito. La referente di questo progetto è Silvia Bolognini, con la quale prendere contatti (mail: progetto.adastra@gmail.com). Sul sito www.newentrymagazine.it trovate il link diretto per accedere allo sportello ed essere ascoltato.
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ARIETE (21/03 - 20/04) Incontri e innamoramenti sono dietro la porta, cercate di coglierne l’aspetto migliore. niente da ridire sulla forma fisica, ma rispetto all’immagine potreste fare di più, non foste sempre così di corsa...
TORO (21/04-20/05) Si intravedono opportunità in tanti settori, anche in quello affettivo. Nuove amicizie grazie alla vostra innata immediatezza riusciranno a farvi concretizzare qualcosa di buono anche nel lavoro. Cosa volere di più?
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BILANCIA (23/09-22/10) in amore è tempo di manifestare i sentimenti con slancio passionale, con spavalderia, amplificando anche la tenacia oltre l’affettuosità .
SCORPIONE (23/10-22/11) Potresti venire travolto da successi nelle nuove seduzioni. Un’appassionata sintonia con il partner regala al rapporto qualcosa di speciale.
SAGITTARIO (23/11-21/12) Chi è in coppia avrà modo di riscoprire emozioni inaspettate o che pensava di aver dimenticato. Al lavoro un superiore che ti stima potrebbe affidarti un progetto particolarmente interessante. Non rifiutare!
CAPRICORNO (22/12-20/01) Gran vigore l’intesa erotica con il partner. Ottime premesse anche per il settore professionale. Per ottenere ciò che vuoi ti basta non cambiare idea troppo spesso.
ACQUARIO (21/01-19/02) Le scelte fatte o quelle che farai a breve si riveleranno ben presto giuste e ti daranno la possibilità di ottenere il successo e la fama che desideri. Il ruolo di leader ti soddisfa e ti gratifica moralmente e ora anche materialmente.
PESCI (20/02-20/03) Uno sguardo attento agli errori commessi in passato può essere uno stimolo per programmare i progetti futuri in modo vantaggioso o semplicemente più appropriato alla tua natura creativa. Concediti pure.
ED È POESIA
“Tramonto” Mi piace osservare il tramonto alla fine della giornata. Il sole, rosso e rotondo, si prepara alla ritirata.
Formano le nuvole un velo, mentre il sole sta scivolando... Una pallida luna appare in cielo, mentre, l’azzurro, si va oscurando.
Nell’ora crepuscolare ha inizio la rappresentazione: è come uno spettacolo teatrale dove il sole è regista e attore.
Il tramonto, metaforicamente, fa pensare a ciò che finisce: alla gioventù, che passa velocemente, alla vecchiaia, che un po’ intristisce.
Vestito di colori sgargianti dipinge colorate scenografie... infine scompare, in pochi istanti, avvolto da variegate scie.
Così, mi succede di riflettere sui significati profondi della vita... sulla brevità del tempo disponibile... un battito di ciglia... ed è finita. Piera Masoch
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Telefono: 0345/91473 ALBINO Le doti matrimoniali in Valle Seriana - storie di donne e di famiglie Mostra aperta dal 3 settembre fino al 31 dicembre si arricchisce a partire dal 3 ottobre della possibilità di visitare la mostra che espone un lavoro di ricerca che percorre l’arco di tempo dal Trecento al Novecento. museotorre.comenduno@hotmail.com Telefono: 331.8784886 Fino al 30 Novembre - h.16:00 Bergamo - Città Alta Se quei muri Fino al 30 novembre porte aperte alla mostra che rappresenta la prima tappa per la valorizzazione dell’ex carcere di Sant’Agata nel cuore di Città Alta L’ultimo corridoio è rimasto com’era al tempo del funzionamento lì del carcere di Bergamo. Muri scrostati, polvere perenne, buchi, crepe, perforazioni, ruggine; e poi sbarre, aria e luce filtrate. Sulle pareti impronte e ombre di un tempo passato. Stratificazioni latenti di una storia mai letta con attenzione che stava rischiando di scomparire definitivamente prima ancora di diventare coscienza della città. email: biblioteca@isrec.it
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... e le emozioni non finiscono mai! 56
PENSIERI E PAROLE
QUEL CHE C’È... “In nessun luogo, amata, ci sarà mai mondo se non in noi.” Rilke, Settima elegia duinese Stamattina, sdraiata in piena orizzontalità, guardavo le nuvole da una prospettiva inconsueta. Solo cielo, senza il contrasto dell’orizzonte. Guardavo le nuvole, ipnotiche come il fuoco nel camino e il suono delle onde che si frangono sulla riva. Forme in continuo divenire. Geminiani e Vivaldi nelle orecchie. In nessun luogo ci sarà mai mondo se non in noi: perfetta definizione del sentire introverso. Il fuori è occasione, porta che apre al viaggio nel mondo interiore. Qui, ora, mi sento in pace. Sto. Quel che c’è, prendo. Il vento di oggi e
il mare agitato. Domani si prospetta pioggia, vorrà dire che andrò a fotografarla. Ho voglia di stare con quel che c’è, perché lì c’è mondo. Guardo il piccolo, il particolare. sguardiepercorsi
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L’INTERVISTA
ROBERTA D’AGOSTINO L’ARTE NEL DNA
L’arte fa parte di lei. Che sia musica o fotografia, cura del corpo o gusto del bello, Roberta d’Agostino è una di quelle donne che conquistano sempre l’attenzione. Elegante, femminile e mai banale. Da Molfetta – la città in cui vive in Provincia di Bari – ha iniziato a farsi conoscere in giro per l’Italia. Merito dei social e di un profilo che trasmette la voglia di sentirsi bene con sè stessa senza dover necessariamente strafare. Riavvolgiamo il nastro. Roberta d’Agostino, 32 anni… Studio musica dall’età di 6 anni, suono la tromba e a 19 anni ho conseguito il diploma al Conservatorio di Bari con il massimo dei voti. Ho proseguito gli studi musicali con svariati titoli accademici e master con i più importanti maestri della musica classica e barocca dello scenario internazionale, vincendo concorsi musicali nazionali e internazionali e svolgendo attività concertistica in orchestre lirico-sinfoniche, con un’importante tourneè anche in Cina. Da 7 anni insegno musica nelle scuole secondarie di primo grado. Eppure, da qualche anno, alla musica hai affiancato la passione per la fotografia. La passione per la fotografia nasce dopo le mie prime sfilate, da quel momento molti fotografi mi 58
hanno notata e scelto per alcune collaborazioni. Da qui è iniziata la mia avventura che mi ha portata a collaborare con gente straordinaria come Vincenzo dell’Atti, Dario Migliaccio, Mario Tota, Giovanni Berardi, Umberto Ciccarelli Umberto, Enzo Carito, Fabio Lerario! Cos’è diventata per te la fotografia? La fotografia è un’arte, una passione, una professione e un mezzo di crescita personale. Come modella ti permette di conoscere meglio la parte più intima di te, perché sul set puoi lasciarla libera. La fotografia, ti spinge a lottare, a combattere, a crescere e a sperimentare, rompendo gli schemi e sovvertendo l’ovvio. Non solo fotografia per Roberta d’Agostino… Ho partecipato al concorso di moda e bellezza “Miss Fashion Show 2021” a Barletta classificandomi al primo posto. Oltre le sfilate, la fotografia e questo concorso continuo a lavorare con orchestre lirico-sinfoniche e barocche e a esibirmi come trombettista solista in vari teatri. Insomma, ormai ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo. Sono semplicemente una ragazza che ama lo sport e il mondo del fitness, e questo mi ha portato ad un grande miglioramento fisico. Inoltre, l’altezza di
L’INTERVISTA 180 cm e il mio portamento, mi hanno notevolmente aiutata. Tutto ciò mi ha portata ad avvicinarmi all’ambiente dello spettacolo e di assaporarne l’antipasto. Ma, per adesso, sono solo all’inizio e sono curiosa di scoprire questo meraviglioso percorso che è tutto in divenire. Nel frattempo sui social ti seguono in moltissimi… Sono semplicemente una ragazza che esprime le proprie passioni sui social network. Racconto me stessa e comunico il mio modo di essere. Qual è il segreto del tuo successo? Ci sono donne che splendono come stelle e sono per me una grandissima forma di ispirazione. Mi piacciono le donne forti, le donne caparbie, le donne coraggiose. Insomma, le donne libere di esprimersi senza la paura dei pregiudizi. L’umanità ha sempre avuto paura delle donne libere, e ciò non è più ammissibile al giorno d’oggi. Questo è il mio ideale di donna e spero di esprimerlo, non solo attraverso i
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L’INTERVISTA
social, ma soprattutto nella vita quotidiana. A proposito di vita quotidiana, come ti piace essere offline? Nel quotidiano sono una ragazza semplice ma molto femminile. Amo il mondo della moda e amo fare shopping. Adoro i vestiti e gli accessori, ho sempre dei gioielli coordinati che completano il mio outfit. E riguardo il mood “essere sexy” di una donna, penso che derivi solo dal grado e dal tipo della sua intelligenza. Che progetti vuoi realizzare? Voglio continuare ad essere una brava insegnante e sto continuando a studiare il mio strumento musicale perché questo è un percorso che dura tutta
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la vita, fatto di disciplina e sacrifici. Tutto il resto, per me, è un gioco; un bellissimo gioco che serve per crescere e divertirmi. Sono anche certa di non mettere mai da parte la mia passione per lo sport, la palestra e l’alimentazione sana perché ormai sono il mio stile di vita e il motore scatenante di questo bellissimo percorso da modella e fotomodella. Un Grazie speciale, intatti, va fatto al mio coach: Giuseppe Fasciano. Lui, semplicemente con la sua professionalità, è stato il motore della mia crescita. Migliorare il proprio corpo trascina con sé un mondo di cambiamenti psicologici. Si parte dal volersi vedere più tonici e si finisce con il cambiare moltissimi aspetti di sé e del sé in relazione al mondo. Fatelo, se sentite di poter fare di più, essere di più, volere di più, da voi stessi. CONTATTI SOCIAL @bertdag MUA Morena Leone ANIMALI
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L’ISPETTORE GIANLUCHIK
OMICIDIO NELLA SERRA Enrico con freddezza. Gianluchik replicò: “Va beh, lasciamo perdere il perché l’hai assunto; tutta la città sa che tra di voi non scorreva buon sangue, dunque, mi dice cosa è accaduto?” “Mezz’oretta fa è arrivata un auto a gran velocità che successivamente si è fermata proprio di fronte alla serra: è sceso un uomo incappucciato ed ha iniziato a sparare all’impazzata colpendo a morte il povero Michele. Forse era un suo compare nei cui confronti aveva commesso qualche sbaglio”. – rispose Enrico. “Dovevi fare lo scrittore di gialli invece del floricoltore, hai molta fantasia... ti dichiaro in arresto per l’omicidio di Michele” esclamò Gianluchik. Come mai l’ispettore è convinto che sia stato il floricoltore Enrico a commettere il delitto? Scopritelo voi prima di leggere la soluzione qui sotto pubblicata. LA SOLUZIONE: Se il racconto del floricoltore Enrico fosse vero, la vetrata della serra avrebbe dovuto essere in frantumi ed i cocci di vetro sarebbero sparsi intorno al cadavere, avendo un uomo sparato all’impazzata dall’esterno… Invece nel racconto si specifica che nella serra c’era una temperatura molto alta e che non entrava un filo d’aria. Inoltre si dice che la serra era molto pulita a parte il sangue della vittima. Quindi è lampante il fatto che Enrico sia l’assassino di Michele avendolo ucciso nella serra inventando tutta la sceneggiata.
L’ispettore Gianluchik insieme alla sua Cristina ed a Marica e Daniele, si trovava in un parco a passeggiare, lontano finalmente dal suo lavoro. Neanche a dirlo, dopo qualche minuto squillò il cellulare di Gianluchik, il quale con una sbuffata lo prese e rispose alla chiamata: “Pronto chi parla?” “Ispettore ci è arrivata una segnalazione del signor Enrico, il floricoltore che abita alle porte della città, il quale ci ha riferito che è avvenuta una sparatoria” – rispose il sergente di turno. Gianluchik rispose: “Ho capito, vado subito sul luogo del delitto”. Così anche quella gita in un parco per sentire il respiro delle piante diventò l’ennesima giornata di lavoro. Giunto sul posto c’era Enrico che lo aspettava. Dopo i soliti convenevoli, lo condusse alla serra principale. All’interno di essa, Enrico fece notare immediatamente dov’era il corpo della vittima: riverso in una pozza di sangue. La temperatura interna della serra era altissima, visto e considerato che era formata da una vetrata che non lasciava trapelare un filo d’aria all’interno. Inoltre bisogna dire che era tenuta molto in ordine e ben pulita, sangue a parte... L’ispettore Gianluchik vide il viso della vittima: era Michele, un pregiudicato appena uscito da galera che era anche una sua vecchia conoscenza. Quest’ultimo fece un’espressione pensierosa e Enrico, accorgendosi di essa, iniziò a spiegare per quale motivo Corrado si trovasse nella sua serra: “Appena uscito di prigione, si recò qui da me in cerca di lavoro. In quel periodo mi serviva un aiuto e così lo presi con me anche se aveva delle precedenti penali; dopo tutto è pur sempre un essere umano ed ho voluto dargli una possibilità di riscattarsi in qualche modo” - rispose
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