Anno 28 - N°02 del 09/03/2022 - www.newentrymagazine.it - redazione@newentrymagazine.it - Per la tua pubblicità: 347.73.52.863 Gianluca Boffetti
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PENSIERI E PAROLE
AMORI
È sempre attuale la metafora della rinascita della natura in primavera paragonata alla nascita di nuovi amori. Come Decreto del Presidente del Tribunale sbocciano i fiori, rinverdiscono gli alberi e si sente in genedi Bergamo n°21 del 09/03/2000 rale nell’aria la magia del risveglio, così il risveglio nelle persone, che stuzzica rinnovate emozioni, facendo sbocciare Editore e Direttore Responsabile: nuovi innamoramenti. Gianluca Boffetti Alcuni si trasformano poi in amori stabili, altri si rivelano inDirettore Onorario: Michele Cortinovis vece fiammate che si spengono presto. Non è scontato che i Redazione: Stefano G. - Giorgio M. colpi di fulmine riguardino solo i giovani, anzi, molto frequenti Anno 28 - N°02 del 28/02/2022 le nuove storie tra persone mature, causa anche l’aumento di separazioni fra coppie di mezza età. Situazioni che danno La nostra sede: ancora la spinta e la voglia di ricominciare, a credere che ad Brembate di Sopra (Bg) - via Tresolzio,48 ogni età ci si può innamorare, pur con diverse sfumature e intensità. Molti i proverbi dialettali a tema, alcuni seri, molti altri, come spesso si esprime ironicamente la lingua dialetwww.newentrymagazine.it tale, simpatici e pure cattivelli. “Per cunussis bé bisogna New Entry il giornale della gente maià ‘nsèma un quintal de sal amàr” - per conoscersi bene, bisogna mangiare insieme un quintale di sale amaro. New Entry Boffetti Gianluca “Amur nöf èl và e ‘l vé, amur vècc ‘l sa manté” – amore newentrymagazine nuovo va e viene, amore vecchio si mantiene- per dire che è più sicuro un amore datato e collaudato da vicissitudini non New Entry Television sempre felici. Di buon auspicio, in teoria, ”Badil èl g’ha töt pala, come ‘l l’ha ülida èl l’ha catada” – chi si somiglia I NOSTRI CONTATTI si piglia. Questa premessa una volta era praticamente una redazione@newentrymagazine.it certezza, perché chi si sposava, molto, ma molto raramenbergamo@newentrymagazine.it te si separava, pur con problemi seri di incompatibilità; ora brescia@newentrymagazine.it invece un dato di fatto che, sposati o conviventi, nessun Info pubblicità: 347 73 52 863 èrapporto può considerarsi sicuro e se per certe situazioni è giusto, per altre è un alibi che denota troppa superficialità. Nà a treèrs” – tradire- per esempio, è uno dei motivi più frequenti che portano le coppie a lasciarsi. Drastico “Se ta öt viver quiét resta pöt” – “Se vuoi vivere tranquillo, non sposarti”, per risolvere il problema alla fonte! Si dice pure: “Amur sensa baröfa èl fa la möfa” – “Amore senza litigi, fa la muffa”. Chi ha un po’ d’esperienza in materia non può che confermare: impossibile andare sempre d’accordo, tante sono le sfaccettature in ogni rapporto e sarebbe pure monotono e piatto, l’importante è trovare un buon equilibrio. D’amore se ne potrebbe parlare all’infinito e ogni differenza fa sì che la coppia gestisca il proprio rapporto in modo altrettanto diversificato. Spesso per fortuna funziona, altre purtroppo no, ma tranne in casi di particolare gravità, molti amori si potrebbero salvare, anche perché l’uomo/ la donna perfetta esistono solo nei film o nelle fiabe. Accontentarsi no, ma neanche inseguire l’impossibile! Olfi Ornella 02
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EDITORIALE
TROPPA NOIA, HANNO TUTTO... MA SENZA OBIETTIVI NELLA VITA Cosa sta accadendo? Il fenomeno delle risse tra giovanissimi sembra aver preso il sopravvento. Si ritrovano in gruppi di dieci, venti... alla ricerca di un futile motivo per fare a botte per poi pubblicare sui social il triste spettacolo appena compiuto sentendosi pure degli eroi. Già, i social che tutti noi decantiamo: ma siamo sicuri che l’avvento di questi mezzi di comunicazione sia stato positivo? Sembra che vengano utilizzati per sfogare le proprie fissazioni e frustrazioni offendendo senza ritegno il malcapitato di turno. Le cause di questo nuovo “divertimento”? Sicuramente la mancanza di obiettivi nella vita e di valori quali l’amicizia, l’amore, il rispetto. Stiamo parlando di ragazzini... ma una volta maggiorenni cosa si inventeranno per divertirsi? Di esempi ne abbiamo già abbastanza: violenza sessuale di gruppo, stalking, rissa, rapina, lesioni, violenza privata. Ma chi sono gli autori di queste nefandezze? Non c’è una categoria ben precisa: si passa dai figli di medici, avvocati a giovani immigrati di seconda generazione. Dai Ricchi ai poveri, dalla città alla periferia, da nord a sud... il fenomeno non cambia. Gruppi di ragazzi che camminano picchiandosi con
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vestiti super firmati, alla moda per essere sempre al passo con i temi. Un genitore che si spacca la schiena per accontare il figlio per compragli delle scarpe da 1.000 € che poi le indossa per uscire a picchiare i suoi coetanei? Se poi ascoltiamo le parole di un padre che ha dovuto denunciare la propria figlia in televisione nella trasmissione “Fuori dal coro” viene la pelle d’oca.... «Ho scoperto che mia figlia di 14 anni è la leader di una baby gang di 7-8 ragazzine, non è solo una bulla: è il capo di una mini banda criminale che conta anche su 20-30 “gregari” e circa 600 seguaci sui social. Cosa fanno? Furti, rapine, risse e c’è il sospetto che girino per Verona con catene, bastoni, coltellini». E i dati registrati dall’Osservatorio nazionale sull’adolescenza sono allarmanti: il 6,5% dei minorenni italiani fa parte di una banda, il 16%
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EDITORIALE ha commesso atti vandalici, e tre ragazzi su dieci hanno partecipato ad una rissa. Giovani allo sbando, che hanno abbandonato la scuola troppo presto, figli dimenticati senza una presenza fondamentale dei genitori, che cercano probabilmente di appartenere ad un gruppo, ad una gang che per loro può significare una forma di riscatto ad una vita spenta e vuota. Viviamo in un “degrado” famigliare che dovrebbe essere alla base di tutto dove il genitore agli occhi dei figli, non viene più considerato come una persona da rispettare, da ascoltare, da amare. Sono accontentati in tutto e abbandonati a sè stessi, lasciati troppo soli senza nessun dialogo costruttivo. L’ultimo fatto tragico avvenuto qualche giorno fa ne è una conferma drammatica: un 15enne in Spagna ha sparato ai genitori e al fratellino di 10 anni solo perchè la mamma gli aveva tolto WI-FI come punizione visto il suo scarso rendimento a scuola. Questi giovani, accecati dai finti modelli e dai messaggi che ogni giorno ricevono sul
cellulare sono senza principi morali, non riconoscono il confine tra il bene e il male... non pensano alle conseguenze di un loro gesto azzardato. Si dice spesso che il mondo è cambiato: i gusti e le mode sono cambiate, ma ciò che non può cambiare è il RISPETTO DELLE REGOLE e L’EDUCAZIONE che dovrebbero essere dei concetti fondamentali dentro ognuno di noi. Certo, esistono anche giovani responsabili, educati e rispettosi ma spesso vengono emarginati se non bullizzati invece di considerarli come un esempio da seguire. Occorre correre ai ripari e velocemente: cercare di tenerli impegnati nello SPORT che è sicuramente salutare e dove ci sono delle regole da rispettare e si possono anche confrontare con altri coetanei ma soprattutto cercare di riallacciare il dialogo con i propri figli, cosa non facile, a causa sicuramente di quello strumento che tutti noi utilizziamo e che ci sta rovinando la vita, chiamato cellulare! Gianluca Boffetti
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PENSIERI E PAROLE
FINO ALL’ULTIMO RESPIRO In ogni cosa c’è un inizio ed una fine, dove c’è una nascita prima o poi c’è la morte. Questo processo è definito ciclo di vita e tutto ciò ci fa capire e notare che nulla è per sempre arrivando così alla consapevolezza che ogni minuto è miracolo ed ecco la coscienza che sussurra di vivere spensierati e soprattutto di vivere l’istante, l’oggi, il presente... e mai guardare indietro: il passato è passato. Imparando tutto ciò, si vivrà la vita appieno crescendo a volte con più coraggio e con un equilibrio interiore da far sembrare tutto più leggero. Detto ciò sembra tutto semplice ma purtroppo ogni essere umano ha vissuto dispiaceri e traumi da segnar la propria vita, basta pensare alla perdita di un nostro caro, dopo una lunga malattia con tutto il suo processo o percorso prima dell’ultimo respiro. Sì, l’ultimo respiro... rimane impresso a quelle persone che hanno seguito il loro malato terminale e questo compito può essere faticoso, stressante ma molto importante sia per noi che per il nostro caro rendendoci alla fine di tutto, orgogliosi di essere stati presenti fino alla fine. Vorrei far capire quanto sia importante la serenità e la tranquillità di un malato che se ne
ED È POESIA
“SANREMO 2022” Finalmente arriva SanRemo, dall’emozione non stò più nella pelle, speriamo che le canzoni non faccian scoppiare le palle, per qualche giorno i problemi saranno messi in cantina, intanto che dei manichini sfileranno in vetrina. Giordano 08
sta andando e quanto bisogno hanno di sentire la presenza e le voci intorno a loro. Secondo me, per l’esperienza che ho vissuto, l’udito e il tatto sono gli ultimi sensi che prederanno successivamente anche la loro coscienza. Vorrei incoraggiare le persone a mantenere un contatto fisico con il loro malato tenendogli stretta la mano o accarezzandolo, può essere molto d’aiuto nel suo percorso finale, dato che non si può sapere quando il cuore smetterà di battere. Ricordiamoci di essere vicino, aiutando la loro anima a staccarsi dalla vita terrena per intraprendere il viaggio alla vita eterna. Sara
ED È POESIA
“NON C’È” Talvolta non c’è blu, non c’è verde, non c’è bianco, nè rosso. Non un sorriso che possa chiamarsi amico. Nemmeno un gatto che si strusci la coda sulle mie gambe stanche. Non ci sei tu. Enrico Savoldi
QUESTO È IL MIO NOME - di Micky Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.
Alice
Il nome Alice deriva dal greco aike il cui significato è “del mare”, quindi potrebbe essere inteso e tradotto come “creatura marina”. Altri studi etimologici fanno derivare questo nome dall’antico germanico Athalhaid. Tuttavia, il significato letterale di questo termine è “di bell’aspetto” che sarebbe stato in seguito modificato in Aalis o Alis dai franchi. Alice fu un nome molto popolare nel medioevo anche grazie ai romanzi francesi della bella Alis. La grande diffusione di questo nome si deve, però, ai famosi romanzo di Lewis Carrol: Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò. Molto usato anche in Inghilterra venne importato dai Normanni. Il suo impiego, tuttavia, aumentò considerevolmente dopo che la regina Vittoria lo diede a sua figlia. Usata inizialmente solo in alcuni testi, la forma latina Alicia, iniziò a diffondersi moltissimo a partire dal XVIII secolo. Onomastico Viene festeggiata il 5 febbraio in ricordo di Sant’Alice di La Cambre, morta nel 1250.
Caratteristiche del nome Proprio come la protagonista del romanzo di Lewis Carrol, chi porta questo nome si ritrova a vivere contrasti paradossali. La persona, infatti, è caratterizzata, allo stesso tempo, da pigrizia e grande attività. Ma anche da presenza e assenza, da verità e bugia. Alice mette grande determinazione in tutto quello che decide di fare. Tuttavia, lo fa alla sua maniera: con un pizzico di stravaganza e vivacità. È una persona intelligente e molto tenera, ricca di fascino ed esuberanza che la mettono spesso al centro dell’attenzione. Origine: greca Parola chiave: determinazione Corrispettivo maschile: Alicio Varianti femminili: Ali, Alicia, Aly Numero portafortuna: 3 Colore: Giallo Pietra Simbolo: Berillo Metallo: Rame Onomastico: 5 febbraio Segno zodiacale: Gemelli
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ANIME NEL VENTO
RAGGIO DI SOLE
IN RICORDO DEL SIGNOR CARLO PERINI DI CASALMORO. UNA CALDA VICINANZA AI FAMIGLIARI, IN PARTICOLAR MODO ALLA MOGLIE BRUNA. Giunge sempre improvvisa la morte ponendoci in interrogazione, in solitudine. Fede insegna ad aver fede consapevoli che il presente è solo un passaggio oltre attende, fra spire dorate luce che non tramonta pace che non si consuma. Nel mezzo, di ore solitarie ricordi affollano la mente nostalgie mute, frammenti di vita
avvolgono, come tenera carezza. Sole tramonta, ultimi raggi di sole s’acquietano, dietro crocchi di pensieri alla rovescia. Fra polpastrelli tesi scivolano istanti memorie vanno arricchendo pagine di un libro chiamato vita. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
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ED È POESIA
“IN-NATURALE” Non è strano preferire l’estati piovose, non è diverso cercare di rendere il mio corpo negro di corteccia, mi sento persa in questo spiazzo dove è più fruttifero qualsiasi albero morto piuttosto che vivo. Penso e ripenso, non è pessimismo, più semplicemente la mia realtà sia pessima; concludendo realizzo: la decomposizione in natura rende fertile qualsiasi terreno. Giulia Altieri
“ORA PRIMA” Prima l’ora, primizia per ricordare, riannodare, tempo e spazio. Solerte l’invito alla parola si fa silenzio, profondo, immoto. Frastuono di colori, irrompe gradazioni di grigio, vestono il mattino bianca lanugine, veste il tutto con deliziosa generosità. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
Dedica a...
NONNO GIOVANNI
A ottanta anni sei arrivato sei proprio un signore fortunato grazie a tua moglie che ti ha sopportato. Molto lavoro hai fatto con le tue api il miele è assicurato con le galline le uova assicurate e con le nostre irrigazioni divertimento assicurato. Con Pallina hai giocato e saltato e l’altalena in alto attaccato... Tante cose mi hai insegnato e tante cose mi aspettano ancora da imparare... molte altre avventure ti aspettano... fatti su le maniche che tanto lavoro ancora devi fare.... anche se un traguardo hai raggiunto l’importante è stare insieme e avere tanto coraggio per affrontare gli ostacoli”
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GUSTO A TAVOLA
GNOCCHI DI ZUCCA AL POMODORO E CACIOCAVALLO
Ingredienti per 5-6 persone Per gli gnocchi: mezza zucca mantovana 2 patate Farina 00 qb 1 uovo Sale e pepe
Per il sugo: 1 scatola di polpa di pomodoro 1 scalogno 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 4 fette di prosciutto crudo Abbondante caciocavallo grattugiato Sale Preparazione ricetta Pulire la zucca ricavarne la polpa, avvolgerla in carta alluminio e cuocerla in forno per circa 30 minuti. Cuocere in acqua salata le patate. Raffreddare le verdure cotte, schiacciarle con lo schiacciapatate, e raccoglierle in una terrina. Aggiungere sale e pepe, un uovo intero ed aggiungere farina quanto basta per ottenere un impasto elastico ma non appiccicoso.
Spolverare di farina la spianatoia e lavorare l’impasto ben mescolato ricavandone tanti cilindri. Procedere alla cottura del sugo soffriggendo lo scalogno sottilissimo e il crudo spezzettato, pomodoro e concentrato, aggiustare di sale, cuocere per circa 10 minuti. Portare a bollore acqua salata, tagliare i cilindri di zucca schiacciandoli con la forchetta per dare forma al gnocco, cuocere per qualche minuto, quando verranno a galla tuffarli nel sugo. Servire con abbonante formaggio grattugiato Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna certificato ANAMMI n. N946
Sede operativa: ALMENNO SAN BARTOLOMEO (BG) - Via Strada della Regina,1 Cell. 347 90 98 361 - michela.scavo@gmail.com 12
PROGRAMMA DI MARZO 2022
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Martedì 8 - 15 - 22 - 29 AL MATTINO COLAZIONE BENESSERE Venerdì 11
Sabato 12
Lunedì 14
KARAOKE CON DJ ALBERT
DISCOTECA: SERATA HOUSE MITICO DJ MARCO FRATTY
PRESENTAZIONE “COMETA” BENESSERE MATERASSI CON CENA OFFERTA AI PRESENTI
Sabato 19
Venerdì 25
Sabato 26
SERATA GASTRONOMIA PORCHETTA SUPER A SEGUIRE DJ ALBERT
KARAOKE CON DJ ALBERT
MUSICA DAL VIVO CON I BEET GENERATION ANNI 80/90
Domenica 27
Giovedì 31
TORNEO TRIATHLON A COPPIE CARAMBOLA, FRECCETTE CALCIO BALILLA
SERATA INFORMATIVA CON LA DOTTORESSA NUTRIZIONISTA STEFANIA (FOGLIE DI ULIVO)
TUTTE LE PARTITE DI SERIE A, CHAMPIONS EUROPA LEAGUE SU SCHERMO TV GIGANTE
RICCHI PREMI AI PRIMI TRE CLASSIFICATI
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Bar il Circolino
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PROFUMO DI LIBRI “Il malessere dei ragazzi è cresciuto sotto un carico di studio gravoso. Problemi di stress, attacchi di panico sempre più diffusi che sfociano in depressioni, episodi di autolesionismo. Tentati suicidi. Ho visto cose brutte negli anni. Soprattutto nelle ragazze”. Nella sua esperienza di professore Devid Rota, 38 anni e originario di Almé, ne ha viste tante, soffrendo con e per i suoi studenti. Per questo, per aiutarli, ha deciso di scrivere ai ragazzi attraverso un libro. “Surviving School – Manuale di sopravvivenza per le superiori” nasce con questo obiettivo: il volumetto, in self publishing con Amazon, è dedicato agli studenti della secondaria di secondo grado (ma non solo) e vuole offrire consigli pratici su come affrontare una vita 14
scolastica sempre più dura. “Ho voluto mettere per iscritto tutti i consigli che ho dato in questi anni ai miei studenti”. Devid, insegnante di lettere attualmente al Pesenti di Bergamo, nella sua carriera ha maturato un rapporto stretto con i suoi allievi. “Ho un approccio molto amichevole, cerco di stabilire un clima familiare e in cui bilanciare i momenti in cui si deve lavorare sodo con quelli in cui si può ridere e scherzare”.
PROFUMO DI LIBRI Il risultato, assicura, è un clima molto più produttivo: “i ragazzi riescono ad approcciarsi alle materie in modo più sereno, a studiare più volentieri. E a farmi anche delle confidenze”. È proprio attraverso il racconto di alcune di queste confessioni che Devid spazia sui temi che più incutono ansia fra i banchi: dalla scelta della scuola alla relazione con i compagni di classe, dall’ossessione per la media matematica dei voti alla preparazione in vista di verifiche ed interrogazioni. Ma al centro delle circa 120 pagine c’è sicuramente il rapporto con i professori. “Ho chiamato il capitolo Animali Fantastici e come conviverci. Sono un po’ cattivello con la mia categoria, molto autocritico. I ragazzi ne hanno timore, alcuni fanno terrorismo”. Ecco allora che il prof. Rota suggerisce come comportarsi. “Innanzitutto spiego ai ragazzi come sono i professori, come prenderli in base ai loro diversi caratteri. E poi a capire che devono destrutturare il docente. Il professore non è il loro capo, devono vederlo come un servitore che sta servendo loro il sapere perché lo facciano proprio. Fa nulla se è simpatico o antipatico, è importante il ruolo, non la persona”. Di fronte a una maggiore fragilità dei ragazzi oggi è altrettanto importante che loro stessi imparino a credere in sé. “Cerco di dirgli che il voto che ricevono non è un giudizio sulla loro persona ma sulla performance che quel giorno hanno portato in classe. Persino i più bravi hanno l’ansia, pensano di non essere mai preparati. Stare sui libri fino alle tre di notte non serve a nulla, devono imparare a conoscersi e a capire quando sono oggettivamente preparati. E ad accettare che come va va”. Il messaggio che Devid cerca di far passare è soprattutto di studiare per sé. “Molti ragazzi si sentono ingabbiati. Io dico loro ‘Fregatevene’.
Fate la vostra scelta liberamente, senza leggerezza, ma inseguendo la felicità”. Tra nomi di fantasia e riferimenti reali, il docente riporta nelle pagine anche le esperienze di suoi ex studenti. “Una mia studentessa ha lasciato il liceo per aprire un panificio. Oggi è la persona più felice del mondo. Quello che voglio far capire ai ragazzi è che un diploma non è tutto, perché le possibilità nella vita sono infinite: è legittimo fare il panettiere come il beccamorto, non esistono mestieri di serie a e di serie b. Difendete la vostra scelta”. La riflessione sul sistema scolastico italiano, parte in causa di quest’ansia diffusa tra i ragazzi, è inevitabile. “La scuola non li sta aiutando, gli chiede in continuazione. I ragazzi nella testa hanno l’idea di dover rendere, rendere, rendere. Ci sono ragazzi pienissimi di problemi, anche familiari. Banalmente, da professore non posso non tenere conto del ragazzo che si è mollato con la fidanzatina”. Per questo si augura di poter contribuire con Surving School: “Ho scritto il libro perché penso possa fargli bene, e perché continuino ad impegnarsi al massimo, a sudare, ma non a sudare sangue, non perdendo la salute psico-fisica”. E a chi pensa di mollare, infonde un messaggio di speranza: “Tanto la vita ti restituirà”. Lorenzo Catania Fonte: Bergamo News
Il libro è acquistabile su Amazon. Per chi vuole, su Instagram (basta cercare “Devid Rota” o il mio nickname “davejamesrota”) spesso parlo del libro e di temi legati alla scuola (ma non solo: parlo anche di cinema, attualità) e tengo conferenze/ lezioni gratuite di filosofia e letteratura. Devid Rota 15
ITINERARI
Le cascate di Cittiglio Valcuvia (Varese) Siamo a Cittiglio, Valcuvia, in provincia di Varese. Buona possibilità di parcheggio gratuito nei pressi dell’inizio del sentiero. Come arrivare al parco delle cascate: percorrendo la provinciale che collega Laveno Mombello e Cittiglio (provenendo da Laveno Mombello) bisogna svoltare a sinistra subito dopo il ristorante Cristallo, percorrere fino alla fine via Roma ed infine girare a sinistra, fino ad incontrare un parcheggio dove si può lasciare l’auto. Lasciata l’auto nell’ampio parcheggio bisogna passare il ponte sul torrente (a destra si può visitare l’antico lavatoio, recentemente restaurato) fino ad incontrare i cartelli con le indicazioni per le cascate (si deve percorrere via Pianella). Per alcune centinaia di metri si segue la strada asfaltata fino al vero e proprio ingresso del parco (con sbarra e cartello didattico). In pochi minuti si arriva all’area attrezzata su strada sterrata. Dopo Laveno e poco distante dal lago Maggiore, si estende una valle incontaminata con un bosco fitto che protegge le famose Cascate di Cittiglio, un’oasi dalla bellezza selvaggia da assaporare di passo in passo. La difficoltà nel raggiungere le tre 16
cascate dipende dalla folta vegetazione con pini e castagni che nascondono queste acque, oggi tra le più limpide del territorio. Le cascate nascono dal torrente San Giulio e sono unite tra loro mediante dei percorsi molto suggestivi da fare con estrema cautela e con l’abbigliamento adatto. Se la prima cascata, infatti, si può raggiungere mediante un agile sentiero, ideale da percorrere anche per i più piccoli, per le altre due cascate il sentiero lascia spazio ai boschi con un percorso più ripido fra gli alberi. Un’area pic nic, allestita nei pressi della prima cascata, è perfetta per permettere un po’ di riposo e di ristoro dopo l’escursione ed è il punto di partenza per coloro che, appassionati di natura ed abili escursionisti, vogliono addentrarsi nel fitto bosco. Su queste terre e su queste tre cascate esiste anche una leggenda, un racconto che da tempo immemore si tramanda di padre in figlio. Questo territorio, infatti, era ambito dalle legioni romane che volevano impossessarsene per poter attaccare il nemico sul fronte straniero. Le popolazioni del luogo, però, per difenderlo, cercarono di deviare il corso del torrente così da rendere il
ITINERARI territorio troppo pericoloso. Un condottiero, Guidon, chiese aiuto al resto del villaggio per creare una diga in legno che fu realizzata in pochissimo tempo. All’arrivo dei romani, poi, la diga doveva essere aperta ma un giovane di nome Cardan, accompagnato dal suo cane, cadde e si ruppe una gamba. Il fedele amico a 4 zampe, intuendo il grande pericolo, abbaiò così da permettere alla popolazione di aprire la diga e salvare il territorio. Tra leggenda e realtà, le tre cascate di Cittiglio sono un perfetto connubio tra lavoro dell’uomo e bellezza naturale e rappresentano un’attrattiva unica nel territorio dei laghi, tanto da essere considerati uno degli spettacoli naturali più belli da vedere nella regione. Le cascate di Cittiglio sono tre: il sentiero per raggiungere la prima è stato recentemente messo in sicurezza ed è percorribile da tutti, quello per le altre due è consigliato ad escursionisti con espe-
rienza. Il tratto per la seconda non è segnalato ma abbastanza evidente; Il sentiero per la terza oltre ad essere non segnalato e meno evidente è più difficoltoso a causa di numerose piante cadute.
Aggiornamento cascate di Cittiglio inverno/primavera 2020: Sono stati avviati i lavori per la sistemazione e messa in sicurezza dei percorsi per raggiungere le prime due cascate. Si prevede la riapertura nel periodo estivo in attesa dei finanziamenti per il recupero del terzo tratto, il più mal messo che porta all’ultima cascata. Per questo motivo il percorso è chiuso al pubblico.
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SPECIALE
BAU HOUSE: ASILO PER CANI
Sempre più persone e famiglie decidono di adottare un cane e sempre più spesso esso viene considerato un membro della famiglia a tutti gli effetti, ma per quanto gli si possa volere bene e si cerchi di soddisfare tutti i suoi bisogni, ci possono essere giorni in cui non se ne ha la possibilità. Coccole e affetto non mancano mai ma a volte trovare il tempo e lo spazio per farlo giocare e passeggiare non è facile: impegni di lavoro, appuntamenti, a volte si vorrebbe fare una gita o vedere posti dove il cane non può accompagnarci, e così si deve rinunciare, rimandare o lasciare il cane a casa da solo. Ecco allora che si può contare sull’asilo per cani! Bau House si trova a Petosino, poco lontano dal centro città in una zona verde e tranquilla e funziona proprio come un asilo: la giornata è divisa in momenti di gioco, pappa, passeggiate e riposo. Il cane viene prima valutato in base alle sue caratteristiche e al suo carattere e durante
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la sua permanenza si tiene conto di ciò in modo che passi la giornata in serenità. Potrà socializzare con altri cani compatibili secondo la sua taglia, età e carattere negli ampi spazi della struttura. Il centro si divide in un’ampia area verde di circa 5.000 mq sicura e ombreggiata, tranquilla e distante dalle strade, e di un locale interno attrezzato con cucce e cuscini con cortile annesso. Si può lasciare il proprio cagnolino qualche ora, per sbrigare le proprie faccende e intanto tenerlo occupato, o tutta la giornata per essere sicuri che non stia a casa solo troppe ore. Si possono ricevere foto e video dei più bei momenti della giornata del nostro amico a 4 zampe e se lo si desidera si può usufruire del servizio di toelettatura, così da ritirarlo felice, pulito e abbastanza stanco per passare una bella serata di coccole sul divano!! Bauhouse
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NON LASCIARLO A CASA DA SOLO! PORTALO ALL’ASILO!!!
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PENSIERI E PAROLE
NUVOLA Avevo compiuto 9 anni da pochi giorni, quando una mattina di settembre si presentò in cascina nostro cugino Erminio, di professione pastore, teneva in braccio una minuscola bellissima pecorella, ci disse che era finita sotto un’auto, infatti una zampetta anteriore era steccata. Erminio aveva usato un paio di asticelle delle cassette della frutta sapientemente strette attorno alla zampetta ferita con del nastro adesivo, lo scopo, perfettamente riuscito, era quello di tenere immobile l’arto fino a guarigione. Si rivolse direttamente a me dicendomi: “Giordano, questa pecorella ha 10 giorni d’età, così ferita non riesce a tenere il passo del gruppo, dovrei tenerla chiusa in stalla ed allattarla col biberon, ho più di 200 animali da portar fuori a pascolare e di cui occuparmi, per me è una perdita di tempo, e così mi sei venuto in mente te, se mi dici che ti occupi di lei, io te la regalo con il cuore”. Stavo per urlare un gigantesco siiiiii! Ma mio padre mi si mise davanti e con voce forte ed ammonitrice mi disse: “Pensaci molto bene prima di rispondere, un animale non è un giocattolo, gli devi dedicare tutto il tuo amore. Inoltre, ricordati una cosa importantissima: quando questa pecora avrà raggiunto il massimo del suo sviluppo, la metteremo in freezer, pensi di essere in grado di sopportarlo?”. Le parole di mio padre frenarono il mio entusiasmo facendomi riflettere, ma la pecorella mi guardava con degli occhi talmente imploranti che io allungai le mani per poter stringermela al petto e gridai un deciso sì. Era bianca, soffice, morbida, stupenda, il nome venne spontaneo: Nuvola! In un angolo del portico gli costruii un recinto utilizzando delle piccole balle di paglia rettangolari che c’erano una volta, in seguito, andai in farmacia a prendere tutto l’occorrente per la poppata (biberon e tettarelle), poi feci scaldare del latte (avendo un allevamento di vacche, quello non mi è mai manca20
to) ed iniziai a darle da mangiare; aveva un appetito eccezionale, in pochi minuti si trincò tutto il biberon. Poco più di un mese dopo, gli tolsi la steccatura, la zampetta era guarita perfettamente e Nuvola camminava benissimo; tutti i pomeriggi finiti i compiti andavamo a fare una scampagnata, quasi sempre assieme a Massimo, un bambino (mio amico), che abitava in una cascina poco più avanti la mia. L’affetto per quella splendida pecorella aumentava sempre di più, ogni volta che tornavo da scuola andavo a salutarla e lei mi rispondeva, si metteva con le zampe anteriori sulle balle di paglia e belava, sembrava dicesse: ”Andiamo a fare un giro?”. Ogni tema libero era sempre dedicato a Nuvola, tant’è che il maestro Paolo (insegnante molto rigido quanto bravo), mi disse: “Giordano, da quanto leggo, hai un amore nei confronti di questa pecorella a dir poco immenso, ma qual’è il destino di questo animale? Ti ha detto qualcosa tuo padre?”. “Si, Signor maestro, mi ha detto che quando sarà grassa al punto giusto finirà in freezer”. - “E’ questo il punto che volevo toccare, ti affezioni sempre di più ad un animale che ha il destino già segnato, come ci rimarrai quando Nuvola verrà macellata? E ti prego, non mi considerare cattivo per quanto ti ho detto”. Avevo inteso benissimo quel che il maestro mi voleva spiegare, mia mamma mi ripeteva spesso che mi stavo affezionando in modo spropositato, che poi ci
PENSIERI E PAROLE sarei rimasto male; ma come si fa a misurare l’amore? Esistono recinti che possono trattenere l’affetto? Si ama e basta, non si pensa al dopo. Io e Nuvola eravamo amici inseparabili, correvamo per i campi, gli parlavo dei miei problemi adolescenziali e lei mi ascoltava sempre con attenzione, a volte rispondeva belando, come a dire “ho capito”, cercava moltissimo le mie carezze, strofinando il muso contro le mie gambe, io e lei eravamo entrati in perfetta simbiosi. Nostro cugino Erminio prima dell’estate veniva a tosarla per evitare che morisse dal caldo, quando la vedeva diceva sempre che era una pecora stupenda, era cresciuta a dismisura. Effettivamente il mangime dei vitelli, l’ottimo fieno e l’erbetta che brucava quotidianamente avevano contribuito a farla sviluppare in modo straordinario. Passarono 3 anni da quando Nuvola entrò a far parte della mia vita, mio padre aveva rimandato molte volte il giorno della sua macellazione, sapeva che mi avrebbe dato un dolore immenso, una sera però mi prese in disparte e mi disse: ”Giordano, so bene l’affetto che provi per la tua pecorella, io sono stato molto chiaro fin dall’inizio: un giorno sarebbe finita in freezer e quel giorno è arrivato, domattina Nuvola verrà macellata, ti prego non me ne volere”. Quelle parole mi rimbombarono in testa tutta la notte, mia mamma al mattino seguente cercò di consolarmi in qualche modo ma niente di quanto mi diceva riusciva a darmi pace; prima che arrivasse il pulmino della scuola andai a salutare Nuvola, ma quando mi avvicinai al suo recinto, il cuore cominciò a battere come un tamburo, pensavo mi scoppiasse, non sono riuscito ad accarezzarla, mi sentivo un Giuda. Arrivato a scuola (frequentavo la seconda media), la straordinaria e stimatissima professoressa di lettere, Olga Putzu, si accorse subito che avevo qualcosa che non quadrava, e mi chiese: ”Giordano, in quale pianeta sei? Sicuramente non qua con noi!”. Le spiegai ogni cosa e lei: “Perché sei venuto a scuola? Dovevi stare a casa a difendere a spada tratta la tua amica Nuvola, me ne hai parlato talmente tante volte nei tuoi temi che è diventata anche amica mia,
non riesco a comprendere il tuo comportamento passivo!”. “Professoressa, mio padre è stato molto chiaro fin dall’inizio ed io ho accettato le sue condizioni”. - “Accordo o non accordo, se io fossi stata in te, non avrei permesso a nessuno di toccare una mia amica!”. Quelle parole mi sono sempre rimaste in testa, allora avevo dodici anni, non ho avuto la maturità e soprattutto il coraggio di oppormi ad una decisione di mio padre (che io ho sempre adorato). Quando tornai a casa, sotto il portico, appesa ad asciugare ad un fil di ferro, c’era la pelliccia di Nuvola (il dolore che ho provato in quel momento, non riesco nemmeno a spiegarlo), allungai una mano per accarezzare il suo morbido pelo, mio padre si avvicinò: “Ho detto al macellaio di conservare la pelliccia, così parte di lei rimane ancora con te, spero di aver fatto una cosa giusta”. - “Senti papà, forse la cosa più giusta, sarebbe stata quella di non macellarla, comunque, sappi che non ce l’ho con te, perché se la pelle di Nuvola adesso è li ad asciugare, la colpa è soprattutto mia, non ho difeso un essere a cui ero molto legato e che mi voleva bene”. Ho sempre tenuto la pelliccia della mia cara pecorella, nella mia camera da letto (fino a quando mi sono sposato), mi sdraiavo su di lei, sulla sua soffice lana, le parlavo, la tenevo aggiornata su quanto mi accadeva lungo il giorno, dividevo con lei i miei stati d’animo e se ero particolarmente triste, chiudevo gli occhi ed assieme correvamo ancora a perdifiato per i campi, lontano da tutti e da tutto. Giordano
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RIDIAMOCI SOPRA Un vecchio prete di un paesino del veneto insegna alle sue parrocchiane a dire in confessione “Sono caduta” invece del più volgare “Ho tradito”. Col tempo le donne, un po’ bigotte, imparano a esprimersi in questo modo per cui quando vanno a confessarsi si esprimono così: “Padre, mi perdoni perché questa settimana sono caduta tre volte” (oppure due volte o una volta, ecc). Per anni le cose filano lisce finché un giorno il vecchio prete muore e viene sostituito da un giovane pretino che non sa dell’usanza del paese. Rimane quindi colpito dal fatto che molte parrocchiane si presentano per la confessione dicendo: “Sono caduta due volte” (o tre volte, ecc), però attribuisce il fatto alla cattiva condizione delle strade del paesino. Passano le settimane, ma le confessioni sono sempre le stesse. Un giorno il pretino decide di andare a protestare dal sindaco: “Signor Sindaco, da quando sono giunto in questo paese non vedo altro che parrocchiani che si lamentano di essere caduti, chi una volta, chi due, chi tre e chi più volte. È ora di porvi rimedio!”. Il Sindaco capisce subito l’equivoco in cui è caduto il prete e quindi lo tranquillizza subito: “Ma no, signor parroco, non si preoccupi!”. E il prete: “Ma non è vero che non ci sia da preoccuparsi! Anche sua moglie questa settimana è caduta due volte!”. Dice la maestra ai bambini: “Chi saprebbe mettermi un buco dentro un altro buco?”. Allora Anna alza la mano: “Maestra, io so come si fa”. “Allora dimmi”. Anna unisce i due indici e i due pollici della mano creando un anello che va a porre intorno alla bocca. “Ecco, maestra, un buco in un altro buco”. “Brava Anna. Chi sa come si può mettere tre buchi in un buco?”. Anna alza la mano di nuovo: “Maestra, io so come si fa”. “Allora dicci”. Fa di nuovo la stessa mossa solo che questa volta il buco circonda non solo la bocca 22
ma anche le narici. “Bravissima, Anna. Adesso chi sa mettere cinque buchi in un buco?”. Anna alza la mano e la maestra le dà ancora una volta la parola. Allora ripete la stessa mossa e questa volta il buco circonda la bocca, le narici e gli occhi. “Bravissima, Anna”. A questo punto Paolo scocciato alza la mano e dice: “Maestra, come possiamo mettere nove buchi in un buco?”. Nessuno sa rispondere, nemmeno Anna. E la maestra: “Non lo so, Paolo, diccelo tu”. “Prendiamo un flauto e lo infiliamo nel sedere di Anna”. Inserzione su un giornale locale americano: “Vendesi cane: mangia di tutto e ha un debole per i bambini”.
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JAGUAR XK, L’INIZIO DELLA NUOVA ERA Correva l’anno 1996 ed in casa Jaguar stava per vedere la luce un nuovo modello, che avrebbe stravolto regole e stilemi del leggendario marchio inglese. La super coupe XK era una vettura di forte rottura con il passato, anzitutto sarebbero stati abbandonati i tradizionali propulsori a 6 o 12 cilindri a V in virtù del nuovissimo V8 in alluminio. Questo motore con una potenza inizialmente di 284 ciare al lusso, prestazioni e perchè no, agli sguardi CV, era lontano dalla tradizione dell’iconico marchio ammirati dei passanti. Nel 1997 debuttò anche la inglese. Ciò nonostante risultò affidabile e potente, variante spider, anche qui una regina di bellezza e abbinato ad un cambio solo ed esclusivamente au- classe. Uscì dai listini nel 2006, nonostante fosse a tomatico, che a mio avviso ben si intonava all’anima mio avviso ancora attualissima. da GT veloce a quattro posti della XK8. La trazione Gli interni erano opulenti e lussuosi, senza rinunciaera posteriore, cosi come si addice ad una vettura re alla sportività, con tre strumenti centrali che docoupe e sportiva. Se le meccanica era lontana dalla minano la scena. Oggi è ancora più affascinante di tradizione Jaguar, la linea a mio avviso bellissima, allora, già ricercata dai collezionisti e sempre bella richiamava molto nel frontale la leggendaria E type. da ammirare. Passano gli anni i gusti cambiano, ma Muso lungo, affusolato con il frontale che richia- la classe e l’eleganza no, quelli sono eterni. mava fortemente quello che è forse il modello più Antonio Gelmini iconico della casa di Coventry. Per curiosità o valutazione su vetture Al motore aspirato, si aggiunse nel 1998 la versione di interesse storico inviare una mail a: sovralimentata denominata XKR capace di 364 CV meccanicagelmini@gmail.com di potenza nella prima serie sufficienti per spingere la vettura sino ad oltre 280 km/h, accelerazione bruciante, lo 0-100 è chiuso in circa cinque secondi. Ciò nonostante non è un auto da track day o da “cordoli”, non è stata concepita per questi usi. E’ un’ottima e bellissima GT sportiva 2+2, ottima anche per chi ha un paio • PORTALE • PISTE CON • PORTALI • CERA ANTIGRAFFIO SPAZZOLE IN NANOTECNOLOGICA di bimbi da scar- SENZA SPAZZOLE UNICO A BERGAMO CRINE DI CAVALLO AUTOLUCIDANTI A CALDO rozzare la domenica, senza rinun- ALMENNO SAN BARTOLOMEO (BG) - Via Cascina Zanchi (Zona C.Com.) - pinguinoverde@virgilio.it
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PENSIERI E PAROLE
LUI HA DECISO DI BERE ED IO ADESSO DEVO MORIRE
Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi son ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, così ho bevuto una sprite. Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa è finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava, qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull’asfalto e sento un poliziotto che dice: “il ragazzo che ha provocato l’incidente era ubriaco”. Mamma, la sua voce sembra così lontana... Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: “questa ragazza non ce la farà”. Sono certa che il ragazzo alla guida dell’altra macchina non se lo immaginava neanche, 24
mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo mamma sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a papà di essere forte... Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva... la mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata... Mi piacerebbe poterti abbracciare, mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene... Addio... Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all’incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
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SEGNI NEL TEMPO
L’ECCIDIO (O MASSACRO) DI KINDU L’eccidio di Kindu (o massacro di Kindu) avvenne l’11 o il 12 novembre 1961 a Kindu, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo (al tempo denominata Repubblica del Congo), dove furono trucidati tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo inviato a ristabilire l’ordine nello Stato africano durante la crisi del Congo. I tredici militari italiani formavano gli equipaggi dei due C-119 Lyra 5 e Lupo 33, bimotori da trasporto della 46ª Aerobrigata di stanza a Pisa. Il contesto storico Il Belgio, al momento dell’indipendenza, lasciò il Congo in un completo caos politico e amministrativo. Duraturi odi tribali venivano fomentati da vari attori internazionali, che miravano a controllare le vaste risorse agrarie e minerarie del paese, favorendo la secessione del Katanga, la più ricca provincia del paese, centro d’importanti attività minerarie. Le fazioni in lotta erano tre: quella del presidente Joseph Kasa-Vubu, con le truppe comandate dal generale Mobutu che controllavano le regioni occidentali; quella lumumbista di Antoine Gizenga, con le truppe del generale Lundula sostenute dai sovietici che controllavano le province orientali, e quella katanghese di Moise Ciombe, con i gendarmi sostenuti da mercenari bianchi, soprattutto belgi. La guerra era improvvisamente scoppiata nel luglio 1960, il mese dopo la proclamazione dell’indipendenza, con la secessione del Katanga, seguita dall’uccisione di Patrice Lumumba, l’ex primo ministro che aveva tentato di liberare il paese dalle ingerenze esterne. Mandante dell’omicidio era Moise Ciombe, leader della provincia del Katanga, appoggiato dal presidente della repubblica Joseph Kasa-Vubu e dal capo delle forze armate Joseph-Désiré Mobutu, il quale avrebbe in seguito retto le sorti del paese come dittatore per circa quarant’anni. Una guerra civile tra tre fazioni che provocò dall’a26
gosto 1960 l’intervento dei caschi blu della missione ONUC. L’arrivo a Kindu I due equipaggi italiani operavano da oltre un anno nel Congo, e il 23 novembre 1961 sarebbero dovuti rientrare in Italia. La mattina di sabato 11 novembre 1961 i due aerei decollarono dalla capitale Leopoldville per portare rifornimento alla piccola guarnigione malese dell’ONU, che controllava l’aeroporto poco lontano da Kindu, ai margini della foresta equatoriale. La zona era sconvolta da mesi dal passaggio delle truppe della Repubblica libera del Congo provenienti da Stanleyville e dirette nel Katanga, milizie i cui componenti erano spesso ubriachi, indisciplinati e dediti alle ruberie ai danni della popolazione locale; il 25 settembre precedente era morto Raffaele Soru, un volontario della Corpo militare della Croce Rossa Italiana, rimasto ferito a morte proprio a Kindu nel corso di scontri tra ribelli e soldati. Gli aerei italiani si dovevano fermare a Kindu solo per il tempo di scaricare e, per gli equipaggi, di mangiare qualcosa. I due C-119 comparvero nel cielo della cittadina poco dopo le 14:00, e dopo aver fatto alcuni giri sopra l’abitato atterrarono all’aeroporto controllato dai malesi. Da vari giorni in città vi era un’agitazione maggiore del solito: fra i duemila soldati del regime di Stanleyville di stanza a Kindu si era sparsa la voce che fosse imminente un lancio di paracadutisti mercenari
SEGNI NEL TEMPO al soldo del regime di Ciombe, e da tempo le truppe di Gizenga che operavano nel nord del Katanga, 500 chilometri più a sud di Kindu, erano sottoposte a bombardamenti dagli aerei katanghesi. L’eccidio La vista dei due aerei italiani, scambiati per velivoli katanghesi carichi di paracadutisti, scatenò la reazione incontrollata dei soldati di stanza a Kindu: diverse centinaia di congolesi si recarono in camion all’aeroporto dove in quel momento i tredici uomini degli equipaggi italiani, comandati dal maggiore Parmeggiani, si trovavano alla mensa dell’ONU, una villetta distante un chilometro dalla pista, insieme a una decina di ufficiali del presidio malese. Intorno alle 16:15 i congolesi fecero irruzione nell’edificio, dove italiani e malesi, quasi tutti disarmati, si erano barricati: circa 80 soldati congolesi sopraffecero rapidamente gli occupanti della palazzina e li malmenarono duramente, accanendosi in particolare contro gli italiani scambiati per mercenari belgi al soldo dei katanghesi; il tenente medico Francesco Paolo Remotti tentò di fuggire lanciandosi da una finestra aperta, ma fu rapidamente raggiunto dai congolesi e subito ucciso. Intorno alle 16:30 arrivarono altri 300 miliziani congolesi guidati dal comandante del presidio di Kindu, un certo colonnello Pakassa: il comandante malese, maggiore Maud, tentò inutilmente di convincerlo che gli aviatori erano italiani dell’ONU e alle 16:50 i dodici ita-
liani, costretti a trasportare con loro il corpo di Remotti, furono caricati a forza sui camion e portati in città, per poi essere rinchiusi nella piccola prigione locale. Mentre il maggiore Maud e il suo vice discutevano se fosse meglio trattare il rilascio pacifico degli italiani o tentare un’azione di forza per liberarli, quella notte giunsero all’aeroporto di Kindu da Leopoldville il generale Lundula e alcuni funzionari dell’ONUC: il gruppo cercò di contattare il comando del presidio per avviare un canale di trattative, ma il tentativo fallì e il generale ebbe l’impressione che gli ufficiali congolesi avessero ormai perso del tutto il controllo sui loro uomini. Quella notte, soldati congolesi fecero irruzione nella cella dove erano detenuti i dodici aviatori italiani e li uccisero tutti a colpi di mitra; abbandonati i corpi sul posto, questi furono spostati poche ore dopo dal custode del carcere che, temendone lo scempio, li trasportò con un camion nella foresta fuori città e li seppellì in una fossa comune. I miliziani congolesi accusarono gli italiani di fornire le armi ai secessionisti, e diffusero la notizia secondo la quale questi fossero in volo verso il Katanga e fossero stati ingannati e convinti ad atterrare a Kindu dai responsabili della torre di controllo; l’inviato speciale Alberto Ronchey per “La Stampa” pochi giorni dopo constatò lo stato di non funzionamento della torre di controllo a partire da vari mesi precedenti l’uccisione. Il ritrovamento dei cadaveri Per giorni non si seppe nulla della sorte degli aviatori, e lo stesso comando delle truppe ONU temporeggiò per evitare di scatenare una rappresaglia contro gli italiani, senza sapere che questi erano già stati uccisi. Solo alcune settimane dopo l’eccidio il 27
SEGNI NEL TEMPO con eterna voce, al mondo intero ammoniscono. Fraternità.”
custode del carcere si mise in contatto con i fratelli Arcidiacono, due italiani residenti da tempo a Kindu: questi riuscirono a ricostruire le circostanze dell’eccidio e a contattare le autorità ONU per predisporre il recupero delle salme. Nel febbraio del 1962 quindi un convoglio della Croce Rossa austriaca, scortato da un contingente di caschi blu etiopi e accompagnato da due ufficiali della 46ª Aerobrigata (il tenente colonnello Picone e il maggiore Poggi), rinvenne la fossa comune dove erano stati seppelliti gli italiani nel cimitero di Tokolote, un piccolo villaggio sulle rive del Lualaba ai margini della foresta: i corpi, protetti da una grossa crosta di argilla, erano ancora in buono stato di conservazione e furono facilmente identificati. Trasportati all’aeroporto di Kindu, furono imbarcati su un C-119 italiano e inviati a Leopoldville, da dove rientrarono in Italia a bordo di un C-130 statunitense. Nel gennaio 1962 truppe dell’esercito nazionale congolese di Leopoldville iniziarono un’offensiva contro le posizioni tenute dal governo di Stanleyville, indebolito dal confronto con il Katanga: il 14 gennaio i governativi presero la stessa capitale e fecero prigioniero il primo ministro Gizenga. Sulle porte del sacrario di Pisa è riportata la seguente epigrafe: “Fraternità ha nome questo Tempio che gli italiani hanno edificato alla memoria dei tredici aviatori caduti in una missione di pace, nell’eccidio di Kindu, Congo 1961. Qui per sempre tornati dinnanzi al chiaro cielo d’Italia, 28
Dopo l’eccidio i piloti e gli assistenti di volo uomini dell’Alitalia richiesero che la loro divisa fosse dotata della cravatta nera in luogo della precedente blu, in segno di lutto per i 13 aviatori uccisi. Tuttavia nel giugno del 2015 la dirigenza Alitalia, in un quadro di rinnovamento d’immagine dell’azienda, ha deciso di sostituire la cravatta degli assistenti di volo con una più vivace fantasia regimental, mentre i piloti continuano a indossare la classica cravatta nera d’ordinanza Fonte: Wikipedia
Dedica a...
GRAZIE DI CUORE MONICA
Carissima Monica Vitti, Quanto sono fortunati gli Angeli Che ti hanno accolta lassù, la tua intelligenza, l’inimitabile sottile ironia, avranno portato in quel mondo Celeste, una ventata di allegria. A nome di noi tutti (soprattutto da parte delle donne), Grazie infinite per i tuoi insegnamenti. CIAO Giordano
FASHION AND STYLE BY ROMINA SIRANI
ED È POESIA
Come sempre in forte tendenza per questo inverno 2022 sono gli Siamo ombre di noi stessi. stivali che si dividono tra Tutti in fila come pupazzi. chi ama la femminilità e Nella menzogna di tutti i giorni, chi la comodità. a soffocar nell’incertezze, obbligati ad obbligare. Ritroviamo dalla scorsa Ad odiare ogni ragione. stagione lo stivale alto Tutti schiavi del regime, e percossi dall’uniforme. alla coscia, ossia i flat e E l’infame dietro l‘angolo a coprire ogni commedia. quelli in stile cavallerizza. Tutti a casa, tutti chiusi, a guardar dalla finestra. Vengono proposti i moed il potere agli impostori, a distruggere ogni intento. delli sotto il ginocchio Adesso tocca ogni bambino, stringati, con fibbie gioiello oppure sportivi, con l’intruglio magico a odiare chi rifiuta. tacchi comodi, colorati oppure nel neutro ed eleMa un giorno arriverà tra la rabbia ed il rancore, gante color cammello. a masticare ogni mentire, a servire la verità I tacchi sono alti, oltre ai classici a spillo e a cono, ed alleviare ogni dolore. troviamo quelli grossi con il plateau o zeppa opFare sì che si respiri, tutti in piazza a festeggiare, pure scultorei; le punte sono squadrate, accenin galera ogni impostore. tuate o rotonde. Non mancano gli stivali al ginocLa menzogna è finita chiusa a chiave. chio con il tacco comodo e colorati. E la chiave è scomparsa nell’intento della giustizia. Il modello basso confortevole per camminare è BMG da ritenersi una tendenza senza tempo, arricchito da lacci laterali oppure nel colore bianco. Aderenti come un guanto oppure con gambale largo, il modello cuissard con il tacco alto oppure basso è molto trendy. Particolare anche la versione in pelle effetto used, ossia invecchiata, con suola alta e gambale arricciato. Romina Sirani
“LA VERITÀ”
“VILE TRADITORE”
La realtà si sprigiona davanti agli occhi dell’innocente, colma le lacune di colei che credeva nel vile traditore risvegliando l’inconscio alla cruda verità... Da quell’istante tutto crolla, la mente offuscata dai ricordi cela il dolore trasformandolo in rabbia... sublime è il pensiero di vendetta. Scalvini Roberta 29
ANIME NEL VENTO
LA STORIA DI SARA MARIUCCI Sara nasce a Perugia il 31 dicembre 2002. La sua breve storia s’incentra nell’estate 2006, fra luglio ed agosto, mentre la famiglia Mariucci si trovava in Calabria a Francavilla Marittima, ospitata a casa di Rosa Armentano, sorella della mamma e zia di Sara. Il presunto incontro con la Madonna è riconducibile verso la fine di luglio 2006; Sara raccontò in dettaglio di quell’incontro alla madre la sera del 4 agosto verso le ore 21, dicendole di esser stata in un posto lontano e meraviglioso, a bordo di una nuvoletta ed in compagnia con “Mamma Morena”. La mamma inizialmente non capì. “L’altra tua mamma? Com’è questa Mamma Morena”? “È buonissima”, disse sicura Sara. “Più buona di mamma Anna”? “Sì”. La mamma continuava a non comprendere. “Davvero, sei sicura”? “Sì”, annuì di nuovo la piccola. “E di che colore ha i capelli”? “Blu”. “E gli occhi”? “Castani come i miei”. Allora la mamma fece la domanda che tutte le mamme farebbero, salita dal cuore. “E tu lasceresti mamma Anna per andare con Mamma Morena”? “Sì”, rispose in maniera preoccupante la bimba, con un sorriso a illuminarle il viso. “Dormiamo ora… buonanotte”, racconta di averle sussurrato la donna che non aveva mai sentito parlare della Madonna Morena. La mattina seguente al mare, mentre Sara giocava sulla spiaggia, nominò nuovamente “Mamma Morena” verso sua madre. Subito dopo, mentre la famiglia stava ristorando presso il bar del lido, la bambina si allontanò verso le motociclettine per bambini poste su di una pedana metallica: improvvisamente si verificò un cortocircuito mentre Sara si trovava sulla piattaforma; inutili furono i tentativi di rianimare la bambina che morì per folgorazione. I funerali si svolsero il 7 agosto presso la chiesa di San Martino in Colle, dopodiché 30
la piccola bara bianca venne tumulata nel cimitero poco distante. Tempo dopo, venne realizzata una piccola cappella all’interno della chiesa di San Martino in Colle, dove venne inumata la piccola Sara. Il giorno seguente, l’8 agosto, papà Michele fece alcune ricerche su internet sul nome Morena, trovando in Bolivia presso Copacabana, un santuario dedicato alla Madonna Morena, che si festeggia esattamente il 5 agosto, giorno in cui la piccola perse tragicamente la vita. Diverse sono le persone che in questi ultimi anni hanno sostenuto, dopo essere state in pellegrinaggio sulla tomba di Sara ed a rendere omaggio alla statua che riproduce Madonna Morena, di aver ricevuto guarigioni miracolose. Tra queste, una donna che aveva un cancro al
ANIME NEL VENTO
midollo spinale e doveva operarsi e sottoporsi Sono rimasta molto impressionata dalla storia a un’intervento rischioso per la propria vita. di Sara Mariucci e mi sono permessa di dediSi recò a pregare sulla tomba della piccola carle un breve, modesto componimento. Sara, a San Martino in colle e il giorno seguenDolce sorriso te, dalla risonanza dell’ospedale, il tumore era e occhi colmi di sole completamente sparito, da solo. cascata di scintille Un altro fatto prodigioso accadde a un sacerluci di amore, dote proveniente dal Congo, ricoverato in condalla giostra in alto dizioni gravissime all’ospedale “Silvestrini” di sei volata Perugia. Il religioso tenne con sé un’immagine attratta dall’infinito della piccola Sara, mettendola sotto il cuscino. piccola, affabile bambina Da quel momento la sua condizione migliorò in adesso sei sfavillante stellina. maniera del tutto inattesa. Un anno dopo, accade un altro fatto strano: un fotoreporter mi“Girasoli” lanese chiede di poter fotografare la mamma Capelli dorati oscillano di Sara nella chiesa dei San Martino in Colle sotto le tenue dita del vento, dove si era svolto il funerale con il santino della e non raggiungono lido, figlia in mano. Resta incredulo quando vede la si perde nel firmamento foto: “Tutte le immagini erano in positivo, tranil loro movimento ondeggiante, ne Sara che era in negativo”. amo i girasoli è non perché guardano verso il sole, tanti bevono con sguardo luminosità Pasticceria - Gelateria - Caffetteria è rimangono nel buio, nel oscurità e loro stranamente riescono a rammentare Produzione Propria per forma e colore il sole. Ampio Parcheggio Mare di luce spuntato da umili germogli, Orari Apertura amo i girasoli 06.30-20.00 e le persone che assomigliano Chiuso il lunedì al sole. Via A. Stoppani,5 - PONTEGIURINO Darina Naumova (Berbenno - Bg) - Tel.035.86.35.19
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PIANETA
di Sandy Ambrosio
IL CARNEVALE Eccoci qua, felice di RITROVARVI tutti, giovanissimi della nostra rubrica PIANETA JUNIOR. L’anno nuovo oramai ha intrapreso il suo cammino, lasciate da un bel po’, le feste natalizie, ecco ormai alle porte il Carnevale per la gioia di grandi e piccini, certamente per i più piccolini è un momento di ludica armonia. In primis si sta a casa due giorni da scuola. Ci si organizza con amici e parenti a festeggiare per le vie dei paesi o città, ci si abbandona ad un sano godimento di leggera spensieratezza. Ma quali sono le origini di questa bizzarra alquanto chiassosa festa? In tutto il mondo viene festeggiata, in alcuni posti in modo particolare e duratura. Si dice, secondo una credenza comune, che si tratta di una ricorrenza Cristiana che precede l’inizio della Quaresima, ossia 40 giorni prima della Santa Pasqua. Il termine Carnevale non a caso deriva dal latino “Carnem Levan” che letteralmente significa “Togliere la carne”. Infatti si dice che, durante tutto questo periodo le persone di religione Cristiana, si astenevano nel consumare piatti a base di carne. I primi festeggiamenti del Carnevale risalirebbero all’VIII secolo quando venivano organizzati dei banchetti con cibi e bevande prima del digiuno quaresimale. Durante il suddetto periodo, veniva sovvertito l’ordine sociale e si nascondeva la propria identità, mettendo sul viso una maschera ed un vestito diverso dalle proprie origini. Canti e balli accompagnavano per giorni la ricorrenza. Ma nonostante questa festa è nata nel periodo quaresimale, è considerata una festa pagana. Oggigiorno l’utilizzo di un travestimento in questo periodo, e soprattutto, portare una maschera sul proprio volto, da l’importanza di immedesimarsi 34
in qualcun altro, nascondere la propria identità, e vuol dire anche, prendersi una pausa da sè stessi e concedersi una divagazione, rispetto alla vita quotidiana. In Italia, sono tantissime le città che danno elogio e lustro al Carnevale, una città che dedica energia, tempo, bellezza, è senza dubbio la nostra meravigliosa città di Venezia. I costumi elegantissimi e curati con maestria da grandi sarti, la città vestita a festa per l’occasione, la leggerezza che in questo particolare periodo si sposa con la gioiosa atmosfera, rendono la città di Venezia, famosa in tutto il mondo.
Ma tra le tantissime maschere di Carnevale, i più piccini, ne prediligono alcune diventate stra famose e credo che non ci sia bambino o bambina che, una volta nella vita,
PIANETA
non l’ha indossata: Arlecchino, Pulcinella, Colombina e Balanzone, sono assolutamente del Carnevale, le maschere più vissute. Ma questa festa così pacchiana e rumorosa, non ha solo maschere, ad essa si associano anche “le chiacchiere e le bugie“ sia letteralmente parlando, che dando lo stesso nome a dei dolci buonissimi che in tantissime case vengono preparati da nonne e bambini.
di Sandy Ambrosio
2. Una volta che l’impasto sarà omogeneo e liscio, spolverarlo con della farina e lasciarlo riposare per 15 minuti. 3. Stendere l’impasto con un mattarello piccolo ad un’altezza di 3 mm e dalla pasta ritagliare delle strisce lunghe quanto la lunghezza dell’impasto steso. Successivamente verranno ritagliate ancora a metà nel caso in cui siano eccessivamente lunghe. 4. Scaldare l’olio per frittura e, una volta caldo, immergere le singole striscie di pasta. 5. Farle rosolare, scolarle su carta assorbente per eliminare l’olio quindi, una volta tiepide, cospargere con zucchero a velo. È per chiudere in bellezza, un inno al Carnevale, la festa più colorata e pasticciona dell’anno, con una mia poesia️.
Vi voglio deliziare con una ricetta facilissima che ognuno può fare con i nostri JUNIOR bambini/e e ragazzi/e. INGREDIENTI • 200 g di farina • 2 uova • zucchero a velo • 50 g di burro a temperatura ambiente • 100 g di zucchero • 1 limone • 1 bustina di lievito per dolci • 1 pizzico di sale • 1 litro di olio di semi di girasole • zucchero a velo PREPARAZIONE 1. Preparare la base impastando farina, lievito, uova, zucchero, scorza di limone e un pizzico di sale. Una volta impastato a metà, aggiungere il burro tagliato a dadini e continuare ad impastare.
ARRIVA IL CARNEVALE Arriva il carnevale, è vestito da Arlecchino, con sé porta pure Pulcinella, Balanzone, Colombina e Meneghino. Per le strade fanno feste, ballando a più non posso. Tutto intorno è pieno di coriandoli e palloncini, scherzi, burla per la gioia dei bambini. Per tutti è un giorno assai speciale, tutti insieme si va a festeggiare con l’allegra brigata a gironzolare. Il carnevale è un momento da dover ricordare guai a chi per distrazione si dovesse dimenticare, perché Arlecchino, Balanzone, Colombina, Meneghino e Pulcinella... Sulla testa dei bambini, darebbero una torta ed una ciambella. Sandy Ambrosio 35
PENSIERI E PAROLE
LA CONVIVENZA La convivenza è sempre difficile... qualunque sia il rapporto che lega due persone che condividono uno spazio comune: amore, amicizia, famiglia, studio... e non è difficile solo quando si ha contemporaneamente bisogno dell’unico bagno in casa. E’ da quando sono piccolo che mia madre mi ripete che avrò pace solo in un eremo... un po’ perché sembra sempre che vivo nel mio mondo interiore un po’ perché ha capito che per carattere non sono portato ad avere una vita di relazione semplice. Io ho un bisogno vitale e imprescindibile di vivere con i miei tempi ed i miei spazi. Era ciò che mi mancava (e di cui soffrivo veramente la mancanza) quando vivevo ancora con i miei. Da quando sono andato a vivere da solo ho trovato un equilibrio perfetto in questo senso... e non so se riuscirei ad accettare ora una persona in casa a tempo indeterminato (o 36
supposto tale). Forse dovrei, visto che la prima cosa che ha detto una mia collega quando è entrata in casa mia è stata: “certo che questa casa avrebbe proprio bisogno di una donna!”...ma forse si riferiva ad una domestica. Diciamo che finora quando mi si è prospettato una convivenza ho sempre reagito come il grande Albertone: “E che me metto un’estranea dentro casa?” Ma che fare quando si sente di aver trovato la persona giusta? Può vincere la paura di poter rovinare un rapporto, sulla gioia di svegliarsi e addormentarsi accanto alla persona che si ama? Sulla gioia che può dare averla sempre accanto, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà? Voi cosa ne pensate?!?!? Enrico
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PENSIERI E PAROLE
PRANZO DI FAMIGLIA Premesso, è un’ovvietà, i parenti non si scelgono a differenza degli amici quindi molto spesso, magari, ci troviamo ad avere a che fare con una zia o un cugino davvero insopportabile di cui avremmo fatto volentieri a meno, però non è possibile. E dico questo perché di recente ho avuto modo di scambiare due parole con una signora che conosco di vista e, probabilmente, è stato proprio il fatto che ci si conosca appena a farla partire “a ruota libera”. Mi ha raccontato che sua suocera compirà, a breve, i novanta e che perciò visto la ragguardevole età raggiunta ha deciso di fare un bel pranzo stile “25 dicembre” con la famiglia e di ciò la mia interlocutrice non è per niente contenta. Affermava che in questi momenti l’atmosfera non è sempre serena e rilassata come vorrebbe credere l’anziana e che per tutti i partecipanti è più un supplizio di una gioia il dovervi partecipare, ma come si fa a rifiutare? Praticamente impossibile! Quello che pesa alla mia conoscente, ma penso anche a tutti gli altri, sono i soliti discorsi che si fanno in queste ricorrenze. “Ma tuo figlio si è lasciato con l’ennesima ragazza? Invece il mio il prossimo anno si sposa!” oppure “Ho saputo che tua figlia non va ancora bene a scuola e invece la
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mia tutti sette e otto.” E la lista potrebbe proseguire ancora, ma mi fermo qui! Perciò tocca, per forza, far “buon viso a cattivo gioco” poiché non si vuole essere colui o colei che con una risposta acida, ma lasciatemi anche dire giusta, farebbe accendere la miccia mandando poi di traverso a tutta la compagnia il mangiare. In teoria queste rimpatriate le immaginiamo essere momenti felici e spensierati, invece, in realtà almeno per buona parte di noi con me inclusa, sono il momento in cui s’inizia a punzecchiarsi e a recriminare… E’, anzi sarebbe, un’occasione per ricomporre dei legami ossia quelli famigliari che durante il resto dell’anno si sono allentati e, forse, in queste occasioni si spera che le incomprensioni che si sono accumulate così, quasi per magia, possano
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PENSIERI E PAROLE appianarsi e risolversi. Oppure può anche capitare che appunto dato che ci si vede poco non ci sia poi molto da dire in quei momenti... Non si ha più molto in comune, ammesso e non concesso,che ci sia mai stato qualcosa in comune. Non possiamo credere che avvenga un miracolo. Ci troviamo per festeggiare l’anziana parente che è arrivata ai novanta anni e tutto si sistema fra di noi …… Certo andare d’accordo con parenti, pure acquisiti, è un’impresa ardua però non impossibile. Bisogna però lavorarci e non solo in quel raro momento d’incontro. Si potrebbe iniziare con il fare una telefonata invece di mandare il solito scambio di emoticon su Whatsapp che indubbiamente è più comodo e meno impegnativo rispetto a una chiamata a voce... Certo il messaggio è molto più rapido e non richiede nemmeno, forse, una risposta.
Tuttavia così facendo non si costruiscono i rapporti veri e sinceri che tanto sogniamo poi quando ci si ritrova per festeggiare... La soluzione, per lo meno quella che propongo io, è riattivare e coltivare con costanza e regolarità i rapporti famigliari almeno con qualcuno, poi certo se c’è un parente o più d’uno insopportabile... beh, quelli siamo autorizzati a lasciarli perdere così da non intossicarci la vita, però agli altri sarebbe, forse, il caso di dare una seconda possibilità, non credete anche voi? Comunque per questo pranzo ho consigliato a questa mia conoscente, visto anche l’immediatezza della cosa, di prenderlo con leggerezza mista a un po’ d’ironia e di non arrabbiarsi troppo, o per lo meno di provarci, in modo di contenere, al minimo, il malanimo che sicuramente ne verrà... Monica Palazzi
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Miss New Entry 2022
LE PARTECIPANTI
Le fasi di votazione saranno quattro: si passerà da 26 candidate a 20. Nella seconda fase, ad abbandonare il concorso saranno le 8 che hanno ricevuto meno voti dopo di che, nella terza fase, verranno eliminate altre otto per giungere alla fase finale con quattro finaliste che si giocheranno il titolo con l’ultima votazione dove verrà decretata la Miss New Entry 2022. Per votare bisogna visitare il sito internet www.newentrymagazine.it, scorrere verso il basso e cliccare sulla sezione MISS NEW ENTRY 2022, scorrere le varie candidate e VOTARE la vostra
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L’INTERVISTA
ANNA CARAGLIANO UN FASCINO ACQUA E SAPONE Impiegata amministrativa in un’azienda che si occupa di finanza agevolata, ma anche fotomodella capace di trasformarsi in un concentrato di eleganza e femminilità. Anna Caragliano, 28 anni da Padova, è una di quelle ragazze che colpiscono al primo istante. Non solo per l’aspetto fisico. “Sono un’esplosione di energia, mi piace farmi notare e nella vita di tutti i giorni mi piace non prendermi troppo sul serio. Sul set e al lavoro, cerco di strappare sempre qualche battuta e sorriso” racconta lei che dopo aver rappresentato la squadra di calcio della sua città è stata di recente protagonista di una nuova, esclusiva collaborazione. La sua bellezza, unita alla bravura del fotografo Paolo Stramare e allo scrupoloso lavoro della make-up artist Sara Lamargese, hanno fatto sì che ne uscissero degli scatti raffinati e sublimi. “La collaborazione è nata per integrare un progetto contemporaneo
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e allo stesso tempo floreale – racconta Anna Abbiamo puntato sui colori, sui fiori e sulle emozioni. Ci siamo lasciati guidare dall’istinto”. Ed il risultato è un trionfo di allegria, particolarità, dettagli che conquistano l’occhio. Amo i colori e, in questo periodo così grigio, il nostro messaggio è quello di ripartenza, gioia e vita. In questo progetto il fotografo Paolo Stramare ha diretto il gioco, ha fatto lui a mano la corona di fiori, attaccando in modo scrupoloso rosa per rosa, un lavoro certosino. Sara Lamargese si è ingegnata in un trucco fashion che è un vero e proprio dipinto con colori accesi e complementari. Ne è uscito un autentico capolavoro, sono molto soddisfatta. E devo dire grazie a loro per il risultato ottenuto… Il 2021 ti ha regalato gioie straordinarie, e il 2022 non è da meno…
L’INTERVISTA Stiamo uscendo da un periodo difficile ma non per questo mi do per vinta: nel 2021 ho avuto il piacere di collaborare con due fotografi speciali come Paolo Stramare, ormai mio fotografo di fiducia, e Dario Turco, altro fotografo professionista, con cui abbiamo scattato shooting in contesti suggestivi. Nel 2022 a gennaio sono stata ospite nella trasmissione del lunedì King Fight Queen di Radio Wow con il famoso speaker Stefano Mattara e la presentatrice Jessica Dal Bo’… una bellissima esperienza che rifarei molto volentieri. E poi è arrivata la tv… Infatti nelle scorse settimane ho partecipato alla trasmissione Alè Padova su Telenuovo, intervenendo come madrina e testimonial del Calcio Padova. Abbiamo visto la partita del Padova in diretta ed è stato veramente emozionante poter partecipare da così vicino. Vorrei ringraziare Carlo della Mea, il conduttore, per la fiducia che mi ha dimostrato. Lontana dalle luci dei riflettori, chi è Anna Caragliano? Qualunque cosa mi passi per la testa, tento di trasformarlo in reale, ecco perché ho sempre mille idee e progetti per la testa. Odio le convenzioni e le convinzioni, sono leggera ma non frivola, amo ascoltare e cogliere le sfumature più nascoste di ogni persona. Non sopporto i pregiudizi. Amo socializzare e conoscere perso-
ne nuove. Sono sostanzialmente pigra proprio per questo preferisco non fermarmi mai. Indipendente e decisa, femminista e spirito libero. Amante da sempre del ballo, sono una ex ballerina di danza classica, attualmente però ho una predilezione per i balli latino americani e caraibici. Ho tanti interessi e una curiosità immensa, ogni giorno mi rendo conto di quante cose ancora non so e quante ne vorrei sapere. Mi definisco una persona poliedrica. Cosa ti aspetti dai prossimi mesi? Mi aspettano parecchie collaborazioni che per scaramanzia preferisco non svelare: seguitemi e ne vedrete delle belle! CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/anna.caragliano/ https://www.instagram.com/paolostramare/ https://www.instagram.com/saralamargesemakeup/ 51
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PENSIERI E PAROLE
FAMIGLIA, LUOGO DI PERDONO OMELIA DI PAPA FRANCESCO
Non esiste una famiglia perfetta. Non abbiamo genitori perfetti, non siamo perfetti, non sposiamo una persona perfetta e non abbiamo figli perfetti. Ci lamentiamo gli uni degli altri Ci deludiamo a vicenda. Pertanto, non c’è matrimonio sano o famiglia sana senza l’esercizio del perdono. Il perdono è vitale per la nostra salute emozionale e la sopravvivenza spirituale. Senza perdono la famiglia diventa un’arena di conflitto e una roccaforte di dolore. Senza perdono la famiglia si ammala. Il perdono è l’asepsi dell’anima, la purificazione della mente e il sacco del cuore.
Chi non perdona non ha pace dell’anima né comunione con Dio. Il dolore è un veleno che intossica e uccide. Tenere il dolore nel cuore è un gesto autodistruttivo. È autofagia. Chi non perdona si ammala fisicamente, emozionalmente e spiritualmente. Ed è per questo che la famiglia deve essere luogo di vita e non di morte: Il territorio della cura e non della malattia. Lo scenario del perdono e dell’assenza di colpa. Il perdono porta gioia dove il dolore ha prodotto tristezza; dove il dolore ha causato la malattia. Papa Francesco
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L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Installazione firewall di rete e configurazione network presso Leonardo 3 Museum
Il museo Leonardo 3 è uno dei musei di Milano più affascinanti e per questo uno dei più frequentati. Sono esposte le ricostruzioni in grandezza naturale delle varie macchine inventate da Leonardo. Tra queste la nota “vite aerea”, che erroneamente viene chiamata da tutti “elicottero di Leonardo”: l’aria è trattata come un fluido dove la vite aerea, una volta caricata e rilasciata, girando si alza. Non è fatta per trasportare uomini ma solo sè stessa.
La “vite aerea” si trova in un salone con altre macchine volanti. 56
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Sparsi per il museo ci sono schermi interattivi dove il visitatore, semplicemente utilizzando il touch, può ottenere tutte le informazioni che desidera sull’opera oppure svolgere attività. Da questa prestigiosa istituzione di Milano ci è arrivata la richiesta di intervento su tutta la sua struttura informatica. Siamo quindi felici di illustrare il lavoro svolto, descrivendo i singoli interventi inseriti in questo importante progetto. Seguiranno quindi altre puntate.
Descrizione del lavoro completo La struttura dell’azienda Leonardo 3 si compone di due sedi principali: l’ufficio di progettazione/amministrazione ed il Museo. La necessità del cliente era di collegare i due uffici sotto una rete di comunicazione e permettere un backup continuativo dei dati della sede di progettazione verso il museo tramite Nas e Switch Qnap di ultimissima generazione. Oltre a ciò, era necessaria una copertura wifi, sia cablata che wireless ed ospite, per il Museo e tutti i suoi visitatori.
Firewall
Che cosa è il firewall? In inglese “muro di fuoco”, è letteralmente un muro potente che separa internet mondiale dalla rete interna dell’azienda.Impedisce che la rete informatica interna venga aggredita da qualsiasi agente esterno. Il firewall costituisce dunque una primaria necessità su tutto il lavoro.
Lavoro svolto per implementare il FIREWALL
Configurazione degli apparati firewall La configurazione organizzativa presenta una difficoltà in più rispetto ad altre installazioni effettuate. Infatti, il Museo e gli uffici non sono situati nello stesso stabile, ma sono locati in vie diverse distanti circa 2 km. La richiesta quindi era chiara ed era altrettanto chiaro l’obiettivo: difendere entrambe le reti in modo che comunicassero tra di loro in modo super protetto.
Una delle stanze del Leonardo3 Museum 57
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Lorenzo in fase di installazione nel piano superiore del museo
Prototipo Leonardo da Vinci esposto al museo
È stato implementato un lavoro binario dato che entrambi i firewall, attraverso un software integrato, comunicano in modo sicuro e criptato tramite la rete dati. In questo modo è possibile dalla rete locale dell’ufficio raggiungere i dispositivi di rete fisicamente collocati a 3 km nel museo. La comunicazione è protetta tramite lo standard di sicurezza del firewall e in più gli apparati sono stati impostati per essere raggiunti da remoto tramite dei canali di comunicazione sicuri e cifrati, così da poter raggiungere la rete dell’ufficio o del museo direttamente dalle proprie abitazioni favorendo così, in periodo Covid, lo smartworking.
Installazione dei due dispositivi firewall
Firewall dell’ufficio Nell’ufficio l’installazione del firewall è stata fatta all’interno della rete già esistente dedicata solo ed esclusivamente a questo edificio.
Armadio di rete ufficio Leonardo3 con firewall Nethesis 58
Struttura di rete con firewall in fase di avvio
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Con l’installazione dell’apparato, Lorenzo, Davide il il nostro CEO Stefano hanno riadattato la rete già esistente e predisposto la nuova per ospitare tutti i servizi di rete necessari (backup, wifi, connettività). Ovviamente abbiamo registrato nuovamente tutti i computer collegati in modo da rendere fluida la trasmissione dei dati tra i vari dispositivi. Abbiamo inoltre verificato che la rete del museo fosse raggiungibile.
Firewall del Museo
Nel museo non esisteva una struttura uniformata ma semplicemente una rete piatta di tipo domestico senza nessuna protezione aggiuntiva. Lorenzo, Davide e il nostro CEO Stefano hanno montato da zero il nuovo armadio contenente tutti gli apparati di rete (Nas, switch, access point, i gruppi di continuità o batterie).
Cablaggio mini-armadio di rete in corso
Firewall in fase di configurazione
All’interno di questo armadio abbiamo montato il firewall che ha permesso di suddividere la nuova rete dedicando parte degli accessi agli operatori del museo e creando una linea dedicata ai visitatori. In pratica abbiamo consentito ai visitatori di utilizzare il wi-fi senza che questo interferisse con il traffico dati degli operatori. Gli apparati consentono ai dispositivi di mettere in comunicazione la rete del Museo e la rete degli uffici. I due edifici diventano quindi intercomunicanti per il lavoro di routine. Connessioni cablate firewall e Wi-Fi museo Leonardo3
Lorenzo in fase di configurazione apparati
Controllo connettività dei firewall
Proteggendo due reti diverse comunicanti, la connettività tra i firewall è decisiva: non si devono escludere l’un l’altro ma comunicare fluidamente senza intoppi. Abbiamo quindi creato una connessione cifrata che è in realtà un ponte di comunicazione protetta tra i due apparati, i quali diventano
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L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
protagonisti di un ottimo funzionamento della rete senza disturbi o aggressioni esterne. Il firewall ha una caratteristica interessante che lo rende molto elastico nella sua funzione. Attraverso l’impostazione che abbiamo descritto siamo stati in grado di far passare i processi di backup dei dati dall’ufficio al museo: in pratica l’ufficio ha i file di produzione e il museo mantiene le copie aggiornate dei documenti. Per approfondimenti, richieste e qualsiasi domanda scriveteci all’indirizzo global@hkstyle.tech. Non dimenticatevi di visitare il nostro sito www.hkstyle.tech ed i nostri social Facebook, Instagram e Linkedin: hkstyle.tech, InsideConnection. tech ed OfficinaInformaticaCH. Aperto anche il nuovissimo canale TIKTOK @ mr.stefano.biffi dove ogni giorno postiamo video suggerimenti e lavori dai clienti! Per aggiornamenti in tempo reale abbiamo anche il canale Telegram: HkStyle – News, offerte e molto altro! Vista galleria Vittorio Emanuele da Leonardo3 Museum
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