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New Entry il Giornale della Gente New Entry Magazine
B E R G A M O
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pag.5 Lo sconforto pag.6 Moscardini al su go pag. 8 Il cane Hachikò pag.16 Fiume Strone pag.20 Almenno S. B. pag.38 Stanley Fox pag.53 La prostata
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NEW ENTRY MAGAZINE Quindicinale d’informazione sociale e culturale a distribuzione gratuita
PENSIERI E PAROLE
NON SOLO IL PRESENTE!
Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M.
Anno 28 - N°06 del 23/07/2022 La nostra sede: Brembate di Sopra (Bg) - via Tresolzio,48
Per sopravvivere abbiamo bisogno di strategia, il problema è che è diversa per ognuno di noi, ciascuno decide da solo come salvarsi, è strettamente individuale. Se nel sonno e nella morte ognuno entra da solo non sawww.newentrymagazine.it rebbe così anche con la salvezza? Il cristianesimo è reliNew Entry il giornale della gente gione della comunità, dell’unione con gli altri, ma mantenendo la specificità, irrepetibilità della propria persona. New Entry Boffetti Gianluca I dettagli sono essenziali, quelli che di solito disprezziamo, considerandoli insignificanti. newentrymagazine Invece sono importanti, decisivi. Finalmente abbiamo caNew Entry Television pito di non essere gli uomini onnipotenti, capaci di sottomettere il mondo alla propria volontà, di governare la I NOSTRI CONTATTI natura, di trasformare l’universo. redazione@newentrymagazine.it Adesso è il microcosmo che decide i nostri destini, da lui bergamo@newentrymagazine.it viene il nostro sterminio, forse da lui verrà la nostra salvezbrescia@newentrymagazine.it za. Non dai santuari vuoti, dove entravamo con i soli corpi, Info pubblicità: 347 73 52 863 ma dal calore del santuario interno. La differenza stà nei dettagli, piccoli, invisibili, quasi impercettibili. A volte un piccolo cambiamento contribuisce alla raccolta di giganteschi risultati. Come nella parabola del cieco mendicate. “Un mendicante cieco stava seduto sul marciapiede e nel cappello davanti a lui solo qualche spicciolo. Da li è passato un pubblicitario, si è fermato e ha letto la scritta sul cartone: Sono cieco, aiutatemi! Voltando il cartone ha scritto qualcos’altro. Dopo un’ora è ripassato e ha visto che il cappello era pieno di soldi. Il mendicante, percepita la sua presenza e accortosi di quello che era successo ha chiesto spiegazioni. -Niente di speciale-è stata la risposta. Ho solo scritto in un’altro modo le tue parole. Il cieco non ha mai saputo che dalla parte opposta c’era scritto: “Oggi è primavera ma io non la posso vedere!” Ci auguriamo altre primavere, ci auguriamo occhi con cui le possiamo vedere! Darina Naumova 04
EDITORIALE
LO SCONFORTO E’ inutile nasconderlo: sono periodi difficili, complicati, confusi, oscuri nei quali cerchiamo in qualche maniera di sopravvivere. D’altronde tra il Covid che non molla la presa, le guerre, le violenze inaudite che accadono ogni giorno, trombe d’aria, terremoti e vulcani che si risvegliano, la siccità che si fa sempre più critica, il lavoro sempre più a rischio, gli aumenti esagerati delle bollette del gas e corrente elettrica e la crisi economica si vorrebbe veramente voltare pagina, lasciarsi tutto alle spalle e non avere più questo carico di preoccupazioni. Vorrei che finisse, vorrei tornare a vivere una vita serena, normale. Purtroppo, la realtà è che la soluzione al problema richiederà tempo. Qualche anno, non qualche mese. Sperando che vada bene, e non si aggiungano altri carichi nel frattempo. Oltretutto non abbiamo nemmeno il tempo di abbandonarci allo sconforto, ci tocca prendere coraggio e resistere alla sensazione di sentirsi schiacciati. Ci tocca sondare possibilità, non cedere allo sconforto, non cedere alla nostalgia della quiete e camminare per questo sentiero stretto, a rischio di scivolare ora su un versante ora sull’altro. Un passo alla volta. Ci vuole molta concentrazione, è tempo di serietà. Perché alla fine ciò che fa stare peggio è farsi prendere dalla voglia infantile di sedersi e lamentarsi, imbronciati col mondo intero. Non è un brutto sogno da cui svegliarsi e scoprire che invece va tutto bene. È la realtà da affrontare. Lo sconforto ci porta in terre di impossibilità, di paura, di fantasmi dalle forme sfuggenti e mutevoli. Sono terre che risucchiano una gran quantità di energia, e imprigionano come sabbie mobili. Aiuta avere qualcuno che, concentrato sulla realtà, ci dà una mano per uscire da lì. E aiuta farsi coraggio, armarsi del principio di realtà per allon-
tanare le paure del mondo interiore. Non cedere allo sconforto, a volte, può essere anche un atto di volontà, fatica cosciente di guardare quel che c’è, così com’è. Dopo, si è fuori dalla palude. Si cammina, e ogni passo raccoglie un po’ di forza per il passo successivo. Si cammina, si guarda il paesaggio, ci si accompagna con altri compagni di viaggio. Non sarà sicuramente la felicità, ma la pienezza della vita, sicuramente... Nel bene o nel male bisogna vivere appieno questa vita ricca più che mai di insidie ma, anche se è una frase fatta, piangersi addosso non serve ad altro che peggiorare le cose. E ce lo insegnano anche alcune citazioni ormai divenute famose: Solo chi ha sperimentato la luce e l’oscurità, la guerra e la pace, l’ascesa e la caduta, solo quella persona ha veramente sperimentato la vita. (Stefan Zweig) La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta. (Confucio) Ogni fallimento è un passo verso il successo. (William Whewell) Solo coloro che hanno il coraggio di affrontare grandi insuccessi possono ottenere grandi successi. (Robert Kennedy) Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci. (Jim Morrison) Gianluca Boffetti 05
GUSTO A TAVOLA
MOSCARDINI AL SUGO CON CONTORNO DI COUS COUS
Ingredienti per 4 persone 500 grammi di moscardini 1 bicchiere di salsa di pomodoro 1 acciuga 1 spicchio d’aglio 1 cipollina 1 bicchiere di vino bianco secco 2 cucchiai di olio di oliva prezzemolo tritato sale e peperoncino a piacere 50 grammi di cous cous e acqua salata per bollire 2 cucchiai di burro Preparazione Nell’olio rosolare la cipollina, l’aglio, peperoncino e l’acciuga, aggiungere i moscardini, quando il sughetto comincia ad asciugare versare un bicchiere di vino bianco secco. Aggiungere dopo qualche minuto la salsa di pomodoro e proseguire la cottura (in tutto serviranno circa
20 minuti). Controllare solo a fine cottura se il piatto ha bisogno di sale. Nel frattempo cuocere il cous cous in acqua salata, lasciarlo gonfiare. Mentre si raffredda aggiungere il burro e con la forchetta dividere i chicchi. Oliare degli stampini e presentare il piatto con i moscardini e un tortino di cous cous. UN’IDEA DIVERSA: PER DARE COLORE E INSAPORIRE IL COUS COUS AGGIUNGERE DELLO ZAFFERANO. Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna
PIATTO TERRA O MARE Ingredienti per 4 persone: 3 – 4 fette di pesce spada 200 grammi di funghi misti (ho scelto i surgelati) sale e pepe 2 cucchiai di burro, olio di oliva 2 scalogni, farina, vino bianco
Preparazione ricetta: Rosolare gli scalogni tagliati sottili nell’olio di oliva, aggiungere i funghi scongelati e cuocere per 5 minuti. Nel frattempo tagliare a dadini il pesce spada, infarinarlo e aggiungerlo ai funghi, salare e pepare e rosolare assieme. Quando gli ingredienti saranno ben rosolati sfumare con un bicchiere di vino bianco, e quando il vino sarà 06
evaporato il piatto sarà pronto. Prezzemolo tritato o rucola per decorare il piatto.
Anna - www.cucinacreare.it
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BEST FRIENDS FOREVER
CANI FAMOSI: HACHIKÓ
Hachikò (date, 10 novembre 1923 – Shibuya, 8 marzo 1935) fu un cane di razza Akita, divenuto famoso per la sua grande fedeltà nei confronti del suo padrone, il professor Hidesaburò Ueno, agronomo giapponese. Dopo la morte improvvisa di Ueno, il cane si recò ogni giorno, per quasi dieci anni, ad attenderlo, invano, alla stazione di Shibuya, dove l’uomo prendeva abitualmente il treno per recarsi al lavoro. La vicenda ebbe un enorme riscontro nell’opinione pubblica dell’epoca e ben presto Hachikò divenne, in Giappone, un emblema di affetto e lealtà. Nell’aprile 1934, al fedele animale fu dedicata una statua e, negli anni, la sua storia divenne il soggetto di film e di alcuni libri. Conosciuto anche come Chùken Hachikò, letteralmente cane fedele Hachikò), il suo vero nome era solo Hachi, che in giapponese significa “otto”, numero considerato beneaugurante (il suffisso “kò” è usato come vezzeggiativo). Storia Hachikò nacque ad Odate, nella Prefettura di Akita, il 10 novembre 1923. Era un esemplare maschio di Akita Inu bianco. All’età di due mesi, venne adottato da Hidesaburò Ueno, professore presso il dipartimento agricolo dell’Università Imperiale di Tokyo, che lo portò con sé nella sua abitazione a Shibuya. Il professor Ueno, pendolare per esigenze di lavoro, ogni mattina si dirigeva alla stazione di Shibuya per andare al lavoro prendendo il treno. Il suo fedele cane lo accompagnava sempre e, quando il professore rientrava dalla giornata lavorativa, ritornava alla stazione ad aspettarlo. Il 21 maggio 1925 Ueno morì improvvisamente, stroncato da un ictus mentre era all’università, durante una lezione. Hachikò, come ogni giorno, si presentò alla stazione alle cinque del pomeriggio (orario in cui il suo padrone solitamente arrivava), ma il professor Ueno non si fece ve08
dere. Il cane attese invano il suo arrivo. Ciononostante, tornò alla stazione il giorno seguente e fece così pure nei giorni successivi. Con il passare del tempo, il capostazione di Shibuya e le persone che prendevano quotidianamente il treno iniziarono ad accorgersi di lui e cercarono di accudirlo, offrendogli cibo e riparo. Il ritrovamento del corpo di Hachikò. Con il passare del tempo, tutto il popolo giapponese venne a conoscenza della storia di Hachikò; molte persone cominciarono ad andare a Shibuya solo per vederlo e poterlo accarezzare, mentre attendeva invano il padrone. Nonostante il passare degli anni e il progressivo invecchiamento, il cane continuò comunque a recarsi alla stazione nel momento in cui il suo defunto padrone sarebbe dovuto arrivare. Nell’aprile 1934, venne realizzata, per opera dello scultore Teru Ando, una statua in bronzo con le sue sembianze, posta alla stazione di Shibuya. Un’altra simile venne eretta a Odate, la sua città natale; lo stesso cane fu presente all’inaugurazione. L’8 marzo 1935 Hachikò morì di filariasi, all’età di undici anni, dopo aver atteso ininterrottamente per quasi dieci anni il ritorno del suo padrone. Ritrovato in una strada di Shibuya, la sua morte impietosì la comunità nipponica; la notizia venne inserita in tutte le prime pagine dei giornali
BEST FRIENDS FOREVER
giapponesi e venne dichiarato un giorno di lutto nazionale per ricordare il suo reiterato gesto di fedeltà nei confronti del padrone. Durante la seconda guerra mondiale il governo giapponese, necessitando di quantità ingenti di metalli per costruire le armi, ordinò di usare pure quello della statua di Hachikò. Nel 1948, tre anni dopo la fine del conflitto, Takeshi Ando, figlio di Teru, ricevette la commissione di scolpire una nuova statua raffigurante il cane, sempre nello stesso posto di quella precedente. Nonostante il corpo di Hachikò sia stato preservato tramite tassidermia ed esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, situato a nord-ovest della stazione, alcune sue ossa sono sepolte nel cimitero di Aoyama, accanto alla tomba del professor Ueno. L’8 marzo di ogni anno, anniversario della morte del fedele cane, in Giappone, viene organizzata una cerimonia per ricordare Hachikò, alla quale partecipano vari amanti dei cani che portano il loro omaggio alla sua lealtà e alla sua devozio-
1997 - 2017
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Hachikò esposto al museo di Ueno. ne. Inoltre, una delle cinque uscite della stazione di Shibuya è denominata “Hachikò-guchi” (‘ingresso Hachikò’) in suo onore. Sulla commovente storia di Hachikò nel 1987 è stato tratto un film, Hachikò Monogatari letteralmente «la storia di Hachiko»), che racconta la storia del cane dalla nascita sino alla morte, immaginando un’ipotetica riunione spirituale con il padrone. Il film ebbe grande successo commerciale. Nel 2009 è stato prodotto un remake: Hachiko - Il tuo migliore amico, diretto da Lasse Hallström che narra del vincolo di amicizia tra Hachikò ed un professore degli Stati Uniti, praticamente seguendo lo stesso filo narrativo. In questo film, Hachiko è interpretato da due cani di razza Akita Inu: Chico e Forrest. Ma all’inizio del film, è interpretato da un cucciolo di Shiba Inu di nome Leyla. La storia di Hachikò ha avuto lungamente eco anche nella letteratura, comparendo soprattutto in racconti per bambini: fra questi, si citano Hachikò: The True Story of a Loyal Dog, scritto da Pamela S. Turner e illustrato da Yan Nascimbene, Hachiko Waits di Lesléa Newman e infine Taka-chan and I: A Dog’s Journey to Japan. Fonte: Wikipedia 09
ANIME NEL VENTO
ARGIA
Argia è un nome, che sa di memorie di bellezze genuine di fantasie remote.
ED È POESIA
“INCANTO”
Di lei nel cuore filoni di ricordi a profusione barbagli effluvi incandescenti. Amore era il nome del suo sposo innanzi tempo volato in cielo aveva lasciato in lei, in dono tenerezza infinita,nostalgia minuta. Solevo con piacere ascoltarla mentre al presente riportava gesti, emozioni volti, sussulti, dolori. Angelo fra gli angeli volata in cielo l’immagino solerte narrare ridonare al mondo piacere e condivisione riannodare fila antiche richiamando l’antico bambino di egli riportare genuina allegria. Grazie Argia per il tuo essere stata nella semplicità esempio di amore per la vita di spontanea grazia. Milena la mamma di Vittoria e di Celeste 10
Ti sta d’incanto quel sorriso. Illumina il tuo viso, risplendono quegli occhi che si chiudono ai rintocchi di campane in lontananza, mentre sopraggiunge una fragranza dal lieve vento spinta, fluttua oltre oltre la cinta dolce profumo di mele e amaretto, quasi si scorge il rosso cappuccetto che si accinge a portare quel cestino alla nonninna malata che attende nel lettino. Ti sta d’ incanto, sai, quella fossetta, e la tua bocca che al complimento balbetta. Si abbassano le ciglia e il profilo si assottoglia, un profumo di vaniglia quando il tuo capello si scompiglia. Donna, non più ragazza sei, sono oggi ventise, le candeline su quella torta, la tua gonna un po’ più corta con camicietta di trasparenze che risaltano movenze al di là delle apparenze, tu non segui le tendenze. Un orecchino soltanto ed il rossetto amaranto.. Beh...ti sta d’ incanto. Masnovo Elisa Ottobre 2021
FASHION AND STYLE BY ROMINA SIRANI Con l’arrivo della bella stagione abbandoniamo gli stivali e scarponcini per dare via libera a decolletè e sandali!! Anche se i boot restano comunque di tendenza, i marchi più importanti danno via libera alla fantasia proponendo calzature dai modelli futuristici ed eccentrici. Il trend principale che delinea la stagione 2022 sono le linee affusolate ed a punta delle decolletè che slanciano la figura, modelli che ricordano gli anni ’50, resi attuali da curve e spigoli a contrasto, nei colori dalle tinte forti come il fucsia, l’arancione, il verde acido ed il turchese. Comodi e preziosi per regalare centimetri in più ma senza rinunciare alla comodità sono le calzature platform, piatti ed uniformi oppure esagerati e in versione zeppa oppure con maxi plateau e block heel in stile anni settanta. Altro decennio che ritorna in auge sono gli anni
’90 con i sabot e mule minimali ma eleganti e raffinati. I sandali invece vengono impreziositi da dettagli come cristalli colorati, inserti in pelliccia, texture inedite e tacchi scultura. Per chi ama la comodità e semplicità può puntare alle ballerine, ai mocassini, alle infradito, ai sandali alla schiava oppure sportivi regalando un tocco di colore forte per identificare questa stagione di rinascita. Per questa stagione sicuramente abbiamo l’imbarazzo della scelta e possiamo adattare i nostri accessori agli outfit creando il look che meglio ci rappresenta!!! Romina Sirani
Sono alla ricerca di una figura tecnica con ambizione di crescita personale a cui “CEDERE” in tempi e modi da definire, l’azienda di costruzione e revisione di macchinari con lunga tradizione e marchio rinomato nel settore. No perditempo. Scrivere al 375 70 09 862 per appuntamento. 11
PENSIERI E PAROLE
I MILLE USI DELLA LAVANDA La lavanda era conosciuta già nell’Antico Egitto dove era usata nel processo di mummificazione; nel Medioevo si usava per lavare e disinfettare pavimenti; i Romani ne mettevano rametti nell’acqua dei bagni termali e ne facevano decotti per uso esterno; nell’800 si profumava il bucato con qualche goccia nell’acqua. È una pianta apprezzata da sempre per i suoi mille usi e per il suo profumo inconfondibile. Dalle infiorescenze si ricava un olio essenziale ricco di proprietà sedative, antispastiche, antinfiammatorie, con azione sebo-regolatrice e battericida, utile contro l’acne. Diffondere nell’ambiente qualche goccia di olio essenziale di lavanda tramite un brucia-essenze è un ottimo modo per favorire il rilassamento e scongiurare l’emicrania. Anche la
tisana alla lavanda è molto calmante, adatta contro l’insonnia e si rivela anche un valido aiuto contro le infiammazioni respiratorie. La tradizione insegna anche che strofinare della lavanda o applicare dell’olio essenziale sulle punture degli insetti calma il prurito; non a caso le sue spighe favoriscono la guarigione delle piccole ferite cutanee. La lavanda è una pianta che attira pure farfalle e api. La coltivazione più famosa di lavanda è in Provenza, ma anche in Italia ci sono piantagioni di lavanda di varie specie, che formano un meraviglioso tappeto violetto il cui profumo così penetrante e piacevole pare irrompere perfino attraverso lo schermo o le fotografie. La lavanda tollera bene la siccità e le alte temperature, dunque anche in questa estate bollente e secca dovrebbe resistere sia nelle colture che nei nostri giardini. La mia lavanda infatti è meravigliosamente fiorita e regalerà un inebriante profumo anche quest’anno ai miei armadi. Ornella Olfi
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LETTERA DI UN CANE ABBANDONATO
Ti sto ancora aspettando, perché so che tornerai a prendermi. Mi hai messo qui solo per farmi sgranchire un po’ le zampe, perché il viaggio che mi hai fatto fare era davvero interminabile. Poi sei risalito… e … NO!!! Non puoi esserti dimenticato di me, non può essere così. Sì, sono certo che tra un attimo sarai qui! Mi siedo sul bordo della strada… ho paura delle macchine che passano veloci ma cerco di pensare a te e ai nostri giochi, i momenti bellissimi e anche ultimamente ai tuoi nervosismi verso di me. Ma sarai stato arrabbiato per altri motivi, io a te non ho mai fatto nulla! Forse quella è la tua macchina, che gioia, lo sapevo che tornavi a prendermi. Sono trascorsi tre giorni e sono ancora qui!!! Sto morendo di dolore, di fame, di sete, di tremenda solitudine. I miei occhi non vedono più lontano; seguono ora soltanto il battito del mio cuore stanco che sta lasciandomi per sempre. Eppure so che tornerai e resisto in segno della mia fedeltà verso di te, perché tu non puoi essere cattivo. QUANTI CANI SONO ABBANDONATI COSÌ?
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ED È POESIA
“FLAGELLI”
Non ci bastavano i flagelli dal cielo, dalla terra, disastri naturali, malattie mortali, infernali, non ci bastavano i roghi sul suolo indiano, la catastrofe umana su quello brasiliano, lamentele laceranti dei fiumi Paranà e Gange…. No, la cupidigia non si spegne, si espande, non c’è tregua, non c’è pace per questo male vorace, questa diabolica competizione, senza uguali, senza paragoni, ognuno di loro il proprio Dio può pregar, ma permane, si moltiplica l’odio, tra i figli di Sara e Agar. Ormai siamo giunti alla fine di questo spaventoso confine dove la Giustizia, l’ultima sentinella ci rivela con orrore che saremmo stati tutti vinti e nessuno sarà vincitore. Darina Naumova
ED È POESIA
ED È POESIA
“OVUNQUE”
“AMARSI ANCORA”
Ti ho cercata ovunque, per tutta la vita: ho rincorso i giorni, i mesi, gli anni. Ho atteso onda dopo onda, ho chiamato il tuo nome nel vento. Ho buttato le parole nella tempesta che piegava e faceva gemere gli alberi. Nel bagliore della luna che squarciava la notte, nel sole che moriva all’orizzonte, nel rosso screziato di giallo. Ti ho rincorsa attraverso il tempo e lo spazio solo per raggiungerti e dirti ti amo. Enrico Savoldi
La notte non s’arresta un’ora, al chiarore della luna, illuminare ogni strada, saggia è senza una tormenta, ben felice alla visione degli innamorati a scoprir il bel vedere, il sorriso al ben pensare. Ogni giorno ad aspettare il tramonto da venire, un bacio ancora l’innamorato colse e la luna a coprire tutta la notte, presto presto la mattina, l’alba chiara s ‘avvicina, lento lento in quel momento chiude gli occhi e mano nella mano s’addormenta... BMG
“IL SILENZIO”
“MINA”
Cade il momento dei sogni, il frastuono della realtà batte i rintocchi del tempo, avvolge il pensiero di colei che ha smesso di sperare, il silenzio accompagna l’anima... la solitudine ne fa da padrone. Scalvini Roberta
Il nostro micio è ritornato è distrutto poveretto, un pirata l’ha investito bastardo maledetto. Quattro giorni ha impiegato ma da noi è ritornato, il dottore l’ha operato, è gravissimo poveretto. Il suo Calvario è cominciato, non so se dal Golgota con le sue zampette ridiscende, o con le ali, al cielo ascende, comunque vada è stato un grande, che lezioni ci ha impartito, tanto amore ha regalato e nel nostro cuore non solo si è insinuato. ma una gigantesca impronta HA LASCIATO. Giordano
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ITINERARI
San Paolo (Bs) - FIUME STRONE Parco locale di intresse sovracomunale
Il fiume Strone è un corso d’acqua che nasce nella località di Scarpizzolo nel comune di San Paolo per scorrere poi per un percorso di 18 km attraversando i comuni di San Paolo appunto, Verolavecchia, Verolanuova e Pontevico, dove sfocia nel fiume Oglio. Per la bellezza paesaggistica, la flora e la fauna ancora incontaminata e così ricca che si sviluppa intorno al suo corso, la Regione Lombardia, accogliendo la richiesta dei quattro comuni attraversati, lo ha riconosciuto “Parco locale di Interesse Sovracomunale”. La gestione di tale area è affidata ad un apposito Consorzio il cui presidente è a rotazione uno dei quattro sindaci dei paesi citati. La Superficie di tale parco è di 735 Ha, 70 dei quali presso il comune di San Paolo. Consigliamo di visitare la località Laghetto, nelle cui vicinanze nasce il fiume Strone. Vi si possono trovare boschi, 16
invasi d’acqua, vari manufatti irrigui e la cascina Laghetto, già esistente dal ‘700, casa del custode del sistema irriguo del laghetto che raccoglie la confluenza di ben ventidue portate d’acqua fra rogge, canali, fossi ecc. La bellezza ed il significato che tale località ha sempre avuto nel territorio di San Paolo ha dato vita inoltre ad una associazione che a tale luogo fa riferimento: “Gli amici del Laghetto” che ha sede presso la località Laghetto stessa. Chi volesse conoscere meglio storia, architettura, flora e fauna di tale parco può avvalersi della pubblicazione “Natura, arte e cultura lungo il corso del fiume Strone” edita dal Consorzio per la gestione del Parco Locale di Interesse Sovracomunale Fiume Strone (Comuni di San Paolo, Verolavecchia, Verolanuova, Pontevico). VISITE GUIDATE
ITINERARI L’Assessorato all’ambiente, unitamente ai volontari dell’Amministrazione comunale, la porta a conoscenza di un progetto organizzato in Località Laghetto, situato nel Parco dello Strone sul Comune di San Paolo. Tale progetto può coinvolgere gli alunni della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado e comprende varie iniziative: accompagnamento degli alunni da parte dei volontari nel Parco dello Strone per conoscere flora e fauna con la possibilità di esplorare tale ambiente; semplici laboratori da effettuarsi in loco, a titolo esemplificativo: imparare ad orientarsi, alla ricerca di animali nel bosco, il laboratorio dei sensi. Per la prenotazione e per informazioni inoltrare la richiesta a: sig.ra Rosanna tel. 328/1816946 sig.ra Nadia tel. 338/4116854e minima 5
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TERRITORIO
ALMENNO SAN BARTOLOMEO: STORIA, ARTE E TRADIZIONE
Almenno San Bartolomeo (Almèn San Bartolomé o semplicemente San Bartolomé in dialetto bergamasco) è un comune italiano di 6 207 abitanti della provincia di Bergamo in Lombardia. Il comune si trova circa 12 km a nord-ovest del capoluogo orobico e fa parte della Comunità montana Valle Imagna. Storia La storia del comune di Almenno San Bartolomeo è strettamente intrecciata con la storia di Lemine, prima, e con quella di Almenno San Salvatore, poi. Deriva il suo nome da Lemine, di incerta origine, toponimo di un vasto comprensorio territoriale racchiuso tra la sponda occidentale del Brembo e quella orientale dell’Adda. Almenno San Bartolomeo nacque, per scissione, da Lemine Superiore, l’attuale Almenno San Salvatore, il 30 marzo 1601 quando fu erogato l’atto notarile che ne statuì la nascita e ne costituì come territori di pertinenza quelli di Albenza, Longa e Pussano. Lemine Il territorio faceva parte di un ben più ampio comprensorio abitato già in epoca precristiana dai Galli Cenomani, tradizionali alleati di Roma di cui acquisirono la cittadinanza nel 49 a.C., denominato Lemine. I romani lasciarono tracce notevoli della loro presenza in questo territorio importantissimo per l’aspetto strategico, percorso dalla strada militare che collegava Bergamo a 20
Como, parte terminale di quella che univa il Friuli alle regioni retiche. Questa strada scavalcava il fiume Brembo, nelle vicinanze dell’area di San Tomè, con un ponte i cui resti ne lasciano tuttora immaginare le imponenti dimensioni. Del ponte crollato a più riprese nel corso dei secoli non sono rimaste che scarse tracce e una memoria popolare che lo ha attribuito ai Longobardi, tanto da essere comunemente conosciuto come il Ponte della Regina, in questo caso Teodolinda. È comune fra la gente del posto che quasi tutto quanto sappia di antico venga attribuito all’epoca longobarda e molto spesso alla loro regina più famosa. Questo accade anche per il Priorato di Sant’Egidio, per la Basilica di Santa Giulia e per altri monumenti di epoca più tarda. Della presenza romana sono rimasti molti altri reperti archeologici il più significativo dei quali è un’ara dedicata al dio Silvano ritrovata nel territorio almennese. Altri reperti, alcuni di fattura pregiatissima come una Venere mutila, un torso maschile, una testa d’efebo, numerosissime steli funerarie e are votive testimoniano la presenza nella bergamasca di una comunità romana numerosa, strutturata e non soltanto militare. E’ inutile dire che la maggior opera che lascia di stucco chiunque si avvicini è la Rotonda di San Tomè, o solo San Tomè come è più generalmente nota, tesoro romanico di grande bellezza soggetta canonicamente dalla parrocchia di San Barto-
TERRITORIO lomeo di Tremozia. Lo scenario storico Le comunità che via via si erano succedute dopo quella romana, eredi di questa ma anche di quelle che inevitabilmente erano state attratte e avevano ruotato attorno ad essa, erano state duramente afflitte da guerre e da pestilenze. Le genti sopravvissute, disperse sul vasto territorio di Lemine privo di centri abitativi definiti, costituirono delle vicinie dalle quali sono quasi sempre derivati gli attuali centri urbani Con la conquista longobarda Lemine divenne una corte regia molto importante sia per avere ospitato alcuni re longobardi sia per essere stata, nella prima fase del consolidamento del potere longobardo, un crocevia militare di notevole valenza politica. È proprio di questo periodo, la seconda metà del VII secolo, la prima citazione del toponimo Lemine, in un atto del re Astolfo: «[…] in curte Lemennis vigisima die mensis Julii filicissimi regni nostri in Dei nomine septimo» L’atto di Astolfo certifica anche l’esistenza della corte regia, mentre il toponimo Lemine sarà sempre più documentato nelle diverse varianti
che porteranno poi a quelle di Almenno, Almé e così via. Dopo la caduta del regno longobardo il comprensorio di Lemine passò ai nuovi dominatori franchi, prima come possesso imperiale fino all’892 poi come feudo dei conti di Lecco, l’ultimo dei quali, Attone, lo lasciò dopo la sua morte (975 all’episcopato di Bergamo; le modalità di quest’ultimo passaggio non sono chiare. Il periodo comunale San Tomè seguì, subendole, le vicissitudini storiche che portarono alla nascita del comune di Lemine avvenuta il 3 marzo 1220 quando il vescovo Giovanni Tornielli rinunciò ai diritti di vassallaggio e ad ogni interferenza nell’elezione degli organi comunali, riconoscendo così l’autonomia della comunità a cui cedette la propria giurisdizione. Il XIII secolo fu il periodo di maggiore splendore della rotonda, che attrasse grande affluenza di fedeli e generose donazioni, mentre il XIV secolo segnò l’inizio della sua decadenza. Le lotte tra guelfi e ghibellini che afflissero il comune di Lemine durante il Trecento e che portarono alla sua divisione nei comuni di Lemine Superiore e Lemine Inferiore colpirono anche San Tomè. I con-
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TERRITORIO trasti fra le contrapposte fazioni comportarono la lenta diminuzione del numero dei fedeli di San Tomè fino ad arrivare alla loro quasi scomparsa dopo la distruzione di Lemine Inferiore dovuta al podestà di Bergamo, Gritti, 13 agosto 1443. Solo il XX secolo avrebbe fatto riscoprire e rinascere la rotonda come importante opera d’arte dell’architettura romanica bergamasca, frutto di quella devozione popolare che produsse altri capolavori romanici come la Chiesa di San Giorgio in Lemine, solo per citarne il più emblematico. La fondazione Non c’è una certezza storica in merito alla datazione della Rotonda di San Tomè.
Alcuni studiosi hanno ritenuto che la chiesa poggiasse sui resti di un antico tempio romano a motivo di alcuni imponenti porzioni di muro che avrebbero potuto costituirne parte delle fondazioni. Ipotesi questa che è stata contraddetta da recenti ricerche archeologiche. Altri l’hanno fatta risalire al periodo longobardo, forse a Teodolinda; altri ancora hanno propeso per il successivo periodo franco. Si è concordi invece nel ritenere che in epoca franca, sotto i conti di Lecco, signori del territorio, sia stato costruito un primo edificio ecclesiale di forma rotonda che alcuni elementi architettonici, riutilizzati nella sua seconda ricostruzione, datano attorno al X secolo. Non aiuta, per la datazione, la sua architettura che fra l’altro ha subito notevoli rimaneggiamenti e una ricostruzione tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII. La sua struttura circolare, il suo sviluppo verticale certificato ANAMMI n. N946
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TERRITORIO e concentrico, la sua somiglianza con il Duomo vecchio di Brescia piuttosto che con il battistero di san Giovanni di Arsago Seprio ne escludono una datazione antecedente l’anno 1000. La ricostruzione Il trascorrere del tempo, in un’epoca particolarmente tumultuosa, la probabile disattenzione dei fedeli pressati da altre urgenze e, non ultima, la tecnica di costruzione piuttosto primitiva contribuirono al degrado della primitiva chiesa attribuita al periodo franco. Tale degrado doveva essere così grave all’alba del XII secolo da spingere il Vescovo di Bergamo alla ricostruzione ex novo del tempio, utilizzando le fondazioni del precedente e tutti quei materiali il cui stato ne consentiva il recupero, come le colonne ed i capitelli che furono riutilizzati nel piano terra della Rotonda. Si può facilmente osservare come queste colonne siano state allungate, per adeguarle al nuovo progetto, appoggiandole su capitelli capovolti che così ne costituiscono la base, o inserendovi porzioni di altre colonne con un risultato scenografico di grande bellezza, eleganza ed imponenza al tempo stesso. Non si hanno documenti storici da cui ricavare la data certa di questa ricostruzione, ma dall’analisi stilistica della sua architettura, dallo studio dei materiali usati e della tecnica costruttiva è stato indicato come il più probabile il periodo che intercorre tra il 1130 e il 1150. Solo dopo il 1180 compaiono atti da cui si desume l’esistenza della Rotonda a quella data. Verso la fine del XII secolo alla Rotonda furono aggiunti il presbiterio e l’abside creando all’esterno un gioco di volumi ascendenti che ne snelliscono e movimentano la struttura. Il monastero Alla fine del 1100 e per iniziativa dell’episcopato di Bergamo, alla ricostruzione della chiesa di San Tomè seguirà la fondazione di un piccolo monastero femminile contiguo e unito alla chiesa stessa. Il monastero avrebbe dovuto assolvere, oltre all’esigenza di un luogo di preghiera e di
rifugio femminile, alla custodia e alla manutenzione della chiesa. Anche in questo caso non si ha una datazione certa, ma solo presunta; l’unica data sicura è quella riportata in un documento del 1203 che ne testimonia l’esistenza, ricavando quindi che la sua costruzione era necessariamente antecedente, forse contemporanea a quella del presbiterio e dell’abside. Il convento ospitò monache di provenienza locale appartenenti alla classe sociale medio-alta e qualcuna alla nobiltà di Bergamo. Il monastero, sempre sottoposto all’autorità e al controllo episcopale, ebbe una vita alquanto travagliata specialmente nel XIV secolo, con scandali di ordine morale e finanziario che ne minarono la credibilità. Lentamente ma inesorabilmente iniziò la decadenza del complesso, accelerata anche dalle lot23
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te tra guelfi e ghibellini che infuriavano nel territorio coinvolgendo San Tomè e il suo monastero. Il complesso monastico cessò di esistere come istituzione nel luglio del 1407 quando, con i suoi beni e la chiesa, fu incamerato dal Vescovo di Bergamo. Dell’edificio conventuale non è rimasto altro che qualche traccia come i resti del muro d’innesto nella rotonda e tracce di fondazioni che si suppongono suoi. Il monastero accanto alla chiesa esiste ancora
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oggi. Veniva chiamato “Degli Agri” o “Dei Campi”. Fu un luogo da sempre molto sacro per via soprattutto delle numerose tombe romane a inumazione ritrovate nei pressi della costruzione. Dopo essere stata colpita da un incendio e due fulmini, rimane indenne agli occhi del visitatore che può ammirarla nella sua intera bellezza e fascino. L’epilogo Dopo l’incameramento del complesso di San Tomè, chiesa, convento e terreni da parte del Vescovo seguì un periodo d’incertezza e di abbandono. I terreni, i beni più appetiti, furono dati in affitto ad affittuari a cui poco importava dell’edificio e che lo lasciarono nel più completo abbandono. Vi fu un effimero tentativo dell’episcopato di salvare dal degrado San Tomè e il convento affidandoli a degli eremiti, ma con scarsi risultati. Si giunse così al 29 aprile 1536 quando l’episcopato vendette il complesso ecclesiale alla Prepositura di San Salvatore di Almenno. La lite Il passaggio formale di San Tomè nella proprietà della prepositura di San Salvatore fu l’inizio di una lite plurisecolare. San Tomè era stata precedentemente sottoposta alla giurisdizione canonica della parrocchia di San Bartolomeo pur rimanendo, tra alterne vicende, gestita di fatto dalla parrocchia di San Salvatore. L’atto di vendita che sanzionava questo stato di fatto costituì l’inizio di una lite che si sarebbe risolta solo nel 1907. La situazione si aggravò maggiormente quando
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le due comunità che facevano riferimento rispettivamente alle parrocchie di San Bartolomeo e di San Salvatore furono giuridicamente suddivise, nel 1601, in due comuni separati, quello di Almenno San Bartolomeo e quello di Almenno San Salvatore. L’autonomia non poteva non degenerare in campanilismo in presenza di una situazione oggettivamente bizzarra: una chiesa canonicamente dipendente da un ente era gestita di fatto da un altro ente. Piccole ritorsioni
e grandi gelosie portarono a manifestazioni popolari a volte violente e ad appelli alle massime autorità canoniche, compreso il Papa stesso. Solo nel 1907, a più di tre secoli dal suo inizio, e con l’intervento diretto di Papa Pio X la lite si risolse: San Tomè rientrò nella gestione di fatto e di diritto della parrocchia di San Bartolomeo di Tremozia da cui tuttora dipende. L’architettura San Tomè è uno dei più notevoli esempi di ar-
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TERRITORIO chitettura romanico-bergamasca con caratteri stilistici evoluti, anche se propri e tipici di tutto il romanico. Si tratta di una costruzione a pianta circolare e a struttura piramidale formata da tre volumi cilindrici concentrici sovrapposti e digradanti, opera di artigiani sapienti e informati dei movimenti artistici che attraversavano l’Europa dell’epoca, capaci tuttavia di mantenere una propria autonomia espressiva tale da rendere la rotonda un’opera unica nel panorama romanico italiano. La rotonda, che richiama nella struttura, pur differenziandosene, la cappella Palatina di Aquisgrana piuttosto che il battistero di Arsago Seprio o il Duomo Vecchio di Brescia, suggerisce una sensazione di eleganza e di leggerezza a cui contribuiscono le nervature verticali, delle semicolonne sul primo corpo, che ad intervalli quasi regolari ne scandiscono e slanciano la superficie esterna. Il gioco delle ombre creato da queste nervature conferisce all’edificio un aspetto quasi teatrale che si inserisce in un paesaggio campestre, alla
sommità di un pendio boscoso, fiancheggiato da filari di alberi cui fa da quinta, in lontananza, la corona delle Orobie in una sorta di magica e surreale sovrapposizione di fondali, di toni, di contesti. San Bartolomeo di Tremozia La parrocchiale, San Bartolomeo di Tremozia, risale alla prima metà del XV secolo. Si tratta di edificio gotico a tre navate, ricostruito interamente nel XVIII secolo, che ha conservato molte delle opere pittoriche del precedente. Questa
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TERRITORIO chiesa ha assunto una particolare importanza storica per la nascita del comune di Almenno San Bartolomeo in quanto è stata, nel XVII secolo, il centro catalizzatore della comunità prima della separazione da Almenno San Salvatore. All’interno sono conservate opere di Bartolomeo Vivarini, una Madonna col Bambino e altre pitture del Moroni. La Fornace Parietti Un grande camino demolito per metà e le camere di combustione coperte di terra: si presentava così la Fornace Parietti, un vecchio opificio ottocentesco stretto tra una strada provinciale e i capannoni industriali, con pochi elementi abbandonati in evidente stato di degrado. Testimonianza dell’antica tradizione della produzione locale, la Fornace Parietti, gestito dalla famiglia Parietti; l’attività si sviluppa a partire dal 1835 per esaurirsi poi agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo. Da una statistica del 1891, risulta che gli stabilimenti per la fabbricazione di laterizi, la cottura di calce, gesso, cemento e la fabbricazione di terraglie e stoviglie erano 96, con 137 fornaci, delle quali 88 a fuoco intermittente ed altre a fuoco continuo. Parecchi erano alimentati da forza meccanica, a vapore od idraulica. Nel complesso vi venivano impiegati più di 1.000 operai. Di questi opifici
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16 producevano esclusivamente laterizi, altri 52 laterizi e calce, calce e cemento, gesso e cemento, laterizi, calce e stoviglie, ed occupavano in totale circa 500 operai. Quella di Almenno San Bartolomeo produceva laterizi a calce. Veniva usato materiale scavato nei terreni vicini e come combustibile principalmente carbone Newpelton. Dopo un calo dell’attività durante e subito dopo la Grande Guerra, nel 1923 l’industria di laterizi ebbe una considerevole ripresa, ma la produzione non fu così importante come nell’anteguerra e risultò insufficiente rispetto alla richiesta di mercato per la scarsità della manodopera, per cui molti mattonai, trovati più facili impieghi, non 27
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ripresero la precedente professione ed elementi nuovi non si dedicarono in numero considerevole a tale lavoro. All’interno della struttura della fornace Parietti di Almenno San Bartolomeo si svolgevano tutte le fasi del processo di produzione di coppi e mattoni: dalla stagionatura del materiale estratto da vicine cave, alla cottura dei mattoni che avveniva in un forno costituito da una galleria ottagonale e irregolare, suddivisa in 16 camere voltate. Le camere erano dotate di aperture arcuate per l’inserimento dei mattoni, di una bocchetta per l’immissione del combustibile e di condotti che convogliavano lo scarico del fumo verso la ciminiera. La gente ricorda come negli anni 30 le maestre una volta all’anno portassero gli scolare a vedere la fornace, spiegandone il funzionamento. Arrivando ai giorni nostri quello che era rimasto dell’antica fornace era il camino, ben visibile ma in parte demolito e le camere di combustione. Lo stato di abbandono peggiorava ulteriormente le loro condizioni: le infiltrazioni d’acqua provocate dal tempo e dal crollo delle tettoie di copertura, il gelo e la presenza di materiale organico, erano
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fattori che acceleravano il degrado della Fornace. Nelle camere di combustione gli allagamenti ciclici avevano ormai prodotto l’erosione di ampie parti delle murature inferiori. L’acqua assorbita dalle pareti di mattoni era penetrata a tal punto da disgregarle. La costruzione era invasa dalla vegetazione e dalle radici. Il recupero della Fornace è un recupero della memoria. Bisognava conservare la testimonianza di un edificio importante non per lo stile o per la bellezza ma per la funzione che aveva svolto. La Fornace è una “presenza” storica da salvaguardare, un simbolo di quella cultura industriale che è stata e che resta alla base dello sviluppo di una comunità. Il restauro è riuscito a recuperare il complesso, optando per una soluzione di ‘dialogo’ fra il passato e il presente. Ne risulta un edificio nel quale convivono due architetture completamente distinte: quella ottocentesca della Fornace e un’architettura contemporanea che esalta le strutture preesistenti. Fonte: Wikipedia Fonte: il libro “La Fornace Parietti di Almenno San Bartolomeo”
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Mercedes, si sa è uno dei brand di automobili più celebri e blasonati al mondo, berline di lusso, suv, sportive e purtroppo da ferrarista lasciatemelo dire... la F1. Ma non durerà per sempre, il dominio in F1 intendo, le cose stanno cambiando. Ma torniamo alla Smart ! Come scritto sopra nel titolo del mio articolo, quando nel 1998 le strade d’ Europa iniziavano ad essere popolate da quella strana (per allora) due posti, che io adoro: ne ho avute ben due! Ancora non si sapeva che quella non era solo un nuovo modello di auto, bensì un concetto di automobile a sè stante! Due posti secchi, lunga 2,5 mt e larga 1,5 mt questi i numeri della prima serie. Il motore era da 0,599 lt e 45 CV di potenza, pesando quanto un sacchetto di patatine (655 KG), lo spunto in accellerazione non le manca30
va, meglio non raggiungere velocità di punta alte però, avendo un DNA cittadino l’autostrada non le si addice molto. Ottima per le tangenziali invece e per tutto ciò che concerne un uso da citta e limitrofi. Nessuno fino ad allora aveva avuto un’idea simile ed era riuscito a renderla commercialmente vincente. La linea poi era davvero accattivante, cosi come gli interni, tantissime poi le personalizzazioni. Ve le ricordate le concessionarie Smart dei primi anni 2000? Quelle torri nude look , in vetro, con un sacco di Smart impilate una sopra l’altra? Questo piccola vetturetta, che di piccolo aveva solo le dimensioni ed il propulsore, divenne nel giro di poco tempo un brand, un’icona, un oggetto alla moda e di culto. Nel corso dei successivi ventiquattro anni si susseguirono molte versioni e serie della
AUTO D’EPOCA Smart, fu anche oggetto di critiche per via della, da tanti sbandierata, scarsa sicurezza. La Smart era dotata di una cellula di sicurezza in grado da renderla molto sicura sia negli urti frontali che nei tamponamenti. A proposito, vi ricordate quella pubblicità in cui un animale preistorico tentava di calpestarla non riuscendo a schiacciarla? Erano gli anni 2000 ma niente, mi fermo qui, non voglio essere nostalgico in tutti gli articoli! Scherzo ovviamente, sono stati davvero un bel periodo. Forse uno degli ultimi automobilisticamente parlando non seppellito dalla tecnologia di bordo. Beh, che ci piaccia o no ma le prime Smart sono già vetture storiche, avendo superato i venti anni. Quali prendere? Dunque io se dovessi fare la lista per Babbo Natale, andrei in quest’ordine: Brabus prima serie, Crossblade, Roadster Brabus. Per la Crossblade occorre guardare il meteo prima di uscire di casa, non avendo il tetto ! Pensate che il progetto originario vedeva coinvolte la Mercedes e la Swatch, la leggendaria casa svizzera che produce orologi da decenni. Alla fine poi solo la casa tedesca rimase interamente coinvolta nel progetto. Questa due posti fu talmente influente a 360 gradi che ricordo un‘estate di metà anni 2000 in cui fecero un paio di occhiali da sole che poi andarono largamente di moda, ispirati al gruppo ottico anteriore della prima serie restilyng. Bhe io ne ho gia avute due e quando usavo la Cabrio, la mia seconda Smart, vi assicuro che veniva guardata tanto quanto auto ben più blasonate e costose. La Smart è un po’ come la Mini, un mondo a sè stante. Antonio Gelmini
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Avevo nove anni e mi sono fatta una promessa. Me la sono scritta nelle pagine del mio diario. E in quel diario proprio ieri, ho ritrovato una piccola pallavolista che parlava poco ma pensava in grande. Quante volte mi hanno detto: “Pensa alle cose serie, altro che pallavolo...”. Volevo fare la capitana della Nazionale. A distanza di anni riesco ancora a sentire quanto batteva il cuore quando palleggiavo o schiacciavo nella minuscola e buia palestra di Marina di Carrara. Possiamo anche non raggiungere i nostri obiettivi ma non perdiamo mai quell’emozione inconfondibile che ci porta a provarci sempre anche se potrebbe sembrare tutto alquanto inarrivabile. Ne vale comunque la pena. Maurizia Cacciatori
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CARISSIMA BRUNA E CESARE... Carissimi Bruna e Cesare, nasce il desiderio in questI giorni d’estate dai tratti un poco incerti di scrivervi una lettera, una fra le mille, per porgervi un saluto, ancora una volta per narrare e condividere tratti di vita. Sono tante le lune che sono trascorse, uno dopo l’altra, hanno delineato percorsi dando vita a scelte, rinunce, rivincite, speranze e nostalgie. Di voi nel cuore serbo come tesoro prezioso la memoria. Per incanto o per magia mi ritrovo improvvisamente a rivolgervi parola certa del vostro responso. Cresciute sono le bambine, Celeste una bella signorinella, Vittoria una donnina, ciascuna presa dai propri progetti di vita scolastici e sociali. Lorenzo è germogliato, ometto ormai, pronto a fare l’ingresso nella scuola primaria. Un nuovo fiore è sbocciato, Sofia, con tutta la sua esuberante allegria e tenacia. Noi, giovani di un tempo, un poco invecchiati, appesantiti dagli anni seppure energia e positività non ci abbiano abbandonati. Remedellino sempre lo stesso, solitarie le vie, sparute le voci degli imberbi. Mostri di cemen-
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to hanno inghiottito campi; poche le nascite, tante le morti dovute in particolar modo al Covid che ha decimato milioni di vite. Scorrono le dita, tasti battono, rincorrono fremiti, gettano astrazioni. Ricordi a profusione si fanno dappresso, come linfa vitale abbracciano, cullano. Malinconia di certo per un tempo passato: per uno scambio di parola, un sorriso, una carezza col dorso. La morte è un demone dalla fauci allargate col quale bisogna necessariamente convivere, accettare passi, dettami, leggi. Ringrazio il Buon Dio per il dono che ci ha concesso di potervi conoscere, stare accanto; di comporre in comunione brani sinfonici il cui ricordo rimarrà nel futuro ricordo. Certi che lassù, in un punto indefinito, fra volte celesti, fra giardini incantati, avvolti dalla pace eterna il vostro sguardo, amorevole, non mancherà di seguire le nostre orme, di benedire e proteggere da sempre e per sempre, vi abbraccio forte forte. Milena la mamma di Vittoria e di Celeste
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Cioccolata per due (Phoenix Film Production) di Nunzia Gionfriddo - Un testo che aiuta a riflettere
Non fatevi ingannare dall’apparenza e dal titolo perché il romanzo della brava e accorta Nunzia Gionfriddo non si può certamente definire rosa! I suoi indiscussi protagonisti sono Giovanni e Florinda. Quest’ultima chiederà all’uomo di darle una mano per le sue ricerche sulle vicende drammatiche avvenute nell’ex Jugoslavia. E nel farlo, lei avrà necessariamente a che fare con racconti molto duri e terribili e di veri e propri drammi che riguardano da vicino anche il giornalista. Largo spazio dunque ai fatti tragici del secondo dopoguerra che hanno interessato Istria, Dalmazia, Fiume, Trieste, il tentativo d’invasione serba nella Bosnia, le atroci
sofferenze e le decimazioni subite dalle popolazioni, nell’indifferenza delle grandi nazioni europee. I due si incontrano in un bar davanti a una cioccolata calda e di appuntamento in appuntamento si avvicineranno sempre più. Il loro sarà un amore fatto di continui scambi di idee, di condivisioni che appassionano il lettore e lo portano a soffermarsi tra le pagine per riflettere. Un testo splendido, che sa di romanzo ma anche di saggio, adatto per palati fini, scritto da un’autrice schietta e sincera che non ama i fronzoli, ma al contrario, andare subito al punto. Chapeau! Laura Gorini
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RIDIAMOCI SOPRA Cinque cannibali vengono assunti come programmatori in un’azienda. Durante la presentazione, il titolare dice: “Adesso siete parte del gruppo. Qui si guadagna bene, e se avete fame potete andare alla mensa aziendale. Quindi non date noia agli altri impiegati”. I cannibali promettono di non disturbare gli altri. Quattro settimane dopo il titolare torna e dice: “State tutti lavorando bene, e sono molto soddisfatto di voi. Però da ieri sembra scomparsa una delle ragazze delle pulizie e gli uffici sono tutti sporchi. Qualcuno di voi sa cosa è successo ?”. I cannibali dichiarano di non sapere niente. Ma appena il titolare è uscito, il capo dei cannibali dice agli altri: “Chi è stato di voi idioti?” Uno alza esitante la mano, e il capo dei cannibali dice: “Imbecille! Per quattro settimane abbiamo mangiato responsabili, direttori, area manager e product manager, in modo che nessuno si accorgesse di niente, e tu dovevi mangiarti proprio la ragazza delle pulizie?”. Tutti gli esperti hanno studiato la questione e hanno capito finalmente che Gesù era un Italiano. Come? Intanto è rimasto a casa fino a 30 anni. E poi vedeva sua mamma come
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vergine e lei lo vedeva come un Dio...”. Un pipistrello entra in una caverna e trova un gruppo di pipistrelli a testa in giù (come di solito riposano questi animali) e un unico pipistrello che sta in piedi normalmente e gli chiede: “Cosa diavolo stai facendo in quella posizione?”. E l’altro: “Yoga!”. Disoccupato all’ufficio di collocamento: “Vorrei un lavoro”. “Avremmo questa occasione: 10 mila euro al mese, più auto e autista pagati”. “Ma che fa, scherza?”. “Sì, ma ha cominciato prima lei!”. Caporale: “Avanti march!”...”front sinistr” ...”front destr”... “dietro front” ...”stop!”... “fianco destr!”. A un certo punto un militare si toglie dalla fila e inizia a camminare. Il caporale: “Ehi tu! ... dove vai?”. E il soldato: “Signor caporale, nel frattempo che lei decide cosa dobbiamo fare, vado al bar!”. Cosa ottieni se incroci un corvo e un maglione? Un co...
Animali curiosi C’era una volta una bambina che si chiamava Carolina la quale piaceva molto leggere i libri e per starsene tranquilla ogni giorno si recava nel bosco dove poteva stare da sola con la natura. Si sedeva sempre sotto un albero maestoso ed era sempre circondata da tanti animali come se stessero ad ascoltarla mentre leggeva. Un bel giorno stava leggendo una storia che narrava di un bellissimo castello, di animali e di una scolaresca in visita a quel luogo per una gita scolasticaò. All’improvviso a Carolina venne un colpo di sonno, chiuse gli occhi e quando si risvegliò la bimba non vide più il bosco ma un giardino maestoso con tanti animali; guardandosi attorno vide delle mura di un castello, stupita cominciò a chiedersi dove si trovasse e cos’era successo. Un cagnolino buffo con gli occhiali gli disse: “Carolina sei entrata nel libro che stavi leggendo” lei rimase senza parole come spaventata, ma il cagnolino continuò a parlarle, - “stai tranquilla, sei al sicuro ma dato che tu ci hai portato qui con te, che ne dici se andiamo assieme ai bambini a vedere tutto quello che c’è in questo posto meraviglioso?”. La bambina decise di seguire il cagnolino e la scolaresca, persero ore e ore ad esplorare tutto il castello e quando arrivò sera si
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ritrovò di nuovo a quell’albero dove si sedette un attimo perché era stanca... si addormentò e al risveglio si ritrovò nel suo bosco e il cagnolino era ancora al suo fianco che le stava dicendo: “Carolina domani vieni con un libro nuovo così vivremo una nuova avventura”. Carolina gli rispose: “Alla stessa ora qui all’albero...” così da quel giorno vissero tutti felici e contenti. Taroli Sidny 10 anni
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TERRANCE STANLEY FOX Era il 21 Maggio del 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell’impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo). A poco meno di 20 anni dovette subire l’amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno). Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così. A soli 3 anni dall’amputazione, il 12 Aprile 38
del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l’umanità possa raccontare. Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi. (non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!). L’idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l’obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro. Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l’Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Québec e l’Ontario. Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola! La sua corsa infinita fu battezzata la “maratona della speranza” e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine. Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate
PERSONAGGI diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi. La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari! L’anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì. Non aveva ancora compiuto 23 anni! La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille
difficoltà. Così la “maratona della speranza” vide il traguardo. Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via). Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà. Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie. Poi c’è TERRY FOX !
Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981) 39
PENSIERI E PAROLE
DIFFERENZE
Molto spesso ci sfuggono le piccole differenze, quelle quasi invisibili, insignificanti, ci confondono e ci creano guai.
Non è semplice frugare e trovare sotto il robusto strato di apparenze, il diverso che è apparentemente identico a qualcos’altro. Ci sfugge, sfugge al nostro sguardo distratto, al pensiero “spensierato”, alla fiducia che ha subìto l’ennesimo colpo. Ciò che è apparentemente uguale a qualcos’altro è in realtà più incompatibile con esso, da ciò che gli è diametralmente opposto. Darina Naumova
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PENSIERI E PAROLE
MACCHIA DI SANGUE Mio marito, ieri mattina, alle prime luci del giorno, mentre si recava al lavoro non ha potuto fare a meno di notare sfilare, avvolto dalla pace della notte, sulla ferrovia sfrecciare lento e maestoso un convoglio di carri armati riccamente illuminati. Immobile è rimasto, rimirando il cordone sparire inghiottito dalla distanza. Nel riportare l’evento una stretta allo stomaco ci ha pervasi, incupito lo sguardo. Alla mente sono risalite immagini di vecchie pellicole di films in bianco e nero; presagi arcani, funeste considerazioni. La guerra fra Russia ed Ucraina continua, imperterrita, ha superato i cento giorni. Nonostante i tentativi di pace sembra che nulla voglia andare per il verso giusto. Nel frattempo, in nome di una guerra che forse neppure ci appartiene ma alla quale siamo chiamati a pagarne lo scotto, siamo stati colpiti dai rincari della vita, dei generi primi alimentari. Il nostro interrogativo, come genitori, è stato il porsi la domanda verso quale genere di mondo stiamo andando? Quale futuro si prospetta per i nostri figli? Come società, valori fondamentali, principi? Quali forze sotterranee, quali interessi economici muovono le fila del conflitto? Non voglio puntare il dito contro nessuno, non ho conoscenze politiche tali che mi permettono di dare un giudizio. Non voglio fare dei russi degli assassini e degli ucraini degli angeli. Probabilmente ciascuno avrà la propria parte di colpa; allo stesso modo con cui l’hanno gli americani, gli europei, gli orientali nello scegliere di fornire armi piuttosto di puntare sulla negoziazione. Le armi generano armi, non portano a nulla di buono. L’odio genera odio. La morte genera morte e rancore. Da insignificante spettatrice di un mondo davanti al mondo mi permetto di esprimere dolore
e disappunto, preoccupazione profonda, paura. A tutti coloro che stanno soffrendo, alle famiglie russe ed ucraine che stanno sacrificando figli e congiunti porgo la mia umile vicinanza e preghiera nella speranza che, a breve, i potenti della terra si ravvedano ed operino in modo coscienzioso per il bene comunitario tralasciando da parte gli interessi economici. Sta di fatto che a Remedello, piccolo paesino, della bassa bresciana, sia passato un convoglio di armi, destinato chissà dove, in una notte fra le mille, sublime eppure monotona. Una macchia di sangue, rosso vivo, di morte e di paura, ha tinto il vello stellato. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
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TERRITORIO
La Mostra nella casa del PREVITALI a Berbenno (Bg)
“60 anni di pittura... di tutto di più” Antologico percorso espositivo con 50 opere del pittore Gian Maria Salvi Il pittore berbennese Gian Maria Salvi espone una sua personale nella Casa del Previtali a Berbenno,dal tema:”60 anni di pittura…di tutto di più”. Fin da ragazzo Gian Maria Salvi non smette di amare, studiare e vivere l’arte visiva, nella sua pratica artistica egli sente di riuscire a risolvere il proprio enigma personale semplicemente con le cose che più ama: il colore e il segno sino a raggiungere l’intima consapevolezza del suo ben definito pensiero artistico. Inizia a dipingere dal 1963 all’età di 13 anni sino ai giorni nostri ed è un pittore che ha cercato di seguire le orme dei maestri del passato sperimentando le differenti forme d’arte. Salvi entra nel mondo dell’arte ottenendo importanti affermazioni e riconoscimenti. Nel 1996 a Sassari riceve la nomina di “Cavaliere dell’arte” dalla Commissione Nazionale di Arti, lettere, scienze all’Istituto Filippo Figari. Negli anni 80 Salvi ha l’onore di conoscere il pittore Mario Amedeo Cornali istaurando un forte legame pittorico confidandogli qualche segreto della tecnica e del mestiere in incontri coltivati d’estate nel suo studio in Via Milano a Berbenno e nel 2000 Salvi lo segue nell’esecuzione del graffito ad affresco realizzato nella sala della Pro Loco. Da ricordare l’importante mostra esposta in Sala Manzù a Bergamo nel 2007 con la pittrice Patrizia
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Bassanelli e dal 2009 sono in permanenza due sue opere al palazzo della Provincia di Bergamo nello Spazio Viterbi. Sempre nel 2009 la Camera di Commercio dell’Associazione di Bergamo lo premia con medaglia d’oro. Nel 2010 su commissione dell’Amministrazione comunale di Berbenno realizza l’affresco ”Cristo in croce” nel tamburo centrale del cimitero. Nel 2015 a Roma espone una sua opera a Palazzo Pontificio Marescotti in una mostra collettiva internazionale: ”Artisti per il Giubileo” in onore a Papa Francesco. Questo evento pittorico di Gian Maria Salvi, vuole ricordare i suoi 60 anni di pittura ripercorrendo in senso temporale, sia tecnico, sia tematico: le figure, i paesaggi, gli interni, i temi sacri, i graffiti ad affresco, il realismo astratto e l’astrattismo geometrico; presentando cinquanta tele, praticamente un’antologica con le più significative opere dipinte nel passato, dagli anni 70 sino alle più recenti di oggi vi invita a scoprire l’autentico artista nascosto che è Gian Maria Salvi che ha voluto omaggiare altri artisti imitando i loro lavori per consentire di conoscere più da vicino le diverse tecniche e i soggetti che affascinano da sempre l’arte. Gian Maria Salvi è il pittore che più d’ogni altro vuole essere un’erede dei pittori del passato portando avanti quella forza ed inventiva cambiando il modo di dipingere la realtà, rielaborando le sue opere rendendole contemporanee.Il mondo cambia, le generazioni si rin-
TERRITORIO novano, l’arte resta per sempre. Per l’occasione Salvi vuole omaggiare il pittore Mario Amedeo Cornali (1915-2011) presentando una sua retrospettiva biografica e fotografica dell’operato indelebile lasciato a Berbenno del compianto pittore del novecento. Importantissima la scelta del pittore berbennese Salvi di esporre le sue opere in una location di prestigio, quale quella della Casa del Previtali e tutti i berbennesi sono orgogliosi di Martino Previtali originario di Berbenno, della frazione di Pradigoldi-Prato del sole, mercante di corde e aghi trasferitosi con la famiglia a Brembate di Sopra dove nacque suo figlio Andrea Previtali nel 1480, un pittore dalle innate doti artistiche che lo condussero in giovane età a Venezia, uno dei principali centri artistici del tempo. L’opera di maggior valore di Andrea Previtali era certamente il polittico “Sant’Antonio abate, angeli e santi” dipinto attorno al 1510 e collocato nell’antica chiesa di Berbenno sino al 1782, acquistato poi dalla collezione Petrobelli nel 1833 ed infine donato all’Accademia Carrara di Bergamo, ove tuttora è visitabile. L’ultimo documento che testimonia in vita Andrea Previtali è del 26 febbraio 1528 e si è a conoscenza della
sua morte di peste avvenuta il 7 novembre 1528 nella sua casa alla chiesa di Sant’Andrea in Bergamo. L’amministrazione comunale di Berbenno ha acquistato e ristrutturato la Casa del Previtali nel 2010 e vuole ricordare il pittore Andrea Previtali, figlio di Martino, esponendo copie delle più importanti opere dell’illustre pittore bergamasco; seguendo un percorso mirato di mostre itineranti nei vari paesi bergamaschi, promosso e patrocinato dalla Provincia di Bergamo. Sabato 30 luglio alle ore 18 si inaugurerà con rinfresco la personale di Gian Maria Salvi con la presenza del presidente Rosaria Salvi della Pro Loco e il sindaco Claudio Salvi del comune di Berbenno. La mostra è allestita nella Casa del Previtali in Via Andrea Previtali 10 a Berbenno. L’evento pittorico è patrocinato dalla Pro Loco e Comune di Berbenno, nonch’è della Casa del Previtali e della Comunità Montana Valle Imagna-Monumento naturale Valle Brunone. Visita della mostra di pittura di Gian Maria Salvi con ingresso libero tutti i giorni con i seguenti orari:10-12 e dalle ore:17-20 sino al 15 agosto 2022. Salvi Gian Maria
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TERRITORIO
“L’ARTE NON HA ETÀ”
nella casa del PREVITALI a Berbenno (Bg) Prima Mostra personale di pittura di Giuseppe Prestifilippo Il pittore siciliano Giuseppe Prestifilippo nasce l’11 gennaio nel 1954 a Enna.Terminate le scuole elementari, a 10 anni, ha la fortuna di conoscere Gino Buscemi che a Enna era un rinomato pittore, decoratore, stuccatore e tappezziere, il quale lo assume come apprendista sino ai 18 anni. Carmelo Cammarata, Guardia di Pubblica Sicurezza, nel 1973 convince Giuseppe Prestifilippo ad arruolarsi e inizia un percorso in tutta Italia, prima alla scuola Allievi Guardie a Piacenza, poi a Roma, Caserta e infine a Milano nel secondo Reparto Celere. Nel 1975 si trasferisce su richiesta alla Questura di Bergamo; da precisare che nel frattempo nel 1982, le guardie di P.S. vengono smilitarizzate e non fanno più parte delle Forze Armate ma del Ministero degli Interni, diventando così Polizia di Stato. Nel frattempo Prestifilippo viene assegnato all’Ufficio Volanti Controllo del Territorio, questo gli permette di conoscere la città di Bergamo in ogni suo angolo. Nel 1990 passa direttamente alla Sezione Postale di Bergamo sino alla meritata pensione. Giuseppe Prestifilippo sin dall’infanzia ha sempre amato dipingere e colorare con pastelli, è un autodidatta, questo gli rende merito e continua con molta passione. Nel 2018 si trasferisce a Berbenno in Valle Imagna, paese di origine della sua compagna, scopre una rara tranquillità a vivere nel verde accompa-
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gnato dai meravigliosi scenari dei tramonti ed insegue un’altra passione, quella di coltivare la terra e seminare nel suo orticello, prova soddisfazione nel vedere il miracolo della vita della crescita degli ortaggi e dei fiori. Qualche tempo fa il suo nipotino Ettore, di 6 anni, gli commissiona un quadro raffigurante la “Dea Atalanta” per la sua cameretta e da allora a Giuseppe si è accesa la fatidica scintilla e non si ferma più... dipinge in continuazione. Le opere di Prestifilippo meritano tuttavia un’attenzione particolare per la profondità e il vigore espressivo che le caratterizzano, egli predilige soggetti paesaggistici, fiori, animali e altri generi dal figurativo alle nature morte; l’artista siciliano con accuratezza gestisce con padronanza l’impasto dei colori ad olio o acrilici, tanto da ottenere accostamenti cromatici delicati e vivaci, quasi la luce stessa si
TERRITORIO scomponesse sulla tela per effetto di rifrazione si dissolve in rappresentazioni ben definite, sottintese dal mutare delle tonalità o delineate da un segno essenziale intriso nel colore. L’espressione pittorica appena intrapresa da Prestifilippo si apre verso una prospettiva molto ampia, entro la quale sarà si possibile individuare modelli estetici funzionali alla forma ed è qui la capacità di cogliere il richiamo velato della meraviglia di una sensazione intensa nella misticità di nuove sensazioni interiori, dando il tempo alla meditazione, quasi a suggellare una coerenza coraggiosa e votarsi esclusivamente alle forti emozioni. Ed ora a 68 anni, per Prestifilippo si prospetta un’occasione unica di allestire una sua mostra di pittura personale, prima in assoluto nella sua storia, dal tema “L’arte non ha età” con il preciso obiettivo di valorizzare il lavoro di questo artista facendosi conoscere più da vicino al pubblico, mettendo in mostra le sue più belle e recenti creazioni esponendo in mostra le sue tele. Su invito della Pro Loco di Berbenno con
il suo presidente Rosaria Salvi, dal 2 al 17 luglio 2022 a Berbenno nella Casa del Previtali in Via Andrea Previtali n. 10, verrà allestita la mostra. Inaugurazione con rinfresco sabato 2 luglio alle ore 18,00 con la presenza di autorità comunali di Berbenno. Il pittore siciliano Giuseppe Prestifilippo avrà l’occasione della sua vita di presentare orgogliosamente le sue ultime opere, un trampolino di lancio verso il suo futuro pittorico. La mostra è patrocinata dalla Pro Loco Berbenno, il Comune di Berbenno, la Casa del Previtali e della Comunità Montana Valle Imagna-Monumento naturale Valle Brunone. La mostra con ingresso libero è aperta tutti i giorni dalle ore:10-12 e dalle ore:15-19. Un richiamo all’attenzione dei signori amanti dell’arte, non perdete questo evento storico del pittore Giuseppe Prestifilippo. Contattatelo se desiderate via e-mail: prestifilippo1954@libero.it oppure al suo cellulare 3496488442. Salvi Gian Maria
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Quiz 1) Quale mostro secondo la mitologia greca fu rinchiuso da Minosse nel Labirinto? 2) Chi conquistò, con l’aiuto di Medea, il vello d’oro »? 3) Quale grande musicista nacque a Roncole di Busseto? 4) Quale grande musicista nacque a Bonn? 5) Come si chiama la gara di atletica leggera che si compone di 10 specialità? 6) Di quante specialità sportive si compone il pentathlon? 7) Quanti furono i Re di Roma? 8) Milano è a destra o a sinistra del Po? 9) In quale città si trova l’Accademia di Santa Cecilia? 10) In quale parte del corpo si trova la rotula?
1) Minotauro 2) Giasone 3) Giuseppe Verdi 4) Beethoven. 5) Decathlon. 6) Cinque. 7) 8 e non 7. Fu Re di roma anche Tito Tazio Re dei Sabini che regnò insieme a Romolo. 8) A sinistra, la destra o la sinistra di un fiume si calcola mettendosi con le spalle alla sorgente. 9) Roma. 10) Ginocchio.
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L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Rifacimento Struttura IT Lavoro di rifacimento struttura IT industria manifatturiera italiana mondiale “Rifacimento IT completo della struttura informatica obsoleta con nuovi apparati e componentistica all’avanguardia”
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L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Uno dei lavori maggiori che ha occupato HkStyle e il suo staff tecnico, è stato il rifacimento dell’intera infrastruttura di rete di un’azienda manifatturiera italiana, produttrice a livello mondiale. Il progetto si è rilevato abbastanza complesso, data l’enorme quantità di punti d’accesso che dovevano risultare funzionanti e pronti all’uso: la struttura doveva coprire quasi 300 punti di rete. La struttura è stata ricreata da zero, partendo da una vecchia disposizione, orUno degli armadi ricablati e configurati da HkStyle durante il suo lavoro mai obsoleta e fuori standard, fino ad un rifacimento completo di apparati e dispositivi di comunicazione. HkStyle si è occupata dell’aggiornamento completo di ben 4 armadi di rete, disposti in modo differente all’interno dell’industria: • armadio Network CED Principale • armadio Network intermedio zona fabbrica • armadio network zona laboratori • armadio network magazzino
Fase di ricablaggio e pulizia
Work in Progress lavoro di rifacimento armadio di rete CED
L’intero sistema è stato costruito a fianco di un progetto di copertura Wi-Fi, predisposto nei vari uffici e settori. Il principale punto di controllo sviluppato da HkStyle è stato l’armadio CED di gestione telefonica e logistica della rete. Lo staff ha implementato differenti switch Ubiquiti, in grado di supportare carichi di navigazione Internet molto elevati, sia in download che in upload. Il traffico viene filtrato da un nuovissimo firewall Nethesis in grado, grazie alle sue caratteristiche, di garantire un controllo completo degli utenti ed elementi provenienti dall’esterno della rete. Il complesso viene gestito dal dispositivo 49
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Armadio CED prima dell’intervento dei sistemisti di HkStyle
Cloud Key Ubiquiti (controller di rete) applicato all’interno del sistema network per la gestione degli apparati
Cloud Key di Ubiquiti, in grado di configurare e mantenere costantemente monitorato lo stato degli apparati in qualsiasi istante, grazie all’accesso rapido al proprio pannello di controllo. L’intero ambiente di lavoro è stato predisposto ed installato per comunicare correttamente con tutti 50
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
quanti i client dell’azienda e tutti i telefoni VOIP presenti (cioè collegati in rete) sono stati riconfigurati tramite un centralino telefonico dedicato.
Lavoro di cablaggio e configurazione di rete verso la sua conclusione in armadio CED principale
Ricablaggio sezioni Lo stesso lavoro è stato effettuato in maniera ridotta ma performante nei successivi armadi presenti all’interno dei laboratori ed uffici, cercando di creare il minor disservizio possibile e rendere operativi tutti gli apparati nel migliore dei modi. Il lavoro di disposizione Wireless è avvenuto dopo la configurazione completa dei nuovi apparati, determinando correttamente la copertura offerta dagli innovativi Access Point (ripetitori che diffondono WiFi all’interno delle stanze) e calcolando i luoghi migliori in cui poterli posizionare. Sono stati installati 9 Access Point, 3 per ciascun piano, offrendo una copertura a tutti quanti gli operatori, ottenendo il massimo della velocità di navigazione possibile.
Uno degli armadi IT ripristinati all’interno dell’azienda da HkStyle 51
L’INFORMATICA SECONDO HKSTYLE
Il lavoro si è concluso dopo circa 2 giornate lavorative, completando le ultime configurazioni necessarie e dopo un check completo di funzionamento delle strutture applicate!
Conclusione lavoro I 250 punti di rete sono stati resi accessibili totalmente, fornendo un’elevata disponibilità di connettività libera.
Uno degli Access Point Ubiquiti utilizzati da HkStyle durante il lavoro di rifacimento struttura
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SPECIALE
IL TUMORE DELLA PROSTATA: L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile il cui compito principale è quello di contribuire alla produzione del liquido seminale. Questa ghiandola può essere colpita da diverse patologie come infiammazione, ingrossamento benigno, tumore. Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile ma nonostante l’incidenza elevata il rischio di mortalità è basso, soprattutto in caso di diagnosi precoce. Uno dei principali fattori di rischio per il tumore alla prostata è l’età infatti le possibilità di ammalarsi aumentano sensibilmente dopo i 50 anni, circa due tumori su tre vengono diagnosticati in uomini oltre i 65 anni d’età. Altro fattore di rischio è la familiarità, ha più probabilità di ammalarsi chi ha un padre o un fratello con un tumore alla prostata. Nelle fasi iniziali il tumore della prostata non dà sintomi e viene spesso diagnosticato grazie alla visita urologica di prevenzione unitamente al controllo del PSA con un prelievo del sangue. Il PSA è un enzima prodotto dalla prostata, se presente nel sangue in quantità elevata fa emergere il sospetto che possa essere presente un tumore. I sintomi come la difficoltà ad urinare o ad iniziare la minzione, il bisogno di urinare spesso, la sensazione di incompleto svuotamento, la necessità di doversi alzare più volte interrompendo il sonno, il getto debole, sono solitamente dovuti all’ingrossamento benigno della prostata, malattia molto più comune del carcinoma dopo i 50 anni. Per diagnosticare un tumore della prostata
l’urologo può avvalersi della risonanza magnetica multiparametrica (RMN) per decidere se e come sottoporre il paziente a biopsia prostatica per identificare la presenza di cellule tumorali. Grazie all’utilizzo combinato di RMN e sonda ecografica (tecnica fusion) è possibile effettuare prelievi mirati, in pochi minuti con anestesia, in day hospital. Oggi sono disponibili diversi tipi di trattamento per il tumore della prostata. L’attenta analisi delle caratteristiche del paziente e della malattia permetterà all’urologo di consigliare la terapia più adatta. Laddove indicata, la prostatectomia radicale (cioè la rimozione dell’intera ghiandola prostatica) può risultare curativa se la malattia è ancora confinata alla prostata. Dal tumore della prostata si può guarire se diagnosticato precocemente e trattato correttamente. Poliambulatori San Flaviano Pralboino (Bs) 53
L’INTERVISTA
GIULIA LORENZIN, LA BUSINESS WOMAN DEL FASCINO... DIGITALE Questa è la storia di una imprenditrice digitale di successo e di una donna che ha scelto di non rinunciare alla propria femminilità, coniugandola con la professionalità e la voglia di fare. Giulia Lorenzin ha 26 anni, un fascino elegante e un’attività tutta sua. È lei la founder di Jul’s Communication (Digital Branding Atelier https://www.instagram.com/julscommunication/), uno studio di comunicazione dove ogni progetto viene cucito su misura, proprio come se fosse un abito. Ecco, Giulia è la dimostrazione che si può essere belle, femminili, ma soprattutto brave e capaci. Il percorso formativo parla per lei: un diploma al Liceo Scientifico, una laurea universitaria in Comunicazione e Marketing, un Master come Art Director. Riavvolgiamo il nastro e leghiamoci proprio al tuo rapporto con la fotografia. Amo la fotografia, ho iniziato a fare foto alla natura e alle mie amiche al Liceo durante un corso di fotografia. Nel tempo sono passata da “die-
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tro” l’obiettivo a davanti l’obiettivo... Ho iniziato a 19 anni con la mia prima sfilata, da lì sono stata notata e ho partecipato a vari concorsi che mi hanno dato vivibilità e aperto alcune strade... Volando più alta, la tua bellezza ti ha spalancato le porte dei più prestigiosi concorsi
L’INTERVISTA nazionali… Ho partecipato a Miss Mondo Italia e Miss Italia, ho conquistato fasce e sono giunta alle prefinali nazionali del più noto concorso tricolore. Quando sfilavo mi facevano i complimenti per il portamento e per l’eleganza, tutto merito della danza classica che mi ha sempre dato la possibilità di poter essere sempre fine e di classe. Finché poi, dal mondo dell’immagine sei transitata a quello della comunicazione digitale… su misura. Proprio così, un’esperienza davvero straordinaria, di cui sono orgogliosa! Ho uno staff di persone davvero incredibile, con loro andiamo a realizzare su misura la strategia, le campagne, il piano editoriale, i post, il template grafico in linea con il brand. Nulla di preconfezionato o prestabilito, il nostro lavoro è tutto ad hoc. In questo modo creiamo post sartoriali, in linea con la filosofia del brand, creando stile e design personalizzato. È fondamentale il dettaglio, evidenziare codici visivi su misura, come un abito
ad una sfilata. Quell’abito va esaltato, allo stesso modo il profilo social deve essere valorizzato come durante una sfilata. Tu incarni anche il ruolo della business woman che strizza l’occhio alla femminilità. Un’imprenditrice deve essere libera di vestirsi come vuole, la differenza la fa la qualità di ciò che si propone, e questo presuppone che io sia me stessa sempre. Può capitare che ad un appuntamento io sia femminile, sensuale, ma sempre determinata a mettere sul tavolo la mia competenza. I miei clienti, ne sono certa, mi scelgono per quello che a livello di comunicazione sono in grado di offrire e garantire loro. Ho un motto che mi caratterizza: se ti senti bene con te stessa, rendi il triplo e rigetti la negatività. Ed allora io voglio essere elegante e provocatrice, voglio rompere il pregiudizio della bionda e bella che non sa fare nulla. Che rapporto hai con i social? È importante essere noi imprenditori il primo canale social della nostra azienda. Da questa visione ne consegue ogni ulteriore azione. Oltre ai mille impegni e alle relazioni fisiche, ad 55
L’INTERVISTA oggi è importante integrare le relazioni virtuali e comunicare con i followers con sincerità coinvolgendoli nella propria quotidianità. I tuoi numeri e il tuo engagement dicono che ti stai conquistando lo status di influencer… Mi reputo innanzitutto un’influencer nella mia vita reale. Mi alzo ogni giorno con la voglia di ispirare le donne ad agire e ad inseguire i loro sogni. E se penso ai social… rispondo che sì, penso anche in questo modo di essere un’influencer, le tante collaborazioni avute mi hanno restituito questo feedback. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/giulialorenzin_
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BANDI PROMOSSI DA REGIONE LOMBARDIA a cura di Francesca Ceruti Consigliere Regione Lombardia BANDO INNOVATURISMO Interventi per migliorare le offerte turistiche. Contributi sino al 60%. Destinatari: micro, piccole e medie imprese Domande fino al 30.09.22
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L’INTERVISTA
FRANCESCA FERIGO: L’INFLUENCER CHE ORGANIZZA EVENTI DA FAVOLA Dal mondo della fotografia a quello dell’organizzazione degli eventi. Dalle luci dei riflettori puntati addosso al meticoloso lavoro nel dietro le quinte per fare in modo che tutto sia semplicemente perfetto. Per Francesca Ferigo, digital influencer e titolare della FF Agency, la svolta è stata netta. Una lunga carriera fra shooting, fiere, collaborazioni con aziende, sfilate e chi più ne ha più ne metta. Sulla sua immagine ha costruito un personaggio vero, autentico, brillante. Poi, improvvisa ma non troppo, è arrivata la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo. Ed è così che Francesca si è trasformata in una imprenditrice di successo impegnata a curare staff qualificati di hostess e professionisti dell’hospitality per far sì che ogni evento possa risultare indimenticabile. “Sul campo ho visto, sentito, imparato tutto ciò che riguarda questo settore – racconta – Così, dopo aver vissuto anni in prima linea, ho deciso di cambiare il mio ruolo senza abbandonare un mondo che amo. Ed eccomi qui, in versione business woman”. La sua agency è orientata sia sulla comunicazione digitale (e come potrebbe non esserlo considerato il seguito a cinque zeri che ha su Instagram) sia sulla comunicazione d’impresa con effetto sorpresa. Nelle prossime settimane, quando l’estate entrerà nel vivo, sarà protagonista di un evento esclusivo che verrà ospitato a Porto Cervo, su alcuni degli yacht che colpiscono turisti e curiosi al primo sguardo. Ecco, in quell’occasione, sarà lei a costruire un party destinato a rimanere nella memoria degli ospiti che parteciperanno. Questo nuovo ruolo ti piace… Eccome, lo sento davvero mio e sto dando tutta me stessa per far sì che io possa continuare nel mio percorso di crescita sia lavorativo che umano. Dopo tanti anni vissuti sul set, sentivo la necessità di 58
L’INTERVISTA qualcosa di nuovo. Ero combattuta, perché il mondo dell’immagine fa parte di me fin da quando ero poco più che adolescente. Così, ho deciso di buttarmi e ho creato un’agenzia tutta mia. Un bel salto nel buio… Ho iniziato lavorando soprattutto su contenuti digitali, poi ho deciso di aprirmi all’organizzazione degli eventi. All’inizio il mio centro di gravità era costituito soprattutto da Milano, poi pian piano sono iniziate ad arrivare richieste da ogni parte d’Italia. Ho appena concluso eventi a Bologna e nel Centro Italia, mi preparo per agosto quando sarò in alcune delle più rinomate località di mare italiane. Di recente però sei stata protagonista in quel di Milano… Ho avuto il piacere di curare un evento milanese per VaporArt, al quale hanno partecipato anche la “iena” Matteo Viviani e la modella Liudmila Radchenko. Abbiamo creato un evento mondano con ospiti vip e presenze che hanno riconosciuto la creatività artistica della location e della serata. Ecco, mi piace stupire, e poterlo fare a Milano, capitale europea della moda e del design, è qualcosa che riempie di soddisfazione le mie giornate. Insomma, non si finisce mai di lavorare… Ma quando si lavora divertendosi… tutto è straordinariamente più facile! Ho la fortuna di avere al mio fianco persone davvero straordinarie, un team che rende ogni ostacolo più semplice da superare. Io aggiungo la mia esperienza, la mia
esuberanza, la mia voglia di fare. Cos’altro dobbiamo aspettarci da te? Come detto, sarà un’estate “caldissima” durante la quale ho intenzione di continuare a stupire. Odio la banalità e gli eccessi, ma adoro ricercare quel dettaglio che una persona non si aspetta di trovare. Ecco, sto lavorando per lasciare senza parole i miei ospiti, chiunque essi siano… CONTATTI SOCIAL @francescaferigo
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ED È POESIA
“Avanzi di colore”
Nello spazio ristretto d’una stanza figure tracciate a matita s’un crepuscolo fitto e silenzioso s’espandono e tutto si confonde tra puntini sospesi d’un tratto di poesia. Un foglio dove planano i pensieri dove anche il cuore perde quota spalmandosi lungo una tela sgualcita tra un rigo e l’altro della fantasia. Parole che restano arruffate tra il nero corvino d’un antico inchiostro e pergamene arrotolate con un rosso nastro all’angolo di casa. Non c’è tempo che il tempo possa cancellare, non c’è solitudine che si possa colmare, solo versi su versi a rammentar ciò che è stato e ciò che di noi sarà domani. Nello sguardo ondulato di trine raccolte trasparenze opache slacciano memorie e con avanzi di colore dipingo l’alba. Rosa Leone
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L’INTERVISTA
SASSOLINA: LA DONNA LA FOTOGRAFIA L’ARTE
Elegante, femminile e piena di creatività. Una donna curiosa e ambiziosa che, nel pieno della pandemia, ha scelto di intraprendere una strada che l’ha portata dritta dritta sotto i riflettori, fino a diventare protagonista di set fotografici e “personaggio” sui social network con quasi 15mila followers. Sassolina, il nome d’arte ereditato dalla giovane età, sprizza femminilità e sensualità, alla faccia dell’età anagrafica e di quel che racconta la carta d’identità. “E’ accaduto tutto durante e subito dopo il lockdown – racconta – sono stata contattata da un fotografo, ho accettato la sfida di mettermi in gioco in campo fotografico, e come si sa… da cosa è nata cosa”. Manco a dirlo, sono bastate poche foto per generare una spasmodica attenzione nei suoi confronti… La fotografia da passione è diventata una piacevole routine… Proprio così: un paio di volte al mese accetto la sfida di mettermi in gioco davanti all’obbiettivo di fotografi, ormai sempre più spesso professionisti. Di frequente sono coinvolta in progetti che mi portano in giro per l’Italia, alla scoperta di luoghi incantevoli. Tutto questo però non mi ha cambiata: rimango una donna impegnata in ambito professionale, dai valori che non lasciano spazio al compromesso, capace di apprezzare il bello che sta attorno a me. 62
Non solo immagine… Ho due diplomi, vivo a due passi dal Lago di Como, sono una donna che vede sempre e comunque il bicchiere mezzo pieno. Adoro tutto ciò che fa parte dell’enogastronomia, a tal punto da aver viaggiato appositamente per togliermi delle soddisfazioni indimenticabili. Ah, poi naturalmente c’è l’arte, mia fedele compagna di viaggio. E qui si apre un mondo… Due anni fa mi venne proposto di posare. Fu quello il mio trampolino di lancio, perché, diciamolo, ho accettato appena me lo hanno chiesto! Da allora la voce si è sparsa e io ho avuto la fortuna di collaborare con amatori e professionisti, di realizzare una cinquantina di progetti che mi hanno portata anche a viaggiare in giro per il Nord Italia.
L’INTERVISTA Come mai vivi questa avventura? Perché volevo sfidarmi per vedere cosa sarei stata capace di raccogliere. Avrei sempre voluto lavorare in questo mondo, ma non ce n’è mai stata l’occasione… fino a due anni fa! La fotografia mi offre l’occasione per vedermi come… solitamente non mi vedo! E devo dire che è un gran bell’effetto. Mi piace l’idea di personificare qualcun altro, di entrare in un ruolo che di volta in volta mi vede sexy, pantera, maliziosa, innocente. Ogni volta, è una nuova forma artistica che si mette in gioco. Nel quotidiano, che persona sei? Tengo a freno il mio lato più femminile e do spazio alla mia gentilezza, determinazione, pazienza. Fisicamente, adoro il mio viso e l’espressività dei miei occhi. Mi piace essere femminile ed elegante, mai volgare, mettendo in mostra innanzitutto la mia sensualità. Nelle fotografie questo aspetto mi caratterizza: evito tutto ciò che è volgarità e ostentazione, preferisco far immaginare l’uomo che guarda. Tutto questo fa volare la fantasia… Senza necessariamente spogliarmi. Non solo fotografia: l’enogastronomia è parte
di te. È uno dei piaceri della vita che voglio coltivare. Adoro selezionare ristoranti curati o stellati, andarci, e poi lasciare un mio pensiero sull’esperienza vissuta. Attraverso il mio profilo, spero di essere di aiuto a chi va in cerca di posti in cui il cibo si associ al relax e all’esplosione di gusti tipici. Anche il cibo è arte, non vi pare? CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/sassolina73 Credits fotografici @saveriofrancogreco_ph @den_underskin @robert.reinhard.photography
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Almenno S.Bartolomeo (Bg) Galleria La Fornace Tel. 338 683 00 96 - www.ariannalatelier.com