Anno 28 - N°08 del 11/07/2022 - www.newentrymagazine.it - redazione@newentrymagazine.it - Per la tua pubblicità: 347.73.52.863 Gianluca Boffetti
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BRESCIA - MANTOVA - CREMONA
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IN BREVE..
pag.2 La prostata pag.5 Lo sconforto pag.8 Moscardini al su go pag.20 L’uva e la volpe pag.24 Fiume Strone pag. 30 Il cane Hachikò
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POLIAMBULATORI SAN FLAVIANO IL TUMORE DELLA PROSTATA: L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile il cui compito principale è quello di contribuire alla produzione del liquido seminale. Questa ghiandola può essere colpita da diverse patologie come infiammazione, ingrossamento benigno, tumore. Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile ma nonostante l’incidenza elevata il rischio di mortalità è basso, soprattutto in caso di diagnosi precoce. Uno dei principali fattori di rischio per il tumore alla prostata è l’età infatti le possibilità di ammalarsi aumentano sensibilmente dopo i 50 anni, circa due tumori su
Dott. Francesco De Luca Urologo 02
tre vengono diagnosticati in uomini oltre i 65 anni d’età. Altro fattore di rischio è la familiarità, ha più probabilità di ammalarsi chi ha un padre o un fratello con un tumore alla prostata. Nelle fasi iniziali il tumore della prostata non dà sintomi e viene spesso diagnosticato grazie alla visita urologica di prevenzione unitamente al controllo del PSA con un prelievo del sangue. Il PSA è un enzima prodotto dalla prostata, se presente nel sangue in quantità elevata fa emergere il sospetto che possa essere presente un tumore. I sintomi come la difficoltà ad urinare o ad iniziare la minzione, il bisogno di urinare spesso, la sensazione di incompleto svuotamento, la necessità di doversi alzare più volte interrompendo il sonno, il getto debole, sono solitamente dovuti all’ingrossamento benigno della prostata, malattia molto più comune del carcinoma dopo i 50 anni. Per diagnosticare un tumore della prostata l’urologo può avvalersi della risonanza magnetica multiparametrica (RMN) per decidere se e come sottoporre il paziente a biopsia prostatica per identificare la presenza di cellule tumorali. Grazie all’utilizzo combinato di RMN e sonda ecografica (tecnica fusion) è possi-
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bile effettuare prelievi mirati, in pochi minuti con anestesia, in day hospital. Oggi sono disponibili diversi tipi di trattamento per il tumore della prostata. L’attenta analisi delle caratteristiche del paziente e della malattia permetterà all’urologo di consigliare la terapia più adatta.
Laddove indicata, la prostatectomia radicale (cioè la rimozione dell’intera ghiandola prostatica) può risultare curativa se la malattia è ancora confinata alla prostata. Dal tumore della prostata si può guarire se diagnosticato precocemente e trattato correttamente per questo vi invitiamo a prenotare una visita preventiva con il Dottor Francesco De Luca, in precedenza primario presso l’ospedale Sacco di Milano, ora presente presso i Poliambulatori San Flaviano. POLIAMBULATORI SAN FLAVIANO Via Garibaldi 35 25020 Pralboino BS Tel. 030/954.649 www.poliambulatorisanflaviano.it
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NEW ENTRY MAGAZINE Quindicinale d’informazione sociale e culturale a distribuzione gratuita
PENSIERI E PAROLE
NON SOLO IL PRESENTE!
Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M.
Anno 28 - N°08 del 11/07/2022 La nostra sede: Brembate di Sopra (Bg) - via Tresolzio,48
Per sopravvivere abbiamo bisogno di strategia, il problema è che è diversa per ognuno di noi, ciascuno decide da solo come salvarsi, è strettamente individuale. Se nel sonno e nella morte ognuno entra da solo non sawww.newentrymagazine.it rebbe così anche con la salvezza? Il cristianesimo è reliNew Entry il giornale della gente gione della comunità, dell’unione con gli altri, ma mantenendo la specificità, irrepetibilità della propria persona. New Entry Boffetti Gianluca I dettagli sono essenziali, quelli che di solito disprezziamo, considerandoli insignificanti. newentrymagazine Invece sono importanti, decisivi. Finalmente abbiamo caNew Entry Television pito di non essere gli uomini onnipotenti, capaci di sottomettere il mondo alla propria volontà, di governare la I NOSTRI CONTATTI natura, di trasformare l’universo. redazione@newentrymagazine.it Adesso è il microcosmo che decide i nostri destini, da lui bergamo@newentrymagazine.it viene il nostro sterminio, forse da lui verrà la nostra salvezbrescia@newentrymagazine.it za. Non dai santuari vuoti, dove entravamo con i soli corpi, Info pubblicità: 347 73 52 863 ma dal calore del santuario interno. La differenza stà nei dettagli, piccoli, invisibili, quasi impercettibili. A volte un piccolo cambiamento contribuisce alla raccolta di giganteschi risultati. Come nella parabola del cieco mendicate. “Un mendicante cieco stava seduto sul marciapiede e nel cappello davanti a lui solo qualche spicciolo. Da li è passato un pubblicitario, si è fermato e ha letto la scritta sul cartone: Sono cieco, aiutatemi! Voltando il cartone ha scritto qualcos’altro. Dopo un’ora è ripassato e ha visto che il cappello era pieno di soldi. Il mendicante, percepita la sua presenza e accortosi di quello che era successo ha chiesto spiegazioni. -Niente di speciale-è stata la risposta. Ho solo scritto in un’altro modo le tue parole. Il cieco non ha mai saputo che dalla parte opposta c’era scritto: “Oggi è primavera ma io non la posso vedere!” Ci auguriamo altre primavere, ci auguriamo occhi con cui le possiamo vedere! Darina Naumova 04
EDITORIALE
LO SCONFORTO E’ inutile nasconderlo: sono periodi difficili, complicati, confusi, oscuri nei quali cerchiamo in qualche maniera di sopravvivere. D’altronde tra il Covid che non molla la presa, le guerre, le violenze inaudite che accadono ogni giorno, trombe d’aria, terremoti e vulcani che si risvegliano, la siccità che si fa sempre più critica, il lavoro sempre più a rischio, gli aumenti esagerati delle bollette del gas e corrente elettrica e la crisi economica si vorrebbe veramente voltare pagina, lasciarsi tutto alle spalle e non avere più questo carico di preoccupazioni. Vorrei che finisse, vorrei tornare a vivere una vita serena, normale. Purtroppo, la realtà è che la soluzione al problema richiederà tempo. Qualche anno, non qualche mese. Sperando che vada bene, e non si aggiungano altri carichi nel frattempo. Oltretutto non abbiamo nemmeno il tempo di abbandonarci allo sconforto, ci tocca prendere coraggio e resistere alla sensazione di sentirsi schiacciati. Ci tocca sondare possibilità, non cedere allo sconforto, non cedere alla nostalgia della quiete e camminare per questo sentiero stretto, a rischio di scivolare ora su un versante ora sull’altro. Un passo alla volta. Ci vuole molta concentrazione, è tempo di serietà. Perché alla fine ciò che fa stare peggio è farsi prendere dalla voglia infantile di sedersi e lamentarsi, imbronciati col mondo intero. Non è un brutto sogno da cui svegliarsi e scoprire che invece va tutto bene. È la realtà da affrontare. Lo sconforto ci porta in terre di impossibilità, di paura, di fantasmi dalle forme sfuggenti e mutevoli. Sono terre che risucchiano una gran quantità di energia, e imprigionano come sabbie mobili. Aiuta avere qualcuno che, concentrato sulla realtà, ci dà una mano per uscire da lì. E aiuta farsi coraggio, armarsi del principio di realtà per allon-
tanare le paure del mondo interiore. Non cedere allo sconforto, a volte, può essere anche un atto di volontà, fatica cosciente di guardare quel che c’è, così com’è. Dopo, si è fuori dalla palude. Si cammina, e ogni passo raccoglie un po’ di forza per il passo successivo. Si cammina, si guarda il paesaggio, ci si accompagna con altri compagni di viaggio. Non sarà sicuramente la felicità, ma la pienezza della vita, sicuramente... Nel bene o nel male bisogna vivere appieno questa vita ricca più che mai di insidie ma, anche se è una frase fatta, piangersi addosso non serve ad altro che peggiorare le cose. E ce lo insegnano anche alcune citazioni ormai divenute famose: Solo chi ha sperimentato la luce e l’oscurità, la guerra e la pace, l’ascesa e la caduta, solo quella persona ha veramente sperimentato la vita. (Stefan Zweig) La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta. (Confucio) Ogni fallimento è un passo verso il successo. (William Whewell) Solo coloro che hanno il coraggio di affrontare grandi insuccessi possono ottenere grandi successi. (Robert Kennedy) Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci. (Jim Morrison) Gianluca Boffetti 05
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Ingredienti per 4 persone 500 grammi di moscardini 1 bicchiere di salsa di pomodoro 1 acciuga 1 spicchio d’aglio 1 cipollina 1 bicchiere di vino bianco secco 2 cucchiai di olio di oliva prezzemolo tritato sale e peperoncino a piacere 50 grammi di cous cous e acqua salata per bollire 2 cucchiai di burro Preparazione Nell’olio rosolare la cipollina, l’aglio, peperoncino e l’acciuga, aggiungere i moscardini, quando il sughetto comincia ad asciugare versare un bicchiere di vino bianco secco. Aggiungere dopo qualche minuto la salsa di pomodoro e proseguire la cottura (in tutto serviranno circa
20 minuti). Controllare solo a fine cottura se il piatto ha bisogno di sale. Nel frattempo cuocere il cous cous in acqua salata, lasciarlo gonfiare. Mentre si raffredda aggiungere il burro e con la forchetta dividere i chicchi. Oliare degli stampini e presentare il piatto con i moscardini e un tortino di cous cous. UN’IDEA DIVERSA: PER DARE COLORE E INSAPORIRE IL COUS COUS AGGIUNGERE DELLO ZAFFERANO. Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna
PIATTO TERRA O MARE Ingredienti per 4 persone: 3 – 4 fette di pesce spada 200 grammi di funghi misti (ho scelto i surgelati) sale e pepe 2 cucchiai di burro, olio di oliva 2 scalogni, farina, vino bianco
Preparazione ricetta: Rosolare gli scalogni tagliati sottili nell’olio di oliva, aggiungere i funghi scongelati e cuocere per 5 minuti. Nel frattempo tagliare a dadini il pesce spada, infarinarlo e aggiungerlo ai funghi, salare e pepare e rosolare assieme. Quando gli ingredienti saranno ben rosolati sfumare con un bicchiere di vino bianco, e quando il vino sarà 08
evaporato il piatto sarà pronto. Prezzemolo tritato o rucola per decorare il piatto.
Anna - www.cucinacreare.it
ANIME NEL VENTO
ARGIA
Argia è un nome, che sa di memorie di bellezze genuine di fantasie remote.
ED È POESIA
“INCANTO”
Di lei nel cuore filoni di ricordi a profusione barbagli effluvi incandescenti. Amore era il nome del suo sposo innanzi tempo volato in cielo aveva lasciato in lei, in dono tenerezza infinita,nostalgia minuta. Solevo con piacere ascoltarla mentre al presente riportava gesti, emozioni volti, sussulti, dolori. Angelo fra gli angeli volata in cielo l’immagino solerte narrare ridonare al mondo piacere e condivisione riannodare fila antiche richiamando l’antico bambino di egli riportare genuina allegria. Grazie Argia per il tuo essere stata nella semplicità esempio di amore per la vita di spontanea grazia. Milena la mamma di Vittoria e di Celeste 10
Ti sta d’incanto quel sorriso. Illumina il tuo viso, risplendono quegli occhi che si chiudono ai rintocchi di campane in lontananza, mentre sopraggiunge una fragranza dal lieve vento spinta, fluttua oltre oltre la cinta dolce profumo di mele e amaretto, quasi si scorge il rosso cappuccetto che si accinge a portare quel cestino alla nonninna malata che attende nel lettino. Ti sta d’ incanto, sai, quella fossetta, e la tua bocca che al complimento balbetta. Si abbassano le ciglia e il profilo si assottoglia, un profumo di vaniglia quando il tuo capello si scompiglia. Donna, non più ragazza sei, sono oggi ventise, le candeline su quella torta, la tua gonna un po’ più corta con camicietta di trasparenze che risaltano movenze al di là delle apparenze, tu non segui le tendenze. Un orecchino soltanto ed il rossetto amaranto.. Beh...ti sta d’ incanto. Masnovo Elisa Ottobre 2021
FASHION AND STYLE BY ROMINA SIRANI Con l’arrivo della bella stagione abbandoniamo gli stivali e scarponcini per dare via libera a decolletè e sandali!! Anche se i boot restano comunque di tendenza, i marchi più importanti danno via libera alla fantasia proponendo calzature dai modelli futuristici ed eccentrici. Il trend principale che delinea la stagione 2022 sono le linee affusolate ed a punta delle decolletè che slanciano la figura, modelli che ricordano gli anni ’50, resi attuali da curve e spigoli a contrasto, nei colori dalle tinte forti come il fucsia, l’arancione, il verde acido ed il turchese. Comodi e preziosi per regalare centimetri in più ma senza rinunciare alla comodità sono le calzature platform, piatti ed uniformi oppure esagerati e in versione zeppa oppure con maxi plateau e block heel in stile anni settanta. Altro decennio che ritorna in auge sono gli anni
’90 con i sabot e mule minimali ma eleganti e raffinati. I sandali invece vengono impreziositi da dettagli come cristalli colorati, inserti in pelliccia, texture inedite e tacchi scultura. Per chi ama la comodità e semplicità può puntare alle ballerine, ai mocassini, alle infradito, ai sandali alla schiava oppure sportivi regalando un tocco di colore forte per identificare questa stagione di rinascita. Per questa stagione sicuramente abbiamo l’imbarazzo della scelta e possiamo adattare i nostri accessori agli outfit creando il look che meglio ci rappresenta!!! Romina Sirani
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PENSIERI E PAROLE
I MILLE USI DELLA LAVANDA La lavanda era conosciuta già nell’Antico Egitto dove era usata nel processo di mummificazione; nel Medioevo si usava per lavare e disinfettare pavimenti; i Romani ne mettevano rametti nell’acqua dei bagni termali e ne facevano decotti per uso esterno; nell’800 si profumava il bucato con qualche goccia nell’acqua. È una pianta apprezzata da sempre per i suoi mille usi e per il suo profumo inconfondibile. Dalle infiorescenze si ricava un olio essenziale ricco di proprietà sedative, antispastiche, antinfiammatorie, con azione sebo-regolatrice e battericida, utile contro l’acne. Diffondere nell’ambiente qualche goccia di olio essenziale di lavanda tramite un brucia-essenze è un ottimo modo per favorire il rilassamento e scongiurare l’emicrania. Anche la tisana alla lavanda è molto calmante, adatta contro l’insonnia e si rivela anche un valido aiuto contro le infiammazioni respiratorie. La tradizione insegna anche che strofinare della lavanda o applicare dell’olio essenziale sulle punture degli insetti calma il prurito; non a caso le sue spighe favoriscono la guarigione delle piccole ferite cutanee. La lavanda è una pianta
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che attira pure farfalle e api. La coltivazione più famosa di lavanda è in Provenza, ma anche in Italia ci sono piantagioni di lavanda di varie specie, che formano un meraviglioso tappeto violetto il cui profumo così penetrante e piacevole pare irrompere perfino attraverso lo schermo o le fotografie. La lavanda tollera bene la siccità e le alte temperature, dunque anche in questa estate bollente e secca dovrebbe resistere sia nelle colture che nei nostri giardini. La mia lavanda infatti è meravigliosamente fiorita e regalerà un inebriante profumo anche quest’anno ai miei armadi. Ornella Olfi
PENSIERI E PAROLE
MACCHIA DI SANGUE Mio marito, ieri mattina, alle prime luci del giorno, mentre si recava al lavoro non ha potuto fare a meno di notare sfilare, avvolto dalla pace della notte, sulla ferrovia sfrecciare lento e maestoso un convoglio di carri armati riccamente illuminati. Immobile è rimasto, rimirando il cordone sparire inghiottito dalla distanza. Nel riportare l’evento una stretta allo stomaco ci ha pervasi, incupito lo sguardo. Alla mente sono risalite immagini di vecchie pellicole di films in bianco e nero; presagi arcani, funeste considerazioni. La guerra fra Russia ed Ucraina continua, imperterrita, ha superato i cento giorni. Nonostante i tentativi di pace sembra che nulla voglia andare per il verso giusto. Nel frattempo, in nome di una guerra che forse neppure ci appartiene ma alla quale siamo chiamati a pagarne lo scotto, siamo stati colpiti dai rincari della vita, dei generi primi alimentari. Il nostro interrogativo, come genitori, è stato il porsi la domanda verso quale genere di mondo stiamo andando? Quale futuro si prospetta per i nostri figli? Come società, valori fondamentali, principi? Quali forze sotterranee, quali interessi economici muovono le fila del conflitto? Non voglio puntare il dito contro nessuno, non ho conoscenze politiche tali che mi permettono di dare un giudizio. Non voglio fare dei russi degli assassini e degli ucraini degli angeli. Probabilmente ciascuno avrà la propria parte di colpa; allo stesso modo con cui l’hanno gli americani, gli europei, gli orientali nello scegliere di fornire armi piuttosto di puntare sulla negoziazione. Le armi generano armi, non portano a nulla di buono. L’odio genera odio. La morte genera morte e rancore. Da insignificante spettatrice di un mondo davanti al mondo mi permetto di esprimere dolore
e disappunto, preoccupazione profonda, paura. A tutti coloro che stanno soffrendo, alle famiglie russe ed ucraine che stanno sacrificando figli e congiunti porgo la mia umile vicinanza e preghiera nella speranza che, a breve, i potenti della terra si ravvedano ed operino in modo coscienzioso per il bene comunitario tralasciando da parte gli interessi economici. Sta di fatto che a Remedello, piccolo paesino, della bassa bresciana, sia passato un convoglio di armi, destinato chissà dove, in una notte fra le mille, sublime eppure monotona. Una macchia di sangue, rosso vivo, di morte e di paura, ha tinto il vello stellato. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
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ED È POESIA
ED È POESIA
“OVUNQUE”
“AMARSI ANCORA”
Ti ho cercata ovunque, per tutta la vita: ho rincorso i giorni, i mesi, gli anni. Ho atteso onda dopo onda, ho chiamato il tuo nome nel vento. Ho buttato le parole nella tempesta che piegava e faceva gemere gli alberi. Nel bagliore della luna che squarciava la notte, nel sole che moriva all’orizzonte, nel rosso screziato di giallo. Ti ho rincorsa attraverso il tempo e lo spazio solo per raggiungerti e dirti ti amo. Enrico Savoldi
La notte non s’arresta un’ora, al chiarore della luna, illuminare ogni strada, saggia è senza una tormenta, ben felice alla visione degli innamorati a scoprir il bel vedere, il sorriso al ben pensare. Ogni giorno ad aspettare il tramonto da venire, un bacio ancora l’innamorato colse e la luna a coprire tutta la notte, presto presto la mattina, l’alba chiara s ‘avvicina, lento lento in quel momento chiude gli occhi e mano nella mano s’addormenta... BMG
“IL SILENZIO”
“MINA”
Cade il momento dei sogni, il frastuono della realtà batte i rintocchi del tempo, avvolge il pensiero di colei che ha smesso di sperare, il silenzio accompagna l’anima... la solitudine ne fa da padrone. Scalvini Roberta
Il nostro micio è ritornato è distrutto poveretto, un pirata l’ha investito bastardo maledetto. Quattro giorni ha impiegato ma da noi è ritornato, il dottore l’ha operato, è gravissimo poveretto. Il suo Calvario è cominciato, non so se dal Golgota con le sue zampette ridiscende, o con le ali, al cielo ascende, comunque vada è stato un grande, che lezioni ci ha impartito, tanto amore ha regalato e nel nostro cuore non solo si è insinuato. ma una gigantesca impronta HA LASCIATO. Giordano
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TERRITORIO
I 100 ANNI DI MARIETTA CALZONI Per 30 anni ha abitato a Mezzane assistendo lo zio Don Francesco, Parroco nella frazione calvisanese dal 1942 a 1972 Maria Calzoni, amata e stimata, col nome di Marietta a Mezzane di Calvisano, sabato 18 giugno a Pompiano ha spento le 100 candeline. Una festa grande nel paese dove era nata nel 1922, e ritornata, dopo essere stata per 30 anni dal novembre 1942 al giugno 1972 nella frazione calvisanese. Qui ebbe il ruolo di assistente, segretaria, donna di casa, in aiuto allo zio don Francesco Calzoni parroco di Mezzane. A farle festa a Pompiano, nella sempre attiva e spaziosa sede degli Alpini, il sindaco Giancarlo Comincini, con un attestato di riconoscenza da parte dell’intera comunità, con l’affetto di una larga schiera di nipoti e pronipoti. Lei molto presente e ricca di ri-
Marietta premiata dal sindaco di Pompiano cordi, vive in buona salute e in modo autonomo. Molte le riconoscenze pervenute da Mezzane. Il padre Bortolo, fratello di don Francesco, svolgeva il lavoro di bidello-stradino-messo comunale e campanaro, sposato con Giulia Albertini, sei i figli nati, compresa Marietta. Lei in giovanissima età accom16
pagnò e si prese cura dello zio, fino alla sua morte avvenuta a Pompiano il 24 agosto 1978. Ricorda la piazza ricolma di fedeli quando lasciò nel 1930 Seniga, dopo 13 anni di curato, per andare a Calino e lei con lui. Dopo sei anni, prese dimora nella canonica mezzanese il 29 novembre 1942. Con Marietta, a Mezzane era presente anche la sorella più giovane Pasquina, che salirà al cielo prima dello zio. Con il suo tutto fare, Marietta è andata oltre la perpetua del passato, che assistevano i sacerdoti. Lei divenne una persona di riferimento nella Parrocchia, pronta a raccogliere le amicizie di tutto il paese, in particolare delle donne e fare da tramite al zio Parroco, quando lui impegnato nel suo attento lavoro pastorale, o nel giusto riposo del giorno. Alcune amicizie di quei lunghi trent’anni a Mezzane, sono continuate fino al giorni nostri. Nella frazione, la famiglia di Primo Marini con la moglie Maria Pialorsi, ha condiviso il cortile con il parroco e le nipoti per tutti i 30 anni. Marietta vedrà nascere il sottoscritto Marino nel 1943, Grandilia, mia sorella aveva già 5 anni, e Itala nasceva nel 1947. Marietta a quest’ultima gli farà da madrina per il battesimo, lo sarà anche alla figlia di Itala, Simona nel 1975. E’ stato facile per noi fare amicizia con Marietta e di riflesso con don Francesco, che in alcuni, seppure rari, momenti di riposo andava a caccia al capanno. In alcune occasioni mio papà, di notte ha fatto da custode alla loro abitazione. La parrocchia gestiva una sala (si fa per dire) cinematografica, d’estate i film si proiettavano nel cortile del Parroco, ed io, 10/12 anni li vedevo sdraiato in casa con la porta aperta che dava nel cortile. Marietta Calzoni ha riempito alcune pagine di storia, nata e vissuta per tutto il periodo fascista, nella notte del 12 luglio 1944, si trovò ad aiutare don Vittorio Bonomelli, qualche anno dopo monsignore
TERRITORIO
Grandilia, Itala, Marino - 1949 e parroco a Breno. Il giovane sacerdote, radiofonista della Special Force britannica a Bari, venne paracadu-
tato alle 4,15 nella campagna mezzanese alla cascina Ghirardino. Per eludere al controllo dei tedeschi si rivolse alla vicina canonica di Mezzane. Dopo essersi presentato e raccontato al parroco don Francesco Calzoni, che aveva l’incarico di sabotare un quadrimotore all’aeroporto di Ghedi, trovò il prezioso suo aiuto. Ed anche quello della nipote Maria Calzoni, che in bicicletta nel ruolo di staffetta partigiana, accompagnò coraggiosamente don Bonomelli, anch’esso in bicicletta, per le strade a lui sconosciute, passando da Gottolengo per Ghedi. Qui il giorno dopo riuscì a fa saltare un gigantesco quadrimotore americano, che doveva essere un regalo al Fuhrer. Radio Londra ebbe a comunicare la compiuta missione con:”Gioppino ha messo gli scarponi”. Tale atto costò caro a don Calzoni e Marietta, sottoposti a più interrogatori dalle autorità militari delle SS. Tedesche, con il rischio della prigionia e di porre fine alla loro vita. Tanti anni dopo il 10 luglio 1977, mons. Vittorio Bonomelli venne a Mezzane, per ringraziare pubblicamente le gesta del parroco e della nipote. Con note dell’avvenimento sui quotidiani bresciani. Dell’avvenimento di don Bonomelli ne hanno parlato i Fascicoli n. 8 e 9 de “La
CALZONI MARIETTA con SIMONA FALDINI e ITALA MARINI - 18.06.2022 17
TERRITORIO Resistenza Bresciana” Aprile 1977 e 1978. Nonché la “Voce di Niardo (BS) n. 6 del giugno 1977 e “Testimoni di Libertà” di Maurilio Lovatti pag.156 -2016 Edizioni Opera Diocesana. Marietta, fu anche presente nel luglio del 1947, quando un giovane prete Karol Wojtyla (diventato poi Papa Giovanni Paolo II°), insieme a don Francesco Vergine, da Seniga a Mezzane in bicicletta fecero visita al parroco don Francesco Calzoni, curato a Seniga nell’età giovanile in cui don Vergine, scelse la strada sacerdotale. Della visita di don Karol Wojtyla ne ha parlato il libro di Angelo Locatelli, maggio 2007 “ Karol Wojtyla, La vacanza di un futuro Papa nella Bassa Bresciana” Seniga 1947. Da sottolineare che i nipoti di Marietta, Lorenzo e Gianfranco Tortella figli della sorella Caterina, sono stati sindaci di Pompiano, Lorenzo (deceduto luglio 2021) dal 1975 al 1980 e Gian Franco dal 1995 al 2004. Marino Marini
Maria Calzoni, Marietta per i mezzanesi
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Animali curiosi C’era una volta una bambina che si chiamava Carolina la quale piaceva molto leggere i libri e per starsene tranquilla ogni giorno si recava nel bosco dove poteva stare da sola con la natura. Si sedeva sempre sotto un albero maestoso ed era sempre circondata da tanti animali come se stessero ad ascoltarla mentre leggeva. Un bel giorno stava leggendo una storia che narrava di un bellissimo castello, di animali e di una scolaresca in visita a quel luogo per una gita scolasticaò. All’improvviso a Carolina venne un colpo di sonno, chiuse gli occhi e quando si risvegliò la bimba non vide più il bosco ma un giardino maestoso con tanti animali; guardandosi attorno vide delle mura di un castello, stupita cominciò a chiedersi dove si trovasse e cos’era successo. Un cagnolino buffo con gli occhiali gli disse: “Carolina sei entrata nel libro che stavi leggendo” lei rimase senza parole come spaventata, ma il cagnolino continuò a parlarle, - “stai tranquilla, sei al sicuro ma dato che tu ci hai portato qui con te, che ne dici se andiamo assieme ai bambini a vedere tutto quello che c’è in questo posto meraviglioso?”. La bambina decise di seguire il cagnolino e la scolaresca, persero ore e ore ad esplorare tutto il castello e quando arrivò sera si
FAVOLA
ritrovò di nuovo a quell’albero dove si sedette un attimo perché era stanca... si addormentò e al risveglio si ritrovò nel suo bosco e il cagnolino era ancora al suo fianco che le stava dicendo: “Carolina domani vieni con un libro nuovo così vivremo una nuova avventura”. Carolina gli rispose: “Alla stessa ora qui all’albero...” così da quel giorno vissero tutti felici e contenti. Taroli Sidny 10 anni
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PENSIERI E PAROLE
L’UVA E LA VOLPE La storiella che vado a raccontare, mi è capitata nel settembre del 1974, all’epoca avevo 11 anni, fanno parte di questa avventura, i miei compagni di classe: Ivan ed Angelo. In quel tempo tutte le scuole iniziavano il primo di ottobre, con la scusa di fare i compiti estivi (lungi da noi l’espletare questa incombenza, proprio quell’anno che poi saremmo andati alle medie, chi mai ce li avrebbe controllati?), ci ritrovavamo nel mio cascinale, pronti a combinarne sempre di nuove. In base alla stagione, raccoglievamo i frutti che la natura offriva: amarene, ciliegie, more, fichi; le piante cui erano appesi questi frutti, non erano di nostra proprietà, ma noi non ci sentivamo assolutamente ladri, perché non portavamo mai a casa niente, ci limitavamo soltanto ad assaggiare qualche frutto, diciamo, una piccolissima merendina. In settembre l’uva era matura, confinante con uno dei miei campi e separato da un fosso, c’era il terreno del Signor Peppone (così chiamato non tanto per la sua non indifferente statura, ma soprattutto per il suo profondo vocione), si trattava di un campo di soli 2 pio’, circondato su tutti e quattro i lati da filari di vite, un pezzetto di terra era dedicato alla coltivazione di ortaggi, il resto a mais. Il Signor Peppone aveva settant’anni e questo terreno era tutto quello che era riuscito a comprarsi con la sua umile, fiera ed onesta attività di contadino; essendo in pensione, dedicava tutte le sue energie a curare questo campo, lo zappava in continuazione, tramite un innaffiatoio, scendeva nel fosso vicino, lo riempiva d’acqua e rinfrescava quotidianamente i suoi ortaggi. Visto da fuori, così curato, con le viti che lo incorniciavano, questo campo dava l’impressione d’essere il giardino dell’Eden. Sul lato dove sorge il sole, c’era un filare di uva moscato bionda, talmente bella ed invitante che pareva dicesse: mangiami!!! Noi tre soci (io, Ivan ed Angelo), giravamo 20
sempre per le caedagne (stradine dei campi), con le nostre biciclette... era da qualche tempo che ispezionavamo l’uva del Signor Peppone per controllarne lo stato di maturazione e quel giorno di settembre a vedere quei grappoli di moscato così attraenti ed invitanti, decidemmo di staccarne uno a testa e d’assaggiarne il nettare; una bontà indescrivibile, dolcissima, con sentore di vaniglia, una vera e propria goduria. Eravamo talmente assorti nell’assaporare quegli acini di bontà Divina, che ci accorgemmo del Signor Peppone solo quando il suo disumano urlo ci fece tremare le mutande: era vicinissimo a noi, brandiva in alto un badile, sembrava avesse intenzione di aprirci le teste come cocomeri; buttati a terra i grappoli, siamo partiti dentro il mais (ormai maturo) come saette, in meno di un minuto l’avevamo già attraversato, la nostra velocità era tale che il fosso laterale al campo, l’abbiamo saltato con un balzo che neppure la più abile delle antilopi sarebbe riuscita a fare. Ci siamo messi dietro il portico della mia cascina (distanti circa 80 metri dal “giardino
PENSIERI E PAROLE dell’Eden”), Peppone girava attorno al suo campo e con il badile dava delle mazzate nel mais, urlava in modo disumano: “bastardi va co’pe, venite fuori”. Nonostante fossimo al sicuro dietro il portico, le sue infernali grida ci facevano tremare. Le nostre tre biciclette erano rimaste parcheggiate contro le vigne, aspettavamo che el Sior Peppone se ne andasse per andare a riprendercele, ma lui, niente, non se ne voleva andare, e così i miei due amici verso le 19.00 se ne tornarono a casa a piedi. Lo sentii passare dietro la stradina che costeggia il mio casolare verso le 10.00 di sera, era buio ed intravidi soltanto la sua ombra. La mattina seguente, Ivan ed Angelo vennero di nuovo a casa mia, insieme andammo a recuperare le nostre tre biciclette, ma quando arrivammo al filare d’uva dove le avevamo parcheggiate, ci toccò un’amarissima sorpresa: le nostre bici erano sparite. Peppone, non riuscendo a trovarci, aveva pensato di portarsele a casa (qualcuno verrà pure a reclamarle), sicuramente questo era stato il suo ragionamento. Tornammo nella mia cascina e dissi ai miei amici che dovevamo raccontare tutto a mio padre, - “Diglielo quando non siamo presenti, almeno noi, ci risparmiamo la romanzina”- e se ne tornarono a casa a piedi. A mezzogiorno, eravamo tutti a tavola, informai la mia famiglia di quanto avevamo combinato, mio padre mi guardò con due occhi che sembravano volermi fondere: “ma
porca putt... è così che ti ho educato? La roba degli altri non si tocca, proprio al Signor Peppone, lo conosco da una vita, tratta il suo campo come fosse un figlio”. Dopo aver pensato per qualche istante sul da farsi, emise la sua sentenza: “Finito di mangiare, te ne vai a piedi a riprenderti la bici!”, - “Ma papà, non mi accompagni? Il Sior Peppone mi massacra di botte!”. A quel punto, mio padre scattò in piedi e tuonò: “Tu hai combinato il guaio e da solo lo risolvi !!”. Mi alzai, era inutile continuare a mangiare, mi sarebbe andato di traverso, a testa bassa uscii di casa e mi incamminai verso la casa di Peppone... avevo 2 kilometri per pensare a cosa dire al padrone dell’uva bionda; come minimo mi prenderà a sberle, oppure a calci... Devo escogitare qualcosa, e qualcosina mi venne in mente. Arrivato davanti alla porta del contadino, notai in fondo a destra, sotto la tettoia dove c’era la legna, le nostre tre bici; presi un enorme respiro e bussai con decisione alla porta, mi aprì la moglie, aveva in mano un piatto, probabilmente stava sparecchiando: “Chi sei e cosa vuoi?” - Signora, io sono il proprietario di quella bicicletta rossa la in fondo” - “E così tu sei uno dei tre ladri?”. Alzò il piatto in alto come se volesse spaccarmelo in testa, poi andò a chiamare suo marito. - “Peppooo ve chee” - Arrivò il Signor Peppone, mi scrutò da cima a fondo e cominciò a parlare: “Chi è tuo padre? Dove abiti? - “Mio padre è Attilio, cascina
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PENSIERI E PAROLE Maestà” - “Noo, non ci posso credere, il mio vicino di campo, conosco Tilio da una vita, persona rispettabilissima, come fa ad avere un figlio come te?” - “Mi scusi Signor Peppone ma io non sono un ladro, l’uva l’abbiamo soltanto assaggiata, non portata via; inoltre voglio informarla di un fatto: qualche giorno fa, ho visto un cacciatore che stava riempiendo la bisaccia con l’insalata del suo orto, ero dall’altra parte del fosso e gli ho urlato: “adesso chiamo il proprietario del campo!” E lui è scappato via. L’anziano contadino mi guardò fisso negli occhi: ”E’ vero o lo dici solo per pararti il didietro?” - Alzai la mia mano destra e con la mano sinistra dietro la schiena dita rigorosamente incrociate, giurai solennemente sulla mia testa. Mi scrutò a lungo come se mi volesse leggere l’anima, poi uscito di casa: Qual’è la tua bici ?”, - “Quella rossa Signore !“. Andò alla tettoia, prese la mia cara bicicletta e me la consegnò. “Mi raccomando, se vedi qualcuno portar via la roba del mio campo, fammelo sapere” - “Certamente Signor Giuseppe“. Balzai in sella alla mia adorata bici e mi diressi verso casa, la gioia mi sprizzava da tutti i pori... con uno stratagemma ero riuscito a non prendere neanche uno sberlone, avevo raccontato una balla ma a fin di bene. In seguito dovetti accompagnare sia Ivan che Angelo a riprendersi il loro mezzo, in entrambe i casi c’era solo la moglie di Peppone che ripeté ai miei amici la stessa frase: “Avevi bisogno di un accompagnatore? Almeno il tuo amico Giordano ha avuto il coraggio di rimetterci la faccia senza la baby sitter !”. La domenica seguente accadde un fatto che neppure il più grande astronomo esistente avrebbe potuto prevedere: il Signor Peppone insospettito da quanto gli avevo detto, si nascose nel mais e fece da sentinella al suo orto; un malcapitato cacciatore si chinò con la sporta in mano con l’intenzione di riempirla degli ortaggi del Sior Peppo, ma il contadino piano piano, gli arrivò alle spalle e con il manico del badile gli mollò una micidiale 22
bastonata sulla schiena. Il Signor Peppone venne a casa mia, disse a mio padre che voleva parlare con Giordano; mi raccontò l’accaduto in ogni particolare ed aggiunse: “Avresti dovuto vedere il cacciatore, gli ho piantato una randellata sui reni... è andato via di traverso come una bestia ferita”. Il Signor Giuseppe aveva in mano due splendidi grappoli di uva moscato bionda, me li allungò dicendomi che me li ero meritati, salutò e se ne andò. Per qualche attimo sono rimasto impietrito, non riuscivo a crederci... poi sono andato al casottino sui gelsi, e là in alto mi sono gustato solo soletto, acino per acino quella indicibile prelibatezza. In vita mia ho sempre avuto un gran culo, la fortuna mi ha sempre guardato con benevolenza, nel caso di questa storiella, posso affermare che la volpe ha avuto ragione sull’uva; al contrario di quanto recita la novella. Giordano
Gocce di Memoria 60’ 70’ 80’ Noi che si accontentavamo di cose semplici ma che ci davano tanto divertimento.... Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più figo. Noi che con un ramo di salice facevamo l’arco per sentirci Orzowei. Noi che passavamo ore a cercare i buchi sulle camere d’aria mettendole in una bacinella. Noi che Galeazzi l’abbiamo visto magro. Batterie Duracell
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ITINERARI
San Paolo (Bs) - FIUME STRONE Parco locale di intresse sovracomunale
Il fiume Strone è un corso d’acqua che nasce nella località di Scarpizzolo nel comune di San Paolo per scorrere poi per un percorso di 18 km attraversando i comuni di San Paolo appunto, Verolavecchia, Verolanuova e Pontevico, dove sfocia nel fiume Oglio. Per la bellezza paesaggistica, la flora e la fauna ancora incontaminata e così ricca che si sviluppa intorno al suo corso, la Regione Lombardia, accogliendo la richiesta dei quattro comuni attraversati, lo ha riconosciuto “Parco locale di Interesse Sovracomunale”. La gestione di tale area è affidata ad un apposito Consorzio il cui presidente è a rotazione uno dei quattro sindaci dei paesi citati. La Superficie di tale parco è di 735 Ha, 70 dei quali presso il comune di San Paolo. Consigliamo di visitare la località Laghetto, nelle cui vicinanze nasce il fiume Strone. Vi si possono trovare boschi, 24
invasi d’acqua, vari manufatti irrigui e la cascina Laghetto, già esistente dal ‘700, casa del custode del sistema irriguo del laghetto che raccoglie la confluenza di ben ventidue portate d’acqua fra rogge, canali, fossi ecc. La bellezza ed il significato che tale località ha sempre avuto nel territorio di San Paolo ha dato vita inoltre ad una associazione che a tale luogo fa riferimento: “Gli amici del Laghetto” che ha sede presso la località Laghetto stessa. Chi volesse conoscere meglio storia, architettura, flora e fauna di tale parco può avvalersi della pubblicazione “Natura, arte e cultura lungo il corso del fiume Strone” edita dal Consorzio per la gestione del Parco Locale di Interesse Sovracomunale Fiume Strone (Comuni di San Paolo, Verolavecchia, Verolanuova, Pontevico). VISITE GUIDATE
ITINERARI L’Assessorato all’ambiente, unitamente ai volontari dell’Amministrazione comunale, la porta a conoscenza di un progetto organizzato in Località Laghetto, situato nel Parco dello Strone sul Comune di San Paolo. Tale progetto può coinvolgere gli alunni della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado e comprende varie iniziative: accompagnamento degli alunni da parte dei volontari nel Parco dello Strone per conoscere flora e fauna con la possibilità di esplorare tale ambiente; semplici laboratori da effettuarsi in loco, a titolo esemplificativo: imparare ad orientarsi, alla ricerca di animali nel bosco, il laboratorio dei sensi. Per la prenotazione e per informazioni inoltrare la richiesta a: sig.ra Rosanna tel. 328/1816946 sig.ra Nadia tel. 338/4116854e minima 5
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BEST FRIENDS FOREVER
LETTERA DI UN CANE ABBANDONATO
Ti sto ancora aspettando, perché so che tornerai a prendermi. Mi hai messo qui solo per farmi sgranchire un po’ le zampe, perché il viaggio che mi hai fatto fare era davvero interminabile. Poi sei risalito… e … NO!!! Non puoi esserti dimenticato di me, non può essere così. Sì, sono certo che tra un attimo sarai qui! Mi siedo sul bordo della strada… ho paura delle macchine che passano veloci ma cerco di pensare a te e ai nostri giochi, i momenti bellissimi e anche ultimamente ai tuoi nervosismi verso di me. Ma sarai stato arrabbiato per altri motivi, io a te non ho mai fatto nulla! Forse quella è la tua macchina, che gioia, lo sapevo che tornavi a prendermi. Sono trascorsi tre giorni e sono ancora qui!!! Sto morendo di dolore, di fame, di sete, di tremenda solitudine. I miei occhi non vedono più lontano; seguono ora soltanto il battito del mio cuore stanco che sta lasciandomi per sempre. Eppure so che tornerai e resisto in segno della mia fedeltà verso di te, perché tu non puoi essere cattivo. QUANTI CANI SONO ABBANDONATI COSÌ?
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ED È POESIA
“FLAGELLI”
Non ci bastavano i flagelli dal cielo, dalla terra, disastri naturali, malattie mortali, infernali, non ci bastavano i roghi sul suolo indiano, la catastrofe umana su quello brasiliano, lamentele laceranti dei fiumi Paranà e Gange…. No, la cupidigia non si spegne, si espande, non c’è tregua, non c’è pace per questo male vorace, questa diabolica competizione, senza uguali, senza paragoni, ognuno di loro il proprio Dio può pregar, ma permane, si moltiplica l’odio, tra i figli di Sara e Agar. Ormai siamo giunti alla fine di questo spaventoso confine dove la Giustizia, l’ultima sentinella ci rivela con orrore che saremmo stati tutti vinti e nessuno sarà vincitore. Darina Naumova
AUTO D’EPOCA
SMART: L’ANNO ZERO DELLE COMPATTE DA CITTÁ
Mercedes, si sa è uno dei brand di automobili più celebri e blasonati al mondo, berline di lusso, suv, sportive e purtroppo da ferrarista lasciatemelo dire... la F1. Ma non durerà per sempre, il dominio in F1 intendo, le cose stanno cambiando. Ma torniamo alla Smart ! Come scritto sopra nel titolo del mio articolo, quando nel 1998 le strade d’ Europa iniziavano ad essere popolate da quella strana (per allora) due posti, che io adoro: ne ho avute ben due! Ancora non si sapeva che quella non era solo un nuovo modello di auto, bensì un concetto di automobile a sè stante! Due posti secchi, lunga 2,5 mt e larga 1,5 mt questi i numeri della prima serie. Il motore era da 0,599 lt e 45 CV di potenza, pesando quanto un sacchetto di patatine (655 KG), lo spunto in accellerazione non le manca28
va, meglio non raggiungere velocità di punta alte però, avendo un DNA cittadino l’autostrada non le si addice molto. Ottima per le tangenziali invece e per tutto ciò che concerne un uso da citta e limitrofi. Nessuno fino ad allora aveva avuto un’idea simile ed era riuscito a renderla commercialmente vincente. La linea poi era davvero accattivante, cosi come gli interni, tantissime poi le personalizzazioni. Ve le ricordate le concessionarie Smart dei primi anni 2000? Quelle torri nude look , in vetro, con un sacco di Smart impilate una sopra l’altra? Questo piccola vetturetta, che di piccolo aveva solo le dimensioni ed il propulsore, divenne nel giro di poco tempo un brand, un’icona, un oggetto alla moda e di culto. Nel corso dei successivi ventiquattro anni si susseguirono molte versioni e serie della
AUTO D’EPOCA Smart, fu anche oggetto di critiche per via della, da tanti sbandierata, scarsa sicurezza. La Smart era dotata di una cellula di sicurezza in grado da renderla molto sicura sia negli urti frontali che nei tamponamenti. A proposito, vi ricordate quella pubblicità in cui un animale preistorico tentava di calpestarla non riuscendo a schiacciarla? Erano gli anni 2000 ma niente, mi fermo qui, non voglio essere nostalgico in tutti gli articoli! Scherzo ovviamente, sono stati davvero un bel periodo. Forse uno degli ultimi automobilisticamente parlando non seppellito dalla tecnologia di bordo. Beh, che ci piaccia o no ma le prime Smart sono già vetture storiche, avendo superato i venti anni. Quali prendere? Dunque io se dovessi fare la lista per Babbo Natale, andrei in quest’ordine: Brabus prima serie, Crossblade, Roadster Brabus. Per la Crossblade occorre guardare il meteo prima di uscire di casa, non avendo il tetto ! Pensate che il progetto originario vedeva coinvolte la Mercedes e la Swatch, la leggendaria casa svizzera che produce orologi da decenni. Alla fine poi solo la casa tedesca rimase interamente coinvolta nel progetto. Questa due posti fu talmente influente a 360 gradi che ricordo un‘estate di metà anni 2000 in cui fecero un paio di occhiali da sole che poi andarono largamente di moda, ispirati al gruppo ottico anteriore della prima serie restilyng. Bhe io ne ho gia avute due e quando usavo la Cabrio, la mia seconda Smart, vi assicuro che veniva guardata tanto quanto auto ben più blasonate e costose. La Smart è un po’ come la Mini, un mondo a sè stante. Antonio Gelmini
SPORT
MAURIZIA CACCIATORI
Avevo nove anni e mi sono fatta una promessa. Me la sono scritta nelle pagine del mio diario. E in quel diario proprio ieri, ho ritrovato una piccola pallavolista che parlava poco ma pensava in grande. Quante volte mi hanno detto: “Pensa alle cose serie, altro che pallavolo...”. Volevo fare la capitana della Nazionale. A distanza di anni riesco ancora a sentire quanto batteva il cuore quando palleggiavo o schiacciavo nella minuscola e buia palestra di Marina di Carrara. Possiamo anche non raggiungere i nostri obiettivi ma non perdiamo mai quell’emozione inconfondibile che ci porta a provarci sempre anche se potrebbe sembrare tutto alquanto inarrivabile. Ne vale comunque la pena. Maurizia Cacciatori
Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com 29
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CANI FAMOSI: HACHIKÓ
Hachikò (date, 10 novembre 1923 – Shibuya, 8 marzo 1935) fu un cane di razza Akita, divenuto famoso per la sua grande fedeltà nei confronti del suo padrone, il professor Hidesaburò Ueno, agronomo giapponese. Dopo la morte improvvisa di Ueno, il cane si recò ogni giorno, per quasi dieci anni, ad attenderlo, invano, alla stazione di Shibuya, dove l’uomo prendeva abitualmente il treno per recarsi al lavoro. La vicenda ebbe un enorme riscontro nell’opinione pubblica dell’epoca e ben presto Hachikò divenne, in Giappone, un emblema di affetto e lealtà. Nell’aprile 1934, al fedele animale fu dedicata una statua e, negli anni, la sua storia divenne il soggetto di film e di alcuni libri. Conosciuto anche come Chùken Hachikò, letteralmente cane fedele Hachikò), il suo vero nome era solo Hachi, che in giapponese significa “otto”, numero considerato beneaugurante (il suffisso “kò” è usato come vezzeggiativo). Storia Hachikò nacque ad Odate, nella Prefettura di Akita, il 10 novembre 1923. Era un esemplare maschio di Akita Inu bianco. All’età di due mesi, venne adottato da Hidesaburò Ueno, professore presso il dipartimento agricolo dell’Università Imperiale di Tokyo, che lo portò con sé nella sua abitazione a Shibuya. Il professor Ueno, pendolare per esigenze di lavoro, ogni mattina si dirigeva alla stazione di Shibuya per andare al lavoro prendendo il treno. Il suo fedele cane lo accompagnava sempre e, quando il professore rientrava dalla giornata lavorativa, ritornava alla stazione ad aspettarlo. Il 21 maggio 1925 Ueno morì improvvisamente, stroncato da un ictus mentre era all’università, durante una lezione. Hachikò, come ogni giorno, si presentò alla stazione alle cinque del pomeriggio (orario in cui il suo padrone solitamente 30
arrivava), ma il professor Ueno non si fece vedere. Il cane attese invano il suo arrivo. Ciononostante, tornò alla stazione il giorno seguente e fece così pure nei giorni successivi. Con il passare del tempo, il capostazione di Shibuya e le persone che prendevano quotidianamente il treno iniziarono ad accorgersi di lui e cercarono di accudirlo, offrendogli cibo e riparo. Il ritrovamento del corpo di Hachikò. Con il passare del tempo, tutto il popolo giapponese venne a conoscenza della storia di Hachikò; molte persone cominciarono ad andare a Shibuya solo per vederlo e poterlo accarezzare, mentre attendeva invano il padrone. Nonostante il passare degli anni e il progressivo invecchiamento, il cane continuò comunque a recarsi alla stazione nel momento in cui il suo defunto padrone sarebbe dovuto arrivare. Nell’aprile 1934, venne realizzata, per opera dello scultore Teru Ando, una statua in bronzo con le sue sembianze, posta alla stazione di Shibuya. Un’altra simile venne eretta a Odate, la sua città natale; lo stesso cane fu presente all’inaugurazione. L’8 marzo 1935 Hachikò morì di filariasi, all’età di undici anni, dopo aver atteso ininterrottamente per quasi dieci anni il ritorno del suo padrone. Ritrovato in una strada di Shibuya, la sua morte impietosì la comunità nipponica; la notizia ven-
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ne inserita in tutte le prime pagine dei giornali giapponesi e venne dichiarato un giorno di lutto nazionale per ricordare il suo reiterato gesto di fedeltà nei confronti del padrone. Durante la seconda guerra mondiale il governo giapponese, necessitando di quantità ingenti di metalli per costruire le armi, ordinò di usare pure quello della statua di Hachikò. Nel 1948, tre anni dopo la fine del conflitto, Takeshi Ando, figlio di Teru, ricevette la commissione di scolpire una nuova statua raffigurante il cane, sempre nello stesso posto di quella precedente. Nonostante il corpo di Hachikò sia stato preservato tramite tassidermia ed esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, situato a nord-ovest della stazione, alcune sue ossa sono sepolte nel cimitero di Aoyama, accanto alla tomba del professor Ueno. L’8 marzo di ogni anno, anniversario della morte del fedele cane, in Giappone, viene organizzata una cerimonia per ricordare Hachikò, alla quale partecipano vari amanti dei cani che portano il loro omaggio alla sua lealtà e alla sua devozione. Inoltre, una delle cinque uscite della stazione di Shibuya è denominata “Hachikò-guchi” (‘ingresso Hachikò’) in suo onore. Sulla commovente storia di Hachikò nel 1987 è stato tratto un film, Hachikò Monogatari letteralmente «la storia di Hachiko»), che racconta la storia del cane dalla nascita sino alla morte, immaginando un’ipotetica riunione spirituale con il padrone. Il film ebbe grande successo commerciale. Nel 2009 è stato prodotto un remake: Hachiko - Il tuo migliore amico, diretto da Lasse Hallström che narra del vincolo di amicizia tra Hachikò ed un professore degli Stati Uniti, praticamente seguendo lo stesso filo narrativo. In questo film, Hachiko è interpretato da due cani di razza Akita Inu: Chico e Forrest. Ma all’inizio del film, è interpretato da un cucciolo di Shiba Inu di nome Leyla. La storia di Hachikò ha avuto lungamente eco anche nella letteratura, comparendo soprattutto in racconti per bambini: fra
Hachikò esposto al museo di Ueno. questi, si citano Hachikò: The True Story of a Loyal Dog, scritto da Pamela S. Turner e illustrato da Yan Nascimbene, Hachiko Waits di Lesléa Newman e infine Taka-chan and I: A Dog’s Journey to Japan. Fonte: Wikipedia
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ANIME NEL VENTO
CARISSIMA BRUNA E CESARE... Carissimi Bruna e Cesare, nasce il desiderio in questI giorni d’estate dai tratti un poco incerti di scrivervi una lettera, una fra le mille, per porgervi un saluto, ancora una volta per narrare e condividere tratti di vita. Sono tante le lune che sono trascorse, uno dopo l’altra, hanno delineato percorsi dando vita a scelte, rinunce, rivincite, speranze e nostalgie. Di voi nel cuore serbo come tesoro prezioso la memoria. Per incanto o per magia mi ritrovo improvvisamente a rivolgervi parola certa del vostro responso. Cresciute sono le bambine, Celeste una bella signorinella, Vittoria una donnina, ciascuna presa dai propri progetti di vita scolastici e sociali. Lorenzo è germogliato, ometto ormai, pronto a fare l’ingresso nella scuola primaria. Un nuovo fiore è sbocciato, Sofia, con tutta la sua esuberante allegria e tenacia. Noi, giovani di un tempo, un poco invecchiati, appesantiti dagli anni seppure energia e positività non ci abbiano abbandonati. Remedellino sempre lo stesso, solitarie le vie, sparute le voci degli imberbi. Mostri di cemen-
to hanno inghiottito campi; poche le nascite, tante le morti dovute in particolar modo al Covid che ha decimato milioni di vite. Scorrono le dita, tasti battono, rincorrono fremiti, gettano astrazioni. Ricordi a profusione si fanno dappresso, come linfa vitale abbracciano, cullano. Malinconia di certo per un tempo passato: per uno scambio di parola, un sorriso, una carezza col dorso. La morte è un demone dalla fauci allargate col quale bisogna necessariamente convivere, accettare passi, dettami, leggi. Ringrazio il Buon Dio per il dono che ci ha concesso di potervi conoscere, stare accanto; di comporre in comunione brani sinfonici il cui ricordo rimarrà nel futuro ricordo. Certi che lassù, in un punto indefinito, fra volte celesti, fra giardini incantati, avvolti dalla pace eterna il vostro sguardo, amorevole, non mancherà di seguire le nostre orme, di benedire e proteggere da sempre e per sempre, vi abbraccio forte forte. Milena la mamma di Vittoria e di Celeste
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PROFUMO DI LIBRI
Cioccolata per due (Phoenix Film Production) di Nunzia Gionfriddo - Un testo che aiuta a riflettere
Non fatevi ingannare dall’apparenza e dal titolo perché il romanzo della brava e accorta Nunzia Gionfriddo non si può certamente definire rosa! I suoi indiscussi protagonisti sono Giovanni e Florinda. Quest’ultima chiederà all’uomo di darle una mano per le sue ricerche sulle vicende drammatiche avvenute nell’ex Jugoslavia. E nel farlo, lei avrà necessariamente a che fare con racconti molto duri e terribili e di veri e propri drammi che riguardano da vicino anche il giornalista. Largo spazio dunque ai fatti tragici del secondo dopoguerra che hanno interessato Istria, Dalmazia, Fiume, Trieste, il tentativo d’invasione serba nella Bosnia, le atroci
sofferenze e le decimazioni subite dalle popolazioni, nell’indifferenza delle grandi nazioni europee. I due si incontrano in un bar davanti a una cioccolata calda e di appuntamento in appuntamento si avvicineranno sempre più. Il loro sarà un amore fatto di continui scambi di idee, di condivisioni che appassionano il lettore e lo portano a soffermarsi tra le pagine per riflettere. Un testo splendido, che sa di romanzo ma anche di saggio, adatto per palati fini, scritto da un’autrice schietta e sincera che non ama i fronzoli, ma al contrario, andare subito al punto. Chapeau! Laura Gorini
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RIDIAMOCI SOPRA Cinque cannibali vengono assunti come programmatori in un’azienda. Durante la presentazione, il titolare dice: “Adesso siete parte del gruppo. Qui si guadagna bene, e se avete fame potete andare alla mensa aziendale. Quindi non date noia agli altri impiegati”. I cannibali promettono di non disturbare gli altri. Quattro settimane dopo il titolare torna e dice: “State tutti lavorando bene, e sono molto soddisfatto di voi. Però da ieri sembra scomparsa una delle ragazze delle pulizie e gli uffici sono tutti sporchi. Qualcuno di voi sa cosa è successo ?”. I cannibali dichiarano di non sapere niente. Ma appena il titolare è uscito, il capo dei cannibali dice agli altri: “Chi è stato di voi idioti?” Uno alza esitante la mano, e il capo dei cannibali dice: “Imbecille! Per quattro settimane abbiamo mangiato responsabili, direttori, area manager e product manager, in modo che nessuno si accorgesse di niente, e tu dovevi mangiarti proprio la ragazza delle pulizie?”. Tutti gli esperti hanno studiato la questione e hanno capito finalmente che Gesù era un Italiano. Come? Intanto è rimasto a casa fino a 30 anni. E poi vedeva sua mamma come
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vergine e lei lo vedeva come un Dio...”. Un pipistrello entra in una caverna e trova un gruppo di pipistrelli a testa in giù (come di solito riposano questi animali) e un unico pipistrello che sta in piedi normalmente e gli chiede: “Cosa diavolo stai facendo in quella posizione?”. E l’altro: “Yoga!”. Disoccupato all’ufficio di collocamento: “Vorrei un lavoro”. “Avremmo questa occasione: 10 mila euro al mese, più auto e autista pagati”. “Ma che fa, scherza?”. “Sì, ma ha cominciato prima lei!”. Caporale: “Avanti march!”...”front sinistr” ...”front destr”... “dietro front” ...”stop!”... “fianco destr!”. A un certo punto un militare si toglie dalla fila e inizia a camminare. Il caporale: “Ehi tu! ... dove vai?”. E il soldato: “Signor caporale, nel frattempo che lei decide cosa dobbiamo fare, vado al bar!”. Cosa ottieni se incroci un corvo e un maglione? Un co...
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PERSONAGGI
TERRANCE STANLEY FOX Era il 21 Maggio del 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell’impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo). A poco meno di 20 anni dovette subire l’amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno). Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così. A soli 3 anni dall’amputazione, il 12 Aprile 38
del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l’umanità possa raccontare. Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi. (non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!). L’idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l’obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro. Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l’Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Québec e l’Ontario. Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola! La sua corsa infinita fu battezzata la “maratona della speranza” e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine. Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate
PERSONAGGI diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi. La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari! L’anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì. Non aveva ancora compiuto 23 anni! La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille
difficoltà. Così la “maratona della speranza” vide il traguardo. Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via). Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà. Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie. Poi c’è TERRY FOX !
Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981) 39
TERRITORIO
C’È BISOGNO DI SANGUE ANCHE D’ESTATE! Si susseguono numerosi, da inizio emergenza, gli appelli di Avis Provinciale Brescia agli avisini bresciani effettivi a mantenere le loro scadenze regolari per le donazioni, oltre all’invito accorato ad iscriversi a nuovi futuri donatori, soprattutto giovani. Un periodo di solito con minor numero di donazioni, ogni anno, è proprio l’estate, pertanto sia il Presidente di Avis Brescia, Gabriele Pagliarini, sia i Presidenti di tutte le sezioni comunali rinnovano la richiesta, a nome di chi ha bisogno di sangue per curare malattie croniche o per interventi chirurgici sia programmati che urgenti, a non andare in vacanza senza passare prima all’Avis per una donazione. I requisiti per poter donare: avere tra i 18 e 65 anni, pesare almeno 50kg, essere in buona salute, parametri in cui rientrano senza problemi moltissime persone! Gli uomini possono effettuare 4 donazioni all’anno, le donne in età fertile 2 donazioni annue, dalla menopausa in poi 4: ogni sacca prelevata è donare una parte di sé al prossimo, salvando vite, a fronte di un impegno
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TERRITORIO
REMEDELLO: Storia, Arte, Tradizione Remedello (Remedél in dialetto bresciano) è un comune italiano della provincia di Brescia in Lombardia. È suddiviso in due frazioni: Remedello Sopra, sede comunale, e Remedello Sotto. Entrambe furono municipalità autonome fino al 1927, quando confluirono nell’attuale istituzione. Geografia fisica Il territorio di Remedello è pianeggiante e appartenente geologicamente alla Bassa padana, formato dai depositi alluvionali del Chiese. Questo fiume passa a oriente delle due frazioni remedellesi, separando il territorio comunale da quello di Acquafredda e, parzialmente, da quello di Casalmoro. A meridione il territorio è percorso dalla seriola Asolana che nasce ad Isorella e defluisce nel Chiese ad Asola. Origini del nome Secondo il Mazza (1986) l’origine del nome è controversa: si ipotizza derivi dal latino Rus Metelli o da Ramus (ramo) da quale poi si sarebbe tramutato in ramet-ellum. Storia I primi insediamenti risalgono all’Età del Rame. Presso la località Dovarese è stata rinvenuta una necropoli risalente al IV e al III millennio a.C., la cui ricchezza e numerosità dei reperti ha fatto sì che la cultura a cui essa appartiene è stata denominata
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di Remedello. Anche le epoche successive risultano documentate. A Dovarese sono stati trovati dei reperti appartenenti alla cultura del vaso campaniforme, più precisamente risalenti ad un periodo tra il 2000 e 1800 a.C., mentre il particolare ritrovamento del ripostiglio di asce in bronzo a Remedello Sopra risulta appartenente al Bronzo antico (1800-1500 a.C.). Nei pressi del confine con Asola sono stati rinvenuti reperti del Bronzo medio (1500-1300 a.C.).Risultano assenti le epoche del cosiddetto Bronzo tardo (XIII secolo a.C.) e del Bronzo finale (XII-X secolo a.C.), sebbene esistano documentazioni nei comuni vicini. Sono infine stati trovati degli insediamenti di epoca gallica e romana, grazie all’iniziativa di metà anni ottanta del XIX secolo del coadiutore della parrocchia di Asola, don Luigi Ruzzenenti, e di studiosi come Chierici e Bandieri. Nella località di Sotto sono attestate tracce di quattro ville o edifici rustici uno dei quali, in località San Giovanni, fu distrutto nel III secolo a causa di un incendio. Di epoca longobarda sono stati infine trovati dei reperti datati V e VI secolo, mentre in epoca carolingia (VIII e XI secolo) risulta che i terreni del luogo erano di proprietà del monastero di Leno e di quello di Acquanegra. In seguito il Vescovo di Brescia assoggettò la pieve di San Donato sia a livello spirituale sia a livello feudale, tanto che nel 1194 l’abate di Leno, tal Gonterio, portò a processo la diocesi con l’obiettivo di recuperare beni e diritti su gran parte della Bassa bresciana, compreso la chiesa remedellese. A partire dal 1218, Remedello compare più volte nel Liber Potheris del comune di Brescia: dotato di castrum era d’importanza strategica per il controllo dei confini con il mantovano. Nell’estimo visconteo del 1385 viene citato come appartenente alla quadra di Asola. Tuttavia è attestata nel secolo XIV la sua tributarietà nei confronti dei Gonzaga: nel 1427 il castello remedellese fu occupato dal Carmagnola. La comunità fece giura-
TERRITORIO mento di fedeltà alla Repubblica di Venezia la quale tuttavia cedette il territorio a Francesco Gonzaga il quale lo aveva reclamato motivandone l’appartenenza storica alla giurisdizione asolana. Per due secoli fu conteso fra Venezia e Mantova, come tutto l’asolano: durante il dominio della Serenissima i due abitati fecero parte della quadra di Asola come è attestato anche dal Catastico bresciano di Da Lezze (1610) e dall’Estimo Mercantile del Territorio (1750). Entrate a far parte della provvisoria Repubblica bresciana (marzo 1797), con il Decreto 1º maggio 1797 Remedello di Sopra e Remedello di Sopra furono considerate municipalità separate all’interno del cantone del Clisi; questo inquadramento fu poi mantenuto con il passaggio al Dipartimento del Mella della Cisalpina (novembre 1797). Nel maggio dell’anno seguente, i due comuni furono inseriti nel Distretto di Gottolengo, poi di Caccia Libera, del dipartimento del Mella. Dopo la breve parentesi dell’occupazione austro-russa (17991800), durante la seconda repubblica cisalpina si procedette ad un riassetto amministrativo (maggio 1801) che si mantenne anche durante la napoleonica Repubblica Italiana: le due municipalità remedellesi furono affidate al Distretto III di Verola Alghise del Dipartimento del Mella. Con la tramutazione dello Stato in Regno si procedette ad un’altra riorganizzazione amministrativa. Nel giugno 1805 i due comuni furono inseriti nel
Cantone II di Leno a sua volta appartenente al Distretto III di Verolanuova del Dipartimento del Mella. Nel 1810 Remedello di Sotto fu soppresso e il suo territorio fu incorporato in quello di Remedello di Sopra. A sua volta il nuovo comune fu inserito nel cantone V di Montechiaro del distretto I di Brescia. Dopo l’assegnazione dei territori del bresciano al Regno Lombardo-Veneto a seguito del Congresso di Vienna, Remedello di Sotto riottenne la municipalità autonoma. I due comuni furono compresi all’interno del Distretto IV di Montechiaro della provincia di Brescia. Dopo gli eventi della seconda guerra di indipendenza italiana e il Decreto Rattazzi (1859), i due comuni remedellesi entrarono a far parte del Regno di Sardegna (dal 1861, Regno d’Italia). Furono inquadrati nel Mandamento II di Montechiaro del Circondario V di Castiglione della nuova provincia di Brescia. Durante gli ultimi decenni del XIX secolo, i due comuni furono al centro di alcune attività di miglioramento della produzione agraria. Nel 1895 a Remedello Sopra Padre Piamarta e don Giovanni Bonsignori fondarono la Colonia Agricola Bresciana in cui fu sperimentato il principio di Stanislao Solari sulla rotazione delle colture di leguminose allo scopo di favorire l’Azotofissazione. Tobia Bresciani, invece, collaborò con Ottorino Villa a Remedello Sotto e progettò un canale per lo sfruttamento delle acque del Chiese. Nel 1927, con Regio Decreto 11
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TERRITORIO dicembre 1927, n. 2479, le due municipalità furono soppresse e i loro territori furono assegnati al nuovo comune di Remedello. Monumenti e luoghi d’interesse Remedello Sopra • Castello: stando al Catasto Napoleonico del 1808 che ne riportava i confini, il fortilizio aveva pianta quadrata. Di esso, oggi rimane solo la torre in muratura posta laddove c’era l’ingresso. • Chiesa di San Lorenzo: parrocchiale costruita nel 1601 al posto di un precedente edificio ecclesiale a sua volta edificato nel Cinquecento. All’interno è presente una pala dedicata a San Lorenzo, patrono della frazione, opera di un allievo del Tiziano. La pala dedicata alla Madonna con Gesù Bambino in grembo assieme ai santi Giuseppe, Agnese, Sebastiano e Quirino proviene invece dalla chiesa della Disciplina: è incorniciata da una soasa in legno laccato. • Chiesa della Disciplina: costruita nel Quattrocento dalla confraternita del Rosario e poi passata a quella dei Disciplini nel Cinquecento. Subì trasformazioni negli anni ottanta del XVIII secolo. Gli interni sono opera di Lamberto Orazio de Rossi che dipin-
Castello - Remedello Sopra 44
se episodi del Nuovo Testamento tra cui una copia dell’Ultima Cena leonardesca. Nel 1967, l’edificio è passato in proprietà all’Istituto Bonsignori che vi ha collocato il museo civico per i reperti archeologici rinvenuti nella zona. • Santuario dei morti del Gandino: è dedicato alla Maternità della Beata Vergine Maria. Fu costruito nel XVIII secolo come Ex voto per la peste del 1630. Remedello Sotto • Chiesa di San Donato: parrocchiale costruita nel 1774 sulla precedente pieve e dedicata a San Donato patrono della frazione. Persone legate a Remedello • Giovanni Battista Piamarta, presbitero, educatore e santo. Ha fondato anche l’istituto Bonsignori che oggi è una grande scuola con numerose facoltà pubbliche e scuole private. • Loris Boni - ex calciatore Museo Civico Archeologico Il Museo Civico Archeologico di Remedello è ospitato nella ex Chiesa dei Disciplini, sorta verso la fine del 1400 e decorata da un imponente ciclo di affreschi incentrato sulle storie della vita di Gesù, opera del pittore locale Lamberto Orazio De Rossi. Il museo nacque nel 1975 grazie al Centro di Promozione Locale, per preservare le assai numerose testimonianze archeologiche provenienti dal territorio, che confluirono nella Disciplina, dove fin dagli anni ‘60 avevano trovato posto i materia-
Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo Remedello Sopra
TERRITORIO
Chiesa dei morti del Gandino Remedello Sopra
Chiesa di San Donato - Remedello Sotto
li della collezione Carlotti, di proprietà dell’Istituto Bonsignori di Remedello. Le raccolte sono state incrementate negli anni ‘80 in seguito all’attività del locale gruppo archeologico e agli scavi diretti dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia. L’esposizione dei materiali di proprietà statale è organizzata in senso cronologico, con reperti e contesti che testimoniano il popolamento del territorio di Remedello dal Neolitico fino all’Alto Medioevo. Tra i materiali neolitici si segnalano i reperti pertinenti al Neolitico antico (gruppo del Vho, fine VII -inizio VI millennio a.C.) provenienti dalla località Cascina Bocche di Isorella. Per l’età del Rame, la
Cultura di Remedello (3400/2500 a.C.), nota grazie agli importanti ritrovamenti funerari avvenuti in località Dovarese nell’Ottocento, è rappresentata in museo da una sepoltura femminile rannicchiata (scavi Barfield 1986), da numerosi strumenti in selce rinvenuti in varie località di Remedello e di Ca’ di Marco di Fiesse, da vasi campaniformi del Dovarese e di Gardoncino di Isorella e da un’ascia a occhio in rame puro ritrovata nel letto del Chiese, presso Acquafredda. Le testimonianze del territorio relative all’età del Bronzo incominciano con la fase finale del Bronzo Antico (ceramiche e tavoletta enigmatica da Pellissare di Casalpoglio), per continuare con
Museo Civico Archeologico di Remedello 45
TERRITORIO il materiale dell’insediamento del Bronzo Medio della località Gardoncino di Isorella e quello dell’abitato del Bronzo Recente di Carpenedolo, Campo Chiusarino. Presso il Museo sono inoltre conservate cinque importanti spade di bronzo, da interpretare forse come offerte a una divinità delle acque, di cui quattro (Bronzo Medio) rinvenute nel letto del Chiese, tra Carpenedolo e Remedello, e la quinta (inizio del Bronzo Finale) trovata nei pressi dell’alveo del Mella, a Pavone. L’età del Bronzo Finale è ampiamente documentata dallo scavo dell’abitato di Casalmoro, attivo nei secoli XII e XI a.C. Alla lacuna di testimonianze per i secoli IX e VIII a.C. fanno seguito altri ritrovamenti di località Dovarese (scavi Barfield 1986) quali le tombe a inumazione del VI sec. a.C., con materiali inquadrabili nell’ambito dell’Etruria padana. Al V sec. a.C. risale invece una fibula di tipo Certosa proveniente da ricerche di superficie in località Colombaie di Isorella. Alcune importanti necropoli illustrano il passaggio alla
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seconda età del Ferro e il popolamento gallico del territorio. Al II sec. a.C. risalgono le due tombe di guerriero dalla necropoli di Remedello Sopra, località Tagliate, il cui corredo è costituito da una spada con fodero, una punta di lancia, umbone, coltello, fibule, monete e, nella tomba 2, una borraccia. Al periodo tra il La Tène D e l’antica età imperiale si data invece la necropoli di Remedello Sotto località Corte, di cui si conservano alcuni corredi. Infine, al periodo compreso tra I sec. a.C. e I sec. d.C. è da riferire l’importante necropoli romana di Acquafredda, loc. Borgo dei Lupi, costituita da 135 tombe, per lo più a incinerazione, caratterizzata da una notevole ricchezza dei corredi. Di estremo interesse è un rarissimo esempio di moneta celtica, attualmente unico per l’Italia, coniato nella Gallia centro-orientale tra il 78 e il 58 a.C. SULLE ORME DI SAN GIOVANNI PIAMARTA «Piamarta aveva ricevuto una cospicua eredità dalla contessa Gigli, vedova Tavelli, a Pavone Mella. Decide di alienare tale eredità e di acquistare un fondo in quel di Remedello Sopra, un paese a 35 chilometri da Brescia, in piena pianura padana, a una quindicina di chilometri da Pavone Mella. L’acquisto del podere, di 144 ettari, è fatto il 5 febbraio 1895. Quattro giorni dopo, il 9 febbraio, con “istrumento” redatto dall’avvocato Giuseppe Tovini, si costituisce una società anonima tra Padre Piamarta, don Bonsignori e don Bonini per una Colonia Agricola Bresciana. La costituzione della società anonima è interamente opera del Piamarta, che ne sostiene poi anche tutto l’onere per la bonifica e la trasformazione. Bonsignori vi apporta la sua competenza». Giovanni Piamarta amava la Chiesa, e credeva che Dio dona ad ogni uomo dei carismi che domandano di essere messi in comune per l’edificazione dei fratelli. In questo luogo vogliamo chiedere a Dio che i nostri carismi non diventino fonte di orgoglio, prepotenza e divisione, ma siano un’opportunità per creare luoghi di comunione e di formazione, come li ha sognati Padre Piamarta.
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Il Capitano Gegè in carne e ossa ha incontrato il suo alter ego versione fumetto Finalmente, a un anno dalla sua uscita, il Capitano Gegè in carne ed ossa ha incontrato, metaforicamente parlando, il suo alter ego a livello fumettistico. L’idea di vederlo nel gestore del Lido Delle Sirene di Riccione è nata qualche anno fa, mentre mi trovavo ospite, con la mia compagna Laura Gorini, nel suo splendido stabilimento balneare. La sua simpatia, i suoi modi di fare schietti e sinceri, il suo sorriso e la sua folta chioma mi hanno fin da subito incuriosito e messo in atto la mia più fervida fantasia. Me lo sono immaginato combattere i gaglioffi con la sua luccicante sciabola,e ordinare anche alle nubi, durante le giornate piovose e ne-
Testi di Laura Gorini, illustrazioni di Damiano Conchieri. Casa Editrice: Tomolo- Edigiò Edizioni
Il Capitano Gegè in carne ed ossa legge le sue avventure in un momento di relax nella sua Riccione bulose, di andarsene dal suo lido. E poi ho pensato anche, come normale e giusto che sia, al suo antagonista, e la scelta è caduta sul giovane Paynt, che sebbene all’apparenza possa apparire a livello estetico come un novello Zorro, in realtà è un vero super criminale. Con il suo inchiostro magico infatti tende a impigliare chiunque non gli vada a genio e che cerchi alla propria maniera, di ostacolarlo e catturarlo. A combatterlo oltre al mitico Capitano Gegè, che si mormora possa pure contare nel suoi avi nientepopodimeno che Corto Maltese, c’è Damiano Conchieri anche la polizia locale, in particolare gli genti Niky e Matt e il commissario Clayton, padre dei due agenti. Riusciranno tutti insieme a sconfiggere il Male e l’inafferrabile Dottor Paynt? Damiano Conchieri 47
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L’INTERVISTA
SARA BELLOI: FOTOGRAFIA, TV E... NON SOLO La vocazione di mettersi in gioco sotto i riflettori è nata sin da quando era ancora piccolissima. “Mettermi in posa mi ha sempre divertito…” racconta Sara Belloi, 24 anni, nata e cresciuta dalle parti di Bologna, oggi sempre più spesso a Modena dove frequenta l’Università in International Management. “La mia vita coniuga studio e passioni: sono anche fotomodella, ragazza immagine, e make-up artist” racconta Sara. Le sue collaborazioni sono esplose, la tv le ha spalancato le porte, la bellezza e la classe sono diventati i pilastri del suo personaggio. Ripartiamo proprio da qui: la spinta ricevuta in casa è stata decisiva per tuffarti… Grazie al supporto di mia mamma, da adolescente ho preso coraggio e ho iniziato a fare book fotografici, shooting e provini televisivi.
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Dietro all’obiettivo ero a mio agio, mi sentivo più forte, ero nel mio mondo. Ho vinto la battaglia contro la timidezza, e contro il non sentirsi abbastanza. Crescendo, ho fatto della fotografia qualcosa più che una semplice passione. E le porte si sono spalancate… Nel 2019 ho partecipato come personaggio ‘sconosciuto’ a Guess My Age con Enrico Papi. Vedersi in televisione, e sentirsi apprezzata dalle persone che mi hanno vista e riconosciuta, è stato qualcosa di veramente entusiasmante. Anche la fotografia però non è svanita… Ho iniziato a fare foto con un fotografo professionista di Bologna, Roberto Gamberini, che ringrazio per aver creduto in me. Fino ad oggi poi ho lavorato con circa 30 fotografi, sono stata protagonista di alcuni videoclip musicali e magazine di moda,
L’INTERVISTA
e fino al 2020 partecipavo come pubblico in programmi Mediaset, fra cui “Live! Non è la d’Urso”, “La Repubblica delle Donne”, “Caduta Libera”. Ho partecipato anche a vari concorsi di bellezza, come il Concorso Nazionale di Lady Virginia, che mi ha permesso di conoscere anche un’azienda di costumi da mare, Marette Beachwear, con cui collaboro per sfilate ed eventi.
Non solo fotografia, ma anche tv… La scorsa stagione ho avuto il piacere di essere ospite a “Tacchi e Tacchetti” nel ruolo di commentatrice delle partite calcistiche della stagione. Spero di continuare il mio lavoro anche in questo campo, perché il mondo dello spettacolo regala emozioni ed esperienze di vita. Insomma, hai voglia di buttarti in questo mondo…
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L’INTERVISTA Sì, anche se purtroppo, pur essendo nel 2022, molte persone reputano i lavori di fotomodella, attrice, presentatrice televisiva e influencer, come professioni frivole e in cui non si fa niente dalla mattina alla sera. Invece, non hanno idea di quante persone lavorano nel mondo dello spettacolo, sia sul palco che dietro le quinte.
Che ragazza sei nel quotidiano? Sono sempre stata tutt’altro che esibizionista. Col tempo ho imparato che non c’è niente di male nell’essere “protagonista”. Tutto questo l’ho imparato grazie alle esperienze che ho fatto, agli errori che ho commesso. Imparare da tutto quello che ho vissuto, è quello che mi rende fiera della persona che sono ora. Chi è Sara Belloi sui social? Ho iniziato presto ad utilizzare i social network: mi piace condividere pezzettini della mia vita quotidiana e il mio lavoro. I social mi hanno aperto tante porte e ne sono molto contenta. Io cerco di essere semplicemente me stessa. Apprezzo la verità, bella o brutta che sia. Non amo molto i filtri, le immagini ritoccate, e il voler sembrare ciò che non si è. Apparire agli altri perfetti è diventato il principale obiettivo degli utenti, quando invece la condivisione di informazioni, immagini, posti nel mondo, e sentimenti dovrebbe essere il reale traguardo. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/_sarabelloi CREDITI Maris Casamenti Ellebierre Ph Luigi Presepi Marco Baraldi Alessandro Iori
DIFFERENZE
Molto spesso ci sfuggono le piccole differenze, quelle quasi invisibili, insignificanti, ci confondono e ci creano guai. 54
Non è semplice frugare e trovare sotto il robusto strato di apparenze, il diverso che è apparentemente identico a qualcos’altro. Ci sfugge, sfugge al nostro sguardo distratto, al pensiero “spensierato”, alla fiducia che ha subìto l’ennesimo colpo. Ciò che è apparentemente uguale a qualcos’altro è in realtà più incompatibile con esso, da ciò che gli è diametralmente opposto. Darina Naumova
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ED È POESIA
“Avanzi di colore”
Nello spazio ristretto d’una stanza figure tracciate a matita s’un crepuscolo fitto e silenzioso s’espandono e tutto si confonde tra puntini sospesi d’un tratto di poesia. Un foglio dove planano i pensieri dove anche il cuore perde quota spalmandosi lungo una tela sgualcita tra un rigo e l’altro della fantasia. Parole che restano arruffate tra il nero corvino d’un antico inchiostro e pergamene arrotolate con un rosso nastro all’angolo di casa. Non c’è tempo che il tempo possa cancellare, non c’è solitudine che si possa colmare, solo versi su versi a rammentar ciò che è stato e ciò che di noi sarà domani. Nello sguardo ondulato di trine raccolte trasparenze opache slacciano memorie e con avanzi di colore dipingo l’alba. Rosa Leone
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L’INTERVISTA
CINZIA FABRIS: IL FASCINO DEL CARISMA Questa è la storia di una donna che, nonostante le difficoltà della vita, non ha mai perso il sorriso e non ha mai smesso di stupire le persone con la sua testa prima ancora che con il suo fascino. Cinzia Fabris è un concentrato di energia, di dinamismo e di voglia di fare, declinate nei settori più disparati: network marketing, concorsi di bellezza, social network e… orto. A 52 anni portati come se ne avesse una ventina di meno, il suo personaggio racconta la gioia di vivere la vita “Il mio auspicio è di ispirare altre donne a fare meglio o di più” racconta Cinzia che oggi è impegnata in una società leader mondiale in nanotecnologia applicata all’integrazione e alla cosmesi ma che vent’anni fa quasi per caso si è ritrovata ad
essere incoronata “La Mamma Più Sexy d’Italia”. “Il fascino non sta nei centimetri di pelle scoperta, ma nel modo di porsi, di camminare, di sorridere” racconta con quell’entusiasmo che la caratterizza da sempre. Ripartiamo proprio da te: 52 anni da compiere e... Sono una donna semplice, con passioni speciali: l’orto, il cucito, la moda, la musica. E poi lo confesso: adoro essere fotografata. Entusiasmo, energia, dialogo. E qui arriviamo ad un nocciolo fondamentale. Ne ho elencate molte, ma la mia passione più grande è creare relazioni. Ecco perché mi sono buttata presto nel network marketing: tante esperienze, finchè nel 2015 ho incontrato il mio mentore Ro60
L’INTERVISTA berto Grandis, la persona che mi ha indicato la strada. Grazie a questo incontro collaboro al progetto Swych, acronimo che sta per Success Wellness You Community Happiness. Siamo i primi al mondo focalizzati sulle nanotecnologie applicate all’integrazione e alla cosmesi. Un ruolo che calza a pennello con le tue inclinazioni. Il mio compito è motivare, gestire e guidare altre persone. Questo è quello che faccio: spronare i team e le persone, spronarle a dare sempre il meglio di loro stesse. Oltre all’aspetto lavorativo, c’è un altro lato da evidenziare… Nel 2001 sono stata nominata “La Mamma Più Sexy d’Italia”. La verità è che la gente mi vede sensuale e seducente, anche se io non me ne rendo conto… Cosa piace del tuo personaggio? Penso che tutto dipenda dal carisma, è questo l’elemento che rende ogni fattore in gioco straordinariamente affascinante. Eppure, il tuo percorso da Miss non si è fermato lì. A 50 anni ho deciso di rimettermi in gioco, sono arrivata fra le 13 finaliste di Miss Mamma nel 2020 e ho avuto l’onore di essere immortalata per il calendario ufficiale del concorso. Penso che con la fotografia si possa emanare ogni nostra emozione. Sul set, come in passerella, esprimo quello che ho dentro. Hai scelto di metterti in gioco come Mamma, anche se il tuo ruolo è quello di business woman. Provo a svelare il segreto del mio successo: ho la spensieratezza di una ventenne, ma al tempo stesso sono una donna che sa il fatto suo perché la vita mi mette quotidianamente tante difficoltà davanti. Questo mix è il mio segreto. Anche sui social network il tuo personaggio è sempre più seguito… E pensare che… io ero contro questo mondo fino al 2016. Ho iniziato ad usarlo e col passare del 61
L’INTERVISTA
tempo ne ho apprezzato le incredibili potenzialità. Oggi i miei profili social sono una vetrina fondamentale per il mio lavoro e per la mia persona. Anche perché, attraverso i social si sono spalancate nuove porte. Anche grazie ai social, ho avuto l’onore di realizzare shooting per una boutique di Cittadella e per un parrucchiere della Provincia di Vicenza. Mi rendo conto delle caratteristiche fisiche per le quali
mi ritrovo un corpo che piace unito alle emozioni che sa trasmettere una donna. Anche per questo motivo, mi piace valorizzare ciò che di bello ho da mostrare. Con classe e eleganza: la sensualità dipende dal carisma e dallo sguardo, non dall’abito. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/cinziafabris_ https://www.facebook.com/cinzia.fabris.73
QUIETE Rapido fugge il tempo, furtivo e sagace osa mettere in interrogazione. Primi bocci di rosa rallegrano le aiuole: verdi brillanti dai toni accesi rimandano bagliori dorati sotto un sole di maggio che ha sapore, odore d’infanzia. Serrati i ranghi, dappresso restringono vie, sbarrano gesti. Alle porte una guerra arde, vivifica, fatta di sofferenza, di morte, di distruzione in nome di un ideale che ha il colore del potere, del denaro. Pianti di bimbi incompresi giungono agli orecchi dei potenti; avanzano artiglierie pesanti, puntano il dito, sferrano. Irriverenti le leggi che van62
no articolandosi, con rapidità gettando allo sbando principi, diritti, certezze. Nel mezzo di un mare di cose da dire e da fare, nel mezzo di filoni di pensieri, nel mezzo di ardori smorzati sovviene un momento di pace, di condivisione. Acqua e farina, una manciata di sale, lievito quanto basta, olio d’oliva, energico massaggio e via che nuova vita prende vigore, facendosi forma, odore, attesa, gusto, tatto. Sono piccole le mani di Celeste, vogliose impastano; allegri gli occhi ridenti; a chetichella le parole scivolano dai labruzzi dischiusi a mezz’aria. Le mie mani fra
Relax 23
Sodoku
Quiz 1) Quale mostro secondo la mitologia greca fu rinchiuso da Minosse nel Labirinto? 2) Chi conquistò, con l’aiuto di Medea, il vello d’oro »? 3) Quale grande musicista nacque a Roncole di Busseto? 4) Quale grande musicista nacque a Bonn? 5) Come si chiama la gara di atletica leggera che si compone di 10 specialità? 6) Di quante specialità sportive si compone il pentathlon? 7) Quanti furono i Re di Roma? 8) Milano è a destra o a sinistra del Po? 9) In quale città si trova l’Accademia di Santa Cecilia? 10) In quale parte del corpo si trova la rotula?
1) Minotauro 2) Giasone 3) Giuseppe Verdi 4) Beethoven. 5) Decathlon. 6) Cinque. 7) 8 e non 7. Fu Re di roma anche Tito Tazio Re dei Sabini che regnò insieme a Romolo. 8) A sinistra, la destra o la sinistra di un fiume si calcola mettendosi con le spalle alla sorgente. 9) Roma. 10) Ginocchio.
RISPOSTE ESATTE DA 1 A 3 SCARSO DA 4 A 6 MEDIO DA 7 A 9 BUONO 10 OTTIMO
le sue, simbolo d’unione e di forza. Insieme si gioca lavorando, insieme s’attende, si stende, si condisce e si gusta. Poco lontano la mia Vittoria osserva, sorride sorniona, getta sguardi rapidi, intensi. Fuori tenera, fitta pioggerellina scende lenta. Raggi di sole sono stati ingoiati da cirri minacciosi. Vento sferza, auspica, richiama ricordi, alle memoria riporta immagini remote. Una carezza ricade sul capo di mia madre, di Bruna, di Rita il cui cuore fatto di palpiti, fra le volte celesti, pullula con fervore. Muak. La semplicità di un gesto, rituale antico, riesce a
smorzare tensioni e preoccupazioni ridando quiete e pace, voglia di sorridere. Mani infarinate nell’aria disegnano opali, accenni di sogni, speranze che vanno via via mescendosi, intrecciandosi con trame filanti di pasta odorosa. E’ forse questa la felicità? Ricordo di un domani? Malinconia per un tempo perduto? C’è nostalgia, vero, della strana fioritura dei ciliegi di quell’anno? Fragranza saporita sale alle nari, tanto invitante da generare piacere sublime, voglia di affondare mani e bocca nel grembo di madre terra. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste 63
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Il tumore alla prostata: L’importanza della prevenzione Approfondimenti a pag.2-3
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