New Entry Magazine - Edizione di Brescia, Mantova e Cremona del 21 Giugno 2022

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Anno 28 - N°07 del 19/06/2022 - www.newentrymagazine.it - redazione@newentrymagazine.it - Per la tua pubblicità: 347.73.52.863 Gianluca Boffetti

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PENSIERI E PAROLE

NON SOLO IL PRESENTE!

Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M.

Anno 28 - N°07 del 19/06/2022 La nostra sede: Brembate di Sopra (Bg) - via Tresolzio,48

Con insistenza e tenacia si spargeva la voce dall’altoparlante sul tetto della macchina, annunciando che ripara ombrelli, il www.newentrymagazine.it prezzo della riparazione era due euro. Impossibile non pensare, com’è ostinata e risoluta la nostra natura umana, difficilmente New Entry il giornale della gente si arrende, difficilmente rinuncia. Al giorno d’oggi chi porterà New Entry Boffetti Gianluca un ombrello a farlo riparare, se non è un ricordo del passato, si tratta di un oggetto con valore sentimentale. Guarda caso, newentrymagazine proprio oggi ho visto nel supermercato gli ombrelli pieghevoli, il prezzo era due euro. A prescindere dal fatto illogico ed inNew Entry Television sensato, ho provato una piacevole sensazione e nella mia memoria hanno cominciato a piovere ricordi. E’ autunno. La mela I NOSTRI CONTATTI redazione@newentrymagazine.it cotognata e la vite sono cariche di frutta e il giardino è irradiato bergamo@newentrymagazine.it dalla luce delle dalie, grandi, come erano una volta, color oro e brescia@newentrymagazine.it rosso sangue. Bellissime. Info pubblicità: 347 73 52 863 Dalla strada si sentono rimbombare le ruote di un carro trainato da cavalli. Sono gli zingari stagnai, che lucidano con rame le grosse pentole. Una è rimasta improntata in modo particolare nei miei ricordi infantili, quella in cui si preparava la mio confettura preferita, quella di amarene. Decisamente non sono d’accordo che, l’unica parte del tempo che ci appartiene è solo il presente. Tempo, senza passato e futuro è come un tronco di un albero senza radici e rami. Il passato è vivo, siamo stati noi ha piantare i ricordi, anche quelli amari, spinosi... Tutti indispensabili, sono come le nostre rughe, brutte ma nostre, il prezzo che abbiamo pagato per le lezioni insegnatici dalla vita. Anche il futuro è vivo, nei nostri sogni, progetti, che sono sempre con noi, non importa quanti anni abbiamo, anche se sono cento, anche se ci resta solo un attimo di vita. Vivere solo nel presente è come tagliare con una forbice crudele il nostro cordone ombelicale che ci lega con la vita e pendolare come pupazzi svogliati, impiccati con la fune del giorno odierno. La vita sta nella comunicazione, nella inseparabilità tra me e gli altri, tra l’inizio e la fine, tra passato, presente e futuro. Darina Naumova 02





SPECIALE

A Isorella (Bs) un’iniziativa lodevole per sensibilizzare sugli incidenti stradali Un’iniziativa di sensibilizzazione portata avanti grazie alla disponibilità ed in sinergia con l’Associazione “condividere la strada della vita” e al Presidente Merli Roberto. In Piazza Castello è stata posizionata, e vi resterà fino al 4 Luglio, un’automobile distrutta in un sinistro mortale. Gli incidenti stradali mortali della nostra provincia sono ancora molto elevati (11 vittime solo nello scorso mese di maggio). Questa iniziativa vuole indurre tutti a riflettere e a porre maggiore attenzione quando si è alla guida, per rispetto di se stessi e degli altri. Un segno forte per contribuire a questa presa di coscienza nella speranza di mettere fine a queste stragi. Il Sindaco Ing. Simone Bellardi

Da 90 anni al vostro servizio... 06


EDITORIALE

PERCHÉ É COSÌ DIFFICILE VIVERE... “Non ho avuto una bella vita”: inizia così il racconto della sua storia. “Non mi aspettavo che potesse andare così”; “non vedevo l’ora di andare in pensione per cominciare a…”; “a cosa è servito lavorare e sacrificarsi tanto?”… Molto spesso ascolto parole come queste, raccolgo il dolore, la rabbia per la vita che ha tradito le aspettative, che ha portato fardelli anziché doni. E mi colpisce lo sconcerto: come se nella vita la normalità fosse morire molto anziani, dopo aver goduto al massimo la vita, e come se ogni scarto da quella normalità fosse un affronto personale ingiustamente patito, immeritatamente arrivato. La normalità è invece ricca di sfumature e di possibilità, felici o tristi che siano, in un mix bilanciato o fortemente sbilanciato in un senso o nell’altro. Vedo percorsi sfortunati tutti i giorni, e come nella savana il leone atterra una gazzella mentre le altre scappano, così la vita atterra uno di noi mentre gli altri continuano la loro vita. Fino al leone successivo. Portiamo avanti le nostre vite cercando di scampare i pericoli e sperando che vada tutto bene. Però abbiamo bisogno di una visione della vita che inglobi anche ciò che non vorremmo accadesse mai. Non dico che dobbiamo pensare sempre al peggio, ma neanche credere che andrà sempre e solo bene. Non è un invito ad essere

pessimisti, abbiamo soltanto bisogno di non arrivare impreparati quando qualcosa va storto, abbiamo bisogno di non stupirci ma di tirar fuori tutte le risorse possibili per affrontare le difficoltà. È difficile tenere l’equilibrio tra paure e speranze, tra sentieri liberi e ostacoli che sbarrano il passaggio: quando voli non vorresti mai pensare alle cadute, e quando cadi vorresti solo poter riprendere a volare. Tutti vorremmo essere felici il più possibile, ma non va sempre così. Combattiamo per essere felici, e a volte accade, altre volte no. E quando non accade, allora arrendersi a ciò che c’è così com’è -e non come vorremmo che fosseresta la strada più costruttiva, e spesso conduce verso aperture imprevedibili. È faticoso stare nella realtà, però aiuta. Gianluca B.

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GUSTO A TAVOLA

TORTA ALLE PESCHE E AMARETTI Ingredienti per il pan di spagna 8 uova 250 grammi di zucchero 100 grammi di farina 100 grammi di fecola di patate 1 busta vanillina buccia di mezzo limone burro e farina per la tortiera Ingredienti per la farcitura della torta: 500 grammi di panna da montare 1 vaso grande di pesche sciroppate (o frutta fresca) acqua zucchero e Grand Marnier amaretti piccoli Preparazione del pan di spagna Dividere gli albumi dai tuorli. 1 - Montare gli albumi. 2 - Con la frusta mescolare ai tuorli lo zucchero. 3 - Grattugiare la scorza e aggiungerla ai tuorli, ed anche la vanillina. 4 - Incorporare gli albumi al composto di tuorli delicatamente dal basso verso l’alto. 5 - Incorporare le farine al composto sempre delicatamente. 6 - Imburrare ed infarinare la tortiera, tonda o quadrata e passare in forno caldo per 50 minuti a 160°. Lasciare raffreddare in forno. 7 - Scaldare una tazza di acqua, aggiungere 2 cuc-

chiai di zucchero e una tazzina di Grand Marnier. 8 - Montare la panna e addolcirla leggermente. 9 - Tagliare la frutta a spicchi. 10 - Togliere il pan di spagna dalla tortiera e ricavarne 3 dischi. 11 - Bagnare il primo disco con il liquido preparato e spalmare la panna montata, aggiungere le fettine di frutta. 12 - Appoggiare il secondo disco, bagnare,panna e frutta. 13 - Ancora appoggiare il terzo disco, bagnare, panna e frutta. 14 - Decorare con ciuffi di panna e amaretti. Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna

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PENSIERI E PAROLE

STRANEZZE

ANIME NEL VENTO

PASSAGGIO IN LUCE Vita sfugge, rimanda ricordi fa riaffiorare memorie rafforza legami, genera malinconia.

Strano, quanto più distruggiamo, annientiamo, insudiciamo la natura, tanto più tentiamo di introdurla in un modo assurdo nelle nostre case. Ben nutriti, oziosi, persi i loro istinti naturali di gatti viziati, “vestiti” in modo caricaturale i cani, tristemente svolazzanti nelle loro strette gabbie canarini e pappagalli, soffocanti e morenti negli acquari pesciolini, statuette e quadri che rappresentano paesaggi esotici di una fauna lontana. E lei, la natura la vera, autentica, pura, ha bisogno di due parole, libertà e rispetto. Darina Naumova

Mutano gli animi, destano stupore mettono in interrogazione sagace ribelle ed ostica, ostinata. Giunta la morte improvvisa, inaspettata nel fior degli anni, ha saputo colpire con ferocia inaudita. Incomprensibili, le vie del Signore sanno di salsedine, di speziati sapori. Andrei era giovane, amava la vita a lei voleva donarsi, con rinnovato vigore tesseva sogni, azzardava futuri fra le dita filava sogni. Spezzate sono le fila, recise vestite di nero. Nulla muore se rimane vivo, nel ricordo di lui forte resterà, tempra e vigore voglia di vivere, amore genuino.

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PENSIERI E PAROLE

DUE STORIE “Mi guardo intorno, e qui sto bene: ci sono persone sofferenti, come mia moglie, come me. Siamo tra simili. Ma quando la sera torno a casa, nella vita fuori da questo ospedale, mi sento un estraneo. Vedo gente felice, che fa la sua vita, sento voci a volume troppo alto, risate stupide. Invece io vorrei solo quiete, toni bassi, silenzio. Ascolto discorsi sulle vacanze appena fatte; ho smesso anche di andare su Facebook perché vedevo solo foto di mari, monti, luoghi lontani, facce sorridenti. Provo un senso di fastidio per la normalità altrui, per quello che mi sembra un benessere inconsapevole. Mi irrita. Sarà anche invidia… Il fatto è che non faccio parte di quel mondo, non più: la malattia di mia moglie ci ha buttato fuori da lì. Ora sono in viaggio, insieme ad altri compagni di sventura. Qui, posso persino sentirmi un privilegiato, perché la condizione di mia moglie è meno grave di altre. Fuori, sono travolto dalla normalità altrui.” “Sa, mi capita sempre più spesso di sentirmi concentrata, assorbita in me stessa, seria. Chiusa selettivamente agli stimoli che sento fastidiosi.

Li avverto, perché sono intorno a me, ma cerco di tenerli lontani, di ridurne l’invadenza. Vorrei tenerli fuori dalla porta, ma la porta non si può proprio chiudere del tutto. La socchiudo, e mi concentro su dove sono e su quel che devo fare. Mi accorgo di essere più irritabile, mi infastidiscono troppe cose: il rumore, la maleducazione, la mancanza di rispetto, le vite che sembrano vuote, tutta superficie. Sto bene quando chiudo la porta dell’ufficio e mi concentro sul lavoro. Sto bene a casa, nella mia quiete. Sto bene quando porto a passeggio il cane. Sto bene con i pochi amici che mi sono davvero vicini. Sapevo, separandomi, che sarebbe stata dura. E così è.” Due storie diverse, che stasera mi fanno pensare... Bisogno di silenzio e di raccoglimento, bisogno di fermare un mondo quotidiano divenuto estraneo, che butta fuori i sofferenti. Anch’io ho bisogno di silenzio e di raccoglimento: a contatto con l’essenziale sto bene. Le testimonianze di queste vite mi aiutano a tenere la barra dritta su ciò che è realmente importante. Qui ritrovo il centro. sguardiepercorsi

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L’INTERVISTA

EMANUELA CANESTRINI MODA, FASHION E MOLTO ALTRO

La passione per la moda la accompagna da sempre e lei, Emanuela Canestrini (@ematacco12), non smette mai di stupire. Nella sua carriera ha toccato apici come la Fashion Week di Parigi, ha aiutato la formazione di start-up e ha sempre avuto la forza per creare qualcosa di nuovo. Nemmeno l’età anagrafica 42 anni portati magnificamente - hanno frenato il suo istinto creativo e oggi sta progettando qualche esperienza inedita nella quale tuffarsi. Classe ed eleganza la contraddistinguono da sempre, i pilastri su cui ha puntato per la sua avventura nel mondo della moda. Formazione classica, ma un occhio verso la moda… È l’istinto che mi caratterizza sin da giovanissima, quando dopo aver frequentato Scienze della formazione a Firenze ho frequentato 3 anni in Textile Design, imparando a rapportare i tessuti con il fashion design. Primi passi in un campo destinato a diventare il tuo… La passione per la moda mi ha spinta a trasferirmi a Milano, polo di riferimento nazionale e interna-

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zionale per questo settore. Qui ho iniziato ad appassionarmi e a lavorare come stylist e curatrice d’immagine nei servizi di moda. Un lavoro rigorosamente… dietro le quinte. Proprio così! Non mi è mai piaciuto fare la modella, ma mi è sempre piaciuto curare l’immagine altrui. Così, l’esperienza mi ha portata a spaziare nel campo della moda e a provare anche nuovi ruoli. Sono stata venditrice per numerosi brand, ho studiato trucco e di conseguenza mi sono ritrovata nelle vesti di make-up artist. Ho avuto la fortuna di collaborare con Cartier, Fen-


L’INTERVISTA di, Makeupforever, scoprendo cosa significa la cura assoluta del dettaglio. Ed è così che è nata anche la tua vena imprenditoriale. Ho iniziato a curare alcune start up come socia finanziatrice di progetti emergenti. Il primo progetto che ho finanziato è stato quello per il brand A.P., Antonio Polizzi, magnifica pelletteria con cui ho partecipato alla Fashion Week a Parigi. Poi depositato il marchio per il mio primo brand Sliders Jewels, brand di gioielleria di argento, anche con quello ho fatto Fashion Week di Parigi nello Showroom Void, uno dei luoghi simbolo della moda d’Oltralpe. Da lì, ho creato Sliders Jewels, un brand di gioielleria già protagonista a Parigi che presto rilanceremo con nuove forme. Il mio percorso non si è fermato qui e grazie a prestigiose collaborazioni ho girato il mondo e le piazze dove la moda si unisce al design: da Dubai a Montecarlo, ho sempre lavorato per creare qualcosa di nuovo. La tua immagine è diventata iconica del tuo modo d’essere.

Diciamo che da appassionata di moda quale sono, mi sono sempre ispirata ai grandi della fotografia per realizzare scatti che trasmettessero emozioni. Da qui nasce il mio amore per l’immagine e per gli scatti autentici. Certo, io amo la condivisione e sono un’amante dell’estetica in senso filosofico. L’estetica deve essere un ideale di vita. Il tuo modo d’essere ti ha avvicinata anche alla tv… Le proposte sono arrivate ma le ho tutte rifiutate perché non amo lo stereotipo della bella ma… evanescente. Chi mi propone quel ruolo, non ha capito la persona che sono. Così, ho ringraziato e declinato l’invito. Che progetti hai per il futuro? Ne ho uno inerente la moda e uno che guarda al futuro del nostro mondo. Ho tanti sogni nel cassetto, adoro la musica e i viaggi, non mi dispiacerebbe usarli per… creare dei format nuovi, capaci di stupire i giovani che oggi sono appiattiti dai social… CONTATTI SOCIAL @ematacco12

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PENSIERI E PAROLE

LA TECNOLOGIA PRO E CONTRO Durante la pandemia grazie all’informatica molti servizi, alcuni essenziali altri meno, sono stati comunque assicurati. E questa nuova consapevolezza ha fatto si che noi, dolenti o nolenti, dovremo relazionarci sempre più con le tecnologie che sono sempre più sofisticate e complesse. Questo è un dato di fatto, credo, inoppugnabile e prima lo capiremo, meglio sarà. Ma la domanda che mi sorge spontanea è come fare a non essere travolti da tutto ciò? La tecnologia soprattutto quella nel campo di computer, tablet e cellulari ci sta portando alla produzione di strumenti in grado di svolgere velocemente e, abbastanza bene anche operazioni complesse che fino a poco tempo fa erano impensabili da svolgere in autonomia per la maggioranza di noi. Pensiamo, ad esempio, il fare un bonifico o pagare un bollettino: prima dovevamo recarci di persona allo sportello della banca o della posta mentre invece ora possiamo farlo tranquillamente da casa nostra… Certamente queste tecnologie offrono molte opportunità perché pensiamo che adesso come adesso è possibile fare anche video chiamate con amici e parenti che stanno dall’altra parte del mondo e sentirli e vederli come se fossero, davvero, di fronte a noi. Però, di contro, è sempre più forte e marcata la separazione tra l’utilità che tale apparecchio svolge e la comprensione di come realmente esso funzioni. Mi spiego meglio, o per lo meno ci provo: se alla mia bicicletta si fora una ruota, magari, io personalmente non riesco a cambiare la gomma però capisco cosa è successo e mi comporto di conseguenza. Vale a dire che sono consapevole di quanto sia successo e come porvi rimedio ossia vado dal ciclista per farla riparare oppure lo chiedo a mio papà… Ma se è il computer o il tablet oppure lo smartphone a non funzionare 14

la questione cambia e di parecchio. Ci sentiamo spiazzati e persi e, sovente, le parti elettroniche di tali dispositivi sono talmente complesse che diventa più facile cambiarlo che ripararlo. E’ quello che potrebbe essere definita l’obsolescenza programmata. Io non sono un’esperta in economia perciò temo che se la mia ex docente di tale disciplina mi sentisse trattare di tali argomenti si metterebbe le mani nei capelli. Ma quello che so per certo è, però, che la durata di un prodotto è pre definita in modo da limitarne la durata per un periodo già deciso cosicché poi il consumatore calcolando i pro e i contro relativi alla riparazione del vecchio articolo o l’acquisto di uno nuovo più moderno e tecnologicamente avanzato opti per questa seconda scelta. Ma non è questo quello di cui vorrei parlare e, perciò, mi scuso per aver leggermente divagato. Tornando a noi. Capita di non essere in grado di comprendere appieno il funzionamento di questi nuovi prodotti e così finiamo per avere la spiacevole sensazione di non avere più il pieno controllo sulla situazione e, quindi, darci l’impressione che sia “la modernità” ad avere la meglio su di noi e non viceversa… Come se fosse la macchina a decidere e non noi ed è quasi fantascienza, ma restando con i piedi per terra. Quando navighiamo in internet i nostri dati vengono acquisiti dal sistema così che le volte successive che andremo a navigare ci verrà


PENSIERI E PAROLE proposta della pubblicità a misura dei nostri gusti e desideri. E se, da una parte è un bene, perché ci vengono facilitate le ricerche dato che queste sono fatte a nostra misura, dall’altra finiamo con il crearci una zona di confort e benessere perché troviamo confermate le nostre idee e così cessa lo stimolo, direi pure positivo, a mettere in discussione le nostre scelte. Al contrario, sui social, vengono fatti degli scontri, magari, anche molto accesi che si accompagnano talvolta anche con minacce e parolacce perché ci si scontra con qualcuno che la pensa in maniera totalmente opposta. Ma una sana via di mezzo tra i due estremi sarebbe l’ideale! Non lo credete anche voi? In questo strano mondo tecnologico poi si finisce, magari per i più deboli ed indifesi, con il non capire più di chi potersi fidare e con cui potersi confrontare in maniera seria, reale e costruttiva. Recentemente poi mi è capitato di sentire dire a una signora che conosco di vista che aveva fatto degli esami e che sarebbe andata dal medico “prima o poi” a farli vedere ma però, intanto, avrebbe guardato in internet per sapere se fosse malata ed, eventualmente, quanto grave! Ma vi sembra normale? A me verrebbe da dire di no, ma temo che, invece, la risposta per la maggioranza sia un sì! Per la cronaca preciso di non essere una dottoressa perciò sicuramente non sono di parte in questo discorso, sia chiaro. Ma ormai in rete c’è di tutto, una risposta a tutte le domande. Il motore di ricerca è diventato il nuovo tuttologo ed è più semplice trovarci le risposte da noi senza pensare che ci sono uomini e donne che hanno studiato tanti anni per fare questo e credo, che tutto sommato, loro siano meglio di una macchina. Abbiamo finito con l’illuderci di essere autosufficienti a noi stessi e quindi di capire ogni cosa senza alcuna intermediazione di gente esperta…

In realtà non basta avere i dati, quindi per tornare al mio esempio quelli degli esami medici, ed inserirli nel terminale per sapere esattamente se siamo sani oppure quanto malati in quanto questi valori devono essere valutati da degli esseri umani e, magari, comparati con altri, in modo da avere la diagnosi corretta, altrimenti potremmo credere di dover morire da lì a poco quando in realtà così non è. E’ giusto avere il supporto della tecnologia, è un bene ed indubbiamente è una fortuna, però fino a un certo punto perché sono convinta che la centralità della persona e il suo sapere debbano sempre restare alla base e al centro del nostro vivere quotidiano e non debbano mai e poi mai essere sopraffatti dai macchinari che pur utili che siano, restano sempre e solo dei macchinari ... Monica Palazzi

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CALVISANO (BS) UNA NOTTE IN PIAZZA Finalmente stiamo tornando a vivere pertanto vogliamo riportare un po’ di serenità sul territorio e dare una spinta alle nostre attività. Ciò detto la nostra associazione si sta mobilitando per un’iniziativa che ci auguriamo raggiunga lo scopo che ci siamo prefissati. L’evento vedrà occupata Piazza dei Caduti, via De Amicis, Largo della Repubblica e via Roma già in prima serata e Piazza degli Alpini in tarda serata fino a notte fonda. In Piazza Caduti ci sarà la zona ristoro in collaborazione con Avis e il birrificio Carpediem e per allietare i conviviali ci saranno tre spettacoli di danza acrobatica con nastri e un gonfiabile ad utilizzo gratuito. In via De Amicis posizioneremo hobbisti e artisti di strada.

L’estate è fatta per rilassarsi e divertirsi, quindi cosa c’è di meglio di una spiaggia? Ragion per cui la creeremo in largo della Repubblica e allieteremo la serata con tanta musica di Radio Studio+. E per i più piccoli avremo il Paese delle Meraviglie con tanti gonfiabili gratuiti. In Piazza Alpini il divertimento sarà assicurato con la festa hawaiana coordinata dalla Commissione Giovani. Ma il divertimento non finisce qui... trampolieri e mangiafuoco intineranti allieteranno le vie del paese.



SPECIALE

Calvisano - Storia e Tradizioni

Calvisano (Calvisà in dialetto bresciano) è un comune italiano di 8.453 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Geografia fisica Il territorio comunale è pianeggiante, dato che appartiene alla bassa bresciana orientale, e si estende su una superficie di 45,14 km. Il fiume Chiese ne attraversa la parte sudorientale, per un tratto fungendo da confine con il territorio di Carpenedolo. Il paese si trova a circa ventotto chilometri dal capoluogo di provincia e a circa 50 chilometri da Mantova. Origine del nome Secondo quanto riportato da Mazza (1986), il toponimo deriverebbe dal latino Calvisius o da Calventiani, nomi di antichi romani proprietari di fondi. Lo stesso nome Calvisius è stato rinvenuto su di una lapide presso la villa di Maderno. Epoca romana e longobarda Nel territorio di Calvisano sono state rinvenute numerose testimonianze di epoca romana come lapidi e resti archeologici. Tra le lapidi, conservate nel Museo della città di Brescia presso Santa Giulia, una è intitolata a Giove, mentre un’altra alle Matrone, divinità 18

celtica. In località Luogo del Principe, nel 1891 fu rinvenuta traccia di una costruzione romana di epoca imperiale con pavimenti a mosaico, tegole e vasi. Robert Seymour Conway nel suo saggio “Dov’era il podere di Virgilio” sostenne che il poeta romano fosse nato in un podere tra Calvisano e Carpenedolo. Di epoca longobarda è la necropoli rinvenuta in località Mercadellus durante i lavori di costruzione della Brescia–Parma. Formata da circa cinquecento tombe, furono trovate crocette auree, fibule e bacilli in bronzo. Re Desiderio donò vasti possedimenti calvini alla Badia Leonense, confermati da diplomi dei re d’Italia Berengario II e da Adalberto II. Epoca medievale: La torre del castello Il nome di Calvisano compare in numerosi diplomi imperiali tra il X e il XII secolo e in alcune donazioni di nobili, come quelle di Nuvolo Martinengo e Matilde dei conti di Desenzano, alla Badia Leonense o abbazia di San Tommaso ad Acquanegra sul Chiese. Nel X secolo fu edificato il castrum a difesa della popolazione. Il 2 gennaio 1158 il vescovo di Brescia Raimondo investì Pietro e Lanfranco Martinengo di un feudo a Calvisano. Nel 1279, la repubblica comunale di


SPECIALE Brescia affidava a Calvisano e ai paesi limitrofi la costruzione della strada collegante Casalmoro a Remedello. Nel 1313, Graziolo Calvisano, in qualità di console di Brescia cooperò nella pace di Gussago affinché si trovasse un accordo tra i Guelfi e Ghibellini della città. Tre anni dopo i Ghibellini in fuga da Brescia si rifugiarono anche presso il castello calvino. Una lite del 1353 attesta la prima presenza del comune. Secondo Mazza (1986), il paese si sviluppò attorno al castello formando i cosiddetti Borgo di sopra e Borgo di sotto. Nell’Estimo visconteo del 1385, la municipalità era posta all’interno della quadra di Ghedi e Calvisano; in seguito divenne singola capoquadra. Durante la prima metà del Quattrocento il paese fu coinvolto nella lotta tra Visconti e Serenissima per il controllo del territorio corrispondente all’attuale pro-

vincia di Brescia. Nel 1406, Giovanni Maria Visconti riconobbe Calvisano come corpo separato da Brescia e dipendente quindi da Milano. Cinque anni dopo i Boccacci cercano di far aderire anche Calvisano al tentativo di rivolta contro Pandolfo III Malatesta, a quel tempo signore della città cidnea. Nel 24 marzo 1427, i Visconti ripresero il controllo del paese e concessero alcuni privilegi come il giorno di mercato, stabilito in lunedì, e la giurisdizione su Remedello Sopra. Un mese dopo, il Carmagnola occupò Calvisano che fu costretto a sottomettersi a Venezia. Nel 1438, il paese si consegnò a Niccolò Piccinino, generale dei Visconti, che confermò i privilegi aggiungendovi l’immunità dal dazio. Nel 1440 e ancora nel 1441 fu occupato dalle forze venete, prima condotte da Francesco Sforza e in seguito dai Martinengo.

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SPECIALE Per dieci anni la situazione sembrò assestarsi a favore della Serenissima, ma nel 1451, quando lo Sforza, divenuto signore di Milano, prese le armi contro la repubblica veneziana, il paese sostenne il condottiero. Solo con la Pace di Lodi del 1454, Calvisano fu definitivamente assegnato alla Repubblica di Venezia. Epoca veneta Nel corso del Quattrocento avvenne la separazione della parrocchia dalla pieve di Visano. La comunità religiosa si sviluppò attorno alla cappella di san Michele per poi essere trasferita all’interno del castello, presso la chiesa di san Silvestro. Nel 1483, durante la guerra di Ferrara, il castello calvino fu occupato dal marchese Federico Gonzaga che vi lasciò i suoi soldati al comando di Francesco Secco. Gli abitanti si ribellarono e, dopo la vittoria,

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issarono le insegne di San Marco. Nel 1510, durante la guerra della Lega di Cambrai dovette ospitare i cavalli dell’esercito francese e subire, cinque anni dopo, l’occupazione di venturieri reduci della guerra stessa. Secondo una leggenda riportata da Mazza (1986) questi ultimi fuggirono grazie all’apparizione della beata Cristina Semenzi. Durante il Cinquecento, Calvisano divenne vicariato maggiore e capoluogo di una quadra comprendente i vicini comuni di Isorella e di Visano. Il ruolo di capoluogo di quadra è confermato dall’Elenco comuni Territorio di Brescia del 1679 e dalla Descrizione generale del 1764. Epoca napoleonica e asburgica Con la costituzione della repubblica bresciana (marzo-novembre 1797), Calvisano fu assegnato al cantone del Clisi. L’anno seguente fu riconosciuto come comune autonomo all’interno del dipartimento del Mella della repubblica Cisalpina. In seguito fu ribattezzato Calvisano con Mezzane e, nel settembre 1798, fu assegnato al distretto dei Colli. Nel 1801, con la ridefinizione amministrativa della repubblica Cisalpina fu inglobato nel distretto III di Verola Alghisi e in tale veste si mantenne con il passaggio alla napoleonica repubblica italiana (1802). Con l’avvento del napoleonico regno d’Italia (1805), a Calvisano con Mezzane fu assegnato il territorio del soppresso comune di Malpaga, per cui mutò nome in Calvisano con Malpaga e Mezzane. Il nuovo comune entrò a far parte del cantone VII di Lonato appartenente al distretto I di Brescia del dipartimento del Mella e fu considerato di seconda classe ai sensi dal decreto 8 giugno 1805. Nel 1810 alla municipalità fu assegnato anche il territorio del soppresso comune di Visano. Nel 1815, dopo il congresso di Vienna, entrò a far parte della provincia di Brescia del regno Lombardo-Veneto, retto dagli Asburgo d’Austria. Privata del territorio di Visano e nota anche come Calvisano con Mezzane e Malpaga, la municipalità fu assegnata al distretto IV di Montichiari. La configurazione amministrativa fu confermata anche nel 1844 e nel 1853.


SPECIALE Dopo l’Unità d’Italia A seguito degli eventi della seconda guerra di indipendenza italiana, Calvisano entrò a far parte del Regno di Sardegna (dal 1861, Regno d’Italia). Fu assegnato al mandamento II di Montechiaro, appartenente al circondario di Castiglione delle Stiviere della nuova provincia di Brescia. Nel 1868, il comune, come il resto del mandamento di Montichiari, fu associato al circondario di Brescia. Nell’agosto 1893, il paese fu raggiunto dalla Piadena–Brescia. Nel 1972, nella frazione di Viadana, fu inaugurato il complesso dell’Acciaieria di Calvisano. Monumenti e luoghi d’interesse Architetture religiose • Chiesa di San Silvestro, parrocchiale di Calvisano. L’attuale fabbrica fu ricostruita nel corso del XVIII secolo, sopra una) costruzione precedente risalente al Seicento, e consacrata il 2 settembre 1792. All’interno sono presenti tele e affreschi di numerosi autori tra cui uno “Sposalizio di santa Caterina” del Romanino, “San Bartolomeo e san Pietro” del Moretto, “Sant’Anna” e “Deposizione” sono opere di allievi del Tiepolo. Statue settecentesche ornano la facciata e gli interni. •Monastero dei Domenicani, risale al XV secolo. È dotato di chiostro, mentre la sala delle Tele contiene una raccolta di quadri preziosi e di notevoli dimensioni rinvenuti all’interno del complesso. • Chiesa di Santa Maria della Rosa. Chiesa an-

Chiesa di San Silvetro

nessa al monastero dei Domenicani, fu consacrata l’8 ottobre 1498. All’interno sono presenti affreschi del XVI secolo. •Disciplina di san Giovanni Battista: costruita nel XV secolo per ospitare la confraternita dei cruce signati. All’interno, il soffitto è dipinto, mentre gli affreschi sono opere di diversi autori, di cui alcuni allievi del Foppa, dipinti fra il Quattrocento e il Seicento. Dopo la soppressione del 1797 fu tramutata in magazzino; fu riscatta e restaurata da un comitato locale nel 1971.

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1730, anno in cui i lavori furono sospesi. Il progetto prevedeva la realizzazione di una dimora a forma di castello con torri ai quattro angoli, ma solo due di queste furono realizzate. L’interno è dotato di scalone e varie sale, mentre all’esterno il cortile è attorniato su due lati da edifici più bassi. •Palazzo Schilini: costruzione del Quattrocento e sede municipale. •Castello: della fortificazione originaria rimangono tracce nel tessuto urbano e le due porte, una a nord e l’altra a sud. Quest’ultima è sormontata dalla Torre civica. •Villa Cazzago: posta in località Brancoleno, secondo Mazza (1986) fu costruita da Bartolomeo Cazzago nel Seicento. La facciata è compatta e il portico è a cinque campate. •Chiesa di San Michele Arcangelo Edificio realizzato con una pietra della Zona calvi-

Disciplina di San Giovanni Battista •Chiesa di santa Maria delle Brede: ricostruzione del Seicento di una precedente chiesa, a sua volta restaurata nel 1388. All’interno è presente un affresco della Vergine con bambino[19]. •Chiesa di san Michele: ha ospitato il “Museo della civiltà contadina”. •Chiesa di Santa Maria Annunziata, parrocchiale di Viadana. In origine fu oratorio della parrocchia di San Silvestro. Ospita una statua lignea della Madonna del XV secolo e conserva un affresco con Crocefisso. Fu dotata di un nuovo altare nel 1711, con parapetto in marmo del 1736, venne ampliata tra il 1898 e il 1904 e di nuovo nel 1998. Dal 1959 è parrocchia. Architetture civili e militari •Palazzo Lechi: fu costruito su ordine dei fratelli Giovanni Maria junior e Carlo Polini tra il 1723 e il 22

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Chiesa di Santa Maria delle Grazie sanese; esso è posto a lato del tracciato di un’antica Strada vicinale di collegamento dei villaggi della Bassa. In origine l’edificio era adibito a ricovero per bisognosi di cure, xenodochio, da cui il termine Saugo, nome del vicino corso d’acqua. La chiesa attuale, meglio dire quel che resta della chiesa di S. Michele, è stata costruita nella Seconda metà del Secolo XV, mentre l’antica chiesa era del Secolo IXX. Non vi Sono tracce evidenti dell’originaria struttura medioevale, probabilmente sepolta sotto l’attuale edificio. Questo, invece, è di epoca quattrocentesca in stile tardo gotico italiano. Lo storico padre Beniamino Zacco riferisce che subito dopo la morte della Beata Cristina Semenzi, 1458, ella venne dipinta, nell’anno 1470, nel coro della Chiesa di S. Michele. Su un peduccio del lato occidentale è riportata la data 1479, che doveva indicare la realizzazione della costruzione. All’interno della chiesa vi erano tre altari: l’altare maggiore, dedicato a S. Michele, e due altari laterali dedicati a S. Antonio Abate e a S. Lorenzo.

In seguito allo sviluppo del paese, la chiesa, situata fuori dalle mura, andò in decadenza. La chiesa riacquistò importanza e attenzione solo nel 1679, quando vi furono trasportati dal bosco comunale i resti delle vittime della peste del 1630. Da allora fu chiamata “Chiesa dei morti di S. Michele”. Nel 1765 fu costruita una piccola abitazione per uso e comodo dell’eremita, che era custode della chiesa. Tutta la chiesa era affrescata, soprattutto da ex voto. Alcuni affreschi sono di epoca Settecentesca. Di questi affreschi rimangono ora Solo alcune sinopie. Le frazioni MALPAGA Malpaga è stata per più di cinque secoli, fino al 1808, un piccolo comune rurale autonomo. Le sue origini risalgono al secolo XIII, probabilmente dopo la distruzione del Vicus Formianus, avvenuta nel 1264. Il Castello, sede del Comune, sorgeva dove attualmente vi è la cascina “Castello”. A fianco del castello vi era l’antica chiesetta di S. Paolo, completamente distrutta nel 1925 a seguito di un incendio.

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A Nord, lontana dal castello, già nel secolo XIV era stata costruita la chiesa di S. Maria, più corta e più bassa dell’attuale. Fu ristrutturata nel 1460. Sotto l’influsso dei padri domenicani di Calvisano, nel 1600 fu dedicata a “S. Maria della Rosa”. Negli anni 1925/27, la chiesa fu quasi completamente rifatta in stile gotico-lombardo, allungata e alzata. Il campanile fu edificato nel 1910. La chiesa parrocchiale di Malpaga, dedicata a S. Maria della Rosa, esisteva già nel secolo XIV. Fu ristrutturata nel 1460. Essa dipendeva dalla prepositura di Calvisano. Il parroco, che aveva il titolo di Rettore, doveva recarsi nella mattina del Sabato santo a Calvisano per assistere alla benedizione del fonte battesimale e ricevere gli oli santi. Nel 1720 fu costruita la cappella della Madonna del Rosario, dono del principe Cristerno Gonzaga. La statua della Madonna è dono del signor Gaspare Rampinelli. Le Confraternite del SS. Sacramento

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e del S. Rosario furono soppresse nel 1797. Nel 1910, il parroco Paolo Bignetti fece costruire il campanile che dotò di cinque campane. La popolazione nel 1900 andò sempre più aumentando, passando da 366 persone nel 1890 a circa 600 nel 1914, raggiungendo gli 810 abitanti nel 1949. Per questo si rese necessario ampliare la chiesa e dotare la parrocchia di nuovi spazi. Questo compito fu assunto da don Angelo Bertolini, parroco di Malpaga per ben 47 anni. Fece ristrutturare quasi a fundamentis la chiesa, facendola allungare di otto metri e alzare di quattro/cinque metri. La chiesa in stile gotico-lombardo, decorata e con banchi nuovi, fu benedetta dal vescovo ausiliare Emilio Bongiorni il 16 ottobre 1927. Il Concilio vaticano II segna l’inizio di una nuova era. Fu compito dei successori di don Bertolini realizzare il rinnovamento religioso. Da una parte i parroci don Marcello Casari, don Emilio Zanardelli, don Giovanni

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SPECIALE lare la catechesi dei bambini. Non tutta la popolazione partecipa alla vita liturgica. Parecchie persone frequentano la Chiesa di Calvisano, di Viadana e del Belvedere. Esistono in parrocchia due associazioni ben incamminate: l’Ordine Secolare Francescano e la Congregazione delle madri Cristiane. Vi è il Gruppo Missionario che realizza programmi di solidarietà.

Girelli diedero avvio a nuove realizzazioni; dall’altra la frazione di Malpaga, poiché non ebbe pari sviluppo industriale, vide diminuire la popolazione, preferendo i giovani abbandonare i campi e cercare altrove il lavoro. Nel 1973 la popolazione era di 501 persone. I Sacerdoti diedero sviluppo alle attività oratoriali, dotando l’oratorio di nuovi spazi, con la costituzione dell’ANSPI e la costruzione del Centro giovanile. Attualmente la popolazione si aggira intorno ai 600 abitanti con un buon numero di immigrati stranieri. Le attività parrocchiali sono ben avviate, in partico-

MEZZANE Mezzane ha origini antiche, sorse intorno alla cappella di Santa Maria de Mezanis, già nominata in una bolla di papa Urbano III nel 1186, che costituisce attualmente la sacristia della chiesa parrocchiale, eretta nella seconda metà del 1500 e più volte restaurata. All’esterno è tutta in cotto rustico a vista, mentre all’interno l’intonaco è stato coperto con affreschi. L’unica navata è coperta da una volta dove si alternano il sistema a botte e a vela. La facciata a cuspide arrotondata allusiva al barocco, è stata costruita con massi di pietra misti a cotto nella prima metà del settecento (1730-1750), come si può rilevare da una scritta esterna sul lato ovest della chiesa stessa.. Era allora parroco don Lorenzo Castellini. Una torre campanaria è stata eretta nel 1829, come ricorda una scritta sulla lapide del parroco committente don Carlo Cassa, presso il nostro cimitero. Sia all’interno che all’esterno della chiesa, comunque, risulta chiaro un richiamo misurato ed equilibrato allo stile del settecento, caratteristico di

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molti altri edifici religiosi realizzati nella zona nello stesso periodo. Sulla facciata in due nicchie vi sono le statue di S. Giuseppe e S. Dionigi. All’interno, sopra l’altare maggiore si ammira la pala attribuita ad Andrea del Sarto, dove è raffigurata la Natività di Maria Vergine. Le due opere laterali del presbiterio riguardano la Natività di Gesù e l’Adorazione dei Magi. Di notevole intensità espressiva sono anche la Crocifissione e la Madonna addolorata, poste lateralmente all’altare maggiore. Oltre all’altare maggiore possiamo ammirare sulla sinistra, entrando, la statua del Cristo Morto con sopra un antico e pregevole quadro del Battesimo di Gesù. Segue l’altare del Sacro Cuore con la tela raffigurante le tre Virtù teologali “Fede – Speranza – Carità”. Vi

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è poi l’altare dedicato al Patrono S. Dionigi. A destra entrando vi è un confessionale con sopra la statua di S. Antonio da Padova. Al centro della parete si incontra l’altare della Madonna con il Bambino Gesù, arricchito dalla serie delle icone raffiguranti i misteri del rosario. Infine vi è un altro confessionale con sopra una struttura finemente composita dove sono inserite le reliquie dei vari santi. Una menzione particolare merita la serie di quadri che rappresentano le quattordici stazioni della Via Crucis. Così pure si possono considerare le due vetrate poste nell’abside riguardanti le parabole del “buon pastore” e del “vignaiolo”, nonché i bronzi posti sull’ambone e sul battistero, dell’artista bresciano Oscar di Prata. VIADANA La chiesa di S. Maria di Viadana è stata per parecchi secoli, fino al 1959, uno dei tanti oratori campestri della parrocchia di S. Silvestro di Calvisano. In essa, fin dal secolo XV, i capifamiglia della zona facevano celebrare la messa domenicale a un cappellano o a un frate del convento domenicano di Calvisano. Aveva un solo altare. Nella nicchia, sopra l’altare vi era la bella statua lignea della Madonna con Bambino, che risale al secolo XV, e che ancora oggi, dopo essere stata restaurata, è venerata dalla popolazione. Un’altra opera di un certo pregio è la statua del Sacro Cuore. Le pareti della “Cappella”, cioè del presbiterio, compresa la volta, erano tutte dipinte. Di questi affreschi è stato restaurato e conservato so-


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Chiesa di Santa Maria Annunziata lamente un Crocifisso. Il soffitto della “Cappella” era a crociera, e così è stato conservato. Il soffitto della piccola navata era certamente a “capanna”. Sulla cappella si ergeva un piccolo campanile con una sola campana. Davanti alla chiesa vi era, probabilmente, un portico. Nel 1711, l’altare maggiore fu riedificato, sormontato da una ancona di legno con una nicchia che conteneva la statua lignea della Madonna. Il parapetto

di marmo, invece, fu fatto realizzare nel 1736 dalla ditta Carlo e fratelli Puignaghi da Rezzato. Il prezzo concordato fu di 80 scudi, per il valore di sette lire piccole per uno scudo, vale a dire per 560 lire piccole. Nel 1898, il curato Don Giuseppe Massetti, intraprese l’opera di ampliamento di quella chiesetta, che fu completato nel 1904. Nel 1903, il curato don Leandro Brusinelli, fece erigere sul campanile tre campane nuove. Nel 1907, fu costruita una nuova sacristia a destra del presbiterio. Furono aperte due porte laterali e costruiti due altari laterali, uno dedicato alla Beata Cristina e l’altro al Sacro Cuore. Nel 1925 il curato don Angelo Spinoni ebbe il permesso di costruire il Battistero. Nel 1946 venne edificato l’oratorio. In occasione della elevazione della chiesa di Viadana in parrocchia, 3 aprile 1959, don Pietro Marini fece ristrutturare la chiesa, curandone la pavimentazione, aprendo il presbiterio ai lati, ampliando gli altari laterali troppo angusti e la sacristia. Fece alzare il campanile, dando l’aspetto attuale. Nel 1972 il nuovo parroco don Annibale Baronchelli ristrutturò il presbiterio secondo le nuove nor-

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SPECIALE me liturgiche: pose al centro il bell’altare del ‘700; trasportò il tabernacolo, inserendolo nel pilastro di destra, mentre su quello di sinistra fece porre l’affresco raffigurante il Crocifisso. Negli anni seguenti, fu effettuata la decorazione della chiesa. Don Arturo Balduzzi, giunto a Viadana nel mese di luglio 1989, assecondando la volontà della maggioranza della popolazione, che collaborò con entusiasmo e generosità, realizzò nel giro di due anni, 1991/92, un nuovo “Centro parrocchiale”, che si compone di un salone polivalente, una sala ritrovo, segreteria e archivio, nove aule per il catechismo e per attività collaterali. Negli anni successivi fu inaugurato il centro sportivo, composto da due campi di calcio, un campo da tennis e da una piattaforma polivalente per il gioco di pallavolo e pallacanestro, spogliatoi, cortili, e spazi “verde”. Dal 1998 il parroco è don Luigi Pellegrini, che ha realizzato l’ampliamento della chiesa, tanto necessario, allargando e allungando il transetto, con una nuova sacristia e saletta parrocchiale, e posizionando i nuovi confessionali. Ha restaurato gli arredi e i mobili della sacristia. Beata Cristina Beata Cristina Semenzi, (o Beata Cristina da Spoleto) (Calvisano, 4 agosto 1435 – Spoleto, 13 febbraio 1458), è stata proclamata beata nel 1834 da Gregorio XVI. Appartenuta ad una famiglia contadina

di umili origini, abbandonò giovanissima la famiglia e si dedicò alla vita religiosa entrando a Brescia nel convento delle Monache Agostiniane. Si prodigò nell’assistenza ai poveri e ai malati prima a Roma poi ad Assisi ed infine nell’Ospedale della Stella a Spoleto, dove morì nel 1458. Fu sepolta nella chiesa di S. Nicolò degli Agostiniani. Chiuso il monastero di San Nicolò nel 1803, venne spostata nel santuario della Madonna di Loreto. Nel 1921 le sue spoglie sono state trasferite all’interno della Basilica di San Gregorio Maggiore, dove è rimasta fino al gennaio del 2015, quando è stata traslata nella sua città natale. È stata eletta patrona di Calvisano nel 1512.

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ANIME NEL VENTO

ANDREI Cade come lampo a ciel sereno, come fulmine, folgore, saetta tonante, la notizia della morte del giovane Andrei di soli 19 anni, nel fior della vita colto per abbellire il giardino del Padre. Interrogazione sagace, tagliente, rimbomba nello spazio, inzuppa nari, risuona vorace. Compagno di classe di Vittoria lo ricordo sfilare nei lunghi corridoi, ridere, giocare, azzardare gesti. Di carattere un poco schivo difficilmente le si avvicinava seppure il suo comportamento fosse rispettoso ed accogliente. Anni hanno ingoiato anni; voragini strette hanno allontanato i nostri passi. Dopo l’esame di terza media lui ha deciso d’iscriversi alla Bonsignori, noi siamo involati verso il Don Milani di Montichiari. La pandemia ci ha fatto ritrovare per caso, nei lunghi pomeriggi dove poco era concesso e molto apprezzavi lo scambio di parola con una persona amica. Presso il santuario del morti del Gandino la sua combriccola si riuniva; noi dappresso giungevano per dare alle bambine uno stacco in mezzo alla natura. Fu timido il nostro ritrovarci, tanto lento da scandire tempo e spazio. Li ascoltavo parlare, tessere sogni, afferrare il futuro con decisione e chiarezza, non concedendo spazio ad intralci o intoppi. Mentre “origliavo” sentivo profondo piacere per quelle giovini vite che si affacciavano al mondo con spavalda tenerezza. Poi Vittoria un giorno nel percorrere il vialetto gli tese la mano, lo fissò dritto negli occhi come a voler dire “Ti ricordi di me? Andavamo a scuola insieme?”Timidamente Andrei gliela porse, le sorrise, le chiese come stava. Vittoria sorrise felice ed appagata. Iniziammo a parlare, a ricordare, a discorrere sereni ritrovandoci poi nelle domeniche a venire come appuntamento fisso. Quello che mi colpiva di lui era la chiarezza di come avrebbe voluto vivere la vita, quali scelte, quali motori, quale lavoro, quale strada da imboc-

care. Deciso e volitivo poi si allontanava a bordo della motocicletta facendo risuonare il rombo nella quiete di un silenzio profondo. La sua morte, improvvisa, mi ha profondamente addolorato e colpito alle fondamenta. Stramba la vita, mi son detta, imprevedibile, scaltra, sagace, ingannevole. Io, madre di una ragazza fragile, mi batto come bestia feroce affinché mia figlia abbia tutte le cure che le possano garantire la salute; di sera prima del sonno la segno col segno della croce affidandola al Padre affinché la custodisca. Di certezze, in una malattia come la sua, ne abbiamo poche, di voglia di combattere tanta. E lui, giovane, sano, bello, strappato alla vita, morto, senza neppure avere avuto forse il tempo per salutare l’ultimo istante, gettare uno sguardo al mondo da lui tanto amato ed ambito.“Siamo nelle mani del Signore”, attraverso la fede bisogna accettare i disegni decisi per ciascuno di noi. Alla famiglia di Andrei tutta la nostra vicinanza. A lui, ad Andrei, un abbraccio da parte nostra ed un grazie per aver saputo donarsi con estrema gentilezza e delicatezza d’animo. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste 31


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IL TRENO DEI SAPORI: IL LAGO D’ISEO FRA ARTE, CIBO E VINI TIPICI Cultura, natura, arte e enogastronomia, tutte servite su un piatto d’argento (da degustare rigorosamente a bordo). Benvenuti sul Treno dei Sapori, alla scoperta del Lago d’Iseo, uno di quei luoghi dall’atmosfera Anni Ottanta ancora incontaminati dalle resse disordinate di turisti. Per chi va in cerca di un’esperienza esclusiva, in grado di includere relax e buon cibo, non resta che salire a bordo. Carrozze dal caratteristico colore arancione, tavolini imbanditi con pietanze del territorio e vini Franciacorta, mete turistiche capaci di mostrare al turista autentiche chicche di cui andare fieramente orgogliosi. Un ventaglio di proposte che cambiano l’itinerario possibile ma non modificano di un centimetro il senso di scoperta che accompagna i visitatori dalla mattina al tardo pomeriggio. La proposta del Treno dei sapori, accompagnata da tante imprese del territorio, ha un merito: mostrare come la sponda bresciana del Lago d’Iseo (inclusa la visita a Monte Isola) possa rivelarsi in tutta la sua magnificenza. Qui, la cultura dei borghi in riva al Lago si unisce ad una natura incontaminata, ad un’arte che unisce castelli e affreschi ispiratori del Caravaggio e una enogastronomia

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che – questa sì – è ormai famosa in tutto il mondo. I luoghi che il Treno dei Sapori tocca sono così meritevoli di una visita che persino Christo nel 2016 creò una delle sue più importanti installazioni, unendo la terraferma a Monte Isola e regalando così la straordinaria sensazione di camminare sull’acqua. Ecco, in quegli stessi posti, transita il Treno dei Sapori, un viaggio multisensoriale lungo la linea ferroviaria Brescia-Edolo dove modernità e tradizione si intrecciano senza mai infastidirsi. La partenza è da Iseo, sponda meridionale del Lago a cui dà il nome: una visita al borgo permette di intuire la posizione strategica occupata nei secoli addie-


TERRITORIO tro. Poi, è tempo di partire. Gli ospiti sono accolti su una locomotiva storica e due carrozze dotate dei più moderni comfort, con aria condizionata, impianti stereo e video. Da Iseo si risale a Pisogne viaggiando al lato del Lago, scoprendo camping suggestivi e le lunghe ciclovie sempre più frequentate da italiani (e stranieri), nel piccolo borgo bresciano è imperdibile la visita agli affreschi del Romanino, probabile ispiratore del Caravaggio. Poi, è tempo di degustazioni. Se un aperitivo con bollicine ha accompagnato il viaggio della mattina, il Treno dei Sapori accoglie gli ospiti a Pisogne dove la sosta è accompagnata da salumi, formaggi, sformati di verdure, gnocchi con rosa comuna, polenta, funghi, salsiccia, il tutto con vini del territorio. Il Lago coccola il pomeriggio che si declina fra i tesori situati lungo il Lago d’Iseo. Il Treno dei Sapori offre più di dieci itinerari differenti con guide esperte e

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RIDIAMOCI SOPRA Quanti uomini ci vogliono per cambiare un rotolo di carta igienica? E chi lo sa, non è mai accaduto... “Il mio sogno sarebbe quello di comprare una casetta in montagna e passarci il resto della mia vita con la donna c h e amo”. “E perché non lo fai?”. “Mia moglie non vuole...”. La maestra in classe sta facendo lezione di anatomia. La lezione del giorno è in particolare sul sistema circolatorio. La maestra domanda: “Bambini, chi di voi è capace a disegnare un cuore?”. Paolo alza subito la mano. “Bravo, Paolo! Allora vieni alla lavagna e disegna un cuore”. Paolo diligentemente esegue. La maestra osserva attentamente il disegno e poi fa: “Ma Paolo... perché mai avresti disegnato un cuore con le gambe?”. “Perché di notte sento sempre papà che fa alla mamma: “Vieni qui cuoricino mio... apri le gambe...”. Un secondino fa a un collega: “Hai saputo che stanotte è scappato quello della cella in fondo?”. “Meno male! Te non ci crederai ma mi ero proprio rotto di sentirlo limare tutta la notte...”.

Un giovane va dal medico e dice: “Dottore, mi d e v e aiutare! Tutte le notti faccio lo stesso sogno terribile. Sogno di essere a letto, quando all’improvviso, entrano cinque bellissime donne nude, iniziano a baciarmi e poi mi strappano i vestiti”. Il medico dice.”Capisco, ma che cosa fa lei nel sogno?”. “Io le allontano” risponde l’uomo. “Ma che cosa vuole che faccia io?” chiede il medico. Il paziente implora: “Mi spezzi le braccia, la prego!”. Quanti uomini ci vogliono per cambiare un rotolo di carta igienica? E chi lo sa, non è mai accaduto... Nella vita contano soprattutto due cose: la salute e la voglia di lavorare. Io ho la salute, mia moglie la voglia di lavorare. Non abbiamo problemi. Oroscopo odierno. LAVORO: le stelle ti sorridono. AMICIZIA: le stelle ti sorridono. SOLDI: le stelle ti sorridono. SESSO: le stelle si piegano in due dalle risate.

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“LUNA”

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Il sole è troppo forte, non lo si può guardare, gli occhi ti puoi bruciare. La luna invece, ti rischiara il cuore. Brilla di luce riflessa, a volte ha la gobba concava, a volte convessa, dipende da come è messa. Come una grande chioccia, fa da mamma a tutte le stelle, dalle più grandi e belle alle più piccine, si, anche a quelle. Alza ed abbassa i mari, infiamma o placa i cuori degli innamorati. Illumina il cielo con luce rispettosa e fioca, come una timida candela, in una stanza buia, per non disturbare, quasi si vergognasse di ciò che vede, per non interrompere il bacio di due teneri amanti o la ninna nanna di una dolce mamma. Cara luna, la tua luce sarà pur fioca ma fa brillar l’anima mia e nelle notti insonni mi prendi per mano e mi fai compagnia. Giordano 38

Nei miei pensieri di bambino affiora un’immagine particolare, alquanto unica, tanto da installarsi in un angolo della mia mente e da là non si è mai mossa e nemmeno svanita se è giunta intatta e nitida fino ai giorni d’oggi. Durante i viaggi, gli spostamenti per lavoro dI mio nonno, un giorno siamo approdati ad un paese sulla riva del Garda in cui spiccava, troneggiava un enorme limone, un mezzo limone per la verità; certamente un chiosco dove si vendevano bibite e gelati, un chiosco delle dimensioni di una casa, imponente, di un giallo acceso, luminoso che si stagliava imperioso nella piazza del paese, molto probabilmente nello stesso comune di Limone. Ho chiesto molte volte riguardo a quel curioso caseggiato ma nessuno sembra ricordarsene e così continua a starsene lì troneggiando imponente in un angolo dei miei ricordi, tant’è che talvolta mi chiedo se sia mai esistito, se me lo sia solo immaginato o forse visto disegnato su qualche grande manifesto pubblicitario. Enrico Savoldi New Entry, da 27 anni è al servizio dei lettori cercando di essere trasparente, onesto, coraggioso, innovativo e soprattutto imparziale offrendo spazi agli utenti per poter condividere i loro contenuti. www.newentrymagazine.it


QUESTO È IL MIO NOME - di Micky Rubrica nata agli albori della nostra rivista (ormai 25 anni fa) ideata e curata da Michele Cortinovis, ritrova la sua collocazione all’interno di New Entry non solo grazie alla richiesta dei lettori, ma soprattutto nel ricordo di Michele, prematuramente scomparso, sempre presente nei nostri cuori.

Ginevra

Ha origine dal nome gallese Gwenhwyfar, che è composto dai termini gwen - che vuol dire “bianco”, “puro” - e hwyfar - che vuol dire “spirito”. Il nome Ginevra quindi vuol dire spirito bianco, ma anche elfo splendente. Nell’etimologia popolare nella sua forma italiana il nome viene anche associato al nome ginepro. Inoltre il nome è molto diffuso nella variante multilingue Jennifer. Anche se nel nostro calendario non abbiamo notizia di una santa Ginevra, si può scegliere di festeggiare il 2 aprile, giorno in cui si ricorda la beata Ginevra o Genoveffa di Brabante, oppure l’11 gennaio, quando si celebra santa Liberata che venne battezzata con diversi nomi, compreso Ginevra. La diffusione del nome nei paesi anglossassoni si deve soprattutto a Chrétien de Troyes, che così chiamò la moglie di Rè Art. Tra le varie interpretazioni, il nome Ginevra significherebbe anche “tessitrice” o “donna dei Vichinghi”. Nella mitologia germanica, gli elfi erano spiritelli benefici evocati e invocati a scopo protettivo e augurale. In toponomastica, dà nome a una famosa città svizzera. In letteratura è una eroina protagonista di poemi cavallereschi: moglie di re Artù di Bretagna, amata da Lancillotto e cantata sia nella ‘Chanson de geste’ sia nell’ ‘Orlando furioso’di Ludovico Ariosto; ma anche Giovanni Boccaccio usa il nome Ginevra in una sua novella del ‘Decamerone’ facendone però un’eroina positiva per la sua fedeltà… Fra le omonime italiane note, si segnalano l’editrice Ginevra Bompiani, la produttrice Ginevra Elkann, la cantante Ginevra Rossini. Fra le tante attrici USA omonime Jennifer: Aniston, Connelly, Garner, Grey, Hudson, Lawrence, Lopez… nonché la modella Morrison…

Da citare inoltre, anche il film ‘Ginevra e il cavaliere di re Artù’ diretto da Cornel Wilde nonché il film ‘Ginevra degli Almieri’ di Guido Brignone che si ispira all’omonima fiorentina data per morta e sepolta viva… Una storia ispirata a un poemetto anonimo quattrocentesco ripreso anche da altre forme d’arte (dramma e musica). In Italia la popolarità del nome Ginevra è in significativa crescita. Secondo i dati ISTAT Nel 1999 vennero chiamate così solo 446 bambine, mentre nel 2020 sono state chiamate Ginevra 3657 neonate e addirittura questo nome è addirittura al quarto posto della classifica dei nomi più diffusi nel nostro Paese. LA SCHEDA Origine: gallese celtica Parola chiave: tenace Numero portafortuna: 3 Colore: BluPietra Simbolo: Zaffiro Metallo: Argento Onomastico: nome adespota (1° novembre Ognissanti) o 2 aprile e 3 novembre Segno zodiacale corrispondente: Sagittario

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RELAX

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Quiz 1) E’ vero che Garibaldi per inviare a Vittorio Emanuele ll il famoso « Obbedisco» si servì del telegrafo? 2) Che lingua si parla in Svezia? 3) Che specie di animale è il calamaro? 4) ll fuco è il maschio di quale animale? 5) Di quale nazione è cittadino l’apolide? 6) Quale dei 12 apostoli faceva di mestiere il pescatore? 7) Qual è il titolo del trattato di buone maniere scritto da Monsignor della Casa? 8) Che specie di insetto è la falena? 9) Cos’è il maestrale? 10) Nella « Terra del fuoco fa freddo o caldo? 1) Sl. 2) Lo Svedese naturalmente. 3) Mollusco. 4) Ape 5) Nessuna 6) Pietro 7) Galateo. 8) Una farfalla. 9) Un vento 10) Freddo, è all’estremo sud dell’America.

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PERSONAGGI

GIOVANNA DI SAVOIA Giovanna di Savoia è un altro personaggio che unisce la storia bulgara con quella italiana. Zarina Giovanna Elisabetta Antonia Romana Maria è figlia del re italiano Vittorio Emanuele III, moglie dello zar bulgaro Boris e madre di due figli, Maria Luisa e Simeone. Prima delle nozze si fanno tante discussioni e conversazioni se sia possibile un matrimonio tra cattolica e ortodosso. Intervengono il Vaticano, i governi italiano e bulgaro, rappresentanti diplomatici di altri paesi. Giovanna scrive due lettere al Papa e Boris riesce a ricevere la benedizione del Santo Sinodo e del mitropolita di Sofia Stefan. Il 25/10/1930 Giovanna sposa lo zar bulgaro Boris, prima nella basilica francescana di Assisi. Le nozze sono uno degli avvenimenti più commentati e maestosi nell’Europa dell’epoca. Ci sono rappresentanti delle dinastie monarchiche di tutta Europa e le strade sono affollate di persone che vogliono vedere gli sposi. Alla cerimonia sono presenti come testimoni Benito Mussolini, premier italiano e Andrei Lijapcev, il premier bulgaro. La stazione di Assisi è allargata con altri binari per poter accogliere tutti coloro che volevano venire, venne creata un’altra linea telefonica per permettere ai giornalisti stranieri di compiere il loro dovere. Nella piccola città ci sono 10.000 automobili e le scuole sono chiuse per 10 giorni. Giovanna è vestita con abito di velluto bianco, un velo di pizzo antico e un mazzo di fiori d’arancia di Sicilia. Lo zar Boris è in uniforma di generale dell’esercito bulgaro. Un po’ di tempo dopo viene celebrata una seconda cerimonia con rito ortodosso nella cattedrale “San Aleksandar Nevski” di Sofia e Giovanna la Principessa di Savoia diventa Joanna, la zarina della Bulgaria. Giovanna è accolta calorosamente dal popolo per il suo carattere aperto e solare e per le sue origini slave. Figlia della principessa Elena e nipote del re Nicola di Monte Negro, la sua zia sposò il fratello del re bulgaro Batenberg/. Zarina Joanna partecipa insieme al marito nella salvezza di molte famiglie ebraiche durante la seconda guerra mondiale. Dopo la morte dello zar e la proclamazione della repubblica bulgara, nel 1946 Giovanna insieme ai suoi figli è costretta all’esilio, prima in Egitto, poi in Spagna e in Portogallo. Per il suo impegno nel volontariato, per il suo coraggio durante i bombardamenti di Sofia, il premier di allora Konstantin Muraviev sentenziò con sospiro: “Una donna, una madre doveva mostrare ai politici bulgari che cosa è il coraggio-la zarina:” E il publicista americano Markam scrive: ”La cosa migliore che

ha fatto lo zar bulgaro per il suo popolo è di portare la principessa Giovanna, una delle principesse più affascinanti in tutta L’Europa:” Giovanna ritornò in Bulgaria nel 1993, dopo la caduta del comunismo. Morì nel 2000, a quasi 92 anni, fu sepolta in Italia, ad Assisi. Ristelhneber, lo storico francese definì la sua vita “esempio di semplicità e dignità”. Darina Naumova 43


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BRAVA GENTE Come ho già avuto modo di scrivere sulle pagine di questo giornalino (anche se chiamarlo così mi sembra riduttivo), il 23 aprile scorso il nostro amatissimo gattone di nome MINA, investito da un’auto, si è spento dopo 14 giorni di agonia; siamo andati (io e mia moglie) alla clinica veterinaria che tante amorevoli cure ha prestato al nostro caro micio, per saldare il conto. Come sempre la sala d’attesa era strapiena di bestiole: cani e gatti di ogni dimensione, razza e colori, attendevano con “umana” pazienza (molti loro padroni sbuffavano con bestiale impazienza), il loro turno. La clinica è molto umile, ambienti molto vecchi, però le pareti sono adornate da molte fotografie di cani e gatti corredate da bellissime lettere di ringraziamento nei confronti del titolare della clinica. Personalmente, trovo queste foto ed i relativi scritti, più belli di blasonati quadri d’autore. Arriva il nostro turno, il Dottore in persona ci chiama e ci fa accomodare nel suo piccolo studio, mi stringe la mano e con la voce rotta dalla commozione: - mi dispiace moltissimo per la vostra perdita, abbiamo fatto tutto il possibile, purtroppo le ferite erano gravissime, era un bellissimo gatto, si vedeva che vi voleva un gran bene e voi a lui. Chiedo al Medico quanto gli spetta (per meglio capire, vado ad elencare le cure prestate a Mina: 2 operazioni chirurgiche in cui è stato ricucito l’intestino, 2 giorni in clinica sotto osservazione, 14 iniezioni di antibiotico, 10 di antinfiammatorio cortisonico, 5 di antidolorifico e 2 visite di controllo ), dopo aver pensato un attimo, ci chiede 50 euro di tutto; io e mia moglie ci siamo guardati sbalorditi. - Scusi Dottore, ma noi vogliamo pagare di più, altrimenti non copre neppure le spese, - ma lui con voce decisa: - “non voglio niente di più di 46

quanto ho chiesto”. Ci ha salutato rinnovando il suo immenso dispiacere per la nostra perdita. Saliti in macchina, durante il tragitto di ritorno, io e la mia consorte abbiamo parlato di quanto questo Medico Veterinario sia una persona non solo onesta, ma meravigliosa perché dedica anima e corpo alla sua missione di salvataggio; perché il suo fine non è fare facile profitto, ma curare bestiole come fossero Cristiani. Non importa se la sua clinica non è bellissima, piena di fioriere o altri addobbi, perché tutto il suo amore è rivolto agli animali, non all’esterno o all’apparenza. Per quanto precedentemente riportato, il nome di questo Medico tanto bravo e sensibile, meriterebbe di essere scritto a caratteri cubitali su questa pagina, ma lui, non ha bisogno di pubblicità, è già oberato di lavoro, più di così è umanamente impossibile fare. Ho sentito la necessità, anzi, addirittura il dovere di raccontare questa storia, in un momento in cui la guerra ed altri terribili argomenti imperversano sulle pagine di qualsiasi media, non esistono solo terribili fatti e cattive persone, ma nel nostro quotidiano vi sono uomini e donne (la stragrande maggioranza ), che con umile devozione, onestà e senza Aureola, operano per il bene comune. Giordano


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PROGETTO DI VITA PER VITTORIA... Poche volte nella vita le campane suonano per noi; nei momenti di gioia ed in quelli di profondo dolore. Poche sono le felicità capaci di far spiccare il volo, di tendere le braccia al cielo. Speranza, forza e fiducia hanno caratterizzato il nostro cammino, di una famiglia, una fra le mille, che ha ricevuto il dono dal buon Dio di un figlio colto da fragilità. Fragilità che costa di certo fatica ed impegno pur tuttavia allo stesso tempo vivifica, rafforza, fa del presente ponte di lancio verso l’eterno. Di porte sbattute in faccia, tante; di ostacoli, tantissimi; di lacrime sparse, a profusione; di richieste di supporto infinte, a tutti, dagli enti locali a quelli regionali, dalla chiesa al ministero della pubblica istruzione. Da semplice mamma, senza nulla in mano se non tanto amore e speranza di donare alla mia Vittoria una possibilità di rivincita nei confronti di una malattia che l’ha investita senza neppure darle il tempo di dire amen. In una commedia, tragedia, in un contesto di vita ciascuno aderisce al proprio compito in base alle competenze ed al ruolo che riveste. La nostra fortuna è stata di trovare una rete di servizi disposti a mettersi in gioco, non singo-

larmente ma insieme, intrecciando sapere e volontà, presente e passato, leggi e dettami. Un abbraccio che ha colore e sapore del mare, di onde increspate, di cieli tersi, di infinitezza vorrei giungesse in segno di ringraziamento a tutti coloro che davanti o dietro le quinte hanno operato con seria dedizione e coraggio. Di certo alla dottoressa Claudia Covri dell’istituto Don Milani di Montichiari; con lei lo speciale team formato dai professori Zofino Gabriele, Ida Tonti e Daniela Bologna. Con affetto e stima alle dottoresse Elisabetta Bertoli e Marisa Turganti dell’Asst del Garda di Montichiari. Con riconoscenza alla cooperativa la Sorgente di Montichiari nelle figure della dottoressa Daniela Turk e Giulio Abaribbi. Con ammirazione per la dottoressa Galazzo dell’ufficio scolastico di Brescia. Con apprezzamento per il comune di Remedello nella figura dell’assistente sociale Ilaria Bodini e del sindaco Simone Ferrari. Con gratitudine per il dottor Pezzoli del comune di Montichiari il quale con pazienza ci ha accolti, supportati e guidati. Con obbligo verso il governatore Attilio Fontana il quale ha saputo cogliere, indirizzare. Con affetto per la dottoressa Anna Calvi che da

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TERRITORIO sempre ci sostiene nelle scelte di vita. Con riguardo per la dottoressa Gaetani Chiara, giudice tutelare di Vittoria del tribunale di Brescia, la quale con emozione ha condiviso la nostra gioia. Con riconoscenza, sentimento profondo per il dirigente Giorgio Tortelli il quale, da dietro le quinte, ha camminato passo dopo passo, ingoiando bocconi amari, riprendendo fiato, trovando nuove energie per continuare la battaglia. Un abbraccio grande grande vorrei donare alla dottoressa Maria Rosaria Venturi, ora angelo nei cieli, il cui sorriso, pazienza, dedizione, tenerezza, tenacia sono stati e saranno insegnamento e forza per non desistere, per non mollare. Nel corso del tempo sono cambiate le esigenze sia delle persone fragili che delle famiglie, sempre alla ricerca di nuovi stimoli da proporre allo scopo di dare una qualità di vita migliore. La scuola è vita, opportunità, conoscenza, formazione, coraggio, ardire. Nella scuola, fra le mura di stimoli sempre rinnovati, Vittoria avrà la possibilità di portare avanti il cammino fatto di conoscenza, di approfondimento cognitivo e di relazione sul territorio grazie alla collaborazione con la biblioteca di Montichiari, con la cooperativa la Sorgente che ospiterà la ragazza per un progetto di teatro e di stimolazione basale ed alla frequenza di un

bar/ristorante locale dove imparare a condividere golosità nel rispetto dei tempi di attesa. Nasce oggi un nuovo progetto, unico nel suo essere, che vedrà Vittoria inserita in un contesto scolastico con importanti agganci sul territorio per darle modo di maturare e di sperimentarsi, di mettersi in gioco. E quando le leggi regionali o statali non supportano, quando nessuna mano bussa alla nostra porta pronta a fornire supporto economico entra in gioco il volontariato. A tempo debito saranno le insegnanti ida Tonti e Daniela Bologna a rendersi disponibili in modo gratuito, fornendo competenze e supporto, vicinanza. Si dice che le strade del Signore siano infinite … altri insegnanti vorranno unirsi al nostro sogno? I referenti, consiglieri nazionali comprenderanno l’esigenza di far nascere per i disabili progetti alternativi bisognosi di fondi a cui appoggiarsi? Solo il tempo saprà indicarci la via. Per il momento altro non ci resta che ringraziare tutti, il Buon Dio che sempre sostiene; sperare che Vittoria goda di buona salute ed accetti gli stimoli proposti con serenità. Ci saranno di certo ostacoli e difficoltà che affronteremo come team, come gruppo di lavoro. Fiducia e speranza, profondo amore saranno compagni fidi. FAMIGLIA SCALMANA

I firmatari del progetto 49



PENSIERI E PAROLE

ÉNCANTAS SÖ LE ÓLTADE Éncantas sö le óltade - perdere tempo. Di solito era riferito a ragazzi che non rispettavano l’orario stabilito del rientro a casa la sera; nel tragitto di ritorno da scuola, prendendosela con comodo, soprattutto dopo aver preso brutti voti, sapendo che a casa li aspettava una sgridata e magari un castigo; oppure dal rientro da un’uscita con gli amici, sui quali scaricare le colpe del ritardo, per cercare di evitare rimproveri. Era un monito simpatico che le mamme rivolgevano a figli ” Vé a casa ala svèlta, èncàntet mia sö le óltade, ochèla mia”, soprattutto se sapevano che spesso e volentieri erano tiratardi. Più grave quando si riferisce a persone che, quando perdono tempo, mettono a rischio gli altri, anche per situazioni gravi. Purtroppo stiamo vivendo conseguenze molto pesanti e spesso irrimediabili a causa proprio di persone che “Le s’è èncantade fés sö le óltade”!! Non tutti i problemi attuali, ma molti di questi sono da attribuire a ritardi, incompetenze, confusioni, guadagni illeciti, che si sarebbero dovuto evitare, o perlomeno contenere. E chi paga??? Come sempre noi cittadini, che ci sentiamo ripetere da due anni che “Si dovrebbe, si potrebbe, si farà, si organizzerà…”BASTA! Basta davvero speculare, perdere tempo prezioso, non voler sveltire procedure, non controllare a sufficienza, non punire chi sbaglia: ricoprire una carica è una responsabilità, non dev’essere una conquista, ma la partenza di un percorso al servizio di questo nostro “Paese” troppe volte offeso, calpestato, svenduto, nominato a sproposito. I dipendenti privati, se i “sa ‘ncanta sö le óltade “sono multati, ammoniti e, se recidivi, licenziati. I politici possono sbagliare all’infinito, sperperando soldi nostri, causando danni irreparabili: i morti non resusciteranno, le attività fallite non riapriranno più, eppure al massimo, forse, alcuni vengono sostituiti… Non ne possiamo proprio più,

indistintamente da tutti i partiti, di parole, parole infinite e ripetute fino alla nausea, senza fatti...Cosa aspettano a darsi una mossa, apparire meno nei vari programmi (a ripetere tra l’altro le stesse cose, criticandosi e accusandosi a vicenda) e mettersi seriamente a lavorare per risollevare la nostra Italia?? Il dubbio forte, ormai condiviso da moltissime persone, è che contino sempre e solo gli interessi economici dei più forti, che la salute tanto sbandierata sia un pretesto per altri scopi, che non comprendiamo, ma che sono evidenti, purtroppo. Vorremmo essere ottimisti, ma come si fa??? Quando la finirete, cari politici super pagati, di perdere tempo e soldi (nostri)??? Ornella Olfi

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LA FOCE DEL FIUME CHIESE Ho imparato ad amare maggiormente il fiume Chiese da quando ogni giorno vado a passeggiare lungo le sue rive con mio marito e il nostro cane, perché lo scorrere dell’acqua è proprio la metafora dello scorrere della nostra vita, in continuo movimento, a volte lento, altre burrascoso. Siamo, come il fiume, in viaggio verso una meta che non conosciamo, attraversando in varie tappe un ambiente meraviglioso che, se lo rispettiamo, ci contraccambia regalandoci un benessere generale. Era da tempo che desideravo vedere la foce del Chiese e finalmente ne ho avuto l’occasione. In un caldo pomeriggio assolato, mio marito, la nostra Lola ed io siamo partiti alla volta di Canneto sull’Oglio e, seppur non così facilmente, abbiamo trovato, nel territorio tra Acquafredda e Canneto, il punto dove il Chiese sfocia nell’Oglio. Una curva molto ampia, dove le acque di entrambi i fiumi sono limpide e rispecchiano gli alberi frondosi sulle rive, ma che, causa il letto prevalentemente composto da sabbia fine, assumono un colore poco bello. Immersi nel verde e nel silenzio, abbiamo passeggiato sull’argine per un bel tratto, dalla Chiavica Regona verso sud, ammirando la vegetazione rigogliosa, tra cui un enorme salice piangente i cui rami lambiscono languidi il fiume. Sentiero ben ombreggiato, piacevole da percorrere, ma già a maggio con ospiti poco graditi, le zanzare. Una passeggiata gradita anche dalla nostra cagnolona, tranne un bagno piuttosto fangoso, che le ha fatto rinunciare a rituffarsi. Difficile descrivere la sensazione nell’osservare il termine del Chiese, che ogni giorno fa da sottofondo col suo fruscìo al mio camminare sugli argini a Montichiari, in un lungo tratto dove la sua acqua è più chiara e di solito il livello è più basso. È stato quasi un saluto ad un caro amico, del quale ammiro di giorno in giorno i suoi cambiamenti e quelli della natura intorno, sempre stupefacenti. Ed ecco che ora quando penso alla fine del suo

percorso, posso visualizzarlo nella mente: come una persona nel naturale viaggio della sua vita, ad un certo punto intraprende magari con qualche timore un tratto sconosciuto, che porterà orizzonti più ampi, dimensioni e spazi diversi. Spero in futuro di poterne vedere anche la sorgente, in Val di Fumo. Ornella Olfi

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L’INTERVISTA

REBECCA BONFIGLIO

UNA RAGAZZA TUTTA DA SCOPRIRE Oltre all’immagine c’è di più. Rebecca Bonfiglio è la classica ragazza che conquista lo sguardo al primo istante. Bella, semplice, femminile. Ma lei, 21 anni da Ascoli Piceno, non vuole fermarsi qui e se è vero che è stata protagonista a Miss Italia, è pur vero che nel suo passato adolescenziale c’è un misto di sofferenza e tensioni che si erano riversate tutte sul suo corpo. Oggi, la strada è decisamente in discesa ma Rebecca continua a puntare sulla testa, prima che sul fisico. Nella vita studia per diventare una make-up artist, è innamorata del disegno e della moda. Insomma, se di mezzo c’è arte e creatività, lei ci si trova a meraviglia. Ma la sua è una bella storia da raccontare, un esempio e un monito alle ragazze per guardarsi allo specchio e ricercare (anche) la bellezza interiore. Come inizia il tuo rapporto con moda e fotografia? Mi ci sono avvicinata sin da piccola, ma non è stato tutto ovvio o scontato. Sin da piccola ho sempre problemi di peso, di conseguenza sapevo che sarebbe stato molto più difficile farmi strada nel mondo della moda, specialmente per l’insicurezza e la timidezza che mi porto ancor oggi, al contrario di come possa sembrare ad uno sguardo superficiale. Lo ripeterò sempre: non si possono esprimere giudizi su una persona senza nemmeno conoscerla e dopo aver visto due sue fotografie. Purtroppo siamo la società “dell’apparenza”. Certo, la tua immagine è poi andata costruendosi nel corso del tempo. Con gli anni ho perso peso, ma le insicurezze me le porterò dietro sempre. Detto questo, ho scelto 54


L’INTERVISTA di mettermi in gioco. Ho partecipato a Miss Italia, concorso che è riuscito a farmi sbloccare da quella timidezza che mi teneva chiusa a riccio nei confronti della società e della vita. Mi ha aiutata davvero tanto a crescere e formarmi come persona. Devo dire grazie alla mia famiglia che mi ha spinta a partecipare avendo visto in me del potenziale inespresso. Per te cosa ha rappresentato quella esperienza? Io l’ho sempre visto come un gioco e come un trampolino di lancio. Ho cercato di mettermi in gioco nonostante gli inevitabili momenti di sconforto avuti. Ad oggi posso dire di essere veramente cresciuta tanto, e sicuramente le varie critiche non costruttive mi scivolano addosso con più facilità. Grazie a Miss Italia si sono spalancate porte importanti. Il concorso mi ha aperto anche la strada nel mondo del lavoro: non mi sono mai fermata, e sono sempre stata chiamata per fare collaborazioni con fotografi, anche se il percorso è ancora molto lungo e tortuoso. Ho anche imparato che uno deve sempre provarci nella vita, e deve sempre mettersi in gioco. Che rapporto hai col mondo dei social? Instagram è diventato il social più rappresentativo di me stessa perché lo uso come un “diario”. Ho molte foto che ho archiviato e tante storie che ogni tanto ho piacere a rivedere. Da due anni però il mio profilo si sta caratterizzando per essere anche portfolio. Che effetto ti fa raccontarti tramite social? Usando i Social come “diario” e non solo come “vetrina”, cerco sempre di far vedere la parte vera di me. Tuttavia, sono consapevole che possano essere comunque un’arma a doppio taglio perché non tutti hanno la sensibilità di capire la vera essenza della persona, specialmente se di bell’aspetto. Purtroppo, si tende a giudicare sen-

za nemmeno conoscere. Che ragazza sei nel quotidiano? Adoro vestirmi semplice, ho uno stile molto minimalista, non sento di avere nulla in più e nulla in meno delle altre ragazze anche perché siamo tutti diversi al mondo, ognuno col proprio stile. Cosa desideri dal futuro? Al momento continuo sugli studi, mi concentro su di essi e poi si vedrà. Cerco anche di godermi la vita giorno per giorno senza troppe paranoie e tra dieci anni spero di vedermi felice e realizzata. CONTATTI SOCIAL Instagram: @rebeccab1d TikTok: @rebybonfiglio 55


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ED È POESIA

“Lago di Braies”

Ombre soffuse e riflessi scintillanti sull’acqua magicamente color smeraldo del lago di Braies, incantevole quadro incastonato tra le Dolomiti. Anche il cielo striato di impalpabili nuvole si inchina delicato fino a carezzare il lago, specchio di sublime bellezza, canto silenzioso di pace avvolgente e intima lode a Dio 4° classificata “Premio Letterario in onore di Alda Merini San Benedetto del Tronto nel cuore” 2018 Olfi Ornella

ED È POESIA

“MAMMA E FIGLIA”

ED È POESIA

“IL CIELO”

A volte camminando, guardo il cielo, la nostalgia dentro un attimo,s ento ancora il profumo di un tempo, guardo ancora i prati in fiore, mi siedo accanto alla natura a leggere il libro della vita, l’amor perduto sta in prima fila, l’immagine e un sorriso immenso, girando pagina per pagina finisce ogni tormento, son felice in questo momento, il cielo mi sorride,aspettando ogni ritorno, il vento soffia leggero accarezzando il volto di un fanciullo e mano nella mano un giorno nell’infinito voleremo, a vedere da lontano la solitudine di un tempo. BMG

ED È POESIA

“SE”

Un filo indelebile crea quel legame, le menti sussurrano, in quello sguardo ne traspare l’anima innocente, calma e tranquilla da quella presenza che forgia il cuore di mamma. Scalvini Roberta 58

Se l’avessi fatto io, se fosse toccato a me, se l’avessero detto a me... Tutti quei se visti da fuori avrebbero certamente portato al successo, avrebbero migliorato le cose, le persone, cambiato persino il mondo intero... Ma se davvero tu potessi camminare nelle mie scarpe, probabilmente finiresti solo con l’inciampare nelle tue stesse impronte. Enrico Savoldi


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AUTO D’EPOCA

GOLF IV R32, OLTRE LA GTI...

Sino al 2002 se si pensava alla sportività made in Golf, la testa andava alle tre lettere leggendarie che la casa tedesca ha usato e tutt’ora usa per marchiare una fra le più veloci della gamma: “GTI”. La GTI è da sempre la Golf che coniuga alle tante doti dello storico modello della casa di Wolfsburg, la sportività ed il piacere di guida. Dalla prima serie con cambio a forma di palla da Golf, sino all’ultima dotata di interni super tecnologici, era il 1975 quando fu presentata al salone di Francoforte. Ma nel 2002 alla VW decisero di alzare l’asticella ulteriormente verso l’alto, dando vita alla prima serie della R32. Mi ricordo tutto di quegli anni, avevo quindici anni quando uscì, quasi in concomitanza con colei che le lanciò un guanto di sfida dall’Italia, l’Alfa Romeo 147 GTA. Ma non erano sole, l’ Audi S3 e la 156 GTA le aspettavano dietro l’angolo. I giornali di allora furono a lungo intrisi di duelli all’ultima curva, di tempi sul giro, di pareri e contro pareri…. 60

La verità e che tutte le auto sopra elencate avevano anime diverse, profondamente diverse ma tutte erano davvero ottimi prodotti con cui divertirsi senza spendere cifre folli e perché no, se la tecnica al volante non mancava, anche “ stalkerare “ qualche super car che costava più del doppio. La R 32 dotata di un V6 da 3.2 con 241 CV a 6250 giri e 320 NM di coppia. La trazione era integrale ed il cambio, a sei marce oppure DSG. Tutta diversa dalla Golf per cosi dire di serie, anche dalla GTI. Esteticamente, i due scarichi al posteriore e la piccola ala fissa insieme alla scritta R32 facevano capire sin da subito che non si era davanti ad una personalizzazione fai da te ma bensì a qualcosa di “serio” e soprattutto made in VW. Interni in pelle e sedili avvolgenti dedicati, necessari su una sportiva. 0-100 km/h in 6.3 secondi e oltrepassava in scioltezza i 240 km/H. Prestazioni notevoli, anche in virtù del peso


AUTO D’EPOCA che sfiorava i quindici quintali. L’impianto frenante era specifico e anche l’assetto era dedicato per questo modello. I cerchi in lega, belli ed aggressivi erano da 18 pollici ed anche loro creati specificatamente per la R32. Ad oggi, a venti anni esatti dal lancio, rimane una hot hatch in grado di giocarsela ad armi pari con tante sportive. Già entrata da tempo nel mirino dei collezionisti, il problema è trovarne di sane ed originali, come spesso accade per le vetture di questo segmento, la voglia di aggiungere cavalli e modificarle si fa pesantemente sentire. Purtroppo però perdere l’originalità su vetture come queste seppur essendo cosa comune

non è certo un fattore di poco conto. Poi che dire, lo so che prima o poi finirò per portarmi a casa un ferro uscito da quegli anni, il tempo della mia adolescenza… Penso che la R32 sia davvero anche un’ottima macchina del tempo, per poter tornare a quei tempi, di Hit mania dance estate, dI ragazze con i jeans a zampa e le Fornarina, del Nokia 3310 e delle ricariche telefoniche che duravano il tempo di un lampo. Antonio Gelmini Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com

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