Life People - dicembre 2007

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LIFE PEOPLE N. 4 - DICEMBRE 2007 - € 2,00

copia gratuita ad uso esclusivo del locale o azienda.

I GOVERNI OMBRA DEL NUOVO ORDINE MONDIALE

GHB, YABA E VICODIN: L’EVOLUZIONE DELLA DROGA DAVE GAHAN, LE SETTE VITE DEL FRONTMAN DEI DEPECHE MODE

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a povertà è la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere,

per ragioni di ordine economico, un limitato (o del tutto mancante nel caso della condizione di miseria) accesso a beni essenziali e primari ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale. La povertà diventa pauperismo quando riguarda masse che non riescono più ad assicurarsi i minimi mezzi di sussistenza: è questo un fenomeno collegato a una particolare congiuntura economica che porta al di sotto del minimo di sussistenza una gran parte della popolazione.

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inchieste

I governi ombra del nuovo ordine mondiale

ATTUALITà GHB, Yaba e Vicodin: l’evoluzione della droga

Economia

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Monterosso, il faro che conquista l’Europa

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La segretaria? Io me la affitto... in India

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Personaggi

Dave Gahan, le sette vite del frontman dei Depeche Mode

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Elisabetta Fadini, da attrice per caso a regina del teatro

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MODA

Calendari 2008, con Fashionfor l’Aeronautica sposa la moda

inchieste BENESSERE

Consulente d’immagine, il mestiere di occuparsi di te

TENDENZE

Limousine, tutti vip per una sera

MEDIA

Radio cinema, il grande schermo arriva nell’etere

TECNOLOGIE

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C’era una volta l’IPhone

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pSICOLOGIA

Déjà vu: i fantasmi della memoria

MOTORI

Formula 1, tanta voglia di dimenticare

vIaggi

50 56 60

New York, quello che le guide non dicono

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Hong Kong appunti di viaggio tra i pinguini del business

66

NIGHT LIFE L’intervista doppia agli inventori del DOC Show

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Alex Neri, genetica da dj

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CURIOSITA’

Lo sapevate che...

dicembre 2007

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DESIGN

index

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Ubuntu, quando Linux diventa grande

La luce, tutto può apparire

LIFE PEOPLE

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Direttore Editoriale Giacomo Bertulli Per dialogare con l’editore contattalo all’indirizzo Messenger giacomo.bertulli@libero.it Direttore Responsabile Francesco Sabbatucci Direttore Responsabile Progetto grafico Gianni Gulletta Impaginazione redazionali Omnia comunicazioni Ufficio stampa Agenzia Fashionfor Giornalisti Alan Parker Federico Sperindei Giovanni Zerba Véronique Gentilucci Matteo Garofoli Ringraziamo per la gentile collaborazione lo scrittore Alan Parker www.myspace.com/alanparker28 Autorizzazione del Tribunale di Pesaro n°315 del 20/07/2007

Per informazioni commerciali sull’acquisto di spazi pubblicitari, tel. 329 2005433 E-mail: info@lifepeople.it http://www.lifepeople.it 10 - Life People


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I GOVERNI OMBRA DEL NUOVO ORDINE MONDIALE Federico Sperindei

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i fronte alle variopinte tesi della Grande Manovra, che dall’11 settembre si moltiplicano sostenendo che l’attacco al World Trade Center sia stato organizzato dagli USA stessi, abbiamo sempre qualche perplessità, il dubbio che nascano da un banale gusto del giallo e del sospetto, più che da considerazioni razionali. Tuttavia, la sensazione che qualcosa non torni ci accompagna davvero dal giorno dell’attentato, benchè nessuno, forse, sia davvero riuscito a mettere a fuoco l’anello mancante. Quello che non torna potremmo individuarlo nell’atteggiamento degli USA post-attentato verso il loro fantasmatico, mal localizzato nemico, individuato ora in Afghanistan, ora in Iraq, ora genericamente nel mondo islamico. Quando si combatte un altro soggetto, normalmente, si perse-gue uno tra due obiettivi: si cerca di respingerlo, eliminarlo o almeno tenerlo sotto controllo, oppure si cerca di conquistarlo, sottometterlo. Gli Stati Uniti, viceversa, sembrano impegnati nella singolare missione di manipolare il nemico affinchè diventi come loro, non per conquistarlo ma per omologarlo al proprio modello. Perchè? Perchè spingere verso la nascita di un altro se stesso, sul lungo periodo un potenziale concorrente, anzichè mantenere la propria condizione di vantaggio? La scelta si potrebbe spiegare ipotizzando che l’Ordine, verso cui si tende, prescinda da un dominio degli Stati Uniti sul mondo e cerchi di favorire il controllo del pianeta da parte di una casta sopranazionale, o internazionale, che non si identifica per l’appartenenza a un particolare paese, bensì, appunto, per il tentativo di imporre un Ordine Superiore. Gli Usa stessi, in quest’ottica, sarebbero solo uno strumento di un progetto che li trascende. Prendiamo in considerazione, allora, i sempre più numerosi autori secondo cui l’integralismo islamico è solo uno strumento usato da una cospirazione massonica che controlla il mondo politico (grazie anche all’appoggio dell’alta finanza). Gli stessi presidenti degli Stati Uniti, secondo queste teorie, potrebbero non essere altro che massoni, impegnati in un progetto che va ben al di là degli interessi (più o meno leciti) del paese, e qualcuno fa notare come l’intera dinastia dei Bush abbia fatto parte della setta “Skull and Bones” (“Teschio e Ossa”) dell’Università di Yale, mentre Bill Clinton fu ammesso nello stra-elitario “Rhodes Group”, vicino proprio a “Skull and Bones”. Entrambi i gruppi, tra l’altro, partecipano al controllo del C.F.R. (Council on Foreign Relations), il centro studi USA che sponsorizzò la campagna dello “Scontro di civiltà” di Huntington e che solo qualche mese fa ha proposto di indurre le nazioni del mondo a ridimensionare la propria sovranità nelle questioni economiche, monetarie e finanziare, adot12 - Life People

INCHIESTE

tando una moneta unica mondiale, e favorendo la globalizzazione. La proposta, firmata Benn Steil, si conclude con una sorta di macumba, o forse una minaccia: se i governi, compreso quello degli Stati Uniti, non si arrenderanno alla moneta unica, il mercato potrebbe privatizzare il denaro per conto suo. Come dire: a fare le regole non sono gli Stati Uniti, ma un soggetto che li trascende e spinge verso un potere globale. Non a caso, secondo Blondet, il fine ultimo di “Skull and Bones” è il perseguimento di un Nuovo Ordine Mondiale, da raggiungere attraverso la messa in scena di conflitti appositamente creati, 10


e l’imposizione del proprio modello culturale, ben oltre le confuse operazioni militari. Pensiamo a quanto margine d’azione, quante libertà gli Stati Uniti si sono potuti prendere grazie all’onda emotiva dell’11 settembre, quanta tolleranza in più ci sia stata di fronte alla loro prepotenza politica e culturale (basti pensare che l’ONU stessa si lasciò trascinare in quel vortice di emotività, appoggiando l’assurda missione in Afghanistan, che in un altro momento storico, probabilmente, non avrebbe mai e poi mai approvato). Buona parte delle ipotesi espresse sopra, d’altra parte, hanno diritto di cittadinanza a prescindere dall’esistenza di un progetto per un Nuovo Ordine Mondiale. Anche in assenza di sette e massonerie, è innegabile che l’emergenza terroristica sia conseguenza della politica estera degli USA e che, presso l’opinione pubblica americana e occidentale in genere, la catastrofe del WTC abbia concesso al governo statunitense il lasciapassare per una serie di operazioni, tese ad allargare sul mondo la propria identità più ancora che il proprio potere, che altrimenti avrebbero trovato forti opposizioni anche interne agli States. Che sia Mondiale o solo Americano, l’attacco alle torri ha concesso agli USA, almeno per ora, di provare a imporre il proprio Ordine, occultando le proprie colpe e garantendosi l’appoggio incondizionato delle masse. È normale, quindi, che ci si chieda chi abbia davvero organizzato l’attentato... Restano i dubbi espressi in precedenza, sull’America che modella gli altri paesi a potenziali concorrenti anzichè sottometterli pienamente, ma è possibile che la Missione americana (storicamente pervasa di vene mistiche e messianiche) sia persino disposta a rinunciare a un mondo sotto il proprio controllo per un mondo costruito a propria immagine. Non possiamo fare a meno, tuttavia, di porci un interrogativo che >>

come quello tra nazismo e comunismo. Secondo altre teorie, ai vertici del presunto processo di costruzione di un Ordine Mondiale troveremmo invece la casta degli Illuminati, la Nobilità Nera delle tredici famiglie più ricche del mondo, che controllano le banche internazionali e l’economia, ma soprattutto manipolano la politica, scrivono le regole per presidenti e governi con l’obiettivo ultimo di istituire un nuovo governo planetario guidato dagli Illuminati stessi. Fra i mezzi usati dalla casta per avvicinarsi al proprio obiettivo, ci sarebbe la divisione della masse in schieramenti opposti (determinati da politica, religione, economia, cultura), con spinta verso conflitti armati che producano degrado, sfiducia e miseria, e che inducano così le masse, in ultima istanza, ad abbandonarsi passivamente a un Ordine imposto dall’alto. La guerra è sempre al centro delle operazioni, dunque, e basta visitare l’home page del sito del C.F.R, di cui abbiamo parlato sopra, per trovarvi tradizionalissime immagini e parole di esaltazione dell’eroico esercito americano. Ma la guerra, più che il mezzo diretto per la conquista del potere da parte dell’Ordine Mondiale, sembra essere usata per creare i presupposti (la disperazione e la stanchezza delle masse) necessari alla sua affermazione con altri mezzi. In quest’ottica, è evidente come gli Stati Uniti siano attualmente il motore del processo, anche se non (secondo le ipotesi citate sopra) il suo beneficiario ultimo. Ripensiamo allora all’11 settembre, e alla successiva reazione americana, come percorso verso il Nuovo Ordine Mondiale: i promotori dell’Ordine avrebbero provocato l’attentato in modo da generare uno shock emotivo tale che si sarebbe giustificata e appoggiata ogni tipo di reazione da parte del governo statunitense (portatore dell’Ordine Mondiale in questa circostanza), compresa quella effettivamente messa in atto: la politica dell’esportazione della democrazia 11

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aveva bisogno proprio di una reazione intransigente. Il governo statunitense è così sollevato per ben due volte dalle proprie responsabilità (nell’origine dell’attentato e nella reazione ad esso), garantendosi la possibilità di proseguire (a prescindere da massonerie, Illuminati e sette varie) la costruzione del proprio Ordine e l’imposizione al mondo della propria Identità.

riguarda il quoziente intellettivo del popolo americano: com’è possibile che nell’opinione pubblica, passato lo shock immediatamente successivo alla tragedia, non sia prevalsa la razionalità di riconoscerle responsabilità statunitensi prima nel provocare (volontariamente o no) l’attentato e poi nell’inadeguatezza della risposta ad esso? Perchè l’opinione pubblica americana ha rifiutato di vedere, mettendo così ulteriormente a rischio la propria sicurezza, anzichè chiedere al proprio governo le risposte giuste? Non credendo che il popolo americano sia stupido, proviamo a cercare un risposta tra le teorie del filosofo sloveno Slavoj Žižek, che a sua volta sostiene la tesi del terrorismo islamico come prodotto dell’occidente. Žižek crede che il sistema della società occidentale, un po’ come in Matrix o in Truman Show, funzioni offrendo ai suoi cittadini un’illusione di libertà dietro cui si nasconde, viceversa, un controllo pressochè totale delle menti (tramite mezzi di comunicazione, marketing e quant’altro). Il cittadino stesso, pur inconsapevole di questo processo al livello della coscienza, percepisce inconsciamente l’inganno e altrettanto inconsciamente comincia e desiderare la distruzione, per mezzo di una catastrofe, della finta realtà in cui vive. Ovviamente, il super-io non consente di confessare nemmeno a se stessi un desiderio simile, che può essere sperimentato solo in forma sublimata, ad esempio nei film catastrofici hollywoodiani (alla Indipendence Day, per intenderci). L’attacco dell’11 settembre ha invece rappresentato, in qualche modo, la realizzazione inattesa e totale di quel desiderio inconscio e inconfessato (pensiamo, in effetti, alla smania compulsiva di vedere e rivedere le immagini dell’attentato). In questa interpretazione, il popolo americano non si sarebbe davvero arrabbiato di fronte alla tragedia (e quindi contro il suo responsabile primo: il governo americano stesso) perchè in fondo l’11 settembre è stato la realizzazione di un desiderio. Qualcosa che si voleva. A quel punto, il super-io ha prevalso nuovamente, la condanna al terrorismo è scattata e si è concesso a Bush di reagire con metodi che cercano di occultare il problema anzichè risolverlo (esattamente come farebbe un super-io), senza incontrare ostacoli in un opinione pubblica che, sconvolta dal manifestarsi improvviso dell’inconscio, 14 - Life People

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GHB, YABA E VICODIN: L’EVOLUZIONE DELLA DROGA

Federico Sperindei

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essere non solo il desiderio dell’alterazione, ma anche, in buona parte, quello del trendy, della moda, del ricercato. Come se la fantasia, il marchio, i colori e la confezione stessero diventando componente fondamentale della tossicodipendenza, in un processo che ricorda vagamente l’affermazione di certi capi fashion sugli scaffali dei negozi d’abbigliamento. Restando nel campo delle droghe chimiche (che più facilmente si prestano all’innovazione), i principi fondamentali restano spesso, a ben guardare, quelli dell’ecstasy, cioè delle metanfetamine e delle sostanze più o meno schifide che vi si aggiungono (piombo, polvere, sabbia, veleno per topi, vermifughi), a testimonianza del fatto che le nuove frontiere cercano più l’innovazione di tendenza che effetti diversi da quelli già sperimentabili. Indagando sulle nuove droghe, finiamo così di fronte a nomi curiosi, usi curiosi, tipologie di consumo curiose, quasi che la tossicodipendenza fosse diventata un gioco di stile. L’ecstasy liquida (GHB) è nota e diffusa già da qualche tempo. Componente naturalmente presente nell’organismo dei mammiferi, è assunta dai tossicodipendenti per ottenere effetti simili a quelli dell’alcool (disinibizione, rilassamento e tranquillità,

ai preso l’ecstasy. Se sei in un posto caldo e stai ballando, ma non sudi più, ti devi preoccupare. La temperatura del tuo corpo è aumentata troppo, rischi addirittura la morte. Ti devi preoccupare se hai crampi alle gambe, alle braccia, alla schiena. Ti devi preoccupare se ti scappa la pipì ma non riesci a farla, o se la fai e ha un colore molto scuro. In realtà, ti devi preoccupare sempre. Incubi vecchi. Parliamo di ecstasy e ci sembra quasi di essere antichi, come se le classiche pasticche da discotecaro fossero già roba da nonni. Inquietante, ma è la verità: siamo andati oltre, in un progresso che sembra l’alter ego mostruoso di quello della medicina. L’industria chimica dello stupefacente collauda, innova, ci stupisce (e ci spaventa). L’ecstasy non è uscita di scena, al contrario, le sostanze tradizionali (e qui includiamo tutto: dalla romantica marijuana al boom della cocaina) restano di gran lunga le più diffuse. Tuttavia, in una fascia di consumo che a tratti assume i connotati di una perversa avanguardia, si trovano i segni di una crescente diversificazione, sperimentazione, quasi una frammentazione di nicchia. Presso queste frange di tossicodipendenti, la motivazione all’uso di droga sembra 16 - Life People

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sensualità, euforia e > tendenza a verbalizzare), ma negli ultimi anni si è affermata con il nome di “droga dello stupro”. Sotto forma di liquido incolore, può essere facilmente consumata sciogliendola nell’acqua e può essere facilmente versata nel cocktail o nel caffè di un’ignara ragazza che pochi minuti dopo si troverà preda di uno stupro, che poi vero stupro non è perché la vittima si abbandona senza reagire, passivamente, tra le braccia di quello che sembrava un corteggiatore romantico. Con un particolare: il GHB, più dell’alcool, provoca amnesia, e il mattino dopo la ragazza non ricorderà nulla. Poco da dire sulla natura criminale dell’operazione. Qualcosa da dire, forse, sul ruolo della droga: non più un mezzo per lo sballo fine a se stesso, ma uno strumento per fare qualcosa di affascinante, seducente. È l’integrazione della sostanza (ormai trasparente, appunto), nel gioco di ruoli dei locali notturni e in quella che possiamo considerare l’attività più ordinaria e normale dei loro frequentatori: rimorchiare. Figlio dell’ecstasy è anche il “morbidone”, particolarmente in voga a Milano, che si ottiene sciogliendo in acqua piccolissimi cristalli di MDMA (metanfetamina stimolante e psichedelica). Il principio chimico è analogo a quello delle vecchie pasticche, ma ciò che cambia è ancora lo stile di consumo: fatta scivolare in una bottiglietta d’acqua, senza che il liquido cambi colore, la droga non sembra nemmeno più droga, è bevuta con leggerezza, magari passeggiando con gli amici. Drogarsi diventa easy, di tendenza, un’azione da portare con sé in qualche luogo fashion o da indossare come una maglietta modaiola. Niente di più lontano dalle siringhe, dagli ematomi e dall’emarginazione degli eroinomani. E poi c’è quel nome, “morbidone”, che ci ricorda le Morositas e le caramelle gommose del luna park, rassicuranti, innocenti, infantili. Qualcosa che si può e qualcosa che vale non tanto per il suo sapore quanto per la forma, il colore, il piacere che si prova tenendole in mano. Sempre da una metanfetamina deriva un’altra delle ultime novità europee, la Droga di Hitler o pillola Yaba, i cui effetti sono esaltazione prima e aggressività poi. Alterazioni, anche qui, non troppo diverse da quelle ottenute con l’ecstasy tradizionale, dalla quale le pastiglie di Yaba si distinguono per il colore e l’odore di vaniglia: un dolciume, di nuovo. In questa “evoluzione” delle droghe sembra manifestarsi una componente perfida di avvicinamento alla normalità, che sottrae le sostanze stupefacenti al fascino della trasgressione e le integra, dall’altro lato, nella quotidianità del consumismo, delle manie lecite, del trendy. Il vero cambiamento non è tanto chimico, quanto di forma e d’immagine, con la droga che non è più qualcosa verso cui si fugge, ma qualcosa che si porta addosso (forse si ostenta, addirittura). In questa direzione, in un certo senso, si muove il tossico-sviluppo che cerca nello stesso corpo umano le sostanze da trasformare in stupefacenti, facendo della droga qualcosa che è talmente ordinario, talmente integrato nella quotidianitàa >> 15


da essere fisicamente, già in origine, parte dell’organismo, parte dell’io. Cosa può essere più normale di qualcosa che si produce nei nostri apparati vitali? La “droga dello stupro”, come accennato, viene dall’ipotalamo, dai reni, dal cuore e dai muscoli, ma la ricerca delle “droghe umane” ha condotto a un esito ancora più sorprendente: le fialette di adrenalina. La moda nasce ad Alice Spring, in Australia, e l’ormone (normalmente rilasciato dal corpo in situazioni di stress) circola in piccole ampolle di vetro tra le mani di giovani pronti a spararselo in vena, per avere in cambio eccitazione e superpotenza, senza curarsi del pericolo di emorragie cerebrali, convulsioni, vertigini,

aritmie cardiache. Normalizzazione della droga, sotto un altro punto di vista, è anche ritorno allo stupefacente naturale, l’opposto dell’evoluzione chimica dell’ecstasy. Certe mode recenti della tossicodipendenza si inoltrano così tra le piante, come se la droga potesse diventare genuina, come se esistessero stupefacenti salutisti (meglio se coltivati nell’orto di casa) o se ci si potesse drogare in modo ecologico. Delirio dello stupefacente ammissibile, dello stupefacente che si può perchè potrebbe benissimo spuntare tra i prati della pubblicità del Mulino Bianco. È storia relativamente vecchia quella della Salvia Divinorum (parente della salvia da cuci-

na), masticata per ottenere visioni e “rapimenti spirituali”, ma anche nel 2007 si sono dovute inserire tre nuove piante nell’elenco delle sostanze stupefacenti. Sono vegetali che contengono LSA (da cui si ricava a sua volta l’LSD), con effetti allucinogeni. La tragedia è che spesso i prodotti naturali vengono propagandati come innocui e le persone li ritengono, proprio perché naturali, anche sicuri. Ma ogni pianta non è che un micro-laboratorio chimico in cui si sintetizzano sostanze chimiche, i cui effetti sono imprevedibili. Forse la necessità vera, a questo punto, non è arginare lo sviluppo in laboratorio di nuove sostanze con nuovi effetti, né combattere la spin-

ta verso la trasgressione o l’auto-emarginazione. La drammatica strada imboccata > dalle “nuove droghe” e dai “nuovi drogati” va infatti verso la piena integrazione dello stupefacente nella quotidianità occidentale e nelle sue mode trainanti, comprese, paradossalmente, quelle salutiste e naturaliste. E se la trasgressione della legge (e della morale, e delle raccomandazioni dei genitori) ha attribuito fino ad oggi un fascino ulteriore al consumo di stupefacenti, adesso pare che la droga davvero trendy sia quella che riesce a stare nella legalità e nel sistema, sposando in un certo senso la politica dell’anti-anticonformismo (un’altra

moda). È normale, in questo panorama, che l’autentica, nuova ondata di tossicodipendenza sia l’abuso dilagante di psicofarmaci, droghe non solo legali ma anche sponsorizzate da una campagna di comunicazione (tipicamente occidentale e soprattutto statunitense) che invita alla medicalizzazione, alla farmacologizzazione di qualunque dolore, compresi quelli psicologici. La droga finisce così per essere autorizzata addirittura dalla medicina e dai mass media, cavalli di battaglia del progresso contemporaneo, e questo cortocircuito, negli USA, ha già prodotto un fenomeno inquietante, dal nome preciso: Vicodin. Medicinale

antidolorifico, una volta arrivato nel cervello il Vicodin libera il flusso di dopamina, marea benevola che di-spensa una mielosa sensazione di benessere. Smettendo improvvisamente di prendere il medicinale, il corpo supplicherà dopamina. Negli ultimi tempi l’abuso di Vicodin in America è diventato un vero problema e osservandone l’ascesa qualcuno si chiede che ruolo vi abbia avuto il Dr. House (protagonista dell’omonima serie televisiva ospedaliera), che di Vicodin è drogato. E che non manca mai di ostentare la sua dipendenza davanti agli spettatori della sua terapeutica e seguitissima fiction.

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IL FARRO CHE CONQUISTA L’EUROPA

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’ piccolo, tondo ed ambrato. Venticinque anni fa, all’infuori dei Toscani, erano in pochi ad apprezzarlo ed investirci non era una scommessa ma veramente un azzardo. Eppure, questi ultimi anni, è diventato “so stylish”, “so trendy”, “so italian way of life”, da conquistare gli States, il Giappone e buona parte dell’Europa. È il farro, un frumento dimenticato, ritornato di moda per merito di un’azienda agricola del centro Italia: la Monterosso. Un’azienda insolita, specializzata nella produzione dei semi sperimentali che si dedica in modo particolare alla coltivazione del farro. Sta nel cuore delle Marche, a cavallo tra le province di Ancona e di Pesaro e, forte dei suoi quasi 600 ettari, ha un’estensione tale da godere del clima mite delle dolci colline pesaresi e anche dell’aria frizzante degli Appennini. Non coltiva un farro ma “il” farro. Dopo anni di sperimentazione ha ottenuto il brevetto vegetale del seme “Triticum Dicoccum” che è stato anche riconosciuto prodotto tipico dalla Regione con la denominazione di Farro delle Marche. È il classico esempio di azienda che si è organizzata per controllare interamente la filiera. Produce, coltiva, pulisce e sveste il suo seme di farro. Con un vero mulino a pietra lo macina e in parte trasforma la farina in pasta 20 - Life People

con Mastri Pastai che usano esclusivamente trafile di bronzo e sistema di essicazione lenta. Ma quello che rende la Monterosso, un’azienda agricola fuori dell’ordinario è sopratutto il fatto di essere riuscita a far uscire il farro dal binomio prodotto tipico-prodotto raro. Oggi il suo prodotto si trova sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia. A Torino, a Milano e a Ravenna. A Roma, a Bari e a Palermo. Dopo aver protetto con un brevetto il seme, l’azienda ha vinto con grinta anche la scommessa della sua commercializzazione. Non solo botteghe dunque ma la grande di-stribuzione organizzata. Un successo importante che ha mosso il mercato con così tanto rumore da addirittura aver creato nuove richieste, solleticato nuovi bisogni, ed obbligato grandi e piccole imprese a tener di nuovo conto di questo frumento e ad inserirlo nelle proprie referenze. Calcando così le orme del successo dell’azienda marchigiana. A tenere saldamente le redini dell’operazione sono due donne: la giovanissima sessantenne Lea Luzi e sua figlia Leila. Appartengono ad una famiglia che fa parte della storia dell’entro terra e che a forza di far lavorare i propri terreni ha modellato i paesaggi che corrono a filo della strada tra San Lorenzo in Campo, Arcevia e Sassoferrato. “Ormai le case di chi 18

Veronica Cinti

lavorava una volta a mezzadria con noi sono vuote” racconta Lea - ma basta guardarle perchè ognuna, a modo suo, racconta le storie ed il carattere della gente che ci viveva. Oggi – prosegue - lavoriamo con un altro ritmo. Siamo più veloci, i solchi sono più profondi, le rese sono migliorate ma capita di rimpiangere i tempi andati: quando si viveva con il ritmo delle stagioni e la semina ed il raccolto erano pretesti per far festa.” Parole da non prendere alla lettera. Perchè la Monterosso ha certo solide radici nel passato ma sa anche anticipare il futuro. Non a caso sono ormai quindici anni che si è trasformata in un’azienda biologica. L’ultima sua scommessa si chiama farroteca. La casa del farro. Un nome che è tutto un programma. Iniziata come un gioco e già brevettata. Un luogo di degustazione dedicato esclusivamente al farro e a tutte le sue varianti. Dal pane alla polenta. Dall’insalata alla crostata. Dalla zuppa alla pasta. Ovviamente con il suo farro, il Triticum Dicoccum, il farro delle Marche. Il successo è tale che già pensano di lavorare in rete e di creare in Italia, in Europa, nel mondo, tante piccole farroteche. La storia di un’altra scommessa tutta da scrivere...


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DAVE GAHAN LE SETTE VITE DEL FRONT MAN DEI DEPECHE MODE

Overdose, tentato suicidio, vita presa per i capelli una manciata di volte. Astemio, buon padre di famiglia, marito perfetto, amante dello yoga. Sono gli estremi di una vita vissuta in lungo ed in largo, nel bene e nel male, ma mai banalmente da David Gahan, al secolo Dave, frontman dei Depeche Mode.

I

25 anni di carriera sulla cresta dell’onda, hanno inevitabilmente portato Dave alle 3 “S” che sembrano essere tipiche degli artisti rock: sesso, successo e soldi. Un’adolescenza non delle migliori ha fatto il resto. Nato 45 anni in una tipica famiglia inglese, a 9 anni Dave scopre che quello che lui chiamava “papà” era in realtà il suo patrigno (che gli dà anche il cognome che porta: Gahan); l’adolescenza sarà caratterizzata da vandalismi, furti e bravate che lo portano ad essere più spesso in tribunale che alla scuola di stilismo, della quale si stanca ben presto. Nel suo periodo pseudo-scolastico conosce Martin Gore e Andrew Fletcher, che di li a qualche anno diverranno 2 dei membri dei Depeche Mode.

A Londra, dove si trasferì per studiare conobbe, tra gli altri John Lydon (che sarà poi membro dei Sex Pistols) e Gorge O’Dowd, meglio noto come Boy Gorge (Culture Club). La musica era già nelle sue corde, insomma. L’incontro più importante per il futuro di David fu però quello con Vince Clark nel 1980 che, dopo averne sentito una performance canora, lo arruola nel suo gruppo, al quale Dave stesso darà il nome di Depeche Mode, dei quali ne diventa la voce ufficiale di li ai giorni nostri. Da qui la vita di Dave va nella direzione esattamente opposta al successo del gruppo: un primo matrimonio (1985) ed un figlio nel 1987, anno apice per i “DM” >> 21

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“Paper Monsters”) coi quali si stacca dalla “famiglia” musicale, i Depeche Mode che pure rimangono la sua casa, e gli danno nuova linfa. Il secondo e più recente lavoro da solista è di nemmeno 2 mesi fa; si intitola “Hourglass - Clessidra” - che è, come lui stesso dichiara “l’album della rinascita; ora sono padre e marito prima ancora che cantante”. Come lascia intendere il titolo stesso, è un album dedicato al sentimento del tempo, anzi, specifica Dave, “riguarda questo preciso momento. È un fermo immagine su un periodo della mia esistenza nel quale sono felice e mi godo il presente, ciò che di meraviglioso la vita mi sta offrendo”. Questa positività si sente echeggiare anche dai versi di “Hourglass”, la canzone che da il titolo al disco, dove dice: “Non credo nei miracoli, però qualcosa più grande di noi esiste”. Una bella ammissione per chi, come Dave, ha sempre rifiutato di credere in Dio.

col tour “For The Masses”. Moglie che lascia per risposarsi una seconda volta (anno 1991) con la sua press-agent. Con la nuova famiglia arrivarono anche le droghe e l’abuso di alcol che lo portarono, nel 1996 ad un’overdose che fu solo la prima di situazioni nelle quali Dave rischiò sul serio la vita, compresa una morte clinica di 3 minuti ed un taglio di vene. Tutto questo portò ad accostagli il soprannome de “il Gatto”, con l’allusione alle 7 vite. Non certo motivo di orgoglio. Per legge, dopo il tentato suicidio, fu costretto ad una terapia che gli fece rivedere la luce in fondo al tunnel. Un nuovo matrimonio, il terzo, ed un’altra figlia gli hanno permesso di arrivare oggi a condurre una vita più che sana, dedita alla famiglia ed alla musica; ora è completamente astemio, fa yoga tutti i giorni, palestra ed allena la voce, fonte del suo successo e bene prezioso. Anche le sue priorità sono cambiate: ora quello che più conta per Dave sono i figli ed anche il lato artistico ne ha tratto i suoi vantaggi. Ha cominciato, infatti, a produrre album solisti (il primo è del 2003 -

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Il Senso tangibile dell’Unicità

Opere uniche, frutto di un elevato profilo qualitativo e di una corretta interpretazione delle esigenze moderne, opere che coniugano il buon gusto con il massimo del confort, senza rinunciare al fascino della tradizione, ma anche opere che sono il naturale risultato di una profonda unione tra professionalità e passione. Polo Holding, un grande e solido gruppo che ha saputo innovarsi, evolversi per attuare progetti sempre più importanti, specializzandosi e dando vita a nuove realtà imprenditoriali: Polo Costruzioni, Polo Impianti, Polo Green, Polingegneria e Dolcefarniente. Aziende diverse ma unite da un comune obiettivo: migliorare la qualità della vita e realizzare un sogno.

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Su Dave Gahan c’è poco da dire che non sia già noto a chi conosce lui e i Depeche Mode; ma anche a chi non li conosce così bene, ma è un amante del buon rock; i Depeche Mode sono infatti da 25 anni uno dei pochi gruppi che hanno passato incolumi generazioni di fans e gusti, rimanendo sempre attuali e con delle sonorità che lasciano pensare che tra altri 25 anni canticchieremo ancora le loro canzoni. A tale successo David non è mero spettatore, ma fautore principe col suo appeal sanguigno e fisico, sia sul palco che dietro al microfono, aiutato da una voce calda e profonda che genera un fantastico contrasto con la musica elettronica dei Depeche Mode. La passione artistica segue Dave anche fuori le mura musicali; i suoi hobbies sono infatti, oltre i concerti, la pittura e tutta l’arte in generale; è anche appassionato di hockey su ghiaccio, tanto per rimanere in tema di “duri”. Dei suoi “colleghi” ama e ha amato Freddy Mercuri, Bowie, Jagger, e gruppi quali Smashing Pumpkins, Soundgarden, Cure, Nirvana, Pearl Jam, Clash e Rolling Stones ed il suo album preferito è il primo dei Led Zeppelin. Tutta la créme della musica degli ultimi anni insomma. Ma la sua canzone preferita è “Condemnation”, indovinate un po di chi? Si, la sua!

David “Dave” Gahan è insomma uno di quei pochissimi talenti puri che la scena del rock ha prima generato, poi quasi distrutto ed infine elevato a mito, con la differenza rispetto ad altri, di potersi godere il momento da vivo. Un passato diviso a metà tra momenti da dimenticare ed altri da incidere a fuoco sulla pelle, ma comunque tutti indispensabili per creare quel uomo, artista e rocker così carismatico da meritarsi il nome di “Gatto dalle 7 vite”. …E dopo 45 anni, di cui 25 sulla scena, non se le è ancora giocate tutte!

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CALENDARI 2008,

L’AERONAUTICA SPOSA LA MODA

“UNA DELLE MIGLIORI AGENZIE ITALIANE DI MODA E’ RIUSCITA IN UNA GRANDE IMPRESA”

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n calendario entro le mura di una base militare. Per il settore moda era uno degli ultimi tabù. Mentre ora è diventata una splendida realtà. In Italia mai nessuno prima d’ora ci era riuscito. In tanti ci avranno magari più volte pensato ma, si sa, tra il dire e il fare…. Ad abbattere, e con enorme successo questo ultimo muro, ci è riuscita una piccola realtà marchigiana in rampante ascesa nazionale ed internazionale. A nemmeno un anno dalla nascita, l’agenzia di moda, eventi e comunicazione “FashionFor” di Sara Pagnetti è riuscita a farsi aprire le porte da un “set” fotografico decisamente fuori dagli schemi. L’agenzia ha operato ai fianchi delle sfere governative italiane, riuscendo ad ottenere come ricompensa a tanta ostinazione niente meno che la base dell’Aeronautica Militare Italiana di Cervia – 5° Stormo e tutto il 23° Gruppo caccia F16 “Fighting Falcon”.

Matteo Garofoli

Una scenografia che prima della “piccola” FashionFor era stata concessa soltanto a Ferrari ed MV AGUSTA. Un evento rivoluzionario per il mondo della moda che ha creato molta trepidazione nell’attesa di questo nuovo prodotto. Un’esperienza - pilota che ha portato Sara e la sua Agenzia sotto gli occhi dei più grossi calibri dell’ambiente. Alla proposta di questa location, le adesioni di collaborazione sono subito state numerose ed importanti; a cominciare dal fotografo, il maestro Alessandro Zini e il suo assistente, che pur di essere i realizzatori dello shooting e della post-produzione hanno rimandato i loro impegni per tutto il mese di Novembre. La realizzazione è avvenuta in gran segreto il 29 Ottobre, dalle prime luci dell’alba fino a notte fonda, per un risultato decisamente emozionante. >>

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Set fotografico presso la base militare di Cervia per gentile concessione dell’Aeronautica Militare 32 - Life People

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Ma andiamo con ordine: tutto lo staff FashionFor, che comprendeva 6 modelle, 2 modelli, 2 fotografi, hair-stylist e makeup artist by international Lucio’s equipe, nonché una corposa membership interna dell’agenzia hanno fatto il loro arrivo a Cervia di buon’ora facendo subito la conoscenza della base e della sua attività per la sicurezza aerea in territorio italiano. L’accoglienza riservata allo staff è stata encomiabile, con una disponibilità da parte di tutti i militari ad offrire la massima efficienza possibile, dal Comandante Generale del 5° stormo Roberto Di Marco, a tutti i piloti, fino al personale di terra. Gli scatti del maestro Zini sono cominciati all’interno degli hangar, nella splendida cornice fornita dai caccia attorniati da tecnici e piloti, coordinati dal Maggiore Luca Lautizi, Comandante del 23° gruppo caccia. Le modelle hanno indossato le creazioni di Maurizio Brescini, che con le sue splendide creazioni ha esaltato la bellezza delle ragazze. A seguire, dopo le fatiche mattutine, tutto lo staff assieme al 23^ gruppo caccia si è riunito per un pranzo veloce avvicinando maggiormente due mondi solitamente così lontani e differenti. Al termine del pasto c’è stato uno tra i momenti forse più emozionanti dell’intera giornata: il decollo di 4 caccia a pochi metri dal gruppo, jet che volavano poco sopra le teste delle modelle, qua le foto più attese da tutti i militari della base, ovvero gli scatti in esterna, sempre tra gli F16 “parcheggiati” e i mezzi di soccorso in forza alla base messi a “completa” disposizione… del set. Altro momento accattivante quello delle foto fatte al tramonto, tra i colori del sole in controluce e i “Falcon” come sfondo, con abiti da sposa e da sposo calati per un giorno in un connubio mai osato prima. La lunga giornata si è conclusa con una cena di gruppo in base ed un finale davvero unico: i decolli per volo notturno. Un motivo in più per avere il calendario “FashionFor” appeso al muro per tutto il 2008 è che i proventi ricavati andranno all’ONFA (Organizzazione Nazionale Figli degli Aviatori dell’Aeronautica Militare). Per ricevere il calendario FashionFor 2008 contattare lo 0721-1796453 o sul sito internet www.fashionfor.com

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LA SEGRETARIA? IO ME LA AFFITTO... IN INDIA Gli impegni sono tanti, il tempo troppo poco e 2 segretarie, una per il giorno e una per la sera, costerebbero troppo. Costerebbero...perché cosi non è! In India infatti sta dilagando un nuovo e remunerativo business: si stanno affermando sempre più agenzie che “affittano” segretari e segretarie ai propri clienti, che sono per la maggior parte occidentali. Offrono loro tutte le potenzialità di una vera e propria collaboratrice, ma a costi ridottissimi e solo per il periodo che si vuole, che siano poche ore o un anno intero. Un esempio: una di questa società offre un assistente personale per sbrigare qualunque tipo di pratica e richiesta (professionale, beninteso). L’unico limite, che tale non dovrebbe essere se si necessita addirittura di un collaboratore extra-continentale, è il dover comunicare con lui/lei in inglese, seppur basilare. Naturalmente per farlo basta una semplice mail o, per essere più esaustivi, una chiamata diretta. C’è un’altra proposta decisamente allettante, anche se farà storcere il naso ai milioni di disoccupati italiani, che ora rischiano di vedersi fregare il posto da un indiano, per giunta nemmeno domiciliato in Italia: si tratta di una compagnia che tra le sue proposte ne prevede una che mette a disposizione del cliente una persona laureata, che funge da assistente per un intero anno. Il tutto per soli 1.220 euro per i 365 giorni. Come sempre più spesso accade, gli orientali ci anticipano e ci 34 - Life People

fregano su tutto; noi, naturalmente, a correre ed inseguire. E questo caso non fa eccezione. Infatti sull’onda del successo di questo nuovo business made-in-India, anche noi occidentali ora abbiamo carpito l’importanza di questo mercato che, effettivamente offre soluzioni interessanti. Per fare un esempio, il Regno Unito vanta già numerose agenzie dedite a questo tipo di mercato; una, in particolare, ha ampliato il suo catalogo di collaboratori “in affitto” con un valore aggiunto che fa gola a molti dei suoi clienti; è per questo, forse che sta diventando quella con più richieste: offre, in sostanza, la possibilità di avere accessi privilegiati in luoghi “must” delle capitali europee e mondiali; zone altrimenti off-limits, diventano luoghi di casa per i clienti dell’agenzia. Il costo di un segretario che ha in più il pass-partout per ogniddove? Nemmeno troppo eccessivo: 40 euro l’ora. Ma il risultato è garantito; l’effetto con la propria accompagnatrice, anche. Il top della gamma però è (come anticipa il nome stesso) senza dubbi “Quintessentially” (www.quintessentially. com), grazie al quale sarà veramente come avere la segretaria personale di Flavio Briatore, con la sua agenda di indirizzi e numeri di telefono compresa. Se si è clienti di questa agenzia, nessun posto sarà più inaccessibile; nessun evento sarà più off-limits. Per qualsiasi esigenza, di ogni genere, nulla escluso, non si dovrà far altro che 32

chiedere…et-voilà! Il gioco è fatto. Si può entrare ai party invitation-only, assistere alla sfilata del nostro stilista preferito da bordo passerella e godersi la prima a teatro da una postazione privilegiata. Per avere tutti questi vantaggi ultra-lusso, però, non basta sottoscrivere il normale abbonamento, ma occorre essere cliente “élite” e sborsare 36.000 euro. Questo è quanto avviene fuori le mura domestiche; ma in Italia? Al momento non risultano servizi di questo tipo, o anche meno particolari. Come sempre, a noi serve un po’ più tempo degli altri. Critiche a parte, il servizio afferra una clientela che ha come peculiarità primaria quella di essere dei giramondo, senza un vero e proprio ufficio stabile, o che pur avendone uno riescono a frequentarlo poco. Avere un contatto aggiornato su tutti gli impegni in ogni angolo del mondo, semplifica certamente le cose a questi globetrotter in giacca e cravatta. Un elemento basilare, senza il quale non ci sarebbero mai stati i “segretari a distanza” coi loro pregi e servigi, è certamente la condizione di always-connected verso cui va il mondo. Portatili, palmari, ma basta anche un semplice telefono cellulare non troppo datato per essere connessi con ogni angolo del globo, lavorare senza preoccuparsi dei fusi orari e avere chiunque a portata di clic. Matteo Garofoli


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CONSULENTE D’IMMAGINE, IL MESTIERE DI OCCUPARSI DI TE

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Matteo Garofoli

on c’è niente da fare: ogni volta che vi trovate in mezzo ad una situazione lievemente diversa dalla solita routine, andate in crisi e non sapete cosa fare! Non è un problema che riguarda pochi,

anzi! Uno dei film che ha riscosso maggior successo qualche stagione fa senza dubbio “Hitch”, con Will Smith: la storia è quella di un burbero ma simpatico soggetto che si innamora di una donna, decisamente meglio inserita nella società che non lui. Per ovviare a questa carenza, in suo soccorso arriva Hitch appunto, che da ottimo conoscitore del savoir-faire, aiuta questo povero disgraziato a non essere impacciato nel caso di situazioni poco ricorrenti. Il film è solo una conseguenza di quanto negli USA c’è già da tempo, e che da noi, in Italia sta prendendo sempre più piede, anche se col consueto ritardo. A cominciare a dare una parvenza di “Personal Image Consultant” i 5 ragazzi, gay, de “I Fantastici 5”, in onda fino pochi anni fa su La7. Sono infatti in costante aumento le persone (uomini e donne indistintamente) che si mettono nelle mani di questi Consulenti d’Immagine, che si occupano del loro cliente in tutto e per tutto: ne curano l’abbigliamento ed il look, il fisico (consigliando esercizi, palestre ed alimentazione adatti), l’arredamento della dimora, locali quali discoteche, ritrovi, luoghi da aperitivo, mostre; mettono lo zampino perfino sulle letture; modellano insomma, la personalità in base al traguardo da raggiungere, il tutto affinché il loro assistito acquisisca la sicurezza necessaria a muoversi da solo nella giungla della società moderna, attentissima alle apparenze e meno concentrata sulla sostanza. È risaputo che in qualunque ambito, lavorativo ma anche non, le public-relations sono fondamentali e spesso portano maggiori riscontri di una buona raccomandazione; è quindi naturale che per avvicinare e poter essere avvicinati dalla nostra “preda”, bisogna avere quella nonchalance indispensabile per risultare brillanti e non un pesce fuor d’acqua anche al bar sotto casa. Laddove questi “salotti buoni” abbondano, vale a dire Milano e Roma su tutte, la figura del Consulente d’Immagine è sempre più richiesta, fino ad essere quasi diventata un status-symbol perché ce l’ha (e se la può permettere); sempre più spesso, il C.d’I. è affiancato da altre figure simili, quali il “Personal-Shopper”, l’addetto alle compere per nostro conto, ed il “Wedding-Planner”, colui che organizza un matrimonio in ogni dettaglio. Sono i classici “new job”, nati in seguito al proliferare di nuove necessità, dei quali non ci si era accorti della mancanza finché non se n’è fatto uso. Tutto ciò spesso viene mostrato ed utilizzato più per lussuria e vanto che per un reale bisogno, anche in considerazione del costo che hanno questi servigi. …Poi ovviamente c’è chi ha un “C.d’I.” come amico, e allora la cosa si fa davvero interessante! ;-)

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LIMOUSINE TUTTI VIP PER UNA SERA

La sposa, casalinga, festeggia il suo addio al nubilato lanciando coriandoli dal tettuccio di una Limousine mentre da un’altra parte lo sposo, operaio, festeggia il suo addio al celibato con una spogliarellista, nel salottino di un’altra Limousine

È

una delle mode in ascesa tra chi vuole sentirsi VIP almeno per un giorno: il noleggio, in qualche serata speciale della propria vita, di queste lunghe e lussuosissime auto. In America le affittano anche per i funerali. In Italia non si arriva a tanto, ma sono sempre di più quelli che decidono di concedersi la Limousine in occasione di matrimoni, compleanni, feste di laurea o quant’altro. Il prezzo, che varia ovviamente in base alla durata del noleggio e dei chilometri percorsi, può toccare cifre a tre zeri, ma con 400/500 euro ci si può togliere la soddisfazione di effettuare, sulla prestigiosa auto, almeno gli spostamenti di una normale serata, tra ristorante e locale notturno. L’autista, fornito “in dotazione” con la vettura, starà agli ordini dei festeggiati, a patto che non facciano troppo tardi in discoteca. Se il tempo scade, l’Ambrogio di turno se ne va e qualcuno racconta che, dopo essere arrivato in un locale

a bordo di una Limousine, è stato costretto a farsi venire a prendere dai genitori all’uscita. Di storie tragicomiche legate a Limousine in affitto, del resto, se ne potrebbero raccogliere tante, tra escursioni in quartieri poco raccomandabili e vomito di festeggiati ubriachi sui prestigiosi sedili dell’auto, ma l’uso più canonico resta quello a fini romantici e fidanzate in estasi assicurano di aver ricevuto il loro anello a Parigi, a bordo di una Limousine al cui interno hanno trovato sparsi petali di rosa, mentre l’impianto stereo diffondeva le canzoni del loro amore. Dall’altro lato, l’iniziativa davvero originale resta quella della donna che, una mattina, ha affittato una Limousine nera per andare a prendere a scuola il figlio (che compiva diciott’anni) e alcuni amici al corrente della sorpresa, avventurandosi poi in un lussuoso giro per Roma con tanto di servizio bar a bordo. Ci immaginiamo i commenti dei compagni di classe rimasti a piedi. Gli

autonoleggi delle Lomousine, fiutato il nuovo business, hanno integrato la loro offerta (che già comprendeva optional più o meno tecnologici, dai body guard alla connessione internet) con servizi destinati ai comuni mortali. Non si tratta più solo di fornire addobbi floreali quando l’auto è affittata per un matrimonio, ma anche di avvicinarsi alle esigenze dei giovani che festeggiano lauree o compleanni: ecco, allora, che il salottino di una Limousine può seguire le stesse regole di un tavolo in discoteca, con musica house sullo sfondo e una precisa quantità di superalcolici a disposizione (in base alla cifra pagata). Accanto a queste iniziative trendy, tuttavia, l’offerta più chic resta probabilmente quella dello Shopping Tour: mentre la Limousine ti scarrozza tra negozi super-modaioli, un “personal shopper” fornito dall’autonoleggio ti dà suggerimenti sugli acquisti da effettuare. Ma questa, forse, è ancora roba da VIP. autonoleggio bianchini RN 0541 389211/ 386574

Federico Sperindei 37


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Radio Cinema,

il grande schermo arriva nell’etere Giovanni Zerba

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Roma è sempre stata per l’Italia la capitale del cinema. Una vocazione cinematografica evidente dal punto di vista produttivo: Cinecittà è un punto di riferimento anche per le major Usa. Negli ultimi due anni però, grazie al Festival del cinema di Roma, sono tornati sotto il Cupolone anche l’evento e la celebrazione cinematografica che fino a poco tempo fa erano di casa solo a Venezia.

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nership. Fra queste, quella con: l’Ente dello Spettacolo-Rivista del Cinematografo, Casa del Cinema, Coming Soon Television e Premio Solinas. Il connubio fra cinema e radio non è però nuovo. Se fino a pochi anni fa la fiction e la prosa radiofonica arrivavano a coinvolgere milioni di ascoltatori oggi, quest’interesse, si è spostato sul lato informativo e musicale. Ne sono un esempio i tanti appuntamenti settimanali e giornalieri che molti network dedicano al grande schermo. Radio Rai mantiene in questo panorama ancora un ruolo fondamentale. Se da una parte infatti non ha rinunciato alla fiction radiofonica, divenuta sempre più costosa, dall’altro ha proposto programmi come “Hollywood Party”, punto di riferimento quotidiano nel pomeriggio di Radio 3 e del mondo cinematografico. Accanto a quest’ultimo sono nati “Tutto Cinema”, prodotto da Rai International o “La rosa purpurea” di Radio 24, solo per citare alcuni dei progetti più interessanti. Appuntamenti fondamentali per promuovere non solo il grande cinema italiano che sbanca ai botteghini, ma anche le proposte cinematografiche ed i festival minori perché in questi programmi viene data voce a registi, a doppiatori e a tutti coloro che, dietro le quinte, svolgono un lavoro fondamentale per permettere a quest’arte di progredire. La radio è diventata quindi, di fronte all’apatia che dimostra spesso la tv per il cinema, uno dei principali megafoni ed interlocutori. Un modo per dare voce ad un settore sempre più a corto di finanze, ma anche un’occasione di alfabetizzazione cinematografica per chi non cerca nel cinema un semplice svago commerciale, quello del “cinepanettone”, ma vuole un contatto diretto con attori, registi e protagonisti di questo mondo.

oma, nel corso di quest’ultimo anno, ha visto crescere l’interesse generale di una città per il cinema e da qui sono nati progetti interessanti come Radio Cinema. Un’emittente nuova che, prima in Italia, si dedica 24 ore su 24 alla settima arte. Radio Cinema nasce quasi per caso dall’idea di un gruppo di amici appassionati del grande schermo che decidono di colmare un vuoto presente da tempo nell’etere italiano. Una radio che produce, vende e trasmette programmi radiofonici dedicati quasi esclusivamente al cinema e che, grazie alla direzione artistica di un team di creativi, presenta un palinsesto di carattere culturale in linea con i gusti di molti cinofili italiani. La radio, ascoltabile via web all’indirizzo www.radiocinema.com e, per molte ore al giorno, in decine di radio italiane affiliate, offre una programmazione musicale che comprende le colonne sonore dei film in uscita e le soundtracks dei classici americani, quelle che hanno contribuito a fare la fortuna di registi come: Oliver Stone, Martin Scorsese, Brian De Palma o Quentin Tarantino. Il tutto senza tralasciare le musiche delle fiction più commerciali. Radio Cinema però non è solo musica. Il palinsesto giornaliero dedica diversi momenti all’informazione di stampo cinematografico, ai film in uscita nelle sale e ai dvd più interessanti della settimana. Su Radio Cinema trovano inoltre spazio anche alcune “nicchie” cinematografiche, quelle rappresentate dai festival di “provincia” che non hanno promozione sui tradizionali mass media. Non è un esempio l’attenzione riservata al cinema migrante ma anche la collaborazione con importanti istituzioni ed associazioni romane che da tempo sono in prima linea per far conoscere le avanguardie cinematografiche. Radio Cinema ha attivato, nel suo primo anno di vita, già diverse part41

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Ubuntu,

UBUNTu, QUANDO LINUX DIVENTA GRANDE

quando Linux diventa grande

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re persone unite per mano a formare un cerchio. Potrebbe sembrare il simbolo di un ente benefico e invece no, si tratta del logo di Ubuntu, una delle più celebri versioni di Linux, il sistema operativo open source che, ad oggi, rappresenta l’unica alternativa ai sistemi proprietari di Microsoft ed Apple ovvero Windows e Mac. Linux, nonostante abbia ormai la bellezza di 15 anni, non è ancora così utilizzato. Il sistema infatti, rilasciato nella sua primissima versione nel settembre 1991 dal finlandese Linus Torvalds, è piuttosto complesso e, nonostante sia gratuito e sia stato più volte migliorato, non ha ancora avuto la diffusione che merita. Linux non è solo un sistema operativo gratuito ma è anche una filosofia informatica, un nuovo modo di concepire il software che tende a dare la massima apertura e trasparenza al codice sorgente del sistema e che, per questo, si contrappone alla vision e allo strapotere di Bill Gates fondato sul copyright. Per celebrare Linux sono nati in tutto il mondo dei movimenti che promuovono il software libero. In Italia questo compito è svolto dall’ILS, l’Italian Linux Society, che organizza eventi come il Linux Day per diffonderne e approfondirne la conoscenza. Proprio Ubuntu sta raccogliendo sempre più consensi ed ora che è stata rilasciata la versione 7.10 punta a diventare ancora più semplice e completo. Ubuntu è un antico termine africano che significa “umanità verso gli altri”. Un nome non casuale, e la filosofia alla base di Linux, e considerando che il progetto è nato proprio grazie ad un giovane

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sudafricano, Mark Shuttleworth, che nei suoi anni universitari si dedicò, come molti imprenditori della new economy, allo sviluppo di idee innovative. Nel 1995 il padre di Ubuntu fondò Thawte, società di consulenza per la sicurezza delle transazioni on line nei processi di e-commerce. La società venne venduta quattro anni più tardi alla statunitense Verisign per 575 milioni di dollari e, con parte di quei soldi, venne finanziato il progetto Ubuntu. Durante l’installazione di Ubuntu avviene una configurazione automatica del computer e, al termine, si ha a disposizione non soltanto Linux, ma anche alcuni programmi fondamentali per lavorare, divertirsi e navigare su internet. Dal sito italiano, www.ubuntu-it.org, è possibile scaricare la traccia iso per la masterizzazione del disco di installazione. A questo punto occorrerà avviare il computer con il cd inserito e sceglierne la modalità. Si può decidere di caricare solo Ubuntu, oppure decidere di far coabitare questo sistema con Windows. Per chi fosse indeciso è possibile provare Ubuntu in versione “live”, un’opzione che consente di testare il sistema operativo senza lasciare tracce sul disco fisso. Una buona notizia per tutti coloro che vogliono tentare l’approccio con il software libero e che, dopo aver provato sistemi instabili e problematici come Windows Vista, potrebbero trovare in Ubuntu una nuova dimensione informatica, forse quella ideale.

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C’era una volta l’iPhone

Giovanni Zerba

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Protagonista dell’ultima trovata per l’Italia sono, come ricorda lo spot con Luciana Littizzetto, la cordata 3 e quella di Skype. Il gestore Umts del magnate di Hong Kong, Li Ka Shing, dopo aver puntato la carta su videochiamate e tivufonini, sembra aver capito cosa interessa di più agli italiani: spendere poco per telefonare. Per questo motivo 3 Italia, che continua a chiudere i conti in rosso, ha deciso di allearsi con Skype, il sistema VoIP più utilizzato al mondo che, dopo essere stato svalutato dal gruppo eBay, proprietario del sistema, tenta il rilancio portando la gratuità delle chiamate del web anche sul cellulare. Nasce così il 3 Skypephone, un cellulare 3G con internet e software Skype preinstallato, che consentirà di chattare e parlare in modalità mobile a tutti i 246 milioni di utenti Skype. In aggiunta alle chiamate Skype, Skypephone può effettuare anche chiamate >>

e fosse un film l’avrebbero chiamato la guerra degli operatori mobili. Quello che sta succedendo in queste settimane nel mondo delle telefonia mobile non è però un film ma si avvicina molto ad una guerra di mercato, quella per l’ultimo telefonino. Le aziende che fanno parte di questa partita prenatalizia non sono però solo i tradizionali operatori di telecomunicazione che negli anni scorsi sono entrati nel settore della comunicazione mobile ma altre aziende leader dell’Ict che hanno deciso di competere nella telefonia mobile con nuove proposte commerciali e soprattutto con nuovi tipi di cellulari. Gli attori di questa partita hanno nomi noti: Apple, 3, Skype e Google. Mentre in Usa ed in Europa continuano ad andare a ruba i nuovi telefonini marchiatti Apple, gli iPhone, tecnologia ibrida fra cellulare e iPod, altri modelli stanno puntando ad invadere il mercato. 46 - Life People

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Fano, Via Carlo Gozzi, 10 Tel. 0721/869329 FAX 0721/864821 email: colorservice.mf@libero.it Deposito Via Borsellino 14 Color Service è un esempio di come di possono gestire clienti differenti in un negozio specializzato Rosciano di Fano con un livello di competenza molto elevato.In 30 anni di attività la Color Service si61032 è conquistata un (PU) meritato successo nel mercato del centro Italia per:qualità dei servizi,consegne rapide e assistenza in cantiere, qualità dei prodotti, preparazione tecnica accurata acquistata seguendo corsi specifici delle ditte produttrici.

Color Service è un esempio di come si possono gestire clienti differenti in un negozio specializzato con un livello di competenza molto elevato.

Si ringrazia per la gentile collaborazione la ditta Adria Sail

Da 30 anni la Color Service opera con successo nella produzione e distribuzione di vernici e affini per la carrozzeria, la nautica e l’industria, con elevati standard qualitativi. Azienda specialiazzata in tutti i generi di pitture e vernici. I nostri clienti sono industrie, artigiani, cantieri navali, carrozzieri, imprese edili e privati.

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tradizionali ed essere utilizzato per accedere ai servizi 3. Oltre che in Italia, il nuovo telefonino sarà commercializzato anche nel Regno Unito, in Australia, Austria, Danimarca, Hong Kong, Irlanda, Macau e Svezia. Il cellulare avrà un costo iniziale di 99 euro e gli utenti di 3 Skypephone avranno a disposizione ogni giorno 10 ore di traffico dedicato alle chiamate da Skype a Skype gratuito così come 600 messaggi di chat. Sembra un’ottima offerta ma occorre ricordare alcune cose: ogni mese il telefonino dovrà essere ricaricato con almeno 5 euro e, ovviamente, le chiamate tradizionali non saranno gratuite. Se il 3 Skypephone è in piena fase di lancio sul mercato, anche altri concorrenti stanno alla finestra. È il caso di Google, il più noto motore di ricerca al mondo, che fra qualche settimana presenterà il nuovo GPhone. Uno smartphone molto atteso anche dai broker finanziari che in questi giorni hanno fatto schizzare il titolo della compagnia di Mountain View fino a 730 dollari. Un’invenzione cercata e pianificata da più di un anno dal gruppo di Larry Page e Sergej Brin e che, come in altri casi, puntano al “colpaccio”. Il nuovo touchscreen dovrebbe arrivare entro marzo e dovrebbe avere un sistema operativo open source e un prezzo contenuto, vicino ai 100 dollari. Un apparecchio che dovrebbe avere comunque grandi prestazioni. Il GPhone, infatti, avrà dentro Google Talk, modalità che permette di telefonare gratis attraverso internet. Il sistema operativo avrà anche una versione adattata di Google Maps, ora con il Gps integrato, e sarà compatibile con la posta elettronica Gmail. Nel nuovo smartphone dovrebbe inoltre portare su smartphone anche la piattaforma di videosharing YouTube che Google ha acquisito l’anno scorso. Il GPhone, secondo indiscrezioni, dovrebbe essere commercializzato contemporaneamente sul mercato americano e su quello europeo. Nel frattempo sono in fermento le trattative con gli operatori di telecomunicazione. Dovrebbero far parte della partita alcune compagnie indiane, oltre a Verizon Wireless, T-Mobile, Telecom e AT&T, una compagnia, quest’ultima, che grazie all’accordo con Apple per l’esclusiva sul traffico statunitense dell’iPhone, ha fatto un pieno di utili. C’è da scommettere che non si farà sfuggire il progetto lanciato da Google.

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LA LUCE, TUTTO PUO APPARIRE

Daniele Gazzetti Massimo Del Monte

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ostrare le cose, farle vedere così come sono, “metterle a nudo”, rappresentare l’oggetto in tutta la sua crudezza. Nascondere le cose, oscurale, impedire la loro visibilità, lasciare che il buio diventi padrone dell’ambiente celando al suo interno ogni cosa. Intravedere le cose, sfumarle, creare una penombra che tutto avvolge e rende più soffuso, un ambiente che susciti curiosità, in quanto nulla è definito e niente è completamente oscurato. Queste tre differenti ambientazioni sono possibili grazie ad un solo protagonista, la luce, elemento d’arredo essenziale per un ambiente che deve esprimere il suo carattere ed il suo significato. Tramite questo il designer riesce ad esprimersi e far si che le ambientazioni create, manifestino al meglio la propria realtà d’arredo.

Art director Massimo Del Monte

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Se il vetro è tutto il tuo mondo

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nante o nasconderlo, di utilizzare luce diretta o indiretta. In un luogo più tecnico, vedremo il faretto sporgente, dove la luce non ha impedimenti ed esprima al meglio la sua funzionalità. In un ambiente dove si cerca di ottenere un certo effetto, un’atmosfera d’arredo, si preferisce nascondere il corpo illuminante ed evidenziare l’arredamento o l’area da illuminare, creando un’atmosfera che caraterizzi e coinvolga tutto il luogo arredato; proprio in questa situazione spesso e volentieri che il designer decida di far si che l’elemento d’arredo, come una lampada o un lampadario, costituisca in sè sia l’elemento d’arredo sia il corpo illuminate.

Ad esempio in un luogo dove la visibilità dovrà essere nitida, come in un negozio, si applicherà un’illuminazione pulita, diretta, diffusa senza che si creino inutili ombre e cambiamenti di colore. Invece in un ambiente di relax, come quello di un salotto di casa, sarà possibile applicare una luce soffusa, morbida che non dia fastidio e che possa rendere l’ambiente piacevole ed accogliente. Quindi gli effetti che si possono creare con la luce sono moltissimi, sarà opera del designer ad utilizzarli al meglio, cercando di scegliere corpi illuminanti di giusta intensità per ogni differente atmosfera d’arredo. Si può decidere di mostrare il corpo illumi52- Life People

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E’ in quest’ultimo punto che si vede la bravura di un designer, il progettare la luce non è solamente definire l’intensità, ma soprattutto scegliere la posizione, l’origine da dove nasce la luce e la forma, il modo con cui cattura e abbraccia i corpi colpiti dal suo fascio luminoso; la luce è un elemento che molti, sbagliando, considerano astratto, d’altro canto il designer ha ben presente questa entità nei suoi arredi e deve saperla gestire e conoscere per far coesistere assieme l’uomo ed il suo spazio che lo circonda. La completezza di un designer è anche saper realizzare corpi illuminanti che possano integrarsi con l’ambiente circostante, anzi, in alcuni casi, valorizzarlo. Lo studio D ARCHITETTURA si applica anche su questo aspetto. Con esperienza e conosceza delle tecnologie si possono realizzare lampade, fari, lampadari, plafoniere, ma anche mobili d’arredo luminosi, in grado di arredare un intero ambiente caratterizzarlo ed illuminarlo con la giusta intensità. Ci si può sbizzarire creando forme luminose di differenti nature, utilizzando materiali diversi si otterrano diversi effetti luminosi, la luce è un elemento che coinvolge ciò che ha attorno, ma anche si lascia influenzare dall’ambiente e aquisisce caratteristiche che si riflettono nell’ambiente stesso. Anche la scelta delle fonti luminose è importante, bisogna saper selezionare il colore, l’intensità per ogni situazione e decidere di utilizzare la corretta fonte luminosa: ad esempio scegliere la luce calda o la luce fredda come lampade alogene, fluorescenti, o i più moderni led, così piccoli e brillanti oppure ricercare un effetto più particolare;magari con la fibra ottica. Lo studio D ARCHITETTURA considera l’elemento luminoso parte integrante di un progetto d’arredo, occorre solamente cercare di esprimere al meglio la sua potenzialità cercando di integrarlo con l’ambiente circostante. Quindi, ormai definito l’ambiente che si desidera illuminare non ci rimane che accendere la luce

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DEJA VU: I FANTASMI DELLA MEMORIA

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volte capita di avere la sensazione di rivivere un’esperienza o una situazione già vissuta in passato. Questo, in psicologia, è il cosiddetto “deja-vu”. Finchè si tratta di episodi sporadici niente di grave: in periodi di particolare stress emotivo infatti la mente umana acquista una ipersensibilità tale rispetto al mondo circostante da poter giustificare senza allarmismi anche episodi del genere. Purtroppo però anche per quanto riguarda il deja vu esiste una forma cronica. E qui le cose si complicano. I primi casi di dejavu cronico sono stati studiati da uno staff guidato dal ricercatore Chris Moulin dell’università di Leeds. Moulin spiega che esistono persone che hanno sensazioni di deja-vu che persistono durante tutta la giornata. Il primo 56 - Life People

incontro del professor Moulin con un paziente affetto da tali sintomi avvenne circa cinque anni fa. Moulin racconta che il paziente che si sarebbe dovuto recare da lui al fine di sostenere alcuni test in merito alla situazione prese a sostenere che non era il caso di continuare con questo accanimento clinico, dal momento che nelle volte precedenti non era stato riscontrato alcun miglioramento apprezzabile. Il fatto è che il professor Moulin ed il soggetto in questione non si erano mai visti prima. L’aspetto medico rilevante è che il paziente era in grado di fornire numerosi e minuziosi dettagli relativamente agli incontri precedenti tra lui e lo specialista. Incontri, è il caso di ribadirlo, in realtà mai avvenuti. Aveva inoltre smesso di guardare i telegiornali alla tv per54

Francesco Sabbatucci

ché ogni volta aveva la sensazione di averli già visti. In seguito emerse che il paziente era purtroppo entrato nei primi stadi di demenza senile. La perdita di consapevolezza della memoria. Ecco il punto. Aspetto, questo, che può, è bene evidenziarlo, presentarsi anche in persone sane di mente. Secondo le prime ipotesi le sensazioni associate al ricordo non sarebbero legate al contenuto effettivo della memoria, ma è come se la sensazione di compiere qualcosa ed il ricordo annesso fossero due episodi distinti all’interno del cervello. Moulin spiega che si è già riusciti ad elaborare un test diagnostico efficace isolando altresì le domande in questo senso più efficaci da porre ai pazienti per verificare le dimensioni del problema.


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ELISABETTA FADINI, DA ATTRICE PER CASO A REGINA DEL TEATRO Alan Parker

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l nome è da regina, così come la sua artisticità Elisabetta Fadini a fare l’attrice ci si è ritrovata quasi per caso. Per poi scoprirsi regina davvero “… da una tesi di laurea sulla musicalità della voce mi sono ritrovata a lavorare con uno dei gruppi di teatro di ricerca più importanti al mondo: gli americani del “ Living Theatre.” Che cosa vorresti raccontare ai nostri lettori che non conoscono di te? Che il lavoro dell’attrice è molto difficile e complesso a differenza di come possa apparire nei rotocalchi, spesso prevede una ricerca all’interno di noi stessi, cosa che molto spesso si evita di fare. Sono una persona in primo luogo è solo così che posso sentirmi artista, sono testarda, difficile e molto complessa, vivo tutto intensamente e solo così posso fare questo lavoro pienamente, per me il teatro è la rappresentazione della vita, nel vero senso della parola, non è esibizione ma rappresentazione della quotidianità. Quali sono state le esperienze significative nel tuo percorso lavorativo? Le esperienze significative nel mio percorso artistico sono state molte, in primo luogo con il “Living Theatre”, pensavo fosse un sogno, in realtà lavoravo con le pietre miliari del teatro d’avanguardia del ‘900. In secondo luogo il mio intenso ed accanito percorso all’interno della vocalità che mi ha portato a collaborare con musicisti tra i più importanti al mondo che non cito per una questione di eleganza nei loro confronti. Sei sposata o fidanzata? No, non sono sposata. Fidanzata? Mmhhh…che domanda difficile, faccio sempre fatica a definirmi fidanzata con qualcuno, per me esistono dei rapporti importanti, delle intense relazioni che ti fanno star bene, ma fidanzata non proprio, forse sono troppo esigente per riuscire a concedermi per un termine così importante come fidanzata. Chissà magari un giorno anche io crollerò al grande amore. Non cerco nulla in questo particolare momento della mia vita al di fuori di me e del mio lavoro. Troppo complesso conciliare il lavoro dell’attrice con un uomo che capisca che ogni giorno deve dividerti con altre persone, con un pubblico, con le distanze, con i viaggi, con tutte quelle cose che prevede lo stare su un palco. Il lavoro di attrice comporta dei grossi sacrifici che i giovanissimi non conoscono, potresti raccontarci la tua esperienza a riguardo ? Il lavoro di attrice comporta degli enormi sacrifici. In primo luogo un

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estremo impegno mentale, la concentrazione, la difficoltà ogni sera di regalarti interamente ad un pubblico che vuole solo il meglio di te. Una vita frenetica che ti fa viaggiare molto, che ti porta lontano dai tuoi affetti. Alla fine la tua famiglia diventano i tuoi colleghi, le persone con le quali dividi il palcoscenico perchè vivono le tue stesse lontananze. è un lavoro di profondo studio, devi sapere, conoscere, per vivere nei panni di personaggi, la storia, la psicologia, tanta sensibilità. L’immagine è importante, devi essere sempre al meglio ma dentro ci deve essere intensità e spina dorsale, coraggio, faccia tosta, serietà e determinazione. I cibi devono avere molti più gusti per gli attori, la fantasia e la capacità di interrogarti sul comportamento umano, perchè ti serve poi sul palcoscenico, più una persona vive, più esperienze umane ha, più grande sarà il suo essere attore. Quali sono i colleghi che stimi maggiormente e c’è qualcuno di loro a cui ti ispiri? Tanti sono i colleghi che stimo ma in primo luogo ci sono i capisaldi della cultura del teatro, la divina Eleonora Duse, il grande attore e drammaturgo francese Antonin Artaud oppure Carmelo Bene. tra i contemporanei, Elio Germano a mio avviso un vero talento, il maestro Giancarlo Giannini. Ci sono anche molti musicisti ai quali mi ispiro perchè secondo me si cambia solo lo strumento. Io uso il mio corpo e la mia voce, un pianista usa il pianoforte. L’essere grandi artisti è in primo luogo uno stato d’animo, un porsi, un essere. Quali sono gli obbiettivi o gli impegni in agenda nel tuo immediato futuro? C’è un grosso progetto al quale sto lavorando da un anno con altri importanti artisti italiani. abbiamo fondato all’inizio del 2007 un importante manifesto artistico “Il manifesto di reading”. I firmatari, oltre me, sono il pianista Stefano Bollani, il trombettista Fabrizio Bosso, il cantautore Mauro Ermanno Giovanardi, l’attore e scrittore Alessandro Bergonzoni, la cantante Elena Ledda, lo scrittore Enrico Brizzi, il trombettista Paolo Fresu, i sassofonisti Daniele Scannapieco e Rosario Giuliani ed il cantautore Gianmaria Testa. è dal 1909 che in Italia non veniva fondato un vero e proprio manifesto artistico, l’ultimo fu quello dei futuristi. Oggi stiamo lavorando per realizzare un vero e proprio festival del “reading” in italia. Il “reading” è un’interpretazione teatrale o di altra natura letteraria accompagnata dalla musica; cio’ che è importante è che deve essere la voce ad accompagnare la musica, non la musica chi recita. Sogno nel cassetto? Fare entrare nella testa delle persone, che avere un gradevole aspetto fisico non vuol dire essere vuoti ma forse arricchiti perchè esistono tanti artisti molto belli e anche molto bravi.


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FORMULA 1, TANTA VOGLIA DI DIMENTICARE

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Cominciando dalla Ferrari dopo il grande esordio di Kimi in Australia, la vettura, seppur velocissima, ha sofferto di diversi problemi di affidabilità e anche la gestione sportiva, completamente rinnovata dopo la defezione di Ross Brawn, non è sempre sembrata all’altezza della situazione commettendo errori grossolani (vedi Massa in Ungheria senza benzina). Sul fronte piloti all’inizio Raikkonen è sembrato un po’ spaesato e non è subito riuscito ad esprimersi ai livelli che ci si aspettava. Poi è migliorato ma ha sempre sofferto soprattutto in prova rispetto al suo compagno, mentre nel finale è >>

a stagione 2007 della F1 sarà ricordata come quella della grande rimonta di Kimi Raikkonen ai danni del più forte debuttante di tutti i tempi Lewis Hamilton, o più semplicemente come quella della “Spy story” tra Ferrari e McLaren? Sarebbe da scommettere sulla seconda ma noi preferiamo la prima perché i motivi di interesse sono stati tantissimi e le gare sono state spesso molto più interessanti che in passato con quattro piloti a lottare ad armi pari fino al termine. In ogni caso la stagione è stata condizionata da un’incredibile serie di errori.

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finalmente tornato l’“Iceman” dei bei tempi sbagliando pochissimo e macinando vittorie. Felipe Massa è andato a corrente alternata. Spesso più veloce del suo compagno in prova, in gara ha alternato prestazioni da campione (vedi Spagna e Turchia) a prestazioni mediocri (vedi Malesia o Ungheria) denunciando qualche limite di troppo. Inoltre in più di un’ occasione non è stato aiutato dal team ed al termine ha fatto gioco di squadra aiutando Kimi .In cambio di un bel rinnovo del contratto. Il capitolo McLaren meriterebbe invece un libro dal titolo “Manuale completo per perdere un campionato Piloti già vinto.” Quello che hanno combinato Ron Dennis & C. quest’anno è quasi incredibile. Innanzitutto hanno preso il campione del mondo Fernando Alonso pagandolo a peso d’oro per poi metterlo in secondo piano ri-spetto alla stella nascente Hamilton. Poi dopo i primi problemi tra i due piloti, invece di calmare gli animi hanno contribuito ad alimentare un’assurda guerra interna che ha portato i due piloti a farsi guerra sia in pista che fuori tra mille polemiche e sospetti. Infine si sono resi protagonisti di una serie di errori tattici talmente incredibili che sono riusciti a far realizzare alla Ferrari una delle più grandi rimonte di tutti i tempi. Come commentare la gara di Hamilton in Cina che avrebbe chiuso il campionato, o la tattica suicida di 3 soste dell’ultima gara in Brasile? Per quanto riguarda il fronte piloti invece abbiamo assistito alla nascita di un nuovo grande pilota: l’inglese Lewis Hamilton appunto,che appena arrivato ha subito messo tutti in fila compreso il 2 volte campione del mondo Fernando Alonso. Velocissimo ovunque, vittorioso in piste che non aveva mai visto, 62- Life People

deciso nei sorpassi (come quello rifilato a Raikkonen a Monza) l’inglese si è reso protagonista di una bellissima sfida con Alonso a colpi di giri veloci di duelli e di guerre psicologiche all’interno del Team. È vero, nel finale ha commesso qualche errore di inesperienza, ma se al primo anno di F1 un pilota sbaglia una gara non c’è nulla di cui stupirsi. Semmai la squadra non è stata all’altezza del giovane pilota contribuendo non poco alla sua sconfitta. In ogni caso questo giovane pilota sarà uno dei grandi protagonisti della F1 del futuro. Infine parliamo di Fernando Alonso. Da un certo punto di vista lui potrebbe essere il grande sconfitto del 2007 visto che era il campione in carica ed il favorito n.1 per il titolo. Invece lo spagnolo ha fatto buon viso a cattivo gioco riuscendo a cascare in piedi da una situazione a dir poco sfavorevole. In pista lo spagnolo si è sempre battuto come un leone e dove non è arrivato con la forza è arrivato con l’astuzia. Ma anche lui nel momento decisivo ha sbagliato (incidente in Giappone) ed ha compromesso così le sue possibilità. Ma la sua personale vittoria è sembrata la grande sconfitta della McLaren e di Hamilton in Brasile, e a molti non è sfuggito il suo sorriso beffardo sul podio di Interlagos. E quindi come spesso accade, ha vinto chi ha sbagliato meno e chi ha saputo reagire ai problemi con i fatti e non con le parole. La Ferrari è quindi di nuovo campione del mondo con la speranza che le polemiche di quest’anno rimangano un episodio isolato e non diventino una costante come successo in altri sport. Su tutto, comunque, la voglia trepidante di un 2008 che faccia dimenticare in fretta le bassezze della stagione appena conclusa. >> 60


INCENTIVE E TEAM BUILDING QUANDO UN’’AZIENDA VUOLE PREMIARE I PIU ’’AFFEZIONATI CLIENTI

L’INCENTIVE IN AUTODROMO

Drive center, grazie all’esperienza maturata nel mondo delle competizioni automobilistiche, ed alla propria struttura tecnica ed organizzativa, ha ideato una nuova ed entusiasmante proposta per le aziende. Questi eventi sono pensati per tutte le aziende che vogliono migliorare la propria immagine, stupire e lusingare i propri clienti, premiare e motivare i quadri dirigenziali e i collaboratori che rivestono un ruolo fondamentale per le attività.

- Escursioni guidate con i nuovi quad Tutte la attività si svolgeranno nella massima sicurezza con la continua assistenza dei nostri istruttori e del nostro staff. Al termine delle gare nello splendido contesto degli spettacolari paesaggi innevati, saranno premiati i vincitori insieme a tutti gli altri partecipanti.

Cosa sono? Sono giornate esclusive, emozioni uniche normalmente provate solo dai piloti ma che, in queste occasioni, anche i Vostri ospiti potranno assaporare guidando in pista autentiche vetture da corsa da oltre 490 CV. ... le favolose Ferrari 430 Challenge. Il tutto viene reso ancora più esclusivo dal fascino dei più belli autodromi italiani, dall’esperienza e dai consigli di piloti istruttori professionisti e da una perfetta organizzazione. Dopo il benvenuto e le doverose presentazioni, i nostri piloti-istruttori tengono un briefing iniziale per preparare al meglio gli ospiti. Successivamente arriva il momento tanto atteso in cui i neo-piloti si calano nell’abitacolo e guidano le fantastiche vetture di Maranello.

Drive center si potrà occupare anche di: - Organizzazione soggiorno e trasferimento ospiti - Servizio catering in pista o altra location - Realizzazione DVD dell’evento e servizi fotografici - Ideazione e distribuzione di omaggi e gadget personalizzati - Servizio hostess Naturalmente ogni programma potrà essere PERSONALIZZATO in base alle richieste ed alle esigenze dei clienti con formule diversificate e studiate “ad hoc”.

WINTER TROPHY “Tra sbandate e spettacolari controsterzi, oltre al puro divertimento, gli ospiti si sfideranno con i mezzi a loro disposizione per tutta la giornata.” Nelle località invernali più suggestive delle Alpi e delle Dolomiti, come Livigno e Auronzo di Cadore e Sestriere i nostri piloti-istruttori insegneranno ai vostri ospiti la spettacolare e divertente guida sul ghiaccio. Ogni ospite durante la giornata avrà la possibilità di partecipare a: - Corso di pilotaggio sul ghiaccio con auto da competizione - Giri di pista liberi e cronometrati con auto da competizione - Gare con i divertenti ice-kart - Gite mozzafiato con le potenti motoslitte

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fogliate pure, visitatori di ogniddove, sottolineate con l’evidenziatore le tappe imperdibili del vostro prossimo viaggio. Ma nessuna guida è migliore del luogo stesso in cui vi trovate. Basta ascoltarne il respiro e seguirne il ritmo. A quel punto sì che sarete davvero persi. Dentro un nuovo fantastico mondo. Nel cuore di Manhattan, a ventisette passi da Time Square, c’è un bar dove si parla solo lo spagnolo. Dopo aver ordinato un cafe, facendo attenzione che non me ne servano uno normal, che a NY significa con latte, prendo il mio cup e mi preparo a divorare chilometri. Proprio così. Sto per ingurgitare mezzo litro di lontanissimo parente dell’espresso da un agglomerato plastico-alimentare, uno di quelli in cui da Mac Donald ti ci servono la Coca Cola. È il modo più veloce per iniziare a vivere Manhattan da autentica newyorkese.Fingo di bere un po’ dell’infuocato caffè, visto che se lo facessi davvero le mie labbra diventerebbero un nuovo capolavoro di Picasso. Ma è servito ad ingannare la città che, riconoscendosi nel mio gesto, sta già guidandomi sulla quarantaseiesima. Mi fermo davanti ad un tipico negozio da 99 cents: un bazar orientale in cui si può sbrigare, in modo indolore per il portafoglio, l’inspiegabile usanza italiana di dover portare un regalo a tutti quando si va negli Stati Uniti. Sopra di me solo la verticalità cristallina di un grattacielo. Chissà quanti 0 e 1 digitati staranno cambiando il mondo in questo momento? Magari proprio da uno di questi piani che mi sovrastano… La complessità della riflessione mi spinge a saltare il discount cinese e a seguire il ritmo salsa delle streets. Salsa non per una vena latina, ma per il melting pot di possibili vite che tenta chiunque ci passeggi. A suon di congas allora, supero la quarantesima e viro verso sud. Una giornalista americana che vive nell’East Village mi ha detto che la quarantesima è il suo off-limit. Andare oltre sarebbe sconfinare in una Manhattan che non la rappresenta. Forse anche chi vive nel lussuoso Upper East Side non scende mai negli inferi del Village. Di certo non immaginavo che anche qui ci fosse una sorta di antagonismo cittadino, un po’ come tra Roma nord e Roma sud o tra Milano dentro e fuori le mura. Il caffè è finito da un pezzo e voglio capire cos’altro può fare di me una newyorkese autentica, anzi in questo caso una newyorkese che non supera la quarantesima, visto che mi trovo all’altezza della ventisettesima. Vagando, mi trovo in uno slargo occupato da alcune bancarelle. Mi informo: è il Flea Market. Un orrido ammasso di cianfrusaglie che ogni sabato danno vita a questo strano mercato per essere vendute chissà a chi. Do un’occhiata, magari scovo un Andy Warhol very original, chessò uno scarabocchio di quando era piccolo finito tra questi ciaffi per caso. E invece no, ma come distolgo lo sguardo dalla montagna di roba in cui stavo rovistando, mi rifletto in una vetrata tirata a lucido, che sembra lo specchio di Alice nelle Meraviglie. Che mondo nasconde? Senza che nessuna mappa me lo abbia segnalato, per puro caso, entro al Greenroom, tappa che nessun vero fanatico del trendy salterebbe per il brunch del sabato. E oggi è proprio sabato. La musica jazz dal vivo sembra suonata dalle piante che affollano questo locale. Ma è quell’immenso ficus benjamin a produrre l’irresistibile pezzo di Gerschwin che sto ascoltando? Non esageriamo adesso, è solo che la band è nascosta da una parente stretta della foresta amazzonica. Ci sono piante e alberi di ogni tipo. Per quindici dollari pranzo e soprattutto bevo champagne. Altri appuntamenti americani mi insegneranno che negli Stati Uniti è un’usanza sorseggiarne durante il brunch. Intanto fuori, l’assenza di giapponesi e di zainetti Invicta mi convince che New York mi sta volendo bene, portandomi nei suoi posti più veri e paradossalmente così poco nascosti. Accetto l’invito e riprendo a camminare. 62 >>

NEW YORK, QUELLO CHE LE GUIDE NON DICONO


Shopping no problem Credo di essere nel cuore del Greenwich Village. Le case ora si sono fatte tutte basse, con fiori alle finestre e gatti sognanti dietro; la maggior parte dei passanti porta con sé uno strumento musicale e noto innumerevoli Nail’s shop, uno ogni dieci negozi. Per 6 dollari c’è un’orientale disposta a farti le mani, con tanto di scrub ai sali marini. Lo smalto lo scegli tu tra mille. Dei grandi centri commerciali non c’è traccia. L’atmosfera mi fa venire voglia, anzi un vero e proprio bisogno, di Vanilla Coke, la coca cola più azzardata e azzeccata che conosca. La prima sorpresa delle viette con gli alberelli ai lati è Salvation Army. Questa Onlus (credo lo sia) raccoglie oggetti e indumenti di ogni genere per poi distribuirli nei propri punti vendita e rivenderli. Sono negozi conosciuti in tutta America. Il ricavato va in beneficenza of course. Ma non si tratta di merce avariata: qui ho trovato levis a 8 dollari, giacche di pelle a 10, t-shirt, per cui certi adolescenti italiani venderebbero la madre, a 2… Ny offre davvero tanto shopping low budget, basta scovarlo. Un’altra chicca è costituita dai vestiti del Prom Day. Questa festa tutta a stelle e strisce (paragonabile al nostro ormai sorpassato debutto in società) fa sì che le ragazze scelgano per l’occasione un fantastico vestito. E per la felicità di chi capiterà poi in un negozio dell’usato, lo indosseranno solo una volta. Come il vestito da sposa. Da Domsey’s, all’inizio di Brooklin, c’è un palazzo intero per poter scoprire le gioie dello shopping senza correre il rischio di diventare un’eroina di Sophie Kinsella1, con milioni di vestiti da sera (ex Prom-day) a soli 6 dollari. E poi dicono che Manhattan è cara.

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A cuore nudo nel parco Ho oltrepassato di nuovo il confine: sono oltre la quarantesima verso nord. Tirerò dritto per tutta la Fifth Avenue fino ad arrivare a Central Park e, visto che da quelle parti tutto costa il doppio, compro un pretzel 2 da un venditore ambulante, controllando che sia ancora morbido. Appena arrivo all’altezza della settantantesima, non resisto e devo avere la riprova. È vero. Un hot dog che tre blocks più a sud costava un dollaro, qui ne sfoga due. Con aria soddisfatta per questa scampata beffa che di solito si rifila al turista (e io lo sono), entro nel parco e fuggo dal primo tratto di visitatori che sfamano scoiattoli, anche se la vista è favolosa. So che alla mia destra c’è Strawberry Fields, il giardino dedicato a John Lennon, ma la mia guida, the city, mi fa segno di proseguire. E faccio bene. Non sapevo che ci fosse un castello immerso nel parco. Poi scoprirò che è il Belvedere Castle, la cui terrazza affaccia sul Delacorte Theater, dove l’estate vengono rappresentate opere di Shakespeare. Ma ora è inverno e il cielo è anche particolarmente plumbeo. Quasi invidio io stessa il mio essere lontana dalla frenesia cittadina, immersa in un’atmosfera medievale e poco frequentata, che tuttavia non pare turbarmi. Dietro le mie spalle batte il cuore di Harlem e mi sembra di sentirlo. Intanto, un sax ha appena iniziato a farmi da colonna sonora. Che inaspettato accordo tra paesaggio, suoni e pensieri.

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Il ritorno al mio albergo è facile e indolore, visto che la progressiva numerazione delle Streets e delle Avenues indica sempre a che punto ti trovi. Se solo avessi i soldi, passerei molto più tempo a giocare con Manhattan. Prima di rientrare però, voglio fare un salto in una libreria dell’Upper East Side. E, incredibile a dirsi, ho comprato una guida. Ma ne valeva veramente la pena: si tratta della “Cheap bastard’s guide to NYC”, ovvero i segreti per vivere gratis a New York. Non vi sembra il più bel ringraziamento che la città potesse farmi per averla seguita?


HONG KONG

APPUNTI DI VIAGGIO TRA I PINGUINI DEL BUSINESS

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tasso di umidità altissimo, e visto che siamo a novembre una ventina di gradi; l’unica giornata di sole che ho trovato. Un treno moderno e veloce, ci porta a Central Station: vedo per la prima volta un’ isola che scorre, due controllori femmine, che gentilmente mi salutano e guardo fuori dal finestrino. La fermata, poi un taxista “hongkonghino”: i taxi sono tutti uguali, rossi col tetto bianco e sembrano quelle auto di latta in scatola di montaggio che si regalavano ai bambini tanti anni fa. Nel pieno stile cinese (questo ha la casa nel baule, ma riesce a caricare tutti i nostri bagagli con una ragnatela di elastici) finalmente arriviamo in hotel in pieno distretto di Central, in mezzo alla City. Doccia veloce e subito in strada a vedere dove sono capitato stavolta. Siamo al tro>> >>

’ultima cosa che avrei creduto arrivando ad Hong Kong, era di trovarla invasa dai pinguini?!? Non ero mai stato in Cina, e come al solito l’ occasione mi è capitata tra capo e collo per lavoro; questa volta diciamo che mi sono pagato il viaggio. Le occasioni bisogna prenderle... al volo, e allora Verona - Francoforte, poi 10 ore di 747. Era la prima volta che mi capitava di volare con una compagnia asiatica, e devo dire che le hostess della Cathay Pacific sono di una gentilezza fuori del comune, come tutti i vari cinesi che ho conosciuto in questo viaggio... a parte forse un paio. Aeroporto di Lap Tok: speriamo che tengano i freni, senno ci troviamo in mare... tengono; controllo bagagli veloce e primo impatto con la temperatura locale: un

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pico, e il sole picchia forte; mentre comincio a rimpinzarmi di immagini avvisto il primo branco di Pinguini: scendono da una passerella; cellulare, valigetta, giacca e cravatta. Poi da una strada ne sbucano ancora, e ancora; alcuni vanno in senso contrario e hanno in mano un sacchettino da cui esce un forte odore di fritto. Di solito i miei processi mentali sono rapidi, ma complici il jet-lag e la temperatura, ci metto qualche secondo a realizzare che sono in piena City all’ora della pausa pranzo, ed è normale che frotte di impiegati escano dall’ufficio per mangiare. L’ immagine dei pinguini, pero’ mi è rimasta impressa e ho deciso di ribattezzare cosi’ questa città. Arrivo fino in riva al mare, ma di sabbia nemmeno l’ombra; fagocitata dal cemento e dai giganti di vetro e acciaio che sono ovunque, torno in albergo perchè comincio a sentirmi un poco stordito, e con piacere intravvedo qualche spazio verde dove la gente può sedersi a mangiare e a leggere.Decido

che forse è meglio andare a riposare per qualche ora... al risveglio, quardando fuori dalla finestra mi rendo conto di cosa sia questa città di notte. Esco a comprare le sigarette, e rischio di perdermi in mezzo a tutte le luci che ci sono. Sarebbe proprio il caso di dire... dal giorno alla notte! Il giorno dopo, vengo scarrozzato di quà e di là, e rieco a rendermi conto che Hong Kong, almeno la city è tutta collegata da passerelle, entri in un grattacielo... e esci da un’ altro, ti trovi nella hall di un albergo, poi in un centro commerciale, poi altro albergo, e altro centro commerciale... del resto il traffico è caotico ed è molto più comodo non andare in strada. Mi portano a mangiare in un ristorante famoso per la sua cucina tradizionale: turisti, a parte noi non ce ne sono, e... finalmente riesco a mangiare la famosa Zuppa di Serpente. Secondo me sa di pollo, comunque non è male, poi mangio altre cose che non ricordo, riprendendo l’allenamento con le bacchette. Al ritorno, camera in spalla, riesco a vedere un

tempio in mezzo ai grattacieli, un mercatino, in mezzo ai grattacieli, gente che si allena al thai chi quong... in mezzo ai grattacieli: vera costante di questa città. Se ci passate, vi consiglio una gita al Peak (lo dice la parola stessa) ci si arriva con una funicolare, e vedi tutti i ... Grattacieli storti. Di sera è una cosa magica: si vede tutta la citta’ dall’ alto, o meglio tutte le luci della citta’. Mi ero dimenticato di dirvi che Hong Kong è carissima, solo qualche esempio: un sandwich e una coca, circa 15 euro, un pranzo non di lusso, circa 50 e un pacchetto di sigarette 7. A parte queste piccole cose, il traghetto per andare dall’ altra parte: Kowloon, dove c’è Nathan Road la mitica strada costellata di negozi, il museo delle arti, e la vista della skyline(linea dell’ orizzonte) costa solo 600 lire. All’attracco, ci sono molti chioschi dove comprare

dolci locali... non male. Dall’altra parte puoi trovare di tutto, dagli sposi che vengono a farsi la foto, ai cinesi in gita: tutti col cappellino, tutti che guardano. Io, per esempio ho trovato un Mago Indiano, che mi ha letto la mano, e in teoria, augurato 3 anni di felicità. Visto che ho tirato sul prezzo... saranno 2, ma speriamo che ci imbrocchi! A volte ci sono anche dei giapponesi... ma li riconosci solo dal fatto che hanno un mucchio di gadget elettronici. Poi c’è il museo delle arti, il museo della tecnica, e un mucchio di hotel e negozi, oltre a un mucchio di gente e di veicoli. Ci si può sempre calmare, mettendosi a guardare il mare... e ne vale la pena. Riusciamo anche a fare un giro in barca ad Aberdeen, e vedere il Boat People, che ormai a quanto ci dicono si è ridotto di molto. Comunque è interessante passare attraverso le miriadi di barche

e navi che popolano il porto, e il nostro capitano, una vecchia filibustiera cinese col viso bruciato dal sole, riesce anche a venderci un cappello di paglia da pescatore in cambio di qualche fotografia. Giornata libera dedicata allo shopping: parto alla ricerca della radice del Ginseng, e naturalmente la trovo; mezz’ora a guardare cinesi che entrano con le loro ricette, cassieri che usano il pallottoliere e farmacisti che pestano radici. Quando mi sono reso conto di essere veramente invisibile, sono uscito! Mi sono dovuto accontentare di una farmacia internazionale, e del Ginseng in compresse?!?! Forse pensavano volessi del corno di rinoceronte? A parte questo riesco a trovare un negozietto con un vecchio cinese che mi rifila 3 o 4 confezioni di the... mi sono fidato, e gli ho anche fatto una foto, perchè meritava. Nella patria dell’ elettronica, la mia carta di

credito non funziona, e devo tornare in hotel per cambiare qualche soldo. Ultima notte a Hong Kong... voi sareste partiti a cercare una qualche sala di massaggi, io siccome sono scemo vado a fare un giro con i due giornalisti a Nathan Road... di sera: del resto non l’ ho ancora vista. Un carnaio... tutti a comprare... cosa? Dallo spillo alla portaerei! Poi dopo un poco ti assalgono i fumi di scarico delle vetture, e devi rifugiarti in qualche locale... non riesco a convincere i miei compagni ad entrare in un ristorante Indiano, o Africano e alla fine (mi vergogno un poco) per il quieto vivere; una pizza... ad Hong Kong, vi pare poco? Al mattino, con calma preparo le valigie e poi dopo aver pagato il conto parto per l’aeroport. Addio Hong Kong! Ci rivedremo al prossimo viaggio d’affari.

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Speciale menù di San Silvestro Aperitivo di Benvenuto

Antipasto

Serra degli agrumi restaurant

Carpaccio, verdure grigliate , Formaggio di fossa, funghi al grana, Rosa di bresaola con mousse di caprino

Primi piatti Rollè fantasia Crespelle dello chef Secondo piatto Brasato al Barolo Patate duchessa

Dolce Panettone, Pandoro farcito e torrone Inoltre la serata sarà movimentata da un duetto di musicisti. Divertimento con la “Lotteria”. Dopo il brindisi di buon anno lenticchie con cotechino. La serata si conclude con brioches e cappuccino a partire dalle ore 04:00. È gradita gentile conferma. € 65,00 a persona Bevande comprese

Pesaro - zona Ipercoop all’interno del parco Miralfiore Per prenotazioni tel 0721 415509 cell. 328 0969491

Piadineria e ristorante con specialità di carne argentina e irlandese pesce su ordinazione. Aperto a pranzo tutti i giorni tranne il martedì. La sera aperto dal giovedì alla domenica. Nei67week-end cena con musica dal vivo.


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Fanano di Gradara - Strada della Romagna, 115/Z Sala slot - con bar e piccola ristorazione Tel. 0541.969253 68


Bar - Ristorante - Scommesse sportive

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graďŹ ca Gianni Gulletta www.fashionfor.com


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INTERVISTA DOPPIA Alan Parker

Come ti chiami e quanti anni hai? Mi chiamo Placido ed ho 37 anni.

Come ti chiami e quanti anni hai? Mi chiamo Nicola Bini ed ho 40 anni.

Quale lavoro svolgi e da quanto tempo? Attualmente mi occupo della direzione artistica e dell’organizzazione di eventi all’interno di Disco Clubs. Inoltre sono un P. R. da ormai 15 anni e nello specifico, curo principalmente l’immagine di chi lavora nei locali che dirigo.

Quale lavoro svolgi e da quanto tempo? Attualmente svolgo un’attività professionale di Direzione Artistica. Essa comprende tra le varie mansioni l’organizzazione di serate ed eventi per locali notturni, i classici disco clubs. Inoltre una compagine del mio lavoro è dedicata ad una relazione costante e diretta con il pubblico; il classico P.R. e svolgo questa professione da circa diciotto anni.

Quali sono le collaborazioni più importanti che hai svolto sino ad ora? Continuamente svolgo collaborazioni che curo personalmente presso svariati locali, occupandomi principalmente di migliorarne l’immagine e pianificare la scelta dell’animazione, coordinandola in serata.

Quali sono le collaborazioni più importanti che hai svolto sino ad ora? Ne ho svolte parecchie di vario titolo e genere con i maggiori Clubs presenti sul territorio nazionale. Alcuni tra i più noti sono: Cocoricò, Pascià, Echoes, Peter Pan, Villa delle Rose. In pratica i più importanti clubs della riviera romagnola. Inoltre estendendoci al resto della penisola ho lavorato presso lo Chalet delle Rose (Bologna), Old Fashion (Milano), Insonnia (Pisa) Le Plaisir (Brescia), Central Park, Meccanò, Yab Yub e Tenax (Firenze). >>

Hai ambizioni particolari? Tante sono state le ambizioni in passato anche se in un campo diverso, quello dell’abbigliamento. Sono stato titolare di un negozio di abbigliamento per circa 10 anni. Tutt’ora coltivo un grande interesse da sempre per questo settore a cui più mi sento vicino, disegnando moda. Credo sia questa ancora la mia ambizione più viva. 71

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Ti piace il mondo dello spettacolo, vorresti entrare a farne parte? Il mondo dello spettacolo mi piace ma non quello convenzionale, entrare a farne parte non saprei.

Hai ambizioni particolari? Si, diverse e non strettamente legate al settore in cui opero, oltre ad un maturato interesse nell’ambito dell’architettura avendo sfiorato la laurea alcuni anni or sono. Mi diletto nella scrittura oltre ad applicarmi con passione da sempre alle arti figurative ed in ogni espressione e rappresentazione grafico/pittorica.

Per quel che concerne la tua vita privata, che cosa puoi raccontare ai nostri lettori? Nonostante la mia vita privata s’intrecci spesso con il mio lavoro, poche sono le persone che ne fanno parte soprattutto coloro i quali appartengono alle mie esperienze lavorative.

Ti piace il mondo dello spettacolo, vorresti entrare a farne parte? È sicuramente un mondo interessante da qualsiasi punto di vista lo si osservi e mi attrae molto meno adesso che in età “giovanile”. Potremmo discutere per ore di ciascuno dei suoi aspetti ma il farne parte non è mai stata una mia prerogativa, non sino ad oggi. In un certo senso ne faccio già parte anche se non nel vero senso della parola.

Sovente con il lavoro che svolgi sei soggetto a facili conquiste, sei un tipo fedele? Sono un fedele… amico e le “facili conquiste” nell’ambiente lavorativo non mi interessano affatto.

Per quel che concerne la tua vita privata, che cosa puoi raccontare ai nostri lettori? La mia vita privata fa solo parte delle persone a me intimamente legate e nonostante io la ritengo molto interessante, può darsi che agli occhi degli altri possa risultare estremamente “banale”.

Credi che in un lavoro come il tuo sia più utile la personalità o la prestanza fisica? Conta sicuramente molto di più per quanto mi riguarda la personalità, il talento e la capacità di relazionare all’interno del proprio ambiente. La prestanza fisica conta soprattutto per chi effettivamente svolge un lavoro d’animazione o comunque nello spettacolo pertanto questo diviene il primo dei requisiti per l’animazione che per me lavora.

Sovente con il lavoro che svolgi sei soggetto a facili conquiste, sei un tipo fedele? Non sono mai stato a favore delle facili conquiste, tutt’altro credo che certe cose si apprezzino maggiormente quando le si conquistano con la fatica o magari in caso contrario ci si lasci conquistare dopo un notevole sforzo da parte dell’altra persona. In generale posso dire di essere una persona molto fedele in tutti i rapporti interpersonali.

Quale traguardo ti piacerebbe raggiungere se non lo hai già fatto? I traguardi che ho in mente sono diversi e tutti ancora da raggiungere. Per il momento sono orientato nel mio settore in cui mi concentro per eseguire al meglio il ruolo che svolgo. Tornerà sicuramente utile in futuro.

Credi che in un lavoro come il tuo sia più utile la personalità o la prestanza fisica? È assolutamente una questione di sola personalità. Più che la prestanza fisica oppure l’aspetto, conta la gradevolezza del carattere.

Hai un modello di riferimento o meglio ti ispiri a qualcuno in particolare per raggiungere gli obbiettivi migliori nella tua professione? Sicuramente traggo ispirazione da molti, soprattutto nel mondo dell’arte contemporanea e dal settore moda in particolare con predilezione per la moda sviluppatasi dalla fine degli anni 80 ad oggi, che se vogliamo è sempre di per sé una rivisitazione. Se vuoi dei nomi di riferimento nello spettacolo o nella moda posso limitarmi ad elencarne solo alcuni tra tutti: Bjork, Thierry Mugler, Jean Paul Gaultier, Vivienne Westwood, Grace Jones, Matthew Barney, Alexander McQueen, Tim Burton…. eccetera, sono effettivamente troppi, elencarli tutti sarebbe impossibile.

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Quale traguardo ti piacerebbe raggiungere se non lo hai già fatto? Devo essere sincero e dire che non ho ancora ben chiaro i miei traguardi, c’è ancora molto tempo per fissarne di certi. Sono comunque un “insoddisfatto” di natura.

Hai un modello di riferimento o meglio ti ispiri a qualcuno in particolare per raggiungere gli obbiettivi migliori nella tua professione? Cerco sempre di trarre ogni minimo insegnamento da chiunque io ammiri o comunque da ogni esperienza di vita vissuta, inoltre chiunque sia capace di trasmettermi sensazioni positive ed interessanti per me diventa facilmente credibile. Tutto il resto è soltanto una mia elaborazione personale.

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NO DOC NO PARTY! 6 anni fa sulle colline bolognesi nacque un after hour che portava tutti i nottambuli delle zona a defluire in una piccola sala molto carina,non sembrava nemmeno un matineè ma più un continuo di Serata, in molti si alzavano appositamente per venire a ballare qui.Convinti delle potenzialità dello chalet delle rose, dotato di più sale utilizzabili,dopo un paio di anni, si provò a fare un after tea sullo stile del vecchio New york bar (sul colle di San Luca a Bologna), la 2° e la 4° domenica del mese. La cosa riuscì molto bene e il doc diventò uno dei migliori after tea in Italia. Tutto questo grazie alle pubbliche relazioni di Ettore, Placido, Nicola Bini, Sabrina

I ragazzi del made in italy

Placido & Alan Parker

Docshow C/O Chalet Delle Rose Via Porrettana 114/116, Pontecchio Di Sasso Marconi (Bologna) Info: 3355616160 Www.Docshow.It - Info@Docshow.It

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Life People - 75


La Taverna da Peter Per trascorrere una serata all’insegna della migliore cucina d’Oltralpe, gustando ghiotte specialità Italo-Svizzere, fondute di carne e formaggio, riscoprendo la calorosa atmosfera tipica delle taverne di montagna. Veniteci a trovare, potrete gustare le nostre buonissime pizze e i nostri primi sfiziosi.

Buone Feste in nostra compagnia!

Fano - Via Tombaccia, 42 a 500 mt. dopo Ponte Metauro dir. S. Costanzo Per prenotazione 0721 800000 - 339 8481681

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alex neri, genetica da dj

Alan Parker

Riesci a conciliare la tua vita privata con il tuo lavoro che inevitabilmente ti porta ad effettuare numerosi viaggi? Purtroppo no e me ne dolgo moltissimo, sono sempre in viaggio e ti assicuro che non è per niente facile. Sei fidanzato? No!

Il buon giorno si vede dal mattino. E se parliamo di lui è proprio il caso di dire che mai proverbio trovò miglior conferma. Alex Neri, 37 anni e professione dj, la prima volta che salì in consolle di anni ne aveva appena 13. E non ne scese più. Oggi, dopo 24 anni spesi a colorare i locali da ballo più famosi, è senza dubbio ritenuto uno dei migliori dj in circolazione.

Quali sono i colleghi che stimi maggiormente? Ce ne sono molti, sia italiani che stranieri… mi verrebbe da citare dj Ralf, è il primo a cui penso dato che è un mio carissimo amico oltre che stimato collega.

Quali sono le tue prime produzioni musicali, quelle che ti hanno reso celebre? Senza ombra di dubbio “Kamasutra” un progetto con il mio socio storico Marco Baroni.

Sogno nel cassetto? Riuscire ad intravedere, a partecipare magari tra qualche anno ad un cambiamento di rotta della nosta società; una speranza almeno per una crescita globale, per un’inversione di marcia di questa epoca a mio avviso in discesa, dove l’apatia, il disagio ed il malcontento sembrano regnare sovrani.

Quali sono invece le tue ultime produzioni musicali? Le produzioni della mie etichetta discografica, label tenax recordings e tutte le mie produzioni in generale. Il lavoro del dj comporta spesso molti sacrifici che la gente comune non conosce, potresti raccontarceli? Sicuramente il primo e non trascurabile sacrificio è che non esiste un week end libero e neppure una festa consacrata libera (Natale, Capodanno, Pasqua). 75

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MOM

unusual BAR & restaurant

FANO Dalle 23,30 Venerdì Dj Resident JEAN GABIN Fano/Riccione/Rimini

Chiama per prenotare subito il capodanno più esclusivo di Fano

Sabato Dj Resident GIANLU E LELE - Fano "Attenti a quei due" Musica a 360° Domenica Alla Consolle Dj Rudi Lounge/Chill/Electric/Sound

info e prenotazioni 0721 827293 - 335 1491009

Chiuso il martedì sera

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Feste di Laurea - Compleanni - Cene aziendali - Pranzi di lavoro - Brunch


AGRITURISMO IL SOLE Fano, via Papiria, 88

Ristorante con specialitĂ tipiche marchigiane Aperto tutti i giorni su prenotazione Cene aziendali Pernottamenti con convenzioni particolari per aziende Tel.333 2088513 - 338 5967955

www.ilsoleagriturismo.it 77


OSTERIA Baci da Fano Via Papiria, 29/b - Fano Tel. 0721/830203

Aperto tutti i giorni dal pranzo all’aperitivo, venerdì e sabato anche a cena. Domenica pomeriggio dalle 16.00 alle 20.00 aperitivo a buffet. All’interno dell’osteria Baci Enogastronomia tipica da Fano troverete il nuovo negozio di enogastronomia tipica con prodotti selezionati e ricercati. Si confezionano pacchi natalizi per privati ed aziende.

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www.bacidafano.com


LO SAPEVATE CHE...

N

ormalmente, ogni persona ride 15 volte al giorno.

Ciascun Re delle carte da gioco rappresenta un grande Re della storia: - Picche: Davide - Cuori: Carlo Magno - Fiori: Alessandro il Grande - Denari: Giulio Cesare

La Coca-Cola, originariamente, era verde. La prima coppia mostrata a letto insieme in TV fu Fred e Wilma Flintstone. Negli Stati Uniti ogni giorno vengono stampati più soldi per il gioco del Monopoli che per la Tesoreria.

Se una statua rappresenta una persona su un cavallo che ha entrambe le zampe anteriori sollevate, significa che la persona in questione è morta in guerra. Se il cavallo ha solo una zampa anteriore sollevata, la persona è morta a seguito di una ferita riportata in guerra. Se il cavallo ha tutte le quattro zampe a terra, la persona è morta per cause naturali.

L’altezza della piramide di Cheope è pari esattamente a un milionesimo della distanza che separa la terra dal sole. La parola “cimitero” deriva dal greco “koimetirion” che significa “luogo per dormire”.

I giubbotti antiproiettili, le uscite antincendio, i tergicristallo e le stampanti laser hanno una cosa in comune: sono stati tutti inventati da donne.

Nei conventi, durante la lettura delle Sacre Scritture, quando ci si referiva a San Giuseppe si diceva “Pater Putatibus”, abbreviato in P.P.. Ecco perché il più comune minutivo di Giuseppe è Peppe o Peppino.

E’ impossibile starnutire con gli occhi aperti (... ci state provando?!)

Durante la guerra di secessione, quando le truppe tornavano agli accampamenti dopo una battaglia, veniva scritto su una lavagna il numero dei soldati caduti; se non c’erano state perdite, si scriveva “0 killed”, da cui l’espressione OK nel senso di “tutto bene”.

L’unico alimento che non si deteriora è il miele. Il “Quac, Quac” delle oche non dà eco (non si sa perché). Lo scarafaggio può vivere nove giorni anche se privato della testa, dopodiché ...muore di fame.

Lo Stato con la più alta percentuale di persone che vanno al lavoro a piedi è l’Alaska. In Africa la percentuale di persone che vivono in solitudine è il 28%. In Nord America è il 38%.

Un coccodrillo non può tirare fuori la lingua. Il cuore di un gamberetto è nella testa.

Le persone intelligenti hanno più zinco e rame nei capelli.

La formica può sollevare pesi pari a 50 volte quello del suo corpo, e spingere oggetti 30 volte più pesanti di lei e cade sempre sul fianco destro quando è inebriata.

I genitori più giovani di tutti i tempi, età 8 e 9 anni, vissero in Cina nel 1910. Il Papa più giovane di tutti i tempi aveva solo 11 anni.

Una pulce può saltare una distanza pari a 350 volte la lunghezza del suo corpo.

Il primo libro scritto con la macchina da scrivere fu “Tom Sawyer”.

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