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Rounders 2, Poker Generation
Il cinema che si occupa di poker, tra le speranze di un Rounders 2 e l’occasione (quasi) persa di Poker Generation, l’unica pellicola italiana uscita nel 2012 che raccontò una storia sul Texas Hold’em di Cesare Antonini
Capita che qualche giorno fa, rimettendo a posto la scrivania della redazione, spunti fuori una cartolina promozionale di Poker Generation, il film del 2012 opera prima di Gianluca Mingotto. E che qualche giorno dopo ancora un podcast americano tratti uno dei temi ricorrenti del nostro settore: ci sarà mai un sequel di Rounders, autentico capolavoro del 1998 partito come flop e diventato cult?
L’occasione italiana, invece, costata quasi 2 milioni di euro, è stato qualcosa di importante per il nostro settore (e tanto di cappello per l’investimento) ma non si è mai trasformato in un successo. Il messaggio che la storia di Filo, ispirata a Filippo Candio, il primo italiano a raggiungere il tavolo finale delle World Series of Poker a Las Vegas, rischiava di essere anche totalmente sbagliato e generò anche qualche polemica. Il 2012 era un’epoca in cui tutti giocavano a poker e amavano l’Hold’em. Eravamo lontani anni luce dall’epoca di oscurantismo che il gioco pubblico avrebbe vissuto (e che forse ancora continua a vivere?). Eppure tutti noi addetti ai lavori provammo un briciolo di imbarazzo per la storia. Non se ne parla quasi più ma quella cartolina ci dà lo spunto per ripescare il tema che si lega anche a Rounders 2.
“Ne abbiamo parlato per anni, stiamo valutando se possiamo farlo o meno”. Ennesima falsa speranza o un sogno che presto si avvererà? Ormai non ci crediamo più e, forse, vorremmo che tutto questo neanche si avverasse. Il sequel tanto agognato del mitico film della storia di Mike McDermott e Teddy Kgb ambientato negli ambienti del poker live underground negli States di tanto in tanto salta fuori nelle cronache americane del gioco. Come dicevamo, l’ennesimo segnale ai fan del miglior film mai girato sul gioco del poker, indiscutibilmente, è arrivato dall’ultimo episodio di The Bill Simmons Podcast, dove Matt Damon che impersonava proprio Mike, insieme al partner di lunga data e frequente co-protagonista Ben Affleck, ha riparlato brevemente di Rounders. In realtà quando c’è di mezzo qualche attore del film, Damon, Edward Norton o John Malkowich, una domanda sul probabile sequel spunta sempre fuori. E forse Matt e gli altri si divertono anche a dire questa o quella boutade all’intervistatore di turno. Ne abbiamo a decine di esempi in tutti questi anni (la pellicola di John Dahl è del 1998 e seguiamo il poker da ormai 15 anni) ma la “rivelazione” lasciata a Simmons sembra ripercorrere più o meno quello che accade da tanto tempo.
Una rivelazione è simpatica, comunque: Damon, il co-protagonista Edward Norton e lo sceneggiatore Brian Koppelman pare abbiano giocato nel Main Event del 1998 e lo stesso McDermott non sarebbe neanche andato lontano dal successo in un field molto ristretto ma comunque molto duro anche all’epoca.
“Sono arrivato al pomeriggio ma ho perso”, ha detto Damon. “Avevo i re… ho spinto e Doyle Brunson aveva gli assi. È stato incredibile. È stata la storia più bella: ho perso contro Doyle Brunson”.
“Ma pensaci”, interviene Affleck. “Se potessi dire ora che sei arrivato 89esimo alle World Series of Poker, potresti essere considerato un giocatore di livello mondiale.”
Il film non venne accolto benissimo all’inizio poi, col boom del poker dal 2003-2004, i diritti tv e l’home video fecero guadagnare un botto ai produttori.
Un artista come Damon, lo sapeva: “Quel film era una bomba”, ha detto Damon. “Sono passati anni e se fosse uscito che ne so, nel 2007, sarebbe stato un boom!”. E già.
Ma adesso, forse, dopo anni di false speranze e sogni, vorremmo che un sequel di un’opera prima così mostruosa non vedesse mai la luce. Sarebbe una delusione comunque anche se di mezzo ci fossero mostri sacri di Hollywood come quelli che abbiamo citato poc’anzi. Rounders 1 non verrebbe scalfito da nulla, sia chiaro, ma perché non lasciare che quel capolavoro al quale siamo tutti affezionati non rimanga un pezzo unico?
ALESSANDRO SASHA MESINA SI AGGIUDICA LA FINALE DEL REGNO UNITO DEL CAMPIONATO DEI CROUPIER E SI PREPARA PER LA FINALE EUROPEA A CIPRO
Chissà se hanno una carta in più, ovviamente quella vincente. Fatto sta che i croupier italiani si fanno onore nei casinò di tutta Europa e trionfano anche nei campionati a essi riservati, conquistando le giurie con le loro abilità tecniche e relazionali. Ultimo caso in ordine di tempo, quello di Alessandro Sasha Mesina, 28 anni il prossimo 30 maggio, che ha trionfato nel campionato dei croupier del Regno Unito (l’Uk Dealer Championship) che si è tenuto a marzo al The Hippodrome
Casino London e che si prepara dunque per la finalissima dell’European Dealer Championship organizzato dall’European Casino Association, in programma a metà giugno a Cipro, al City of Dreams Mediterranean. Da precisare, con un pizzico di rammarico, che rappresenterà i colori britannici, visto che l’Italia non fa più parte dell’Eca, cui aderiscono invece altri 27 Paesi europei, San Marino compreso.
Ovviamente, la speranza e l’obiettivo sono di eguagliare i successi di altri italiani che hanno trionfato nella prestigiosa competizione europea: nel 2008 (secondo anno di svolgimento del torneo) Mauro Zaia (Casinò Venezia), nel 2012 Davide Merli (Casinò Campione d’Italia) e nel 2015 Mattia Luchesini (in rappresentanza del Regno Unito) .
Ma lasciamo la parola al giovane croupier, oggi in forze al prestigioso Les Ambassadeurs Club, club e casinò di Mayfair, Londra: quali sono le circostanze che ti hanno portato a tentare, con successo, questa strada professionale?
“È successo per puro caso. Ho letto un articolo online che trattava dei corsi di ScuolaCroupiers a Fasano
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Casinò
(Brindisi) con lavoro garantito alla fine della formazione, e così è stato. Dopo un paio di mesi d’allenamento il nostro insegnante, Paolo Cofano, ci ha mandato tutti in diverse parti d’Inghilterra per iniziare quest’avventura.”
E ci sveli i segreti che ti hanno portato in così breve tempo a diventare il più bravo croupier del Regno Unito?
“Di segreti in realtà ce ne sono ben pochi: tanto impegno e allenamento costante. Un consiglio che potrei dare è semplicemente di cercare di essere una persona alla mano sia al lavoro che fuori. La maggior parte dei clienti apprezzano un croupier con cui possano fare due chiacchiere. Aggiungo inoltre che continuare a imparare giochi nuovi come ad esempio dadi, pai gow, punto banco e altri, mi ha aiutato molto quando si tratta di consegnare un curriculum vitae.”
Come ti stai preparando alla finalissima a Cipro?
“Per quanto riguarda preparazione per la finale ho i miei direttori di sala che mi stanno formando qui a Londra e nel frattempo ho anche Paolo Cofano di ScuolaCroupiers che, online, mi aiuta con la sua esperienza europea.”
Ti piacerebbe lavorare in un casinò italiano oppure ormai pensi che la tua carriera sarà all’estero?
“Tornare in Italia è sempre stato un mio pensiero. Per il momento sono fedele al mio club Les Ambassadeurs, poi chissà... forse un giorno potrei anche tornare!”
Nel tuo mestiere, sei stato addestrato a occuparti anche di giocatori difficili o che presentano forme di dipendenze? Che cosa fai, nel caso?
“Assolutamente sì. Occuparsi della dipendenza dal gioco d’azzardo è una delle nostre priorità. Quando notiamo dei comportamenti particolari ci sono delle procedure che vanno seguite. Qui a Londra siamo in diretto contatto con varie enti che si occupano specificamente di dipendenza dal gioco”.
Tra fascino, retorica e luoghi comuni, quello del croupier è certamente un mestiere “tradizionale”. Ma da qui a definirlo “d’altri tempi” ce ne corre. Lo spiega nei dettagli Paolo Cofano, proprietario e istruttore di ScuolaCroupiers.com: “Il croupier è un mestiere vecchio, ma non fuori moda. I casinò investono ancora tanto nella formazione di croupier che gestiscono i giochi live ai tavoli”. Non solo, il croupier “offre una possibilità di contatto, o meglio ancora emotiva con il giocatore”. Perchè certo, “i piani e gli spazi per le slot machine diventano sempre più importanti, anche perché garantiscono una vincita certa su percentuale giocata, ma proprio per questo il croupier trasmette più fiducia al giocatore”.
Tuttavia, chi decide di intraprendere la carriera del croupier, magari frequentando una scuola apposita, deve mettere in conto che gli sbocchi professionali sono soprattutto all’estero. “Nei casinò italiani, fuorché per collaborazioni a breve termine e a tempo determinato che anche la mia scuola ha, si entra per concorso pubblico o, in passato, per appartenenza ad alcune cooperative di lavoro legate agli uffici risorse umane delle poche realtà esistenti”.
Ma il problema non è, ovviamente, il dover prendere parte a un concorso. Semmai, lo è esiguità del numero dei casinò italiani, visto che le norme vigenti autorizzano solo pochi enti locali ad avere una licenza di casinò, “di fatto vietando la possibilità a compagnia straniere di approdare sul territorio”. Purtroppo sono norme vecchie, che limitano i casinò possibili solo al nord Italia, lungo la linea di confine con altri stati”. Norme originariamente pensate “per non far fuggire i capitali all estero, o per attirare quelli subito oltre confine, ma superatissime oggi e inefficaci. Con l’avvento del gioco online i capitali vengono spostati ugualmente”. eggo sempre con grande piacere gli editoriali su Gioco News del collega collaboratore Mauro Natta. Un po’ per la grazia della prosa e un po’ per il nobile intento educativo dei suoi articoli, nei quali analizza i dati e propone idee per i manager dei casinò terrestri italiani, una categoria rara e protetta come l’upupa. Se fossi un’upupa non so come prenderei la recente proposta di legge del Pd sul gioco, a prima firma Stefano Vaccari, che ha per finalità “la progressiva riduzione dell’offerta di gioco, nonché del gettito erariale” e di conseguenza propone “l’apertura di case da gioco in tutto il territorio nazionale”. Da una parte direi: beh, figata, viva il Pd, peccato che stanno al governo col binocolo e non passerà mai (figurarsi se l’avrebbero mai presentata quando in maggioranza). Poi però penserei che deriva dall’obiettivo di ridurre il gioco con l’apertura di nuovi casinò e direi wait a sec, non mi stanno facendo un complimento, qui. Anche perché la proposta dem è inflessibile nel mantenere la gestione pubblica dei casinò, e anzi, vuole una società unica nazionale che li possieda, proprio per non aver rischio che un casinò per sbaglio funzioni.
Nelle sue vesti di formatore, Cofano elenca poi le abilità, anche umane e relazionali, che un croupier deve avere e apprendere.
“Un croupier deve essere meticoloso, attento in tutto”. E se non lo è di suo, “lo diventa con l’esperienza”. Da sottolineare anche “la sua capacità di multitasking, che è di fatto l’ abilità su cui viene più messo alla prova. Gestire calcoli e conteggi, umori dei giocatori, velocità delle chiamate anche per otto ore al giorno non è un lavoro semplice. Devi essere il più ordinato possibile al tavolo da gioco. Ordine per quanto riguarda i gettoni ma anche ordine con le priorità delle cose da fare... nei venti secondi del lancio di una pallina ti possono succedere dieci o venti cose da fare! Dunque non puoi improvvisare. Allo scopo si studiano tecniche per agire in maniera fluida e armoniosa. Ci si deve allenare tanto su queste tecniche per essere in grado di replicarle live”.
Una preparazione puntuale che viene ripagata da ua professione che, in effetti presenta numerosi vantaggi. Ma anche svantaggi da tenere bene a mente.
“Girare il mondo o fare carriera in una location che più ti gratifica. avere una stabilità economica da subito, e poter lavorare in ambienti divertenti sono tra i vantaggi più evidenti. L’altra faccia della medaglia, lo svantaggio è lasciare casa e la tua comfort zone e in questo noi italiani non siamo troppo bravi. Poi, c’è da lavorare a turni festivi e notturni e anche questo aspetto può non piacere. Ma se ciò non ti pesa, allora quello del croupier è un mestiere che può fare al tuo caso e che ha davvero tantissimi vantaggi”, conclude Cofano.
La logica del Pd è quindi: per ridurre il gioco, ampliamo la forma più fallimentare di offerta sul mercato, apriamo N casinò pubblici, riproduciamo le upupe e abbiamo risolto il problema.
Ha qualcosa di geniale, in effetti. (Per ridurre la dipendenza dagli smartphone potrebbero proporre di vietare la vendita di ogni modello non prodotto dalla Sip, rifondata allo scopo, e-mail gestite da Tim e le Pagine Gialle al posto di Google.)