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Il grande reset
Regioni e Comuni commentano le dichiarazioni d’intenti del direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Marcello Minenna, sul riordino nazionale del gioco, che prevedono un importante punto di partenza: l’azzeramento delle norme esistenti e la compartecipazione degli Enti locali al gettito erariale.
di Francesca Mancosu
LUCA COLETTO Leleggi regionali sul gioco hanno ancora un senso? La domanda si pone, una volta di più, alla luce di quanto sta accadendo in questi mesi in alcuni Consigli, dove il tema non manca di suscitare polemiche fra le opposte fazioni, se non la presentazione di centinaia di migliaia di emendamenti (vedi Piemonte), ma anche un certo buon senso, con un impegno bipartisan a prorogare l’entrata in vigore del distaziometro vigente per le attività già autorizzate (vedi Lazio). Una pericolosa schizofrenia che rende ancora più evidente la necessità di risolvere la questione (territoriale) una volta per tutte e di dare un indirizzo unico agli Enti locali, procedendo al riordino nazionale della materia, dopo il tentativo fatto con l’accordo raggiunto dalla Conferenza unificata Stato-Regioni del 2017, mai attuato. Ne è convinto anche il direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Marcello Minenna, che in più occasioni è tornato a spingere per la redazione di un Testo unico dei giochi, con la delega affidata proprio ad Adm, e il reset delle leggi regionali. Ma non solo. Vediamo cosa ne pensano i rappresentanti di alcune Regioni e Comuni italiani.
Coletto (Umbria) «Destinare il gettito erariale a progetti di cura e controlli»
L’assessore alla Salute e welfare della Regione Umbria, Luca Coletto, parte da una delle proposte più interessanti fra quelle avanzate da Minenna: la compartecipazione comunale e regionale al gettito erariale derivante dai giochi. “Tale compartecipazione dovrà essere finalizzata perché altrimenti rappresenterebbe una sorta di speculazione su delle persone che sono affette da una vera e propria dipendenza patologica. Non bisogna trascurare il fatto che la dipendenza da gioco coinvolge spesso persone che lasciano nelle sale il loro stipendio. Questi soldi, nella maggior parte dei casi, arrivano dalle famiglie meno abbienti sottoposte a situazioni difficilissime e spesso vittime di usura. Proprio per questo credo che la cosa più giusta sarebbe quella di applicare anche per il gioco il sistema usato per comprare le sigarette dai distributori automatici, ovvero rendere obbligatorio l’accesso al servizio (se così si può definire) attraverso la tessera sanitaria con un ‘alert’ quando si sta giocando troppo. Detto ciò, per quanto riguarda la compartecipazione ai proventi di Regioni e Comuni, penso che nel caso delle
Regioni dovrebbero essere utilizzati per coprire totalmente le spese di cura e riabilitazione dei soggetti affetti da ludopatia, mentre i Comuni dovrebbero reinvestire quelle risorse per finanziare progetti finalizzati alla sicurezza e controllo del territorio. Diversamente non sarebbe etico”.
Lanzarin (Veneto) «Non disconoscere l’autonomia regionale»
Dal Veneto, l’assessore alla Sanità e politiche sociali, Manuela Lanzarin, sottolinea che “le affermazioni del direttore generale di Adm partono da una prospettiva radicalmente diversa da quella di chi si occupa di tutela della salute e di politiche sociali. Infatti nel sito internet dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli si legge: ‘L’azione di Adm muove dalla considerazione del gioco quale fattore di promozione e sviluppo dell’integrazione sociale e della comunicazione tra gli individui. In ragione del maggior valore attribuito al momento ludico, Adm agisce al fine di garantirne all’utente la facile fruizione nell’ambito di un contesto regolamentato e di un ambiente tecnologicamente avanzato e costantemente monitorato’. All’articolo 1, comma primo della legge regionale 10 settembre 2019, n. 38 recante: ‘Norme sulla prevenzione e cura del disturbo da gioco d’azzardo patologico’ si precisa invece che: ‘La Regione del Veneto, nell’ambito delle proprie competenze in materia di tutela della salute e di politiche sociali, promuove interventi finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione dei rischi da gioco d’azzardo e delle problematiche azzardo-correlate, nonché al trattamento e al recupero delle persone che ne sono dipendenti e al supporto delle loro famiglie’”, ricorda l’assessore. “Si tratta di finalità profondamente diverse: nel primo caso si attribuisce ‘maggiore valore al momento ludico’, nel secondo si cerca di tutelare i cittadini e le famiglie dal disagio e dalla sofferenza indotte dal Disturbo da gioco d’azzardo. Quindi, dal nostro punto di vista, più che alla ‘numerosità’ delle norme in materia, bisognerebbe prestare attenzione alla loro efficacia rispetto al dettato costituzionale sulla tutela della salute. Allo stesso modo dovrebbe essere evitata una visione centralistica, che disconosce l’autonomia regionale (anch’essa presente nella nostra Costituzione al terzo comma dell’articolo 116). Le finalità per la Regione del Veneto e, nello specifico, di questo assessorato, sono la prevenzione, il contrasto e la riduzione dei rischi da gioco patologico e delle problematiche azzardo-correlate, nonché il trattamento e il recupero delle persone che ne sono dipendenti e il supporto delle loro famiglie. Il Testo unico può essere utile se inquadrato in tale contesto, non se questo è orientato ad una maggiore libertà di gioco ed a limitare le possibilità di intervento regionale. Inoltre non penso sia opportuno ‘un reset delle leggi regionali’, ma solo un loro miglioramento nel caso venga redatto un Testo unico con il fine primario della tutela della salute”. Altro tema posto dal progetto di riforma del gioco postulato da Adm è la “razionalizzazione delle reti di vendita sotto il profilo numerico, qualitativo e della diffusività sul territorio, individuando modalità di compartecipazione regionale e comunale al gettito erariale”. Per l’assessore veneto sono “da escludere interventi autoritativi in materia, soprattutto se influenzati da una visione economicistica inadatta a cogliere la complessità dei temi inerenti il gioco con vincita in denaro nel nostro Paese. L’intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali concernente le caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico del 7 settembre 2017, del 7 settembre 2017, pur non avendo prodotto i risultati sperati e desiderati, può costituire una prima base per un confronto che porti a importanti sviluppi. Ripeto, gli orientamenti di tipo centralistico sono assolutamente non idonei ad affrontare la complessità ed a rispondere ai bisogni dei diversi territori. Non dobbiamo nasconderci che l’eventuale scrittura di una norma di riordino nazionale del gioco sarebbe estremamente difficile ed impegnativa. Come ricorda la Corte costituzionale (fra le altre, Sentenza n. 72 del 22 febbraio 2010), ai caratteri comuni dei giochi, quali aleatorietà e possibilità di vincite in denaro, si riconnette un disvalore sociale, con la conseguente forte capacità di attrazione e concentrazione di utenti e la probabilità altrettanto elevata di usi illegali degli apparecchi impiegati per lo svolgimento degli stessi anche nel caso dei giochi leciti. Questo disvalore sociale si combatte su diversi piani: sociale, culturale e normativo. In tal senso, sicuramente un testo legislativo nazionale dovrebbe contemplare i seguenti capisaldi: a) tutela della salute; b) lavoro e impresa; c) ordine pubblico. Per contemperare tutti questi aspetti è indispensabile un corretto confronto tra Stato, Regioni e Comuni. Il centralismo e gli atti autoritativi non rispondono ai bisogni dei cittadini”. L’assessore Lanzarin quindi dice la sua anche sulle proroghe all’entrata in vigore delle leggi regionali sul gioco e delle modifiche normative proposte o in discussione fra Piemonte, Lazio, Marche ed Emilia Romagna. “Sulle proroghe, pur nel rispetto dell’autonomia di altri legislatori regionali, in osservanza dei principi costituzionali inerenti la tutela della salute non posso che condividere le preoccupazioni espresse dalla Caritas e da altre associazioni antiusura. In proposito un orientamento importante viene dal Consiglio di Stato che ha avuto modo di esprimersi precedentemente (Consiglio di Stato, Sezione III, 19 dicembre 2019, n. 8563) osservando che la Corte costituzionale ha ritenuto, in più occasioni, che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco dai luoghi sensibili siano dirette al perseguimento di finalità, anzitutto, di carattere ‘socio-sanitario’ e anche di finalità attinenti al ‘governo del territorio’, sotto i profili della salvaguardia del contesto urbano. Quindi, interventi dilazionati nel tempo possono produrre ritardi e discriminazioni (in relazione alla residenza) nella tutela dei cittadini.
MANUELA LANZARIN
Rispetto alle modifiche normative proposte o in discussione fra Piemonte, Lazio, Marche ed Emilia Romagna ritengo che sia molto difficile contemperare aspetti che attengono all’ordine pubblico, all’impresa e al lavoro e alla tutela della salute. La Regione del Veneto ha raggiunto un buon punto di equilibrio, per cui al momento non sono in previsione modifiche o integrazioni”.
ALESSANDRO BARMASSE
SARA SECCIA
Barmasse (Valle d’Aosta) «Necessario un intervento uniforme in tutto il territorio»
Spostandoci in Valle d’Aosta, territorio in cui il gioco ha una valenza particolare, visto il legame fra il casinò Saint Vincent e la Regione, che ne è proprietaria, a prendere posizione sulla domanda iniziale di questo pezzo è Roberto Alessandro Barmasse, assessore alla Sanità, salute e politiche sociali, che ne approfitta per ricordare quanto fatto fin qui per il contrasto alle patologie collegate al giocare compulsivo. “La dipendenza patologica dal gioco è un fenomeno ancora poco conosciuto ma, come altre patologie della dipendenza (alcolismo, tabagismo, tossicodipendenza), anch’essa ha conquistato, senza troppo clamore, un suo posto di rilievo. Oltre alle norme nazionali, che in anni recenti sono state adottate sia al fine di regolamentare la disciplina dei giochi, sia al fine di prevedere forme di sostegno per i giocatori patologici, anche numerose regioni stanno adottando disposizioni per combattere questa piaga sociale. In realtà, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm), sia nella IV che nella V edizione, ha sostituito il termine ludopatia con quello di disturbo da gioco d’azzardo (Dga), non riconoscendo al primo alcuna valenza scientifica. Sotto il profilo medico, il Dga è definito come un disturbo del comportamento che rientra nella categoria diagnostica dei disturbi del controllo degli impulsi. Esso ha una forte attinenza con la tossicodipendenza, tanto che nella V edizione del Dsm è stato inquadrato nella categoria delle cosiddette ‘dipendenze comportamentali’. Per combattere questa forma di dipendenza è importante che vi sia un intervento uniforme in tutto il territorio”, esordisce. Dal canto suo la Valle d’Aosta, attraverso la giunta regionale “ha approvato un Piano operativo per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno delle dipendenze gravi, previsto dalla legge n. 189 del 2012 tra le misure possibili e in attuazione della legge regionale n. 14 del 2015 ‘Disposizioni in materia di prevenzione, contrasto e trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo patologico’. Il piano predisposto viene attuato grazie a finanziamenti presenti all’interno del ‘Fondo per il gioco d’azzardo patologico (Gap)’ istituito dalla Legge di stabilità 2016, all’art. 1 comma 946. L’assegnazione dei fondi nazionali alla Regione autonoma è stata predisposta previa presentazione del Piano di attività al ministero della Salute per una valutazione in concerto con l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, valutato positivamente il 4 maggio 2018, dopo una rimodulazione. Il piano definisce gli obiettivi, le macro-tipologie degli interventi da attivare, i destinatari principali nonché gli indicatori di risultato e la valorizzazione economica delle attività da finanziare con i fondi, e demanda all’Azienda Usl della Valle d’Aosta, attraverso il dipartimento di Salute mentale e il servizio per le dipendenze (Ser.D), la realizzazione delle azioni previste ed il coordinamento degli attori coinvolti. La Regione ha ancora emanato la legge regionale n. 2 del 27 marzo 2019 promuovendo una mappatura dei luoghi sensibili evidenziando le aree di interdizione dal gioco d’azzardo. Ulteriori misure di prevenzione a contrasto alla ludopatia sono state introdotte con la legge regionale n. 12 ‘Divieto di apertura di spazi per il gioco d’azzardo sul territorio regionale’. Modificazioni alla legge regionale 15 giugno 2015 n. 14 (Disposizioni in materia di prevenzione, contrasto e trattamento della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico. Modificazioni alla legge regionale 29 marzo 2010, n. 11 (Politiche e iniziative regionali per la promozione della legalità e della sicurezza)”.
Cosa ne pensano i Comuni?
La posizione di Sara Seccia (Roma Capitale)
La riforma del gioco proposta da Minenna vede fra i suoi interlocutori anche i Comuni. In loro rappresentanza interviene la consigliera di Roma Capitale Sara Seccia, (Movimento cinque stelle), vice presidente dell’Assemblea capitolina e referente comunale sul tema del Gap. “Dispiace dover constatare che si è speso molto tempo, anche anni, ed energie per l’approvazione di leggi regionali e regolamenti comunali che potrebbero venire neutralizzati. Nel contempo, però, sarebbe un buon segnale se si addivenisse ad una normativa finalmente unitaria su tutto il territorio nazionale, perché ad oggi le varie leggi regionali indicano distanziometri diversi tra loro e rendono la disciplina disomogenea per ogni singolo territorio”, afferma. “Personalmente, sono sempre stata contraria ad un gettito erariale proveniente dal gioco con vincita in denaro, seppur razionalizzato. Ci sono altre fonti di entrata che possono essere ricercate, ad esempio, la puntuale tassazione sui grandi colossi dell’e-commerce che in Italia riversano cifre troppo esigue rispetto al fatturato che producono. Credo fermamente – e coerentemente con il lavoro portato avanti – che le entrate per lo Stato e per gli Enti pubblici non debbano originarsi tramite l’azzardo. Lo trovo eticamente scorretto. Si dice di voler combattere la patologia del Gap e poi si lucra su di esso, addirittura estendendo gli introiti agli Enti locali? Una contraddizione in termini”. Quanto ai capisaldi che “dovrebbe contenere” un riordi- >
DOMENICO FAGGIANI no nazionale del gioco davvero efficace e capace di contemperare la tutela della salute con la salvaguardia della libera iniziativa economica, Seccia non ha dubbi. “Sommessamente, mi permetto di rilevare che sarebbe necessario in via preliminare un tavolo di lavoro serio tra le Autorità governative, gli Enti locali tutti e i protagonisti del settore, gestori compresi. I distanziometri retroattivi non li condivido, ma sono d’accordo nel disciplinare, non vietare, tutti gli aspetti, compreso il gioco online o la tassazione in zone fiscali ‘franche’, e in generale tutte le tipologie di gioco esistenti. Sarebbe opportuno prevedere un distanziometro univoco per tutto il territorio nazionale per non concentrare le attività in zone specifiche ed, eventualmente, valutare incentivi seri per chi intende disinstallare gli apparecchi e riconvertire la propria attività. Infine, occorrerebbe il controllo dell’importo giocato in base alle entrate mensili di ciascuno, magari con la determinazione di un importo massimo utilizzabile. Si potrebbe pensare all’attivazione del gioco attraverso un dispositivo per la rilevazione del dato biometrico (impronta digitale), con tutte le cautele del caso relativamente al trattamento dei dati personali e sensibili. È chiaro che questo lavoro non può farlo un consigliere comunale ma va demandato alla sensibilità e all’attenzione del legislatore”. La consigliera capitolina quindi interviene anche sulla proposta di proroga all’entrata in vigore della normativa regionale sul gioco nell’ambito al Collegato di bilancio e la possibilità che successivamente si arrivi alla redazione di una nuova normativa in materia. “Non credo ci sia bisogno di una nuova legge regionale, quella attuale è completa e può essere applicata, nonostante il distanziometro sia stato inserito solo nel 2018, cinque anni dopo l’approvazione della L.R. 5/2013. Tuttavia, non so come si determinerà il consiglio regionale del Lazio in merito all’entrata in vigore del distanziometro che la stessa Regione ha inserito e che doveva trovare applicazione da settembre 2021. Distanziometro, tra l’altro, retroattivo e che non tiene conto degli investimenti già effettuati dai gestori. Credo che sarebbe stato più corretto se la Giunta Zingaretti si fosse impegnata in un confronto serio con il settore e avesse previsto dei correttivi maggiormente progressivi nel tempo. Mi chiedo come mai Roma Capitale subì tredici feroci ricorsi al Tar, e poi al Consiglio di Stato, avverso l’ordinanza sindacale 111/2018, mentre dopo l’approvazione del ‘distanziometro retroattivo’ della Regione Lazio nessuno ha avuto nulla da eccepire, almeno a livello giudiziario”.
Faggiani (Anci) «Rivedere le leggi regionali e dare maggiori risorse agli Enti locali»
“Premesso che il riordino di tutta la materia non è più rinviabile, e che questo riordino è anche propedeutico alle decisioni relative al rinnovo delle concessioni, il percorso più lineare potrebbe essere proprio quello della delega al Governo”. Ne è convinto Domenico Faggiani, responsabile del Tavolo sulle problematiche dell’Osservatorio sul gioco d’azzardo patologico per Anci. “Si potrebbe così arrivare alla emanazione di un Testo unico, attraverso un processo che veda il contributo di tutte le parti coinvolte, a partire dalle autonomie locali, al fine di pervenire a soluzioni che siano il più possibile condivise. È evidente che, una volta emanate le norme di riordino di tutta la materia, creata cioè una cornice nazionale, le leggi regionali andrebbero riviste e adeguate. Le ipotesi sulle quali l’Agenzia delle dogane e dei monopoli sta lavorando, e che sono state presentate dal direttore Minenna, sono condivisibili. Nel riordino è importante porre, come uno dei punti centrali, il contrasto alla dipendenza da gioco. Per questo occorre prevedere l’assegnazione di maggiori risorse agli Enti locali. Da un lato incrementare il fondo nazionale Gap, con il quale vengono finanziati i piani regionali di prevenzione e cura della dipendenza da gioco. Dall’altro destinare risorse direttamente ai Comuni perché possano essere messi in condizione di svolgere il loro ruolo a tutela del cittadino, e quindi anche della sua salute, e di contrasto ad ogni forma di illegalità, compresa quella nel settore del gioco con vincita in denaro”. Anche Faggiani poi offre la sua ricetta sulla riforma nazionale del settore: “Dovrebbe provvedere a riordinare, ridurre e riqualificare tutta l’offerta di gioco pubblico. Con un Testo unico si darebbe ordine alla materia, raccogliendo tutte le disposizioni relative al gioco con e senza vincita in denaro, e certezza per chi opera nel settore. Riprendendo quanto indicato nell’Intesa, sottoscritta in sede di Conferenza Unificata nel settembre 2017, si dovrebbe prevedere una riduzione di tutta l’offerta di gioco e, al contempo, una riqualificazione della stessa. Lo Stato, ovviamente, dovrebbe mettere in conto una contestuale riduzione delle entrate. Un consistente recupero di risorse sarebbe però assicurato da un più efficace contrasto all’illegalità e da un inasprimento delle sanzioni, viste le cifre stimate per l’illegale. In questo un contributo importante potrebbe arrivare dal coinvolgimento dei Comuni, attraverso la polizia locale. E, soprattutto, ci vorrebbero norme che consentano una adeguata prevenzione, attraverso attività di informazione, di educazione e di formazione. Informazione e educazione rivolta a tutti, ma soprattutto alle fasce più fragili, a cominciare dai giovani, nelle scuole, sia in tema di gioco fisico che di quello online, compresi i videogiochi. E poi attività di formazione per gli addetti al settore del gioco, una formazione obbligatoria e ben fatta. Tutte attività da programmare con le leggi regionali adeguatamente riviste, come dicevo prima. Ai Comuni, nel rispetto delle normative nazionali e di quelle regionali, spetterebbe il compito di adottare regolamenti attraverso i quali, tra l’altro, programmare una omogenea distribuzione, all’interno del territorio comunale, della propria quota di offerta di gioco pubblico”.