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La Dignità del marketing

GABRIELE GRAVINA

VALENTINA VEZZALI Di fronte al divieto di pubblicità al gioco introdotto nel 2018 operatori e società sportive hanno dovuto cambiare passo, modi e stili di comunicazione e partnership. Ma il prossimo futuro potrebbe portare con sè importanti novità.

di Francesca Mancosu

Tre anni. Tanti ne sono passati dall’approvazione, da parte del Governo a trazione Lega-Movimento 5 Stelle, del “decreto Dignità”, che oltre a prevedere una serie di disposizioni per incentivare i datori di lavoro a scegliere forme contrattuali più stabili, portò con sè l’introduzione del divieto di pubblicità e sponsorizzazioni connesse al gioco con vincita in denaro, con l’esclusione delle “lotterie nazionali a estrazione differita”, come la Lotteria Italia. Poi diventato effettivo nel 2019, dopo la pubblicazione delle linee guida tracciate dall’Agcom - Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che hanno dato il via libera alle comunicazioni di mero carattere informativo fornite dagli operatori, alle quote o alle offerte commerciali, così come alle insegne fuori dai negozi e al posizionamento dei siti di gaming sui motori di ricerca. Regole che hanno “costretto” il settore ad adeguarsi e anche a evolversi, studiando nuove forme di comunicazione e di marketing, sempre nel solco della legge. Componendo un quadro che però ora potrebbe cambiare, dopo le tante istanze avanzate non solo dall’industria di settore – che ha visto sfumare partnership importanti, come quelle con le squadre sportive – ma anche da parte della politica e soprattutto dall’establishment del calcio, con la presa di posizione del presidente della Federazione italiana giuoco calcio Gabriele Gravina, e dello sport in generale, con in testa il numero uno del Coni, Giovanni Malagò. Per una sospensione temporanea del “ban” fino al giugno 2023, per consentire alle società di riprendersi dal buco finanziario causato dall’emergenza Covid, prima con lo stop alle competizioni e poi con il niet e quindi con la riduzione degli spettatori sugli spalti. Richiesta che sembra incontrare anche i favori del Governo visto il recente endorsement della sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali: “Stiamo lavorando per la sospensione temporanea del decreto Dignità”, frase pronunciata proprio durante l’ultimo Consiglio nazionale del Coni, a settembre. Segnali che fanno ben sperare, proprio mentre mezza Europa, seguendo (ma solo in parte) l’esempio italiano, sta introducendo limitazioni alla pubblicità o si prepara a farlo, dalla Spagna alla Francia, all’Olanda, passando per Regno Unito e Irlanda. Un panorama composito e in continua evoluzione, insomma, sul quale abbiamo chiesto un parere a due avvocati esperti di gaming e di questa materia: Stefano Sbordoni e Valerie Peano, protagonisti di un’intervista doppia.

PROM O SPAC E

Sbordoni

«Valutare forme intelligenti di autoregolamentazione»

Cominciamo, in rigoroso ordine alfabetico, da Stefano Sbordoni, managing partner e founder di Sbordoni&Partners, studio specializzato nel settore del diritto del gioco pubblico e delle scommesse, che sul tema si è espresso più volte, l’ultima delle quali in occasione del panel sulle “Nuove forme del marketing nella nuova normalità del gioco” organizzato nell’ambito di Sbc Digital Italia – Il futuro del gioco in Italia, l’evento promosA so da Sbc e Gioco News alla fine di luglio. LA PUNTAT LE DRITTEDEL M AESTROLE DRITTEDE L M AESTROPROM O SPAC E ENGLISH P AGES Nel panel ha parlato di “nuove forme di marketing” emerse negli ultimi anni, come “adattamento” ai limiti imposti al Dl Dignità. Quali sono le principali, e, a suo modo di vedere, le più efficaci? “Naturalmente si parla di gioco online. L’utilizzo più intensivo di forme di comunicazione informativa sul gioco, le raccomandazioni di buon uso, l’utilizzo degli affiliates nei confini delle linee guida Agcom”. Nel suo intervento inoltre ha parlato di “compliance alternativa”,

affermando che “questa è la direzione che deve prendere il sistema così com’è stato settato dalle norme”. Cosa intende e quali potrebbero essere gli sviluppi? “Credo che vada valutata la buona condotta dell’operatore sotto altri e diversi punti di osservazione, adeguati alla situazione attuale, senza ipocrisie. Compliance significa conformità, e la conformità deve essere rapportata ad un comportamento in linea con i principi fondanti del rapporto concessorio di gioco”. La Relazione annuale 2021 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro dell’Agcom dà conto della “frammentarietà” dell’attuale normativa di intervento in materia di contenuti online. Secondo lei di quali misure ci sarebbe bisogno? “Sicuramente di una rivisitazione del decreto Dignità e delle linee guida Agcom in ottica di logica e sostenibilità. Proibizioni così assolute generano solo illegalità e devianze, e costringono gli operatori ad adottare soluzioni che generano solo costi aggiuntivi e rendono addirittura ridicolo il provvedimento”. Da più parti, a cominciare dal presidente della Figc Gabriele Gravina, ma non solo, si chiede la “sospensione” del divieto - per consentire al calcio di “riprendersi”con il ritorno delle sponsorizzazioni delle società di scommesse. Cosa pensa di proposte come questa? Sono attuabili?

Peano

«Ripensare la norma di divieto»

A fornire una visione “europea” sul tema è Valerie Peano, avvocato cassazionista socio fondatore dell’Egla - European gambling lawyers and advisors, alla quale chiediamo, in primis, se è possibile, e come, fare pubblicità “al gioco” e allo stesso tempo garantire un “gioco responsabile”. “Non vi è alcuna contraddizione nel fare pubblicità alla propria attività di operatore di gioco, garantendo contemporaneamente un’offerta di gioco responsabile. Lo affermava la Commissione europea già nel 2014, con la sua raccomandazione 2014/478/Ue sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco online e per la prevenzione dell’accesso dei minori: il legislatore europeo, esortando gli Stati membri all’implementazione di una serie di misure di gioco responsabile, ha riconosciuto l’importanza della comunicazione promozionale relativa al gioco per informare ed orientare i consumatori verso l’offerta legale, inquadrandola in modo adeguato. Purtroppo, detta raccomandazione, i cui criteri per l’attuazione in Italia erano stati demandati ad un decreto del ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il ministro della Salute, ai sensi della legge di Stabilità del 2016, è rimasta del tutto inattuata, con le conseguenze che abbiamo visto: piuttosto che disciplinare, il Governo italiano nel 2018 ha preferito ‘gettare la spugna’, vietando ogni pubblicità da parte degli operatori di gioco. Eppure, spunti concreti di come fare pubblicità sono stati forniti dalla stessa Agcom nell’ambito della sua segnalazione al Governo in merito al decreto Dignità, attraverso, in particolare, una conformazione dei contenuti del messaggio commerciale in modo da indirizzare i giocatori verso il gioco legale e verso comportamenti responsabili di gioco e l’incentivazione di campagne di informazione sui rischi connessi al gioco, eventualmente finanziati dagli stessi operatori di gioco”. “Sono proposte ragionevoli. Qui - come per altri aspetti controversi del cosiddetto proibizionismo sul gioco - manca completamente un rapporto scientifico, causale e comprovato tra causa presunta ed effetto. Lo si dà per scontato perché mediaticamente il messaggio fa presa, ma la sostanza è assai povera, anzi, come ho detto sopra, non priva di peggiori conseguenze. Poi, mi si consenta un commento personale: bisogna lavorare su queste cose (peraltro avendone la competenza) e non tutti ne hanno voglia. Si limitano a fare proclami”. Cosa ne pensa del trend normativo che vede alcuni Paesi Ue introdurre un parziale divieto di pubblicità mentre negli Stati Uniti - agli albori della regolamentazione delle scommesse sportive- si punta sull’autoregolamentazione? Quale sarebbe la strada “giusta” da percorrere per disciplinare la materia ed evitare di “favorire” indirettamente il gioco illegale? “Ripeto, bisogna lavorare. Un conto sono dei parziali divieti, che meglio chiamerei limitazioni, ci puo stare. Altro conto sono assolutismi insostenibili. Gli Stati Uniti nel loro pragmatismo hanno quasi sempre anticipato temi e soluzioni che poi in Europa o altrove sono stati adottati e sicuramente meglio declinati, ma su loro iniziativa. Valuterei quindi con favore forme intelligenti di autoregolamentazione”.

STEFANO SBORDONI

Un paio d’anni fa, in occasione del panel “Responsability in gaming”, lei aveva criticato “l’abbandono da parte delle istituzioni europee delle politiche di cooperazione internazionale riguardo al gioco”. Cosa pensa adesso su questo tema, anche alla luce della raccolta firme lanciata dai leader delle più grandi società di gioco online europee per promuovere una cultura del gambling più sicuro in tutti i mercati europei, e della decisione di altri Stati di seguire l’esempio dell’Italia sull’Adv ban? “Sicuramente, dispiace la mancata ricostituzione del gruppo di esperti di regolatori europei sul gioco online, nonostante le recenti sollecitazioni di diversi Stati membri guidati dal regolatore olandese. Negli ultimi anni, l’expert group ha rappresentato una fonte di continui scambi informativi nel segmento sotto l’egida della Commissione europea e che ha poi portato ad iniziative concrete come la pubblicazione della raccomandazione innanzi citata. Dal 2018, assistiamo invece a decisioni contrastanti: alcuni Stati hanno adottato il divieto di pubblicità per il gioco, altri invece si sono orientati per una regolamentazione delle comunicazioni commerciali anticipate da percorsi di consultazione degli operatori di gioco”. Secondo lei il ritorno della pubblicità del gioco, ad esempio sulle maglie delle società sportive, è un’ipotesi praticabile? “Si potrebbero citare anche le recenti dichiarazioni del presidente Malagò a margine della presentazione del Libro Blu 2020 dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che sottolineano l’effetto distorto del divieto di sponsorizzazioni da parte delle società di gioco e scommesse in Italia. È evidente che questa attenzione, esterna al comparto, rappresenta e sollecita l’urgenza non solo di una ‘sospensione’ ma bensì di un ripensamento generale della norma di divieto”.

VALERIE PEANO

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