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In cerca di un nuovo equilibrio
La business consultant Laura D’Angeli sottolinea come gli operatori di gioco già presenti in forma stabile sul mercato italiano abbiano saputo adattarsi, non senza difficoltà, alle disposizioni contenute nel decreto Dignità
di Anna Maria Rengo
Adue anni dalla piena entrata in vigore delle disposizioni contenute nel decreto Dignità in materia di divieto di sponsorizzazione e pubblicità del gioco, le aziende del settore hanno trovato un nuovo equilibrio? Ed è stato soddisfacente, ai fini del loro business? Sono quesiti non banali, tanto più che in questi ultimi due anni un’altra importante variabile, la pandemia, ha sconvolto qualsiasi piano e progetto in itinere. Ad affrontarli, Laura D’Angeli, business consultant con esperienza ultraventennale nel settore del gioco con vincita in denaro. “La risposta del mercato, dopo una fase iniziale di smarrimento, è stata ottima e si evidenzia un comportamento adattivo alla norma. I budget di comunicazione sono stati ridotti e operativamente l’organizzazione del lavoro delle strutture di marketing si è adeguata al mutato paradigma di comunicazione con il consumatore. Le maggiori penalizzazioni sono state subite dai nuovi ‘entranti’ che hanno dovuto avviare le proprie attività di gioco in completa assenza di comunicazione. Per questi operatori non è stato possibile far conoscere il proprio brand attraverso la pubblicità o le sponsorizzazioni”. Come hanno potuto e dovuto adattare le loro strategie di marketing e comunicazione? “Gli operatori fisici non hanno avuto molte possibilità di scelta e hanno puntato sulla fidelizzazione della clientela e sull’acquisizione diretta per prossimità. Gli operatori online hanno preferito potenziare le attività di affiliazione online puntando sulla comparazione delle offerte e hanno sviluppato ulteriormente i servizi di assistenza e ricarica al cliente attraverso l’uso della rete fisica”. Quali sono stati gli aspetti più difficili da affrontare, per quanto attiene le disposizioni? “Sicuramente il divieto di sponsorizzazione è stato molto penalizzante non solo per il settore delle scommesse ma, anche, per il mondo sportivo”. A suo modo di vedere, il decreto Dignità ha raggiunto le sue finalità, per quanto attiene la tutela del giocatore e del consumatore? “La comunicazione effettuata nel modo corretto ovvero come informazione al consumatore rappresenta un valore fondamentale per la protezione e l’orientamento del consumatore stesso. La comunicazione, in generale, può consentire di evidenziare le differenze tra offerta legale ed illegale di gioco ed esaltare gli strumenti a tutela del giocatore. In linea generale, ritengo che qualsiasi forma di divieto non possa essere considerata la forma giusta per prevenire comportamenti devianti, al contrario sono a favore della cosiddetta ‘spinta gentile’, ‘nudging’, ovvero portare il consumatore verso scelte consapevoli. Non bisogna dimenticare che la maggior parte dei giocatori, sono sociali, ovvero persone che giocano per intrattenimento e divertimento. La comunicazione al consumatore potrebbe, quindi, essere consentita e mirata su specifici temi come: la tutela dei minori e dei soggetti vulnerabili, la differenza tra gioco pubblico legale e gioco illegale, la conoscenza degli strumenti di gioco responsabile. La comunicazione potrebbe essere considerata come una leva del marketing socialmente responsabile. Per marketing socialmente responsabile si fa riferimento all’insieme di strumenti di marketing (inclusa la comunicazione) studiati e realizzati allo scopo di fornire un beneficio al consumatore”. Ci sono stati degli effetti “collaterali”, magari non previsti dal legislatore stesso? “Il giocatore in assenza di informazioni potrebbe essersi rivolto, inconsapevolmente, al gioco illegale”. Le disposizioni sulla pubblicità hanno fatto “scuola” in Europa. Ci sono esempi di divieto così totale? E che cosa ne pensa delle forme più “leggere” adottate da altri Paesi? “Un modello sicuramente interessante è quello inglese, basato su un sistema collaborativo tra Stato e impresa e strutturato su una rimodulazione delle varie di forme di comunicazione al consumatore, anche sulla base dei risultati del monitoraggio continuo dell’andamento dei fenomeni del disturbo da gioco d’azzardo. Inoltre, la normativa inglese si caratterizza per un sistema sanzionatorio molto duro”. Alla luce degli effetti devastanti della pandemia sulle imprese del gioco, ma anche sui settori che in passato più beneficiavano dei suoi proventi pubblicitari, a suo modo di vedere sarebbe opportuno e possibile rivedere il divieto attualmente vigente? “Non credo che questo tema possa e debba essere collegato alla pandemia. Credo, piuttosto, che riguardi una visione sistemica del settore”.
LEI CHI È?!? Laura D’Angeli è business consultant con esperienza ventennale nel settore del gaming. Nell’ambito delle sue attività professionali ha sviluppato progetti relativi alla pianificazione strategica, al marketing responsabile e alla sostenibilità sociale di impresa. È membro del Gruppo studi e Ricerche Diritti e Salute del Giocatore-Consumatore. Settore dei giochi e delle scommesse, presso l’Università di Tor Vergata.
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