armatura
Armatura è il primo progetto di Emma Francesconi, presentato alla Triennale di Milano del 2010, in una mostra curata da Alba Cappellieri “Titani Preziosi”; è protetto da brevetto per l’invenzione del sistema di collegamento.
Originalmente pensato per trasformare in movimento, leggerezza e raffinatezza le viti di ferramenta con le quali vengono elaborati tutti i prototipi, è realizzato utilizzando viti, rondelle e bulloni riprogettati in titanio: come tutti gli oggetti che Emma crea, è ideato per essere di grande eleganza.
La vite viene decontestualizzata, diventando il mezzo per esprimere la creatività e l’esigenza di elaborare forme piene di movimento, creando una maglia fatta di chiaroscuri, flessibile e confortevole.
Armatura aperta è la declinazione del progetto Armatura in un bracciale dalla linea importante, che indossato stupisce per la leggerezza e la morbidezza con la quale avvolge il polso. Il disegno è particolare e – pur utilizzando il sistema di costruzione brevettato di Armatura – riesce a modificare la linea del prototipo rompendola in un suggestivo richiamo alle onde e alla trina.
Parigi, 1931,Salon d’Automne. Jean Despres ebbe l’ardire di esibire i suoi bijoux moteurs alla mostra Aviazione e Arte Moderna: un tripudio di rondelle, dadi e controdadi, bulloni, viti, piastrine, ghiere, rosette, spine e coppiglie che mostravano al mondo una nuova visione del gioiello, quella dell’estetica industriale. La provocazione, in un momento storico in cui ancora si provava a frenare l’impatto dell’industrializzazione sull’arte, non passò inosservata, al punto che il critico George Besson definì Despres un “pericolo sociale”. E aveva ragione. Depurato dalle ideologie dei pionieri il bijou moteur ha fatto proseliti proprio per la sua estetica meccanica e nell’arco del XX secolo c’è stato un tripudio di minuteria metallica con esiti eterogenei. Quando Emma mi ha parlato dei suoi gioielli, raccontato delle sue incursioni in quel tempio virile che è la ferramenta ho pensato all’ennesimo epigono di Despres ma mi è bastato vedere i suoi lavori, sfiorarli, indossarli, per capire che mi ero sbagliata. Emma riesce a plasmare la brutalità dell’acciaio trasformandola in un concentrato di delicatezza e femminilità. “I miei pezzi partono da un materiale duro ed inalterabile fino a diventare una maglia morbida e flessuosa come un tessuto – afferma-. Prendo manciate di viti e rondelle e gioco ad agganciarle in una miriade di possibilità, poi, mentre si creano nuove forme torno indietro, riprovo fino a trovare l’equilibrio della forma e soprattutto la morbidezza.” Con finta casualità viti e affini si stringono insieme in una danza eterea, creando le maglie sottili come ricami dei bracciali o le trame arabescate delle collane, e ancora borsine civettuole e ammiccanti, così eleganti da farci dimenticare di cosa sono fatte. Impossibile? Indossate un suo bracciale o una collana, mettetevi al braccio una borsa e farete fatica a pensare che ciò che avvolge delicatamente, elegantemente il vostro corpo siano gli stessi materiali che tengono su un solaio. Raramente ho visto negare con tale caparbietà la natura di un materiale e la vocazione di una forma nel tentativo, qui molto ben riuscito, di dare loro nuovi significati e nuovi paesaggi. I gioielli di Emma Francesconi cristallizzano antinomie stridenti: maschile/femminile, ruvido/morbido, tattile/visivo, funzionale/estetico, grezzo/raffinato e così via in un gioco di rimandi che rappresentano la parte più interessante della sua ricerca. Sarà un retaggio dell’infanzia quando, come lei dice, “cercavo di cambiare di segno magicamente alle cose e attribuire loro nuovi significati”, sarà perché ha lavorato per quasi venti anni in una multinazionale di impianti per l’ortopedia chirurgica, frequentando le officine di produzione per descrivere procedure e quantificare costi di produzione sta di fatto che Emma riesce a nascondere egregiamente la complessità del suo lavoro, concettuale oltre che produttiva. E anche se sostiene che “il mio obiettivo è quello di mantenere l’essenza del materiale e della forma , di prendere una manciata di viti e di farne un gioiello, limitando il più possibile il mio intervento” questo può avvenire soltanto perché conosce molto bene le leggi meccaniche ed i materiali di fabbricazione e sa come combinarli. I gioielli di Emma sono infatti un concentrato di arte e meccanica, poesia e scienza, ispirazione e determinazione, strade ramificate di un percorso unitario che potremmo chiamare vita. Estratto da I bijoux moteurs di Emma Francesconi. Alba Cappellieri