FLOW•01 meditation Semplice, appassionante, adatta a tutti. Suoni e musica per meditare e rendere la tua vita un’opera d’arte
AV A I L A B L E P O W E R F U L ENERGY IN 4 STEPS
Musica e suoni simbolici in 4 passi per liberare l’energia non espressa che risiede in noi
Questo booklet è il primo, mi auguro, di una lunga serie di studi e proposte per ottenere sempre piÚ benefici dalla pratica della meditazione. Per questo lo voglio dedicare a Grazia per l’amore, il pensiero e la pazienza nel sostenere la realizzazione di questo progetto e ai miei figli Carlo e Marco, che possano trovare nella meditazione un amico prezioso e discreto che li accompagni nelle loro vite. Ginko
PERCHE’ MEDITAZIONE, LAICA, OCCIDENTALE? La meditazione è una pratica che hanno esercitato, in diverse forme, tutte le antiche religioni. Le tradizioni orientali sono quelle che, più di altre, hanno fatto della meditazione uno degli strumenti indispensabili per insegnare la saggezza: la presenza mentale, la capacità di affrontare i problemi senza panico, la capacità di relazione e dedizione. Oggi, in tempi in cui non abbiamo più bisogno delle leggi delle religioni per comportarci civilmente e per convincerci a dedicare uno spazio alla spiritualità, abbiamo ancora necessità di uno strumento per diventare saggi. Che sia efficace ma svincolato da dogmi e adatto al nostro modo di vivere. La meditazione è ancora uno strumento perfetto e può essere laica e occidentale. Come noi possiamo essere più saggi praticando con costanza. Flow.01 è un primo passo in questa direzione. E’ una meditazione sonora, della durata di 45 min circa, divisa in 4 fasi che possono essere praticate in modo unitario oppure singolarmente per poter meditare anche quando sembra non esserci il tempo per farlo.
FLOW 01 MEDITATION Available Powerful Energy in 4 steps
“Aver capito è solo l’inizio, se non pratichi, non hai capito.”
Perché Flow? Essere “in flow” significa diventare totalmente coinvolti in quello che facciamo. “flow” è quello stato in cui l’individuo si trova nel “qui ed ora” e la mente non vaga tra passato e futuro ma è sintonizzata con il corpo e le emozioni. Questo “here and now”, non è esclusiva soltanto delle filosofie orientali ma è stato oggetto di studi specifici anche in Occidente. Per esempio Mihaly Csikszentmihalyi, uno studioso di psicologia di origine ungherese, da anni trapiantato negli Stati Uniti, ha elaborato la teoria del Flow sostenendo in estrema sintesi: “Per più di 50 anni mi sono interessato al concetto di felicità. essa è una condizione che ha bisogno di essere generata e mantenuta.” “Sono diventato psicologo per capire come si può vivere la vita come un opera d’arte e non come una serie di risposte caotiche ad eventi esterni”.
Quando ci troviamo nel Flow, possiamo accantonare qualunque altro pensiero e preoccupazione e focalizzarci completamente su l’esperienza che stiamo facendo. Le uniche informazioni che arrivano, sono quelle utili per svolgere quella specifica azione, così da vivere in modo totale l’esperienza. Il tempo di permanenza in flow non è mai lungo. Si esplicita solitamente nella determinata azione che stiamo compiendo. Ma il fatto di farne esperienza, con consapevolezza, anche se periodi brevi, ci porta ad una sorta di scoperta di questa nuova modalità. Diventiamo protagonisti di un “codice” che possiamo iniziare ad utilizzare anche in molte altre attività della nostra giornata.
COSA CI RENDE VIVI? C’è un’energia che ci rende vivi, capaci di crescere, di agire, di immaginare, di creare, di interagire con gli altri e con il mondo, un’energia che ci riempie, ci carica e ci fa sentire bene, a posto. Non è la sferzata che ci dà il caffè del mattino, è un flusso interiore, è ciò che in India chiamano Kundalini, in Cina chiamano Qi e che è generato dal Punto Campal secondo le tradizioni andine. Quando non c’è, ci sentiamo scarichi, demotivati, stanchi, perfino ammalati. Cosa succede? L’energia che scorre in noi per vari motivi legati alla nostra routine quotidiana, resta in uno stato non espresso. Possiamo chiamarlo “blocco energetico”. Questa energia “bloccata”può accumularsi e ristagnare. Le cause derivano da situazioni universalmente sperimentate nel mondo occidentale, come per esempio:
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troppo tempo passato seduti davanti al computer, interminabili spostamenti quotidiani nel traffico, interminabili riunioni di lavoro, qualche “rospo” mandato giù al lavoro, in famiglia o con il partner, • notizie frustranti divulgate dai telegiornali • visioni catastrofistiche divulgate dai mass media • scene di violenza, rabbia e disperazione dalla maggior parte dei programmi TV o dai cinema Si tratta proprio di energia non espressa, che tende ad implodere dentro di noi. Il risultato è uno stato che molti definiscono stress o affaticamento psicofisico. Sempre nell’ambito del pensiero Occidentale, citiamo anche Alexandre Lowen, psicoterapeuta padre della bioenergetica, che osserva come una persona il cui flusso energetico è bloccato, abbia perso una parte della sua vitalità e della sua personalità. Questa perdita fa sì che questa persona si senta depressa, sia sempre il lotta e usi costantemente la forza di volontà per eseguire i compiti quotidiani.
PERCHE’ NON ESPRIMIAMO LA NOSTRA ENERGIA? Generalmente, a causa delle convenzioni sociali, quindi per convenienza, per quieto vivere, per paura di disturbare, irritare e ferire gli altri oppure per il nostro instancabile autocontrollo. I motivi sono davvero tanti, ma in questa sede non ci interessa esaminare quali siano giusti o quali sbagliati. Ci interessa invece sapere che, nella maggior parte dei casi, si tratta di automatismi, ovvero di nostri modi di reagire automatici rispetto alle situazioni. Non ci soffermiamo sulle motivazioni psicologiche, culturali, educative e biologiche che portano a queste reazioni, ma l’aspetto dell’automatismo può avere un valore importante perché, una volta divenuti consapevoli che tutti ne siamo facilmente “preda”, possiamo agire e iniziare ad osservare che il primo cambiamento è che si allevia quel senso di colpa strisciante che ci fa sentire sempre manchevoli a posteriori, sempre colpevoli di non aver fatto la cosa giusta.
COME CI SI SENTE? Spesso accade che ci sentiamo stanchi, mentalmente e fisicamente, senza in realtà aver fatto nulla di apparentemente faticoso. Invece lo abbiamo fatto, eccome: abbiamo ripetutamente bloccato, più o meno coscientemente, le nostre emozioni. Ci sentiamo stanchi, distratti da mille pensieri e, se facciamo attenzione, ci accorgiamo che tutta l’energia è concentrata sulla testa, mentre il resto del corpo sembra subire passivamente. Il corpo, quasi dimenticato dal nostro essere, diventa una sorta di protesi della testa, un’enorme appendice che ha bisogno di stimoli sempre più forti e scioccanti per avere qualche sensazione.
In questa condizione, la mente tende a fluttuare continuamente tra passato e futuro: “Che fatica lavorare, era meglio quando ero a scuola” “Il mio capo si arrabbia sempre con me, prima o poi mi farà fuori?”, “Forse non avrei dovuto sposarmi, aveva ragione mia madre” “Mi amerà per sempre?”. La mente non è completamente presente al presente, viene meno quella capacità, praticata e affinata nella meditazione, di osservare. Osservare noi stessi prima di tutto. Siamo così identificati in ciò che pensiamo incessantemente, che non riusciamo a distogliere il nostro sguardo mentale dalle emozioni che questi stessi pensieri generano. Siamo così sradicati dal presente che rimbalziamo “in loop” da ciò che è già avvenuto, e che ci addolora, a tutto ciò che sarà, che ci genera ansia e paura. Ci sentiamo come fossimo alberi senza radici, senza la possibilità di avere un punto fermo su cui contare, perennemente occupati a rincorrere o aggiustare le situazioni che ci arrivano sotto forma di pensiero incessante.
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore, chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano, chi lavora con le sue mani la sua testa e il suo cuore è un artista.” (S.Francesco d’Assisi) Al tempo di San Francesco non esisteva il settore terziario, ma se ci fosse stato, avrebbe probabilmente aggiunto “chi lavora con la testa è un lavoratore a forte rischio di stress”.. Se nelle nostre attività quotidiane mettiamo in gioco in maniera integrata la nostra fisicità, la nostra conoscenza e razionalità insieme alla nostra passione, incorriamo meno nel rischio di trattenere il fluire dell’energia.
Meditazione > Suono > Trasformazione Nelle antiche civiltà di ogni latitudine la musica è stata usata per i riti magici, religiosi, sciamanici e per la meditazione che ognuna di queste pratiche richiedeva. Questo perché la meditazione riesce ad espandere le proprietà dei suoni e della musica e utilizzarle come esperienza profonda e chiave di trasformazione. I suoni sono varianti di vibrazioni e frequenze e, come dimostra la fisica attuale, tutto nella materia è vibrazione e frequenza. Quindi i suoni, se generati con saggezza e competenza, possono diventare una guida preziosa per tutto il nostro essere in un percorso di trasformazione che può passare attraverso la stimolazione di emozioni represse o solo accantonate, il superamento di resistenze mentali, la liberazione di tensioni fisiche. Attraverso i ritmi, le armonie e poi i suoni evocativi, questa suite utilizza il potere simbolico e quantistico della musica e dei suoni che assumono il ruolo della voce e della parola di una meditazione guidata. E’ evidente, dunque, che non si tratta di musica da rilassamento, musica new age, ambient o musicoterapia
1.LET SHAKE AND GR OUND Scarica e radicati.
E’ la partenza per questo viaggio meditativo. POSIZIONE: In piedi, con le gambe leggermente divaricate, le ginocchia lievemente flesse e il bacino appena un poco ruotato in avanti, cerchiamo una posizione che ci faccia sentire bene a terra e quando sentiamo di averla trovata, restiamo così, spostando il meno possibile i piedi, come avessimo messo proprio delle nuove radici. Le gambe non sono rigide così come la schiena e le spalle. Le braccia seguono il movimento del corpo. Gli occhi vanno delicatamente richiusi. Portiamo inizialmente l’attenzione alla nostra parte posteriore, appena sotto l’osso sacro. Le prime volte tocchiamo questo punto con due dita della mano, come dovessimo memorizzarlo, in seguito non sarà più necessario. Da questo punto parte e si espande verso l’alto l’energia generata da questa meditazione attiva. In Oriente questa energia viene chiamata Kundalini.
INTENTO: Cerchiamo di non ascoltare la musica ma soprattutto di NON CERCARNE IL RITMO. Lo shaking, lo scuotimento del corpo, dovrebbe arrivare da solo. E’ una differenza che può sembrare sottile ma dobbiamo sapere che NON STIAMO FACENDO UN BALLO dove vogliamo essere aderenti ad uno stile musicale. Stiamo praticando una forma di meditazione attiva. Meno il tentativo è volontario e più si allenterà il controllo e quindi anche i pensieri. E’ un lasciarsi andare e farsi compenetrare da questa forma energetica. Non dobbiamo porre l’attenzione su nulla, né sul respiro né sulle singole parti del corpo, cerchiamo solamente di lasciare che sia la musica a muoverci e non noi che ci muoviamo al ritmo della musica. E’ l’aspetto essenziale di questa prima fase. I piedi ben saldi a terra generano un grounding (radicamento) mentre scaricano a terra l’energia residuale, ovvero lo stress accumulato, le resistenze che ci intrappolano, il torpore che ci invade. Non dobbiamo fare altro, questa è energia primordiale, che si svilupperà ed espanderà in tutto il corpo man mano che ci scuoteremo.
LET SHAKE
2. BODYTELLING Lascia che il corpo ti racconti.
Eccoci al secondo step della meditazione. Il radicamento è concluso. La velocità delle battute diminuisce, il ritmo si fa meno incalzante, sorge la melodia e ci conduce in un movimento. POSIZIONE: Restiamo in piedi, ma ora possiamo muoverci dalla nostra posizione, girare su noi stessi, muovere il corpo lasciandoci guidare dall’EMOZIONE. Lasciamo che il corpo si muova secondo ciò che sente: passionalità, nostalgia, sensualità, eros, innamoramento, seduzione, celebrazione, vittoria, iniziazione…eccetera.
INTENTO: Qualsiasi emozione sorga da queste sonorità (anche niente di particolare!), andrà accolta e soprattutto lasciata esprimere. Tutto questo si svolge come fosse un racconto, affinchè possa emergere e risuonare il nostro. Noi in questo momento non blocchiamo, non giudichiamo, ascoltiamo tutto quello che il nostro corpo ci racconta di noi attraverso i movimenti, le sensazioni e i gesti che si esprimono. Semplicemente, ci facciamo portare da ciò che fluisce.
3.DESERT WIND OF JUPITER Sperimenta l’assenza
La melodia è finita. Siamo catapultati sul pianeta Giove e siamo soli. POSIZIONE Questa fase si pratica seduti. Cerchiamo una posizione seduta che ci consenta una buona comodità ma soprattutto una grande stabilità per riuscire a restare immobili per la durata necessaria. La posizione classica della meditazione orientale per terra a gambe incrociate - potrebbe essere inadatta per molti di noi occidentali perfino agevolata da cuscini o da uno sgabellino. Nulla ci impedisce di cercarne altre. Si può provare, per esempio, a sedersi con le ginocchia poggiate per terra e il supporto di un cuscino o uno sgabello sotto i glutei oppure si può decidere di meditare alla maniera egizia, elegantemente seduti su una sedia, con la schiena eretta e mai appoggiata allo schienale. L’importante è che la soluzione sia abbastanza comoda e stabile perché sia possibile “dimenticare” la postura durante la meditazione.
INTENTO: Siamo soli. Nessuno, a parte noi, si trova in questo pianeta. I nostri cari sono lontani e irraggiungibili. Seduti sopra una roccia che guarda ad una spianata desertica a perdita d’occhio, ascoltiamo il rumore del vento di Giove , un vento molto forte che spazza la superficie da millenni. Il tempo è dilatato. Noi siamo sereni. Ci godiamo questa immensa solitudine e questo silenzio della civiltà. Assaporiamo la libertà dello stare nel nulla. Lasciamo emergere qualsiasi cosa sorga e accogliamola così com’è senza alcun giudizio né commento.
4.THE OCEAN DEEP Immergiti nel profondo
Il sonar è il segnale. E’ arrivato il momento di andare in profondità. POSIZIONE: Questa fase si pratica distesi. Per terra su un tappetino, forse lo stesso su cui si era seduti. In ogni caso, meglio evitare superfici troppo morbide come potrebbe essere un letto. Per chi avesse la tendenza a prendere sonno o a sentirsi deconcentrato in questa posizione, è possibile continuare a mantenere la postura seduta della fase precedente.
INTENTO: Con un sottomarino iniziamo ad immergerci negli abissi dell’oceano, giù, sempre più giù, la luce piano piano si fa sempre più tenue, finché giunge l’oscurità abissale. Il suono dei grandi motori, dalle tonalità basse e profonde come una om – il mantra orientale per eccellenza - , ci guida e ci tiene concentrati in questo viaggio interiore che, in tutta serenità, affonda dolcemente dentro la nostra più profonda intimità. Molti, durante questa parte della meditazione, sentono il bisogno di accompagnare questo suono con la propria voce, quasi sentissero necessaria la riproduzione fedele di questa frequenza nel proprio corpo. Noi consigliamo, quando ci si sente pronti e portati a farlo, di fare anche questa esperienza. Quando il sonar inizierà nuovamente ad emettere il segnale, cominceremo la nostra risalita verso la superficie. In assenza di suoni, poi, restiamo dove siamo fino al suono della campana. Questa fase di silenzio è un passaggio importante perchè agisce sulla nostra pratica come a consolidarla e ci dona ancora di più il senso di una nuova energia ed una ritrovata stabilità.
Gong Planetario (Desert wind of Jupiter): Roberta Bottari, Gong Master allieva di Don Conreaux e Aidan McIntyre e cofondatrice del gruppo “I Planetani Gong Master” in Toscana. Gong Planetario Giove: Dimensione: 28” Frequenza Orbitale: 4332,588 giorni Tonalità fondamentale: F#2 Gong pitch: (183.58Hz - 36th octave) Questo strumento fa parte dei gong definiti “Planetari”, cioè accordati sui toni dei pianeti del sistema solare: ciò era conosciuto nell’antichità come la “musica delle sfere”. I pianeti infatti posseggono ciascuno un suono distintivo che viene riprodotto da questi strumenti. Questi gong planetari armonizzano tutto il corpo ed ognuno di essi agisce in particolare su determinati centri energetici e organi del corpo.
Attenzione: Questa meditazione non si sostituisce in alcun modo a terapie psicologiche, psichiatriche e farmacologiche in corso. A scopo preventivo e cautelativo, le persone che si avvalgono di suddette cure sono invitate, prima di praticare Flow 01 Meditation, a consultare il loro medico curante. Pur non avendo alcun riscontro in merito a controindicazioni, MLO non si assume nessuna responsabilitĂ per danni a qualsiasi titolo e di qualsiasi genere, arrecati a persone a cose, da attribuirsi per qualsiasi motivo, a Flow 01 Meditation. Flow 01 Meditation non incita in alcun modo alla violenza, alla mancanza di rispetto per le persone e per le minoranze, non si appella ne richiama ad alcuna forma religiosa nel pieno rispetto di ogni forma di culto.
Composizione esecuzione e arrangiamenti: Ginko Mastering: Simone Chivilò by Soundrivemotion Ripresa sessione Gong: Stefano Shantam presso Fontallorso Tuscany Thanks: Giorgia Ventura e il Gruppo Meditation Lab di Treviso Stefano Shantam e Nena Ferrari per i loro preziosi consigli su suoni e meditazione Simone Chivilò per il mastering e indicazioni tecniche Giordana Bassani per il contributo creativo dei supporti Editing e impaginazione: Giordana Bassani
Ginko (Giovanni Schievano) Studioso e praticante di meditazione, musicista compositore, manager. Nato nel 1961, ha iniziato a seguire pratiche di meditazione appena dopo l’adolescenza, guidato dalla passione della madre, praticante di Yoga Nidra. In seguito a partecipato ad una lunga serie di ritiri di meditazione presso centri di studi orientali come Pundarika e Pomaia (anche in un seminario di tre giorni con il SS Dalai Lama). Ha seguito i maestri Steven Bachelor per la meditazione Vipassana e Italo Choni Dorje, Insegnante di Meditazione secondo la tradizione antica (Nyingma) del Buddhismo Tibetano, nel “Corso base e training insegnanti Meditazione Guidata.” Ha studiato e praticato alcune meditazioni di Osho. Ha approfondito pratiche più occidentali tra le quali l’Empowerment Coaching, il Focusing di Gendlin, la PNL e il metodo “Voice Colors” di Ciro Imparato. Da giovane musicista ha partecipato a gruppi di musica rock per i quali ha composto numerosi brani. Ha continuato l’attività di composizione come autore di musica per la comunicazione e studioso di suoni per la meditazione. Da vent’anni svolge un ruolo manageriale nel settore delle vendite della comunicazione on e offline.
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