Scripta manent - attraverso le archigrafie di Carlo Scarpa

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SCRIPTA MANENT

AT T R A V E R S O L E A R C H I G R A F I E D I C A R LO S C A R PA


Università IUAV di Venezia Facoltà di Architettura Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Anno Accademico 2010/2011

Storia dell’Architettura Contemporanea Prof. Arch. Maria Bonaiti Ass. Arch. Roberta Martinis Ass. Arch. Daniele Pisani

Celeghin Giovanna 269350

SCRIPTA MANENT ATTRAVERSO LE ARCHIGRAFIE DI CARLO SCARPA


CARLO SCARPA PROGETTISTA DI CARATTERI Nell’architettura di Carlo Scarpa il disegno delle lettere segue tutta la sua carriera. Dalla fine degli anni ’20 sono infatti presenti scritte nei suoi progetti. La presenza di scritte si realizza indipendentemente, a prescindere dalla tipologia architettonica: ovviamente i monumenti funebri sono privilegiati, in quanto manufatti fondati intorno ad una scritta, ma abbiamo anche ville, edifici pubblici, attività commerciali. Ciascuna rappresentò per Scarpa l’occasione di progettare epigrafi, targhe, insegne. Dirà Sergio Bettini (L’architettura di Carlo Scarpa, “Zodiac”, 1959): “Scarpa non fa differenza nel suo impegno qualitativo, sia che si tratti di inventare un edificio, o una porta, o una bacheca, o un cucchiaio: poiché sono essi che risolvono tutta la forma hanno tutti lo stesso valore di eventi formali destinati ad abitare uno spazio che non è costruito “anteriormente” ad essi”. Come desunto da Sergio Polano, “la pratica di scritture monumentali, definite “archigrafie”, di cui la storia dell’architettura è costellata, [...] non coincide affatto col repertorio tipografico”. Si possono distinguere due atteggiamenti scrittori distinti: _ da un lato il suo celebre voler “essere dentro la tradizione”, attraverso l’uso di segni riconoscibili che possano di volta in volta offrire conforto a chi legge o conferire autorevolezza alla parole scritte. una scrittura più legata al passato, con diretti riferimenti all’epigrafia antica come il solco a V, un linguaggio mutuato anche dal ventennio fascista, un richiamo a Roma che è pure un “adeguarsi” ad un certo gusto estetico, mai banale; _ dall’altro la consapevolezza di essere nel presente, un presente che vede il passato come un amico ma che autorizza forme di scrittura innovative, spesso Scarpa si rifà ad autori del Novecento, come nei caratteri stencil direttamente ispirati da Le Corbusier, nel qual caso predilige forme aperte e scritte materiche.

In entrambi i casi il disegno di caratteri è sempre originale e sempre limitato a un particolare progetto di esposizione grafica. Scarpa non ha alfabeti dedicati ne a una particolare tipologia architettonica, ne a una determinata categoria di esposizioni grafiche: monumenti funebri, aule di giustizia e sale espositive possono condividere lo stesso tipo di scrittura, e altrettanto possono una targa inaugurale, un’insegna commerciale o un’iscrizione funebre. La sua ricerca non è mai finalizzata alla creazione di un alfabeto universale, quanto alla soluzione, per ogni occasione progettuale, di un problema compositivo specifico e irripetibile. BIDIMENSIONALE E TRIDIMENSIONALE L’elemento che più caratterizza la progettazione archigrafica di Scarpa è la sua costante ricerca di una qualità plastica e materica della parola, che quindi non si esaurisce nella definizione di un segno o di un profilo su di una superficie, ma che al contrario acquista capacità figurativa e valore spaziale nello spessore e nella grana del materiale usato. Gli unici due casi a noi pervenuti di scritte bidimensionali sono l’insegna del padiglione italiano per l’Expo di Montreal del 1967, un progetto ideato e realizzato nel giro di pochissimo tempo, ma per il quale Scarpa riempie un intero quaderno di schizzi, in cui la scritta sembra dipinta sulla parete e predomina il colore; e il pannello per la mostra di libri d’arte allestita nella Galleria del Cavallino nel 1950: il richiamo qui è probabilmente alla bidimensionalità della lettera scritta su carta. Non è un caso se entrambe sono utilizzate per segnalare iniziative temporanee. Prediligerà le superfici incise, scavate, o scolpite in rilievo fino a creare sporgenze straordinarie: nel caso atipico del negozio Olivetti c’è addirittura un’esplosione della terza dimensione per sottolineare il fatto di non essere il diretto progettista dei caratteri.


I MAESTRI Da chi ricevette, Carlo Scarpa, quell’”educazione all’estetica delle lettere” che “è fondamentale per istillare il senso delle proporzioni e dell’ordine visivo”(Zapf, 1986)? Un ruolo decisivo spetta all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, dove egli frequentò dal 1919 al 1922 il corso di Ornato sotto la guida di Augusto Sezanne, e il triennio specialistico di Architettura diretto da Guido Cirilli (1922/25). Per la prima esercitazione, Sezanne gli fece rilevare il monumento funebre di Giacomo Surian a Santo Stefano, che reca incisi due epitaffi; da parte sua, Cirilli, che Scarpa amava ricordare come maestro e “tramite” fra se stesso e l’architetto del monumento a Vittorio Emanuele II a Roma, era solito impegnare gli studenti con progetti commemorativi e monumentali, di cui lui stesso aveva grandissima esperienza. Nel 1934 progetta il monumento al “Piave fiume sacro della Patria” presso la stazione ferroviaria di San Donà costituito solo da una scritta. Fondamentale è stata l’amicizia con l’editore e stampatore Giovanni Mardesteig. Il noto fondatore dell’Officina Bodoni e della tipografia Valdonega, disegnatore di caratteri e raffinato studioso, nel 1959 aveva dato alle stampe un proprio saggio su Leon Battista Alberti e la rinascita del carattere lapidario romano nel Quattrocento, di grande ispirazione per la targa esterna della Fondazione Querini Stampalia a Venezia, di pochi anni successiva. In ogni caso vale l’avvertimento di Manfredo Tafuri “che per un artista come Scarpa, così aperto a tutte le suggestioni dell’arte antica,

moderna e contemporanea, tanto da fare di tale capacità di ascolto un metodo di comportamento, l’isolamento delle singole fonti può essere sviante”. Piuttosto, Scarpa sembra rivolgersi a qualunque luogo e a qualunque tempo in cui “coloro ai quali erano affidate responsabilità collettive avevano un gusto più educato e il senso sia delle proporzioni sia del disegno delle lettere” (Zapf ), dalla Roma imperiale all’Italia umanistica, dall’architettura barocca al Movimento Moderno. In questo vasto orizzonte di riferimenti tuttavia una fonte certa esiste, ed è la raccolta di scritture curata da Hermann Degering del 1929, che scarpa possedeva in edizione francese dal 1934, L’Ecriture en Occident. Su sei delle 240 tavole che compongono il volume sono ben visibili i segni a matita che l’architetto tracciò attorno ad alcuni caratteri che apprezzava particolarmente. L’interesse per le forme della scrittura si riflette anche nella sua grafia manoscritta: dagli anni ’40 si afferma un tipo peculiare di cartiglio con Z caudata e I con circoletto, soluzioni che provengono dai suoi progetti. Ad esempio i cartigli usati nei progetti di Palazzo Abatellis a Palermo rassomigliano all’insegna del salone Flavio; è il progetto che influenza la scrittura e non viceversa, Scarpa tende ad avvicinarsi alle sue scritture architettoniche. Disse nel corso di una prolusione accademica nel 1963: “bisognerebbe abituarsi a comprendere la funzione architettonica nelle linee, nella sostanza dei contrasti, nelle cose che si reggono, per esempio, per una particolare armonia, per rapporti segreti”.


PROGETTI E REALIZZAZIONI

1940/41. Iscrizioni sulla tomba Rizzo, Venezia 1943/44. Iscrizioni sulla tomba Capovilla, Venezia 1945. «Piccola Galleria. Pagine d’arte moderna», n. 1 1949. Corredo grafico alla Mostra di Giovanni Bellini, Palazzo Ducale, Venezia 1950. Insegna del negozio Ongania, Venezia 1950. Insegna del posto telefonico pubblico Telve, Venezia 1950. Insegna del negozio A la piavola de Franza, Venezia 1950. Insegna del Padiglione del Libro, Venezia 1951. Iscrizioni sulla tomba Veritti, Udine (con Angelo Masieri) 1953/56. Insegne del Padiglione del Venezuela, Venezia 1955/56. Iscrizioni sul supporto della scultura Partigiana veneta di Leoncillo, Venezia 1955/56. Targa nella sala del Consiglio della Provincia di Parma 1955/57. Targhe dell’aula Manlio Capitolo, Venezia 1957/60. Insegna del Camping Fusina, Venezia 1958. Manifesto della XXIX Biennale internazionale d’arte, Venezia 1960. Iscrizioni sulla tomba Lazzari, Quero 1960. Iscrizioni sulla tomba Zilio, Udine 1961/63. Insegna e targa commemorativa della Fondazione Querini Stampalia, Venezia 1961/63. Insegna del negozio Gavina, Bologna 1965/69. Iscrizione per il sito monumentale con la scultura Partigiana veneta di Augusto Murer, Venezia 1967. Insegna della Mostra di Arturo Martini, chiesa di Santa Caterina, Treviso 1967. Insegna del padiglione italiano all’Expo 1967, Montreal 1969/78. Iscrizioni tombali nel complesso monumentale Brion, San Vito di Altivole 1970-. Insegna della villa Il Palazzetto, Monselice 1973/78. Logo e insegna della Banca Popolare di Verona, Verona 1974/76. Targhe sulla stele commemorativa per la strage di piazza della Loggia, Brescia 1977. Memoriae Causa


LE SCRITTE

1950 Negozio Ongania Sistemazione e arredamento dal negozio d’antiquariato Ferdinando Ongania Bocca di piazza, Venezia

1950 TelVe Insegna del posto telefonico pubblico Bocca di piazza, Venezia

1955 Monumento alla Partigiana Sistemazione della statua “La partigiana” di L. Leoncilli Giardini di Castello, Venezia


1957 Negozio Olivetti Negozio Olivetti, Procuratie vecchie Piazza San Marco, Venezia

1958 Allestimento per la XXIX Biennale Giardini di Castello, Venezia Scarpa sistema 44 delle 56 sale del padiglione centrale, cercando di eliminare gli spazi labirintici delle passate edizioni. Per questa edizione della Biennale, scarpa cura anche la parte grafica del manifesto.


1961/1963 Querini Stampalia Sistemazione del piano terra e del cortile della Fondazione Querini Stampalia, Venezia


1966 Ingresso IUAV Progetto per l’ingresso dello IUAV, Istituto universitario di architettura, Tolentini, Venezia (ultimato dopo la morte di Scarpa da Sergio Los)

1968 Monumento alla Partigiana Sistemazione del monumento alla Partigiana di A. Murer, Venezia


1969 Tomba Brion Tomba monumentale Brion, San Vito d’Altivole,Treviso


1970 Diploma IUAV capitolato di stampa per i diplomi stampati nella tipografia Valdonega di Verona.

1973 Banca Popolare di Verona Sistemazione della sede centrale e degli annessi della Banca Popolare di Verona, piazza Nogara, Verona (ultimata dopo la morte di Scarpa da Arrigo Rudi)

1974/1976 Stele commemorativa Progetto di monumento alle vittime della strage di piazza della Loggia e stele commemorativa del secondo anniversario, Brescia


1977 Memoriae cause


BIBLIOGRAFIA

_ F. Dal Co – G. Mazzariol, Carlo Scarpa 1906-1978, Milano 1986 _ M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura contemporanea, Electa, Milano 1992 _ O. Lanzarini, Carlo Scarpa. L’architetto e le arti. Gli anni della Biennale di Venezia, 1948-1972, Venezia 2003 _ M. Pierconti, Carlo Scarpa e il Giappone, Milano 2007 _ O. Kazuko, Il libro del tè, (1906) Varese 1994, Sugarco Edizioni _ I. Abbondandolo, Carlo Scarpa e la forma delle parole, Torino 2011, Marsilio _ S. Polano, P. Tassinari, Sussidiario. Grafica e caratteri moderni, Milano 2010, Electa _ S. Polano, P. Vetta, Abecedario. La grafica del Novecento, Milano 2002, Electa _ R. Barthes, Variazioni sulla scrittura seguite da Il piacere del testo, Einaudi, Torino 1971-1973 _ R. Barthes, Elementi di semiologia: linguistica e scienza delle significazioni, Einaudi, Torino 1966 _ F. Semi, A lezione con Carlo Scarpa, Cicero Editore, Venezia 2010 _ a cura di G. Pietropoli, Carlo Scarpa: la Tomba Brion, Altivole 2008 _ G. Mardersteig, Leon Battista Alberti e la rinascita del carattere lapidario romano nel Quattrocento, Verona 1959, Valdonega _ C. Scarpa, Memoriae causa, Verona 1977, Valdonega _ P. Ceccarelli, S. Los, G. Mazzariol, I. Zannier, Verum Ipsum Factum: il progetto di Carlo Scarpa per l’ingresso dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Cluva Editrice, Venezia 1985 _ a cura di S. Berra, Una storia di carattere: dieci anni di Tipoteca Italiana, Grafiche Antiga, Cornuda 2006 _ G. Anceschi, Monogrammi e figure. Teorie e storie della progettazione di artefatti comunicativi, La casa Usher _ W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino 1966, Einaudi


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