2018 - Rigenerare spazi e territori, valorizzare la bellezza per creare nuova occupazione

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RIUSIAMO L’ITALIA E GLI SPAZI Da Paese di persone senza spazi a Paese di spazi senza più persone? Ecco l’Italia. Ma tanto si può fare. Grazie al Riuso. Ci siamo ritrovati “pieni di spazi vuoti”, con un’urbanizzazione che è cresciuta tra il Dopoguerra ed il 2000 del 400%, mentre la popolazione del 27%. E oggi è in decrescita… Cresce l’offerta di spazi, calano i prezzi. La svalutazione dei beni immobiliari ha causato una crisi di “sovra produzione”. Come negli Usa e in Spagna, ha innescato crisi strutturali. Oggi l’Italia si ritrova oltre sei milioni e mezzo di beni inutilizzati o sottoutilizzati (più di due volte la città di Roma vuota), tra abitazioni (5 milioni) e immobili pubblici, parapubblici e privati: ex fabbriche e capannoni industriali dismessi (700.000), ex-scuole, asili, oratori e opere ecclesiastiche, cinema e teatri, monasteri, spazi delle società di Mutuo Soccorso e delle cooperative Case del Popolo, Cantine sociali, negozi e uffici vuoti (500.000) caserme, colonie, spazi comunali, stazioni ferroviarie, case cantoniere, beni confiscati alla mafia, "paesi fantasma". La lista dell'Italia lasciata andare a se stessa è lunghissima... Ma ci sono segnali che invertono la tendenza, innovazioni sociali e culturali capaci di valorizzare questo enorme “capitale”, impegnandosi nella ricerca di idee, passioni, talenti con cui riempire questi spazi vuoti. Sono almeno 5.000 le esperienze di riuso, 100.000 persone coinvolte, 1 miliardo di euro il fatturato annuo. Si tratta di posti di lavoro “creati” dove prima vi era uno spazio vuoto. Non solo: moltiplicano i contributi pubblici e generano inclusione, volontariato, partecipazione e cittadinanza attiva. Una rigenerazione che porta benefici locali, senza la logica delle “grandi opere”. Il riuso temporaneo e/o quello creativo sono generalmente progetti “low budget”, dove prevale la logica del “fare più con meno”, grazie alla capacità di riempire i vuoti di idee, competenze, passioni e talenti. Spesso i giovani coinvolti in queste sfide. La contaminazione tra il lavoro e la bellezza diventa la caratteristica di questi percorsi di una nuova cittadinanza, che ama il suo lavoro. E lo affronta con passione e creatività. Best practic: il Mufant Torino, periferia Barriera Milano: un gruppo di appassionati di fantascienza (con una “community” importante) vorrebbe aprire in città un vero e proprio museo. Trovano un accordo con Il Comune che concede loro una ex scuola vuota e nasce il Mufant (www.mufant.it), museo del fantastico e della fantascienza, unico in Europa, che entra nella “Tessera museo” della città. Il Mufant vince un contributo grazie al bando Culturability (www.culturability.it) e Il piano di sostenibilità economica punta alla diversificazione delle entrate (mix tra biglietti, eventi, shop, formazione), che dipendono sempre meno da enti pubblici, grazie alla raccolta fondi e crowdfunding, alle fondazioni bancarie, alla partecipazione a bandi, alla ricerca e coinvolgimento di nuovi pubblici.

Giovanni Campagnoli



Seimila borghi e due milioni di case vuote sono un patrimonio per offrire esperienze e ospitalità innovative

DA ZONE MARGINALI A RISORSA PER L’ITALIA Le aree interne del Paese possono trasformarsi da zone marginali a risorse per lo sviluppo locale. Costituiscono il 60% del Paese, vi abita 1/4 della popolazione e hanno un forte potenziale di attrazione per le loro ricchezze naturali, paesaggistiche, storiche, artistiche e culturali. Seimila borghi (Comuni, alpeggi, frazioni e piccoli agglomerati) offrono due milioni di case vuote e migliaia di fabbricati rurali abbandonati. Potenziali enormi in territori con un’anima, detentori di un patrimonio inestimabile, dove i borghi storici si possono collegare con cammini, esperienze sportive e turistiche, festival, capaci di accogliere, coinvolgere, emozionare. Alcuni progetti interessanti, itinerari e workshop sono stati presentati e sono partiti in occasione di Arcipelago Italia, nella Biennale di architettura 2018, Venezia (http://www.arcipelagoitalia.it). Bello, buono e ben fatto: le tre B Poi ci sono piccoli centri “polverizzati”, in zone rurali, collinari, montane, con meno di 1.000 abitanti, pochi trasporti e infrastrutture, distanti da grandi urbanizzazioni, spesso inserite in Programmi nazionali di sviluppo (www.agenziacoesione.gov.it). Finora il tasso di crescita del turismo qui è stato basso (il 21% negli ultimi 25 anni), ma con creatività si comincia a investire, puntando su nuove forme di accoglienza, facendone luoghi di “comunità ospitali”. C’è addirittura la “Scuola del ritorno in montagna” (a Paraloup, Cn, www.montagneinrete.it), la “Rete delle case in vendita a un euro” (https://casea1euro.it) e tante buone prassi. Si attivano progetti mirati a pubblici interessati a forme di ospitalità personalizzate, al di fuori dei grandi flussi turistici. I nuovi progetti diventano volano di sviluppo locale, grazie alla creazione di lavoro qualificato. Si valorizza il Bello dell’Italia, il Buono e il Ben fatto (le 3 B dello sviluppo del Paese), investendo sulle narrazioni dei luoghi (storytelling territoriale), comunicazione (piattaforme), networking, formazione. Il caso In Calabria, tra vivere e lavorare sano Borgoslow (www.borgoslow.it) è un albergo diffuso a Fiumefreddo Bruzio (Cs), dove è la “lentezza” è l’asset strategico, intesa come possibilità di aver cura di sé e della propria salute attraverso l’alimentazione sana e la fruibilità della bellezza del paesaggio. I “cittadini temporanei” hanno un rapporto diretto con i produttori, si riporta il cibo agricolo al centro di uno stile di vita, dando vita a una nuova economia solidale e partecipativa. È tutto esaurito per il 2018, con 10 nuovi posti di lavoro creati. Home for creativity (www.homeforcreativity.com) è una rete di “coliving” che parte da Montalto Uffugo (Cs), rivolto a remote worker di tutto il mondo. Lavoratori digitali che non necessitano di ufficio, in cerca d’ispirazione, lentezza, rapporti umani e connessioni professionali.



PUNTA SULLA CULTURA NELLE CITTA’ D’ARTE Il “Paese delle bellezza diffusa” dà spazio alle imprese culturali. Nelle città d’arte ma anche nei piccoli centri e nelle aree interne L’Italia ha è il paese che detiene il record del maggior numero di patrimoni dell’umanità dell’UNESCO (54) ed i beni di interesse storico artistico (palazzi, dimore, fari, fortificazioni, scuole militari) sono 40.000. I musei sono 4.588 (Istat), i Festival 1.200 (Censis), gli eventi e le sagre 17.600 ogni anno… Questo è il “Paese dalla bellezza diffusa” in quanto la bellezza non è presente solo nelle città, ma anche nei piccoli centri e nelle aree interne. Quasi una “crisi di offerta”, pur di fronte ad una forte domanda di un pubblico nazionale e globale. Allora recuperare e valorizzare il patrimonio culturale (del valore di 330 miliardi di euro) sarà la sfida dei prossimi anni, sbloccando questo “capitale inagito” che per il 60% è in stato di abbandono o di grave sottoutilizzo e solo il 2,5% ha una appetibilità di mercato.. La valorizzazione del patrimonio avviene con uno sviluppo corretto del rapporto Pubblico / Privato, le cui partnership attivate negli ultimi 10 anni però sono state solo 22, contro ad esempio le 357 in U.K. e 151 in Francia. E’ quindi necessario un approccio diverso, orientato alla valorizzazione del patrimonio con obiettivi e finalità di innovazione culturale e sociale, fondato su normative e finanza più attuali e con l’ingresso di imprese culturali. Il mix del successo di queste “start up” culturali è dato da: 1) centralità dei beni in rapporto al territorio (condizioni storiche, urbanistiche, strutturali…); 2) sostenibilità culturale / locale, sociale / identitaria ed economica (sviluppo locale); 3) capacità di generare impatti efficaci e positivi; 4) capacità di generare e consolidare nuove reti di relazioni nel contesto locale e verso l’esterno, cioè forme inedite di collaborazione, attenzione e cura del bene, crescita dell’esperienza della Comunità, opportunità di attrazione e produzione di fenomeni culturali, sociali ed economici positivi. C’è necessità quindi di un capovolgimento di senso, dove il valore di un bene pubblico non è il suo valore economico o la sua conoscibilità, ma la restituzione di un valore d'uso contemporaneo alla comunità del contesto a cui appartiene. Napoli, da catacombe abbandonate a nuovi impatti sociali e culturali Dieci anni fa, la straordinaria apertura al pubblico delle catacombe di San Gennaro – grazie alla cooperativa La Paranza - ha visto il matrimonio tra la bellezza del patrimonio artistico e quello sociale al Rione Sanità. Tutto ciò ha innescato una “rivoluzione umana” che i numeri raccontano: 100mila visitatori nel 2017 (dai 5.000 del primo anno); 32 operatori culturali (dai 5), 600.000 euro di fatturato ed un “contagio” ad altre strutture sottoutilizzate (ex Canonica Sanità, oggi b&b con tre addetti) e San Nicola da Tolentino. Inoltre sono nate le cooperative “Officina dei talenti” per la manutenzione degli spazi (che occupa 10 ragazzi) e gli “Iron Angels” (lavorazione di materiali poveri e artigianato). Un successo sociale, culturale ed economico, raccontato qui dai fondatori: www.catacombedinapoli.it


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