Cosa funziona e cosa no, cosa fare in più e meglio di Giovanni Campagnoli1 Cosa non funziona: 1) in generale il contesto segnala una sfiducia sempre più ampia nel rapporto giovani / istituzioni ed un calo di risorse e di interesse fortissimo nei confronti delle politiche giovanili. Se il Fondo nazionale ha avuto un calo di risorse (da 130 a 5 milioni2), anche l’interesse – misurato on line3 – è sceso da 100 (del 2007) a 6 di oggi.... Fa eccezione sul web – in materia di ricerche e politiche per le nuove generazioni – il “RAPPORTO GIOVANI”: la presenza on line (ed anche sui social) è molto forte e riesce a porre alcune tematiche al centro del dibattito, a partire da quella dei NEET, suscitando molto interesse ed attenzione. 2) purtroppo sembra esserci una distanza della politica dai temi che i giovani sentono di più4, che invece interessano i giovani, soprattutto quando sono posti in termini di aspettative e progetto di vita (v. ancora “Rapporto Giovani”). 3) molte azioni adottano un approccio indifferenziato al tema dei NEET: sono invece molte le categorie di giovani racchiuse in questa etichetta… Nominare i giovani poi con una doppia negazione “quelli che non studiano e non lavorano”, non è una modalità particolarmente motivante. Sempre più si scopre che in questa categoria ci sono tante persone che fanno cose che non rientrano nelle 1
Giovanni Campagnoli, docente di economia, direttore della Rete Informativa Politichegiovanili.it, si occupa di ricerca, formazione ed informazione su queste tematiche per conto di organizzazioni pubbliche e del Terzo Settore. Con Agenzia Nazionale Gioventù è content provider sul tema dello youth work e della innovazione sociale. Per Hangar Piemonte segue l’avvio di nuova imprenditorialità giovanile a vocazione artistico culturale. Ha pubblicato - per Ilsole24ore - il testo "Riusiamo l'Italia. Da spazi vuoti a start up culturali e sociali".Ha seguito (e/o segue) direttamente i progetti citati nei vari punti citati nel presente documento. 2 Garanzia Giovani è invece un Programma particolarmente ricco (altri 2 miliardi stanziati dalla UE per il triennio fino al 2020). 3 Fonte Google Trends 4 la ricerca sul nuovo lavoro di Domenico De masi, ha invece interessato i giovani.
classificazioni tradizionali, ma sono comunque interessanti (volontariato, economie informali, associazionismo, progettazioni, attività artistiche / culturali, periodi all’estero, innovazione…). Tutte attività non classificabili proprio perché nuove, non facilmente racchiudibili in una categoria 4) il fatto che i servizi di Garanzia Giovani non sono vicini ai giovani e/o al Comune (che rimane ancora il “pezzo di Stato” più vicino ai cittadini) e/o alla Scuola (il presidio pubblico più diffuso sul territorio nazionale). 5) c’è poca informazione sul lavoro, in particolare pochi dati e sconnessi dai programmi di orientamento, sempre più lasciato al marketing… L’Italia è natura e cultura, arte e paesaggio, storia e bellezza, sia nelle città che nelle aree interne… eppure c’è ancora poca attenzione a ricercare quei “giacimenti occupazioni sui territori” che possono trasformare la vita delle persone in un lavoro motivante, a chilometro zero… Cosa funziona: 1) L’approccio di ascolto e di accompagnamento: nei progetti attivati a livello locale, promuovere opportunità e percorsi – partendo dall’ascolto – riesce a sviluppare un approccio di coinvolgimento dei giovani. A Piacenza il progetto NO Neet ha attivato giovani che non hanno fatto richieste all’Assessorato, ma espresso cosa avrebbero potuto fare (già oggi) per il loro Comune… 2) partire dai desideri e non dai bisogni, partire non “dal basso”, ma “dal di dentro” (= dalle motivazioni). In Piemonte, Hangar – programma di sostegno all’innovazione culturale dei giovani – scopre mondi “off”, ricchi di talenti ed opportunità che diventano nuovi lavori e professioni. Si riempiono spazi vuoti, nicchie e contesti all’apparenza poco interessanti, che – grazie ad un approccio innovativo / “creativo” - diventano occasioni di lavori appassionanti per i giovani. Esempi: il Mufant, museo della Fantascienza, in periferia a Torino, ad Asti ex palestra ed ex chiesa oggi Fuoriluogo e Spazio Kor. Sempre più in questi luoghi, si sviluppano un rapporto affettivo con il lavoro – nelle città, montagna, aree interne e periferie – che trattiene i giovani nel “locale”, riducendo il rischio della fuga degli “smart workers” (lavoratori della conoscenza, professioni creative) dal nostro Paese. 3) funziona portare i servizi e le opportunità, là dove i giovani ci sono, piuttosto che attendere i giovani là dove ci sono i servizi… Smart Lab (a Rovereto) è uno spazio giovani di nuova generazione, gestito da una cooperativa di giovani, dove i ragazzi e le ragazze vanno per fare qualcosa (suonare, lavorare, apprendere, formazione, ecc.): qui ha funzionato aprire sportelli del servizio civile, del co-housing, di orientamento. Se no, manca sempre l’ultimo miglio per raggiungere i giovani… Inoltre qui si è sviluppato un approccio dove Smart Lab fungesse da riferimento per le giovani generazioni (in un contesto dove i riferimenti per i giovani non sono molti…) e quindi non prevalessero solo logiche di orientamento (ti dico dove andare…), quanto quello di accompagnamento (andiamo insieme…).
4) Virtuale e reale: i giovani usano il web e gli smart phone, non hanno una doppia identità (come era inizialmente con “Second life”): bisogna abitare questi spazi per portare ai giovani le informazioni rilevanti, attraverso fonti autorevoli ed affidabili, in un momento di “overload” informativo che genera spesso confusione. L’agenzia Nazionale Gioventù, per promuovere le opportunità di Erasmus, ha una presenza multicanale sui social, con una pagina face book seguita da 24.000 persone. 5) Il Servizio Civile: CESVOV Varese ed il progetto Welfare innovativo a Tradate (Va) attestano che in questi progetti si acquisiscono competenze trasversali richieste dagli ambienti di lavoro attuali e cioè le competenze relazionali / orizzontali, capacità di risolvere problemi, gestire complessità, lavorare in team e creare alleanze su ecosistemi di innovazione locale. Cosa si può fare di più e meglio 1. azioni e percorsi formativi basati su competenze che siano realmente spendibili sul mercato del lavoro: non più politiche giovanili dove si impara solo a “suonare il bongo” o a fare i graffiti, ma dove è possibile arrivare ad esempio a preparare gli esami di certificazione AdWords di Google, per acquisire conoscenza della pubblicità online (e trovare un lavoro in otto ore…). 2. promuovere politiche che puntino su talento e merito e non solo su problemi sociali. Se infatti si creano le condizioni per valorizzare il talento delle persone, l’inclusione sociale sarà conseguenza di ciò, così come l’aumento dell’occupazione. A Formigine il Comune ha attivato un hub per giovani che sviluppano lì idee e progetti ed ha allo studio un acceleratore connesso con il mondo imprenditoriale del distretto locale (e sostenuto dalle imprese), per attirare giovani qualificati da tutto il mondo, per sviluppare innovazione industriale… A Novara, un in un quartiere a forte densità di immigrati, è in corso una aggregazione di centri di ricerca ed imprese sulla chimica sostenibile, che sviluppano nuovi modelli di abitare e di domanda di nuovi servizi. 3) L’innovazione – anche quella sociale e culturale – è diffusa in tutto il Paese (non c’è un “divide” come nel digitale). Vanno sviluppati interventi anche con logiche di economia circolare (ad esempio sul riuso delle cose e degli spazi), dove si può fare molto con poco, settori labour intensive (grazie anche ad imprese ibride profit / no profit), con interventi di “agopuntura sociale” (meno mattoni, più neuroni…). I vari percorsi di accompagnamento all’imprenditorialità (ad es. in val Sabbia, piuttosto che a Vergiate/Malpensa) dimostrano che vi è una capacità dei giovani di rileggere il contesto locale in ottica contemporanea e proporre innovazione d’impresa connessa al territorio (es. i Tree hotel sul Garda ed i servizi in aeroporto di zzzleepandgo) 4) abbinare eventuali politiche basate sul reddito di cittadinanza a quelle del reddito di progetto, centrare su un lavoro, da fare e verificato. La Prov. di Novara (assessorato alle politiche giovanili), ben prima di Garanzia Giovani aveva attivato, azioni che connettevano giovani disoccupati ad imprese che
cercavano giovani di valore. 5) Ridurre i tempi di risposta della politica e/o dei servizi: molti giovani raccontano di essere andati all’estero perché qui i tempi per fare le cose non sono determinabili, oltre che lunghi… 6) dove è possibile, lavorare per “anticipare il futuro” ai giovani: ad esempio anticipare a 13/14anni gli scambi in Europa, l’alternanza scuola lavoro; 7) creare alleanze tra scuola ed extrascuola (territorio): la legge sulla Buona Scuola ha stanziato risorse per nuovi progetti, ponendo le condizioni per le quali le Scuole possano estendere la loro offerta formativa (in orario e tempi) e diventare luoghi di apprendimento a tempo pieno, con programmi di scuola aperta, laboratori territoriali per l’occupabilità (58 ml di euro nel 2017), animatori digitali e tutor (previsti rispettivamente nel numero di 8.300 e di 5.000), Atelier creativi (in 1.800 scuole, grazie a 68 milioni di euro), nuovi ambienti digitali per la didattica (in 5.500 scuole, 140 milioni di euro), biblioteche digitali (7,5 milioni di euro), cablaggio di 5.500 scuole (140 milioni di euro sempre nel 2017). 8. Misurare sempre l’impatto delle politiche e dei programmi attivati: un esempio storico, è stato in Francia il Programma Civis. Era un intervento (dal 2005 al 2009) per l’inclusione – attraverso il lavoro – di 733.260 giovani disoccupati con un investimento di 351 milioni di euro! Ciò coinvolgendo le 6.000 “strutture di missioni locali e servizi di orientamento” presenti in tutta la Francia, in grado di orientare i ragazzi e di seguirli per i primi sei mesi di lavoro, concedendo loro anche indennità fino a 300 euro al mese (per un massimo di 900 euro/anno). Il risultato atteso era l’impiego del 25% dei destinatari. Se lo stipendio medio fosse stato anche solo di 500 euro/mese, per ogni neo assunto si sarebbero versati circa 4.000 euro/anno di contributi. I partecipanti sono stati 465.456, il 38% dei quali ha trovato una occupazione di lunga durata (176.408). Così, in totale, nel Bilancio dello Stato sono entrati circa 700 milioni, a fronte di un’uscita di 350 milioni. [Fonte: A. Surian, T. Toffanin, Rassegna di letteratura internazionale sul reddito di cittadinanza, 2009].