I centri giovanili trentini a dieci anni dall’avvio Di Giovanni Campagnoli1
1. L’inizio… La Provincia, Autonoma di Trento, di concerto con gli enti locali, programma e finanzia fino al 90 per cento della spesa riconosciuta ammissibile la realizzazione di strutture pubbliche da destinare a centri giovanili, la cui gestione è affidata agli enti locali stessi o, tramite convenzioni, ai soggetti esterni [art. 8, Legge Provinciale 14 febbraio 2007, n. 5]. Con questo articolo 8 sono nati, dieci anni fa, i Centri giovani trentini, finanziati poi2 nei Comuni di Arco, Andalo, Pergine, Pieve di Bono, Rovereto e Vigolo Vattaro. Una storia che non si è mai fermata e che si ritrova nelle “Linee guida” del 2013 e del 20153. Proprio in quest’ultimo documento (par. 1.5.8 Linee guida per la gestione dei Centri giovani) si legge che i Centri giovani4 (definiti qui centri socio-culturali) sono rivolti ad adolescenti, giovani, giovani adulti (16 e 35 anni), e sono luoghi in cui l’autodeterminazione dei giovani (e non la mera fruizione) e delle associazioni giovanili ha un ruolo e una valenza fondante. Essi devono essere luoghi dello “stare” insieme, del fare comune, “dell’esprimere”, dello sperimentare la condivisione delle esperienze e lo sviluppo delle potenzialità̀ dei giovani, partendo dalla voglia di protagonismo, assumendo una prospettiva interculturale e intergenerazionale. 1
Giovanni Campagnoli, docente di economia, direttore della Rete Informativa Politichegiovanili.it, si occupa di ricerca, formazione ed informazione su queste tematiche per conto di organizzazioni pubbliche e del Terzo Settore. Con Agenzia Nazionale Gioventù è content provider sul tema dello youth work e della innovazione sociale. Per Hangar Piemonte segue l’avvio di start up giovanili innovative, a vocazione sociale, culturale. Ha pubblicato - per Ilsole24ore - il testo "Riusiamo l'Italia. Da spazi vuoti a start up culturali e sociali". In questi anni, per la PAT ha curato l’avvio del network degli spazi trentini e la formazione. 2 V. Delibera PAT n° 3.044 del 28 dicembre 2007. 3 Atto di indirizzo e coordinamento delle politiche giovanili, ai sensi del- l’art. 3 della legge provinciale del 14 febbraio 2007, n°5. 4 Questi edifici, per volere della PAT, sono gravati del vincolo di destinazione d’uso a favore della popolazione giovanile.
In questi Centri si fa cultura, si fa promozione dei valori fondanti la cittadinanza, si contribuisce alla costruzione della realtà sociale e comunitaria, è facilitata l’aggregazione e la socializzazione, l’assunzione di responsabilità, l’acquisizione di competenze, la creatività, la prevenzione, l’avvicinamento al lavoro ed alla imprenditività. I Centri hanno come riferimento l’ambito territoriale della Comunità e la loro azione deve essere strettamente correlata con quella dei Piani giovani (e dei Piani d’ambito, per quanto possibile). Un soggetto gestore (individuato dall’amministrazione comunale proprietaria) ha la responsabilità del funzionamento del centro, dei costi di gestione, della promozione di attività formative e culturali (alcune anche a pagamento, prevedendo sia operatori retribuiti sia volontari) e deve garantire la sostenibilità economica insieme ad attività di buona qualità. Il Centro vede i giovani come soggetti attivi nel contesto locale, con un ruolo sociale nell’ambito della propria comunità, capaci di arricchirlo sotto il profilo culturale ed eventualmente economico, grazie alla propria creatività e capacità di sperimentazione. 2. Una fotografia aggiornata La Figura 1 qui sotto descrive come si è sviluppato questo percorso sui territori.
Spazi
Mq
Andalo Altropiano
1.400, due piani (+ seminterrato in costruzione da 700 mq)
Arco Cantiere 26
920, + esterno e sala prove
Utenti/ Servizi S.A.E. gg
20
30-40
Spazio minori e CAG
CAG
Formula
Gestore e N° operatori
Coop. soc. Spazio L’ancora giochi, lab, 1 FT e 3 cowo, centro PT + 6 giovani, RTO temporanei estivi Palco, bar, Lab, RTO,
PSP Casa Mia 3 (da 10 a 25 ore / sett)
Pergine Kairos
1.400 mq, due piani
Smart Lab
1.400 mq
Vigolana Rombo
Pieve di Bono
1.000 mq, 4 piani
Centro ApertoCAG
palco, lab, bar, Foresteria, sala prove, RTO
Asap Chimelli 5 pt (da 18 a 24 ore/sett.)
Da 100 Spazio giovani a 150
Bar, Co-wo, Lab, palco
Copp. Soc. Smart 7 (3 pt)
CAG Spazio Giovani
Foresteria, lab, palco, bar, sala prove, biblioteca
APS Orizzonti Comuni 8 PT (da 12 a 33 ore/sett)
da definire
Palco, bar, sala prove
zero
da 30 a 150
40/50
In 1.200 mq, tre costruz piani ione
Altri dati importanti sono le aperture: infatti questi spazi sono aperti 6 giorni su 7, con orari da 6 a 14 ore al giorno, per accogliere una media quotidiana di 315 giovani. Questi luoghi sono spazi molto grandi (da 920 a 1.400 mq), con budget importanti (da 150.000 fino a 267.000 euro/anno) che dipende dall’ente pubblico per una percentuale che varia dal 90 al 24%. C’è quindi anche una capacità di generare risorse (in 4 dei 5 Centri attivi ad esempio vi è un bar), fare promozione, occuparsi di progettazione, garantire occupazione (complessivamente 33 operatori e circa altri 50 volontari). 3. Verso una rete di spazi culturali/giovanili A partire dalla descrizione del Par. precedente, il 2017 vede attuarsi – dopo il percorso formativo dello scorso anno – alcune linee guida strategiche rispetto alla mission di questi spazi. Infatti il lavoro comune di formazione dei cinque centri ha permesso di individuare alcuni punti chiave necessari allo sviluppo futuro del senso e delle attività dei centri. Innanzi tutto una riflessione è stata svolta rispetto all’identità con cui si percepiscono: benché finanziati dagli Enti locali, questi spazi si sentono sempre meno “servizi
pubblici”. In questi luoghi si registra un passaggio da “servizi per i giovani” a “giovani al servizio della comunità”: cominciano a formarsi quindi – nelle comunità locali – dei luoghi che sanno definirsi sempre più “imprese/organizzazioni di animazione culturale e sociale” attente anche alla sostenibilità economica. Di conseguenza, il “prodotto” sociale e culturale offerto assume caratteristiche interessanti per i giovani (o meglio per i vari target di giovani, in quanto non può essere indifferenziato), a partire dal fatto che è co-creato e co-realizzato dai giovani stessi. Si parla di protagonismo giovanile o di consum-attore, di livelli diversi di partecipazione o di portatori di esigenze, esperienze, emozioni5… Non solo: i numeri riportati in precedenza danno conto che questi luoghi cominciano a produrre anche un impatto importante sui territori e dovrebbe incominciare ad attribuire valore a questi processi collettivi, generativi, creativi, che aprono alla definizione di “beni comuni”. Una prima buona prassi è quella del Comune di Rovereto che richiede annualmente una relazione sull’attività svolta in cui risultino anche i “risultati sociali” di quanto prodotto6. Ciò secondo quanto riportato nella Fig. 2.
5
Si tratta dei“target group” definiti come le “tre e” che sono: - i portatori di esigenze: questi sono i “drivers” quelle che più di altri si spingono ad indicare e guidare le nuove ipotesi di servizi/strutture, cocostruendolo e co-progettandole nel percorso e partecipando attivamente; - gli interessati alle esperienze: questi sono i “players”, la categoria di persone che “gioca la partita” per primi, una volta che il centro è pronto, intuendo e riconoscendone il valore prima di altri; - i ricercatori di emozioni: sono gli “unplaggers”, quelli che “arrivano dopo”, per gustarsi le emozioni, l’ambiente, l’atmosfera che è stata creata e collaudata da altri. Chiaramente questa è la categoria più numerosa. 6 Ciò secondo quanto stabilità dal “Piano di sviluppo del capitale e della coesione sociale”, approvato dal Consiglio Comunale di Rovereto con deliberazione n° 28 del 24.09.2013.
In questo caso, i tre termini (o tre “erre”) indicano: - rigenerazione: mettere a disposizione della comunità le competenze acquisite nei progetti; - rendimento: il valore economico di quanto viene messo a disposizione / “prodotto”; - responsabilizzazione: i cittadini concorrono a realizzare attività a servizio della comunità locale. Questi spazi – insieme, nel percorso formativo del 2016 – hanno formulato una nuova vision, che parte dall’assunto secondo cui potranno contare sempre meno su risorse derivanti unicamente dal Pubblico, ma si dovrà generarne di nuove, per essere sostenibili. Il passaggio di logiche da servizi per i giovani, a giovani al servizio della comunità, implica capacità di valorizzazione dei talenti, competenze e culture giovanili, a partire dalla “domanda” (cioè dai desideri, aspettative, sogni dei giovani). Queste sfide necessitano di professionalità nuove, che siano legate a imprenditorialità ed innovazione, riuscendo a co-creare un “ecosistema locale” di alleanze e sostegno a questi luoghi, che rappresentano un ponte tra presente e futuro delle comunità locali. La nuova richiesta da parte dei gestore degli spazi è di accelerare i processi per questo tipo di sviluppo e di potenziamento delle loro attività, attraverso formazione e consulenza personalizzata su nuovi contenuti (v. Fig. 3), l’avvio di circuiti artistici culturali, la disponibilità di un brand comune e di strumenti di comunicazione di rete (a partire dl sito), uno sportello per l’accompagnamento alla
progettazione. Fig. 3: Le nuove richieste di accompagnamento dei Centri
Questo percorso di “formazione e ricerca” dei nuovi spazi trentini, ha già permesso la realizzazione di un servizio “formativo” innovativo a supporto della realizzazione della policy sui centri giovanili. Infatti è stato un progetto di sviluppo delle competenze di vari attori del network che ha incrementato un know how specifico con il contributo e la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti. Gli operatori coinvolti si sono trasformati da “consumatori” di formazione a “produttori” di know how, con un ruolo molto attivo che ha permesso di generare un know-how specifico, disseminato attraverso il proprio lavoro a tutti gli altri attori locali. Durante il percorso, la condivisione di un sapere teorico-pratico, generato “localmente”, ha trasformato il network in un sistema “esperto”, in grado di evolvere auto-producendo il sapere necessario per affrontare le nuove sfide politico-sociali. Ed ha coinvolto altri attori senza moltiplicare i percorsi formativi, individuando dei “processichiave”. Il processo formativo è stato portato più vicino ai contesti reali, in modo da rafforzare l’apprendimento organizzativo ossia collocare il più possibile la competenza “dentro” un contesto lavorativo concreto7.
7
Theofanis Vervelacis, www.onfinionline.it .
4. La formula ed il “prodotto sociale e culturale” degli spazi giovanili trentini La caratteristica comune degli spazi di questo network è di essere “polifunzionali” (o anche “multi-tasking”), in quando devono assolvere molte e diverse funzioni, nello stesso contesto locale ed all’interno dello stesso contenitore. In questi luoghi sono infatti presenti più attrezzature/servizi/attività/spazi, quali “strumenti” per rispondere alle esigenze, necessità, bisogni, desideri, domande (anche formative) dei diversi target del mondo giovanile. Sono luoghi destinati a più gruppi di giovani, con forte capacità attrattiva, riconoscibili dai ragazzi (anche per il fatto di essere “brandizzati”), a loro rivolti, facilmente fruibili, stimolanti anche emotivamente, “caldi”, evocativi e con la disponibilità di attrezzature per permettere loro di produrre cultura, di esprimersi attraverso i loro modi e linguaggi, arredati anche con oggetti dal valore funzionale ed anche “simbolico”. Abitati da giovani-adulti (con ruoli di educatore, animatore, piuttosto che barista, organizzatore di eventi, social media manager o pr, ecc.) che comunque hanno responsabilità (anche educative) verso lo spazio ed i giovani. In questi luoghi, strutture e spazi sono adeguati per offrire spazi di socializzazione ed accesso a strumenti per la produzione culturale ed alla partecipazione attiva. Oggi questi centri sono polo di aggregazione e volano tra quei giovani che hanno passioni artistiche culturali, propensione al volontariato ed all’impegno civile, o che hanno già intrapreso percorsi formativi legati alle dimensioni artistico/espressive/comunicative, piuttosto che interessati ad entrare nel mondo del lavoro, anche come giovani start uppers già pronti a svolgere attività di co-working negli spazi. Questi luoghi sono interessanti e capaci di coinvolgere altre realtà associative presenti sul territorio che si occupano di questi stessi temi, così come giovani singoli. Infatti il valore del “peer to peer”, unito a quello dell’esempio, sono modalità efficaci nel favorire l’attivazione e l’impegno dei giovani. Questi spazi si connotano quindi come centri di “produzione culturale/creativa giovanile”, dove musica, incontri, mostre, cinema, lavoro, orientamento, apprendimento, eventi ecc., sono le dimensioni centrali. Infatti i centri guardano ai giovani come soggetti attivi della produzione culturale locale (co-creatori), proponendosi sempre di coniugare le politiche culturali per i giovani con quelle per il lavoro e dell’imprenditoria, declinandole a livello locale, in maniera tale da divenire anche fattore di sviluppo
locale e garantire più opportunità alla partecipazione attiva, anche alla vita dello spazio stesso e del contesto localè. La dimensione aggregativa di questi spazi è funzionale a quanto prima citato, ma è anche specifica per una fascia adolescenziale (13/18 anni), dove il “ritrovarsi quotidiano” e lo stare insieme sono le dimensioni importanti, che avvengono comunque attraverso un “fare comune” più a bassa soglia (es. bmx, skate, corsi espressivi/corporei, sala prove, tecnologia, ecc.). Per questa fascia d’età è dunque importante sia “fare che stare” in questi spazi, nei modi e nei tempi desiderati, in un equilibrio continuo tra “ozio e negozio”. Sono entrambe dimensioni da cui possono nascere proposte accattivanti di impegno, partecipazione e cittadinanza attiva a livello locale. Per tutto ciò, è evidente che questi nuovi spazi hanno localmente un ruolo sociale chiaro e mantengono forte un legame con il territorio, scongiurando il rischio di essere delle “cattedrali nel deserto”. Infatti il Centro non è una “riserva indiana per gruppi di giovani”, ma è sia un crocevia di gruppi8 che luogo in continuo “scambio” con il territorio, inteso come “fornitore” di spunti ed energie e come orizzonte verso il quale sono rivolte le intuizioni elaborate all'interno del Centro9. Tutto ciò non avviene per caso: infatti nelle attività del Centro il territorio viene sempre tenuto in considerazione e non è inteso come dimensione solo comunale, ma almeno come ambito sovracomunale legato ad una Comunità di Valle. Localmente la valorizzazione delle esperienze presenti sul territorio avviene secondo una “logica di filiera10” che prevede di integrare le forze, per produrre azioni su obiettivi condivisi: lo 8
luogo in cui gruppi diversi per età, cultura, interessi possono incontrarsi, scambiarsi, generare qualcosa di nuovo. Per questo viene privilegiata la fruizione collettiva, del piccolo e del grande gruppo. Inoltre tutti i gruppi, nella loro eterogeneità, si percepiscono parte di una comunità unica e sfaccettata e non di tanti mondi isolati l'uno dall'altro. 9 Il Centro permette di fare esperienze che generano apprendimenti che sono individuali e personali, idee e competenze da portare altrove, quindi utili per arricchire il territorio. 10 intesa come l’organizzazione funzionale di una rete di attori, le cui attività sono previste in un processo (orizzontale e/o circolare) 9inalizzato all’ottenimento del risultato. Si riprende l’organizzazione territoriale dei distretti industriali, applicandoli all'impresa sociale e culturale: non una rete dove ci sono tanti soggetti che “fanno cose”, si conoscono, svolgono al massimo qualche azione in comune, si suddividono le risorse. Nella 9iliera le azioni sono già previste su una progettazione articolata in un percorso che prevede che i vari soggetti svolgano delle fasi specializzate di un processo sociale e culturale “produttivo”, condividendone senso e obiettivi.
sviluppo della creatività, della socialità, dell'imprenditività, ecc.... Inoltre, questi luoghi, creano anche un ponte fra le generazioni, mettendo a disposizione competenze (opportunamente individuate e raccolte in banche dati) e reti di relazione per l’avvio di prime sperimentazioni produttive, sia per il territorio, che per altri giovani. Questi spazi sempre più sono “mostra” con i lavori dei giovani stessi, permettendo così un costante confronto con il “mercato” per questi “prodotti”11. Infine – in alcuni casi – sono “centri di competenze”, in quanto nodi di una rete di cooperazione con centri formativi per i giovani già presenti sul territorio. In conclusione, la formula caratteristica di questi luoghi, tiene in considerazione una “doppia polarità” (v. Tab. 4), cioè l’essere sia un centro di produzione culturale/creativo giovanile, che uno spazio con proposte, tempi, proposte, attenzioni e modalità ad hoc per il target più adolescenziale (e pre). Questa connotazione genera delle sperimentazioni più vantaggiose, economiche e a più alta efficacia per i Comuni. Tab. 4: La doppia polarità: il lavoro con adolescenti e giovani Target d’età Adolescenti: 15-22 Giovani: 30
Caratteristiche Interessati a “stare al Centro” e ad alcune proposte 23- Interessi precisi da sviluppare, appassionati, “diversamente competenti”
Lavoro animativo Partecipazione e cittadinanza attiva, percorsi su competenze e orientamento Attività e servizi specifici (es. co-working, start up, cohousing)
Le attività che qui si co-progettano sono concerti, spettacoli teatrali, incontri e seminari, gite/viaggi guidati, scambi all’estero e/o in Italia, laboratori artistico-creativi, espressivo corporei, perfotming arts, postazioni per la navigazione, laboratori di web radio, fotografia, video, cooperazione internazionale, software libero, web design, autocostruzone, spazio famiglie/infanzia (baby parking), incontri a tema, calcetti, ping pong, giochi di società, street calcio e street basket, arrampicata sportiva, skate park, parkour, danza, hip hop, break dance, balli, proiezioni cinema e video, musica, teatro, internet point, wi-fi, bar e piccola cucina, campi di calcio a 5, pallavolo, basket, sala dj, sala prove, studio di registrazione, palco 11
Nei centri prende vita – in particolari occasioni - il “mercato” delle produzioni artistico-culturali, nella forma degli shop o dei corner con i prodotti della creatività, piuttosto che in quelle di mercato giovanile (dai libri di testo usati, a quelle dei fumetti) e/o di “indie market (mercato delle produzioni indipendenti).
e spazio teatri/concerti anche al chiuso, bar (o equo bar o local bar o bio bar o a chilometro zero), feste e cene, banchetti (anche per compleanni, battesimi e varie ricorrenze), spazio concerti e dj set, sala lettura, aule formazione (affittabili su richiesta), spazi di coworking, digital lab, fab lab (es. con stampa 3D, laser cut, fotoincisori, ecc.), ospitalità (es. piccola foresteria/ostello), dolce far niente, colloquio con animatori, formazione, consulenti, esperti, sportello orientamento, ... In ogni caso, la progettazione di tutto ciò (orari di apertura compresi) è avvenuta (e tuttora avviene) sperimentando e procedendo per fasi. Come visto, rispetto all’apertura, questi spazi sono tendenzialmente “always open” o quasi (6 giorni su 7, con orari da 6 a 14 ore al giorno)... Infatti spesso si segue - anche in diverse modalità (e magari anche parziali12) - un orario molto esteso, generalmente superiore alle 45/50 ore settimanali (in alcuni centri 80...). La definizione dell’orario tiene sempre conto del vincolo di sostenibilità13 e si basa su nuove domande dei giovani. In questi spazi infatti il “pubblico di passaggio” è generalmente contenuto14, mentre è ampio quello dei frequentatori della “community” legata allo spazi. Questi spazi svolgono anche la funzione di promotori di talento e creatività giovanile15. A prescindere dal fatto che le esperienze si connotino per una 12
es. solo la sala prove. L’esperienza di questi primi anni di gestione dei cinque centri indica che, di per sé̀, un estensione dell’orario di apertura non comporta un proporzionale incremento dei ricavi. Viceversa, progettare un evento o un’attività di qualità, che incontra l’interesse dei giovani, oltre che andare nella direzione di produrre maggior utilità sociale, permette di incrementare i ricavi. 14 Questi centri spesso non sono localizzati lungo arterie stradali interessanti rispetto ad una rendita da posizione. 15 Sono due dimensioni importantissime, su cui il nostro Paese, in generale, fatica ed arranca. Secondo le classifiche internazionali elaborate dal professor Richard Florida (che considera la doppia equazione per cui a molta creatività corrispondono società dinamiche ed elevato tasso di competitività, v. "L'ascesa della nuova classe creativa"), per l’Italia deriva un quadro chiaro e sconsolante: la concentrazione di professioni e mestieri ad alto indice creativo coinvolge solo il 14% della popolazione (media mondiale 30%, Italia 34esima su 39 nazioni censite) e la loro qualità prospettica non lascia prevedere nulla di bello poiché inserita in un quadro di basso dinamismo e di lentissima evoluzione. La tesi sostenuta da Florida è infatti che i presupposti del successo economico di un'area risiedono nella contemporanea presenza di alcuni fattori sintetizzati nella formula delle 3 T e cioè̀: Talento, Tolleranza, Tecnologia. Florida ha provato a valutare questi fattori ottenendo una serie di classifiche di creatività e quindi, a parer suo, di competitività a lungo termine. 13
dimensione lavorativa o di volontariato, le attività che quì vengono promosse risultano essere comunque esperienze orientative e formative sia rispetto a valori, che a competenze ed abilità. Inoltre, è da sottolineare anche la dimensione dell’imprenditività (che in alcuni casi si trasforma anche imprenditorialità vera e propria), esempio attuale di risposta al quadro lavorativo meno certo (ma anche meno rigido) che si va delineando in Europa. Nelle esperienze promosse in questi spazi, i giovani hanno infatti la possibilità di sperimentare le proprie attitudini, mettendo in gioco le proprie passioni ed i propri talenti16. Ciò sviluppando un modello di apprendimento “del fare” molto efficace, che assume i connotati di un processo di learning-by-working, predisponendo i giovani già ad un concetto di formazione continua lungo tutto l’arco della vita. Così i ragazzi in questi progetti sperimentano volontariamente, partendo da una situazione di libertà, la loro attitudine al lavoro, alla responsabilità, alla gestione ed al rispetto degli impegni, alla capacità di relazionarsi con i loro pari (il “team”) e con altri attori della comunità locale, oltre alle capacità organizzative, la gestione del timing, ecc. Il tutto professionalizzandosi e portando al conseguimento di risultati di apprendimento molto importanti per sé e per gli altri. Le funzionalità di questi progetti si riassumono in quattro parole chiave (o tags) e cioè: 1. aggregazione; 2. creatività; 3. rete/ connessione; 4. nuove competenze per nuovi lavori. Per garantire nella quotidiantità queste quattro dimensioni chiave, gli spazi si connotano per essere di dimensioni importanti (come visto nella tab. 1, da 920 a 1.400 mq), disporre (in quattro casi su cinque) di bar e/ o piccola cucina, di un palco ed un impianto audio e luci (che privilegi la qualità del suono, piuttosto che la sua potenza), schermo e proiettore HD. Intorno a questo grande “open space” dell’aggregazione giovanile, ci sono sempre spazi più 16
Il talento è l'inclinazione naturale di una persona a far bene una certa attività. È un mix tra fattori innati, investimenti personali in “istruzione” (in senso lato). È quindi una predisposizione, una potenzialità innata (che quindi ognuno ha) e da coltivare. Il merito emerge quando una persona mette in gioco il proprio talento. Benjamin Franklin (scienziato americano e uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti) diceva: "Non nascondere i tuoi talenti, sono stati creati per essere usati. A che serve una meridiana nell'ombra?”
piccoli, ma dedicati a laboratori per altre produzioni: infatti, oltre a cinema e musica, qui trovano casa anche piccole performance teatrali e tanta tecnologia (anche web radio), digital lab, fab lab,, co-working, sale prove, studio di registrazione e sala montaggio video. In tutti questi spazi per i giovani è possibile connettersi alla rete internet con i loro portatili, grazie alla tecnologia wireless, gratuitamente. Andando a caratterizzare gli spazi per una dimensione di impegno, culture giovanili e creatività, questi stessi luoghi –in alcune circostanze – sono anche sede di esposizione delle produzioni che qui si realizzano, per un confronto diretto di vendita al pubblico (v. Nota 11). Assume importanza anche l’esterno degli spazi e non solo per quel che riguarda l’insegna, le “targhe” ed il posteggio (che comunque ci devono essere...). L’esterno sempre più è l’off del centro (il cortile), sempre più spesso dotato (anche in ottica “temporary” e stagionale) di attrezzature per concerti, open bar, esposizioni, muri per writing. In alcuni centri, vi sono anche spazi riservati stabilmente agli street games: skate park, calcetto, basket o altri “giochi di strada” (ed in prospettiva anche un “pakour park” ed un muro di arrampicata). In tutti questi cinque spazi, la “dimensione del bello” (che non è il lusso, ma ad esempio il design applicato al riuso) è tenuta in forte considerazione. Queste cinque realtà sono diventati luoghi non “di scarto”, “di ripiego”, “provvisori” o “marginali” (come spesso sono stati quelli assegnati ai giovani), ma intenzionalmente progettati per fare emergere componenti espressive/creative dei giovani. Una “educazione al bello” quindi, che parte dalla convinzione che anche gli ambienti in sè possano contribuire alla formazione delle persone. Inoltre (v. la teoria del “vetro rotto17”) spazi così pensati, vengono meno sporcati e vandalizzati. Tutte queste caratteristiche comuni, fanno si che l’appartenenza di questi centri al network degli spazi giovanili trentini - in fase di start up nel 2017 – può portare ad una accelerazione dello sviluppo delle progettualità, oltre che intervenire sempre di più in una più 17
o “Broken Windows Theory”, conseguente al famoso “esperimento” del prof. Zimbardo dell’Università di Stanford (California, 1969) secondo cui se si lascia un vetro rotto in un edificio, presto tutti gli altri vetri saranno rotti dai vandali. Perché? Perché il primo vetro lancia un segnale: non c’è nessuno che controlla; se si rompono altri vetri, non c’è un prezzo da pagare, non ci saranno conseguenze indesiderabili.
ampia “comunità di progetto” nazionale su questi temi, come la partecipazione al Festival della Famiglia ha già dimostrato.