Linda Motti
Il diavolo in bocca
Quando il diavolo che ho in bocca vomita macerie da cui è rovinato allora dispiega le sue ali nere per macellare i suoi diletti.
E adesso? C'è solo ciò che galleggia e che non vuole sparire nell'aria.... e poi verso la luce si sale e già prima di essere fuori lo senti quel grande boato che è il nostro vagare... ...forse le hanno costruite per questo le metropolitane, per ricordarci il momento iniziale, quando dall'utero della madre si parte... ...o forse per ricordarci che non siamo mai partiti, e c'è solo chi scende e chi sale...
Rotola la mia testa in un campo di zucche Si confonde l’arancione con il rosso della mia decapitazione. Ho arato il campo poiché hai capito che sono nata nell'erba perché voglio che tu mi spieghi di che consistenza è la vita fra chiocciole e lumache.
Mi affrettai verso il vagone, lo trovai pieno di uomini di cera. Gli stessi corpi che alla mattina stavano chini sui giornali gratuiti. Il sangue sembrava volersene tornare in profonditĂ ', lasciando la pelle anemica e gli occhi al limite della trasparenza. Credo la chiamino stanchezza. Mi unii a loro. Sedevamo e basta, lasciandoci dare un'espressione dalle luci al neon che ci colpivano attraverso i finestrini.
Questa via d'argento nero ha vetrine che ardono di rosso. Indosserei la fatica degli sguardi che incontro se milioni di mani stringessero altre milioni di mani salde nella loro esistenza.
LA MATTANZA DEI CUORI Si, la mattanza dei cuori mai perdere d'innocenza che quanto ho giĂ tradito si porta dentro urlando soffiandolo sul palmo di una mano.
I VIOLINISTI STELLARI In cima ad un violino ci sta forse un sospiro che nessuno raccoglie perchÊ è un senso d'amore. Voi suonate come il vento e viaggiate dove la pace sussurra tra le piante, la sua nostalgia.
IL RE DI PICCHE E' un re vergognoso della sua assenza in sé, si vergogna anche degli altri e di essere simile agli altri. ma l'anima non è bugiarda, quando si nasconde è perché non hai la verità ma poiché l'anima e sopratutto il corpo hanno paura del giudizio degli altri è in quel momento che all'uomo sovviene morte.
il compleanno cattivo: "Sotto l'apparenza di un dono, l'anima è negli spazi come una mano che prende ogni cosa, che ruba a noi ogni preziosità , ci deruba ma è anche colei che dona, indistruttibile, sulle nostre rovine".
il sonno d'amore:
....se ne andrà un giorno, se ne andrà lontano, perché conosce terre infinite e spazi che non hanno riscontro nella mente umana, se ne andrà senza rimpianti poiché l'ha talmente tradito cercando di afferrarlo e dargli una spiegazione...
Mi arruotolo come una chiocciolilla tutto intorno a me stessa. metto guscio di rame. Apri, apri, apri..... o mi perderai!
il sultanato di clownart sono le guerre che abbiamo dimenticato di combattere, ignari che il giorno iniziasse anche senza di noi.
Non ho viso nÊ maschere da indossare solo una coscienza che talvolta è stanca di avere malefici che le mordono dentro ma che continua a chiamarmi con rumori ardenti, diapason maledetti.
Nelle camere d'albergo cade gi첫 per la tromba delle scale, una frazione di noi, una parafrasi. del vento in un campo di grano che ride grappoli d'oro zecchino.
Tra le colline di vino moscato in quella corsa antica rivedo gli occhi accigliati del mondo.
Mi trattengo presso un frutteto cullato dal vento, questa brezza si insinua nei miei capelli, leggerissimi... sono questi i versi che volevo per dissetarmi come dei temporali è una follia, seduta, apro le mie gambe e il vento si getta sotto la veste di pizzo... è un volo oltre gli oceani, vedo querce e ciliegi in fiore non ho fame se non di altro, ansimo in questo uragano di felicità .
Se tu taci se tu non parli il mio cuore griderĂ fino a morire.
Quante volte penso di dissolvermi? Oasi di pace tentazioni perfette disegni elementari. Che sapore ha la malinconia ridesta di tempi preziosi bisognosi di evanescenza. I fatti e l'autoinganno la vita come rappresentazione natura che brama natura umori inversi in luoghi e in vita che dice "io", desidero l'altra vita quella che ha volontĂ di vita nel tempo breve dell'equilibrio che mi costringe nell'ordine al disincanto e all'incanto della bellezza.
Siamo il carbone del tempo matite color antracite spose animali sogno di un cortile siamo il calcolo inventato sedie d'alluminio in un ufficio vedove egizie una gloria tra i muri sporchi di una stanza segni a matita color antracite rovo di mare la pietĂ ritrovata siamo il dolore che vi manda l'opposto e il suo silenzio siamo donne con gli occhi di fuoco con le mani forti e calde. Nessuno sa che al cantar del gallo risorgiamo.
Un accento mi attraversa, ritaglia un tempo, una cadenza, un colore tra le scarpe di chi è apparso.
Con l'ausilio di quello che qui non esisto, nel pertugio finito del differire tra il verbo ed il mare rammendo l'irrimediabile spacco giunta al punto del non ritorno, chiudo la pagina della mia pazzia.
Qui il cielo è sempre grigio, livido come dopo un pugno. Mi sdraio a terra su corde tese quali note di violino, penso vorrei fossero fili d'oro da mettere ai polsi come monili ma tu mi ammanetti le mani in un gesto di morte fissa . Erba diventa nera dai a me l'ultimo stelo e sia una spada.
"Perché mi hanno cremata in una camera a gas? Perché mi hanno installato un microchip sotto la pelle del collo con tutti i miei numeri e dati? Come ad un cane? Vogliono forse controllarmi la vita finché morte non ci separi? Perché, perché, perché... troppi perché da sopportare troppe menzogne da vendicare... Ho capito tutta la Tua Rivoluzione, ma ora sarei come chi è stato deluso, un Giuda spergiuro, che credeva alla Grande Guerra... e Tu quella Guerra la combattevi parlando d'amore Oh si... l'amore... l'amore... il mio microchip inizia a microchippare... a lampeggiare, a emettere strani bip che paiono impazziti, sono numeri, codici, caratteri primordiali, la mia vita letta in formule... ...che dici?... ...non mentire... Basta Cristo! Togliti i rovi dalla testa perché così perdo il segnale... Sintonizzati sul microchip e strappamelo come un catetere venoso centrale... Sotto... c'è un'anima stanca, china, che se soffi, scompare.
LA SCATOLA DEI RICORDI Non bisognava a parole di esserci, bastava un gesto , un foglio, il sangue di chi non sapeva. "non c'è più storia che ci consegni a noi stessi”.
Indesiderabile, Inizia ad appoggiare i piedi lá dove nessuno li ha posti. Aggrappati! Arrenditi! Invece la rabbia va, quando tutti si sono già fermati. Ho tanta di quell'ira da far esplodere le mie budella infernali, non so più scrivere il mio nome confido nel piccolo, nella vastità.
Indosso un abito nuovo e cammino velocemente oltre le strade, sfoggio una pelle differente e nuoto oltre l'orizzonte sagomato. Ho un profilo sottile e lievemente impercettibile, sembro perdermi fra le onde di un mare che non c'è.
Io sono la mela assaggiata dopo il diluvio di parole, mi sono rimasti non amori uguali a un'oscuritĂ trasparente,
Una cruna una punta di spillo un filo da nulla, risultanza di perdite, cuciture a rovescio in tempi assoluti che poggiano piano su lame invisibili l'aria dietro si racchiude dissangue, perfetta solo nel suo restare. Vivo di tutto, volendo comunque io scarto non tengo quadrati un momento che adesso non sia taglio o volata. L'eterno aspira alla tua assenza, sulla strada, tra le giornate a seguire. E adesso? C'è solo ciò che galleggia e che non vuole sparire nell'aria. unici interlocutori di un'istantanea di cielo.
Farò argilla dei tuoi pensieri lasciando alle tue mani la grazia di un'opera d'arte.
e ora che le porte si chiudono e ora che le mani si allacciano e ora che i polsi si legano e ora che le cosce germinano e le lenzuola si allagano in questo pugno d'amore livido l'afa s'affossa sui gemiti straziati d'orrore gli incubi calano in un'alba cerea e una madonna appesa, sventrata che tutto ha veduto e sofferto si piega sul figlio come i due nell'alcova.... ora che le porte tacciono ora che le mani si abbandonano ora che i polsi cadono ora che le cosce si stringono.
Oggi è venuta la morte, è il mio giorno, la morte dagli occhi chiari che ha deciso di togliere il mostro. Un taglio livido su tutto il corpo ma finirà , se Dio vuole finiranno le parole, tu ci sarai.
C'è un campo nero dove ho versato due lacrime del mio dolore. Due sole lacrime acuminate d'argento vivo. C'è un campo nero dove ho versato tre lacrime del mio dolore. Tre sole lacrime aguzze e nere. C'è un campo dove ho versato dieci lacrime del mio dolore. Dieci lacrime acuminate come coltelli di ghiaccio cristallizzato. Volevo vendere a chi è senza lacrime, le mie lacrime versate, volevo venderle per niente quelle lacrime dannate. Volevo darle a chi ha occhi sgranati sul futuro, a chi li ha rossi per la stanchezza, a chi li ha lucidi dal pianto ma il pianto si è essiccato, a chi li vorrebbe chiudere per non vedere ciò che lo circonda, a chi li ha chiusi e li vorrebbe riaprire e ritrovare ciò che lo circonda e io ho scavato fino in fondo nel campo nero per trovare quelle due sole lacrime d'argento vivo, quelle tre sole lacrime aguzze e nere, quelle dieci lacrime ghiacciate e ho scavato con le mani, con le unghie lacerate e sanguinanti, ho scavato con i piedi perfino con i denti per aprire un varco in quel campo tagliato. Ho urlato il mio dolore al campo senza nome, la mia rabbia, la mia disperazione al campo lancinato, che mi restituisse le lacrime versate, che mi restituisse le lacrime ingoiate,che mi vomitasse le lacrime rubate. Le lacrime di così tanto dolore, le lacrime di così tanto soffrire, solo due, le lacrime che volevo dare, le lacrime che volevo regalare. A chi ha occhi sgranati sul futuro perché piangendo innaffi la sete che ha ogni uomo di giustizia e ogni cosa bella non diventi peritura ma rigogliosa di presenza e concretezza, volevo darle a chi ha occhi rossi per la stanchezza perché piangendo riposino gli affanni e il volto distingua il volto del vicino e volevo darle a chi gli si è essiccato il pianto perché piangendo chieda aiuto e chieda forte, chieda gridando, chieda ovunque anche all'inferno prima che il filo ceda, prima che scivoli il passo, prima che rotoli il cuore in un crepaccio in cui ci si addormenta.... ma quando mi sveglierò avrò almeno le mie due lacrime d'argento vivo, le mie tre lacrime aguzze e nere, le mie dieci da versare al campo oscuro ma le rivoglio indietro che, Sant'Iddio le voglio regalare. Le voglio regalare a chi chiude gli occhi per non vedere perché piangendo invece noti i colori della luce che ha voce lieta e parla come il vento e le voglio dare a chi vorrebbe aprirli e ritrovare ciò che lo circonda perché ha percorso la terra in ogni sua latitudine e longitudine e il pianto sia l'Ultimo vestito di stracci di cui nessuno sa del suo campo. E chi non ha più lacrime da piangere prenda un poco delle mie quando sono abbondanti, ché tanto, acuminate, aguzze, nere o ghiacciate, a Primavera, al primo sole, si scioglieranno presto e quando il sole diverrà di fuoco irrigheranno quel campo inaridito e lo disseteranno e io forse non scaverò più lungo le fenditure dolorose, in quelle ferite che hanno la mia voce, non griderò più il mio infinito sperdimento, no. Forse non mi piegherò più a cercare quello che ho perso sul campo triste, quello che ho smarrito sul campo amaro.
UNA coltellata in pieno petto un taglio netto deciso un cuore di cristallo senza odore né profumo non batte quasi più. una linea retta feroce, dentro una bomba a orologeria. Non vedo nulla né volti né morti né paludi che ti soffocano l'anima. Anima.... dove sei anima.... Recisa in due colpo perfetto, esce come liquor disseccato rabbia, grida, la violenza subita. l'Antico Male ammazza ti stringe il collo finché il volto si gonfia irriconoscibile. Ho visto campi devastati dal dolore.... affondamelo nel cuore quello stiletto acuminato perché voglio indietro i brandelli della carne macellata. una ferita netta per avere ciò che il diavolo si è pigliato qualcosa che non sa né quanto pesi, ne quanto valga. Ricoprimi di questo sfacelo, soltanto lì vive la mia umanità.
Linda Motti - 2014