Natura Cercata, Tesi Magistrale Politecnico di Milano

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Giovanni Grignani

Natura Cercata

Progetto per la valorizzazione e la rifunzionalizzazione delle rovine del Monastero di San Secondo nell’Isola Polvese



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Ai nonni Franco, Giuliana, Elisa e Fausto, con me ieri, oggi e domani.


Natura cercata Progetto per la valorizzazione e la rifunzionalizzazione delle rovine del Monastero di San Secondo nell’Isola Polvese

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Scuola di Architettura, Urbanistica, Ingegneria delle Costruzioni Anno accademico 2020/21 Studente: Giovanni Grignani, 918329 Relatore: Prof. Francesco Leoni

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Corelatore: Arch. Sara Ghirardini


I N DI CE Introduzione 5 1: Il Lago Trasimeno

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1.1 - Geografia 1.2 - Cenni Storici 1.3: L’ambiente del Lago Trasimeno

2: L’Isola Polvese

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2.1: La storia dell’isola 2.2: Geografia e ambiente 2.3: L’architettura dell’isola 2.3: La storia recente, gli usi attuali ed i progetti futuri

3: Il monastero di San Secondo

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3.1: La storia del monastero 3.2: L’architettura 3.3: Gli usi attuali 3.4: Le potenzialità

4: Il progetto

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4.1: Le necessità del sito 4.2: La fruizione del paesaggio e dell’archeologia 4.3: La serra didattica ed il mirador

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Bibliografia

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Dove non specificato, le foto sono scattate da Giovanni Grignani nelle date 22/09/20 e 11/05/21.

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Conclusioni 153


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INTRODUZIONE

Fotogramma dal video: Drone Zone, Isola Polvese 2018 - Lago Trasimeno, 13 ottobre 2018, da https://www.youtube. com/watch?v=ydhj7MAPQv8&t=145s

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La Polvese è la più grande delle tre isole del Lago Trasimeno in Umbria. Il quarto lago d’Italia ed il primo del centro Italia, il Lago Trasimeno è uno straordinario luogo di valore ambientale e paesaggistico. Dopo gli anni di proprietà privata che l’ha mortificata ad appannaggio unico dei suoi ricchi proprietari, meritevoli però di avervi lasciato nuovi elementi ricchi di valore storico e culturale, si presenta oggi come parco pubblico protetto e come luogo di divulgazione e didattica ambientale. Il suo valore però non è appieno compreso e sfruttato. L’Isola è un luogo denso di storia e di segni, creatosi in una stratificazione lunga secoli. La sua natura isolata ha determinato una configurazione ambientale unica nel suo genere, dove nella sua limitata superficie si fondono paesaggi diversi, antropizzati e naturali, conservati in un delicato equilibrio ed arrivati oggi fino a noi nella loro completezza.

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L’impegno che l’uomo ha profuso nel governo del paesaggio è riscontrabile nell’Isola sia nelle estese piantagioni di olivo che la coprono parzialmente, sia negli interventi di architettura del paesaggio che hanno interessato la zona più antropizzata. Questi si presentano come “giardini – paesaggi” secondo un’invenzione di Pietro Porcinai, il più grande paesaggista Italiano del ‘900, che con i suoi interventi ha trovato nell’Isola un luogo di sperimentazione delle sue idee più riuscite.

: S. Chiodo, Estetica dell’architettura, Carocci editore, 2016 (prima ed. 2011) 1

Questi paesaggi antropizzati si configurano, nelle parole del filosofo tedesco Joachim Ritter, come luoghi di “natura cercata”, ovvero una natura nella quale gli esseri umani cercano, attraverso il loro lavoro trasformativo, un senso. Nelle parole di Assunto, “il cui esserci materiale è risultato da un processo operativo umano al pari del loro essere estetico”.1


La storia del luogo invece permea le presenze architettoniche che vi si ritrovano. Alcune di queste, come il Monastero di San Secondo, oggetto di intervento di questo lavoro, ci raccontano del suo momento di massimo splendore e della sua importanza socioeconomica nella storia. San Secondo è il luogo principe dell’Isola dove questi diversi aspetti si incontrano: il governo del paesaggio antropico, l’esperienza di quello naturale, l’architettura storica, le memorie, le rovine e le potenzialità future, la vocazione didattica e scientifica della “nuova isola” dell’era moderna, ovvero quella iniziata dopo il ritorno alla sua natura di bene pubblico.

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Tutti questi temi vengono qui interpretati e racchiusi in un progetto di architettura che intende farne una sintesi per prefigurare un nuovo uso per la rovina storica. Viene quindi affrontato il disegno di un nuovo edificio che vada ad inserirsi all’interno della rovina, che ne valorizzi la fruizione tramite un nuovo uso, ma che allo stesso tempo ne rispetti la matericità e la fruizione visiva. I’oggetto della tesi però non si limita alla progettazione di questo elemento architettonico, ma interpreta la complessità del luogo allargando lo sguardo anche al suo intorno, per migliorare l’esperienza di fruizione del paesaggio circostante e per valorizzare gli elementi esterni dell’architettura e dell’archeologia.


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1: IL LAGO TRASIMENO

Foto del Lago Trasimeno in località San Feliciano.

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1.1 - Geografia

: Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988 2

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Veduta aerea del Lago Trasimeno, 1985. Da E.Pisinicca, Vicende Storiche dell’Isola Polvese

Nel cuore dell’Umbria, a pochi chilometri dalla città di Perugia, si estende il Lago Trasimeno che con i suoi 128 km² di superficie rappresenta il lago più grande del centro Italia e il quarto dell’intera penisola. Lo specchio d’acqua si colloca in un’ampia depressione la cui formazione è databile tra la fine del Pliocene e l’inizio del Pleistocene e a differenza di molti degli altri italiani di origine glaciale o vulcanica, si tratta di un lago tipicamente laminare, un bacino cioè che ad una grande estensione abbina una scarsa profondità, che raggiunge i sei metri nel suo picco massimo. La sua origine geologica è dunque di natura tettonica poiché si è generato in seguito a movimenti degli strati più profondi della crosta terrestre che fratturandosi e spostandosi, hanno determinato l’aprirsi del bacino di raccolta. L’acqua che alimenta il Trasimeno è prevalentemente quella di origine piovana che scende dalle colline circostanti. Analizzando il lago sotto il profilo fisiografico, emergono i seguenti dati:2


- superficie di 124 km2 - quota della linea di costa 258 m sul livello del mare - larghezza massima 16,5 km - larghezza minima 8,5 - perimetro 54 km - volume d’acqua 568 x 10 alla sesta mc - profondità media: 4,72 m - profondità massima: 6,3 m. Preistoria e periodo Etrusco Le prime tracce documentate di insediamenti abitativi nella zona del lago Trasimeno risalgono al periodo pre-etrusco ed Etrusco, sebbene sia ragionevole affermare che la zona fosse abitata già in epoca preistorica, come testimoniano alcuni ritrovamenti custoditi nel Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Poche e frammentate sono le notizie sul lago durante la dominazione etrusca. Ciò che è certo è che per gli Etruschi il lago rappresentasse un luogo di cerniera tra le grandi dodecapoli di Cortona, Perugia e Chiusi, ed era caratterizzato da insediamenti sparsi di cui rimane una testimonianza nelle urne cinerarie, nei casolari di campagna e in alcune chiese con tutta probabilità sorte direttamente nei pressi dei santuari etruschi, come ad esempio Santa Maria di Ancaelle a Sant´Arcangelo di Magione.

1.2 - Cenni Storici

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Alla dominazione etrusca seguì quella romana databile all’inizio del III secolo Avanti Cristo. In questo periodo il Trasimeno, che vantava un’agricoltura florida e una discreta ricchezza generata grazie alle attività di pesca, diventò territorio di grande interesse economico e militare. A Passignano - piccolo comune sulla sponda

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La dominazione Romana


settentrionale del lago - vennero costruite torri d’osservazione, fortificazioni e ville residenziali, come testimoniano i resti di una villa rustica romana, di recente riportati alla luce nella località di Quarantaia. Ma è a Tuoro sul Trasimeno, nel punto più a nord del lago, che la storia di Roma ebbe una delle sue tappe cruciali, con “La Battaglia del Trasimeno”: una delle più memorabili vittorie riscosse dall´esercito cartaginese sotto il comando di Annibale durante la calata in Italia nella Seconda Guerra Punica. Il generale cartaginese, dirigendosi verso Roma, fece accelerare il passo alle sue truppe e giunse con alcune ore di anticipo in prossimità del lago. A quel punto decise di deviare verso Est il suo percorso, in direzione di Perugia, poiché aveva individuato in una valle compresa tra le estreme pendici dei monti di Cortona e il lago un luogo strategicamente vincente per tendere un’imboscata alle legioni romane. Annibale si accampò dunque con la fanteria su una collina e dispose gli altri reparti sulle pendici dei colli circostanti, nascosti in modo tale da cogliere di sorpresa ai fianchi l’esercito romano e circondarlo.

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Roma ha lasciato al Trasimeno il segno della sua grande scienza idraulica con la costruzione del primo emissario destinato a regolarizzare il livello delle acque e a frenare le inondazioni, anticipando di centinaia di anni una tecnologia ripetuta da Braccio Fortebraccio e utilizzata fino ai nostri giorni. Dal medioevo al XVI secolo : La Trasimenide è un poema epico in esametri scritto da Matteo dall’Isola nel principio del secolo XVI in lingua latina. Si tratta di un manoscritto cartaceo composto da 3 libri e fornito di un ricco commentario e di 17 illustrazioni a penna.

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Durante il Medioevo non accaddero particolari avvenimenti che videro il lago Trasimeno protagonista: sappiamo per certo - come è documentato nel manoscrittto La Trasimenide di Matteo dell’Isola3 che la zona era abitata per lo più da pescatori e che una buona parte del pescato confluiva nella città di Perugia.


Nella seconda metà del XVI papa Sisto V decise di deviare gli unici immissari naturali del Trasimeno, il Rigo Maggiore e la Tresa, verso il lago di Chiusi e quasi due secoli dopo - a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento - si tentò un’ulteriore riduzione del

Area del Trasimeno alla fine del XVI secolo. Da J. B. Vrients, Perusini Agri, 1584 in Theatro Del Mondo Di Abrahamo Ortelio, Anversa 1608

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Un evento degno di nota da segnalare risale ai primi anni del XV secolo, quando Andrea Braccio Fortebraccio da Montone realizzò un canale, in parte in galleria, che funzionasse da scarico delle acque di piena. Il lago infatti era cresciuto in termini di estensione a tal punto da rendere difficoltosa la pesca e le sue acque finivano per ricoprire vaste porzioni del territorio rivierasco. Nonostante l’idea teorica vincente, l’opera non fu risolutiva: crolli e otturazioni ne scandirono la storia e lo stesso Leonardo da Vinci mise a punto un ingegnoso sistema idraulico, mai realizzato, per moderare i flussi in eccesso del Trasimeno e del lago di Chiusi, che contemplava anche il coinvolgimento del Tevere e dell’Arno.


bacino imbrifero (alcuni avanzarono anche l’ipotesi di prosciugamento) ma non vennero poi operati interventi nel concreto. Dal XIX secolo ai giorni nostri

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Dopo anni di dure controversie, tra il 1896 ed il 1898 il Consorzio di Bonifica con a capo Guido Pompilj riuscì a realizzare un nuovo emissario, parallelo a quello del XV secolo, per una lunghezza di 7 km ed una portata di 12 m³/s. Scongiurato il pericolo di disseccamento artificiale e tamponato il problema delle inondazioni, tra le principali cause di malaria nella metà dle XX secolo, a causa del ricorso intenso all’abbassamento della soglia del nuovo emissario in favore dei potenti proprietari terrieri, si dovette far fronte ad una crisi idrica: il Trasimeno corse addirittura un serio rischio di prosciugamento, con una profondità massima ridottasi a 2,93 metri alla fine degli anni cinquanta. Nel 1952 vennero quindi reintrodotti gli immissari naturali Rio Maggiore e Tresa, deviati nel XVI secolo, ed il recupero avvenne a partire dal 1958. Dal 1995, grazie a una legge regionale, il Lago Trasimeno è un’area naturale protetta che risponde al nome di parco regionale del lago Trasimeno. Esso comprende i territori dei Comuni di Castiglione del Lago, Magione, Passignano, Tuoro, Panicale e le tre isole (Maggiore, Minore Polvese) e copre una superficie di 13.200 ettari. Si tratta di un quadro lacustre e collinare di altissimo interesse storico, artistico e naturalistico.Per suggerire la carica evocativa del luogo basterà pensare alle tavole di tanti maestri pittori del secolo XV che lo ritraggono. La salvaguardia del suo delicato equilibrio idrologico e biologico ha imposto da sempre l’intervento dell’uomo, necessario ancora oggi, per la salvezza della risorsa. Comprende tre isole: l’isola Polvese, che è utilizzata come centro per la didattica ambientale; l’isola Maggiore, in cui è presente un


grazioso borgo di pescatori risalente al ‘400 e l’isola Minore, di proprietà privata. Il massimo afflusso di visitatori e turisti si verifica nei mesi estivi, soprattutto a scopi ricreativi e turistici. In questo periodo sono stati stimati circa 30.000 visitatori, escludendo i residenti.4 Analizzando questo dato parallelamente a quelli riguardanti la crisi del livello e quantità delle acque del lago determinati dalle scarse precipitazioni annuali rispetto alla media regionale e alla mancanza di veri immissari al bacino idrografico, risulta evidente l’urgenza di difendere il Trasimeno da pressioni antropiche invasive e sproporzionate, da attività produttive con elevato consumo di acqua e come sia necessario eliminare ogni fonte inquinante per un corpo idrico esteso in superficie, ma dalla scarsa profondità.

Il Trasimeno può essere considerato un vero e proprio paradiso naturale popolato da una ricca fauna (anatre selvatiche, cormorani, il nibbio, il martin pescatore, per citarne alcuni) e incorniciato da dolci colline, campi di girasole, vigneti e olivi. La zona del lago Trasimeno suscita dunque una grande carica attrattiva nei confronti di numerosi visitatori e turisti, affascinati dalla bellezza del paesaggio e dai pittoreschi borghi limitrofi come Castiglion del Lago, Monte del Lago o San Savino. Il lago Trasimeno vanta una varietà in termini di fauna e flora notevole, soprattutto se rapportata all’estensione dello spazio relativamente ridotto. La zona - rinominata Parco del Trasimeno - comprende l’oasi naturalistica La Valle, ubicata nei pressi di San

4 : Da https://www.regione. umbria.it/parco-regionale-dellago-trasimeno

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1.3: L’ambiente del Lago Trasimeno

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Concludendo, il lago Trasimeno rappresenta senz’altro una grande risorsa naturale e come tale va tutelata e promosse per usi compatibili alla sua conversazione.


Savino di Magione, sulla sponda orientale del lago. Questa particolare area è nata nel 1996 per volontà della Provincia di Perugia, con l’intento di conservare il più esteso canneto ancora presente sulle sponde del Trasimeno e di tutelare l’ambiente palustre, il cui equilibrio va preservato anche al fine di permettere il proseguimento delle rotte migratorie di numerose specie di uccelli. Fauna

16 : Da https://www.regione. umbria.it/parco-regionale-dellago-trasimeno 5

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Esemplare di folaga.

Nella zona del Lago gli ornitologi hanno osservato e classificato ben 199 specie di uccelli. Molti si fermano a nidificare, altri a svernare e altre passano unicamente a rifornirsi di cibo durante il viaggio. La scarsa profondità del lago costituisce un notevole richiamo per gli uccelli, sia quelli che si cibano di pesci e crostacei, sia per gli erbivori che si alimentano di piante acquatiche e di alghe. Tra le specie di migratori, le più comuni sono le folaghe: si stima che oltre 50.000 individui arrivino dal Nord Europa in autunno per trascorrere i mesi invernali nell’Oasi, nutrendosi di piante acquatiche, di cui i bassi fondali sono ricchi. 6 A marzo la maggior parte riprende il volo per


L’Oasi naturalistica La Valle è dotata di un centro visite in cui è possibile conoscere, scoprire e osservare l’importantissima fauna ornitica nei diversi periodi dell’anno. Un’altra macrocategoria racchiude un cospicuo numero di specie appartenenti alla fauna ittica. Tra più comuni si menziona la tinca, che vive pascolando tra le alghe del canneto e sul fondo; l’anguilla serpentiforme; il luccio, che vanta esemplari di grandi dimensioni e che caccia i pesci più piccoli; il persico dalla livrea bruno-rossastra; la scardola; il laterino; il cavedano e la laschetta; la carpa, anch’essa di dimensioni e peso notevoli (sono stati pescati esemplari che raggiungevano i 25-30 kg per un metro di lunghezza).

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ritornare verso Nord, mentre una piccola minoranza si stanzia nell’Oasi a nidificare. Sempre tra i migratori, è importante segnalare la presenza della moretta tabaccata, un’anatra molto rara, considerata a rischio estinzione a livello comunitario, che nidifica regolarmente nella zona del lago dal 2000. Grande valore assume anche la presenza degli ardeidi. Per citarne alcuni: l’ airone cenerino, l’airone guardabuoi, la garzetta, la sgarza ciuffetto, la nitticora, il tarabusino e l’airone rosso che si riproduce proprio nei canneti. Tra gli anatidi, le specie più rare comparse sul Trasimeno sono la pescaiola, lo smergo maggiore e il fistone turco. Durante la stagione primaverile ed estiva è molto frequente osservare anche le evoluzioni dei nibbi bruni o il tuffo del falco pescatore che va alla ricerca di pesci che nuotano in superficie. Tra gli uccelli di piccole dimensioni i più caratteristici sono il pendolino, la cannaiola, i piccoli silvidi del canneto, il bassottino, che vanta una schiena e le ali di un rosso intenso con delle striature chiare, la testa grigio azzurra e la coda variegata. Abbastanza raro da avvistare nella nostra penisola, può essere rinvenuto in limitate aree palustri nei pressi della foce del Po.


Un momento felice per avvistare questi pesci è la primavera: in questo periodo si possono osservare decine di individui che si aggirano presso la riva. Si tratta dei maschi che si avvicinano alle femmine per completare la fecondazione delle uova. Sfortunatamente la sopravvivenza di questi pesci è a rischio a causa dell’ specie esotiche come il pesce gatto, il pesce rosso, il gambero rosso della Louisiana che rischiano di sconvolgere l’equilibrio dell’ecosistema. La terza macro-categoria è occupata dagli invertebrati, in particolar modo dagli insetti. Le più caratteristiche sono senza dubbio le libellule, di cui l’entomologo Felice Capra ha rinvenuto una ventina di specie, alcune delle quali particolarmente rare, come la Selysiothemis nigra e il sympetrum depressiusculum.6 Nelle zone limitrofe del lago è inoltre frequente imbattersi in cinghiali, istrici, volpi o nutrie. 18

: Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socioeconomico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988 pag.39

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Una digressione a parte merita la questione circa le specie alloctone, ovvero non originarie dell’ambiente. Se ospitare alcuni animali rappresenta un vanto per il territorio del Trasimeno, la presenza di altri può rappresentare un rischio concreto per l’ecosistema, provocando seri problemi alle specie locali se immesse senza una mirata strategia di controllo e gestione. Gli animali originari di altri ambienti possono essere introdotti dall’uomo per svariati motivi: a volte economici, per esempio nel caso della fauna ittica, altre volte ornamentali o anche accidentali. Alcuni di essi possono irrompere nel delicato equilibrio naturale occupando nicchie ecologiche di altre specie e provocando conflitti con esse. Un caso emblematico registrato nel lago Trasimeno è la scomparsa della rovella, un pesce autoctono presente fino agli anni Sessanta e non più registrato dagli anni ’80 a causa di fenomeni di competizione e predazione da parte di altri pesci alloctoni come il persico sole.


L’equilibrio, che normalmente è lasciato alla natura, in questi territori di così stretta interdipendenza tra ambiente e attività umane può essere mantenuto dall’uomo stesso, ma solo con precisi criteri di sostenibilità. Nel territorio del Trasimeno è attivo un Centro Ittiogenico che si occupa della riproduzione e del monitoraggio delle specie ittiche di maggiore interesse. Questo centro permette non solo il controllo e la presenza delle specie alloctone, ma anche delle autoctone. Flora Per quanto riguarda la vegetazione, il primo elemento di interesse è il fitto canneto che percorre quasi interamente il perimetro del lago. Nella zona che va da San Savino a Castiglion del Lago la flora lacustre appare molto ricca e tra le specie più comuni si ricorda:7

: Per un approfondimento vedere il capitolo Caratteristiche Generali del Lago Trasimeno e del Bacino in Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988 7

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- La canneggiola (phragmites australis) una pianta palustre caratterizzata da canne che raggiungono in media i 2 metri di altezza, - La tifa (typha latifolia), una pianta palustre molto diffusa formata da steli lunghi e sottili che possono raggiungere i 150-300 cm e che culminano in spighe dall’aspetto caratteristico “a tubo”, di colorazione marrone, - il morso di rana, una piccola pianta dalle foglie reniformi dalla quale fioriscono dei piccoli fiori a tre petali bianchi, - le ninfee bianche, l’erba tinca (potamogeton lucens), la coda di volpe (Ceratophillum demersum) e la Vallisneria spiralis, - alghe di vario genere e specie, - l’erba rossa (Myriophillum spicatum), che forma estese fioriture rosseggianti durante il periodo di fioritura che va da luglio a settembre, - il favarolo (Potamogetom perfoliata), che si dispone

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Hycrocharis morsus-ranae, detto morso di rana. Da https://giardinaggio.it

in piccoli ciuffi compatti. Nelle zone circostanti al lago sono frequenti delle suggestive distese di di pini domestici, così chiamati perché coltivati da secoli per la produzione di pinoli. Questa specifica specie è stata diffusa dall’uomo nelle coste italiane e nell’entroterra, diventando un elemento tipico del paesaggio mediterraneo.


Canneto in località Castiglion del Lago. Da https://castiglionedellago.eu/il-lago-trasimeno/

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2: L’ISOLA POLVESE

Veduta aerea dell’Isola Polvese. Da http://staging. paneolio.org

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Veduta aerea delle altre due isole del Trasimeno, la Maggiore e la Minore. Da https://www.trasimenoland. com 24

Il lago Trasimeno ospita tre isole: l’isola Maggiore, di circa 24 ettari; l’isola Minore, attualmente disabitata e di proprietà privata e l’isola Polvese, che con i suoi 70 ettari, rappresenta la la più estesa delle tre. I tre lembi di terra che sembrano quasi affiorare dalle acque del lago danno vita a una serie di giochi di riflessi e “nel caso del Trasimeno, come in tutti quelli di laghi caratterizzati da isole, questo rispecchiarsi è duplice: non solo la terra si riflette nell’acqua, ma, allo stesso modo, le isole si rispecchiano nel paesaggio circumlacuale e viceversa”8. Tra le tre, l’isola Polvese è quella che ogni anno attrae un maggior numero di visitatori e risulta più attiva dal punto di vista turistico e culturale.

: P. Romi, Trasimeno e Isola Polvese: le suggestioni e la storia, in Atti della III Giornata Nazionale del Paesaggio, Perugia 2019, pag. 113

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Incerte sono le origini del nome: una delle ipotesi è che in epoca feudale l’isola venne denominata Pulvensis, facendo derivare il nome dal latino “pulviseris”, ovvero polvere. Tuttavia, i più si discostano da questa tesi, in quanto alluderebbe a un territorio brullo, privo di vegetazione e avvolta da forti raffiche di vento che innalzano polvere. Questa immagine è chiaramente in contrasto con le caratteristiche dell’isola, ricoperta da una folta vegetazione.


Un’altra ipotesi è che il nome trovi la sua origine nella leggenda di Agilla - una ninfa del lago - e Trasimeno, figlio di Tirreno. Secondo la mitologia, i due giacquero nelle acque del lago, utilizzando l’isola come cuscino (Pulvinar, da cui il nome Polvese). L’ultima ipotesi, la più accreditata dagli studiosi, è che Polvese derivi da polvento, un’antica locuzione avverbiale che sta ad indicare un luogo difeso dal vento, ideale per i pescatori al fine di ripararsi in caso di improvvise tempeste.

Sebbene non sia semplice tracciare una storia completa e puntuale dell’isola Polvese, è certo che il territorio fu popolato già all’epoca dei romani. Un primo segno della presenza dell’uomo nell’Isola Polvese è rinvenibile ad oggi davanti alla chiesa di San Giuliano: una parte di muro di contenimento esterno in opus reticulatum, tecnica edilizia molto utilizzata dai romani a partire dalla prima metà del I secolo, ed è verosimile che questa terrazza facesse parte di un più vasto complesso edilizio di tipo abitativo.9

2.1: La storia dell’isola 9 : Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988

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Muro in opus reticulatum di fronte a San Giuliano. Da: Google street view, , foto di Paolo Zuchegna.

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Origini


Un altro dato che accredita l’ipoesi di un insediamento romano è il rinvenimento di una possibile “via romana” costruita da conci di pietra di circa 50 cm che va dalla zona di San Feliciano verso l’Isola Polvese, che coinciderebbe con i dati storici che documentano un livello delle acque del lago allora molto inferiore rispetto a quello odierno. Secondo Gaetano Morono, l’Isola Polvese si sarebbe popolata durante la seconda guerra punica, quando Annibile pose a ferro e fuoco le terre e i castelli alleati di Roma. Tale tesi, sebbene non sia avvalorata da alcun elemento probante, appare credibile e verosimile.10 Dal medioevo al XV secolo Il primo documento datato in cui si nomina l’Isola è il diploma attraverso cui l’imperatore Lodovico il Pio conferma nell’817 alla chiesa di Roma le donazioni di Pipino e di Carlo Magno. Nel 926 l’imperatore Ottone riconferma al Papa Giovanni XII le donazioni e lo stesso anvvenne nel 1011. In tutti e tre i documenti si parla di “Perugia con le sue tre isole”, chiaro segnale di come il territorio del lago fosse strettamente legato agli interessi della città. La comunità polvesina, costituita principalmente da pescatori e contadini, traeva il suo maggiore sostentamento dal lago e dai pochi appezzamenti di terreno coltivabile. Gli isolani erano dunque pieneamente consapevoli di non essere in grado di poter difendere con i loro mezzi il loro seppur relativo benessere e dunque si rivolsero al Comune di Perugia, chiedendo protezione in cambio di devozione, obbedienza e rifornimenti alimentari.

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: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 10

Nel 1139 viene stipulato un patto di “sommissione e sudditanza da parte dei polvesini nei confronti di Perugia” documento che riveste un’ importanza notevole non solo per le ripercussioni economiche che ne


derivarono, ma anche per la singolare prerogativa che spetta all’isola Polvese nella storia medievale, rappresentando la più antica testimonianza scritta del’esistenza delle istituzioni comunali nella città di Perugia. I polvesani si sottomettono a Perugia senza riserva alcuna: autorizzano la città a porvi dei presidi armati se necessario, giurano fedeltà e obbedienza e si impegnano a consegnare annualmene 1000 tinche.

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Tra la fine del XII e l’inizio del XIII l’Isola Polvese rappresentava una delle comunità tra le più importanti nel bacino del Trasimeno, e proprio tenendo conto dell’importanza che questo insediamento aveva assunto, è logico supporre che questa comunità si servisse di edifici religiosi per le pratiche inerenti al culto. Analizzando i dati, risulta impressionante come in un territorio di solo 70 ettari e con una popolazione che al massimo ha toccato le cinquecento unità, siano potute esistere ben cinque chiese con oratorio e più tardi persino un monastero. D’altra parte, le chiese hanno sempre partecipato attivamente all’organizzazione politica del territorio e ciò risulta in maniera evidente dalla profonda rete di interessi temporali da cui esse traevano sostentamento. In altre parole, la chiesa diventa un valido motivo di aggregazione capace di legare ed amalgamare le aristocrazie nobiliari e militari con le popolazioni locali. Verosimilmente in questo periodo viene edificato il primo nucleo di un castello che si rivelò un’ottima struttura difensiva per gli abitanti dell’isola. Tale struttura viene ampliata e completata nella prima metà del 1400 ed è meglio identificabile come una fortezza piuttosto che come un castello signorile. La sua costruzione impegna in maniera significativa e per un lungo lasso di tempo gli abitanti, sia da un punto di vista fisico che economico. Basti pensare al fatto che l’isola scarseggiava di materiali da costruzione e il reperimento verosimilmente non fu né rapido né


agevole. Dal XIV al XVI secolo

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Nel XIV secolo l’isola e la zona del lago assumono la funzione di avamposto nei confronti di Arezzo, Cortona e degli altri Comuni toscani. Un documento che nel 1209 160 uomini adulti della Polvese rinnovano il patto con Perugia, dato permette di supporre una discreta popolazione sull’isola. Sappiamo, inoltre, che l’attività agricola in questo periodo gode di un gran fervore, considerando che gli abitanti hanno l’obbligo di portare in città 129 corbe di grano, pari a circa 200 quintali. Già all’inizio del millennio sull’isola sorgevano diverse chiese: San Giuliano, Sant’angelo, San Pietro, San Leonardo e soprattutto il Monastero di San Secondo. Le sorti dell’isola si vanno progressivamente a intrecciare con quelle del complesso ecclesiastico, a tal punto che non risulta azzardato affermare che il momento del declino dell’isola vada a coincidere con quello del monastero. La questione - centrale al fine di comprendere il presente intervento di recupero proposto nell’elaborato- verrà trattata approfonditamente nel capitolo dedicato alla storia di San Secondo. Durante l’intero secolo l’isola - fatta eccezione per un breve dominio da parte di un governatore pontificio, l’abate di Mommaggiore - conosce un certo benessere, desumibile dal fatto che la popolazione continuava ad aumentare. In una rubrica del 1342 il Comune di Perugia stabilisce che tutte le comunità con più di cento “fuochi” (ovvero nuclei familiari) sarebbero dovute diventare sede di potestà. La sua elezione sarebbe avvenuta dal maggior Consiglio e a “briscioglie”, ovvero ad estrazione. Il compito del podestà era di sorvegliare che la comunità fosse amministrata nel migliore dei modi, dell’esazione delle imposte e dell’amminisrazione della giustizia.


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: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 170 11

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Nel frattempo, dopo trent’anni di contrasti con il potente abate di Farneta che ne rivendicava la giurisdizione, la chiesa di San Scondo entra nell’area di infleunza dell’ordine olivetano, dipendendo totalmente dall’abbazia di Monte Morcino di Perugia. Se alla metà del 1400 l’isola si andava lentamente spopolando, nella seconda metà dello sesso secolo nuovi nuclei familiari cominciano comunque a reinsediarsi. Nel febbraio del 1459, lo stesso pontefice Pio II si ferma sull’isola e alloggia presso i monaci olivetani di San Secondo. Si trattò per gli abitanti di un evento di straordinaria importanza, specialmente se rapportato a una comunità così piccola come quella polvesina. Vi segue un periodo di tranquillità, lontano da guerre e tumulti, fino a quando nel 1479 i fiorentini - capitanati dal conte Carlo Fortebracci e Deifebo Piccinini attaccano il territorio di Perugia, arrecando enormi danni anche ai territori limitrofi del lago Trasimeno. Dopo una serie di scontri - grazie soprattutto all’aiuto del duca d’Urbino e dell’esercito della Chiesa - i fiorentini indietreggiano e abbandonano l’assedio. Altro evento decisivo che si verifica in questo periodo - per l’esattezza nel 1482 - è la trasformazione della Chiesa di San Secondo in Monastero, con a capo fra Nicolò da Volterra. Egli ne prende possesso il 1° giugno durante una solenne cerimonia alla presenza di molti religiosi e nobili. Sappiamo che il monastero era abitato da otto monaci e quattro servitori con a disposizione delle barche per i necessari collegamenti con la terraferma. La storia di San Secondo termina nel 1624, anno in cui viene chiuso con la seguente motivazione: “… vista l’inclemenza dell’aria paludosa e malarica del lago Trasimeno, ove i monaci molto spesso si ammalavano di malaria e morivano“11, per cui Gregorio XV trasferisce la famiglia di San Secondo nel monastero di Sant’Antonio di Perugia. L’interesse vero, da parte degli abati, era quello di costruire un grande monastero a Perugia


per aumentarne il potere economico e politico. San Secondo viene così abbandonato e subisce la spoliazione di tutte le suppellettili sacre e profane, tra le quali la pala d’altare di Bernardino di Mariotto (ora situata a Perugia nella Galleria Nazionale dell’Umbria) e una tela di Sinibaldo Ibi (ora a Roma nella chiesa di Santa Francesco Romana). Per un lungo lasso di tempo non si hanno notizie della Polvese. Nel 1517, tuttavia, accade un evento che, pur marginalmente - la riguarda. Si tratta di un fatto d’armi marginale ma è interessante sottolineare che ancora una volta l’isola, in periodi di turbolenze, assolve alla funzione di riparo per gli abitanti della zona.

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L’Isola Polvese e i suoi dintorni in una mappa della fine del XVII secolo. G. Rossi, G. Cantelli, D. Rossi, G. Ameti, Tavola Generale Della Provincia Dell’ Umbria, in Mercurio Geografico overo Guida Geografica in tutte le parti del Mondo, Roma, 1692

Il vero evento spartiacque che determinerà la fine del periodo di prosperità dell’isola si verifica nel 1643. Gli abitanti del lago Trasimeno e delle sue isole vengono coinvolti nelle fasi più cruente della guerra di Castro. Le cause che danno origine a questa guerra vanno ricercate nell’astio tra le famiglie Farnese e Barberini. La guerra interessa la Romagna, la Toscana, l’Umbria e il Lazio. La Polvese riporta enormi danni ad opera delle trame fiorentine alleate dei Farnese, mentre


Perugia era alleata dei Barberini: vengono quindi distrutte le abitazioni, le barche e le attrezzature da pesca dell’isola. La guerra di Castro e l’abbandono della Polvese da parte degli olivetani danno inizio a un processo di decrescita irreversibile. Gli olivetani, infatti, rappresentavano un punto di riferimento per l’intera comunità, non solo da un punto di vista economico ma anche spirituale e culturale. Si verifica così un forte calo demografico. L’isola Polvese aveva perduto il ruolo di luogo sicuro conservato per tanti secoli e, per ragioni anche di grande precarietà economica, si assiste ad un crescente abbandono da parte dei suoi abitanti. Dal XVIII secolo ai giorni nostri

Nel 1832 Papa Gregorio XVI sopprime con un decreto l’ordine degli olivetani e i loro beni presenti nell’isola vengono venduti - insieme al convento e alla chiesa - al conte Vincenzo Pianciani di Spoleto. Nel 1841 lo stesso Pianciani acquista gli immobili di San Giuliano, comprese case e terreni limitrofi. Divenuto l’unico proprietario dell’Isola, vi allestisce una fagianaia per la caccia riservata e un allevamento di lepri. L’isola, va da sè, continua a spopolarsi, fino a divenirlo competamente. Dal 1893 l’isola passa in mano al commendatore Ferdinando Cesaroni ma pochi decenni dopo - nel 1939 - subentra un nuovo proprietario, il commendatore Biagio Biagiotti, che mosso da una certa passione ed

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L’isola subisce dunque un duro colpo e all’inizio del XVIII secolo, e scarse sono le proprietà terriere dei pochi isolani rimasti ancora sull’isola. I pochi profitti derivano dall’esercizio della pesca o come salariati agricoli. Nel 1772 i conti Baldeschi ottengono la licenza esclusiva di caccia sull’isola e così per la comunità viene meno un’altra fonte di sostentamento. Da questo momento in poi l’isola conoscerà diversi proprietari.


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La “Carta delle processioni”, disegnata nel 1805 dal parroco Domenico Pompei. Da: P. Salerno, C. Longo, I Nomi Raccontano la Toponomastica dell’Isola Polvese.

amore per il luogo, incrementa le attività agricole e le coltivazioni e comincia una estesa opera di sistemazione della viabilità e degli edifici esistenti, oltre all’introduzione dell’energia elettrica e l’installazione di nuovi elementi paesaggistici. Nel


La Villa del borgo di Sisto Mastrodicasa e Tomaso Buzzi. Da: https://orvietonews.it

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12 : A. Moretti, La recente storia dell’Isola Polvese, in Atti della III Giornata Nazionale del Paesaggio, Perugia 2019

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periodo di proprietà del Biagiotti inoltre la gestione dell’attività agricola viene affidata a tre famiglie di coloni, che si insediano nella fattoria del Poggio, nella Casa Merlata e nell’edificio del monastero di San Secondo. Nel 1959 l’isola viene venduta ad una società con a capo il conte milanese Giannino Citterio, il quale abbandona completamente le attività agricole e adibisce il territorio esclusivamente a riserva di caccia personale. Il Citterio è il committente di due delle opere di architettura più importanti della Polvese, ovvero la villa padronale, ristrutturata in stile neo rinascimentale da Tomaso Buzzi, e le opere di architettura del paesaggio del borgo e la piscina progettate da Pietro Porcinai Nel 1973 la Polvese viene finalmente acquistata dalla Provincia di Perugia, e da questo momento in poi iniziano una serie di lavori volti alla riqualifica della zona in qualità di patrimonio della collettività: va osservato che, proprio in quegli anni, la Provincia di Perugia procedeva ad acquistare immobili di interesse culturale, elaborando mirabili progetti di recupero e valorizzazione. 12 Questa serie di interventi di recupero promossi dal Comune di Perugia sono inseriti nell’ottica di un


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Planimetria dell’isola con evidenziato il monastero di San Secondo.

piano generale di riqualificazione e valorizzazione dell’Isola, sia da un punto di vista naturalistico che storico, culturale e architettonico.

2.2: Geografia e ambiente

La Polvese è l’isola più grande delle tre presenti nel Lago Trasimeno (le altre due sono la Maggiore e la Minore) ed ha una forma vagamente trapezoidale irregolare, con il lato maggiore rivolto verso nord est. Questo è delimitato da un promontorio roccioso all’estremo nord ovest e da una lingua sabbiosa all’estremo sud est. I bordi dell’isola nel tratto nord-sud ed in quello nord ovest – sud est sono formati da coste alte separate dalle sponde del lago da pochi metri di materiale detritico grossolano. I rimanenti tratti di costa sono quelli più interessati dall’opera dell’uomo, per la costruzione di piccoli moli, muraglioni, scivoli, e soprattutto per la diffusa realizzazione di riporti di terra ottenuti per dragaggio del fondo lacustre antistante. Questa pratica ha interessato soprattutto la parte piana a sud est, la cui dimensione è aumentata considerevolmente, facilmente osservabile dal confronto con foto aeree risalenti a prima degli anni 50. Questa espansione è stata realizzata per permettere l’impianto di alcuni


In altimetria, il punto più alto dell’Isola, corrispondente alla località del Conservone (vascone di pietra utilizzato per la raccolta dell’acqua piovana), si trova a 313,40m slm, ovvero circa 56 m sul livello medio delle acque del lago, la cui profondità varia stagionalmente. Osservando la sezione longitudinale dell’Isola si può notare come la sua cima corra esattamente l’ungo l’asse sud est – nord ovest e che formi a sua volta due cime quasi simmetriche, corrispondenti al Conservone (313,40 slm) ed alla Fagianaia (309,60 slm).13 Trasversalmente invece le sezioni variano notevolmente a seconda del piano di taglio. È da notare come in corrispondenza della località del Monastero di San Secondo la rottura di pendio a sud ovest sia molto pronunciata, dovuta alla presenza di una scarpata sulla quale si imposta il contrafforte dell’edificio. Un’altra sezione eseguita presso il Conservone invece mostra un profilo leggermente asimmetrico, con pendici meno ripide che nel caso precedente. La sezione in corrispondenza della fagianaia infine mostra anch’essa un profilo asimmetrico con la pendice settentrionale molto più breve dell’altra, con un andamento convesso pronunciato, e quella meridionale con una estensione doppia, con una pendenza modesta che degrada regolarmente verso la costa.

Profili altimetrici dell’Isola tagliata in vari punti, dall’alto a sx: Sezione longitudinale, altezza fattoria del Poggio, altezza San Secondo, altezza castello. Desunti da Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988 35

13 : Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988

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frutteti oggi fortemente ridotti, ma ha lasciato l’unica area dell’isola realmente pianeggiante ed utilizzata oggi come luogo di attività sportive e ludiche.


Da quanto detto emerge che l’isola possiede uno spartiacque principale che la percorre in senso longitudinale e che presenta solo poche diramazioni. Le linee di impluvio invece risultano numerose e sulle quali giocano la presenza di morfologie locali particolari ed interventi agrari. L’aspetto morfologico più importante risulta la presenza delle scarpate che circondano l’isola per circa i due terzi del perimetro, la loro altezza media è di circa 20 metri con picchi di 35 metri. Le rotture di pendio che le caratterizzano risultano sempre improvvise. La morfologia che caratterizza le parti utilizzate ad oliveto della parte sud-est è invece quella dei terrazzamenti, di derivazione totalmente antropica, che caratterizza fortemente il paesaggio anche se non ha un significato naturalistico importante.14 Per quanto riguarda gli aspetti geologici, l’isola risulta come una delle sommità emergenti dei rilievi collinari presenti al momento della costituzione dello specchio lacustre, o al più emerse dagli ultimi movimenti di sollevamento. Il bacino del Lago è costituito da due tipi litologici principali, e questi sono rispecchiati anche nella costituzione dell’isola: le arenarie della formazione del Macigno del Mugello, di cui l’isola è prevalentemente composta, e sui sedimenti sabbiosi e argillo sabbiosi del Villafranchiano ed i sedimenti alluvionali del Quaternario.

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: Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988

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Le infrastrutture presenti sull’isola sono molto semplici e quasi interamente composte da sentieri. Due di essi sono considerabili i percorsi principali per la salita in quota dell’isola. Il primo parte dal borgo, passa accanto alla Piscina Porcinai e prosegue lungo i filari di ulivo lasciando alla propria sinistra la fattoria il Poggio, posta sul pendio sud occidentale. Arriva fino ad un incrocio (dove sussiste un interessante e divertente effetto eco) dove si inizia a intravedere il campanile del monastero di San Secondo. Arrivato


Sentiero verso il castello, parte del percorso principale che percorre il perimetro dell’isola. 37

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a quest’ultimo, e iniziando la discesa dalla cima dell’isola, il sentiero devia e prosegue fino ad un punto di belvedere, dove il Biagiotti ha fatto installare delle scalette ripide che scendono alla punta nord occidentale dell’isola. Qui la vista sul lago è di quasi 360 gradi, e sono ancora presenti delle sedute in pietra fatte realizzare sempre dal Biagiotti. Il secondo sentiero in quota parte poco più a nord est del borgo, in corrispondenza di Santa Maria della Cerqua, e passa per diverse architetture agricole. Per via di una deviazione verso nord arriva fino al limitare della Lecceta di San Leonardo, connettendosi a una rete di sentieri interni non risultanti nella cartografia tecnica. Da qui prosegue fino alla Fagianaia, il roccolo di caccia, fino a connettersi all’altro sentiero in quota principale nel punto di incrocio già menzionato. Oltre a questi due sentieri, il terzo considerabile principale è quello che circonda l’isola lungo tutto il suo perimetro e che ne permette la percorrenza nella sua interezza. L’aspetto più interessante di questo percorso è l’esperienza che vi si fa di tutti gli ambienti naturali dell’isola, da quelli più antropizzati, come il borgo e le zone dragate, a quelle più incolte, come la boscaglia sulle scarpate adiacenti alla costa nord ovet e la lecceta di San Leonardo a nord est.


Inoltre, percorrendolo si passa accanto al Castello ed a San Giuliano, importanti punti di interesse storico e turistico, e si percorre il viale dei cipressi, ex viale dei tigli, opera di architettura del paesaggio risalente all’epoca del Pianciani.

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L’area dove si ha la maggior concentrazione di funzioni è senza dubbio quella del Borgo, dove si colloca la struttura ricettiva della villa, le aule didattiche, gli uffici, le case dei custodi, le strutture agricolo-produttive ed il molo di recente ristrutturazione. L’area adiacente, l’unica dell’isola veramente pianeggiante, è delimitata da un filare di pioppi e da canneti, è molto utilizzata dalla popolazione locale per giornate all’aperto. Questa è anche l’area principale di balneazione, grazie alla piccola spiaggia atrtezzata che la delimita sul lato nord. I punti di approdo per imbarcazioni private sono situati uno sul lato nord ed uno su quello sud, e sono utilizzati dagli abitanti dei comuni limitrofi per l’approdo e la balneazione. L’ambiente vegetale

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Lo stato vegetazionale dell’Isola Polvese è quello che maggiormente influisce la percezione paesaggistica e ambientale del luogo da parte di chi la esperisce, essendo così particolarmente connotata da varietà di ambienti ben definiti e circoscritti in aree facilmente riconoscibili. Il paesaggio risente dei secoli di modellazione antropica che lo hanno interessato, in particolare riguardanti la sostituzione di quello che doveva essere un manto forestale con la coltivazione dell’olivo, che maggiormente connota la superficie dell’isola, soprattutto nella sua parte in elevato. È però anche importante notare come questo non abbia reso completamente univoco il paesaggio vegetale dell’isola, ma al contrario ha inserito un elemento


di varietà, e che grazie alla sua spinta economica ha permesso a questo territorio di continuare ad essere utilizzato nel tempo, e perciò a presentare oggi tutte quelle stratificazioni paesaggistiche che lo rendono così interessante e unico nel suo genere. Sull’isola è possibile individuare alcuni ambienti vegetali ben delineati da caratteristiche comuni. Come categorizzazione è qui utilizzata quella stilata nel volume redatto in occasione del concorso del 1988 a cura della Provincia di Perugia, il cui capitolo denominato Lo stato floristico vegetazionale dell’isola Polvese è a cura di Mauro Roberto Cagiotti e Giorgio Miletti del Dipartimento di Biologia Vegetale, Sezione Botanica dell’Università di Perugia.15 Vegetazione forestale subnaturale: bosco 15 : Provincia di Perugia, Isola Polvese, Risorse ambientali e profilo storico dell’isola nel contesto socio-economico del Comprensorio del Trasimeno, Perugia 1988

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Ingresso alla lecceta di San Leonardo, la zona boschiva dell’isola.

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La vegetazione forestale ricopre la parte nord / nord nord est dell’isola, esposta maggiormente a venti freddi e meno soleggiata, per cui caratterizzata da temperature nettamente inferiori a quelle del resto dell’isola. Si estende per circa il 25% della superficie isolana ed è situata su pendii con pendenze che oscillano tra il 20 ed il 50%, insieme ad una


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scarpata ripida posta alla punta nord-ovest. La parte centrale del bosco è composto quasi interamente da Leccio (Quercus Ilex), con sparsi alcuni esemplari secolari di Roverella (Quercus Pubescens). L’altezza della maggior parte dei lecci è di circa 15 metri, tendenzialmente quindi ad alto fusto. In questa zona il sottobosco è maggiormente costituito da: Viburno (Viburnum tinus), alloro (Laurus nobilis), pungitopo (Ruscus aculeatus), ligustro (Ligustrum vulgare). Nella zona a sud est Roverella e Leccio si trovano in quantità simile, risultando un bosco misto tendente al querceto, con un sottobosco povero di specie erbacee. Una termofilia almeno parziale del bosco è provata dalla presenza di specie quali frassino (Fraxinus ornus), acero (Acer campestre), olmo (Ulmus minor), sanguinella (Cornus sanguinea). La parte di bosco situata invece a nord / nord-est è caratterizzata da una netta dominanza di roverella ed alaterno. Lo strato arbustivo è invece composto maggiormente da viburno, pungitopo e lauroceraso (Prunus laurocerasus). La parte più alta della scarpata sulla quale si trova parte del bosco, con maggiore esposizione solare, contiene altre specie come la ginestra odoroso (Spartium junceum), erica arborea ed esemplari spontanei di olivo. Lo strato erbaceo è connotato da attaccamani (Galium aparine), smilace (Smilax aspera), asplenio adianto (Asplenium adiantumnigrum) ed erba ruggine (Ceterach officinarum). In primavera avviene la fioritura di abbondante viola selvatica (Viola odorata), mentre altre specie più sporadiche localizzate nel più luminoso sottobosco costiero sono il fior di cuculo (Lychnis flos-cuculi) e l’iva ginevrina (Ajuga genevensis). In tarda estate ed in autunno sono frequenti le fioriture di ciclamino napoletano (Ciclamen hederifolium) e di zafferanastro giallo (Sternberga lutea). Vi sono poi alcune specie floristiche rare di importanza fitogeografica, tra cui alcune specie di orchidee: l’orchidea farfalla (Orchis papillonacea)


Vegetazione forestale subnaturale: boscaglia Con il termine di boscaglia viene identificata la fascia vegetazionale corrispondente alla rupe che cinge l’isola per circa un terzo del suo perimetro, dalla parte nord-occidentale a quella sud-occidentale. Si presenta come un bosco rado, prevalentemente composto da alaterno (Rhamnus alaternus), con una copertura che varia dal 30 al 60%. Sono presenti altre specie in parte simili alla parte dell’isola identificata come bosco, altre invece che connotano un carattere più rado e fatto di arbusti, ovvero biancospino (Crateagus oxycantha), prugnolo selvatico (Prunus spinosa), olmo campestre (Ulmus minor), ligustro (Ligustrum vulgare), Roverella (Quercus pubescens), sanguinella (Cornus sanguinea), corbezzolo (Arbutus unedo), viburno (Viburnus tinus) ed esemplari spontanei di olivo. Il carattere di boscaglia è fortemente connotato dalla presenza massiccia di specie che formano uno stretto

Il sentiero che corre alla base della scarpata ricoperta di boscaglia nel lato ovest dell’isola.

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e la serapide minore (Serapis parviflora). Inoltre la specie particolarmente rara di giglio tirrenico (Iris chamaeris) fiorisce in quest’area e si presenta nelle colorazioni gialla e viola.


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groviglio, ovvero morella rampicante (Solanum dulcamara), rosa canina, rovo selvatico (Ruvus ulmifolius), attaccamani (Galium aparine), asparago (Asparagus officinalis), salsapariglia nostrana (Smilax aspera). A seconda dell’esposizione solare e dallo stato di umidità, troviamo nello strato erbaceo esemplari di edera (Hedera elix), dattile (Dactylis glomerata), marrubio selvatico (BaIota nigra), gichero (Arum italicum), coda di lepre (Lagurus ovatus), finocchiaccio (Ferula communis), Iperico (Hypericum perforatum), asplenio (Asplenium trichomanes), felce dolce (Polypodium vulgare), mentuccia nepeta (Calamintha nepeta) e saeppola canadese (Conyza canadensis), ombelico di Venere (Umbilicus rupestris). Lo strato erbaceo è ricoperto in buona parte di edera, con dei valori di copertura che variano dal 50 al 100%. La presenza di Roverella e Viburno aumenta nella parte sud ovest dell’isola, mentre in quella nord ovest si ha una maggioranza di Alaterno. Nella parte bassa della rupe la prevalenza è quella di una morfologia a bosco rado, mentre salendo aumentano le spinescenti arbustive.

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Vegetazione delle zone umide L’isola è circondata da una fascia di idrofite, più comunemente denominata canneto, preponderanti nelle fasce costiere est e sud, dove hanno una estensione di circa 50 metri dalla riva. Sono l’habitat prediletto di moltissimi uccelli lacustri. Un tempo dovevano circondare l’intera isola, ma sono stati ridotti dalla mano dell’uomo per ricavare punti di attracco e di balneazione. La fisionomia del canneto è caratterizzata maggiormente da Cannuccia di palude (Phragmites communis) e da stinca a foglie strette (Typha angustifolia), ma presenta anche numerosi esemplari di morso di rana (Hydrocaris morsusranae). Le idrofite emerse delle elofite palustri sono quelle che compongono maggiormente il canneto,


La fascia di specie idrofite che circonda buona parte dell’isola.

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e appartengono alla classe Phragmiteta. Numerose sono anche le idrofite sommerse, composte da laghetto splendente (Potamogeton lucens), ceratofillo comune (Ceratophyllum demersum) ed erba del nastro (Vallisneria spiralis). In prossimità delle rive è presente una fascia di terreno fortemento umido, soggetto ad allagamento in caso di notevoli fluttuazioni del livello dell’acqua del lago. Questo ha determinato una vegetazione particolare, composta, per lo strato arboreo, di: pioppo bianco (Populus alba), pioppo nero (Populus nigra), salice rosso (Salix purpurea), salice da ceste (Salix triandra), tamerice comune (Tamarix gallica) ed olmo campestre (Ulmus minor). Lo strato erbaceo è invece composto da epilobio maggiore (Epilobium hirsutum), epilobio (Epilobium parviflorum), canapa acquatica (Eupatorium cannabinum), vilucchio bianco (Calystegia sepium), incensaria comune (Pulicaria dysenterica), equiseto massimo (Equisetum


telmateja), equiseto ramosissimo (Equisetum ramosissimum), carice a due spighe (Carex distachya), giunco annuale (Juncus bufonius), scirpo romano (Scirpus holoschoenus) e stregona palustre (Stachys palustris). Manto colturale e vegetazione antropica

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Il paesaggio degli oliveti che ricoprono circa il 65% della Polvese.

I già menzionati oliveti ricoprono quasi il 65% di tutta la superficie dell’isola, e determinano perciò il tipo di paesaggio principale. Gli impianti sono di tipo a filare, con esemplari di dimensioni anche considerevoli vista l’età degli alberi e la posizione soleggiata dell’isola. Sono presenti quasi 6000 esemplari di olivo sull’isola ed ognuna di esse fornisce una produzione media di circa 10 kg di olive. Il paesaggio degli uliveti, soprattutto in stagioni di bassa manutenzione, è fortemente caratterizzato anche dalla presenza delle specie infestanti, soprattutto nelle aree poste più in alto e con una maggiore esposizione solare. Queste sono, più frequentemente, gramigna (Agropyron repens), dattile (Dactylis glomerata), clinopodio dei boschi (Satureja vulgaris), avena selvatica (Avena fatua) e camedrio comune (Teucrium chamaedrys).


Nelle zone degli oliveti poste più in basso, caratterizzate da un’esposizione solare minore, contengono specie quali: piantaggine lanciuola (Plantago lanceolata), romice crespa (Rumex crispus), mordigallina (Anagallis arvensis), geranio malvaccino (Geranium rotundifolium), malva selvatica (Malva sylvestris), peverina a foglie strette (Cerastium arvense) e salvia comune (Salvia pratensis). Molto presente, nelle zone esposte a sud e ad ovest, il finocchiaccio selvatico (Ferula communis), che presenta esemplari anche di notevoli dimensioni. Numerose sono anche le specie di fiori presenti in tutta la parte centro-meridionale dell’isola interessata dagli oliveti: specie di muscari (Muscari atlanticum), latte di gallina (Ornithogalum umbellatum), gladiolo dei campi (Gladiolus italicus), pettine di Venere (Scandix pecten-veneris), trifoglio stellato (Trifolium stellatum), calendula (Calendula arvensis), santoreggia (Satureja vulgaris), e giacinto romano (Bellevalia romana). 16

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Zone a disturbo antropico Categorizzate come zone a disturbo antropico sono le aree che comprendono i vialetti, i margini

16 : R. Burzigotti, M. C. Capuano (a cura di), Zoom sull’ambiente: L’Isola Polvese, Provincia di Perugia, 2004

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I frutteti diffusi soprattutto nella parte sud – sud est dell’isola oggi sono notevolmente ridotti rispetto all’epoca del Biagiotti nella quale furono per la prima volta piantati. Nella zona pianeggiante a sud est era presente una coltivazione di aranci che dava buona maturazione dei frutti, ora non più esistente. In prossimità del castello, rappresentati da pochi individui, sono presenti alberi di fico (Ficus carica), melo (Malus domestica), melograno (Punica granatum), giuggiolo (Ziziphus jujuba), mandorlo (Prunus dulcis), ciliegio (Prunus avium), noce (Juglans regia). Sono presenti anche alberi di pesco (Prunus persica), di pero (Prunus communis) e di kiwi (Achtinidia chinensis).


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I parterre erbosi con i quali Porcinai ha risolto il dislivello tra il borgo ed il lago.

delle strade, quelli dei campi, i piccoli prati da picnic o le piccole strade di accesso secondario. La vegetazione in questi luoghi varia notevolmente nel corso dell’anno, soprattutto nel periodo estivo, dovuto anche alla differente affluenza turistica. Le specie maggiormente rappresentate in questo tipo di ambiente sono: centocchio comune Stellaria media, veronica (Veronica hederifolia), piantaggine lanciuola (Plantago lanceolata), mordigallina (Anagallis arvensis), salvia dei prati (Salvia pratensis), romice crespa (Rumex crispus) e nelle zone con maggiore disponibilità di acqua saeppola canadese (Conyza canadensis), amarella (Artemisia vulgaris) e forbicina comune (Bidens tripartita). Altre specie presenti con gradi di copertura inferiori sono: (fiorrancio selvatico) Calendula arvensis, senecione comune (Senecio vulgaris), cinoglosso cretico (Cynoglossum creticum), cicutaria (Erodium cicutarium), menta selvatica (Mentha longifolia), mercorella comune (Mercurialis annua), ravizzone (Brassica campestris), falsca ortica reniforme (Lamium amplexicaule), malva selvatica (Malva sylvestris), miagro peloso (Rapistrum rugosum), lepidio graminifoglio (Lepidium graminifolium) e geranio malvaccino (Geranium rotundifolium).


Nei terreni ottenuti per dragaggio si sono sviluppate specie vegetali di tipo erbaceo che hanno bisogno di umidità e di un suolo di tipo sabbioso-limoso. Le specie maggiormente significative in queste aree sono: scirpo marittimo (Bulboschoenus maritimus), saeppola canadese (Conyza canadensis), aster tripolio (Aster tripolium), corregiola (Polygonum aviculare), giavone (Echinochloa crus-galli), portulaca (Portulaca oleracea), stramonio comune (Datura stramonium), gramigna rossa (Cynodon dactylon), nappola italiana (Xanthium italicum), galega (Galega officinalis), giunco annuale (Juncus buf onius), morella comune (Solanum nigrum), cannella delle paludi (Calamagrostis epigejos), morella rampicante (Solanum dulcamara), vilucchio bianco (Calystegia sepium), galinsoga comune (Galinsoga parviflora) e piede di lupo (Lycopus europaeus).

L’area a sud est ottenuta per dragaggio, con le specie arboree ornamentali come i pioppi cipressini. 47

Di questa categoria fanno parte quelle specie vegetali utilizzate dall’uomo nel corso degli anni per abbellire le zone antropizzate dell’isola, perciò riguardanti maggiormente le coste sud est ed ovest. Si ha la presenza anche di specie naturalizzate che

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Specie arboree ed arbustive ornamentali


testimoniano l’indirizzo a parco che l’isola ha assunto in alcuni periodi. Nella parte medio alta dell’isola sono presenti alcune siepi di rosmarino (rosmarinus officinalis) che, per via dello stato di incuria in cui sono cadute nel tempo, hanno raggiunto notevoli dimensioni. Ad est e a sud, nelle zone pianeggianti in basso, troviamo specie che sono state piantate a formare viali, ovvero pioppo cipressino (Populus nigra), cipresso (Cupressus sempervirens), pino domestico (Pinus pinea), ippocastano (Aesculus hippocastanum), cipresso dell’Arizona (Cupressus arizonica), incense cedar (Libocedrus decurrens) (ingl.) acacia (Robinia pseudoacacia), olmo (Ulmus minor), nespolo del Giappone (Eryobotrya japonica), tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), bagolaro (Celtis australis) e pino d’Aleppo (Pinus halepensis). Inoltre sono presenti delle specie di tipo arbustivo utilizzare per formare vialetti o siepi, esse sono bosso (Buxus sempervirens), evonimo del Giappone (Euonimus japonicus), viburno (Viburnum tinus), alloro (Laurus nobilis), tamerico comune (Tamarix gallica), oleandro (Nerium oleander), lagestroemia (Lagerstroemia indica). Inoltre nel lato sud del castello ci sono alcuni esemplari di buganvilla (Bouganvillea spectabilis).

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2.3: L’architettura dell’isola

Il patrimonio architettonico presente sull’Isola racconta efficacemente le stratificazioni storiche ed i cambiamenti socioeconomici che l’hanno interessata. Essendo in numero piuttosto limitato, ogni fabbricato presente sull’isola aiuta la comprensione di un determinato periodo della sua storia ed offre potenzialità solo parzialmente esplorate per dei nuovi utilizzi. Le architetture spaziano un periodo temporale che va dal X-XI secolo ai giorni nostri, e anche solo questa caratteristica, in uno spazio così ridotto come quello di un’isola lacustre, rende il patrimonio costruito dell’isola degno di nota.


In questa sede verranno approfonditi alcuni edifici ritenuti fondamentali per sue le vicende storiche, quelli dalla qualità progettuale più elevata, e quelli importanti da un punto di vista del loro utilizzo attuale. Verranno presentati in ordine cronologico, dal più antico al più recente. Chiesa di san Giuliano e Santa Maria della Cerqua L’isola polvese ha ospitato nel corso della sua storia sei chiese documentate, ma rimangono le tracce, più o meno conservate, di solo tre di queste: quella di San Secondo, approfondita in un capitolo a parte e oggetto di intervento progettuale, quella di San Giuliano e di Santa Maria della Cerqua (quercia). Chiesa di San Giuliano 49

La chiesa di San Giuliano.

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È un edificio medievale a navata unica situato presso la cinta muraria del castello. Presenta un semplice impianto rettangolare con un piccolo campanile a vela ed è documentata sull’isola già dal 1028. La piccola chiesa aveva al suo perimetro un’area di


terreno denominato “sacrario” usato per le sepolture. Da sondaggi effettuati negli anni si è appurato che le pareti interne sono coperte da intonaci stratificati, con porzioni troppo limitate di antichi dipinti per renderli databili. All’interno, sulle pareti dell’abside, sono visibili affreschi di scuola umbra quattrocentesca rappresentanti figure di Santi quali San Giuliano, San Sebastiano, San Bernardino, San Rocco ed altre figure non identificate; sono ben leggibili vecchi interventi di restauro e i dipinti sono inseriti in riquadri non pertinenti all’originale. L’aspetto odierno della chiesa è dato da un intervento di restauro del quale non si conosce l’esatta datazione; forse, a più riprese, fu effettuato nel secolo scorso o nei primi decenni del ‘900. La chiesa ha un notevole interesse storico per la presenza dei resti di costruzione in opus reticulatum (cubilia di cm 8 di lato), conservati nel muro di terrazzamento del piazzale della chiesa. La struttura ad emiciclo, coronata da filari di mattoni posti di taglio, è collegata ad un possibile insediamento di età romana. 17

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Chiesa di Santa Maria della Cerqua

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: Cartellonistica in loco.

Intorno al 1420 si hanno le prime notizie sulla Chiesa di Santa Maria della Cerqua ( o Quercia ) che era diventata chiesa parrocchiale per comodità degli abitanti della Polvese altrimenti costretti a recarsi alla chiesa di San Secondo lontana dal borgo. All’interno dell’edificio, secondo quanto riportato in un documento del 1432, si trovava un altare dedicato a Santa Maria di proprietà della Confraternita del Gonfalone che aveva una sede presso il Monastero di San Secondo. Tale altare era stato dipinto da Pietro Perugino o da un rappresentante della sua scuola. Tutti i visitatori dell’altare “nel giorno di festa e li sabbati” ricevevano l’indulgenza di sette settimane in perpetuo concesse nel 1537 dal Cardinale Crispodi di Perugia.


La Confraternita del Gonfalone si dedicava alle opere di carità aiutando malati e bisognosi. Una carta topografica, la “Carta delle Processioni” disegnata nel 1805, riporta la dicitura “chiesa parrocchiale demolita” dalla quale si desume che l’ingresso era rivolto verso sud, una piccola finestra rotonda sovrastava il portale mentre altre due finestre quadrate erano ricavate nella parete est e quasi sicuramente anche in quella ovest. 18

Le rovine della chiesa di Santa Maria della Cerqua in fase di restauro.

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Le rovine della chiesa sono ora in fase di restauro conservativo e didattico, che verrà approfondito nel capitolo “Storia recente, gli usi attuali ed i progetti in corso”.

Il castello è situato nella zona sud-ovest dell’isola, vicino la riva del lago ed è menzionato per la prima volta in alcuni documenti ufficiali del XV secolo. È composto da blocchetti di calcare, arenaria e mattoni; il lato maggiore, di circa 85 metri, un tempo era sfiorato dall’acqua. Situato su di un pendio, presenta una pianta pentagonale irregolare con cinque torri situate ai vertici, unite tra loro da un passaggio

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: Cartellonistica in loco.

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Il castello


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L’interno della rocca.

continuo sulla sommità delle mura; a metà del muro a sud, parallelo alla riva del lago, fu aggiunta una sesta torre per proteggere la porta d’ingresso del castello. Il mastio è rivolto verso la cima dell’isola ed è in posizione dominante rispetto al resto della costruzione: di pianta ottagonale, è costruito con pietre lavorate, decorato nella parte superiore con beccatelli in cotto che si trovano in buono stato di conservazione. La cinta muraria che parte dal mastio forma un triangolo con la prima torre di destra e con quella di sinistra; probabilmente è la parte più antica del castello. Nel Rinascimento fu riorganizzato il sistema di difesa con l’uso di cannoni che, come indicano apposite aperture, furono sistemati nelle torri su due piani. L’interno, che si presenta terrazzato, sembra mancare degli edifici destinati alla vita quotidiana. Si può ipotizzare che, in un primo tempo, sia stato edificato


Il Borgo Con il termine “Borgo” viene denominato l’insieme degli edifici che hanno, nel corso del tempo, sostituito l’antico villaggio che copriva l’area fra il castello e la

19 : R. Di Benedetto, L. Cibruscola, M. Terzetti, M. Vasapollo, I Gioielli, Provincia di Perugia Editore, 2003

Foto del borgo in una giornata estiva di attività per le scuole. Foto di Umbria Ws caricata il 10 settembre 2012 in https://web.archive.org 53

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solo il mastio con funzioni di avvistamento e di difesa; questa costruzione, infatti, non era collocata nella zona più alta dell’isola, ma in prossimità dell’abitato. Certamente il castello polvesano non è stato mai una residenza signorile ma luogo di rifugio e di difesa degli abitanti allorché venivano attaccati dai loro nemici. 19 Il castello è stato interessato da lavori di restuaro promossi dalla Provincia di Perugia che l’hanno dotato di un sistema di passerelle metalliche per la percorrenza della cinta muraria. Al momento queste sono però non accessibili per via dello scarso stato conservativo.


chiesa di S. Maria della Cerqua. L’assetto gentilizio assunto in epoca moderna, incentrato sulla villa padronale, ha radicalmente mutato la forma del precedente insediamento. “La comunità della Polvese, nel 1282, era tra le più importanti nel bacino del Trasimeno con i suoi 88 focolari (tra 450 e 600 persone) […].”20 Riguardo i nuovi insediamenti del contado gli statuti comunali riportano che: “In ogni genere di costruzione, anche nei più umili casolari, il legname fu a poco a poco sostituito dalla pietra o dal mattone ed i tetti di paglia furono sostituiti dalle tegole”21, inoltre essi fissano anche le dimensioni minime delle abitazioni: 25 piedi di lunghezza, 15 piedi di altezza e larghezza (il piede perugino corrispondeva a circa 30 centimetri). Normalmente le case erano di forma quadrata, contenevano un solo vano, con il pavimento di terra battuta, il tetto a capanna, una piccola porta ed una finestrella che serviva sia per dare un poco di luce sia per fare uscire il fumo dall’ambiente. Lo spessore dei muri era elevato perché venivano utilizzati pietrame e cotto, recuperati da altri edifici dismessi. Le costruzioni hanno probabilmente mantenuto queste caratteristiche dal XIV al XVII secolo. Oggi il borgo è composto dalla villa padronale, una foresteria, un edificio utilizzato come aula ambientale, uno per uffici, due case dei custodi ed alcuni edifici ad uso agricolo sia in utilizzo che dismessi o in stato di rudere.

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La villa padronale

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: Cartellonistica in loco. : Ibidem.

La genesi dell’edificio principale del borgo dell’isola, chiamata semplicemente “villa”, avviene durante il periodo di proprietà di Biagio Biagiotti, il quale incarica l’ingegnere perugino Sisto Mastrodicasa, noto per i suoi trattati di restauro delle murature storiche, della ristrutturazione del villagio dei pescatori e la costruzione di una villa dal carattere rustico per l’alloggio suo della sua famiglia. Quando


però il Biagiotti, per via di un fallimento societario, vende l’isola al conte milanese Giannino Citterio, questi non la ritiene adatta al suo stile di vita. La villa viene perciò profondamente modificata dalla mano dell’architetto Tomaso Buzzi, che in quel periodo acquistava il convento francescano della Scarzuola dalle parti di Montegabbione. L’architetto trasforma l’edificio in una villa padronale dall’aspetto neorinascimentale e ne amplia le dimensioni, aggiungendo due logge posizionate sui lati corti al piano terra. Il prospetto principale presenta finestre incorniciate, un balcone centrale al primo piano ed un fastigio adornato da fregio e guglie. Dopo l’acquisto da parte della provincia di Perugia, la villa è stata destinata alla funzione ricettiva ed ospita una struttura alberghiera con ristorante di prodotti tipici. La sistemazione paesaggistica e la Piscina di Porcinai

“Laddove Buzzi, amplificando la presenza prospettica del casino con l’introduzione di due portici laterali, impianta un viale di tigli tra l’imbarcadero e la villa puntato direttamente sull’asse centrale individuato dal balcone

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Insieme all’incarico della riprogettazione della nuova villa padronale, il conte Citterio concentra i suoi sforzi di rinnovamento dell’Isola anche sulla sistemazione paesaggistica dell’area del borgo circondante la villa e che arriva fino al molo da un lato e fino al castello dall’altro. Per questo compito il Citterio chiama quello che poi verrà considerato l’architetto del paesaggio italiano più importante del Novecento, Pietro Porcinai, che in quel periodo veniva conteso dalle dinastie industriali perugine (prime fra tutte i Buitoni, Servadio, Spagnoli, Colussi) per la progettazione dei giardini delle proprie ville. Gli interventi vengono così descritti da Paolo Belardi:


56 La piscina Porcinai, oggi giardino delle piante acquatiche. Foto da: https://provincia.perugia.it

aggiunto al primo livello e dal fastigio con fregio e guglie applicato in copertura. Mentre Porcinai, confermando un’inguaribile vocazione minimalista, media il rapporto tra la villa e il lago con un sistema articolato di parterre erbosi, confinati a monte da un giardino misurato da un reticolo ordinato di alberi di ulivo a loro volta contrappuntati da una boscaglia di arbusti mediterranei (corbezzolo, mirto, lavanda, timo ecc.) […]”22

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Ma il vero intervento fuori dall’ordinario di Porcinai è senza dubbio la Piscina, ricavata da una cava di arenaria dismessa situata poco più in alto del borgo. Sempre Belardi:

: P. Belardi (a cura di), NAU, Novecento Architettura Umbria, Il Formichiere, Foligno (PG), 2014 pag.136 22

“Una piscina naturale scavata in una cava di pietra arenaria dismessa (la cui modellazione scenografica è affidata al pittore Alberto Longoni) e disposta in posizione altimetrica


strategica (per ingenerare nei bagnanti l’illusione percettiva della continuità con lo specchio lacustre). Ma anche una sorta di biopiscina ante litteram, visto che l’acqua invasata dal lago, una volta tracimata, ricade su un sistema di ninfei perimetrali volti a esercitare un’azione tanto decorativa quanto fitodepurativa”23

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23 : P. Belardi (a cura di), NAU, Novecento Architettura Umbria, Il Formichiere, Foligno (PG), 2014 pag.136 24 : Regione Umbria, M. Fresa, G. Giacchè, L. Giacchè (a cura di), I Giardini Di Pietro Porcinai In Umbria, Quattroemme, Perugia 2014

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La piscina era circondata a nord da un anfiteatro roccioso, mentre il declivio situato a sud veniva portato in piano con un terrazzamento, realizzato con un muro a secco, incassando nel lato est i locali per la rimessa, per i servizi e gli impianti tecnici. Il terrazzamento serviva ad un doppio occultamento: quello della vasca dal sentiero sottostante, e quello dei locali di servizio dal prato della piscina. La scelta delle specie da collocare nella piscina è stata oggetto di grande cura, in particolare per le piante acquatiche. Molto dettagliato il disegno dei locali di servizio e dei loro arredi. 24 Situati sui bordi della vasca, sul lato più soleggiato, si trovano degli stenditoi di pietra monolitica scolpiti da Alberto Longoni. Dopo l’acquisto dell’isola da parte della provincia, la piscina cade in disuso fino a quando, dal 1988 al 1993, avviene il recupero filologico coordinato dall’arch. Severpaolo Tagliasacchi, reimpiantando le specie vegetali previste da Porcinai, ripristinando il sistema di fitodepurazione e rendendola così la Piscina delle piante acquatiche. Da quel momento ad oggi la piscina ha ricevuto diversi lavori di ristrutturazione riguardanti l’impermeabilizzazione, gli impianti ed i servizi. Al momento della redazione di questa tesi, la piscina è chiusa per lavori di manutenzione straordinaria.


2.3: La storia recente, gli usi attuali ed i progetti futuri

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Uno dei progetti presentati al concorso di idee del 1988, del gruppo dell’arch. Pier Giorgio Giannelli.

L’Isola, come già menzionato, viene acquistata dalla Provincia di Perugia nel 1973, e da quel momento inizia la sua storia contemporanea che, dopo una lunga fruizione prerogativa dei possidenti privati, porta alla definizione dei suoi nuovi utilizzi in ambito pubblico. La vocazione ambientale scientifico – didattica dell’isola inizia a delinearsi già a partire dal concorso di idee organizzato dalla provincia del 1988, che sebbene non abbia portato a dei vincitori ed a piani unitari, comincia a definire gli ambiti di intervento che offrono le maggiori potenzialità e dei possibili scenari futuri. I primi recuperi architettonici partono poco dopo, negli anni ’90, con l’obiettivo il giubileo, e riguardano il castello, la chiesa di San Giuliano e la fattoria Il Poggio, che viene convertita a struttura ricettiva ad ostello. Inizia così la valorizzazione del turismo sull’isola, primo componente di quella che poi diventerà la sua valenza educativa. I miglioramenti tecnici riguardano anche le dotazioni impiantistiche, viene infatti installato un impianto di fitodepurazione tra il castello e la fattoria, che denota l’inizio di una forte attenzione alle tematiche di sostenibilità ambientale che connotano la gestione odierna della Polvese. Dal 1995 l’isola appartiene al parco regionale protetto del Trasimeno e viene dichiarata dalla Provincia di


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Le porcilaie ed il seccatoio della frutta, a lavori di ristrutturazione quasi ultimati.

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Perugia “Parco Scientifico Didattico”, dedicato ad attività di educazione ambientale, sperimentazione didattica, ricerca scientifica, naturalistica e antropologica. Nel 1998 la regione Umbria, nel’ambito della Rete Regionale INFEA dei Centri di Educazione Ambientale, su proposta della provincia, crea Aula Verde - CEA, il Centro di Esperienza Ambientale di Isola Polvese, il quale gestisce le attività di educazione ambientale ed ecoturismo del Parco. Il CEA propone un’offerta variegata di servizi per le scuole e i turisti con percorsi tematici, visite in giornata e campi scuola. Per via del ridimensionamento dei fondi statali concessi alle provincie del 2014, la gestione delle strutture agricole dell’isola è stata concessa ad una cooperativa, che ha permesso il recupero della ex casa del custode a destinazione servizi, la foresteria e la villa del Biagiotti come struttura alberghiera. Nel 2017 inoltre l’edificio del monastero di San Secondo, oggetto del progetto di tesi, viene concesso ad ARPA Umbria che vi instaura una sede distaccata (per un approfondimento vedere il capitolo Monastero di S. Secondo: Usi attuali). Mancava un progetto unitario di recupero dei fabbricati minori e delle infrastrutture, ma l’occasione viene offerta da un bando europeo sulla programmazione del POR


FESR 2014-2020 (Programma di sviluppo rurale), a cui la provincia partecipa con dei progetti di recupero riguardanti alcune piccole costruzioni agricole (il seccatoio della frutta, le porcilaie, il roccolo di caccia, la fagianaia) e altre con valenza monumentale e storica, ovvero la chiesa di Santa Maria della Cerqua e la Piscina Porcinai. Inoltre, il progetto prevede la riqualificazione generale della sentieristica. Il seccatoio della frutta e le porcilaie, dei piccoli fabbricati agricoli caratterizzati da superfici laterizie a gelosia, vengono trasformate in infopoint, locali per servizi e rimesse per veicoli elettrici per la mobilità sull’isola. I progetti di restauro sono caratterizzati dalla modificazione minima delle forme architettoniche originali e dall’introduzione di nuovi impianti tecnici. Al momento della redazione di questa tesi i lavori sono alle fasi conclusive. 60

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Il roccolo di caccia a lavori conclusi.

Il roccolo di caccia si tratta di un piccolo edificio a capanna dal singolare inserimento paesaggistico, dovuto alla sua funzione originale. Esso è completamente mimetizzato e circondato da una


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La fagianaia è un edificio a pianta rettangolare allungata costruito nel periodo di possesso del conte Pianciani per l’allevamento di fagiani per la trasformazione dell’isola in riserva di caccia. Allo stato di rudere, il progetto di recupero consiste

Sopra: Il progetto di recupero della fagianaia in costruzione. Sotto: Render del progetto di recupero, di Ivano Malizia e Michele Verdi, da G. Giancipoli, Il paesaggio del Trasimeno: da e verso Polvese

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cerchia di alberi, il boschetto, sulle quali era appeso un fitto sistema di reti verticali volte alla cattura degli uccelli. Coerentemente col passaggio dalla funzione di riserva di caccia privata a quella ambientale educativa, il roccolo viene recuperato e trasformato in rifugio per bird watching. Al momento, i lavori sono stati appena completati e l’edificio è in attesa di essere utilizzato.


Il progetto di recupero della rovina della chiesa di Santa Maria della Cerqua. 62

nell’inserimento di un volume architettonico, con struttura a portali in acciaio, entro il perimetro delle murature rimaste. L’obiettivo è quello di creare un’aula di educazione ambientale “3.0”, dotata di tecnologie innovative per la didattica e l’osservazione naturalistica. Al momento il progetto è in fase di cantiere.

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Il recupero della chiesa di Santa Maria della Cerqua, già approfondita nel capitolo riguardante il patrimonio architettonico dell’isola, prevede la rievocazione (parziale, per limitarne l’impatto visivo) del volume originale della chiesa tramite dei portali in acciaio preossidato, oltre alla messa in sicurezza delle murature e alla rimozione della vegetazione infestante. Viene inoltre realizzata una pavimentazione in ghiaia di fiume stabilizzata per l’indicazione dell’ingombro in pianta della chiesa originale. La piscina Porcinai sta subendo interventi di manutenzione straordinaria, volti al recupero dei locali interrati adibiti a spogliatoio e servizi ed al ripristino degli impianti, oltre all’aggiunta di un ulteriore sistema di fitodepurazione ed il reinserimento delle


specie acquatiche. Attualmente l’accesso alla piscina è vietato, la vasca si presenta quasi del tutto svuotata e la vegetazione che la circonda in stato di incuria. Infine, la sentieristica sta subendo dei parziali lavori di ristrutturazione per migliorarne la percorribilità e l’accessibilità. A tal fine è stato creato un percorso per ipovedenti, con la dedicata pavimentazione speciale in rilievo, all’interno del borgo, che collega i principali edifici ed attrazioni. È comunque troppo limitato come estensione per essere considerato un intervento strutturale volto al miglioramento dell’accessibilità. Inoltre, alcuni tratti di sentiero sono stati migliorati tramite l’introduzione di bordature di contenimento in calcestruzzo e dall’utilizzo di nuova ghiaia parzialmente stabilizzata, primo fra tutti il tratto che dal monastero di San Secondo percorre il viale dei cipressi per arrivare al belvedere sulla punta nord ovest dell’isola.

Oltre alle visite guidate ed alle attività per le scuole, quelle di ricerca scientifica e di ospitalità alberghiera, l’isola ha una spiccata vocazione produttiva, dovuta all’elevato numero di alberi di ulivo presenti (quasi 6000) ed alla possibilità del trattamento in loco del raccolto con metodi tradizionali. L’Azienda Agraria Isola Polvese è di proprietà della Provincia che, come già menzionato, ha affidato la gestione delle

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Altri progetti previsti dalla Provincia riguardano il recupero ed il potenziamento delle strutture sportive a cielo aperto situate nella zona della piana a sud est, che comprendono il campo da calcio, dei nuovi campi da tennis, un percorso di “biogolf ”, un’area per il tiro con l’arco ed una adibita a campeggio didattico. È inoltre in progetto anche l’aggiunta di una nuova piscina vicino a quella del Porcinai. Al momento della redazione di questa tesi, tutti questi interventi non sono ancora cantierizzati ed è possibile che non lo saranno mai.


piantagioni all’Oleificio Cooperativo “Il Progresso” Soc. Coop Agricola, che commercializza l’olio prodotto sotto il nome di “Dolce Lago”. Infine, occorre menzionare che l’Isola Polvese ospita a cadenza quasi annuale “L’Isola di Einstein”, festival internazionale di spettacoli scientifici unico in Europa, organizzato dall’impresa sociale di promozione della cultura scientifica e tecnica Psiquadro. A settembre, artisti, divulgatori, scienzati e storytellers internazionali si riuniscono sull’isola per dar vita ad un weekend di eventi che ha attirato in sei edizioni 51 000 visitatori. Il festival si svolge nella zona del borgo e dal 2019 nell’edificio del monastero di San Secondo. È diviso in aree tematiche, ognuna delle quali ospita un ricco programma, quasi interamente svolto outdoor. In queste sei edizioni il festival è passato da uno a tre giorni, quadruplicando il numero di visitatori. Il festival è co finanziato da vari enti tra cui l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, inoltre riceve fondi nel programma Horizon 2020 dell’Unione Europea. 25

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: Da https://www. isoladieinstein.it/ 25


Il festival l’Isola di Einstein presso il borgo. Da https:// tuttoggi.info

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3: IL MONASTERO DI SAN SECONDO

Fotogramma dal video: Drone Zone, Isola Polvese 2018 - Lago Trasimeno, 13 ottobre 2018, da https://www.youtube. com/watch?v=ydhj7MAPQv8&t=145s

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3.1: La storia del monastero

: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 171 26

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Ricostruzione ipotetica della prima fase costruttiva della chiesa di San Secondo, rielaborazione grafica da quella di Andrea Monacelli in Ex Monastero Olivetano di S. Secondo di Isola Polvese, Perugia. Ipotesi di consolidamento e adattamento, 2001

“Delle molte cose, con cui a piene mani, la natura genitrice di tutte le meraviglie, ha adornato il famosissimo Trasimeno, cioè il lago perugino, e non meno di ogni altro, che scaturisce nel suolo d’Italia, l’ha nobilitato; vi sono tre isole che in mezzo allo specchio d’acqua fanno di sé bellissima mostra. Di queste isole quella chiamata Polvese è resa sacra dalla presenza del cenobio di San Secondo, nel punto dove essa è meno accessibile”. 26

Così don Secondo Lancellotti, storico olivetano del seicento, descriveva l’isola e il complesso monasteriale. Il primo documento che nomina la chiesa di San Secondo risale al 1014, in un privilegio concesso all’Abbazia di Farneta in Val di Chiana dall’Imperatore Enrico II, in cui viene citata la “Ecclesiis Sanctorum Secondi”. Il complesso religioso deriva il suo nome dalla venerazione di una reliquia di San Secondo martire, un braccio, morto durante le persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani. A quest’epoca o precedentemente possiamo far risalire la prima fase costruttiva del complesso. La cripta, di tipologia a sala monostila, poggia su blocchi di pietra di edifici precedenti, tra cui stralci di muratura romana ed etrusca. Essa mostra caratteristiche


architettoniche comparabili con quelle di altre cripte coeve. La chiesa era costituita da tre navate con una copertura a doppia capanna. La navata centrale era coperta da una struttura a capriate lignee, non essendo presenti imposte di volte, mentre in quelle laterali sono leggibili peducci nella controfacciata e nelle pilastrature. La scala per il presbiterio in questa fase era posta centralmente, mentre le navate laterali portavano a due piccoli ingressi per la cripta. A circa un secolo dopo risale la tesimonianza della elevazione della chiesa a pieve. In una bolla di Innocenzo III indirizzata a Rodolfo vescovo di Perugia, nella quale sono convalidati con privilegio della Sede apostolica tutti i possedimenti del vescovato perugino, è ricordata anche l’isola Polvese e la sua pieve di San Secondo “cum cappellis et omnibus ad eam pertinentibus”.27 In questo periodo è ipotizzabile venisse costruita la sagrestia, che doveva servire probabilmente come residenza del prete, visto il nuovo prestigio acquisito dal complesso dopo la nomina a pieve. La sagrestia è un volume a pianta rettangolare, presenta un ambiente ipogeo connesso alla cripta e si appoggia superiormente alla struttura absidale.

: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 58 28 : ibidem 27

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Nel 1184 l’abate del monastero benedettino di San Gennaro di Campoleoni in provincia di Arezzo cede alla città di perugia Castiglion del Lago con tutti i suoi possedimenti. La chiesa di San Secondo ottiene così in proprietà un’altra chiesa, un orto, una vigna e venti parrocchiani. Non si hanno molte notizie dirette della chiesa nel secolo successivo. Nel 1238 viene nominata nuovamente in una bolla di Gregorio IX, docuemento nel quale vengono elencati i possedimenti dell’abbazia di Farneta, nel quale è citata San Secondo, nuovamente con il titolo di pieve: “Plebs Sancti Secundi de Insula Pulvense cum omnibus pertinentiis eorum”28.

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Ricostruzione ipotetica della seconda fase costruttiva della chiesa di San Secondo, rielaborazione grafica da quella di Andrea Monacelli in Ex Monastero Olivetano di S. Secondo di Isola Polvese, Perugia. Ipotesi di consolidamento e adattamento, 2001

È ipotizzabile che l’edificazione del campanile sia posteriore a quella della sagrestia, considerando la sua diversa tessitura muraria rispetto sia a quest’ultima che alla sagrestia. È infatti composta da una muratura a filaretto realizzata in blocchi di pietra calcarea, squadrata più precisamente del resto dell’edificio. La costruzione è ipotizzabile in questo periodo perché corrispondete al massimo numero di abitanti dell’isola, circa 450. Coeva al campanile è la costruzione dell’ingresso centralle alla cripta che presenta blocchi di pietra dalla lavorazione simile. Nel XIV secolo la giurisdizione del monastero è più volte contesa tra l’Abbazia di Farneta e i rettori nominati dal vescovo di Perugia. Nel 1399 però Bonifacio IX riconosce i diritti di possedimento e governo del monastero al rettore Angelo di Lorenzo. A questo periodo risale la prima testimonianza della presenza di un chiostro accanto alla chiesa, grazie all’atto di vendita dello stesso da parte di Angelo di Lorenzo al conte Nicolò Orsini, in cambio di un pezzo di terra. Dapprima di competenza benedettina, il monastero passa sotto la sfera degli Olivetani quando questi


fondano il monastero di Monte Morcino a Perugia e ottengono la gida del Collegio della Sapienza Vecchia: “Per quanto concerne San Secondo, le fonti, le Lettere apostoliche, registrano che Bonifacio IX nel 1395, concesse per beneficio le chiese di San Secondo dell’isola Polvese e di Santa Maria Maddalena al monastero di Montemorcino”. Il trasferimento dei monaci a San Secondo avviene probabilmente nel 1404, anno di accorpamento ufficiale a Montemorcino. A questo periodo risale la costruzione dell’edificio monastico annesso alla chiesa, volto ad ospitare i monaci in una dozzina di celle poste al primo piano. La struttura originaria del nuovo complesso monastico va a saldarsi alla sagrestia con difficoltà di carattere strutturale, dovute anche ai divesi piani di campagna dell’edificio monastico e della chiesa. Il monastero in origine presentava due bracci a delimitazione di una sorta di chiostro centrale, del quale recenti scavi archeologici hanno dimostrato l’esistenza, ma del braccio parallelo alla chiesa rimangono oggi solo poche tracce in quanto il completo crollo di quest’ala e la rimozione delle macerie impediscono ne impediscono la ricostruzione ideale. Rimangono però i resti dei setti murari e delle volte.

: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 134 29

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Nel 1459 l’Isola Polvese riceve la visita del papa Pio II, il quale alloggia con certezza nel monastero di recente costruzione. Così riportava Pietro Angelo di Giovanni: “Adì 19 de febraio, papa Pio si partì da Perugia con tutta la sua corte, e andò la sera a isola Polvese, e allogò in San Secondo, e li el nostro Comune fece provisione de quello che bisognava”.29 Il 1482 è l’anno di svolta per le sorti di San Secondo e dell’Isola di conseguenza, perché segna il passaggio dalla dipendenza a Monte Morcino alla nomina a monastero autonomo. Su iniziativa degli stessi isolani viene promossa l’azione che porta all’autonomia e alla nomina del primo priore, fra Nicolò da Volterra. Pochi anni dopo un atto capitolare testimonia il

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Ricostruzione ipotetica dell’ultima fase costruttiva della chiesa di San Secondo, rielaborazione grafica con l’aggiunta del chiostro, da quella di Andrea Monacelli in Ex Monastero Olivetano di S. Secondo di Isola Polvese, Perugia. Ipotesi di consolidamento e adattamento, 2001

possesso da parte del monastero di alcune chiese poste nel distretto di Chiusi, a riprova dell’accresciuto prestigio e delle ricchezze di San Secondo. “A questo punto sembrerebbe che le cose sia per il monastero che per gli abitanti della Polvese, si fossero messe per il meglio, tanto è vero che in questo periodo (1495) esistevano nell’isola ben 56 fuochi (famiglie) pari ad una popolazione di circa


300 abitanti, allibrati per un importo complessivo di 1175 libbre grosse.”30

Per tutto il ‘500 la vita della comunità monastica procede in maniera tranquilla e con l’acquisizione di nuove terre e possedimenti che si estendevano sulle rive del Trasimeno fino all’interno della Toscana. Nel 1533 Bernardino di Mariotto dipinge una pala d’altare centinata ( tempera su tavola di 230x133 cm) rappresentante la Vergine Maria con il Bimbo in trono tra i santi Andrea Apostolo e Giuliano e viene collocata nella chiesa di San Secondo, così come il dipinto di Sinibaldo Ibi Madonna in trono con il Bimbo ed i santi Secondo martire, Giovanni Battista, Benedetto e Sebastiano. “Nell’attuale chiesa parrocchiale a sinistra, entro cornice servita per altro quadro, pure del XV o XVI secolo, veggonsi in quest’epoca e di scuola Umbra, la figura dei Santi Sinforiano, Claudio, Nicostrato, Simplicio. [...] infatti come questa (l’isola) aveva ricevuto gran beneficio dall’apertura avvenuta nel 1482 del monastero olivetano, tosì pure la chiusura del medesimo, nel 1624, ne determinerà il declino ed il progressivo abbandono.”31

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Il XVII secolo infatti sengna l’inizio del declino di tutta l’isola, conseguente all’abbandono del monastero. Riporta così il monaco olivetano don Michelangelo Belforti, nella Cronologia Brevis Caenobiorum, riferendosi all’anno 1624:

: E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 147 31 :Ibi pag. 162 30

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“vista l’inclemenza dell’aria paludosa e malarica del lago Trasimeno, ove i monaci molto spesso si ammalavano di malaria ed alcuni ne morivano, Gregorio XV trasferì la famiglia di San Secondo nel monastero di Sant’ Antonio di Perugia, a porta Sole, rimesso a nuovo in quell’anno dal vescovo di Perugia Francesco Tolomei; quell’anno era abate del monastero (di Montemorcino) Antonio


Baldeschi.”32

:E. Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese, Protagon editrice, Perugia 1991 pag. 170 32

: M. Roncetti, La chiesa e il monastero olivetano di S. Secondo nell’isola Polvese, estratto dal Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, Volume LXXIV – Fasc. 2, Arti grafiche, Città di Castello (Pg), 1978 pag. 218 33

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La “Carta delle processioni”, disegnata nel 1805 dal parroco Domenico Pompei. Da: P. Salerno, C. Longo, I Nomi Raccontano la Toponomastica dell’Isola Polvese.

Così, il 17 novembre 1624, il monastero viene abbandonato e comincia lo spoglio delle suppellettili sacre e profane, tra le quali le pale di Sinibaldo Ibi (ora a Roma nella chiesa di Santa Francesca Romana) e di Bernardino di Mariotto (ora a Perugia nella Galleria Nazionale dell’Umbria), che vengono trasferite a S. Antonio. A metà del 700 abbiamo una testimonianza del fatto che la chiesa fosse già in stato di rovina. Lo storico Belforti descrive così ciò che rimane della costruzione: “[...] è questa chiesa presentemente diruta, benché molto si distingua della antica forma ed architettura.”33 Nonostante il trasferimento, al 1730 l’ordine dei monaci olivetani possedeva ancora circa un terzo del territorio della Polvese. La decadenza dell’Isola viene accelerata nel 1833, quando un decreto di Gregorio XVI sopprime l’ordine degli olivetani, ed i beni che questi possedevano nella Polvese passano ai camaldolesi che, poco tempo dopo, li vendono al conte Vincenzo Pianciani di


L’ultima fase della vita del complesso comprende il periodo che va dal trasferimento del monastero di S. Secono in un quartiere perugino, fino ad arrivare all’abbandono degli ultimi coloni e le successive opere di restauro realizzate negli anni 50, promosse dall’allora proprietar dell’isola commendatore Biagio Biagiotti. Il degrado comprende il crollo di gran parte della chiesa, così come quello del secondo braccio del monastero. I restauri successivamente hanno modificato l’aspetto dei resti della facciata, aggiungendo parti

Il monastero all’inizio del 900. È visibile il tetto a capanna della sagrestia e la diversa forma della facciata. Da Eliseo Pisinicca, Vicende storiche dell’Isola Polvese.

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Spoleto, il quale possiede già altri territori dell’Isola, divenendone così l’unico proprietario. Inizia così la fase di possedimento privato della Polvese. Nel 1857 l’isola viene affittata e rimessa a coltivazione da tre famiglie di coloni, una delle quali si trasferisce all’interno dell’ormai ex monastero, apportando alcune modifiche architettoniche per adattarlo ai nuovi bisogni agricoli. Viene così trasformata la sala capitolare in magazzino e rimessa per il bestiame e vengono create nuove aperture, come la porta della sagrestia. Le rovine della chiesa diventano pascolo di ovini.


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Un progetto presentato al concorso di idee del 1988, che propone un giardino delle piante officinali nel sito del monastero. Gruppo dell’arch. Severpaolo Tagliasacchi.

non originali, e quello della sagrestia, nella quale è stata sostituita una parte crollata, rimuovendo il tetto a capanna e alzandola di quasi 2 metri in prospetto. Dopo il fallimento delle società del proprietario dell’Isola conte Giannino Citterio, l’Isola viene acquistata dalla Provincia di Perugia, e con essa il Monastero. L’acquisto provvidenziale segna il ritorno dell’interesse pubblico nella conservazione e salvaguardia dell’isola, con i suoi beni sia ambientali che architettonici. Per questo motivo nel 1988 la Provincia bandisce un concorso nazionale di idee per l’uso e la valorizzazione dell’Isola Polvese. Prevede sia usi ricreativi che culturali, volti all’immaginazione di nuovi scenari per l’isola. Non viene assegnato il primo premquio, ma alcuni gruppi di lavoro vengono richiamati per l’affidamenti di incarichi puntuali. Tra i progetti proposti, si evidenzia qui quello interessante il sito del monastero e le rovine della chiesa del gruppo coordinato dall’arch. Severpaolo Tagliasacchi.


Tra il 2002 ed il 2015, con appalti a stralci, avviene il recupero completo dell’edificio del monastero e la messa in sicurezza delle rovine della chiesa, su progetto e direzione lavori dell’Arch. Sergio Formica. 34 I lavori sono stati finanziati in gran parte grazie al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L’intervento tiene in estrema considerazione il recupero della preesistenza tramite pratiche sostenibili. Vengono infatti utilizzati materiali dall’impatto ambientale basso, calcolato per l’intero ciclo di vita. Viene realizzato il trattamento delle strutture lignee, degli infissi sia interni che esterni, delle pavimentazioni e degli elementi storici. Vengono realizzati nuovi impianti di riscaldamento radiante a bassa

La sala capitolare del monasero prima e dopo i lavori di restauro. Foto di arch. Sergio Formica.

34 : Da http://warredocunistrapg.org/wp-content/ uploads/2017/11/2.1Sergio-Formica_Provincia-diPerugia.pdf

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Il progetto prevedeva la realizzazione di un giardino delle piante officiali con forme ricordanti il giardino rinascimentale all’italiana, nonché la sistemazione paesaggistica dell’intorno della chiesa.


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temperatura a parete e a pavimento, alimentati da una caldaia funzionante a pellet o a cippato ( scarti prodotti dalla potatura delle piante). Viene inserito un nuovo impianto elettrico a bassissimo consumo ed un elevatore per disabili, inoltre viene realizzato un impianto di depurazione delle acque grigie e nere di scarico attraverso un sisema di fitodepurazione. La sala capitolare viene così convertita in una sala riunioni di 90 posti, mentre il piano superiore viene lasciato ad open space come spazio polivalente. Durante il periodo dei lavori, precisamente nel 2008 e nel 2012, vengono effettuate due campagne di scavo dirette dall’Università degli Studi di Perugia, sotto la direzione di D. Scortecci e P. Braconi, che riportano alla luce le tracce del chiostro, a prova tangibile della sua esistenza nel periodo di massima espansione del complesso. Viene scoperto così un complicato sistema di canalizzazioni che alimentavano due cisterne ipogee. Vengono inoltre rinvenute una fornace di forma circolare, a testimonianza dell’aspetto anche economico dell’insediamento religioso, ed alcune


sepolture sia di adulti che bambini, “Il che lascerebbe ipotizzare un più complesso sistema sepolcrale situato nelle immediate vicinanze della struttura ecclesiastica, visto il ruolo di pieve rivestito da San Secondo”. 35 Nel 2017 l’edificio viene ceduto ad ARPA Umbria (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), che vi instaura il Centro studi sul “Cambiamento Climatico e Biodiversità in ambienti lacustri e aree umide”. Viene poi collocata nella nuova sede la banca del Germoplasma di interesse agrario del comprensorio del Trasimeno. Attualmente l’ARPA organizza in sede convegni ed attività educative.

Il complesso monastico si presenta in pianta come una struttura ad L con chiesa e monastero posti perpendicolarmente, la prima a nord est e il secondo a sud ovest. La sistemazione paesaggistica dell’area prospiciente il monastero risente però della crescita incontrollata di erba e vegetazione, che rende difficile la percorrenza dei sentieri disegnati dal progetto, così come illeggibile l’intenzione dell’ “isola in miniatura”. Di fronte all’ingresso dell’edificio monastico si trovano un antico pozzo utilizzato dai monaci ed un piccolo fabbricato, ex porcilaia, ora edificio impiantistico.

: B. Venanti, Recenti scavi nell’abbazia di San Secondo all’isola Polvese del lago Trasimeno in Martiri, santi, patroni: per una archeologia della devozione, Atti X congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, Università della Calabria, 15-18 settembre 2010. 35

3.2: L’architettura 79

Al momento della redazione di questa tesi il monastero recentemente restaurato si presenta in ottime condizioni di conservazione. L’edificio si sviluppa su due piani, collegati tra loro da un passaggio all’interno della sagrestia (un volume leggermente prospiciente il monastero, di forma parallelepipeda ricostruita parzialmente nel recente restauro, a cui si accede dall’abside della chiesa) e dall’elevatore di nuova costruzione. Al piano terra il

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L’edificio monastico


L’edificio monastico.

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locale principale è la già menzionata sala capitolare, che ospitava il refettorio dei monaci. Si tratta di un unico ambiente caratterizzato dalle volte a “schifo” su peducci in pietra serena e dalle monofore a sesto acuto. Una nicchia situata all’angolo della sala conteneva probabilmente una Madonna col Bambino. Oggi la sala contiene una sala conferenze composta da un piccolo palco e 90 poltroncine. Il piano superiore conteneva le celle dei monaci ed era diviso in 12 piccoli ambienti da tramezzature leggere. Oggi si presenta come un’unica sala polivalente fortemente caratterizzata dalle capriate lignee che sorreggono la nuova copertura, realizzata in sede dei recenti restauri. La rovina della chiesa

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Le rovine della chiesa permettono una certa leggibilità della conformazione architettonica originale. Viene qui riportata la descrizione del Roncetti “Della chiesa infatti sopravvive quasi per intero la facciata, nella quale si aprono un rosone al centro e due coppie di finestre sovrapposte


L’interno della facciata della rovina della chiesa di San Secondo. 81

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ai lati; la porta d’ingresso è sovrastata da un architrave pericolante (spezzato) e dal vano di una lunetta. Quello che resta delle pareti perimetrali e dell’abside invece non supera di molto l’altezza d’un uomo. Il campanile si eleva lungo il fianco sinistro della chiesa, in corrispondenza dell’angolo nord-orientale, ed appare in buone condizioni fino alla cella campanaria che prende luce da quattro finestre a sesto acuto; è invece mutilo nella parte cuspidale. [...] Il materiale impiegato nella costruzione (blocchi piuttosto irregolari di pietra calcarea alternata all’arenaria; in certi punti laterizi) conferisce all’insieme quellìeffetto ottico, quell’aspetto che è stato giustamente paragonato alla trama di una rustica tela. [...] All’interno la chiesa si presenta come una basilica a tre navate, che dovevano essere separate da due filari di pilastri alternati a colonne, sostenuti archi a tutto sesto; verso l’abside s’intravvede l’ingresso al vano della cripta, sfuggita ad una recente rassegna delle cripte umbre. Alla destra dell’abside si apre un vasto locale, aggettante rispetto al resto della costruzione (forse la sagrestia), che funge da collegamento con l’edificio del monastero. Questo si sviluppa perpendicolarmente alla chiesa; osservandolo da est in esso sono riconoscibili le tre finestre


ogivali della sala capitolare e al secondo piano le finestre più piccole delle celle dei religiosi. Nella facciata ovest, quasi per interno coperta da piante rampicanti 2, si apre la porta d’ingresso principale, sulla cui architrave di pietra serena è scolpito lo stemma dell’ordine olivetano. Protetto da questo lato dell’edificio monastico e dal fianco destro della chiesa doveva sorgere il chiostro […]. Come si vede dunque, nel suo piccolo, nella sua dimensione rustica e provinciale, anche il monastero di S.Secondo rispettava i canoni architettonici che caratterizzano i più rinomati complessi abbaziali.”36

: M. Roncetti, La chiesa e il monastero olivetano di S. Secondo nell’isola Polvese, estratto dal Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, Volume LXXIV – Fasc. 2, Arti grafiche, Città di Castello (Pg), 1978 pag. 218 36

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L’area dove un tempo si trovava il chiostro del complesso.

Rispetto alla descrizione del Roncetti, il progetto di restauro dell’Arch. Formica poco ha modificato delle rovine. In particolare, viene realizzato un pavimento flottante in doghe lignee al di sopra della cripta, ricreando in questo modo il piano di calpestio del presbiterio. Viene rimossa la vegetazione infestante le murature storiche, che vengono ripulite e protette con un lieve strato di materiale di sacrificio. Inoltre, vengono inseriti sulle murature dell’abside dei parapetti in acciaio a rete, così come ai bordi del palco. Di fronte alla facciata della chiesa i recenti lavori hanno


creato un punto di belvedere grazie all’inserimento di un muretto a secco a forma di v con funzione di parapetto, circondante l’albero secolare lì presente. L’area dell’ex chiostro L’area dove si trovava il chiostro è la superficie trapezoidale compresa tra il lato sud della chiesa e quello nord del monastero. Una discesa porta dall’area di fronte alla facciata al sito dei recenti scavi archeologici, resi difficilmente leggibili dalla crescita incontrollata della vegetazione e dai movimenti del terreno, caratterizzato da una superficie in discesa fortemente irregolare. Tra la facciata del monastero e il muro d’imposta dell’ex chiostro i recenti lavori hanno inserito un’area pavimentata con dei gradini per risolvere il dislivello che intercorre tra un estremo e l’altro dell’edificio monastico, e su cui si affacciano due porte incorniciate dallo stemma del monastero. Qui una scala di acciaio prefabbricata porta al piano superiore dell’edificio. Nell’area centrale dell’ex chiostro si trovano tre alberi di ulivo che offrono un po’ di riparo dal sole ed incorniciano la vista sul lago, favorita dalla notevole differenza di quota del chiostro rispetto al lato sud ovest del complesso, risolto con un possente muro di contenimento.

3.3: Gli usi attuali

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Come già ricordato nel capitolo riguardante la storia dell’edificio, oggi il monastero ospita una sede dell’ARPA Umbria (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), che vi instaura il Centro studi sul “Cambiamento Climatico e Biodiversità in ambienti lacustri e aree umide”. In un’intervista con la rivista online Micron ecologia, scienza, conoscenza, il Direttore Generale di Arpa Umbria Walter Ganapini racconta così la nascita dell’interesse dell’agenzia per l’isola Polvese:

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“L’attenzione all’isola Polvese deriva invece da una intuizione del mio predecessore Svedo Piccioni, che ne aveva la visione di ‘isola/scatola di pensiero’ sui temi della complessità; condivisi questa intuizione iniziale con Daniela Riganelli, Alessandra Paciotto (Legambiente) ed Anna Rita Cosso (Cittadinanzattiva) per dare forza sociale all’idea di progettare la valorizzazione sostenibile delle peculiari valenze di un così importante crocevia di storia, bellezza ed unicità naturalistiche, ‘monumenta’ di architettura religiosa, culture materiali. Per sottrarre ‘la perla del Trasimeno’ ai ricorrenti appetiti da ‘entertainment district’, il gruppo iniziale , arricchito dai contributi e dalla adesione della Cooperativa dei Pescatori del Trasimeno, di Confcooperative, LegaCoop, Arci, Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali, di promotori culturali da Psiquadro a Plestina a CEA Polvese, ha in pochi mesi elaborato un programma, preliminarmente portato all’approvazione dei Sindaci della allora nascente Unione dei Comuni del Lago e poi risultato vincente al termine di una gara espletata dalla Amministrazione Provinciale di Perugia. Un ‘Protocollo d’Intesa’ condiviso da Regione dell’Umbria, Provincia di Perugia, Unione dei Comuni-Città del Trasimeno ed Arpa Umbria costituisce la cornice istituzionale di riferimento del programma. In tale contesto, Arpa ha concentrato le proprie risorse sulla creazione all’interno del Monastero di un Centro Ricerche “Cambiamento climatico e biodiversità in ambienti lacustri ed aree umide” candidabile a livello internazionale come Focal Point tematico, al pari di quelli già esistenti in Europa sugli ambienti deltizi fluviali e su quelli forestali, proponendo l’Umbria come laboratorio che può mettere in rete dal Trasimeno a Piediluco, da Alviano a Corbara fino a Colfiorito.”37

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: Da https://www. rivistamicron.it/notizie/ilprogetto-di-arpa-umbria-perlisola-polvese/ 37

Gli obiettivi del centro sono la conservazione ed il ripristino della diversità biologica a tutti i livelli


e la conservazione degli ecosistemi naturali. In particolare, si concentrano sull’incoraggiare lo sviluppo della ricerca per la conservazione della biodiversità, la promozione di azioni di conservazione e ripristino di ecosistemi acquatici e la loro gestione sostenibile, supportare azioni per l’adattamento e la resilienza agli impatti delle principali minacce per la biodiversità riconosciute a livello globale, e diffondere l’informazione e la cutura ambientale sensibilizzando l’opinione pubblica ai temi della bio-diversità e nel mantenimento degli ecosistemi. Le attività di ricerca si sono concentrate su diversi temi inerenti alla biodiversità lacustre. Alcuni riguardano le diatomee di ambienti lacustri, altri la catalogazione e monitoraggio delle specie aliene acquatiche in Umbria. In questo contesto è stata sviluppata la segnalazione di eco nazionale sul cosiddetto “gamberetto killer” Dikerogammarus villosus. Oltre a questi, vari progetti di ricerca sono in fase di pianificazione, anche in collaborazione con il CNR, ad esempio per la valorizzazione dell’olivicoltura di qualità dell’Isola.

Oltre alle attività di ricerca scientifica, ARPA Umbria

: Da https://www.arpa. umbria.it/pagine/centrocambiamento-climatico-ebiodiversita-in-amb 38

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Il centro ha recentemente aderito a LifeWatch Italia, che inserisce il centro in un contesto di ricerca su biodiversità ed ecosistemi innovativa per l’Italia e l’Europa, e collabora al progetto H20202 EOMORES (Earth Observation-based services for Monitoring and Reporting of Ecological Status), in cui il lago Trasimeno è stato scelto come caso studio a livello europeo. Il centro è stato anche sede di stage e workshop di importanti università statunitensi come la Texas A&M University, la Loyola University of Chicago – John Felice Rome Centre e la York University.38 Le attività del centro da tempi recenti si sono concentrate nei mesi da aprile a ottobre, per via dei minori costi di gestione.

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organizza workshop e visite di divulgazione per le scuole primarie e secondarie, denominate SAFA (Scuola di Alta formazione Ambientale). Inoltre, il monastero ha ospitato dalla sua ristrutturazione numerosi convegni (ad esempio, l’International Agroecology Short Course nel 2018) ed attività culturali. Per citare solo quelli più recenti, dall’11 agosto al 26 settembre 2021 ha ospitato una mostra di scultura, pittura e fotografia ispirate a temi ambientali chiamata “Isola Prossima”, progettata dall’associazione culturale Art Monsters. Allo stesso tempo dal 2 al 5 Settembre ha ospitato la terza edizione di PoesiaEuropa, evento postto sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo, e che ha visto la partecipazione di giovani poeti e scrittori da tutta Europa, oltre che concerti. Dal 2019 il monastero è anche una delle sedi dell’Isola di Einstein, festival internazionale di spettacoli scientifici che ha luogo nel mese di settembre sull’Isola Polvese, precedentemente concentrato nell’area del Borgo, che dal 2012 ha attratto sull’Isola 51 000 visitatori. L’evento, unico nel panorama internazionale, ha registrato in sei edizioni un successo crescente di pubblico e consensi, passando da uno a tre giorni e quadruplicando il numero di visitatori.

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3.4: Le potenzialità

Le potenzialità del complesso monastico per un progetto architettonico volto alla sua valorizzazione e rifunzionalizzazione sono molteplici. Prima fra tutte e di notevole spessore vi è l’importanza del complesso monastico nella storia dell’Isola. Il periodo di massima importanza demografica ed economica dell’isola ha infatti combaciato con quello di massimo splendore del monastero, e la sua chiusura ne ha determinato una rapida decadenza come bene pubblico. È importante, perciò, valorizzarne la comprensione al pubblico, soprattutto nelle zone


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La seconda tematica che offre spunti per un potenziamento di carattere progettuale è la sinergia possibile con il centro di ricerca dell’ARPA che ha sede nel monastero. Le tematiche ambientali e di ricerca sulla biodieversità si conciliano perfettamente con un recupero architettonico volto alla conservazione ed alla didattica di specie vegetali autoctone e del bacino del Trasimeno, come d’altronde già proposto a suo tempo da uno dei progetti del concorso di

L’interno delle rovine della chiesa, in un periodo di bassa manutenzione.

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dove questa è resa difficoltosa dallo scarso livello di cura e di accessibilità.


idee della Provincia del 1988. Il centro è inoltre un catalizzatore di fondi ed attenzione mediatica, il cui potenziamento sarebbe un volano sia di turismo che di microeconomia per l’Isola e per la Provincia, così come un forte attrattore per la popolazione locale a vivere questo territorio sottovalutato. I numerosi eventi che hanno luogo all’interno del monastero sono da tenere in considerazione nello studio del programma di un intervento architettonico, essendo importanti momenti di riscoperta del luogo e di rifunzionalizzazione del patrimonio storico dell’Isola. Offrono perciò una forte opportunità di potenziamento grazie a strutture dedite, all’aggiunta di servizi di ristoro e di spazi adeguati allo stare ed alla raccolta di gruppi numerosi di visitatori. Estendendo lo sguardo all’Isola nel suo insieme, un’altra forte potenzialità offerta dal sito del complesso monastico è il suo posizionamento, situandosi al culmine dell’intero percorso che va dall’approdo alla punta nord ovest. Lasciando infatti il borgo alle proprie spalle, il visitatore viene incanalato nel sentiero che sale in quota grazie alla presenza della Piscina Porcinai, ora piscina delle piante acquatiche (in fase di restauro al momento della redazione di questa tesi). Questo prosegue passando per la fattoria Il Poggio, che offre l’opportunità per una sosta panoramica di ristoro. Poco dopo si inizia a vedere in lontananza il campanile delle rovine della chiesa di San Secondo. Il sentiero prosegue in un lungo rettilineo leggermente in discesa, fino ad arrivare al monastero. È questo posizionamento del monastero come culmine di un percorso naturalistico una grande potenzialità per l’inserimento di un nuovo progetto nel sistema di visita dell’Isola e nell’apprezzamento della complessità ambientale della stessa.

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Nella pagina accanto: foto del belvedere e della facciata della chiesa.

Infine, punto cardine della scelta del sito come ambito progettuale, sono le potenzialità di fruizione del


paesaggio offerte dal posizionamento panoramico del complesso. L’elevazione del sito rispetto al lago infatti è una qualità che offre spunti progettuali riguardanti il tema della soglia architettonica rispetto al paesaggio, e la possibilità di un progetto degli spazi esterni di qualità volto alla sua fruizione. Inoltre il monastero offre uno dei pochi punti dove l’architettura offre un’opportunità di salita in quota rispetto al piano di calpestio, ovvero il campanile della chiesa. Esso è infatti in ottime condizioni di conservazione, grazie anche ai recenti interventi di restauro, nonché alla qualità della muratura di cui è composto, e l’assenza di una copertura offre l’opportunità per un intervento che permetta nuovamente la risalita al suo interno e la sua utilizzazione come mirador.

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Sopra: Sezione longitudinale dello stato di fatto Sotto: Prospetto nord ovest dello stato di fatto


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Sopra: Sezione trasversale dello stato di fatto Sotto: Prospetto sud est dello stato di fatto


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4: IL PROGETTO

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4.1: Le necessità del sito

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Il sito del complesso monastico di San Secondo si trova oggi in uno stato di dualità netta tra le parti di competenza dell’ARPA, recentemente restaurate ed utilizzate, e quelle che invece sono ad oggi prive di funzione. Nel primo caso lo stato di conservazione risulta ottimo. Il progetto di disegno del paesaggio di fronte alla facciata principale del monastero non brilla certo per qualità del disegno, ma è comunque efficace nel dotare lo spazio prospiciente l’edificio di una percorribilità prima assente, oltre a mettere in risalto il pozzo storico e a musealizzare la canaletta che collegava quest’ultimo all’edificio monastico, recentemente scoperta durante i lavori di ristrutturazione. Soffre però di un problema di manutenzione, in quanto la vegetazione, nei periodi di minor uso, rende più difficoltosa la percorrenza dei sentieri disegnati. Questi hanno il difetto dovuto alla forma a semicirconferenza pura di escludere dal tracciato quella che potrebbe essere un’ottima area di sosta a belvedere, se adeguatamente attrezzata, che invece oggi, a seconda del grado di crescita della vegetazione, si trova spesso ad essere inagibile. Inoltre, questo disegno di pavimentazione non prevede un collegamento con la parte retrostante il monastero sul lato sud ovest, che viene lasciato ad erba incolta, perciò per i motivi già citati spesso inagibile.

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Nel secondo caso, ovvero la parte riguardante le rovine della chiesa, i problemi risultano molteplici, ma trasformabili in potenzialità tramite il progetto architettonico. Primo fra tutti è quello riguardante l’area di forma trapezoidale corrispondente all’antico chiostro. Questa si trova in uno stato di semi abbandono, che la rende difficilmente percorribile (è infatti delimitata da staccionate lignee che ne scoraggiano l’ingresso), in via del fatto che la vegetazione incolta non permette di vedere bene il piano di calpestio, presentando quindi un pericolo di caduta non indifferente, soprattutto


Il secondo problema è quello dell’uso: la rovina

Gli scavi archeologici non valorizzati.

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per individui ipovedenti o dalla mobilità ridotta. Ciò è accentuato dalla natura dissestata del terreno, effetto dovuto ai numerosi riporti di terra effettuati durante le campagne di scavo ed agli effetti dei movimenti naturali del terreno dovuti alle piogge. La difficoltà nell’accedere al sito impedisce anche l’osservazione diretta degli scavi archeologici, ora in uno stato di abbandono, che iniziano nuovamente ad essere ricoperti di terra e vegetazione. Questa situazione rende necessario un intervento volto alla corretta accessibilità dell’area del chiostro ed all’esperienza del paesaggio straordinario da lì visibile. In questo modo anche gli scavi archeologici possono essere correttamente valorizzati e musealizzati, visto il loro essere indispensabili per la completa comprensione di quello che era il complesso monastico al suo massimo splendore. Al fine di ciò, è ipotizzabile anche un intervento che vada a ricostruire la spazialità perduta del chiostro, elemento principe delle architetture monastiche e che in questo caso si è perso nel tempo, ma la sua recente riscoperta mette in nuova luce un’area ad oggi sottoutilizzata e sottovalutata.


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della chiesa viene raramente utilizzata se non per la visita turistica e in pochi giorni l’anno in occasione di festival e convegni. Vista la situazione ambientale straordinaria nella quale è inserita, la rievocazione architettonica che è possibile trovarvi anche solo ad una prima osservazione, ed il racconto di un’epoca lontana di splendore dell’isola, questo sottoutilizzo è un grande spreco. La rovina non presenta in alcun modo apparati didattici o ricostruzioni ipotizzate in loco. L’intervento di restauro del complesso si è infatti focalizzato molto di più sulla rifunzionalizzazione dell’edificio monastico che su quello della chiesa, al di là dell’inserimento della pavimentazione flottante che ne forma il palco / presbiterio. È perciò da pensare un intervento che vada a dare un nuovo uso e nuova vita alla rovina, che ne mantenga l’esperibilità e che renda percepibile il paesaggio circostante, così straordinario. La funzione da inserire in questo nuovo intervento dovrà lavorare in sinergia con il centro ARPA già presente nel monastero, quindi attingere alla vocazione di ricerca e didattica ambientale prerogativa di tutta l’isola. È inoltre importante che esso sia reversibile e sostenibile, vista la delicatezza dell’ambiente dell’isola e l’importanza di poter rimuovere l’intervento nel momento in cui i bisogni dovessero cambiare o cessare. L’altra parte del complesso che necessita di un nuovo uso, o almeno lo suggerisce con forza, è quella del campanile. Al momento della redazione di questa tesi, questo non è accessibile nonostante la porticina inserita durante i lavori a livello del presbiterio. Vista la posizione in quota del complesso e l’elevazione della torre campanaria, una risalita che permettesse di trasformarla in un mirador sarebbe un’occasione straordinaria di rifunzionalizzazione paesaggistica di una rovina. Il terzo problema riguarda i collegamenti tra i dislivelli che circondano il complesso. Di fronte alla facciata


della chiesa si configura uno spazio assimilabile ad un sagrato, le cui potenzialità panoramiche non sono ben sfruttate per via della strana forma del muro a secco con la funzione di parapetto che è stato posizionato in sede di restauro. Inoltre, la crescita incontrollata della vegetazione rende difficile la percorrenza di questo piccolo spiazzo dalla così grande qualità paesaggistica. Quest’area necessita di un collegamento più efficace con la zona del chiostro, visto che il passaggio al lato della facciata è di dimensioni molto limitate e dal fondo sconnesso e potenzialmente pericoloso. Inoltre, manca del tutto un collegamento tra la zona appena al di sotto del muro di contenimento del terrapieno e l’area del chiostro al di sopra di esso. Oggetto dell’intervento sarà individuare le giaciture suggerite dagli scavi archeologici per ipotizzare il punto dove ciò avveniva all’epoca d’oro del monastero.

Il ridisegno degli spazi aperti intorno al complesso monastico è partito dall’individuazione degli assi insiti nell’architettura esistente. L’impianto a L dei due edifici, posizionati proprio al limitare di una scarpata dalla rottura molto netta, individua delle direzionalità ben precise. Inoltre, il sentiero che arriva al monastero e prosegue verso la punta nord ovest dell’isola curva in maniera netta, in un unicum peculiare tra tutti i tracciati presenti sulla Polvese.

4.2: La fruizione del paesaggio e dell’archeologia

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Come già menzionato nel capitolo precedente, l’esperienza che il visitatore ha del paesaggio e dell’archeologia presente nel sito dell’ex chiostro è fortemente sacrificata dall’incuria e dall’assenza di un disegno che ne regolarizzi la percorrenza e ne valorizzi le qualità. Inoltre, non vengono in alcun modo sfruttate le potenzialità paesaggistiche offerte dalla posizione del monastero, se non per un piccolo belvedere di difficile fruizione per via della vegetazione incolta.


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Pianivolumetrico dello stato di fatto con gli assi generatori del progetto.

Questo è probabilmente dovuto all’orografia del terreno, che diventa sempre più scosceso man mano che ci si avvicina al lato nord-ovest, lambito dai venti più forti dell’isola. Per questo motivo la direzione del sentiero è stata presa come asse di riferimento per delimitare quello che, nell’intervento progettuale, diventa il nuovo sagrato della chiesa, ideato sia come luogo di aggregazione, sia come rievocazione di una tipologia di cui ora non abbiamo più traccia nel sito ma che probabilmente in doveva essere presente anche nell’architettura della chiesa di San Secondo, visto il suo posizionamento retrocesso rispetto


al limitare della scarpata proprio di una distanza adatta ad ospitare questo tipo di spazio. I limiti di questa nuova area pavimentata in pietra sono perciò definiti dall’ingombro in pianta della chiesa, i cui assi intersecano poi con la direzionalità definita dal sentiero, quindi dall’orografia del terreno. Il disegno della pavimentazione del nuovo sagrato parte dall’imposizione di una griglia regolare che interpreta le assialità definite dalle rovine della chiesa, ben individuabili nei resti e che presumibilmente ne guidarono a suo tempo la costruzione.

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Pianivolumetrico di progetto.


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Pianta del piano 0.


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Nella pagina accanto: esploso degli interventi sullo spazio aperto.

Per la delimitazione della nuova pavimentazione e sistemazione paesaggistica dell’area del chiostro invece, l’asse preso in considerazione parte dalla facciata corta dell’edificio monastico e prosegue lungo il muro di contenimento del terrapieno. In questo modo l’intersezione degli assi già tracciati in precedenza delinea tre diverse aree, ognuna con caratteristiche peculiari, che hanno guidato le scelte architettoniche e di programma. Quella di forma trapezoidale, corrispondente all’area del chiostro, viene disegnata per valorizzare la fruizione dell’archeologia e del paesaggio. Per la definizione del tracciato della nuova pavimentazione viene preso come riferimento architettonico il Giardino delle piante acquatiche di Carlo Scarpa a Venezia. Il modo in cui la copertura di questo progetto è definita dall’intersezione tra il perimetro del giardino e alcune circonferenze viene ripresa come tema per il disegno della pavimentazione centrale. Gli archi sono posti in modo tale da creare delle aree ad erba in corrispondenza delle emergenze archeologiche, e quindi da ottenere un’area pavimentata al centro. Questa interseca con i tre alberi di olivo presenti nel sito, che offrono l’opportunità di continuare il tema dell’intersezione tra circonferenze, posizionando degli arredi fissi circolari per la loro protezione e per offrire al visitatore delle sedute, al momento non presenti, al di sotto della loro ombra. Il perimetro definito dai muri originali del chiostro viene utilizzato per desumere il tracciato di quello che doveva essere un percorso pavimentato che portava dall’ingresso della chiesa all’edificio monastico. Per risolvere il dislivello viene inserita una rampa addossata al muro sud ovest della chiesa e che prosegue fino ad arrivare all’altro estremo della pavimentazione centrale. In questo modo viene risolto il problema della differenza di quota tra le parti all’aperto e i due ingressi all’edificio monastico presenti, creando quindi un collegamento diretto tra la zona antistante e quella retrostante il monastero. Inoltre viene


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disegnata una rampa che collega la parte al di sotto del muro di contenimento del terrapieno al livello della chiesa, così da completare la percorribilità di tutto il complesso.

Il chiostro del progetto ed il Giardino delle Sculture di Carlo Scarpa a Venezia.

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Il tema progettuale della rievocazione della spazialità del monastero non sarebbe però completo senza l’inserimento di una struttura che ne riproponga effettivamente l’effetto di protezione dal sole e l’idea di soglia con il paesaggio. Come riferimento progettuale e culturale è stato preso in considerazione l’intervento dell’architetto greco Dimitris Pikionis (1887-1968) nella chiesa di Agios Demetrios


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Il chiostro del progetto ed il Peripteron della chiesa di Agios Demetrios Loumbardiaris di Dimitris Pikionis ad Atene.

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Loumbardiaris ad Atene. In particolare, di notevole interesse per il nostro caso è il progetto del Peripteron della chiesa. Costruito in una struttura lignea leggera che è possibile definire low-tech, addossata ad un piccolo padiglione, l’intervento crea una spazialità dalla qualità architettonica elevatissima e genera un rapporto di soglia con il paesaggio dell’Acropoli, inquadrata proprio dalla ritmicità della struttura. La struttura di questo elemento assimilabile ad un portico nel progetto di Pikionis diventa elemento protettivo che amplifica e accompagna il rapporto dell’uomo col paesaggio, offrendo un luogo riparato dal quale fare esperienza della natura che lo circonda


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Prospetto Nord Ovest di progetto.


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Sopra: Prospetto sud est. Sotto: Prospetto nord est.


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Il chiostro di progetto ed il Chiostro Piccolo della Certosa di Pavia, di Giovanni Antonio Amadeo.

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e dal quale allo stesso tempo sentirsi parte di essa. Prendendo questa come base culturale per il progetto, nel chiostro di San Secondo viene inserita una struttura lignea leggera, completamente smontabile, che ripercorre il tracciato originale del chiostro, desumibile dai resti archeologici, lo regolarizza e lo espande a racchiudere le diverse aree aperte dell’intervento. L’impianto strutturale viene desunto utilizzando la già menzionata griglia, disegnata a partire dalla struttura dei resti della chiesa, la quale viene estesa e presa come punto di partenza per la definizione delle partiture delle pilastrature lignee. Queste vanno a fondarsi su delle basi puntuali di


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calcestruzzo ed il cambio di materiale rievoca le tipiche colonne dei chiostri medievali che andavano ad impostare sui muretti perimetrali. La struttura è organizzata in modo tale da funzionare ad incastri perfetti, così da richiedere meno giunture possibili e tutte smontabili. Per il disegno dell’apparato ombreggiante viene preso un nuovo riferimento che lega ancora di più questo progetto al genius loci. Infatti, le diverse trame dei pannelli / listelli lignei di copertura, le loro forature e la loro colorazione sono un rimando diretto alla pratica architettonica delle gelosie laterizie, tipica delle costruzioni agricole e presente in gran quantità nelle architetture dell’Isola, ed in generale di tutta l’Umbria. La caratteristica di filtraggio della luce in maniere sempre differenti viene quindi qui rovesciata ed utilizzata per proiettare a terra delle ombre tutte diverse e cangianti a seconda della posizione del sole, che al pomeriggio scende basso sulla superficie del lago proprio di fronte al chiostro. Infine, nell’area racchiusa tra le due di cui si è parlato, viene definita una zona di belvedere che migliora fortemente la fruizione del paesaggio. Ispirandosi alla continuità visiva tra l’acqua antropica e quella naturale, già tema di progetto della Piscina Porcinai, viene qui posto uno specchio d’acqua che fa da separatore tra il sagrato e la zona belvedere. Questa, protetta dalla struttura lignea del chiostro, offre una vista espansa sul paesaggio lacustre. Il disegno di pavimentazione di quest’area, così come quello della rampa, riprende le partiture dei pilastri della struttura lignea e le evidenzia, creando così un effetto ritmico che accentua la modularità del disegno.


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Vista del sagrato belvedere.


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Vista del chiostro e del nuovo giardino archeologico.


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Vista del chiostro e del nuovo giardino archeologico.


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4.3: La serra didattica ed il mirador

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Pagina accanto: esploso della serra.

Per risolvere il problema della rifunzionalizzazione delle rovine della chiesa viene tenuta in considerazione la vocazione all’educazione ambientale ed alla salvaguardia della biodiversità dell’Isola Polvese, ed in particolare del centro ARPA situato proprio all’interno dell’edificio monastico. Inoltre, va tenuto conto della straordinaria immersione nel paesaggio della rovina, e quindi dell’importanza di salvaguardare la visuale che da questa guarda all’esterno e viceversa. Perciò le necessità di trasparenza dell’involucro architettonico e di instaurare una funzione che si inserisca nei temi sopra nominati hanno guidato la scelta del programma verso quello di serra per la salvaguardia e la didattica delle specie vegetali autoctone. Per l’impostazione della struttura dell’edificio viene utilizzata la griglia già menzionata, che diventa così l’elemento che unisce le diverse parti del progetto in un impianto dall’origine comune. Una struttura a portali in acciaio viene inserita all’interno del volume della chiesa, riprendendo il disegno di quello che oggi ipotizziamo fosse il volume originale della chiesa, ma traslandone la forma per la nuova tipologia a serra. In questo modo il profilo della doppia capanna della chiesa originale diventa una capanna singola dalla quale emerge una lanterna con copertura inclinata, tipico elemento delle serre storiche del XIX secolo. Lo scarto che intercorre tra il volume della nuova serra ed il filo delle pareti rimanenti della chiesa offre l’opportunità per una rievocazione dello spessore dei muri originali, che diventano una intercapedine addossata alla prima chiusura vetrata della serra. Questa diventa il tramite di collegamento tra l’architettura dell’isola, l’architettura del nuovo inserimento ed il mondo naturale: all’interno dell’intercapedine viene inserito un sistema di cavi metallici sospesi che ricrea il disegno a “voronoi”, tipico delle superfici murarie di molti edifici dell’isola, che diventano la struttura di sostegno per la crescita di rampicanti. In questo


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1 - Struttura di base a telaio d’acciaio.

2 - Irrigidimento laterale con mensole e solai in acciaio rivestito.

3 - Chiusure verticali di pannelli lignei con rivestimento a listelli e facciata vetrata leggera.

4 - Strato d’intercapedine con rampicanti in vaso ancorati a cavi metallici.

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5 - Seconda chiusura verticale con facciata vetrata leggera.

6 - hiusure orizzontali inclinate.

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7 - Interni in pannelli removibili.


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Vista assonometrica dell’intero complesso.


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Pianta del piano m1 della serra.


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Sezione prospettica trasversale di progetto.


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Sezione prospettica longitudinale di progetto.


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modo il disegno tipico delle architetture dell’isola ritorna tramite la vegetazione nella nuova serra, e i rampicanti fungono da filtro solare ed aiutano nel controllo del microclima interno.

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Per diminuire la quantità di luce diretta all’interno della serra la parte più esposta, ovvero quella a sud, si configura come un volume opaco che collega le falde della parte vetrata alle geometrie dell’abside della chiesa. Quest’ultimo, grazie ad un ampio lucernario che ne riprende il perimetro, diventa una fonte di luce zenitale e punto di fuga della prospettiva centrale creata dal nuovo volume. Dalla parte della facciata della chiesa invece il volume arretra seguendo i muri arcuati rimasti che formavano la divisione tra le navate laterali e quella centrale, e crea così uno spazio di soglia al coperto tra l’interno della serra ed il sagrato. Infine, il tetto del volume sporge di alcuni moduli in modo tale da proteggere dalla pioggia le rovine della facciata. Per quanto riguarda gli interni della serra, questi riprendono il tema della griglia e della modularità, ma intervallato da quello dell’intersezione con gli archi di cerchio per la prosecuzione del disegno del chiostro, così da legare il disegno dell’interno dell’edificio con quello dell’esterno. Dei percorsi pavimentati di larghezza equivalente al modulo singolo si muovono tra le rovine e le aiuole della serra, conservando la prospettiva centrale della chiesa e portando alle scale di acciaio prefabbricato che salgono sul palco del presbiterio. Questo viene mantenuto dal progetto di restauro precedente e diventa luogo di didattica e di spettacolo. A tal fine viene progettata una struttura a gradoni che si appoggia al volume in fondo all’edificio e che segue il tracciato dell’abside. Inoltre, i portapiante della navata centrale della chiesa sono pensati in modo tale da essere mobili, così da ricavare lo spazio per il posizionamento di sedie ed utilizzare in questo modo la nuova struttura come luogo per


convegni e spettacoli. L’ingresso della serra avviene tramite il portale delle rovine della chiesa, ripristinandone così la funzione. Superato lo spazio di soglia si incontra una parete vetrata scorrevole, che aprendosi del tutto può allungare lo spazio della navata centrale, aumentando così la capienza dell’edificio in caso di eventi particolari. Per l’irrigidimento orizzontale della struttura a portali vengono inserite delle mensole in acciaio corrispondenti ai telai orizzontali della parete vetrata. Queste fungono da piani d’appoggio per le essenze in vaso ed hanno perciò un doppio scopo, sia strutturale che espositivo. All’interno della serra viene ricavato un secondo livello grazie all’inserimento di una passerella, rievocazione della tipologia del matroneo, che corre lungo il perimetro della nuova struttura. Questa permette una nuova prospettiva rialzata delle rovine e del paesaggio circostante. Vi si accede tramite la scala a chiocciola inserita all’interno del campanile della chiesa, utilizzata per portare al mirador.

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Per la scelta delle essenze vegetali, si è tenuto in conto delle dimensioni della pianta, quindi escludendo le

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L’esposizione delle essenze vegetali è organizzata secondo quattro aree, ognuna delle quali corrispondente ad un particolare ambiente vegetale dell’isola Polvese. Il posizionamento di ciascuna di esse all’interno della serra è stabilito tenendo in considerazione l’esposizione solare dell’ambiente corrispondente nell’isola, ed a quale punto all’interno del nuovo edificio questo trova miglior corrispondenza. Per approfondire le caratteristiche dei vari ambienti vegetali dell’isola, rimando al capitolo “Isola Polvese: geografia e ambiente”.


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Pianta del piano 1 della serra.

specie arboree, l’esposizione alla luce necessaria alla loro crescita e l’effetto estetico complessivo dello spazio interno. Sono state identificate le quindici essenze più caratteristiche dei quattro ambienti dell’isola scelti per la serra, come base di partenza


per una collezione che verrà idealmente integrata nel tempo. Sono state escluse le essenze che caratterizzano le zone umide dell’isola, in quanto già rappresentate nel giardino delle piante acquatiche nell’ex Piscina Porcinai.

Nella parte ad ovest dell’edificio corrisponde l’ambiente denominato “boscaglia”, situato nell’isola nella fascia rupestre che cinge la Polvese in tutta la fascia ovest / nord ovest. Le essenze qui sono di carattere arbustivo, e per le più rappresentative sono state scelte: Arum Italicum (Gichero), Ballota Nigra (Marrubio selvatico), Alamintha Nepeta (Mentuccia nepeta), Crataegus Oxycantha (Biancospino), Dactylis Glomerata (Dattile), Ferula communis (Finocchiaccio), Hypericum Perforatum (Iperico), Lagurus Ovatus (Coda di lepre), Polypodium Vulgare (Felce dolce), Prunus Spinosa (Prugnolo selvatico), Rhamnus Alaternus (Alaterno), Rosa Canina, Solanum dulcamara (Morella rampicante), Viburnum Tinus (Viburno), Arbutus Unedo (Corbezzolo). Per la navata centrale della serra, dove sono posti i

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La fascia nord / nord est all’interno dell’edificio è perciò dedicata alla vegetazione dell’area del bosco di leccio e roverella, che trova piena corrispondenza con la sua posizione nella Polvese. Le specie designate per l’area del sottobosco sono: Asplenium adiantum nigrum (Asplenio Adianto), Eterach Officinarum (Erba Ruggine), Cornus Sanguinea (Sanguinella), Cyclamen Hederifolium (Ciclamino Napoletano), Epilobium Parviflorum (Salice Peloso), Erica Arborea, Euonymus Japonicus (Evonimo del Giappone), Galium Aparine (Attaccamani), Laurus Nobilis (Alloro), Ligustrum Vulgare (Ligustro), Prunus Laurocerasus (Lauroceraso), Ruscus Aculeatus (Pungitopo), Smilax Aspera (Smilace), Spartium Junceum (Ginestra Odorosa), Tamarix gallica (Tamerice Comune).


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Nord, nord est, est: Sottobosco

Asplenium adiantum nigrum

Ceterach Officinarum

Cornus Sanguinea

Cyclamen Hederifolium

Epilobium Parviflorum

Erica Arborea

Euonymus Japonicus

Galium Aparine

Laurus Nobilis

Ligustrum Vulgare

Prunus Laurocerasus

Ruscus Aculeatus

Smilax Aspera

Spartium Junceum

Tamarix gallica

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Arum Italicum

Ballota Nigra

Calamintha Nepeta

Crataegus Oxycantha

Dactylis Glomerata

Ferula communis

Hypericum Perforatum

Lagurus Ovatus

Polypodium Vulgare

Prunus Spinosa

Rhamnus Alaternus

Rosa Canina

Solanum dulcamara

Viburnum Tinus

Arbutus Unedo

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Sud ovest, ovest, nord ovest: Boscaglia


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Zone a disturbo antropico

Brassica Campestris

Malva Sylvestris

Stellaria media

Veronica hederifolia

Mentha Longifolia

Rapistrum Rugosum

Anagallis arvensis

Salvia Pratensis

Cynoglossum Creticum

Erodium Cicutarium

Calendula arvensis

Bidens Tripartita

Plantago Lanceolata

Rumex crispus

Artemisia vulgaris

Rapistrum Rugosum

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Brassica Campestris

Malva Sylvestris

Stellaria media

Veronica hederifolia

Mentha Longifolia

Rapistrum Rugosum

Anagallis arvensis

Salvia Pratensis

Cynoglossum Creticum

Erodium Cicutarium

Calendula arvensis

Bidens Tripartita

Plantago Lanceolata

Rumex crispus

Artemisia vulgaris

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Centro, centro sud: Piante degli oliveti e fiori


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Vista dell’interno della serra.


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Vista dell’interno della serra.


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Vista del piano 1 dell’interno della serra.


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casseri mobili, si è optato per le essenze delle zone a disturbo antropico, vista la loro dimensione ridotta e l’esposizione variabile nella quale crescono. Le essenze scelte sono: Brassica Campestris (Ravizzone), Malva Sylvestris (Malva selvatica), Stellaria media (Centocchio comune), Veronica hederifolia (Veronica), Plantago Lanceolata (Piantaggine lanciuola), Mentha Longifolia (Menta selvatica), Rapistrum Rugosum (Miagro peloso), Anagallis arvensis (Mordigallina), Salvia Pratensis (Salvia dei prati), Rumex crispus (Romice crespa), Cynoglossum Creticum (Cinoglosso cretico), Erodium Cicutarium (Becco di gru), Calendula arvensis (Fiorrancio selvatico), Bidens Tripartita (Forbicina comune), Artemisia vulgaris (Amarella).

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Infine, per quanto riguarda le essenze in vaso poste sulle mensole al piano superiore, si è optato per l’esposizione delle piante che caratterizzano tutta l’area degli oliveti al centro dell’isola, comprese le specie floristiche così abbondanti sul territorio della Polvese. La motivazione della scelta viene dal fatto che il piano superiore della serra è quello con la maggior esposizione solare, vista l’assenza di elementi ombreggianti, se non i teli avvolgibili posti nella lanterna che hanno la funzione di parziale schermatura e di diffusione della luce. Questo corrisponde alla parte dell’isola che si alza rispetto al livello del lago ed esposta a sud e sud ovest. Le specie sono: Agropyron Repens (Gramigna), Ajuga Genevensis (Ajuga), Avena Fatua (Avena Selvatica), Bellevalia Romana (Giacinto Romano), Chenopodium Album (Farinello Comune), Gladiolus Italicum (Gladiolo dei Campi), Iris Chamaeiris (Iride Susinaria), Muscari Atlanticum (Muscari Atlantico), Orchis Papilionacea (Orchidea Farfalla), Ornithogalum Umbellatum (Stella di Betlemme), Satureja Vulgaris (Clinopodio dei Boschi), Scandix Pecten Veneris (Pettine di Venere), Serapis Parviflora (Serapide Minore), Teucrium Chamaedrys (Camedrio


Comune), Muscari Comosum (Lampascione). Ultimo elemento del progetto è il mirador posto in cima alla rovina della torre campanaria. Viene inserita al suo interno una scala a chiocciola in acciaio prefabbricato che termina in una pedana sospesa, circondata da listelli di legno che si estendono per la lunghessa del campanile fino a formare un parapetto, ma che lasciano intravedere il cielo retrostante. In corrispondenza delle aperture in cima al campanile questi listelli sono visibili e nascondono la scala retrostante. Dalla cimea è possibile ammirare il paesaggio straordinario di tutta l’isola e del lago Trasimeno.

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Vista del mirador e del panorama sul lago.


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CONCLUSIONI

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Alla conclusione di questo lavoro di tesi si è reso evidente quanto l’Isola Polvese sia un luogo dalle caratteristiche straordinarie, non solo per la qualità ambientale che vi si riscontra e per l’inserimento all’interno di un contesto paesaggistico come quello del Lago Trasimeno, ma anche per il valore di testimonianza storica offerto dalle sue architetture.

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La natura di luogo recluso come quella di un’isola lacustre ha fatto sì che la mano dell’uomo non intervenisse pesantemente sul suolo dell’isola. Le stratificazioni di paesaggi antropici che vi si riscontrano si sono accumulate in un processo lungo e complesso, quasi come un’evoluzione biologica, e ciò ha fatto sì che arrivassero ad un equilibrio non ottenibile se originato da un progetto di paesaggio unitario. Oggi l’isola non è solo un luogo dove comprendere la storia e godersi ciò che di meglio ci ha lasciato, ma anche un’opportunità per il futuro. Gli sforzi che a partire dagli anni ’70 sono stati fatti per la sua valorizzazione pubblica sono emblematici delle potenzialità che la Polvese offre in termini di uso da parte della popolazione, locale e non. Queste possibilità di uso ad oggi non sono appieno sfruttate. Gli sforzi che si sono fatti per il recupero del patrimonio edilizio sono stati molti, ma comunque parziali rispetto alle potenzialità che questo offre. La particolare situazione ambientale nella quale questo patrimonio risiede è un’opportunità per una riflessione sul progetto di architettura in senso ampio, sulle modalità con le quali questo deve essere portato avanti nel rispetto del genius loci e dell’ambiente nel quale è inserito, su quale sia il modo per conciliare il disegno dell’uomo con quello naturale. Il rispetto delle peculiarità così delicate del sito è stato la base di pensiero sulla quale è stato costruito questo lavoro di tesi.


Il risultato è un edificio che non inserisce con violenza un elemento estraneo, avulso dallo spirito del luogo e da ciò che esso ci racconta. È un oggetto che lavora in sinergia con ciò che già esiste, immaginando nuove possibilità per un uso del luogo sostenibile. L’uso è infatti il primo passo per combattere il degrado e l’abbandono, che ha comunque interessato l’isola per lungo tempo negli ultimi due secoli. La serra del progetto interviene in questo delicato equilibrio svolgendo una funzione di valorizzazione della rovina e della sua importanza storica, rievocando una volumetria e lo spessore dei muri rimasti in piedi nel sito. Fornisce al luogo nuovi usi che si inseriscono in continuità diretta con quelli già presenti di didattica ambientale, arricchendo l’offerta dell’isola e lasciando come protagonista l’elemento naturale.

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Il disegno degli spazi esterni è volto al miglioramento della fruizione del paesaggio. Qui il nuovo inserimento non è né protagonista, né sfondo, ma si pone allo stesso piano del paesaggio naturale, fungendo allo stesso tempo sia da elemento di contatto che di soglia, che definisce il confine, ma che ricuce il mondo disegnato dall’uomo dal mondo naturale. Questo lavoro di tesi ha affrontato temi di composizione architettonica, architettura del paesaggio, restauro e valorizzazione. Questa multidisciplinarietà è conseguenza del sito e della funzione da inserirvi. Il progetto andava quindi affrontato da più punti di vista per far sì che non fosse riduttivo e semplificatorio di una complessità che è insita nelle rovine del Monastero di San Secondo. Approfondire questi temi in chiave architettonica è oggi una sfida fatta di delicati equilibri. Equilibri che vanno affrontati con rispetto dell’esistente, con il coraggio di progettare un’architettura di qualità, che proponga un’idea architettonica, ma anche di relazione con il mondo naturale, con la storia della rovina, e con il futuro che si prefigura per un luogo così straordinario.


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