Rivista Basic Design
ivista Basic Design
Giulia Pistolesi
Rivista Basic Design In ogni caos c'è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto. (Carl Gustav Jung)
Indice Impostazione Griglia
06
Immagine coordinata
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Taglia e piega
26
La forma
48
Lampada
52
Oggetto cartone
56
Ambigue percezioni
60
Errori progettuali
74
Costruzione della griglia
ostruzione della grigli
Costruzione della griglia Per ordinare il caos, per contenere progetti e ricerche in modo ordinato è necessario disporre i contenuti secondo disposizioni precise da rispettare. C’è una struttura alla base di ogni impaginato, essa viene chiamata gabbia o griglia. Serve per organizzare i contenuti di una pubblicazione in modo che pagina dopo pagina, rubrica dopo rubrica i vari contenuti possano
essere gestiti mantenendo una immagine unitaria, riconoscibile e organizzata secondo le migliori chiavi di lettura possibili. Una delle scelte di base da fare quando si deve decidere come organizzare testo ed immagini in una pagina, dopo la scelta del formato, è quella della distanza di testo e immagini dai bordi della carta. In questo caso il foglio in lun-
ghezza è stato diviso in tre parti. In testa, al piede, in costa e al taglio il margine è di mm 12,7. Il rettangolo ottenuto nella parte superiore è stato destinato alle parti scritte. Il testo è disposto in tre colonne. Queste a loro volta rispettano dei margini, quelli esterni sono di mm 3,3, mentre tra una colonna e l’altra vi sono mm 6,5 di margine. In lunghezza il testo è costretto tra l’im7
Costruzione della griglia posizione grafica della rivista e la fine del rettangolo superiore. Qui è disposta una linea, che ha l’intenzione di marcare la separazione tra la parte destinata al testo e quella invece destinata alle immagini o alle rappresentazioni grafiche. Le colonne si estendono al di sotto della striscia di mm 21,5 in altezza, tra questa e il testo vi è un margine (mera esigenza 8
grafica) di mm 0,9. Tra la linea che sottolinea la parte di foglio destinato alle immagini da quello dedicato al testo e le colonne testo vi sono mm 6,28 di margine. Nelle altre due parti di foglio che ho ottenuto con la divisione iniziale, quindi negli altri due rettangoli, sono state disposte le rappresentazioni grafiche e le immagini. Dai due rettangoli
ho ottenuto una superficie quadrata di mm 178x178. I margini rispettati sono in proporzione a quelli rispettati precedentemente con le colonne di testo, in costa e al taglio sono complessivamente mm 16, mentre tra la linea di demarcazione e il “quadrato” vi sono sempre mm 6,28. Al piede il margine è complessivamente di mm 19. All’interno del “quadrato” è possibile di-
Costruzione della griglia sporre le immagini, e qualsiasi tipo di altra rappresentazione grafica secondo diverse soluzioni, infatti, può essere occupato da un unica immagine, come può essere suddiviso in due, tre o quattro parti sia in lunghezza che in larghezza, a seconda delle esigenze si possono ottenere soluzioni diverse. Naturalmente queste divisioni devono sempre rispettare i margini dovuti,
e soprattutto è possibile si avere le disposizioni più disparate, ma sempre nel limite del quadrato. Qui sono rappresentati alcuni esempi che si possono ottenere. In conclusione, dopo aver stabilito la disposizione della griglia, la rivista prevede degli accorgimenti di natura estetica, che in questo caso serguono il rigoroso geometrismo minimale della griglia. L’inizio dei paragrafi, è
disposto esclusivamente nelle pagine sinistre, e consiste in una stricia di colore che ospita i rispettivi titoli dei paragrafi. Mentre le pagine sinistre che seguono, mantengono il verticalismo della striscia di colore attraverso due elementi cromatici, mentre le pagine destre sono scandite da una striscia orizzontale. Il tutto legato da un lieve colore che demarca i margini esterni.
Costruzione della griglia
Costruzione della griglia
Costruzione della griglia
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Costruzione della griglia
tudio del log
Studio del logo
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Concept
La grafica non è un mero canone estetico o un equilibrio di forme sterile, qui il segno grafico impone delle scelte importanti a formare l'identità visiva del messaggio. Il termine logo, dal greco logos significa parola. Il logo è un simbolo, che funziona da strumento di comunicazione, una sola immagine che possa raccontare più di cento parole, un simbolo grafico atto a rappresentare l’identità di un’a-
zienda, un prodotto, un servizio, un’organizzazione, uno studio, tramite la comunicazione visiva. Il concept del logo tipo nasce da un’esigenza voluta di trasmettere un senso quasi “tangibile” di affidabilità e solidità all’osservatore. La struttura si sviluppa con linee decise, racchiude in un’armonia grafica le iniziali della persona che vogliono rappresentare e l’ultima lettera che indica la parola “design”.
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Progettando Non si può arrivare ad un risultato finale senza passare da una fase di progettazione. Il logo è strutturato da due lettere rispettivamente “g” e “p”. In un secondo momento è stata inserita una terza lettera “d”, che indica la parola “design”. L’idea iniziale era quella di otte-
nere un logo con queste lettere, quindi, far in modo che queste sovrapposte, unite, accostate, fossero si riconoscibili e individuabili singolarmente, ma soprattutto in un armonia tale da creare un effetto grafico e compositivo gradevole. Poiche queste lettere grafica-
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mente presentano delle analogie, ho cercato di sfruttarle al fine compositivo, scegliendo un caratere, un “font” molto tondeggiante e minimal. Da questi due font, simili per alcuni aspetti visivi, si arriva a soluzioni compositive molto diverse.
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Studio del logo Immagine coordinata
Il font usato inizialmente è Bauhaus 93. Con le stesse lettere e lo stesso carattere si possono ottenere risultati molto diversi tra loro; variando la cromia ottengo soluzioni compositive divergenti. Posso anche dare uno spessore alle lettere. Spesso con cambiamenti minimi
si hanno effetti visivi molto distanti tra loro. In un secondo momento la scelta compositiva ha portato all’utilizzo di un altro font, Alba. Aggregando le tre lettere con quest’ultimo, pur presentando analogie visive, ottengo soluzioni formali molto diverse.
Soluzione compositiva iniziale, data da due lettere sovrapposte
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Soluzione compositiva finale ottenuta da tre lettere sovrapposte
Costruzione del logo In ultima analisi il font più appropriato per la composizione del logo è risultato “Alba”. Questo prevede una “g” minuscola molto particolare, costruita su due circonferenze. La lettera è accompagnata dalla “p” e dalla “d”, le quali si bilanciano, risultando visivamente una uguale all’altra, ma rovesciata. Graficamente ottengo una composizione basata su un architettura di quattro circonferenze poste 14
armonicamente tra loro. Distorcendo le lettere ottengo soluzioni visive gradevoli ed efficaci. Il logo non è solo un segno, ma vuole esere un segno ricco di significati, in quanto è pensato per rappresentare una persona, un’azienda, un prodotto. Quando si usa l’espressione logotipo, indichiamo due o più lettere fuse isieme in un unico carattere. I colori scelti vogliono dare al logo eleganza e chiarez-
za. La “g” indossa il nero, ed è così messa in rilievo, mentre le altre due lettere vestono il viola. Esse sono di due sfumature diverse, uno è viola scuro e l’altra invece ricorda il colore del vino. Il viola è un colore secondario, deriva dalla mescolanza dei colori primari blu e rosso. Il viola è conosciuto come il colore dello spirito, si dice agisca dull’inconscio dando forza spirituale ed ispirazione, rappresenta l’unio-
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Studio del logo Immagine coordinata
ne tra Cielo e Terra, tra Calma e Passione, tra Saggezza e Amore, tra Blu e Rosso. È il colore della Trasmutazione, della metamorfosi, della Conversione, esprime un’energia pura, atavica: è una forza legata alla vitalità del Rosso e all’intimo accoglimento del Blu. Il nero può essere definito come l’impressione visiva che viene sperimentata quando nessuna luce visibile raggiunge l’occhio. I pigmenti che assor-
bono la luce piuttosto che rifletterla, danno luogo al “nero”. Un pigmento nero, tuttavia, risulta da una combinazione di diversi pigmenti che insieme assorbono tutta la luce, di ogni colore: due descrizioni apparentemente opposte ma complementari del nero. Il nero è la mancanza di tutti i colori che formano la luce, un non-colore, oppure una combinazione di più colori di pigmenti. Un logo deve prestarsi
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a diversi tipi di applicazione, in qualsiasi dimensionamento non deve perdere forma, riconoscibilità e visibilità. Qui è riproposto il logo in varie misure, sempre mantenendo la proporzione altezza-larghezza originale. E’ importante che il logo sia visibile anche in dimensioni molto ridotte, non tutti i supporti su cui può venir stampato hanno superfici amplie. 15
Il colore, Il segno, Effetti 3D Il colore è uno degli aspetti più appariscenti di un'immagine. Un qualsiasi oggetto viene riconosciuto per la sua forma e per i suoi colori. Ogni cosa ha il suo colore. Anche se noi forse non riusciamo a coglierne integralmente ogni varietà cromatica. Il colore è la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagne16
tiche di determinate lunghezze d'onda e intensità. I colori primari sono tre: il giallo, il rosso e il blu. Dalle combinazioni di questi si ottiene l’arancione, il verde e il viola. Questi a loro volta, miscelati tra loro danno origine alla miriade di colori che la natura ci offre, fino a raggiungere una gradazione continua di colori, un po come possiamo osservare in un arcobaleno.
Il segno è un sistema, composto da un segnale, una referenza e un referente, che rinvia ad un contenuto, può essere definito anche come espressione di un contenuto, il segno è l’unione di significante e significato. Segni diversi comunicano e contengono significati diversi. Cambiando il segno, cambia il significato, in quanto esso comunica emozioni, e quindi significati diversi alla percezione visiva.
Studio del logo Immagine coordinata
La tridimensionalità è la pertinenza di un oggetto o di un’immagine al campo delle tre dimensioni spaziali. Viene indicata anche con l’acronimo 3D o 3-D che letteralmente sta per “tre dimensioni”. Si riferisce alle tre dimensioni spaziali indicate genericamente con le coordinate cartesiane X, Y e Z. Il termine viene usato di solito per indicare una pertinenza del termine al campo delle tre dimensioni,
alla riproduzione prospettica e dotata di “profondità” delle immagini, dei suoni o in generale di un’esperienza sensibile. La vaghezza del termine ne determina in alcuni casi un uso poco chiaro (spesso in campo pubblicitario e mediatico), che dovrebbe suggerire una vaga e spesso non comprovata sensazione di “realtà”, fedeltà della riproduzione, o più semplicemente di “futuribilità”.
Lo stesso logo in tre dimensioni a livello di percezione visiva comunica diverse sensazioni ed anche qui a seconda dei diversi tratti, segni e colori usati ottengo diversi effetti molto interessanti.
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Biglietto da visita
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Biglietto da visita Immagine coordinata
I biglietti da visita hano un formato che si è preferito unificare, per comodità d’uso, a quello comunemente usato nelle carte di credito o nelle tessere bancomat. Hanno una base di mm 80, e un’altezza di mm 50. La gabbia è disegnata con un margine di mm 5 al cui interno sono stati assegnati spazi deputati ad ospitare il marchio, la ragione sociale, il nome, la qualifica, ecc ecc. La gabbia del biglietto da visita è divisa in
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Un modo per differenziare i biglietti è quello di stamparli su carte diverse: quello di rappresentanza può essere stampato sullo stesso tipo di carta usato per le carte d’uso, ma di grammatura più consistente. Il biglietto da visita è generalmente stampato su cartoncino Bristol da gr/mq 250/300. Possono essere adoperate carte di altro tipo, come per esempio l’opalino o anche una Conqueror, un Rusticus o un Murillo della Fabriano.
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zone di appartenenza. Ciò aiuta la collocazione dei vari testi, del marchio, ecc. Facilitando l’uniformità di tutti i biglietti. La differenza tra il biglietto da visita di rappresentanza, per esempio quello del presidente, e quello che serve solo a fornire un indirizzo, consiste unicamente nella stampa del marchio, che nel primo caso è a secco, cioè a rilievo, nel secondo caso è in nero più il colore istituzionale della società del Gruppo.
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artaCarta intestat intestata
Carta intestata Immagine coordinata
La carta intestata, chiamata anche carta da lettere o carta per uffici è un foglio di carta prestampato che serve per la corrispondenza commerciale. Nella progettazione di carta intestata non si ha una certa libertà compositiva come su altri supporti, questo è dato dai forti schemi sui quali impostare la distribuzione dei vari elementi, strettamente correlati con le dimensioni stan-
dard delle buste e la posizione delle finestre su quest’ultima. Generalmente la carta da lettere è impostata sul formato Uni A4, mm210x297. Considerando che i formati Uni si ottengono costruendo un quadrato sul lato corto e dando all’altezza la misura della diagonale del quadrato, disegnamo un primo modulo di 210x97, ed un secondo modulo di mm210x200. La linea di separazione individua ancora il
rapporto 5:7 della costruzione e costituirà il fratto fra le due aree. I rapporti dei margini standard sono di mm 10 in testa, 20 al taglio, 30 in costa e 40 al piede. Ovviamente essi possono variare in base ad esigenze diverse. La linea di separazione individua il punto in cui avverrà la piegatura della carta perché questa possa essere imbustata. Un filetto posto a mm 97 dall’alto faciliterà questa operazione. 21
Carta intestata La carta intestata è il foglio standard più importante di una società e viene usato quotidianamente per la comunicazione epistolare con i partner di mercato e che porta l’immagine dell’azienda verso l’esterno. Le carte da lettera di uso generale sono impaginate sul formato UNI A4, mm 210x297, conforme alle norme, e può quindi essere stampata senza problemi con le stampanti convenzionali.
Il secondo filo dello spessore di 0.6 punti, a mm 97 dal margine superiore, delimita lo spazio riservato al marchio, alla ragione sociale, agli uffici, alle appartenenze ad altri organismi. La fascia tra i due fili, nelle carte d’uso generale, ospita a sinistra la ragione sociale, mentre a destra il punto segna l’inizio scrittura relativo al destinatario. Questo spazio coincide con la finestrata delle buste. Il mar-
chio riprodotto nelle carte d’uso corrente ha una base di mm 48. Alcune carte da lettera possono adottare l’immagine del marchio ingrandito. Se la carta da lettere è progettata per uso personale, non è necessario progettare un impianto particolare che contempli spazi da riempire con processi meccanografici, nè si è legati ad uno spazio prefissato che corrisponda alla finestra-
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Carta intestata Immagine coordinata
tura della busta, nè tanto meno avremo la stretta necessità di predisporre righe che corrispondano alle interlineature di una macchina da scrivere. Ci basterà progettare una buona carta che contempli le norme basilari, i giusti margini, e le misure appropriate. La fantasia, in questi casi , assume un maggior rilievo, senza costrizioni di sorta. Nella progettazione della carta intestata son stati presi in
considerazione due tipi diversi d’impostazione, quella di foglio autonomo e quella di foglio relazione. Nel foglio autonomo il logo e le informazioni generali sono stati inseriti in alto con ingombro ridotto, in modo da rendere possibile, nel caso si utilizzi buste a doppia finestra, la visione di quest’ultimi a busta chiusa. Nel foglio relazione è stato in serito il logo in larga scala con un alto grado di opa-
cità, in basso a destra, in modo da renderlo visibile, e allo stesso tempo di non recare disturbo durante la lettura del documento. La qualità della carta dovrebbe essere adatta per una buona scrittura con vari tipi di inchiostro e toner. Carta intestata di alta qualità può essere impreziosita con goffratura di lino o con un bassorilievo di una immagine. Normalmente la grammatura va da 70 a 120 g/mq. 23
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Buste commerciali
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Buste commerciali Immagine coordinata
La busta è un prodotto postale, generalmente fatta di carta ed eventualmente con l’aggiunta di una finestra trasparente in pellicola traslucida, in poliestere o in materiali derivati. La busta con finestra ha un formato di mm 230 di base per mm 110 di altezza. Tale formato è detto “Americano”. Sulla busta è riportata l’immagine dell’azienda con gli stessi criteri e misure della carta da lettera.
La collocazione dell’immagine tiene conto della centratura rispetto alla carta e quindi prevede margini maggiori rispetto ad essa. Le misure della finestra sulla busta rispettano le norme Uni, che prevedono un valore massimo ed uno minimo, mm 1,5 è il valore che indica la massima tolleranza consentita. Quando si progetta una carta da lettera bisogna prevedere lo spazio che occupa il testo relati-
vo al destinatario, e fare in modo che questo spazio coincida con la finestra della busta che abitualmente si trova in commercio. Nel caso la busta sia progettata e destinata a contenere carroncini di rappresentanza, questa è la stessa adoperata per la carta di rappresentanza. Un altro fattore che caratterizza una busta è la possibilità di avere una chiusura autoadesiva con protezione strip o meno. 25
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Taglia e Piega
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Taglia e Piega Un foglio di carta bianco crea sempre un po’ d’imbarazzo. Ti suscita quell’innata voglia di creare qualcosa, è li che ti osserva silenzioso nella sua pura bellezza, e pare parlarti, attraente e indisponente come il velluto, vorresti toccarlo e creare qualcosa di “bello”, ma sempre con una timidezza indiscreta, data dal fatto di una paura latente di rovinare la sua semplicità. Un foglio bianco offre infinite possibilità di espressione, può
indossare i colori che occupano la mente di colui che lo veste, matite, acquerelli, pastelli, pennarelli, può intonare un rigoroso bianco e nero. Esistono vari modi, varie tecniche secondo le quali un foglio assume un’identità propria, personale. Assume una forma, racconta storie, evoca emozioni, ricordi, collegamenti sinestetici, latenti malinconie dolci. Un foglio bianco può anche assumere delle forme, può uscire dalla sua bidi-
mensionalità, per entrare nel mondo delle dimensioni reali, evocando forme geometriche architettoniche strutturate. Un foglio può essere piegato, può essere tagliato e piegato, può essere piegato, togliendo un pezzo dello stesso. Con queste modalità è possibile tridimensionalizzare e dare una forma ad una realtà prima “piatta” e bidimensionale, è possibile illudersi dietro forme che evocano mondi, essenze, trasparenze. 27
La scala Il kirigamo presenta una struttura modulare e simmetrica, è formato da dei, quadrati che si ripetono in diversa scala di misura. La struttura deriva da un foglio bianco, da un mondo piatto, senza dimensioni, rompe i confini per creare un mondo parallelo, che occupa le tre dimensioni. La struttura ricorda una scala, questa sale, portando la mente alla ricerca di qualcosa di sconosciuto ma essenziale. Trasporta l’osservatore 28
nel mondo della mente, volto a scrutare lo sconosciuto. Molto interessanti sono gli effetti dati dalla proiezione delle immagini sul foglio nelle tre dimensioni: sabbia, evoca qualcosa di puro, semplice, qualcosa di originario, presente in natura,, quindi qualcosa di misterioso, il messaggio potrebbe essere “svela il mistero che tormenta il senso d’incompletezza”, segue il “muro colmo di crepe”, qualcosa di simpatico se si vuole, ma riflettendo
sull’immagine, questa evoca una crepa, una rottura, una rottura con il passato, una perdita d’identità, per poi osservare le texture astratte che coinvogliano il pensiero a “risalire” la scala del mistero, anche non legato alla natura, quanto a tutte quelle domande che quotidianamente affollano i nostri sensi, quelle domande di cui mai trovaremo la risposta. Insomma dietro un foglio, una mente “allenata” può vederci dei mondi.
Taglia e Piega
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Geometrie Questa struttura ricorda quella precedente, in realtà è molto interessante, infatti è sempre ottenuta da una pianta modulare di quadrati che si ripetono in diversa scala, ma questa volta le figure vengono piegate formando un “gioco” e un impatto visivo molto interessante. Le piegature formano dei triangoli, che come i precedenti quadrati, si ripetono in modo modulare, creando effetti chiaroscurali interessanti. Le texture conferiscono alla 30
figura caratteristiche evocative, possiamo vedere come questa si “veste” di marmo, ricordando questo preziosissimo materiale. La struttura ottenuta dalla pianta, è molto calda come immagine, per questo ho pensato di proettare sopra il foglio il fuoco, che danza e volteggia tra le pieghe del kirigamo. Una delle texture ci proietta in un mondo areale, sognante, ma anch’esso caldo e sinuoso, in contrapposizione alla rigidità geometrica.
L’ultima texture ci pone un questito, dal momenti che rappresenta una sorta di vortice, questo può evocare una scelta, un cambiamento, lasciare il vecchio per il nuovo, fuggire dal presente ed entrare in una dimensione senza tempo logico, nel mondo analogico del pensiero, fuggire, rifiutare la realtà. Crescere, o restare nel limbo di questa realtà irreale più della stessa vita. Insomma con un po’ di fantasia il “viaggio” è asicurato.
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Asimmetrie La pianta del kirigamo presenta un elemento modulare che si ripete dando vita ad una struttura asimmetrica. Molto interessante è osservare il gioco di luce creato da una fonte luminosa posta sul retro della struttura, questa si propaga a raggera filtrando dagli spazzi vuoti, creando così un effetto chiaro scurale molto accentuato ed affascinante. Nella struttura vediamo proiettate le immagini dei quattro elementi naturali: la ridondan32
za, il ripetersi dell’acqua, limpida, trasparente come una verità, la bugia del fuoco nel suo mostrarsi in una continua danza che cela il reale, la pragmaticità della terra, essenziale e la libertà dell’aria, la bellezza indisceta del sapore del cielo, che sfugge allo stesso occhio umano, umano, troppo umano per carpire le sfumature e le essenze in ogni minimo dettaglio. Altre proiezioni sempre legate alla bellezza indiscreta e senza tempo
della semplicità della natura, raffigurano rami, alberi, foglie, la vita, una vita che scorre lenta, una calma apparente, un silenzio, un’immobilità, che nasconde la pure e semplice vita scevra da ogni “bassezza” umana. Nella sua immobilità apparente c’è più vita che nelpalpabile respirare umano. Per antitesi la forma data dalla pianta della struttura può ricordare le forme imponenti di strutture architettoniche.
Taglia e Piega
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Lumière Il kirigamo in pianta presenta una struttura simmetrica, l’effetto trasmesso è quello di osservare due “mezze torte” una opposta all’altra, questo crea già di per sè un effetto chiarscurale molto forte. Questa tecnica consente all’artista di enfatizzare la presentazione visuale dell’opera salvaguardando la semplicità e la pulizia delle linee. Ponendo dietro la struttura una fonte luminosa, l’effetto otte34
nuto sarà molto interessante, in quanto dalle fessure dei tagli filtra timida la luce, che anche questa volta si propaga a raggera. Essendo i tagli molto vcini tra loro la luce descrive la semi circonferenza con un effetto molto suggestivo. La struttura si veste di luce, indossando una sottile armonia di forme, forme sinuose, morbide e leggere. La figura può essere letta dall’esterno, da dove possiamo osservare una semisfera,
o dall’interno, da dove, la medesima semisfera ci trasmette la sensazione di “entrare” in un luogo chiuso, in questo caso in un “non-luogo”, volto a proiettarci negli anfratti dell’irrealtà. Le texture proiettate, anche questa volta sono il cielo e l’acqua, interessante è il muro, infatti è come se la struttura indossasse il materiale di pietra. L’imponenza di questa, può anche questa volta evocare una forma architettonica.
Taglia e Piega
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Il Triangolo Questa forma è ottenuta da un foglio di carta quadrato, togliendo un pezzo da quest’ultimo, attraverso pieghe, accosto i due estremi del cartonicino ottenuti dal taglio, il risultato è questa struttura che si configura come un triangolo equilatero che si ripete, con diverse dimensioni. Interessante e curioso è pensare che da un semplice quadrato di cartoncino si ottiene tale forma. Proiettando delle immagini sulla forma si ottengono risul36
tati interessanti, infatti possiamo osservare come il triangolo ricordi il prestigio del marmo, le curve sinuose dell’aqua, le forme casuali e senza destino della sabbia, ricordando il mare, le conchiglie, materiate di sogni e nostalgia. Ancora il cielo, dove si assapora il gusto dolce e amaro della libertà, dove un’idea, un pensiero volano liberi, e toccano l’utopia della felicità e in quell’immensità azzurra il cuore cede e trabocca d’innanzi
a tutta quella grandezza, troppo grande anche per i suoi palpiti. E ancora proiettata osserviamo una texture astratta sulla quale immaginare nuovi mondi, nuove essenza, trasparenze, momenti. La mente è rincorsa dai pensieri nell’immaginare questi mondi evocati dall’immagine, la mente difende egoisticamente questi mondi, senza i quali dinnanzi alla realtà resterebbe soffocata. Annegherebbe nell’abisso del reale.
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L’Architettura La struttura è ottenuta da una pianta circolare piegata, quindi la fora ottenuta, è un origamo che presenta simmetria. Servendosi della fantasia, possiamo immaginare la forma connessa ad una funzione. Per soddisfare una mera esigenza estetica può ricordare una gonna o un colletto ottocentesco, utiizzati per fare una sfilata di moda dove i protagonisti sono prettamente kirigami ed origami. 38
Visto dall’esterno, ricorda un fiore, simmetrico, circolare. In senso più amplio può ricordare, se visto nella sua interezza, una forma architettonica, o se vista dall’interno, può evocare l’immagine di una cupola. Interessante è il confronto con la Cupola al Polo Culturale di Rovereto, che possiamo osservare sulla destra. Entrambi i soggetti presentano un buco al centro, la Cupola è scandita da una struttura portante, mentre l’origamo
da un sistema di piegature, che rendono il foglio più resistente. Sempre aiutati dalla “nobile” fantasia, anche qui possiamo ritrovare il concetto del vortice, come evasione, questo è incrementato dalle texture astratte, che ci proiettano in una realtà rarefatta, che sfiora le labbra dell’irrealtà. Un non-luogo dove noi vorremmo stare, sognare, amare, un non-luogo dell’immaginario, dove non c’è il male, dove non c’è il dolore.
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La Piega Struttura Questa forma è ottenuta da una striscia rettangolare, attraverso solo piegature, quindi la struttura in questione non è un kirigamo (taglia e piega), quanto appartiene alla famiglia degli origami, arte di piegare la carta. Questa tecnica ha origini antiche e si colloca in ambito Giapponese. La pianta è modulare. Da un semplice foglio di carta, leggero e “debole”, posso ottenere questa struttura resistente, in quanto le piegature (per for40
ma), danno al foglio resistenza. Dai giochi di luce ottengo risultati molto interessanti, infatti posso pensare la forma in realzione ad una funzione, in quanto semplicemente “chiudendola” ottengo una lampada. Con le texture ho effetti visivi interessanti. Possiamo osservare un tema ricorrente, come l’acqua, ed altre immagini astratte. che permettono libero sfogo alla fantasia. Anche questa volta è concesso perdersi nelle mani
dei pensieri, in quanto “il mondo”, o “l’arte” dell’origamo, evoca immagini, emozioni e sensazioni, che spinge la mente a distaccarsi dal corpo. Basta solo pensare alla semplicità con cui si riescono ad ottenere forme ed immagini molto complesse, se si vuole anche un’arte ludica, quasi un gioco, ma le forme ottenute ci mostrano come oltre all’aspetto ludico si nascondono trasparenze e soprattutto una cultura affascinante.
Taglia e Piega
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I Gradini della vita La struttura del kirigamo è formata dal ripeterisi di un elemento modulare. Questo elemento si ripropone in strisce incastonate tra loro come diamanti. L’effetto finale è quello di una scala infinita. L’osservatore è proiettato in questa scala, e subito si adagia tra le mani del pensiero: le scale, sono strutture che portano da un piano all’altro di un edificio, consentono di salire su un aereo, possono salvare la vita in caso d’incendio, salire su un 42
ramo di un melo, oppure condurre in cielo con la fantasia. Sono costruite in molti modi e con diversi materiali. Ci sono scale dritte, a chiocciola, retrattili, a pioli, con gradini in cemento grezzo, in marmo lucente oppure in legno pregiato. La scala può avere n numero imprecisato di gradini. Varia di volta in volta Le scale della vita sono simili per caratteristiche a quelle ”reali”, possono avere alcuni gradi-
ni facili e sicuri, altri traballanti ed instabili, lucenti, di granito o in legno laccato, oppure a pioli tarlati. Salendo la scala della propria vita, non c’è mai la certezza di cosa riserverà il prossimo gradino e quanti ne rimangono dopo il successivo, se saranno lastricati di mani dolci o sventure, per sapere, per percorrere la via della conoscenza è necessario arrivare in cima alla cala, breve o lunga che sia, solo in qui incontreremo risposte.
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I Gradini della vita
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The Ball La pianta per ottenere questa forma chiusa è formata solo da piegature, quindi questo non è un kirigamo, non è un taglia e piega. Dal momento che questa forma è il risultato di solo piegature, appartiene alla famiglia degli origami. La pianta è modulare, e il risultato di una struttura chiusa è dato dal ripetersi delle pieghe curve. Interessante è osservare come da una semplice striscia rettangolare si può ottenere questo risultato, 46
molto curioso dal punto di vista estetico. Anche questa volta sono state proiettate sulla struttura delle texture che evocano l’acqua, il fuoco, il cielo, e altri elementi astratti. Possiamo pensare “la palla” connessa ad una funzione, per esempio potrebbe essere un packaging per il cibo “take away”, in particolare per ristoranti giapponesi, in quanto la forma ricorda il mondo orienta-
le. Oppure potrebbe essere una lampada con mero valore estetico, per un negozio, il quale potrebbe ospitarne una serie. Cambiando dimensioni, potrebbe essere un centro tavola, o un porta candele, insomma con un po’ di fantasia, intesa come attitudine alla creatività, la forma può identificare ed assumere i significati più disparati e rispondere a funzioni anche molto diverse tra loro, sta tutto nella libertà del pensiero.
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Deformazione dei solidi
eformazione dei solid
TagliaLaeforma Piega Deformazione dei solidi
Deformare significa, sformare alterare un corpo nella forma, distorcere travisare alterare nel significato o nel contenuto. Il solido raffigurato qui a fianco è un parallelepipedo. Dalla stessa pianta del solido, deformandola, posso ottenere diverse soluzioni formali, anche molto diverse tra loro.
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Il solido raffigurato qui a fianco è un ottaedro. Dalla stessa pianta del solido, deformandola, posso ottenere diverse soluzioni formali, anche molto diverse tra loro.
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TagliaLaeforma Piega Deformazione dei solidi
Il solido raffigurato qui a fianco è un tetraedro. Dalla stessa pianta del solido, deformandola, posso ottenere diverse soluzioni formali, anche molto diverse tra loro.
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La lampada
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TagliaLaeforma Piega Funzionalità
Nella progettazione di questa forma ho utilizzato tanti quadratini modulari di mm 10x10 in plastica leggera (quindi facilmente lavorabile) opaca. In un primo momento ho preso un foglio di plasica, dal quale ho ottenuto gli svariati quadrati modulari. Ho piegato il quadrato individuando le diagonali, e i punti medi. Ho ottenuto quattro triangolini disposti lungo un centro, quindi simmetrici. Con l’ausilio del Phon e di un paio di
pinze, ho “arricciato” i triangolini riscaldando la plastica, che una volta raffreddata, mantiene la forma voluta. Così ho ottenuto quattro riccioli disposti attorno ad un centro. La forma ottenuta mi consente di incastrare tra loro quattro triangolini alla volta. Continuando ad incastrare ottengo una forma chiusa, una specie di “palla”. Frastagliata e ridondante nello stile, ricorda un po’ le forme presenti in natura, sinuose, tondeggianti
e irregolari, come il bocciolo di una rosa, o qualsiasi altro fiore. Ho pensato questa forma in relazione alla funzione: infatti vuole essere una lampada a sospensione. La plastica, essendo opaca, non trasmette la luce diretta, quest’ultima arriva all’occhio soffusa e leggera, senza essere quindi invadente. 53
Lampada
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L’oggetto
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Taglia e Piega L’oggetto L’idea è quella di realizzare un tavolino da fumo in lamiera. Questo è costituito da un unico pezzo, che può essere ripiegato e quindi chiuso, occupando uno spazio minimo, e poi, può aprirsi, andando a strutturare il tavolino, tramite degli incastri. Quest’ultimi sono l’anima della struttura, infatti conferiscono stabilità all’oggetto tramite delle pressioni che si contrastano e al contempo si sostengono tra loro.
Il tavolino è costituito da delle “mensole”, che possono essere inserite in un scondo momento, quindi questo può essere utilizzato anche senza. L’oggetto è realizzato in un modellino in cartone in scala 1:100. Esso è pensato per essere in lamiera, quindi si struttura per forma, è costituito da un corpo unico, che piegandolo si ricavano i montanti esterni ed inter-
ni. Quest’ultimi sono fermati ad incastro nella parte interna del pianale. Gli scaffali lungo i montanti sono fermati nella parte diritta del montante da una guida, e nella parte obliqua del montante a semplice appoggio.
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Ambigue percezioni
mbigue percezion
Ambigue percezioni La Percezione
Tutto ciò che ci circonda, gli oggetti, le cose, la realtà non è nel modo in cui noi la vediamo, la percepiamo. Percepire significa, acquisire coscienza della realtà grazie all'intuito o attraverso i sensi. La parola percezione deriva dal latino perceptionem da perceptus participio passato di percepire, apprendere. Corrisponde all'organizzazione dei dati sensoriali in un'esperienza complessa, ovvero al prodotto finale di un processo di elabora-
zione dell'informazione sensoriale da parte dell'intero organismo. La percezione consiste nell' assegnare un significato agli stimoli provenienti dagli organi di senso e nell'attribuire ad essi proprietà fisiche: nitidezza ad un' immagine, grandezza ad un oggetto, chiarezza ad un suono, ecc. Nei diversi momenti storici sono state elaborate teorie divergenti riguardo alla percezione. Teoria empirista di Helmhotz,
1967: la percezione è la somma di sensazioni elementari, integrate dalle informazioni apprese in precedenza. Gli stimoli attuali vengono interpretati in base alle esperienze passate. Teoria della Gestalt,1935: gli psicologi avevano un approccio globalistico alla realtà e rifiutarono la frammentarietà di Helmhotz. La percezione non è cumulativa e non è influenzata dal passato, ma si compie all'istante in base alla distribuzione 61
Teoria della forma
Vedere, Percepire, gli occhi guardano, ma non sempre vedono. Gestiscono il nostro modo di vedere le cose attraverso: la fisionomia stessa del vedere, secondo la quale non riescono a collegare due movimenti assieme, l’esperienza attraverso la quale si tende a vedere una cosa secondo l’esperienza che abbiamo di essa, cultura, la quale riesce ad arrivare ladove non arriva l’esperienza. Da qiesta immagine possiamo vedere come il cervello sia più veloce della lettura stessa,il cervello nel vedere le cose, opera attraverso operazioni e sintesi.
Questa teoria prende il nome da una scuola strutturalista tedesca (Scuola di Berlino) che negli anni ’20 modifico lo sviluppo della psicologia. L’impostazione di questa scuola, infatti, si contrapponeva a quella dominante tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 definita “associazionistica” perché riteneva che la percezione di un oggetto fosse il risultato della associazione di elementi sensoriali distinti. Werthemeir sosteneva che non c’è corrispondenza diretta tra realtà empirica e realtà percettiva e che quindi per comprendere il fenomeno percettivo non bisogna partire dalla descrizione dei singoli elementi sensoriali ma dalla situazione percettiva globale perché la “forma non è data dalla semplice somma dei suoi elementi ma è qualcosa di più, di diverso”. La percezione dunque non dipende dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un “insieme organizzato”, in una “Gestalt” (generalmente tradotta con “forma”, “struttura”, “pattern”). Le modalità secondo le quali si costituiscono le forme sono state classificate e descritte come “leggi della forma” e sono state elencate da Wertheimer nel 1923.
La Percezione degli stimoli, ai loro rapporti e ai "principi di unificazione”. Ad esempio, tanti segmenti, posti uno dopo l'altro vengono unificati in virtù della loro vicinanza. Le leggi della percezione sono dette autoctone perché ritenute innate e non frutto dell'apprendimento, anche se si è visto che esiste una progressione evolutiva nella elaborazione delle percezioni. Fin dai primi mesi il neonato è in grado di riconoscere i colori e le forme, ma solo
più tardi acquisterà la "costanza percettiva", ossia la capacità di collegare una forma o figura già conosciuta, con una diversa in cui riconosce caratteristiche di somiglianza. Movimento del New Look of Perception, anni '60 : la percezione è influenzata dal significato emotivo dello stimolo. I bambini poveri percepivano come più grande una moneta rispetto ad un disco di carta di pari dimensioni, perché la loro condi-
zione economica difficoltosa li portava a sopravvalutare stimoli in contrasto con essa (moneta) rispetto a quelli neutri. Teoria ecologica di Gibson, 1966: la percezione non è atomistica, né globalistica, né motivazionale, in un ambiente vengono colti di preferenza stimoli che si prestano al raggiungimento di un fine, cioè proprietà strumentali di un oggetto, come "commestibilità", "percorribilità", ecc.
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Legge della vicinanza: gli elementi del campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto minore è la distanza tra di loro. Nel design di un’interfaccia possiamo utilizzare questo principio per rendere più chiara la struttura della pagina (divisione in paragrafi di un testo).
Legge del destino comune: gli elementi che hanno un movimento solidale tra di loro, e differente da quello degli altri elementi, vengono uniti in forme. In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od orientamento o movimento, secondo l’andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate.
Legge della pregnanza: la forma che si costituisce è tanto “buona” quanto le condizioni date lo consentono. In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta: quanto più regolari, simmetriche, coesive, omogenee, equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione.
Legge della somiglianza: gli elementi vengono uniti in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore è la loro somiglianza. Utilizzare elementi, colori o simboli che visivamente collegano un’informazione ad un’altra aiuta a rendere accessibile e facilmente navigabile anche un sito con grandi quantità di contenuti. Legge della chiusura: le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come unità formali.La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti. Legge della continuità di direzione: una serie di elementi posti uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione. Nella figura percepiamo come unità AB e XY e non AY e XB o ancora AX e YB. Legge dell’esperienza passata: elementi che per la nostra esperienza passata sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme. Un osservatore che non conosce il nostro alfabeto non può vedere la lettera E in queste tre linee spezzate.
Ambigue percezioni Illusioni Ottiche
Le illusioni sono percezioni di oggetti costruiti mentalmente, ma in realtà inesistenti. In base al meccanismo che ne è causa, si hanno tre categorie di illusioni: ottiche, percettive e cognitive. Ottiche, quando sono causate da fenomeni puramente ottici e pertanto non dipendenti dalla fisiologia umana; Percettive, in quanto generate dalla fisiologia dell'occhio. Un esempio sono le immagini po-
stume che si possono vedere chiudendo gli occhi dopo avere fissato un'immagine molto contrastata e luminosa; Cognitive, dovute all'interpretazione che il cervello dà delle immagini. Un caso tipico sono le figure impossibili e i paradossi prospettici. In alcune illusioni si ha la percezione di parti di immagini che non esistono realmente. In alcuni casi la natura del fenomeno è fisiologica, come nell’illusione
della della griglia scintillante. Questo effetto è spiegabile con il processo neurologico chiamato inibizione laterale. L’intensità luminosa percepita di un punto non è data da un singolo neurone, ma diversi neuroni centrali danno un segnale che viene parzialmente inibito dai neuroni circostanti. Poiché nelle intersezioni l’area circostante è mediamente più chiara che non nei tratti di linee, la zona centrale appare più scura. 63
Illusione di Ehrenstein: si vedono dei cerchi che in realtà non esistono
Triangolo di Kanizsa: è possibile vedere un triangolo bianco che in realtà non esiste
Griglia scintillante: nelle intersezioni delle linee bianche è possibile osservare delle macchie grigie in continuo cambiamento.
Immagini Ambigue Quando osserviamo un oggetto, esiste una corrispondenza tra ciò che vediamo (con i nostri occhi) e l’oggetto reale. Esistono però particolari figure, 50 immagini e situazioni capaci di disorientare il nostro sistema percettivo al punto da indurlo in errore, portandolo a vedere qualcosa che nella realtà non esiste o a commettere errori di valutazione delle dimensioni, del parallelismo delle linee ecc. Le figure ambigue o ambivalenti 64
corrispondono a quelle immagini che possono essere lette in modi contraddittori dal nostro sistema percettivo. Questo, non essendo in grado di scegliere la soluzione corretta -soluzione che non esiste- continua a passare da una ipotesi all’altra, infatti è possibile osservare due o più figure nella stessa immagine. Le singole figure possono essere viste a seconda del punto di vista (per esempio capovolgendole), ed in tale caso la per-
cezione è oggettiva, oppure a seconda delle aspettative, quindi la natura dell’illusione è psicologica e soggettiva. È lo stesso fenomeno che induce a vedere un viso nel disco della Luna o immagini mistiche in macchie di umidità. Qui sotto possiamo osservare degli esempi molto noti di immsgini ambigue, come il disegno ideato dal caricaturista W. H. Hill e pubblicata nel 1915. Si intitola “Mia moglie e mia suocera”.
Ambigue percezioni Illusioni Geometriche
Le illusioni geometriche sono illusioni cognitive in cui viene percepita erroneamente la geometria dell'immagine o parte di essa. Per esempio linee parallele vengono percepite come divergenti, convergenti o curve. In altri casi due elementi che hanno la stessa dimensione sono percepiti con dimensione differente. L'effetto può essere causato dal fatto che un'area di colore chiaro tende ad essere percepita come più ampia del-
la stessa area di colore scuro. Questo principio viene utilizzato in architettura per aumentare o diminuire l'altezza o la dimensione apparente di stanze o facciate scegliendo opportunamente i colori. Un'altra causa è dovuta alla tendenza del cervello a stimare una dimensione basandosi su effetti prospettici o sul confronto con oggetti vicini. Se ho due rette oblique, queste “simulano” il cosidetto punto di fuga, e l’occhio interpreta l’im-
magine in dimensione prospettica. Un esempio spettacolare dell'illusione geometrica basata sulla prospettiva è rappresentato dalla stanza di Ames. In cinematografia è frequente l'impiego di trucchi d’illusione geometrica per rappresentare oggetti grandi usando piccoli modelli oppure oggetti piccoli. Per esempio è possibile fare apparire in scena enormi dinosauri ponendo dei loro modellini molto vicini all'obiettivo fotografico. 65
Le linee orizzontali non ci sembrano parallele ma convergenti (o divergenti).
Le due linee rosse ci appaiono deformate, in realtà sono perfettamente rette.
Il segmento inferiore sembra più corto di quello che sta sopra mentre invece sono perfettamente uguali.
I cerchi sono posti uno sovra l’altro, anche se abbiamo la percezione della spirale.
Il quadrato ci appare deformato, in realtà è un quadrato perfetto.
La figura è costituita da cerchi concentrici, anche se è immediata la percezione della spirale.
Illusioni Ottiche di Movimento Le illusioni ottiche di movimento sono quelle illusioni dove si percepisce un movimento di alcuni elementi dell'immagine che ovviamente, essendo stampati su un foglio di carta sono necessariamente immobili. Il moto illusorio percepito è il risultato di alcune caratteristiche dell'immagine e di due meccanismi del nostro sistema visivo. I nostri occhi producono microoscillazioni casuali ( i così detti movimenti fissativi) che servono 66
ad evitare che gli imput visivi colpiscano sempre la stessa subpopolazione di recettori retinici, esaurendone, ad un certo punto, la capacità di reagire e di trasmettere il segnale. In contesti naturali o osservando una qualunque scena strutturata, il cervello non deve far altro che minimizzare e, di fatto, ignorare queste micro-oscillazioni ancorandosi a dei punti di riferimento. Quando però per caso ci capita di osservare una sce-
na priva di punti di riferimento, riusciamo ad accorgerci di queste oscillazioni casuali. Se guardiamo una stella attraverso un tubo, senza i riferimenti degli altri astri essa ci sembrerà sussultare leggermente a causa dei nostri movimenti fissativi. L'altro meccanismo del nostro sistema visivo coinvolto nell’illusione delle figure “rotanti” è la peculiare gestione del differenziale di luminosità: una zona più luminosa di una immagine
Ambigue percezioni viene elaborata più rapidamente dal sistema visivo perché provoca una risposta neuronale più intensa. La differenza nei tempi di arrivo fra segnale proveniente da una zona luminosa e segnale proveniente da una zona scura è interpretata dal cervello come movimento. Ma questo accade solo nella visione periferica dove la risoluzione è così bassa da farsi "ingannare". Le immagini che ci appaiono rotanti sono immagini complessi-
vamente prive di punti di riferimento, questo rende percepibili le oscillazioni oculari casuali che "intercettano" i chiaroscuri dell'immagine potenziando fortemente l'effetto di moto illusorio, poiché esso è massimo nella visione periferica, se fissate una singola “spira” vedrete muoversi tutto quello che le sta intorno, ma non essa stessa perché la state osservando con la visione centrale. Altre illusioni di movimento sono date dall’uso arbi-
trario delle ombre. Infatti se ho degli elementi le quali ombre sono poste casualmente, l’occhio cerca di sintetizzare, aggiustare l’immagine e non riesce a comunicare al cervello le giuste informazioni. Molto conosciuta è l’illusione, creata dal professore Akiyoshi Kitaoka, è causata da due meccanismi intrinsechi alla nostra visione combinati tra loro: Movimenti fissativi dell’occhio e gestione delle differenze di luminosità. 67
Concetto di tridimensionalità L’Op Art si riferisce a quel ciclo di quadri che sono caratterizzati da un innato senso del movimento. Nel vasto ambito dell'Arte cinetica, l'ungherese naturalizzato francese Victor Vasarely (1906-1997) occupa un ruolo dominante: studente alla Bauhaus di Budapest, fortemente segnato dallo spirito di quella scuola, Vasarely sviluppa un linguaggio del più tipico astrattismo, scevro da ogni lirismo fantastico e saldamente colle68
gato alla scienza, intesa come geometria pura, in composizioni dalla precisa impaginazione costruttiva di impostazione quasi architettonica nella loro apirazione alla tridimensionalità, nelle quali la terza dimensione è rappresentato dal movimento. Convinto, nella scia del radicalismo costruttivista russo, della possibilità di un'arte ad accesso globale, Vasarely sostituisce il concetto di unicità dell'opera, ormai superato ed obsole-
to, con quello della dinamicità, in grado di rendere ogni quadro diverso dagli altri e costituire il tocco personale dell'artista, che l'uso della macchina riproduttrice inevitabilmente cancella. Vasarely utilizza con grande maestria il linguaggio tridimensionale, contrapponendo nella stessa immagine diversi sistemi prospettici, secondo una sua personale ricerca sulle proprietà scientifiche del colore e della linea, volta alla creazio-
Ambigue percezioni ne di immagini virtuali ambigue, in grado di alterare il comune senso ottico-percettivo dell'osservatore, pur entro gli schemi di una costruzione geometrica rigorosa ed esatta: le premesse da cui parte Vasarely sono infatti di ordine scientifico e dogmatico, finalizzate all'affermazione della possibilità che, inducendo nell'osservatore opportuni stimoli ottici con risultati percettivi del tutto personali e soggettivi, il risultato ultimo inganni in
qualche modo la scienza. Le sue creazioni sono giocate sul contrasto tra la rigorosità della forma e la mutevolezza del colore, sulla ripetitività del segno che realizza attraverso una "struttura di ripetizione" un meta-segno percepito nella sua globalità gestaltica, generata da un'illusione ottica che ha bisogno della partecipazione attiva dell'osservatore percipiente, una precisa figura sferica emerge dalla superfice piana, divenuta elemen-
to dinamico, ed avanza nello spazio, espandendosi. Questa è un’ “arte per tutti”, ognuno può trovare un suo significato, tutti possono comprendere, secondo il concetto di arte sociale e democratica, “cinetica, multidimensionale e comunitaria”, basta abbandonarsi all’inganno visivo, lasciarsi guidare dall’illusione in uno spazio magico, puramente ottico, in cui la ricezione dell’immagine si trasforma in atto mentale attivo e creativo. 69
Reversibilità, Figura, Sfondo, Escher Maurits Cornelis Escher propone un uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali. Egli trasse ispirazione da paesaggi ed architetture interessandosi non tanto all'aspetto pittoresco, al paesaggio delle città, quanto, alla loro architettura, alla loro struttura, e soprattutto quando questa struttura viene a mancare, 70
come per esempio nelle rovine. Nelle sue opere lo spazio è sintetizzato nella stessa stampa. Le sue opere si basano su un gioco tra lo sfondo e la figura, che si compenetrano e si completano. Escher è solito rappresentare forme tridimensionali su superfici bidimensionali e alcune delle sue stampe traducono lo stupore causato da questo antagonismo. Egli ha sottomesso, ha violato le leggi prospettiche,sottoponendole
a ricerche critiche e trovando nuove leggi, sperimentate direttamente nelle sue stampe. La suggestione spaziale di un'immagine piana può essere così forte che si possono suggerire su di essa dei mondi che, in tre dimensioni, non potrebbero assolutamente esistere: l'immagine sembra una proiezione di un oggetto tridimensionale su una superficie piana, ma non è che una figura che non può assolutamente esistere nello spazio.
Ambigue percezioni “Quando ci si tuffa nell’infinito, sia spaziale che temporale, sono necessari dei punti fissi, delle pietre miliari, altrimenti il movimento è simile all’immobilità. Si deve suddividere l’universo in unità di una certa lunghezza, in compartimenti che si ripetono in una successione infinita. Quando si attraversa il confine tra questi compartimenti, l’orologio fa tic tac. Chiunque voglia creare un universo su una superficie bidimensionale noterà che,
mentre esegue un’opera d’arte, il tempo scorre. Quando avrà finito e osserverà ciò che ha fatto, vedrà qualcosa di statico e senza tempo: nella sua rappresentazione non vi sono orologi che fanno tic tac; è visibile soltanto una distesa piatta, senza moto. Il ticchettio dinamico e regolare dell’orologio che ci accompagnava quando attraversavamo ogni confine nello spazio, ora tace; possiamo rimetterlo in moto, a livello statico, con la
ripetizione periodica di figure congruenti sul foglio da disegno; disegneremo forme chiuse e confinanti che si definiscono reciprocamente e riempiono il piano in ogni direzione fino a dove lo si desideri.” Per catturare l’infinito e rinchiuderlo in una composizione chiusa, Escher evitava di troncare brutalmente la ripetizione dei motivi periodici, cercando di dare il più possibile l’idea di una estensione senza limiti. 71
Ambigue Percezioni
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Errori Progettuali
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Taglia e Piega Errori Progettuali Le Multiprese Elettriche
Le multiprese eletriche, per come sono pensate, sono afunzionali, in quanto i trasformatori dei nostri oggetti tecnologici “intasano” o occludono con le loro dimensioni, gli altri alloggi delle multi-prese elettriche. L’errore progettuale sta sicuramente nella progettazione degli alimentatori, sempre più grandi ed ingombranti. Le soluzioni sono due: o si cambia il design di tutti gli ali-
mentatori o si riprogettano le ciabatte. Il designer Ramei Keum ha pensato di riprogettare le ciabatte elettriche, cambiandone la forma. La tradizionale ciabatta, geometrica e squadrata viene sostituita da una ciabatta più funzionale, di forma circolare, grazie alla quale i trasformatori non possono accavallarsi nè ostruire le altre prese. Un sistema semplice, ma efficace, per
poter utilizzare tutte le prese disponibili anche con gli alimentatori più ingombranti. L’idea è originale e funzionale e, accanto al nuovo design, il designer ha pensato anche ad un sistema avvolgi-filo ottimo per non far annodare e tenere sempre sotto controllo tutti i cavi. Il numero di alloggi resta il medesimo (sei in entrambe le ciabatte) ma la funzionalità è nettamente superiore. 75
Cabriolet La vettura si caratterizza per la notevole grinta e sportività associando la concezione inedita di veicolo cabriolet con hard top a prestazioni superiori offerte dal potente motore biciclindrico a benzina da 20,4 CV che spinge la vettura fino a 93 Km/h di velocità massima. Numerosi sono i dettagli che fanno capire di essere davanti ad una vettura dalle spiccate doti sportive: passaruota allargati di 50mm, ruote racing 155/65 con cerchi 76
in lega da 14", griglia anteriore a nido d'ape, dal tubo di scarico cromato, paraurti posteriore con estrattore d'aria, fendinebbia anteriori integrati, sedili sportivi ed altri numerosi dettagli dedicati alle auto sportive. Dopo tutte queste caratteristiche di alta qualità per poi scoprire che filtra acqua dalla capote. Probabilmente questo perchè, dovendo rispettare il peso dell’autovettura (perchè rientri nella categoria dei motocicli), i materiali con cui
è fatta non consentono un rinforzo al telaio dell’autovettura. Soluzioni possibili: collegamento con “Roll bar” del montante del parabrezza, con quello del lunotto, evitando così che le vibrazioni e le scosse che la macchina subisce durante il viaggio mandino fuoriasse la parte anteriore e quella posteriore della macchina, rendendo così inefficaci tutti i sistemi di chiusura.
Taglia e Piega Errori Progettuali Cavi di ricarica per pc
Lo spinotto che collega il pc portatile al caricabatterie si danneggia facilmente, e di conseguenza anche l’entrata dello spinotto sul computer, perchè spostando il pc, inavvertitamente facciamo spesso leva sullo spinotto, che sottoposto a sollecitazioni, resta comunque attaccato al pc. Questo, nonostante venga riparato (dal tecnico, spendendo anche molti soldi), se non sostituito non sarà comunque più in grado di caricare il personal computer.
Quindi, è necessario acquistare un altro spinotto, sempre se non è troppo tardi, e l’entrata per caricare il pc non è danneggiata. Questa è l’esperienza vissuta sulla pelle circa un paio di volte, infastidita per il disagio, dopo aver portato il computer dal tecnico, il problema non è ancora stato risolto. Il tecnico continua imperterrito all’infinito a riparare il cavo danneggiato, ripetendomi che non è solo un problema mia, quanto è un epi-
sodio ricorrente. Soluzioni: pensare ad un attacco efficace, per esempio a calamita, come quello pensato dalla Apple, comodo sistema a calamita, che ogni volta che viene sottoposto a sollecitazioni è portato a staccarsi, senza subire danni.
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Giulia Basic Pistolesi Design
A.A. 2010/2011