© Giulia Pressi 2016
PREFAZIONE
Qual’è il filo di questo racconto? Di cosa si parla? Ha un senso questo racconto? Non mi sento di svelarvi cosa accade nel racconto, anche perché vi basteranno poche pagine e poco tempo a leggerlo e a scoprirlo. Non intendo parlare di accadementi fin troppo speciali, ma l’interesse che potrebbe spingervi a leggere il racconto, sta forse in queste parole: mistero, nascondere o non nascondere determinate cose, verità, scelte. Lo scegliere delle strade che ci portano alla giustizia, o anche no. L’importante è che noi siamo convinti di quali strade scegliamo, se conviviamo con le strade per noi giuste: se quelle alla luce di tutto, o se ci vanno bene quelle che mettono in ombra qualche dettaglio, qualcosa degli altri o di noi. Dobbiamo convivere con le nostre strade ogni giorno perciò è giusto seguire quelle in cui crediamo, scegliere se mettere in mostra alcune ombre o se farci accecare dalle luci. Così come accade nel tramonto finale del racconto: ci sono le luci e ci sono le ombre evidenziate da quel tramonto. A seconda del nostro punto di vista vediamo o le une o le altre. Il racconto si legge in poco tempo perciò se volete togliervi la curiosità o lo sfizio di capire anche solo minimamente il senso di queste poche righe, potete iniziare dalla pagina che segue. Vi prometto che il testo scorre con una certa facilità di lettura, e se vi piacciono le sfumature che stanno nelle parole o nelle frasi, allora sono lieta di condividere con voi questi pensieri.
1. PALAZZI
Quinto piano. Finestra con balconcino sulla 24esima. La tenda balla col vento che la muove sinuosamente, e la tela lilla attraversa da fuori a dentro l'appartamento, ripetendo il passo a due con velocità costante. Dall'interno si fiuta ogni movimento della città, perfino il muoversi del gatto Frank a pelo bianco che sfugge sempre alla padrona del terzo piano. Gli altri grattacieli risultano abominevoli rispetto al piccolo edificio in grigio pieno del cemento: cinque piani, senza attico con vista. Da dentro risulta evidente il gioco di luci che gli altri riflettono autonomamente, a discapito della reazione che suscita invece l'abitacolo a vederlo da fuori. È come se dentro si percepisse un mondo ovattato, ricoperto di morbidi colori sfocati che si intravedono da quella stessa tenda lilla, una realtà soffice e dolce come un plum-cake al cioccolato. Così soffice da volerci fare una nuotata quando ci si è appena alzati dal letto e rimane quell'intorpidimento degli arti che non si sa mai come farlo passare. Perciò ecco qua la soluzione: una bella nuotata nella lentezza mattutina dei passanti, nei cafè appena aperti che invocano l'arrivo dei clienti, nell'odore del caffè misto a brioche calde sfornate dal panificio di fronte, una bella stretta di mano al vicino sempre pieno di carisma e infine un bel ''Ciao Barry!'' al bassotto color terra bruciata, tenuto dal dog sitter puramente disinteressato alla sua paga da strapazzo. Ebbene, tutto questo può risultare estremamente ipocrita se però analizziamo il punto di vista degli abominevoli grattacieli che stanno più su. Perché loro vedono solo: la velocità esuberante dei passanti frenetici, i cafè appena aperti e già stracolmi di gente sofferente in attesa della seconda dose di caffeina -che non servirà ad energizzarli affinché arrivino al lavoro in orario-, l'odore di cialde bruciate venute male tanta era la frenesia della clientela al bar, un saluto moscio letto in quel labiale biascicato del vicino sempre troppo pieno di sé per abbassarsi al tuo livello, e infine un ''Hey Barry'' sputato a quel botolo di ciccia e niente pelo di cane del ragazzo russo, il quale non ama fare il dog sitter se non fosse che per ricevere la sua paga da strapazzo. Sì, questo è il contesto della mattinata del 15 febbraio 2014. Momento in cui Jhoann Black si ritrovava a combattere con quelle vivaci tende lilla al quinto piano, preso come era a sfuggire alla vista di un omaccione robusto, il quale stava suonando al campanello della porta solo come preavviso che avrebbe buttato giù l'infisso qualche attimo dopo. In quel momento stava mentalmente uccidendo il pensiero di quando, forzato dalla sua compagna Alex, era dovuto andare alla ricerca dell'arredamento giusto a decorare quell'appartamento, per lui già semplice e accogliente com’era. Nella sua mente le rimproverava quel suo essere stata sempre troppo attenta ai particolari, fintanto evidente dalle occhiate che lei diede ai suoi mocassini beige durante il loro primo appuntamento. Queste riflessioni gli balenarono in testa mentre provava a respirare avvolto dalle tende fluttuanti nell'aria gelida mattutina. L'omaccione, frattanto, contava fino al tre per prendere la rincorsa e fracassare la porta d'acero lucida, o forse contava per prendere con calma la questione e dar modo a lui di aprire la porta volontariamente, evitando la figuraccia del beota che non riesce a sfondare l'entrata. Passati quei tre secondi, che detto fra noi divennero minuti, Johann Black recuperò la sua fortuna mancata e saltò la ringhiera, accasciandosi sulle fredde mattonelle del balconcino adiacente al suo. Lì vide quell'oggetto strano, alto e lungo abbastanza da farci entrare una persona esile e fu allora che aprì lo sportellino rosso arrugginito e vi si infilò dentro, entrando accovacciato come uno speleologo in una grotta. Ma non fu esattamente così, perché prima di andarsene passò diversi minuti sigillato nella scatola di ferro, che solo mentre respirava intuì di quale aggeggio si trattasse: un forno a legna dove l'aria che mandava giù sapeva di ferro corroso e focacce bruciate dalla signora Brannan. Quando il fracasso del tipo, che intanto lì affianco stava distruggendo il suo arredo - appoggiato dalla sua più grande approvazione e benedizione - ebbe fine, l'uomo si voltò e 4
sbatté i resti della porta scassata (per una piccola metà) dietro di sé. Lasciò solo una traccia delle parole che avrebbe voluto ripetere urlando in faccia a Johann, un piccolo foglietto giallo, più simile a un post-it, socchiuso sul bracciolo del divano. Il testo diceva poche parole: "Resterà un segreto... il nostro segreto."
2. ALEX
-"Maccheeddiavoloèèsucccesssoqquii?!??" Un passo indietro, avevamo lasciato Johann a soffocare nel macchinario culinario, dal quale però ne uscì pulito, non altrettanto i suoi abiti. Fu trovato a bussare alla finestra chiusa della signora Brannan, la quale lo accolse con i suoi modi da divorziata ormai over-cinquanta sempre in cerca di qualcuno da accudire e proteggere (se non che l'unica da accudire fosse proprio lei). Dopo aver preso un thè per rompere il ghiaccio, con tanto di zucchero da cariare i denti, Johann era rientrato nel suo monolocale frantumato e aveva riposto il post-it nella tasca sinistra della giacca quando... -" Maccheeddiavoloèèsucccesssoqquii?!??'' rintronò nella sua testa come un eco lontano chilometri, e in realtà, riprendendosi dai suoi pensieri, si accorse che Alex era alle sue spalle, furiosa, indagatrice e accusatoria. La gonna nera a balze, indossata sotto una giacca altrettanto nera a bottoni antichizzati, sembrava urlare con lo stesso tono l'interrogativo posto poco prima. Provò ad immaginare il più velocemente possibile ad almeno cinque pretesti decentemente sufficienti a spiegare la distruzione del suo habitat domestico, ma non gliene venne in mente neanche uno plausibile, così che fu costretto ad improvvisare vista l'attesa perentoria del suo sguardo. -''Oh nulla di irreparabile! Sai i ragazzi sono venuti qui e ... beh insomma...l'altra notte ci è un po' sfuggito il controllo della situazione, ecco tutto!" -"Tu dici 'i ragazzi'...? Mh- mh." L'attenzione si stava spostando dai frantumi di acero alle tende lilla sospese dal vento e protese verso l'esterno, quasi volessero fuggire dall'imbarazzo che si era creato nella stanza. Ma lui non poteva né svolazzare né fuggire a gambe levate, perché non era né tenda né animale... Era un uomo ingannato dal destino: così si figurava. Non vedeva la realtà dei fatti: era un uomo che tentava di vivere nei propri spazi senza toccare quelli degli altri, così come l'uomo più innocuo del mondo se ne sta in un negozio di cristalli ad aspettare che il commesso gli mostri la merce, immobilizzato dalla paura di pagare danni a movimenti troppo bruschi per le sue tasche. L'uomo ingannato riemerse dal turbinio di scuse: -"Ascolta, dammi una mezz'ora per una doccia e una spazzata veloce a casa, poi ne parliamo: colazione da Oahio e avrò la forza di un leone!" -"Va bene leonessa... Ci vediamo lì, ma sbrigati", rispose sarcastica Alex.
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3. COLAZIONE
L'entrata fu molto spassosa. Johann aveva il fiato corto e ciuffi di capelli asciugati di corsa, ovvero nella corsa verso il locale. Spinse la porta a vetri indietro e, dandosi lo slancio di una gazzella in fuga, fece un balzo in avanti, lungo abbastanza da prendere in pieno la cameriera in servizio ai tavoli. Risultato: quattro spremute e tre caffèlatte rovesciati, cinque tazze con il logo "Oahio" infrante al suolo e mescolate in luminosi frammenti sui capelli color arancio della ragazza; una rumorosa entrata di scena per uno che vuole 'vivere nei propri spazi'. Alex aspettò che si sedesse al tavolo che aveva occupato, nonostante il suo sguardo rivolto alle travi del soffitto rendeva l'idea di volervi fare un buco come per implorare al cielo aiuto. -"Eccomi qua. Scusa se ci ho messo più del previsto Al" (Al era il nomignolo che usava quando sentiva di aver sbagliato nei confronti di lei, senza ovviamente ammetterlo) -"Ho ordinato anche per te: pan-cakes e succo di arancia, come al solito" (lo sguardo di Johann tornò ai capelli della cameriera illuminati dai bicchieri della spremuta rotti...) Passò qualche momento di silenzio. Non sapevano bene come evitare il discorso né come affrontarlo. Alex fu la più coraggiosa: -"Puoi dirmi cortesemente cosa è realmente successo questa mattina?" Il leone era in trappola, forse? O c'era un misero tentativo di... -"Ok, La verità. La verità è che... Randy ha litigato di brutto con Kate (il loro solito tradimento), e questa volta stava davvero male. Kate ha deciso di sbatterlo fuori e lui non sapeva dove andare. Vista la situazione ho voluto tenerlo d'occhio: è venuto da me, ma sono arrivati i cugini di Kate a dargli una lezione e... Beh conosci le tradizioni della sua famiglia, quando si manca di rispetto alla fede di un matrimonio, niente è giustificabile." (Applauso del pubblico, qualche minuto di suspense e... "L' Oscar di quest'anno per la miglior interpretazione di menzogne va a... Johann Portland!") Gli occhi di Alex lo fissarono immobili, quasi costretti in tale atteggiamento dai capelli neri al limite della frangia e le mani bianche perfettamente appoggiate agli zigomi. (Pensò che il suo Oscar stava per essergli ritirato dalle mani, quando...) -"POVERA KATE! OH… POVERA-POVERA KATE: cosa ha mai fatto di male per cadere in questa situazione?! Non avere accanto un uomo premuroso e senza troppi impicci in testa!?! -Stava sbottando in lacrime"Sai cosa sognavamo da piccole? Sognavamo entrambe di incontrare l'uomo perfetto, come tutte, e di sposarci lo stesso giorno abbinate con lo stesso vestito, un bianco panna ricamato... Lo sentivo io: si è sposata troppo presto, doveva aspettare, dovevamo aspettare!" Quell'attimo in cui Johann realizzò che non stava scherzando, che per una volta aveva scelto il momento buono, la menzogna giusta, il delitto perfetto per non essere accusato (per essere tra l'altro innocente), quando capì che stava guardando davvero due occhi lucidi e sgorganti di acqua innocente e preoccupata, fu allora che prese in mano la situazione. Si comportò da fidanzato premuroso (quale lei aveva citato nel suo discorso strappalacrime) e alzandosi dal suo posto, si mise accanto a lei stringendola forte al petto, dandole la sicurezza di cui aveva bisogno. Per quella volta si comportò da fidanzato, mentre l'uomo in lui immaginava i suoi spazi.
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4. INERTE
Finita quella stupida giornata da supereroe, segnata da uomini giganti scassa-porte, incidenti con cameriere rosse e strategie da attori professionisti, Johann passò una nottata piuttosto impegnata nel russare sonoramente, accompagnata da manate accidentali al comodino causate dagli incubi affollati. Leoni, uomini-gorilla, festini con mucchi di ragazze (questo più sogno che incubo) lo tormentarono fino all'alba, quando aprì gli occhi un minuto prima che la sveglia suonasse. Martedì 12 febbraio. Si ritrovava immobilizzato nelle coperte di lana, con gli occhi che lottavano per richiudere le palpebre e poter battere in ritirata. Fortunatamente il timer della caffettiera era partito e lo si sentiva borbottare in cucina (unico regalo superstite dei genitori di Alex). Appena rasato e vestito, prese il giornale dietro la porta ed entrò in cucina. Si versò il caffè fumante poi aprì il quotidiano alle ultime pagine, su sport & spettacolo. Poggiò le labbra per bere quando, il contenuto gli andò di traverso... La domanda fu: aveva iniziato a perdere qualche decimo di vista o aveva letto giusto? Nella pagina a fianco c'erano i necrologi, tra questi uno citava: "Ieri è venuto a mancare Johann Portland. Ne danno il triste annuncio i parenti più cari. (...)" Sputò il sorso di veleno nero che lottava nella gola bollente e rimase inerte di fronte allo straccio di carta. Aveva improvvisamente freddo, perché sudava freddo. Pensava che la storia si fosse conclusa tramite la distruzione dei suoi beni mobiliari, di quello schifo di disordine che aveva creato il gorilla il giorno prima. Non poteva comprendere la modalità con cui lo avessero immischiato in questioni simili, né soprattutto il perché gli era davvero chiaro. In quel momento voleva tornare a letto, riaddormentarsi e trovare una risposta nei sogni. O semplicemente restare a dormire per tutta la vita su quel letto. Inerte.
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5. IL PRANZO
Era di nuovo mattino, e questa volta uno splendido mattino. Il giorno precedente era proprio da dimenticare; anche se in realtà lo era stato fatto con una bottiglia di Vermouth alle 19.30 e un'altra per il dopo-cena. Malgrado ciò, dalla prospettiva del suo letto (il punto di vista coincideva esattamente con l'altezza del piano in marmo del balconcino esterno), Johann vedeva le cime dei palazzi riflettersi sulla grande vetrata della camera, affacciandosi come per riscuoterlo e riportarlo alla realtà dei fatti. Per sua fortuna, riusciva a scorgere anche il cielo chiaro e luminoso sopra lo straripante grigiastro del cemento armato. Era a quel cielo che si poteva attribuire il valore di splendido mattino. Mentre si preparava a fare colazione col caffè nero, questa volta senza scottarsi, sentì il cellulare squillare nell'eco della camera da letto vuota. Tornò quindi sul corridoio, riesumando lungo il tragitto una ciabatta solitaria appostata sotto il divano del salone. Giunto di fronte al comodino prese il telefono e lesse il messaggio di Alex: "Tesoro mi raccomando di arrivare puntuale...e METTI la camicia bianca che ti hanno regalato due mesi fa! Ci tengono molto (anche io!) Ti amo." - tic-tac, tic-tac Iniziò ad elaborare i dati nella sua testa al tempo delle lancette. ''La camicia bianca''. Ok, questa l'aveva recuperata in poco tempo nella sua mente, ma... ''Puntuale", questo lo portava fuori strada. Cosa voleva significare, un appuntamento? Ma di QUALE appuntamento parlava Alex?? Richiamò all'ordine tutti i primi neuroni attivati dal caffè. Risposero in breve al rapporto: -"In archivio abbiamo trovato il file del PRANZO con i parenti della signorina. Come da lei approvato, signore, era stato stabilito ai tempi del fidanzamento. L'evento era stato accennato il mese scorso, signore, e stabilito ufficialmente. Come tale, lasciato tra i file in archivio e non più discusso."I neuroni lo avevano fregato di nuovo; la prossima volta si sarebbe vendicato con una quantità maggiore di alcol. Ora doveva prepararsi all'incontro. Doveva prepararsi allo scontro.
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6. GIOCHI DI PAROLE
Caldo, sudore, salita. Per arrivare alla villa dei Mollison c'era una lunga strada assolata (non alberata come in ogni stereotipo di villa) da percorrere a piedi; perché i Mollison amavano la distinzione e amavano il rispetto per la natura -ogni forma di natura- tanto da dover vietare il passaggio delle vetture nella strada d'ingresso. Non che la vista della villa non fosse magnifica, ma non sperava altro se non raggiungere il portone verde smeraldo entro pochi minuti. Driii... Non fece in tempo a togliere il dito dal campanello che arrivò la domestica ad aprire per farlo entrare velocemente e indagare fuori dalla porta prima di richiuderla. Era una fissazione dettata da Mr. Robert, quella di fare attenzione ai singoli rumori esterni per stare in all'erta al passaggio di persone ambigue nei dintorni della residenza; la prudenza non era mai troppa secondo la tradizione della loro casata. Avendo ricevuto il permesso dal personale di accedere alla sala dell'incontro, Johann si affacciò pian piano alla sala da pranzo. Vide inizialmente il lampadario di cristallo riflettere la luce dei risolini emessi dai soggetti sottostanti, poi iniziò a riconoscere le teste che sostavano in piedi sotto a quello scintillio di luci: dapprima Edward, il fratello di Alex, rivolto verso Henry e Ryan, i cugini di primo grado di Al, concentrati a controbattere agli strani seppur usuali discorsi dello zio Gordon. Circondavano la stanza gruppetti equamente ripartiti in donne da lunghi e decorosi abiti, quasi si trovasse ad una sfilata di pura rivalità femminile tra parenti. Dandosi un tono dignitoso e stirandosi il colletto della camicia fra il pollice e l'indice, si avvicinò per prendere parte ai saluti e alla conversazione (a cui non aveva la minima voglia di partecipare). Questa volta fu straordinariamente salvato dall'insalvabile: -"Eccoti qua! Te ne sei ricordato, splendido! - smack-" Alex era piuttosto rossa sulle guance, non per la gioia di vederlo, ma dovuta probabilmente all'aperitivo a stomaco vuoto con i parenti nell'attesa che tutti arrivassero (o meglio lui). Il suo atteggiamento mostrava a tutti di trovarsi a proprio agio nell'abito color vaniglia che scendeva con un vivace movimento di linee fino a sotto il ginocchio. A quel bacio di ben arrivato scambiato tra i due, che osservarono tutti intenzionalmente, gli altri ospiti fecero intendere il loro diniego con un brusìo contorto e soffuso; erano passati due anni ormai dalla loro unione segreta, ma il fidanzamento fu ufficializzato solo un paio di mesi prima, e questo per la casata era al limite dello scandalo. -"Henry, Ryan, quale piacere rivedervi! E questa volta abbiamo avuto il generoso preavviso di un incontro come si deve"- Johann forzò involontariamente il tono con cui si fece avanti. Avevano avuto modo di incontrarsi per caso in una giornata di shopping, voluta da Alex, al noto centro commerciale nei dintorni di Nyack (la graziosa cittadina in cui abitavano i Mollison da generazioni). In suddetta occasione i due cugini avevano sghignazzato tra di loro soffermandosi con lo sguardo sui pantaloni color kaki, la cinta usurata e la t-shirt unta a chiazze di pizza che indossava Johann. Quella fu la prima volta che dei parenti riuscirono a vedere il fidanzato di Alex, e fu la prima volta per Johann che lo derisero vivacemente in pubblico (eccetto il primo incontro con Alex). Questa volta, seppur scrutando con ogni microsguardo gli abiti del poveretto, non poterono deriderlo della camicia regalatogli proprio dai loro zii, ma accennarono un sorriso superficiale ai calzini a righe che intravedevano alle sue caviglie. -"Al! Facci conoscere questo bell'esemplare di animale che ti sei scelta al mercato della Contea!" - era lo zio Gordon a rompere il ghiaccio e gli iceberg che li separavano. Ma il modo in cui egli si esprimeva non era accusatorio, lo zio parlava sempre così, anche quando aveva fatto la proposta di matrimonio alla zia Anne. Questo suo carattere si accentuò 9
poi alla morte della donna, momento che limitò la sua vita agli esperimenti in laboratorio in ogni ora del giorno. Comunque sia, per lui il mercato della Contea era un evento mensile dove poter trovare pezzi originali e rari da usare per i suoi indimostrabili esperimenti. Caduto nell' imbarazzo delle presentazioni e dei convenevoli e risucchiato dalla parlantina di Gordon -il quale l'aveva preso sotto braccio, come se stesse mostrando le opere di un museo ad un suo allievo provetto- i mucchi di persone si riunirono attorno all’immenso tavolo da pranzo, pronti a prendere posto al banchetto. Mentre tutti si sedevano, Johann si ritrovò per un momento lasciato da parte e soprattutto ignaro di dove sedersi; per quell' istante si ritrovò disorientato e in piedi, mentre tutti erano già comodi e lo minacciavano con uno sguardo da civette gelose dei loro spazi e diffidenti. Zio Gordon lo riportò alla realtà indicandogli di sedersi tra lui ed Alex. Fu allora che vide in fondo, al capo estremo della tavolata di trenta persone, lo sguardo attento di Robert, affiancato dalla consorte Rosemary, lui nell'atteggiamento di un Generale e lei nella postura inarcata di una dama di corte. Suonò una campanella d'argento in cucina, ad indicare che le portate erano pronte per essere servite, mentre gli occhi castani di Johann incrociarono quelli neri fuliggine di Robert: la battaglia era aperta. Durante il pranzo furono serviti pasti prelibati (sconosciuti alla dieta di Johann) e decisamente numerosi, al punto che le 12 posate che affiancavano il sottopiatto di ceramica sembravano essere poche anche per lui che era solito usarne una sola. Al momento dell'arrosto misto con contorno di cipolline alla brace ripiene di una salsa speciale (a colpo d'occhio molto simili a mini-bombe secondo i pregiudizi del ragazzo), Johann sentì urlare il suo nome, una dozzina di persone più in giù, senza trovare il viso di chi l'avesse chiamato. Fu chiamato una seconda volta, e riuscì a distinguere ora una voce stridula, chiara e brillante... Intravide una lunga chioma bionda dove stava guardando e, pochi istanti dopo, sentì il tocco di alcune dita sulla spalla destra. Si voltò e vide Agnes; la piccola, curiosa e vivace Agnes... Era la nipotina prediletta di Alex, dal momento che avevano caratterini molto simili seppure fattezze fisiche opposte. Proprio questo aspetto lo intimoriva: le loro continue parlantine, inesatte e inappropriate, ma ancor di più se erano di una bambina di otto anni. -"JOHANN-JOHANN!!!"- Anche le urla della bambina erano un altro aspetto da non sottovalutare. -"Shh... Agnes non si urla ora, non si urla davanti a questi signori" -"ANDIAMO A GIOCARE FUORI???" L'unica cosa che sperava di non fare in quella giornata era proprio giocare con Agnes: era capace di distruggerti fisicamente e psicologicamente fino a metterti in ridicolo di fronte a tutti quei ricchi aristocratici che gli sedevano accanto. -"Tesoro primo, smetti di urlare, secondo, è buona educazione finire il pranzo a tavola, poi andremo a giocare, dopo...(forse)" -"Maaa iiio...!” Dopo uno sguardo intenso di minacce e rabbia, la bambina si convinse facilmente. -" Hey JO, a fine pasto te la senti di unirti a noi signori per un sigaro e cognac da tradizione, o sei più a tuo agio giocando a campana con Agnes?"- Il capo aveva parlato, e il ghigno sul viso di Robert esprimeva a pieno la consapevolezza della sua spavalderia. - “Va bene Robert. Adoro il sigaro in compagnia. Non adorava né i sigari, né la compagnia.
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7. IL SIGARO DELLA PACE
Il fumo bastava a creare una sorta di divisorio, di parete fluttuante tra il giardino e la porta-finestra della cucina, da cui vedevano le sagome dei commensali. Erano in cinque, tra Robert e Johann c’erano gli amici “in affari” del padrone di casa. Come fanno i leoni quando preparano la caccia a una gazzella. Solo che la gazzella non prende l’iniziativa dell’attacco. - “So che sei stato tu Robert.” - “Almeno questo è un buon segno. Gli alberi sono in fiore e le marmotte si svegliano dal letargo.” - (Va bene la villa settecentesca ma il linguaggio può anche adattarsi all’epoca in cui vive) - “Ascoltami bene ragazzo. Se credi che mia figlia sia una stupida gomma da masticare che assapori per bene in bocca, mastichi e poi sputi via quando finisce il suo effetto sei caduto nella famiglia sbagliata d’accordo…? Quella non è una figlia qualsiasi, ti sei preso la figlia della famiglia Mollison, dinastia regale pluricentenaria e non sarà certo un povero rammollito che tenta di farsi strada nell’imprenditoria che le farà perdere la testa. Né tantomeno farà cadere il buon nome della nostra stirpe in mezzo alla strada, come quella dannata gomma da masticare.” - “Vuoi dirmi che sei stato davvero TU?? Davvero vuoi ammettere le tue colpe per una volta e lo fai in questa occasione? Ho voluto accettare le ipotesi che avevo formulato nella mia mente solo quando ho visto con quanta maestria i tuoi burattini, che siedono a quel tavolo da orletti e ricami, se ne stanno fermi ai tuoi piedi lustrandoti le scarpe.” I sigari si mischiavano nell’aria all’odore delle foglie mosse dal vento. “Tu hai sporcato e distrutto il mio appartamento come se fossi il tuo nemico numero uno. Il tuo maggior nemico adesso è la polizia però. Le tue colpe non se ne vanno via così lo sai vero? Non bastano gli altri a pulirtele via. Quello che hai fatto è assurdo. Oltre che illegale. E non venirmi a parlare di Alex, non tu. Non suo padre.” - “Anche il ragazzo ha una buona parlantina. Non rimarrà che verificare nei fatti.” Il sigaro si disperse tra le grosse risate di quei tre omoni alle spalle di Robert. La viuzza che conduceva alla porta della cucina si fece di nuovo visibile. Tornarono dentro e ripresero posto all’esilarante “spettacolo”.
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8. CAOS CONTRO ORDINE
- “Robert! Johann! Dove eravate finiti? Vi stavamo aspettando per servire il dessert: la cuoca lo ha preparato da ieri, è una ricetta tramandata nella nostra famiglia, ma va curata in ogni dettaglio e le dosi vanno rispettate alla perfezione.” Lo zio Gordon riusciva sempre a dire la cosa giusta; la più inopportuna, dettata dalla sua graziosa inconsapevolezza di osservatore, eppure la più pungente. E Johann era così furioso in quel momento che lasciò da parte la sua riservatezza e si ritrovò ad aprir bocca ancora prima di pensare. - “Immagino si richieda il totale impegno nel preparare questo dolce… Rispecchia un po’ la vita stessa, anche se la vita riserva anche piatti amari preparati con lo stesso impegno. E pensare che io sono un amante delle torte della nonna, ironico non trovate? Adoravo guardare mia nonna impastare con le mani colorate di farina e aggiungere dosi con il suo occhio esperto. Quella torta sapeva di esperienza, era come se ti dicesse: assapora la vita, non è poi così difficile. Una volta presi il coraggio di chiederle come facesse a fare tutto senza ricette, e lei mi rispose: “tesoro sono stata abituata così, so solo che dove sbagli sei sempre in tempo per rimediare, basta aggiungere l’ingrediente giusto, o impastare un po’ di più, aspettare mentre cuoce e stare attenti che non si bruci. E se si brucia poi… se ne farà un’altra più buona.” Robert guardò Johann fulminandolo, eppure i suoi occhi sembrarono per un attimo ritrovarsi in quelle sue parole. Presero il dolce, accompagnato da un indispensabile caffè per riprendersi dal ricco banchetto; per tutti tranne che per Agnes ovviamente, che per quanto graziosa che fosse, aveva un carattere precocemente schizzato senza l’ausilio della caffeina. Dal momento che lo scopo evidente del pranzo era quello di far conoscere il ragazzo di Alex alla sua intera famiglia (o forse alla stirpe), fu inevitabile per Johann sottomettersi ad un discorso davanti a tutti, che d’altronde fu meglio che affrontare il parentado singolarmente uno alla volta. - “Eccoci qui… Intanto vi ringrazio per questo piacevole invito nella vostra grandiosa dimora (o meglio tana di lupi) e per questo consistente pranzo, formato da cibi così diversi e delicati. Credo che saprete di me e Alex da mesi ormai, insomma... i cugini Henry e Ryan vi avranno informato della prima volta che hanno visto me ed Alex insieme al centro commerciale. E non so cos’altro vi avranno detto… Ma, tolto questo fatto, anche io tenevo a conoscere le persone che fanno parte della vita di Alex, d’altronde è un passo importante sì. Ma serve a capire anche molte cose della persona con cui hai scelto di stare, a capire il suo mondo, da chi e da cosa è stata circondata prima di conoscere te, da dove venga molto del suo mondo. E, quel che ho capito oggi insomma, è che Alex è davvero un fiore, una perla rara, con un sacco di pazienza. Non mi riferisco di certo a voi: né allo zio Gordon, con cui ho avuto il piacere di apprezzare molte cose, né i due cugini, così spavaldi eppure sinceri, né dalla mamma di Alex, Rosemary, da cui probabilmente avrà tratto questa grande capacità di resistere e pazientare. Non siete voi. Non sono mai gli altri ad essere gli artefici, i colpevoli di qualcosa. Infatti noi ci giudichiamo sempre innocenti no? Soprattutto quando siamo una massa indistinta, che non lascia tracce sui suoi pareri. Beh, stavolta non siete voi, è uno solo. E’ uno solo ad aver mischiato le carte in gioco, ad aver camuffato le sue colpe, ad avermi distrutto casa senza scrupoli. Sto parlando di te Robert.” - “Caro ragazzo… sono stato io, certo che sì! E finora to ho fatto il piacere di non dirlo a nessuno per non ridicolizzarti, e soprattutto per darti un’altra opportunità di fronte a mia figlia! Doveva essere un monito per metterti in guardia, perché lo so cosa hai combinato quella sera… Ti ho visto con quella moretta, alle due, quella sera… quella sera. Vuoi trattare mia figlia come un chewingum?” 12
- “Papà... lui… Johann. Tu hai fatto coooooosaaaaa???” Gli occhi di Alex si fecero grandi come i pugni che teneva stretti e pronti a colpire oggetti, persone. - “Alex no. C’è solo un modo per spiegartelo. Tuo padre è un criminale.” - “Aspetta… Mio padre mi dice che tu mi hai tradito e tu dici che LUI è un criminale?? Ma cosa ti salta in testa?!” - “Alex, lui mi ha distrutto casa. E non perché io avessi un’altra, ma perché io l’ho visto fare delle cose…. Delle mazzette… Dio Alex! Con tutto il terreno e le ricchezze che avete, come diavolo è possibile che vi sottomettiate a certi mezzucci per guadagnare soldi in più eh?? Soldi sporchi poi! I vestiti, le auto che hai, fanno tutti parte di questo circolo vizioso che ha messo in atto tuo padre! Mazzette facili, con cui ottiene terreni da rivendere a prezzi gonfiati. A gente che ha la metà di quello che ha lui poi. L’ho visto io… E quella ragazza di cui parla… mi ha aiutato a ottenere prove della sua colpevolezza!” Alex rimase immobile. Voltò solo lo sguardo verso Robert. - “E’ vero papà? E’ come dice lui?” Robert si appoggiava al tavolo con i pugni; era in piedi, ma tutto il peso del corpo si appoggiava al tavolo tramite quelle braccia pesanti. Era una sensazione fisica e mentale, stava andando giù. - “Papà guardami e rispondi. Ti prego…” L’abilità di Alex era rimanere impassibile, contenersi, non lasciarsi avvilire dalle situazioni. Anche quelle che la chiamavano in prima persona. Robert alzò lo sguardo verso Alex, gli occhi fermi, come quelli della figlia, ma più turbati, più bui. Abbassò ancora lo sguardo. - “E’ come dice.”
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9. CAOS
Fino a quel momento Johann era sempre stato un ragazzo riservato, per i fatti suoi, senza pensieri che lo distraessero, concentrato sul lavoro, professionale. Un ragazzo emancipato diciamo. Da quando conobbe Alex si trovò una parte di sé pronta ad appassionarsi, a dividere il tempo con una persona, a cambiare la sua persona e migliorarsi. E una parte di sé non era convinta che si stesse migliorando del tutto, non dai segnali della sua persona quantomeno. Quando conobbe Alex era pronto a lasciarsi andare, o meglio non che fosse pronto, ma lasciò che le cose cambiassero pian piano, come quando una zolletta di zucchero si scioglie in bocca, e lentamente ti lascia sulla lingua quel sapore dolce, buono, semplice. Ma… Johann si accorse in quel momento, dopo tutto il pranzo, dopo tutti i discorsi, le maldicenze, le insinuazioni, gli affronti, i sigari, le sopportazioni, dopo quel dolce che non era come quello che gli preparava la nonna, quello fatto con le mani colorate di farina e impastato con ingredienti semplici e di esperienza. Si accorse che il suo palato nonostante tutto non era dolce, o meglio era un gusto che sembrava dolce, che poteva essere scambiato per tale, ma in realtà era dolciastro. Un dolciastro finto, appiattito, duro. La sua bocca aveva il sapore di amaro. E lo disse. Mentre tutti stavano lì a guardarsi, in un’atmosfera rafferma, aspra anch’essa, senza nessuno che si capacitava di cosa stesse accadendo, di cosa dire, di come poter cambiare la situazione. Johann lo disse. - “Ho il sapore di amaro in bocca. Alex, ho il sapore di amaro in bocca. Scusami.”
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10. ORDINE
La villa era su quella collina da tempo, da generazioni, e da sempre era in una posizione ottimale per vedere il tramonto; la luce si rifletteva sulla facciata indorando le finestre e rendendo l’atmosfera del casato calda e soffice, come in un film dove i suoni vengono attutiti e la pellicola originale viene nascosta da un filtro aranciato, che rende tutto meraviglioso. La villa era così. Così appariva, fuori e anche dentro. Johann camminando giù per la collina pensava a quell’atmosfera, se la rifletteva nei suoi occhi, se la pensava nei suoi occhi, perché voltandosi a guardarla fuori dal cancello, non vide altro che la luce abbagliante del tramonto, e il tramonto non acceca mai per nascondere, il tramonto evidenzia le ombre, e le luci. Ed era consapevole che la sua luce non era lì. Guardò avanti, prese un respiro di aria pulita, e fece il passo che lo riportava verso casa.
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