"Basta poco per dare spazio alle emozioni" - Guerrilla Marketing - Tesi di Laurea Triennale

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Basta poco per dare spazio alle emozioni.


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“Basta poco per dare spazio alle emozioni“ Realizzazione di una nuova campagna di Guerrilla Marketing

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A chi ha sempre creduto alle mie idee, a chi ha sopportato pazientemente le mie nevrosi, le mie ansie e tutti i miei sbalzi di umore. Ma soprattutto a chi mi ha sempre lasciata libera di andare.

Giulia Rossi


“Basta poco per dare spazio alle emozioni“ Realizzazione di una nuova campagna di Guerrilla Marketing

UniversitĂ  degli Studi di Firenze Scuola di Architettura Corso di Laurea in Disegno Industriale Anno Accademico 2012/2013 Sessione Aprile 2014 Relatore: Prof. Marcello Scalzo Correlatore: Emanuele Colucci Tesi di Laurea di Giulia Rossi


INDICE

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PREMESSA

pag. 6

COMUNICAZIONE

pag. 10

1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6

Che cos’è A cosa serve Come avviene Modalità comunicative Consigli per una gestione cosciente della comunicazione Perché si è sviluppata nel tempo

PUBBLICITA 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8

pag. pag. pag. pag. pag.

10 13 17 18 18

pag. 20

i

Che cosa si intende Origini e progresso Come è strutturata la pubblicità Obiettivi della pubblicità Efficacia della pubblicità I benefici sociali della pubblicità Modelli pubblicitari Evoluzione degli strumenti di informazione

pag. 24 pag. 24 pag. 24 pag. 30 pag. 32 pag. pag. pag. pag.

33 36 40 47


MARKETING

3 4 5

MARKETING

pag. 50

3.1 3.2 3.3 3.4 3.5

pag. pag. pag. pag. pag.

Che cos’è Come si struttura Evoluzione delle strategie commerciali aziendali Marketing convenzionale e Marketing non convenzionale L’universo del Marketing non convenzionale

50 54 57 66 74

GUERRILLA MARKETING

pag. 76

4.1 4.2 4.3 4.4 4.5

pag. pag. pag. pag. pag.

ii

Che cos’è Guerrilla Marketing Quali sono le differenze che rendono il marketing “Guerrilla” Come organizzare al meglio una campagna Il caso IKEA “Spazio alla vita“

BASTA POCO 5.1 5.2 5.3 5.4

ii

Principi decisionali Sviluppo della campagna Materiale acquisito Conclusioni

77 78 82 84 88

pag. 92 pag. pag. pag. pag.

93 98 99 106


PREMESSA

S

iamo già entrati nell’ era della postmodernità, un’era in cui il consumo e i consumatori hanno cambiato faccia e il mercato, di conseguenza, si è trasformato. 
 In quest’epoca di mutamento, i complessi ingranaggi del marketing tradizionale hanno cominciano a vacillare, fino ad incrinarsi. Tutto ciò è dato dal rifiuto delle verità innegabili che la comunicazione tradizionale ci offre, dell’auto-referezialità sfoggiata dalle aziende odierne che caratterizza questi tempi. I consumatori, anche grazie all’ausilio del web che utilizzato come mezzo di informazione efficace, vogliono essere i protagonisti e non più la “conseguenza” del lavoro delle aziende, come normale proseguimento delle loro strategie. 
 Ed è in quest’ era che un nuovo punto di vista,

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una nuova visione del mercato, entra in scena: il “marketing non-convenzionale”.
 Nel nostro lavoro, partendo da un percorso che coinvolge comunicazione e pubblicità, andremo ad analizzare a fondo i cardini portanti di questa nuova forma di marketing, le sue differenze rispetto a quello consolidato, la sua portata innovativa e le sue forme, in particolare, il Guerrilla Marketing. Il Guerrilla Marketing, rappresenta una serie di tecniche di comunicazione che hanno come obiettivo una maggior presa emotiva e partecipativa sul consumatore. Ciò avviene presentando il messaggio in ambienti e metodi non-convenzionali (spesso addirittura vietati, o comunque al limite), cercando di colpire il consumatore nei momenti in cui meno si attende la comunicazione, cercando di stupirlo e


di stimolarlo, di renderlo curioso verso ciò che gli viene comunicato e di spingerlo a cercare ulteriori informazioni. Il tutto con la peculiarità di riuscire a contenere i costi della comunicazione mantenendo comunque alti i livelli di efficacia nel raggiungimento degli obiettivi. Il progetto di tesi si è orientato verso l’ attuazione di una campagna di Guerrilla Marketing per il brand IKEA, in cui la pianificazione di marketing ha previsto il conseguimento di un “attacco mirato“ ad effetto sorpresa e un successivo lancio pubblicitario su vari media di informazione; Il progetto è volto a valutare e analizzare le reazioni dei consumatori alla nuova strategia di comunicazione, e quanto la campagna di informazione pubblicitaria riesce a rafforzare la Brand Identity dell’azienda IKEA. 9



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COMUNICAZIONE

C

omunicare è un bisogno primario, sia per l’uomo che per gli animali: una necessità vitale, se si considera che dalla capacità dell’uno e degli altri di trasferire efficacemente informazioni di natura diversa, dipendono le possibilità che essi hanno di alimentarsi, di riprodursi, di essere riconosciuti come membri di un gruppo sociale, di garantirsi - al suo interno - una posizione precisa e di ottenere aiuto e sostegno. 1.1 Che cos’è Cominciamo dando una definizione formale del termine; possiamo dire che la comunicazione è un processo volontario di trasmissione, interpretazione e comprensione di informazioni di varia natura. Comunicazione, dal latino communicatio, significa condivisione, (“mettere qualcosa in comune con 10

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gli altri”, costruire insieme) ed è quindi l’insieme dei fenomeni che comportano il trasferimento di informazioni. Comunicazione, non significa però, solo “mandare messaggi”, ma va intesa come un atto sociale e reciproco di partecipazione; atto mediato dall’uso di simboli significativi tra individui e gruppi diversi. Si tratta di un vocabolo – e di un’attività – con la quale ci confrontiamo quotidianamente, ponendoci costantemente nella situazione di dover trasmettere attraverso parole e gesti ciò che vogliamo dire. La comunicazione è un’espressione sociale, un mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: non basta pronunciare, scrivere o disegnare per comunicare; la comunicazione avviene quando arriva, quando l’espressione è compresa e diventa patrimonio comune per la costruzione di


una discussione, di un sapere, di una cultura.
 Per capire meglio come avviene, è necessario rendere chiari per ogni processo comunicativo, gli elementi fondamentali: 1. l’emittente: è il soggetto (o i soggetti) che comunica il messaggio; 2. il ricevente: è il soggetto (o i soggetti) che riceve il messaggio; 3. il messaggio: è il contenuto di ciò che si comunica; può essere una informazione, un dato, una notizia o più semplicemente una sensazione; 4. il codice: è inteso come un sistema di segni (elementi che stanno per qualcos’altro, prendendone in qualche modo il posto, quando questi ultimi non sono disponibili nel contesto) e senza il quale non avviene la trasmissione del

messaggio. Il codice è un insieme strutturato di segni e di regole; può avere caratteristiche molto diverse, ad esempio può essere sia una lingua, che un gesto, che un grafico, che un disegno; 5. il canale: può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.) sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione; i segnali infatti possono essere veicolati da canali differenti, tanti quanti sono i sensi: essi, costituiscono la faccia percepibile del segno. All’udito corrisponde il canale uditivo; alla vista il canale visivo; all’odorato il canale olfattivo; al tatto il canale tattile; al gusto il canalegustativo. Così, i segnali che vengono percepiti tramite l’udito, che viaggiano su onde sonore (queste sono il mezzo della trasmissione) passano sul 11


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canale uditivo; quelli che sono percepiti tramite la vista, che viaggiano su onde luminose, passano sul canale visivo. Quelli che sono percepiti tramite l’odorato, che viaggiano in forma chimica attraverso l’aria, passano sul canale olfattivo, ed infine quelli che vengono percepiti tramite il tatto e il gusto, che viaggiano in forma elettrochimica attraverso i canali nervosi, passano sul canale tattile e sul canale gustativo.

un messaggio comunicabile attraverso il codice;

6. la codifica: è l’attività che svolge l’emittente per trasformare idee, concetti e immagini mentali in

9. il contesto o ambiente: è il “luogo”, fisico o sociale, dove avviene lo scambio comunicativo

7. la decodifica: è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali; 8. il feed-back: è l’interscambio che avviene tra ricevente ed emittente quando l’informazione di ritorno permette all’emittente di percepire se il messaggio è stato ricevuto ecc.


- può incentivare o al contrario disincentivare la comunicazione. La comunicazione come abbiamo detto, comprende lo scambio di informazioni di varia natura, ma non consiste solo nello scambio di elementi informativi di tipo referenziale (che comunicano notizie su uno stato di fatto, o su un evento), ma anche in altri elementi informativi, che servono a gestire rapporti sociali, ad attivare relazioni e a stimolare comportamenti; la caratteristica fondamentale della maggior parte dei processi di comunicazione è però che, la presenza del ricevente non implica necessariamente l’assunzione completa dell’info. Ciò infatti dipende sia dall’efficacia del canale ma soprattutto dal risultato dell’interpretazione del messaggio da parte del ricevente. Tale risultato è fortemente influenzato dal livello di condivisione del codice infatti, affinché il processo di comunicazione si realizzi, è necessario che emittente e destinatario condividano gli stessi codici, cioè codici di associazioni strutturate, di convenzioni condivise, da chi trasmette e chi riceve, che permettono così, di decodificare i segni. 1.2 A cosa serve Perché comunichiamo? La prima risposta che istintivamente viene da dire è perché è impossibile non comunicare, perché ogni comportamento è comunicazione, invia un messaggio agli altri, che lo si voglia oppure no. Anche l’intenzionale assenza di comunicazione verbale, di fatto,


“ […] Ogni comunicazione implica un impegno e perciò definisce la relazione. E’ un altro modo per dire che una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento.” WATZLAWICK PAUL; BEAVIN J. H.; JACKSON D. D. (1978), “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi”



comunica la nostra volontà di non entrare in contatto con l’altro. Quindi tutto è comunicazione, anche il silenzio, perché anche con il silenzio si comunica qualcosa. Pensiamo, infatti, solamente alle persone che ci circondano: traspirano la loro vita, il loro status, la loro professione, le loro emozioni; in altre parole chi ci circonda, pur non proferendo parola, ci comunica qualcosa e noi comunichiamo loro qualcosa. Nella comunicazione si apre la relazione, già implicita nella stessa esistenza umana. Lo stesso vale per un qualsiasi prodotto; una volta percepito, noi lo valutiamo, giudicandolo se è più o meno di nostro gradimento, che sensazioni ci produce, che stati d’animo ci crea. Naturalmente tutto questo viene fatto in modo non conscio. E’ chiaro che non ci poniamo tutte queste domande, ma che in pochi secondi riusciamo comunque a farci un’idea esatta di chi o che cosa ci sta di fronte. La percezione è, dunque, un’ attività singolare, particolarmente importante 16

della comunicazione e nel contempo molto delicata per diversi motivi. In primo luogo perché noi tendiamo a percepire solo una parte del tutto. Quindi, quando noi percepiamo, ci riferiamo alla realtà attraverso simboli, con i quali realizziamo un processo di semplificazione. Una volta percepito il simbolo, questo deve essere mantenuto. In altre parole la percezione è dinamica e deve essere alimentata attraverso una scansione ben definita nel tempo, per evitare che il nostro simbolo cada nell’oblio. Ogni comunicazione ha un aspetto informativo, di contenuto (ovvero di cosa viene detto), e un aspetto di “comando”, di relazione, di modo che questo secondo aspetto, imprime e chiarisce una forma al contenuto; tutto ciò definisce la comunicazione come metacomunicazione1, La metacomunicazione è un livello di comunicazione più significativo della comunicazione, visto che è in grado di svuotarne i contenuti, o anche capovolagerli, in quanto cornice di riferimento.

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The worst distance between two people is misunderstanding

un’accezione più significativa, che è in grado di svuotare la comunicazione dai contenuti, o di capovolgerli, in quanto cornice di riferimento. 1.3 Come avviene Dopo aver osservato questi concetti possiamo intendere che la comunicazione avviene tramite segnali codificati secondo regole note sia al mittente che ai destinatari; i segnali, una volta decodificati infatti, attivano una serie di processi interpretativi e portano alla comprensione del messaggio. Si ha comunicazione quando il passaggio di informazione stimola l’attivazione di processi cognitivi che portano ad interpretazione e comprensione: perché si possa parlare di comunicazione, infatti, non è sufficiente che vi sia passaggio di informazione da una fonte ad un ricevente; è invece indispensabile che esso, attivi la risposta interpretativa nel destinatario.

E non è sufficiente che un segnale attivi una reazione perché si abbia comunicazione: se la reazione attivata dal segnale è puramente automatica non si può parlare di comunicazione, ma di semplice transito di dati. Un colpo dato con il martelletto sul ginocchio stimola uno scatto della gamba, ma non mette in moto alcun processo cognitivo, non stimola alcuna attività ermeneutica, non è un fenomeno comunicativo. Un colpo dato a mano aperta sul viso, può invece, può produrre un’azione relativa ad un preciso significato (quello di aggressione offensiva). Ogni processo comunicativo infatti, avviene in entrambe le direzioni e, secondo alcuni, non si può parlare di comunicazione là dove il flusso di segni e di informazioni è esclusivamente unidirezionale. Se un soggetto può parlare a molti senza la necessità di ascoltare, siamo in presenza di una semplice trasmissione di segni o informazioni, così come lo è la reazione automatica. 17


1.5 Consigli per una gestione cosciente della comunicazione Per sfruttare coscientemente le possibilità offerte dalla comunicazione, è sempre necessario definire con esattezza: - a chi ci rivolgiamo ovvero chi sono i soggetti con i quali è necessario entrare in relazione; - qual è l’ obiettivo, cioè cosa devono fare i soggetti, cosa pensano, al termine della comunicazione; - l’uso di un codice comune che ponga attenzione al contesto culturale dell’interlocutore; - ascoltare i feedback (anche quelli non verbali); 18

comp

v trans outsourcing

“Il soggetto vuole dire 100. In realtà dice 80. Il ricevente sente 50 (a causa dei disturbi dell’ambiente). Capisce 30. Ricorda 20”

tone of voice

CMYK

1.4 Modalità comunicative La comunicazione può essere verbale (guidata dall’utilizzo di parole) oppure non verbale, data dall’ espressione del volto, dai gesti oppure dal tono della voce. In base al modo di vestire, agli oggetti di cui ci circondiamo etc. abbiamo un ulteriore tipo di comunicazione che è quella simbolica che costituisce una parte molto significativa della nostra comunicazione. È grazie all’ utilizzo congiunto delle diverse modalità comunicative che abbiamo i risultati più In ogni caso occorre fare molta attenzione perché non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente.
 Anzi, di solito:

Attraverso la risposta a queste domande, è possibile decidere quindi, che cosa comunicare, scoprire quali sono i punti fondamentali che è necessario comunicare per ottenere l’effetto desiderato e creare la relazione, e come comunicarlo. Come abbiamo accennato, il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra soggetti diversi: si tratta in altri termini di una attività che presuppone un certo grado di cooperazione. Nel processo comunicativo che vede coinvolti gli esseri umani ci troviamo infatti, di fronte a

ru

in

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emotion

contest

addressee,

theory

idea layout

art director

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line organization

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value smission

message

styling

publics

packaging

sociology trade

spot

attitude

misunderstanding

attenction

shooting

references

Communication communa location nformation decoding language mass culture credibility

code

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due polarità: da un lato la comunicazione come atto di pura cooperazione, in cui due o più individui “costruiscono insieme” una realtà e una verità condivisa; dall’altro la pura e semplice trasmissione, unidirezionale senza possibilità di replica. Nel mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasioni comunicative che tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città. La comunicazione riguarda sia l’ambito quotidiano sia l’ambito pubblicitario e delle pubbliche relazioni: in ciascuno di questi abbiamo diverse finalità. Infatti è colui che “riceve” la comunicazione ad assegnare a questa un significato, per cui è la potenzialità creativa dell’essere umano ad assegnare significati ad ogni cosa, creando 20

il “sistema comunicazione” con le sue due caratteristiche: l’immaginazione e la creazione di simboli. È tuttavia ancora oggi, argomento di discussione se la comunicazione presupponga l’esistenza di coscienza, o se si tratti di un processo che può avvenire anche tra macchine. Se così fosse, sarebbe colui che riceve la comunicazione ad assegnare un significato, e così facendo ogni “cosa” potrebbe comunicare. 1.6 Perché si è sviluppata nel tempo La necessità di comunicazione e di azione è legata all’appagamento dei bisogni. Nell’uomo, l’esigenza del linguaggio è stata fondamentale per la sopravvivenza: infatti egli, per soddisfare i propri bisogni, ha dovuto trasmettere informazioni.


Communicate.

Quando l’individuo, deve cercare un tipo di risposta valida a soddisfare il suo bisogno, riprende indubbiamente i principi di sopravvivenza primitivi. Nel corso degli anni nasce la persuasione, il poter convincere, se non addirittura indirizzare il comportamento degli uomini. La persuasione e le strategie di manipolazione assumono valore differente a seconda del periodo storico in cui sono collocate: esse vengono adattate e messe al servizio della società che si realizza in un determinato contesto storico, culturale e sociale. La possibilità di influenzare il complesso delle interazioni umane, attraverso le pratiche discorsive, ha fatto sì che le classi dominanti e i ceti emergenti abbiano cercato, con il passare del tempo, di conquistare il monopolio dello

Even when it’s uncomfortable or uneasy. One of the best ways to heal, is simply getting everithing out and if you live bitterly, you live a lonely existence.


strumento linguistico e della società. Nella storia recente, durante le grandi dittature europee nel XX secolo, in Italia si è avuto un rigoroso controllo dell’informazione, operato da Mussolini, per imporre e persuadere con idee e opinioni, e per dirigere l’opinione pubblica verso una posizione a sostegno del regime fascista. Solo successivamente, il termine persuasione indicò l’influenza sulle masse attraverso la manipolazione della psicologia dell’individuo. Analizzando nello specifico l’evoluzione del processo comunicativo possiamo affermare che è solamente dopo la metà del 1800, in concomitanza con l’espansione dell’economia determinata dalla rivoluzione industriale, che si ebbe un notevole sviluppo delle forme di comunicazione arrivando a creare vere e proprie pubblicità attraverso mezzi di informazione, anche se è impossibile individuare il momento in cui si è avuta la prima forma di pubblicità. Ma prima di affrontare il tema legato alla pubblicità come forma di comunicazione è essenziale fornire alcune nozioni per capire in cosa consiste e comprendere il percorso che essa ha fatto fino ad oggi, grazie ai personaggi e alle epoche storiche che si sono susseguite.

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PUBBLICITÀ

I

l decreto legislativo n. 74 del 1972 all’articolo 2, lett. a) definisce la pubblicità come: «qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di una attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere e servizi».

È possibile analizzare il messaggio pubblicitario attraverso due funzioni costitutive: può essere visto come un veicolo d’informazione che trasmette notizie al pubblico, utilizzando un linguaggio razionale; oppure come uno strumento di manipolazione e persuasione, attraverso un linguaggio emozionale, che cattura l’attenzione dello spettatore e lo coinvolge.

2.1 Che cosa si intende

La pubblicità ha radici antiche. Vere e proprie insegne pubblicitarie sono state riscontrate anche nell’antica Pompei, dove l’entrata dei negozi era delimitata da due pilastri sormontati da insegne.

Concordando con quanto sopra citato, possiamo aggiungere che, con il termine pubblicità si intende la forma di comunicazione attraverso mezzi come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, internet, che intende influenzare in maniera sistematica i comportamenti e le scelte degli individui riguardo al consumo di beni e all’utilizzo di servizi. 24

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2.2 Origini e progresso

La merce sin dalle sue prime origini, infatti ha avuto bisogno di comunicare, di farsi desiderare. Dobbiamo fare un salto negli anni (1630), invece, per trovare il primo annuncio pubblicitario,


Figura sopra. Election Advertising, Excavations of Pompeii

Siamo nel 1863 quando in Italia, Attilio Manzoni fonda la prima concessionaria di pubblicità, che solo dopo molti anni riesce ad offrire ai suoi clienti la “creatività”. Le prime istanze di cambiamento si ebbero comunque negli Stati Uniti; già in quegli anni, infatti, grazie all’evoluzione della cultura di marketing, si fa strada una tendenza protesa a favorire un orientamento mirato a enfatizzare le qualità e le prestazioni di un’ azienda. In Italia questo processo di crescita della cultura pubblicitaria fu rallentato dall’autarchia imposta dal Regime fascista prima e dalla Seconda Guerra Mondiale poi.

un grande sviluppo per la pubblicità, in Italia iniziava la difficile ricostruzione post bellica. Nel nostro Paese, la diminuzione della domanda con un conseguente surplus di offerta, generò un aumento della pressione competitiva. Le aziende cominciarono ad avere la necessità di attuare politiche commerciali più aggressive, agendo in modo più massiccio sulla leva pubblicitaria. L’azienda vendeva ciò che produceva. L’enfasi venne posta sugli obiettivi di breve periodo, così facendo, la pubblicità doveva sostenere le vendite facendo preferire il prodotto. Lo sviluppo del sistema televisivo italiano, ed in particolare modo delle televisioni private e commerciali, resero disponibili maggiori spazi, consentendo a molti nuovi utenti, anche con budget di dimensioni meno elevate, di utilizzare il mezzo televisivo.

Parallelamente, infatti, mentre negli Stati Uniti l’espansione dei consumi di massa generò

Il conseguente aumento degli utenti, determinò una significativa crescita degli investimenti

successivo all’invenzione della stampa: una semplice inserzione, comparsa su un giornale dell’epoca, che richiamava il nome del prodotto.

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Figura sopra e a destra. Lucky Strike vintage ads 26


pubblicitari. Gli anni Sessanta presentavano una situazione divisa. Inizialmente, fu riscontrabile un aumento della competitività, le aziende avevano la necessità di soddisfare i bisogni dei clienti, anche quelli marginali, in modo più efficace ed efficiente della concorrenza, per fare fronte al problema dell’inflazione, della crisi industriale diffusa e dell’elevato costo del denaro. Questo incremento della competitività, unita alle ricerche psicografiche e sugli stili di vita, contribuirono all’affinamento del linguaggio pubblicitario. Durante il corso degli anni, però lo scenario economico mutò sensibilmente, si assistette alla ripresa economica, con un conseguente aumento della domanda. La differenziazione avvenne sempre più sugli aspetti “soft” dei prodotti e la pubblicità contribuì a tutto ciò. Sul piano del linguaggio, i pubblicitari, terminata la fase di crisi degli anni Settanta, poterono ritrovare il coraggio di esprimersi in totale libertà e, ispirati anche dalla parallela espansione del mezzo televisivo e dei suoi vivaci programmi, cercarono spesso di attribuire alla pubblicità un carattere altamente spettacolare. Gli italiani in questi anni si identificarono intensamente nelle storie pubblicitarie semplici e rassicuranti che

Figura a destra. While ads in the 1920s warned women that they would be lonely if they were too heavy, many Depression-era ads chided women who were too thin. Advertisement from the August 1935 issue of Motion Picture courtesy of University of Southern California Cinematic Arts Library.


giocavano sui buoni sentimenti e fruttavano il loro particolare attaccamento alla famiglia. Negli stessi anni si assistette anche ad una nuova “rivoluzione sessuale”: per la prima volta si cominciarono a vedere annunci per l’abbigliamento intimo maschile contenenti modelli molto sexy, nudi o quasi. In generale, il corpo diventò per entrambi i sessi un protagonista centrale del mondo pubblicitario, come d’altronde stava diventando sul piano sociale, con il culto crescente per la salute e la buona forma. La situazione che si viene a creare in questo scenario porta ad un enfasi progressiva del ruolo della marca come punto di riferimento. L’immagine di marca funge contemporaneamente da garanzia della qualità dei prodotti e da elemento di differenziazione. Così come la realtà industriale ed il mercato di consumo erano ancora molto simili per dimensione e struttura a quelli di prima della guerra, così lo furono anche le agenzie pubblicitarie. Per assistere ad una significativa modernizzazione del mercato e della pubblicità, bisogna attendere gli anni Ottanta. Dagli anni Ottanta, infatti per la prima volta in Italia la classe media ha una disponibilità economica che eccede quella necessaria per fronteggiare i consumi di prima necessità e tutelarsi da eventuali accadimenti futuri, esiste quindi, una quota di denaro che può essere destinata a consumi “voluttuari” finalizzati a migliorare la qualità della vita. Alla pubblicità viene chiesto prevalentemente di far conoscere il prodotto. Dopo gli anni del boom economico, tuttavia, il mondo della pubblicità dovette attraversare in tutti i paesi industrializzati una crisi non solo 28

Figura sopra e nella pagina accanto. Tobacco’s vintage advertising


economica, ma soprattutto culturale. I pubblicitari, infatti, subirono numerose critiche da parte degli intellettuali, dai giovani e da numerose persone che all’epoca condividevano le ideologie anticonsumistiche. Viene fatto intendere che la pubblicità dedica sempre meno attenzione alle caratteristiche intrinseche dei prodotti e sempre più alla creazione di un sistema di valori associabili alla marca. La crescita economica registrata nella seconda metà degli anni Ottanta, si esaurisce progressivamente sino a terminare nei primi anni Novanta. Le famiglie italiane si trovano così a vivere una situazione di duplice disagio: da un lato la diminuzione del potere di acquisto del reddito disponibile, e dall’altro l’incertezza sul futuro. Tutto ciò favorisce una maggior attenzione nei consumi ed una maggior selettività nelle scelta che tendono a privilegiare i prodotti che offrono un vantaggioso rapporto tra la qualità offerta ed il prezzo. La marca, assoluta protagonista degli anni Ottanta, quindi, entra in crisi e anche gli approcci utilizzati sino ad allora in pubblicità incominciano a non essere più così efficaci. Negli ultimi dieci anni, nello svelare i segreti del proprio funzionamento interno, il messaggio pubblicitario, ha intrapreso una strada non convenzionale, cercando di stabilire un rapporto di complicità con il destinatario. Mettendosi a nudo, si impoverisce, ma tende anche a far crollare le difese psicologiche di un interlocutore sempre più smaliziato e sofisticato al quale non si può più semplicemente magnificare le virtù di un prodotto. In apparenza, dunque, la pubblicità sembra vivere una 29


situazione di debolezza, perché cerca sempre meno di persuadere direttamente all’acquisto di un prodotto. In realtà, utilizza modalità di persuasione più sottili, coinvolgenti ed efficaci rispetto al passato. Il percorso di approfondimento che ha portato fino a qui ha specificato alcuni concetti fondamentali legati alla pubblicità nel corso del tempo. Dietro al messaggio pubblicitario trasmesso, ci sono strategie, tattiche, metodi per attirare l’attenzione dell’osservatore e manipolare i suoi comportamenti, incidendo sui suoi bisogni e sulle sue necessità. Avendo compreso queste dinamiche è possibile analizzare come è strutturata una campagna pubblicitaria e quali sono i meccanismi da mettere in atto per realizzarne una di successo. 2.3 Come è strutturata la pubblicità Come ogni atto di comunicazione, la forza e il valore della pubblicità dipendono dal suo destinatario. Deve essere rivolta a lui, pensata per lui, interessante per lui. Come? Dedicando molta attenzione alle tre cose fondamentali che i consumatori si aspettano dalla pubblicità: informazione, divertimento , fiducia. L’informazione può essere di molti tipi. Può essere l’essenziale, cioè far conoscere le caratteristiche del prodotto. O andare oltre, per dimostrare come funziona, che cosa farà in favore del consumatore o in che cosa è diverso da altri prodotti simili. Si considera utile anche un’informazione meno diretta, ma che può essere ugualmente decisiva, come il riferimento al tipo di persone che usano 30


questa marca, o all’impresa che la produce, o a quegli altri valori che da una ricerca risultino i più importanti per il consumatore in quel prodotto. Più si conosce il consumatore e si capiscono le sue esigenze, più vicina a lui sarà l’informazione. La qualità del messaggio - che sia divertente, stimolante, interessante – è un altro fattore. Può attirare il pubblico e far sì che gradisca il messaggio, cosa del tutto desiderabile. La ricerca dimostra che, se un annuncio è gradito vende di più. Tuttavia, molti annunci non fanno altro che intrattenere. Alcuni arrivano all’estremo di preoccuparsi così tanto di essere attraenti da dimenticare di spiegare a spettatori o lettori a che cosa serve il prodotto. Questa caduta in picchiata nel mondo dello spettacolo può essere mortale se non ci si protegge con le reti di sicurezza dell’informazione e della fiducia. Nella vita è straordinario avere veri amici, amici di cui ci si può fidare ciecamente. La fiducia non è qualcosa che si improvvisa. È difficile e lenta da conseguire, facile da perdere. Richiede serietà, perseveranza e anni. In pubblicità, la fiducia non si conquista con l’impatto, ma con un processo graduale. La fiducia totale arriva solo come risultato di tante piccole fiducie parziali che si concedono ai prodotti. Se qualcuno crede nel nostro prodotto e lo compra una volta vuol dire che comincia a darci fiducia, ma questo ci obbliga a non deluderlo. Si è dimostrato precisamente, in base a ricerche, che quando qualcuno ha comprato un prodotto una volta è più disposto a prestare attenzione

A for Advertising

alla pubblicità di quel prodotto, perchÊ sente la necessità di dimostrare a se stesso che la sua scelta è stata giusta e il prodotto merita di essere usato. È cosÏ facendo è stato innescato il processo di costruzione della fiducia. 31


2.4 Obiettivi della pubblicità Gli obiettivi strategici della pubblicità sono: Informare: l’obiettivo è quello di comunicare i primi stadi del ciclo di vita del prodotto per informare sulla sua esistenza e creare quindi la domanda primaria dello stesso. Informare significa presentare al mercato un nuovo prodotto e spiegare come funziona e quali sono i suoi diversi usi; informare il mercato sulle variazioni di prezzo del prodotto e sostituire o rettificare impressioni e informazioni errate o negative; tranquillizzare i consumatori in situazioni di crisi e promuovere l’immagine di un’impresa anche descrivendo i servizi offerti dalla stessa. Persuadere: diventa l’obiettivo principale nella fase di crescita del prodotto, quando la concorrenza diventa molto accesa e il fine ultimo dell’impresa è quello di creare una domanda selettiva per una particolare marca. Persuadere significa creare la preferenza sulla propria marca incoraggiando i consumatori a cambiare quella abitualmente usata; persuadere il consumatore all’acquisto, per poter poi modificare l’idea che ha su alcune caratteristiche del prodotto. Ricordare: è l’obiettivo rilevante nella fase di maturità del prodotto, quando bisogna mantenerne vivo il ricordo nella mente del consumatore. Ricordare significa mantenere al massimo livello il posizionamento del prodotto e delle sue caratteristiche presso il consumatore; ricordare al consumatore dove può acquistare il prodotto. Questi obiettivi, pur essendo molto diversi, hanno come destinatario il consumatore e come obiettivo il prodotto. 32

Lo strumento primario di comunicazione è il prodotto, sebbene, attraverso la pubblicità, l’impresa può raggiungere anche un effetto indiretto, ossia affermare nella mente del consumatore la marca del prodotto. Questo dipende dall’obiettivo strategico cui mira un’impresa: se, infatti, essa si prefigge l’obiettivo di persuadere il consumatore della superiorità del suo prodotto, focalizzerà il messaggio su quest’ultimo; se, invece, l’obiettivo è il ricordare, abbinerà alla pubblicità di prodotto la pubblicità di marca o la pubblicità istituzionale, affermando, così, il posizionamento dell’impresa nella mente del consumatore.


2.5 Efficacia della pubblicità Uno dei quesiti fondamentali della pubblicità è il seguente: la pubblicità funziona? (ovvero: la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa?) Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto stabilire cosa s’intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo scopo della pubblicità stessa. A titolo illustrativo è utile circoscrivere il ragionamento alla pubblicità commerciale classica. È innegabile che, agli occhi di un utente (ad esempio un’azienda) una pubblicità efficace è quella che fa guadagnare soldi, perciò lo scopo

della pubblicità, il motivo per cui s’investe denaro in uno spot televisivo o quant’altro, è quello di vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta: per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di una réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia. È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello stimolo-risposta («vedi la pubblicità e compri il prodotto») può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni che comportano un minimo investimento economico e soprattutto scarse implicazioni a livello emotivo: sono di solito beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane (come l’acqua minerale, la benzina o la carta igienica), e che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide. E in ogni caso le forti associazioni, gli automatismi che si possono instaurare nella mente del consumatore grazie a questo tipo di pubblicità («il livello delle vendite è in funzione della quantità di pubblicità») sono assai fragili e contingenti. Per tutto il resto la questione è assai più complessa. Già a questo livello appare evidente come le variabili in gioco siano talmente tante che pretendere che la pubblicità possa determinare in modo meccanico le vendite non è molto realistico. Senza contare poi il fatto che, in ogni caso, la pubblicità non è sola ma fa parte del cosiddetto 33


[...] La pubblicitĂ , infatti, impossibilitata a progredire, si guarda indietro e cita la sua storia passata, ma soprattutto, diventa “autoreferenzialeâ€? e tende ad avere come oggetto sempre meno il prodotto da pubblicizzare, che del resto possiede di rado caratteristiche in grado di differenziarlo realmente, e sempre piĂš se stessa, i propri discorsi e soprattutto i propri meccanismi di comunicazione.

Marco Galdenzi



Marketing Mix, cioè a incidere sul volume delle vendite non vi è solo la rÊclame. La pubblicità, per quanto valida possa essere, dovrà sempre fare i conti con:

•Prodotto sia a livello della qualità (per un prodotto scadente non c’è campagna pubblicitaria che tenga) e sia a livello dei significati simbolici (cosa vuol dire possedere quel prodotto); •Eventuale Design dell’oggetto, il Packaging che lo confeziona, il Nome con rispettivo Logotipo (e Marchio); •Brand image, Corporate image, e Made In image, che sono rispettivamente: immagini della marca del prodotto, dell’industria che la produce e del paese dove risiede quell’industria; •Prezzo; •Distribuzione (difficile acquistare un prodotto irreperibile); •Incidenza che può avere il punto vendita a svariati livelli (quanto è simpatico o antipatico il negoziante); •Promozioni in atto (le offerte 3x2); •Ritorno di immagine dovuto a sponsorizzazioni; •Concorrenza. 36

2.6 Benefici sociali della pubblicità Oggi la pubblicità è accettata dalla maggior parte di noi perché ormai si è integrata perfettamente nella nostra vita e fa parte della nostra esperienza quotidiana. Forse più che una critica frontale come quella che superò al suo inizio, oggi incontra opposizione soprattutto da parte di coloro che se ne sentono saturati. Il maggior difetto della pubblicità è che ce n’è troppa. Non è concesso sapere se sarà un problema che si risolverà, o no, nel tempo. Ovviamente la pubblicità non è perfetta. Né peggio di tante altre cose. È reale come la vita stessa. Nasce a immagine e somiglianza dell’uomo e delle sue abitudini sociali. Come specchio fedele della nostra società, è logico che non le manchino i difetti. È possibile però capire attraverso i seguenti punti cosa la pubblicità comporta riguardo al produttore, al cliente e al futuro consumatore del prodotto. A) La pubblicità migliora la relazione qualità/ prezzo: Pubblicità, marketing e concorrenza sono i diretti responsabili della riduzione dei prezzi. Un esempio moderno di questo fatto sono i viaggi organizzati. Grazie alla pubblicità la gente viaggia di più, e farlo è ogni giorno di più alla portata di tutti i portafogli. Un altro esempio riguarda gli avvocati americani. Da quando fu tolto il divieto di fare pubblicità ai servizi legali, si scatenò la concorrenza. Già ne dava notizia The Economist nel 1978.


«L’uso di una pubblicità poco sofisticata e fatta in casa da meno del tre per cento di tutti gli avvocati è bastato per iniziare una rivoluzione nel mondo del diritto. Il costo di servizi come testamenti o divorzi è dimezzato».

“Keep it simple and strategic. For every message, specify in advance what people should think when they encounter your message, what they should feel, and what they should do.”

B) La pubblicità promuove l’innovazione: Fibre artificiali, elettrodomestici, pentole antiadesive, personal computer, carte di credito, veicoli con freni a disco, servosterzo e ABS. Tutte queste sono state innovazioni, ognuna con costi enormi. Solo dopo esser passate dalla prova del fuoco del mercato, attraverso la pubblicità, hanno potuto essere confermate e accettate dalla nostra società. La risposta massiccia alle loro vendite ha permesso di migliorarle e di abbassarne il prezzo per metterle a disposizione della maggioranza. C) La pubblicità sviluppa la libertà di scelta: Dice l’Associazione Europea delle Agenzie di Pubblicità: «La pubblicità sviluppa e potenzia la libertà di scelta, diritto considerato come l’essenza della democrazia”. Fernando Romero ha scritto nel suo saggio El derecho de elegir (“Il diritto di scegliere”): «Il marketing è un’espressione evidente della democrazia. La decisione della scelta sta nelle mani del consumatore. Giorno per giorno traccia con le sue azioni la strada del successo o fallimento dei politici e dei prodotti. Potremmo dire che con i suoi acquisti quotidiani sta votando, come potremmo dire che con il suo 37


38

word

methods

street

public relation

sale

products

build up

adverti news

busy

display

L’aumento notevole del consumo di prodotti illegali – e perciò senza pubblicità – come le droghe pesanti, ha indotto i governi a ricorrere ai migliori pubblicitari per lanciare campagne informative e di presa di coscienza rivolte ai giovani e ai gruppi a maggior rischio.

clear

plug

propaganda

ad

curiosity

Solo molto piÚ tardi è diminuito, per effetto di una forte corrente di opinione che è partita dagli Stati Uniti e si è diffusa in Europa, come in altre parti del mondo. In senso inverso, per molti anni è diminuito continuamente il consumo di alcolici, benchÊ ci fossero forti investimenti pubblicitari nel settore (che solo alcuni anni piÚ tardi si erano ridotti, in seguito alla diminuzione dei consumi).

free

time rysk

break

Per trent’anni in Italia, nonostante divieto totale della pubblicità per i “prodotti da fumo”, il consumo di sigarette ha avuto un forte aumento, anche fra i giovani.

notice interaction

D) La buona pubblicità forma e informa il consumatore: La pubblicità influisce sulle abitudini di consumo anche come elemento di informazione pubblica, (i progressi nella sensibilizzazione sociale sui problemi derivanti dall’abuso di tabacco e alcool sono dovuti anche a campagne pubblicitarie). È ampiamente dimostrato che la pubblicità, mentre ha contribuito fortemente all’affermazione di singole marche (per esempio, al successo mondiale delle Marlboro) ha avuto una scarsissima influenza sulla diffusione generale dei consumi di alcool o di tabacco.

reference

voto ogni quattro anni sta comprando. Comprando idee, speranze, progetti. E, soprattutto, esercitando il suo diritto di scegliereÂť.

brand promotion


poster

now

model used

presents

campaign

broadcasting

simple

trade

boxes

ising

improvement

promote

new

promotion

publicity

commercial product P.R.

strategies

La pubblicità si è rivelata uno degli strumenti efficaci di formazione e prevenzione. Purtroppo accade raramente in Italia. Finora la “pubblicità sociale“ nel nostro Paese si è rivelata quasi sempre un fallimento o uno spreco (con qualche lodevole, ma rara, eccezione). Questo non è dovuto solo ai criteri di assegnazione dei contratti, spesso influenzati dagli stessi meccanismi perversi che hanno condizionato tante altre attività pubbliche in Italia. Il problema più importante (che non si risolve certo con i controlli formali della Corte dei Conti o del Consiglio di Stato) è la scarsità di strategie chiare, di strutture di servizio adeguate – in generale di quella che in un’area commerciale si definirebbe una “strategia di marketing”. Quasi tutti i nostri ministeri o servizi pubblici, quando fanno pubblicità, cercano più di “farsi belli” per raccogliere voti e simpatie che raggiungere risultati o dare un vero servizio alla società civile. Lo stesso fenomeno ha influito perfino su alcune campagne di “pubblicità progresso”, mirate più a “dare lustro” all’istituto che a ottenere risultati concreti e misurabili. E) La pubblicità può contribuire all’evoluzione del costume sociale: La pubblicità non può non tener conto dell’evoluzione del costume e della società. Come è stato detto, «La pubblicità è il riflesso dei nostri costumi» (Néstor Lujan 1922-1995). La pubblicità ha favorito l’uso di soluzioni domestiche pratiche nel pieno della rivoluzione familiare per l’aumento dell’occupazione femminile. Qualche volta la pubblicità riesce ad anticipare una tendenza. 39


La buona pubblicità lavora a favore della corrente; quando è realizzata con approfondimento e intelligenza, la sua spinta innovatrice può anticipare i cambiamenti annunciati, favorire o stimolare l’evoluzione sociale. La pubblicità è uno strumento di progresso, di comunicazione, fatto a misura delle esigenze umane e con grandi possibilità di migliorare la qualità della nostra vita. Come ogni strumento, può essere usata male; ma quando è fatta bene e con coscienza i suoi benefici sociali sono straordinari. 2.7 Modelli pubblicitari Nell’era dell’information overload, catturare lo sguardo del lettore (parzialmente cieco e assuefatto ai messaggi pubblicitari) è difficile e richiede uno studio approfondito sulle variazioni di comunicazione e sul contesto nel quale l’advertising si presenta; È vantaggioso sapere che l’interesse del lettore, se non coltivata e mantenuta, si esaurisce in fretta (mediamente dopo una decina di secondi), quindi è bene ricordare che: Titoli (headline) e sottotitoli (subline) devono convincere l’utente a proseguire la lettura. Dalla parte superiore della pagina dipenderà la durata della permanenza del visitatore. Inoltre è necessario essere “dalla parte” dell’utente. Conoscere i suoi interessi, i suoi bisogni (e se il tuo target non ha bisogni, creali per lui), le sue paure e le sue ambizioni. L’utente deve provare un profondo desiderio verso prodotti e i servizi presentati. E tutto questo, nella maggior parte dei casi, passa attraverso una comunicazione emotiva, che porta 40


a far pendere la bilancia dell’inconscio dell’utente dalla parte dell’irrazionale (notoriamente più facile da influenzare). Esistono vari modelli indirizzati a spiegare queste teorie, sono i cosiddetti modelli di azione pubblicitaria, basati sulla logica stimolo-risposta che riconduco ad uno schema gerarchico, in cui la reazione del potenziale consumatore si suddivide nelle fasi cognitiva, affettiva e comportamentale. Quelli che analizzeremo saranno tre tipologie di modello: il modello AIDA, il modello THINK-FEELDO e il modello delle 4I e 4C, ritenuti quelli più significativi. Il modello AIDA è un modello teorico di funzionamento pubblicitario e di comunicazione più antico e tutt’ora considerato tra i più efficaci. L’attenzione del lettore viene attirata, suscitando il suo interesse, e creando in lui un desiderio che si completa con un’azione (acquisto). AIDA è un acronimo, che riassume quattro punti fondamentali ai quali una réclame deve far fronte per essere efficace: Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione. - Attenzione (Attention o Awareness). Una pubblicità deve innanzitutto catturare l’attenzione del consumatore: ogni giorno una persona è esposta da circa 300 a 3000 annunci. Di questi solo una piccola parte viene percepita. E solo una parte ancora più piccola ha la possibilità di influenzare effettivamente il consumatore. In questo quadro è chiaro che il messaggio non deve essere solo buono, ma eccezionale. 41


THE AIDA MODEL AWARENESS INTEREST DESIRE ACTION

Figura sopra. Essential Marketing MODEL

- Interesse (Interest). Una pubblicità deve accendere l’interesse del consumatore: non basta catturare l’attenzione, occorre riuscire a farsi leggere, farsi guardare e riguardare. Il messaggio deve catturare l’attenzione selettiva. - Desiderio (Desire). Una pubblicità deve innescare il processo di creazione del desiderio da parte del consumatore: qui è prevalente l’elemento formale che si coniuga con il concetto di empatia. Quando il consumatore si identifica (o identifica il suo modello di riferimento) nella situazione pubblicitaria proposta, si verifica una sorta di proiezione del suo io, della sua personalità, nel messaggio stesso. - Azione (Action). Una pubblicità deve condurre all’azione, che si concretizza nell’acquisto del servizio o 42

del prodotto: un messaggio deve indurre a fare qualcosa. E di solito, questo “qualcosa” è il comprare. L’AIDA fu presentato per la prima volta nell’anno 1898 da Elias St. Elmo Lewis, e dopo negli anni venti da E.K. Strong, per poi divenire popolare a partire dagli anni Sessanta; storicamente rappresenta uno dei primi “modelli” messi a punto per implementare una campagna pubblicitaria. Il modello THINK-FEEL-DO invece costituisce una classificazione particolarmente articolata che viene utilizzata per descrivere e analizzare le fasi della comunicazione pubblicitaria. E’ stato elaborato da Lavidge e Steiner (1961) e implica la presenza di una successione di fasi che il consumatore segue secondo un ordine sequenziale. Il processo di comunicazione pubblicitaria parte dalla conoscenza iniziale di un prodotto fino a giungere al suo acquisto sviluppato in sette fasi: la prima costituisce la condizione iniziale in cui non si è ancora manifestata l’influenza della pubblicità; in questo stadio può accadere che il soggetto non sia consapevole dell’esistenza di un prodotto o servizio. In seguito si sviluppa la consapevolezza dell’esistenza dell’oggetto, ma solo successivamente il soggetto viene a conoscenza delle prerogative e delle qualità del bene. Nello stadio seguente si sviluppa un atteggiamento favorevole verso il prodotto che poi si evolve in preferenza per il prodotto stesso e per le sue possibili alternative. Per concludere, il desiderio di acquisto aumenta e il processo di convincimento porta all’acquisto del prodotto. Il modello


«[...] la pubblicità è arrivata a coprire l’intera gamma delle esigenze umane, unendo fantasia e studio della psicologia umana. La pubblicità è essenzialmente una forma di educazione... che ha portato ad un miglioramento delle condizioni di vita nelle civiltà moderne» Franklin D. Roosevelt, 15 giugno 1931, in un discorso all’Advertising Federation of America.

delle 4I E 4C , introdotto da Robert Lauterdon stabilisce ed esprime, invece, quali sono le variabili principali da tenere in considerazione quando si pianifica una campagna pubblicitaria. Anche per questo modello sono previste otto fasi suddivise in due classificazioni: Le quattro I 
comprendono Impatto, Interesse, Informazione e Identificazione. Invece le quattro C 
 comprendono Comprensione, Credibilità, Coerenza e Convinzione. Rispettivamente

 le prime due fasi, Impatto e Interesse, sono quelle che, in letteratura vengono definite PAR (Primary Affective Reaction), e sono identificate come fasi preliminari, in cui il prodotto e il messaggio vengono, ad un livello preconscio, considerati per valutare l’opportunità di raccogliere informazioni sulla pubblicità. Il PAR non sempre può essere un passaggio intermedio del processo percettivo, esso infatti può essere anche terminale nel momento in cui ci si trovasse di fronte ad un comportamento impulsivo che dia origine ad un altrettanto acquisto impulsivo; è un momento di scanning durante il quale il soggetto valuta l’interesse e la convenienza nel continuare a recepire il messaggio e inoltrarsi nelle fasi successive, risvegliare delle ragioni interne nel consumatore, bisogni, curiosità. La fase dell’interesse viene considerata come quel sentimento che precede, ed allo stesso tempo, accompagna l’esposizione alla pubblicità. L’ Impatto è un presupposto fondamentale per il messaggio pubblicitario, malgrado occorra porre l’accento sul fatto, già ampiamente ribadito, che vi sono tanti fattori che incidono sulla riuscita 43


è emerso che determinati livelli di incredulità, conducano il consumatore verso una sortaa di sfida nel valutare se ciò che è stato trasmesso sia realtà o finzione. Diciamo che in questa fase, chi la vince è la curiosità. 
Per Coerenza si tratta della congruenza tra stili della comunicazione e il prodotto che ne è oggetto. In realtà elaborando i messaggi spesso si notano al loro interno delle dissonanze che possono formare delle contraddizioni con il significato globale della comunicazione.

44

della campagna; è l’unica fase sempre presente, ed è anche quella che riveste un ruolo di grande importanza vista la quantità di messaggi con cui ogni giorno lo spettatore si trova a contatto (si calcola che effettivamente solo meno di 10 messaggi percepiti, su un range che varia dai trenta agli ottanta messaggi al giorno, hanno possibilità di influenzare il comportamento del consumatore).

Malgrado i messaggi migliori da un punto di vista dell’efficacia siano probabilmente i messaggi aperti, che introducono cioè volutamente un certo grado di ambiguità, l’indeterminatezza non deve mai dare adito a decodifiche che introducano elementi anche parzialmente distonici con il senso generale della comunicazione. La Convinzione precede l’acquisto. Infatti non siamo ancora giunti alla fase dell’acquisto vero e proprio, perché fra la convinzione, l’interesse all’acquisto ed il comportamento vero e proprio, si possono riscontrare vari ostacoli su cui la pubblicità non ha possibilità di influire: il prezzo elevato, le difficoltà nel reperire il prodotto ed altre.

La fase dell’Interesse rappresenta un proseguo rispetto a quella dell’impatto, ma a differenza di quest’ultima però, può nascere nei confronti del messaggio in generale, nella situazione che esso presuppone oppure in particolari comunicati o nel prodotto. Infatti, per fare in modo che l’attenzione iniziale che lo spettatore ha provato per il messaggio, continui ad esistere, questo deve Infatti, l’utile o il vantaggio non sempre

Questa è la fase di evocazione di desiderio e convinzione che il prodotto rappresenti una soluzione valida. In questa fase però, a differenza delle altre, non si devono “lasciare su carta” le sensazioni positive e i desideri di possesso, ma portare all’azione e quindi indurre una predisposizione all’acquisto,


Nell’ Informazione potremo far rientrare tutto ciò che il consumatore può apprendere dalla pubblicità, ossia tutte le caratteristiche inerenti il bene reclamizzato ed il significato della comunicazione in generale. Per quanto riguarda le quattro C, le prime tre fasi, ossia Comprensibilità, Credibilità, Coerenza, sono più relative al messaggio che non all’interazione col consumatore.
La Comprensione sta alla base di una buona campagna pubblicitaria. Quante campagne pubblicitarie sono semplicemente emissione di informazioni e non comunicazione? Da questa domanda, si evince l’importanza di questa fase in cui ci si gioca la validità della campagna. Infatti una volta che il consumatore ha notato la pubblicità, è necessario che egli pure la comprenda. possono riferirsi al loro significato letterale, in quanto potrebbero rappresentare semplicemente uno svago o una evasione per colui che osserva il messaggio e che utilizza quest’ultimo per sentirsi parte integrante della società. 
 Nella fase dell’ Identificazione è possibile rendere personale e di colorare di soggettività il messaggio pubblicitario aumentandone così l’efficacia. È infatti in questa fase che il messaggio raggiunge il target obiettivo della campagna e il soggetto percepisce lo spot così come il pubblicitario aveva studiato. L’Identificazione può avvenire sia riconoscendosi nel personaggio, sia nella situazione rappresentata. Conseguente a ciò è l’elaborazione di un atteggiamento favorevole verso il prodotto con successivo primo passo verso l’approccio all’acquisto.


Sulla Credibilità si riscontrano pareri sia positivi che negativi. Taluni infatti ritengono, che il fattore credibilità fosse necessario affinché uno spettatore venisse indotto all’acquisto. Successivamente, grazie ad una serie di studi, è emerso che determinati livelli di incredulità, conducano il consumatore verso una sorta di sfida nel valutare se ciò che è stato trasmesso sia realtà o finzione. Diciamo che in questa fase, chi la vince è la curiosità. 
 Per Coerenza si tratta della congruenza tra stili della comunicazione e il prodotto che ne è oggetto. In realtà elaborando i messaggi spesso si notano al loro interno delle dissonanze che possono formare delle contraddizioni con il significato globale della comunicazione. Malgrado i messaggi migliori da un punto di vista dell’efficacia siano probabilmente i messaggi aperti, che introducono cioè volutamente un certo grado di ambiguità, l’indeterminatezza non deve mai dare adito a decodifiche che introducano elementi anche parzialmente distonici con il senso generale della comunicazione. La Convinzione precede l’acquisto. Infatti non siamo ancora giunti alla fase dell’acquisto vero e proprio, perché fra la convinzione, l’interesse all’acquisto ed il comportamento vero e proprio, si possono riscontrare vari ostacoli su cui la pubblicità non ha possibilità di influire: il prezzo elevato, le difficoltà nel reperire il prodotto ed altre. Questa è la fase di evocazione di desiderio e convinzione che il prodotto rappresenti una soluzione valida. 46

In questa fase però, a differenza delle altre, non si devono “lasciare su carta” le sensazioni positive e i desideri di possesso, ma portare all’azione e quindi indurre una predisposizione all’acquisto, attraverso il raggiungimento della consapevolezza che il bene reclamizzato sia la migliore di tutte le soluzioni possibili, o comunque, la convinzione che il prodotto in questione possegga almeno alcuni tratti che ne stimolano la sperimentazione e ne giustificano l’acquisto.


2.8 Evoluzione degli strumenti di informazione La velocità di cambiamento del mondo è stata spropositata e in pochi anni ha avuto picchi incredibilmente elevati, fino ad oggi sconosciuti. Un’affermazione di Manuel Castells, divenuta ormai celebre, legata al concetto di sviluppo nel settore della comunicazione, mette a confronto la velocità odierna con il ritmo di cambiamento precedente: «negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la tv ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web»3. Per quanto Castells si riferisca specificatamente a internet, questa osservazione può essere estesa a tutte quelle innovazioni tecnologiche che vanno in genere sotto il nome di ICT (Information and Communication Technology) e definiscono il campo dei nuovi media, che si sono succeduti e hanno rivoluzionato l’intero ambito dei mezzi della comunicazione di massa, inclusi i più vecchi e consolidati. All’interno di questo processo di mutamento di massa si possono individuare, re principali eventi specifici (per lo più scoperte scientifiche), che

3 L’ abbreviazione diffusa nel linguaggio comune è "WWW". Si tratta di un servizio di Internet che permette di navigare ed usufruire di un insieme vastissimo di contenuti (multimediali e non) collegati tra loro

hanno fatto da frattura, introducendo mutamenti significativi nella struttura del sistema e nel suo funzionamento, determinano fasi differenti dello sviluppo. La prima frattura riguarda la commercializzazione del sistema televisivo che ha avuto luogo in tutta Europa, e non solo, nel decennio 198090; successivamente, il secondo segue a ruota questo periodo, comprendendo l’avvento della 47


digitalizzazione e del satellite; il terzo è tratto dalla nascita di internet e delle ICT che caratterizza gli anni a noi più vicini. Queste fratture producono una conseguenza possibile da riscontrare a vari livelli della struttura sociale: dall’accezione di società di massa e di una comunicazione cosiddetta ‘di massa’ si passa progressivamente a un sistema dei mezzi della comunicazione estremamente frammentato e finalizzato a raggiungere sempre più spesso ‘segmenti’ specifici della società. Sempre più, siamo di fronte ad una pubblicità che gioca un ruolo decisivo per quanto riguarda il coinvolgimento diretto con il destinatario; con i nuovi mezzi di comunicazione è facile ottenere un feedback immediato, veicolare verso target più precisi ed essere coerente con il contesto. Si da la completa libertà al destinatario, permettendogli incondizionatamente di approfondire le informazioni sul prodotto o sulla marca senza vincoli di tempo prestabiliti. Tutto ciò ha portato ad un cambiamento relativo anche nel modo di intendere e vivere il mercato spostando dunque l’approccio da un orientamento unidirezionale tipico del marketing definito come operativo (il quale poneva al centro dell’attenzione il prodotto), ad un orientamento multi direzionale proprio del marketing strategico il quale riconosce l’importanza del consumatore4.

4 Il marketing strategico misura l'attrattività in termini quantitativi, qualitativi (con riferimento all'accessibilità al mercato) e dinamici (con riferimento alla durata economica che è rappresentata dal ciclo di vita del prodotto).

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Nel capitolo seguente saranno spiegati alcuni concetti e parole chiavi utili per comprendere interamente i livelli di contesto, legato alla pubblicitĂ , ai media di comunicazione e alle tecniche comunicative attuali.


MARKETING


MARKETING

O

ggi, il marketing (dall’inglese “to market”vendere) si configura come l’insieme dei metodi volti a collocare con il massimo profitto i prodotti di un dato mercato attraverso la scelta e la pianificazione di opportune politiche di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione, dopo aver individuato i bisogni dei consumatori attraverso analisi di mercato. 3.1 Che cos’è

Nel linguaggio tecnico, il marketing è un ramo dell’economia che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato e degli utilizzatori con l’impresa. Il termine prende origine dall’inglese market (mercato), a cui viene aggiunta la desinenza del gerundio per indicare la partecipazione attiva, cioè l’azione sul mercato stesso da parte 50

3

delle imprese. Marketing significa letteralmente “piazzare sul mercato” e comprende quindi tutte le azioni aziendali riferibili al mercato destinate al piazzamento di prodotti o servizi, considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione finanziaria. Con l’economista italiano Giancarlo Pallavicini, già nel 1959, queste radici si accompagnano agli iniziali approfondimenti delle ricerche di mercato, che costituivano di fatto, i primi strumenti di quello che divenne poi il marketing moderno. Giancarlo Pallavicini introduce, infatti, le seguenti definizioni: • Il marketing viene definito come quel processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione


e scambio di prodotto e valori. È l’arte e la scienza di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto: delivery of satisfaction at a price. • Il marketing management consiste invece nell’analizzare, programmare, realizzare e controllare progetti volti all’attuazione di scambi con mercati-obiettivo per realizzare obiettivi aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta di prodotti o servizi ai bisogni e alle esigenze dei mercati- obiettivo e promuove l’uso efficace delle tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato. Ad oggi però, tutti utilizziamo con disinvoltura questo termine marketing e ciascuno di noi ha una 51


management e del marketing management, ci fornisce una definizione semplice ed esplicativa: “Il marketing consiste nell’individuazione e nel soddisfacimento dei bisogni umani e sociali”. nozione generale di cosa è il marketing. In quanti, però, sappiamo fornire una definizione puntuale di questo elemento strategico dell’economia aziendale (e non solo). Per comprendere appieno di cosa stiamo parlando, partiamo dalla spiegazione che, del marketing, ne dà uno dei massimi esperti: Philip Kotler, considerato uno dei principali guru del 52

Egli, però, specifica anche che possono essere fornite varie definizioni a seconda del ruolo che il marketing svolge o del punto di vista dal quale si vogliono analizzare le sue funzioni. Si può vedere il marketing focalizzando l’attenzione sul suo ruolo all’interno della società, allora avremo un processo sociale attraverso il quale gli individui e i gruppi ottengono ciò di cui hanno bisogno attraverso la creazione, l’offerta e lo


scambio di prodotti e di servizi di valore. Philip Kotler distingue, nella storia economica recente, quattro strategie di approccio al mercato da parte dell’impresa:

funzione che il cliente deve soddisfare (rendendo quindi vani gli sforzi per sostenere un prodotto se esistono tecnologie alternative piĂš comode/ economiche/efficaci).

• Orientamento alla produzione: in questo periodo, dalla Rivoluzione industriale fino alla metà del Novecento, il mercato è caratterizzato da una predominanza della domanda sull’offerta dovuta al fatto che il cliente ha bisogno praticamente di tutto. Unica preoccupazione dell’imprenditore è ridurre i costi di produzione, azione giustificata soprattutto nei mercati dove prevalgono beni commodity, e dove quindi si può vincere con la concorrenza di prodotto.

•Orientamento alle vendite: a partire dagli anni ‘50 e ‘60 del Novecento si cerca di vendere ciò che si produce. È una prospettiva di tipo inside-out, praticata soprattutto nel breve termine, e con prodotti/ servizi a bassa visibilità (unsought goods), oppure in casi di sovrapproduzione, o ancora quando un mercato è saturo (e quindi va conquistato con la forza vendita). Anche in questo caso il rischio è di capire poco cosa desidera il consumatore finale.

•Orientamento al prodotto: intorno agli anni ‘30 del Novecento l’impresa si concentra sulla tecnologia del prodotto, piuttosto che sul consumatore. Il rischio di questa strategia è la cosiddetta miopia di marketing (in inglese marketing myopia), cioè non accorgersi che il fattore chiave di successo per un’azienda non è dal lato dell’offerta ma della domanda, cioè del bisogno o

•Orientamento al marketing: consiste nella comprensione dei bisogni del cliente, per produrre i beni e quindi soddisfarli. È una prospettiva di tipo outside-in, o anche pull (capire il mercato) anziché push (spingere sul mercato). Nasce alla fine degli anni Novanta ed è in continuo sviluppo ancora oggi. Lo sviluppo della funzione del marketing nelle imprese è parte di 53


una strategia di mercato che viene definita “proattiva”, dove l’impresa ha un ruolo propositivo nei confronti dei bisogni del mercato. Il marketing è inoltre volto alla creazione del valore per il cliente, e uno dei suoi scopi è creare un posizionamento della marca (brand) nella mente del consumatore attraverso tecniche di brand management. Le ultime tendenze sono volte allo studio del marketing esperienziale, che abbraccia la visione del consumo come esperienza, in cui il processo di acquisto si fonde con gli stimoli percettivi, sensoriali ed emozionali. 3.2 Come si struttura Il piano di marketing è la pianificazione della strategia a livello corporate/aziendale, ed è diviso in varie fasi che comprendono inizialmente l’ introduzione al piano: dove troviamo una sintesi manageriale chiamata Executive Summary e i suoi macro-obiettivi • L’ Executive Summary è il riassunto manageriale del piano di marketing; apre il documento per mettere in risalto i principali obiettivi di marketing e le linee guida d’azione pianificate e un breve estratto delle previsioni economiche finanziarie. • La Mission e obiettivi di fondo mette in evidenza gli obiettivi di fondo che l’impresa vuole raggiungere nel breve e/o medio lungo periodo e che ispireranno la successiva analisi e pianificazione. La loro declinazione è preceduta da alcuni riferimenti alla mission aziendale e ai valori dell’impresa, fonte d’ispirazione delle politiche di marketing strategico. Come step successivo abbiamo l’analisi della situazione di marketing che serve per fare il 54


punto su quanto accade all’esterno e all’interno dell’impresa; è fondamentale perché racchiude in sé tutte le informazioni necessarie per supportare le pianificazioni. È necessario inoltre, effettuare un audit di marketing volto a mettere a fuoco gli obiettivi in cui già il marketing stesso opera e le forze operanti nell’ambiente di marketing e volto anche a valutare il progresso dell’impresa in termini di performance; con l’ audit esterno vengono stabiliti quali sono i confini di massima dell’azione di marketing dell’azienda. Un altro aspetto da considerare è il fattore di stagionalità dei mercati serviti. Per fare ciò è necessario avere un’approfondita analisi della domanda in modo tale da sapere i bisogni e il comportamento d’acquisto e d’uso dei clienti e consumatori; a ciò si collegano le Forze di marketing che sono forze economiche, forze socio demografiche, forze tecnologiche e politiche e forze competitive. Con l’audit interno, l’obiettivo invece risulta quello di capire quali sono le risorse, le azioni e i risultati su cui l’azienda può sentirsi confidente per il futuro. Per i piani di marketing che si riferiscono ai prodotti esistenti, il focus è sulle caratteristiche dell’offerta, del brand, sulle politiche di prezzo adottate, sulle scelte di comunicazione, distribuzione e vendita adottate. Nel caso di nuovi prodotti, le valutazioni si limitano a eventuali ricerche di mercato condotte a livello di concept test ovvero alle risorse esistenti che potrebbero essere impiegate a supporto del lancio e del successivo sviluppo. Abbiamo in seguito la SWOT Analysis, dove è possibile far fronte a

Social Media is a conversation. Social Media is customer service. Social Media is advertising. Social Media is connectedness.

Sarah Beth Rosa


fenomeni esterni che non dipendono direttamente dall’impresa, ma che essa potrebbe sfruttare o arginare traendone un vantaggio competitivo. Bisogna, quindi, pianificare il futuro tenendo conto delle possibili opportunità o minacce da cui difendersi che l’ambiente di marketing riserva all’azienda. L’identificazione delle opportunità e delle minacce ambientali costituisce la prima parte della SWOT Analysis che fa riferimento all’ambiente di marketing che circonda l’impresa; l’altra parte, contiene le valutazioni riferite all’audit interno. In questo secondo caso l’utilità è di isolare i principali punti di forza e di debolezza competitiva che dovrebbero consentire all’azienda di far fronte alle minacce, e di sfruttare le opportunità di mercato. 56

Inoltre la SWOT se ben utilizzata può aiutare a far comprendere le priorità aziendali e stabilire gli obiettivi di marketing. Con l’ultima fase di Planning, il management è chiamato a definire concretamente i traguardi, il programma d’azione e pianificare il sistema di controllo delle perfomance di marketing. Gli obiettivi del marketing possono essere obiettivi economici, competitivi e relazionali. Nella formulazione degli obiettivi vi sono alcuni regole di fondo da adottare. Gli obiettivi dovranno essere mirati, rilevanti, misurabili e tempificati e realistici. Nel Programma d’azione si vengono a pianificare un set d’azioni


“Marketing is no longer about the stuff that you make, but about the stories you tell.�

mirate, efficaci ed efficienti; evidenziando in modo chiaro il legame esistente tra le analisi, della Swot, quindi degli obiettivi e delle azioni mirate per ciascun target di riferimento. In questa fase si affrontano il prodotto e la marca, le politiche di prezzo, i canali distributivi e forza vendita, promozione e comunicazioni, il piano d’azione e infine le scelte di struttura. 3.3 Evoluzione delle strategie commerciali aziendali

Seth Godin

Partiamo dal concetto di marketing tradizionale dove vengono sfruttati i canali media classici, associati a particolari targets. Nella pubblicitĂ a mezzo stampa si deve distinguere, per le 57


Good marketing makes the company look smart. Great marketing makes the customer fell smart. Joe Chernov


MARKETING


segmentato, oltre che per livello culturale, anche per orientamento politico e, soprattutto, zone di residenza: specie se a diffusione soltanto regionale o provinciale hanno un alto grado di manovrabilità. Ad esempio i periodici non segmentano il target per territorio, ma per tipologie; la qualità di stampa è ottima, a colori, e la maggior parte di essi ha diffusione nazionale. Tuttavia, si tratta di un mezzo poco flessibile, poiché la tiratura è variabile, lunghi i tempi di consegna e di permanenza della copia nelle case. E’ necessario pianificare diverse uscite per ottenere buoni risultati.
La pubblicità con i mezzi di spettacolo si divide in radiofonica e televisiva. La prima ha un appeal nei confronti dei giovani che nessun altro medium può vantare; è veloce, calda ed amichevole, poco costosa. Si può sfruttare per prodotti con distribuzione nazionale e regionale, ma deve essere ripetuta frequentemente per ottenere risultati apprezzabili. La televisione raggiunge tutte le fasce della popolazione. La pubblicità televisiva è costosa e difficile da ottenersi, data la limitatezza del tempo a disposizione in confronto alle richieste, cui va aggiunta la necessità di prenotarsi

diverse caratteristiche, quella fatta su giornali, da quella sui periodici (settimanali di attualità, sportivi, mensili) e su stampa specializzata (riviste di categoria, annuari…). Il target viene 60


precedentemente; in più, la comodità del telecomando e la scarsa diversificazione dell’offerta fanno sì che lo zapping sia sport diffuso, specie nel momento delle promozioni. L’affissione invece si distingue tra statica (manifesti) e dinamica (pubblicità su mezzi di trasporto); segmenta il pubblico su base territoriale, è dosabile nello spazio e nel tempo, ed è molto flessibile: coglie spesso il potenziale acquirente in momenti di ozio forzato e conta su questo rilassamento, sulla curiosità; è una pubblicità di ricordo, i cui messaggi sono brevissimi e adatti per un pubblico indifferenziato, ed ha un costo abbastanza elevato, oltre che lunghi tempi di produzione, consegna e distribuzione.
 Oggi i media tradizionali hanno perso di rilevanza rispetto ad un tempo; negli anni ’50-’60, ai loro esordi, venivano investiti di maggiore autorevolezza, nonostante avessero una minore diffusione (in riferimento, soprattutto, a televisione e radio). Ad ogni angolo, in qualunque luogo, si è sommersi di pubblicità e la sovraesposizione aumenta la chiusura cognitiva individuale, facendo sì che i meccanismi attentivi e di percezione eliminino la maggior parte di tali informazioni, ritenendole irrilevanti. Il marketing che sfrutta i media classici per questi motivi è divenuto obsoleto ed ha un successo molto inferiore a quello di un tempo. Oggi, il marketing tradizionale ha perso di efficacia, poiché l’epoca moderna, sede dei suoi albori e del suo successo, è terminata per

Make sure that the consumer is the hero of your story. Ann Handley


lasciare spazio alla post-modernità. Emerge la necessità di reinventare il marketing, adottare nuove regole ripensando quelle che parevano consolidate e collaudate, e prendendo come campo di osservazione la società attraverso il superamento del paradigma delle 4P5. Sono nati e si sono diffusi dei problemi di definizione, in quanto il concetto di marketing non risulta chiaro non solo ai non addetti ai non lavori, ma anche agli esperti del settore. Inoltre si riscontra un problema di adattabilità, poiché il concetto non può essere esteso a tutte le diverse situazioni che si propongono nei servizi; qui il punto risiede nell’incoerenza, dal momento che, nonostante la teoria definisca come principale obiettivo del marketing manager la soddisfazione dei bisogni del consumatore, la maggior parte delle imprese risulta orientata alle manipolazioni dei comportamenti dei consumatori. Il marketing convenzionale pecca di superficialità, non tenendo in considerazione effetti sociali ed ambientali.

5 Le variabili che tradizionalmente si includono nel marketing mix sono le 4P (in inglese four Ps) teorizzate da Jerome McCarthy e riprese in seguito da molti altri e sono: Product, Price, Place, Promotion. Questeo è quello che si pensava fino ad un po’ di tempo fa, quando la costruzione di una strategia che riuscisse ad integrare le 4 p del marketing era sinonimo di una strategia di successo. Adesso le cose stanno cambiando, le barriere spazio-temporali sono abbattute e una strategia deve tenere conto anche di altri aspetti.


Oggi ci troviamo in un mondo ipervelocizzato, in cui mutano repentinamente gli stili di vita, le abitudini, i comportamenti d’acquisto, i desideri, i bisogni, le motivazioni e le aspettative degli individui. I profili dei consumatori sono cambiati: le diverse fasce d’età si differenziano sempre più per quanto riguarda gusti e preferenze. Il consumatore chiede che i suoi desideri vengano riconosciuti ed abbiano un’adeguata risposta; non vuole essere considerato solo un mero numero o segmento della quota di mercato, una astratta entità quantitativa, ma auspica ad essere individuato come persona con emozioni, passioni e raziocinio, non soggetta alle sequenze meccaniche di stimolo – risposta. Paolo Iabichino, direttore creativo di Ogilvy Action Italia, definisce tale processo come “Invertising”, poiché ad oggi il vero ribaltamento sta nel cambio di dinamica: la pubblicità non deve parlare al ,ma con il consumatore, deve cocostruire significati che si completano soltanto nella sua interpretazione, e deve andare verso il consumatore e non pretendere di colpirlo e attrarlo a sé, risultando ‘memorabile’ perché parte integrante delle dinamiche di vita di chi consuma. Si chiede, quindi, un contatto diretto con il brand, un’esperienza ravvicinata attiva e positiva con il prodotto, per cui il consumer diviene prosumer, configurando uno stato per il quale è parte integrante del processo di produzione e distribuzione di prodotti e servizi. 63


La società in cui viviamo è cambiata profondamente rispetto all’epoca moderna: anche i mercati cosiddetti “di massa” sono diversi da come erano dieci o vent’anni fa. Quella che nel marketing e comunicazione veniva definita “massa”, oggi è considerata un insieme di persone che magari acquistano lo stesso prodotto “di massa”, ma lo fa per le ragioni più diverse. Inoltre queste persone spesso non hanno nulla in comune tra loro, tranne il prodotto da comprare. E ancora, tali individui sono diversi tra loro per età, istruzione, città, sesso o orientamento sessuale. Più nel dettaglio, possiamo dire che hanno proprio stili di vita diversi.

Ma non basta: la considerazione chiave è che persino all’interno della stessa categoria di stile di vita, ognuno ragiona in maniera differente ed acquista a seconda del proprio carattere o inclinazione personale. La tendenza attuale si sposta, quindi, verso un individualismo sempre più evidente, cosicché le identità collettive vengono meno per lasciar spazio a microcosmi infinitesimali rappresentati dai singoli che, fra l’altro, non sono nemmeno coerenti con se stessi nel tempo. I targets sono ormai impermeabili ai classici messaggi pubblicitari, refrattari ai più comuni mezzi e forme di comunicazione , e non più segmentabili con i consueti criteri socio-

Be sure you positively identify your target before you pull the trigger.

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demografici; ci troviamo di fronte ad una società di giovani informatizzati, anziani che contribuiscono alla crescita di un nuovo mercato, insediamenti di comunità etniche multirazziali, flussi migratori che creano nuove classi sociali. La relazione dei consumatori con il mercato si è evoluta ed è inutile pensare di comunicare in modo tradizionale, in un mercato che tradizionale non è più. Le radici di questo cambiamento si riscontrano a metà degli anni ’80, quando ci siamo ritrovati a fare i conti con quella che venne chiamata “Midlife crisis of marketing” da Cova, Giordano e Pallera : il mito del progresso sociale continuo, attraverso il processo di liberazione individuale, ha fatto naufragio, a fronte di una crisi economica mondiale di contestazione al consumismo. Nascono alcuni dei più importanti movimenti di contestazione al consumismo ed alla cultura del consumo controllato delle multinazionali, caratterizzati da uno stile comunicativo molto più forte ed efficace di quello delle pubblicità del tempo, tanto da portare ad una crisi del mercato. Questa accresciuta consapevolezza critica da parte del consumatore determina uno shift comunicativo da parte dei brands, riscontrabili nello spostamento dalle strategie standard a quelle non convenzionali. La definizione di marketing non convenzionale appare per la prima volta in rete nel Novembre 2004, diffondendosi nel giro di pochi mesi all’interno della comunità di marketers italiani. Il termine riprende volutamente terminologie militari: guerre e armi non convenzionali


identificano infatti tecniche d’attacco e armamenti non regolamentati dei codici di condotta delle convenzioni internazionali. Cova, Giordano e Pallera (2008) a questo proposito, parlano di uno Sturm und Drang che rivendica la rottura dai vecchi schemi, annunciando l’avvento di una nuova stagione creativa denominata Guerrilla Marketing. Anche in Italia, quindi, comincia ad affermarsi un nuovo marketing, già approdato in America molti anni prima, i cui imperativi fondamentali sono basso costo e dirompenza.

3.4 Marketing convenzionale e Marketing non convenzionale Teoricamente tenendo conto dell’evoluzione dei principi di vendita delle aziende nel corso del tempo, vengono riconosciuti tre tipi di marketing: 1 marketing analitico: studio del mercato, della clientela e dei concorrenti; 2 marketing strategico: ovvero un’attività di pianificazione, tradotta in pratica da un’impresa, per ottenere, pur privilegiando il cliente, la fedeltà e la collaborazione da parte di tutti gli attori del mercato. 3 marketing operativo: attiene invece a tutte quelle scelte che l’azienda pone in essere per raggiungere i suoi obiettivi strategici. Questi sono i classici canoni di marketing, anche se nel corso degli ultimi dieci-quindici


anni si sono andate manifestando una serie di trasformazioni, (quali la globalizzazione, la new technology) che hanno profondamente mutato gli scenari economici, sociali, politici ed ambientali, con conseguenze a breve, medio e lungo termine quanto mai rilevanti per le imprese di qualsiasi dimensione, settore o Paese di appartenenza. Non vi è, infatti, impresa che non sia coinvolta in una qualche misura nelle trasformazioni in questione. 
 Questo ha indotto le imprese a concentrare i propri sforzi competitivi su una segmentazione sempre più fine del mercato, favorendo svariati approcci al marketing, alcuni dei quali, come abbiamo detto in precedenza, di tipo non-convenzionale. Abbiamo capito che il marketing si è trovato diviso

Figura a sinistra in alto. Unconvenctional Marketing. “Invisible” Children campaign. Figura a sinistra in basso. Unconvenctional Marketing. Colgate campaign: “Don’t forget”

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in due, da una parte il marketing convenzionale e tradizionale e dall’altra quello non convenzionale, legato alle nuove forme di comunicazione e di sviluppo economico. Con marketing non convenzionale quindi si intende quell’insieme di strategie promozionali che sfruttano metodi di comunicazione “innovativi”, differenti dai classici sistemi pubblicitari. I prodotti vengono proposti al pubblico in modo “alternativo”, per rimediare all’assuefazione del marketing tradizionale. L’assunto di base è il seguente: dopo anni di pubblicità (alla televisione, alla radio, sui cartelloni, sulla stampa), i consumatori sarebbero ormai abituati alla “classica” propaganda aziendale e rimarrebbero meno impressionati dai tentativi di “influenza” commerciale.

Figure a destra partendo dall’alto. Unconvenctional Marketing’s campaign of: - NFS (Dutch Stutter Foundation): Stutter billboard - The Father Bob Maguire Foundation: Bins - Oral-B - Kit Kat - The Economist - Radio Rock - derdoctorguerrilla.com

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Figura in alto. MS Laboratory’s campaign in favour of research.

I sistemi di Marketing non convenzionale, grazie alle loro caratteristiche peculiari, sarebbero in grado di attirare nuovamente l’attenzione del pubblico e permettere una maggiore efficacia del messaggio. L’evoluzione della società postmoderna ha trasformato oltre che i processi culturali e quelli produttivi anche il modo in cui viene percepito il prodotto commerciale. Quelli che prima venivano definiti come “consumer”, ovvero consumatori, divengono parte integrante del processo di produzione e distribuzione di prodotti e servizi, passando allo stato di “prosumer”. Questo genere di evoluzione è ben evidente attraverso Internet dove gli utenti 70

Figura in alto. Social campaign of Denver Water against the waste of water resources in 2006: “Use only what you need“

collaborano per creare nuove mode e correnti di pensiero e dove il marketing non convenzionale affonda parte delle proprie radici. Invece di interrompere i consumatori mentre sono impegnati nelle varie forme di intrattenimento o informazione, il marketing non convenzionale diventa a sua volta intrattenimento o informazione, in tal modo dovrebbe essere in grado di ottenere la completa attenzione da parte del pubblico. Alcuni esempi di marketing non convenzionale possono essere un video divertente diffuso su YouTube, un prodotto impiegato all’interno di un videogioco, la creazione di situazioni bizzarre


per ottenere la citazione del brand in un servizio giornalistico oppure l’inserimento peculiare della merce in punti strategici delle città. Un altro dei concetti fondamentali del marketing non convenzionale è il passaparola: è il pubblico stesso a diffondere la pubblicità, perché la trova particolarmente divertente, interessante o utile. Grazie al marketing non convenzionale, le aziende avrebbero a disposizione un sistema efficace per coinvolgere i consumatori post-moderni. Tale disciplina però, non è ancora del tutto ben compresa. Rimane ancora molta confusione sull’argomento e questo porta ad alcuni limiti non trascurabili. Il

marketing non convenzionale funziona solamente quando è davvero straordinario. La propaganda convenzionale stabilisce la sua funzione in base alla quantità immediata di utenti raggiunti, affidandosi ai grandi numeri dei mass media, ma non tiene conto delle “qualità sociali” dei suoi messaggi. La qualità sociale è difficile da misurare: quante volte una pubblicità è stata ignorata? Quante persone ne hanno parlato agli amici? È semplice contare le cifre fornite dai mezzi broadcasting (share del programma TV, copie vendute del giornale), ma non è altrettanto facile quantificarne l’impatto. I nuovi modelli non convenzionali sono sempre più utili ed indispensabili per fronteggiare le esigenze più attuali dei consumatori che ‘sentono’ istanze differenti da quelle precedenti, anche di un passato molto recente, e credono in nuovi valori. Molti manager aziendali, però preferiscono starsene nelle confortevoli sale riunioni dei piani alti a guardare tutti (clienti soprattutto) dall’alto, senza scendere in strada. E’ necessario allontanarsi da questa visione di marketing e appoggiarne una che si pone a

Figura a sinistra. Social campaign of FareShare South West, an independent franchise of the national charity.

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fianco del cliente, che lo ascolta, che si rimette in discussione, che cambia. Per assecondarne le aspettative ed i bisogni palesi e latenti è quindi inutile pensare di comunicare in modo tradizionale. E’ indispensabile utilizzare nuovi assets comunicazionali in modo più mirato, relazionale, esperienziale, in modo socio-compatibile. 
 Gli approcci alle innovative tecniche di comunicazione e di marketing non convenzionale si basano sullo studio “dal basso” della psicologia del target, delle leve razionali ed emozionali, dello spazio-ambiente in cui si muove, delle necessità o voluttà che lo spingono a volere e a desiderare, dei codici che ne regolano ed influenzano il comportamento ad agire, a comprare ed a consumare. Ma in particolar modo ribaltano la strategia di approccio e la fenomenologia di relazione azienda-consumatore: non è più il consumatore che va alla azienda (entrando in negozi o centri commerciali), ma è l’azienda che

GUERRILLA MARKETING 72


va dal consumatore. E’ il prodotto che si avvicina al suo fruitore scendendo dal piedistallo che lo ha retto per decenni, uscendo dagli scaffali e dalle vetrine. Si potrebbe affermare che è il consumatore ad attrarre il prodotto e non viceversa. L’azienda, il brand ed il prodotto incontrano dunque il consumatore non solo dove egli compra, ma anche dove abita, dove si diverte e dove vive. Tendono la mano per instaurare una relazione duratura, biunivoca ed interattiva e non un “mordi e vendi” inefficace, impalpabile e non profittevole, per meglio capire ed assecondare le loro percezioni, preferenze, comportamenti e transazioni precedenti.
 Inoltre l’imperativo contemporaneo e la nuova istanza competitiva di ogni impresa o organizzazione sono quelli di trasformarsi da “market driven” (trainate dalle sole esigenze dei consumatori) a “market driving” (rivolte a creare nuovi bisogni e di conseguenza nuovi mercati) per rispondere alle pressanti richieste di maggior qualità, di miglior servizio e di accresciuto valore per innalzare il livello di vita. Per far fronte alla nuova vision clientecentrica e rispondere a tutte queste istanze essendo attori protagonista del mercato in divenire sempre più etnicamente promiscuo, multiculturale, tecnologico ed informatizzato è indispensabile mettere in atto una nuova filosofia della comunicazione e del marketing che prevede una svolta, come afferma Alex Giordano:

“dal fare comunicazione , ad essere comunicazione”. “dal fare marketing, all’essere marketing” Per riuscire a coinvolgere socialmente i consumatori, il marketing ha bisogno di comprendere meglio i linguaggi del suo pubblico


e sviluppare i nuovi messaggi promozionali attraverso le abitudini espressive della società contemporanea. Per realizzare una pubblicità efficace bisogna riuscire ad essere originali, introdursi attivamente nei rapporti sociali delle persone, dimostrare la qualità effettiva del prodotto e rendere l’advertising una forma di intrattenimento piacevole, compatibile con i valori del target che si vuole raggiungere. 3.5 L’universo del Marketing non convenzionale Nell’ odierna situazione economica chi opera nel mercato deve tenere conto del cambiamento che il ruolo del consumatore ha avuto (ovvero quello di riuscire a trasformarsi in pro-attivo, come anche detto in precedenza). In tutto questo, le aziende che sono rimaste competitive, sono state solo quelle che hanno saputo valorizzare il proprio brand comunicando in modo nuovo. Il concetto di marketing non convenzionale, viene utilizzato e visto come un’opportunità per generare nuove esperienze, che, abbracciando le nuove strategie di mercato, risulta adattabile ad un cambiamento sempre e più veloce e continuo. È opportuno partire dalla considerazione che la pubblicità oggi è l’ambito della comunicazione che ha maggiormente a che fare con la nostra sfera emotiva. La pubblicità non convenzionale comprendendo questo aspetto, avvicinarsi alle persone per entrare in contatto con loro, per poter instaurare 74

con loro un legame che vada oltre alla cornice ben definita, come gli spot o gli innumerevoli spazi pubblicitari, che tutti noi conosciamo, vuole dunque distinguersi. Nell’ambito della comunicazione non convenzionale, è possibile riscontrare numerose attività come ad esempio: street marketing, viral marketing, stickering, flash mob, body rent , oop art 6 ecc. In realtà tutte queste etichette possono essere viste come delle ramificazioni di un unica strategia di marketing che in ambito pubblicitario prende il nome di “Guerrilla marketing”.

6 Vale la pena puntualizzare alcuni concetti: lo street marketing è una forma di marketing che si esplica esclusivamente per le strade vere e proprie di una città, optando per la “spettacolarizzazione” del suo farsi, cercando di modificare gli spazi urbani per suscitare l’interesse delle persone; il viral marketing è l’evoluzione del passaparola, riferito in particolar modo al web e ai social network, e permette ad un’idea o ad un fatto originale di espandersi velocemente tramite intenzioni volontarie. Lo stickering è l’affissione negli spazi pubblici e su supporti privati di adesivi pubblicitari (sticker). Il flash mob si caratterizza attraverso un gruppo di persone che si riunisce all’improvviso in uno spazio pubblico, compie un’azione insolita per un breve tempo e poi sparisce nel nulla.



GUERRILLA MARKETING I l termine guerrilla è un concetto affiancato a nuove tipologie di marketing, che prende l’etimologia da un tattica di lotta armata e aggressiva condotta da piccole formazioni irregolari, che colpiscono utilizzando l’effetto sorpresa, come un agguato, veloce, pungente, originale e potente; la Guerrilla infatti, si sviluppa con attacchi brevi e improvvisi generando una forma di conflitto armato in cui il modo di combattere si trasforma rispetto agli attacchi di guerra classici: il guerrigliero ha una conoscenza diretta del territorio in cui opera e gode del sostegno della popolazione civile. Sia che il fine porti alla liberazione da un dominio straniero, o che sfoci in un progetto rivoluzionario, il guerrigliero è sempre motivato dal valore assoluto dell’obiettivo finale, per questo non ha alcun motivo di accettare le regole che 76

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convenzionalmente regolano uno scontro militare. Al contrario sono necessari attacchi improvvisi, imboscate, sabotaggi e la trasformazione creativa di qualsiasi materiale in una nuova arma non convenzionale. Il significato del termine è stato preso in esame da Jay Conrad Levinson4, per descrivere le caratteristiche che secondo lui deve assumere il nuovo marketing, abbinando l’utilizzo di strumenti non convenzionali il cui uso deve essere finalizzato alla promozione di prodotti o marchi attraverso l’utilizzo di metodi creativi che possono stupire il pubblico e catturare l’attenzione;

4 J.C. Levinson è fondatore nel 1982 della disciplina di Guerrilla Marketing e attualmente presidente della Guerrilla Marketing International.


4.1 Che cos’è Guerrilla Marketing Come è stato accennato in precedenza, il termine compare per la prima volta nel 1982, con l’omonimo libro di J.C. Levinson e definisce nello specifico, un complesso di tecniche di comunicazione non convenzionali che mira a ottenere il massimo della visibilità con il minimo degli investimenti. Punto chiave di un’attività di guerrilla, infatti è l’effetto sorpresa. Ogni azione di guerrilla marketing dopo essere stata attentamente pianificata, deve potersi trasformare in un episodio che colpendo il singolo, genera spiazzamento nello spettatore, e causa l’effetto virale di “passaparola”. Natella (2008) attraverso le pagine del suo sito web5, sottolinea il fatto che l’obiettivo delle strategie guerrilla, sia l’efficacia sul piano militare e politico: l’azione di sabotaggio deve essere fortemente strutturata per ottenere un buon evento street o web, ma è fondamentale anche il riscontro in termini di folklore, in quanto ogni azione sul territorio deve trasformarsi in un incidente memorabile che può essere facilmente raccontato e diventare notiziabile per i media. Il guerrila marketing esce dagli schemi tradizionali, penetrando in modo diretto nella città e generando nel potenziale cliente sentimenti spiazzanti di curiosità e coinvolgimento. La guerrilla raggiunge il consumatore nei momenti e nei luoghi in cui non è attiva la sua “advertising consciousness” (come accade invece davanti alla TV o ascoltando la radio), quando cioè le sue difese nei confronti dei messaggi pubblicitari sono abbassate. Bisogna ricordare che la creatività è indubbiamente 5

www.guerrigliamarketing.it

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uno dei tratti distintivi di questa tipologia di marketing, ma si ha una vera e propria azione di guerriglia solo quando la pubblicità viene fatta in luoghi che non sono esplicitamente pensati per ospitarla. 4.2 Quali sono le differenze che rendono il marketing “Guerrilla” Come abbiamo precedentemente affermato l’universo della comunicazione e del marketing, ha subito e sta tuttora subendo una radicale trasformazione. Fino agli anni Settanta la comunicazione era fatta di grossi budget, grandi campagne e jingle accattivanti. Chi faceva marketing era a caccia dei profitti e poteva trovare nuovi clienti a milioni. La comunicazione si concentrava nel dire al consumatore qualcosa che prima non sapeva: i pubblicitari davano per scontato che bisognasse educare il mercato.
 Ma questa tecnica è diventata sempre meno efficiente con il tempo. I consumatori riconoscevano la pubblicità e imparavano ad ignorare ciò che prima ascoltavano attenti: il mondo della comunicazione era pronto per una rivoluzione. Tale rivoluzione arrivò appunto nel 1984 quando le idee di Jay Conrad Levinson, vennero racchiuse in un libro intitolato “Guerrilla Marketing” e arrivarono nelle librerie. Il libro raccontava i segreti di un marketing meno invasivo, più sottile e che alcuni professionisti illuminati conoscevano già da anni. Quello che nemmeno Levinson si aspettava è quanto le piccole imprese avrebbero portato al successo le idee contenute nel suo 78


libro. Il marketing del presente, vede il passaggio dall’advertising, che punta a persuadere i consumatori, all’advertainment, vale a dire ad una comunicazione di marca che punta ad intrattenere il pubblico. Dall’inflazione dei media classici si passa all’esplosione di quelli alternativi e tra questi possiamo ritrovare una nuova forma di comunicazione pubblicitaria che viene chiamata quindi con il nome di Guerrilla Marketing. Si ribalta la strategia di approccio e la fenomenologia dell’azione aziendale; il brand incontra il consumatore non solo dove egli compra. La nuova istanza competitiva di ogni organizzazione è quella del “market driving”: si tratta dell’imperativo di creare nuovi bisogni e nuovi mercati per rispondere alle sempre più pressanti richieste di maggior servizio, migliore qualità ed accresciuto valore. Nella realizzazione di un efficace campagna di guerrilla marketing bisogna valutare perciò attentamente: 1. se l’azione riesce a colpire il pubblico coinvolto;
 2. se ne cattura l’attenzione; 
 3. se si imprime nella memoria; 
 4. se esprime i valori del prodotto; 
 5. in che modo l’azione può essere diffusa; 
 6. perché il pubblico dovrebbe raccontarla; 
 7. attraverso quali mezzi si diffonderà; 
 8. se creerà un effetto virale. Ossia un passaparola fra le persone che faccia quindi parlare del prodotto naturalmente in termini positivi. 
 Oltre a queste valutazioni di efficienza interna della campagna, è necessario valutare anche la capacità esterna che questa ha di integrarsi

“Most people have one-way brains, they acquire information and do nothing. Guerillas have two-way brains, they obtain relevant information and act on it.” Jay Conrad Levinson


GUERRILLA ADVERTISING “Il

è pubblicità che esce dal recinto dei media tradizionali per penetrare nel cuore delle città e incontrare la gente in modo diretto, provocatorio, spiazzante. La guerrilla la trovi nelle strade, sui muri, sulle panchine, sui fondi di bicchieri, in finte conversazioni, sui soldi, sulla frutta, sulla carta igienica, perfino sul corpo umano”.



con le più ampie strategie di comunicazione dell’azienda. 
 Oggi possiamo affermare che queste tecniche di comunicazione non convenzionale consentono di ottenere il massimo della visibilità e di catturare in pieno l’attenzione degli utenti, con messaggi incisivi e persuasivi. La spettacolarità è l’elemento caratterizzante, che determina un coinvolgimento emotivo e psicofisico da cui è difficile sottrarsi. Le strategie del guerrilla marketing a volte risultano suadenti e ipnotiche, altre volte aggrediscono e colpiscono inaspettatamente i consumatori, che finiscono in ambedue i casi col perdere il controllo dei propri sensi e dei propri bisogni, comportandosi secondo schemi previsti e codificati. 4.3 Come organizzare al meglio una campagna Innanzi tutto la prima naturale domanda da porsi è se il prodotto o servizio che si vuole lanciare si presta a una campagna di guerrilla marketing, perché ad esempio, difficilmente una campagna istituzionale può essere veicolata con tecniche mordi e fuggi. A volte, più che il prodotto o servizio, a contare è l’idea da trasmettere, che deve essere originale e capace di attirare la curiosità. Quando è stato deciso che il brand o il prodotto e servizio risulta adeguato per questo tipo di campagna, è possibile partire con una fase di ideazione in cui viene effettuata una ricerca e vengono prese in considerazione tutte le variabili 82

relative alla storia, la filosofia, i valori e gli obiettivi dell’azienda o del prodotto che si vuole pubblicizzare; Per creare una buona campagna di guerrilla marketing, infatti, oltre ai requisiti essenziali di tempo, energia e fantasia, è necessario riuscire a possedere il controllo della situazione generale, cercando di reperire il maggior numero di informazioni possibile dalle situazioni circostanti. Per la realizzazione di buon piano di successo è sempre fondamentale conoscere il proprio mercato, riuscire a capire soprattutto quello che i clienti vogliono e si aspettano, e inoltre identificare i punti di forza che l’azienda, il marchio o il brand che si vuole utilizzare, possiede, e che possono essere visti come elementi favorevoli, per il loro soddisfacimento. Coscientemente armati di questi due elementi essenziali, è possibile sviluppare tutte le strategie di marketing che permettono di attrarre, ottenere e mantenere i clienti, restando pronti a reagire ad eventuali cambiamenti del mercato quando accadono. Infatti, un buon piano di guerrilla marketing deve avere la flessibilità come prima E per questo che non servono budget smisurati, ma al contrario sono utili pochi investimenti


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caratteristica intrinseca, utile per poter rispondere ai cambiamenti di mercato, di clienti, di intenzioni aziendali e di attività. È sostanziale capire che l’ impostazione iniziale che deve avere l’azione di guerrilla è quella di una piccola rivoluzione nel proprio settore, mentre l’obiettivo finale è quello di far parlare di sé, (quindi più si è originali più si riuscirà nel proprio intento).

valutando modalità e luoghi per la realizzazione della campagna adeguati. Nella parte operativa della campagna mordi e fuggi, tutto ruota attorno alla creazione del “teaser” (to tease: “stuzzicare“), che dà concretezza all’idea originale. Non è l’unica tecnica pubblicitaria utilizzabile, ma sicuramente è quella più efficace in una campagna di guerrilla marketing. Se l’idea è originale e il teaser efficace, ciò che si ottiene è un effetto virale, facendo passare il caso di bocca in bocca propagandosi di utente in utente. Una volta ottenuto il proprio scopo di diffusione virale, si può giocare a carte scoperte. Se la campagna ha avuto successo, il tutto si svolge in pochi giorni o settimane e a questo punto, grazie ad un opportuna “fase due” della campagna il teaser viene svelato, spiegando il significato del primo lancio. 4.4 Il caso IKEA Un’ azienda che da anni ormai, ha deciso di favorire alle forme più tradizionali di promozione, per promuovere il suo brand, anche metodi non convenzionali, è sicuramente l’azienda svedese, leader dell’arredamento low-cost, IKEA che ormai da tempo ha modificato i suoi metodi di comunicazione, avvicinandosi tra gli altri, al mondo del guerrilla marketing. La strategia più efficace per vendere mobili e arredamento consiste nella previsione di guardare al futuro anticipando quelli che possono essere i gusti e i bisogni dei potenziali clienti. IKEA basa il suo

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concetto di vendita sul comprendere il maggior numero di informazioni possibili dei suoi clienti, e per farlo è necessario passare quanto più tempo possibile con loro. Grazie a questo concetto IKEA ha attivato varie campagne di Guerrilla Marketing con lo scopo di attirare l’attenzione, ma non solo. L’obiettivo è stato quello di divertire, stupire, coinvolgere per poi analizzare le reazioni. Le campagne in questo modo, vanno ben oltre nel creare valore, perché entrano nei cuori di potenziali clienti che a loro volta fotografano, sperimentano e condividono con gli altri ciò che hanno percepito.

Figure sopra. The IKEA trademarks identify and protect the IKEA Brand.

Le campagne di Guerrilla Marketing vengono realizzate per osservare costantemente il comportamento della gente di fronte a situazioni insolite, studiandone il livello di condivisione e di influenza; osservando il potenziale cliente infatti, nelle sue interazioni con l’azienda a livello sociale, ne decifra gli interessi, i gusti, le tendenze. Ma per riuscire a lavorare meglio con e per l’azienda è stato necessario capire la sua filosofia e il suo concetto di Brand Identity. IKEA, azienda Svedese, nasce grazie a Ingvar Kamprad nella metà degli anni Cinquanta e tuttora risulta una tra le più grandi rivenditrici di mobili al mondo. Tutto ciò nasce dall’idea di creare un assortimento di prodotti accessibile alla maggioranza delle persone e non solamente a pochi privilegiati; 85


Quello che l’azienda vuole fare è aiutare sempre più persone a vivere una vita migliore in casa, offrendo un vasto assortimento di articoli d’arredamento belli e funzionali a prezzi vantaggiosi. Questo obiettivo viene raggiunto combinando assieme più variabili quali: funzione, qualità, buon design, sostenibilità e prezzo basso; il concetto IKEA riguarda ogni aspetto dell’ attività: dalla progettazione alla distribuzione. Quello che sta alla base del messaggio da lanciare è la forza della sua brand identity. Possiamo spiegare che cos’è una brand identity, innanzi tutto capendo che cos’è veramente un brand e come viene costruito. Tutti i brand, incluso quello IKEA, sono costruiti dalle persone, che utilizzando differenti impressioni e esperienze raccolte nel mondo circostante, siano esse positive o negative, restituendo dei feedback ogni volta entrati in contatto con l’azienda e con le esperienze che essa propone. IKEA ha incentrato il suo brand su un concetto non materiale, ma su una nozione che esiste solo nella mente delle persone. Questa nozione può essere influenzata da vari fattori, soprattutto emozionali, entrando nel profondo degli individui. Quello che un’azienda deve riuscire a fare è dare la possibilità di aiutare i clienti nel loro processi offrendogli quante più impressioni positive possibili. Il range di prodotto, i prezzi bassi, le sensazioni dentro e fuori il negozio, i servizi differenti e le azioni e comportamenti dei co-worker, sono questi i punti forti utilizzati da IKEA come pilastri


per la comunicazione del suo brand. Questa è la brand identity. Ma da sola non basta, serve anche essere abili e riuscire a comunicare tutto questo concetto; IKEA negli ultimi anni ha attuato, slegandosi dai media tradizionali, nuove strategie di comunicazione, coerenti con i propri valori di marca, che hanno portato le nuove campagne pubblicitarie a toccare l’approccio alternativo nell’utilizzo dei mezzi classici.
 Si è trattato di applicare i concetti dello stile IKEA di facilità, dinamismo, spensieratezza e anche un po’ di irriverenza alla comunicazione: un modo per raggiungere un target differenziato rispetto a quello del catalogo e per risultare più accattivante verso la fascia dei potenziali clienti più giovani. Di seguito sono riportati alcuni esempi di campagne non convenzionali realizzate: L’azienda svedese ha voluto installare in Italia, a Napoli nel 2004 alcuni simboli del suo arredamento in formato gigante per promuovere l’imminente apertura del punto vendita nel capoluogo campano: ad esempio una poltrona rossa fu collocata in Piazza Trieste e Trento all’uscita del Teatro San Carlo. Ogni mobile in formato “maxi” fu identificato inoltre con l’ indicazione del prezzo e del nome.

Figure sopra. Italy, 2004, Naples, IKEA’s unconventional campaign.

Si invitavano cosÏ i cittadini a cercare tutti i mobili sparsi per la città e a memorizzarne i nomi. Rispondendo ad alcune domande, essi poi avevano anche la possibilità di vincere un premio da ritirare presso il nuovo negozio. (la stessa operazione è 87


stata ripetuta poi a Genova, ed ancora a Milano durante il Salone del Mobile). Un ulteriore esempio è stato realizzato durante il Salone del Mobile a Milano nel 2012, dove grazie ad una divertentissima l’iniziativa dall’intrigante claim “Chi ha detto che un bagno deve essere un cesso?”, IKEA ha costruito appositamente un bagno chimico che, al suo interno, ospitava una bellissima e accogliente stanza da bagno, elegante e curata. Tutto ciò ha lasciato a bocca aperta e con immensa incredulità chiunque l’ abbia visitata. Grazie a queste attività di guerrilla marketing è stato possibile creare una memorabile “brand experience”; inoltre al passaparola virale, le foto dei surreali allestimenti e installazioni si sono fatti conoscere, facendo il giro del mondo (essendo stati pubblicati su vari blog specializzati, personali e di brand fan). 4.5 “ Spazio alla vita” IKEA nella realizzazione dei suoi progetti utilizza l’experience marketing, motivando i consumatori con fattori emotivi: la necessità di raccontare la propria storia attraverso le storie delle persone che vivono, esperiscono e amano il prodotto e il brand stesso, è questo che l’azienda, cerca di realizzare. Seguendo questo pensiero, IKEA dal 9 Settembre 2012 ha realizzato una nuova campagna multicanale di comunicazione integrata che utilizza lo slogan “BASTA POCO“ come fil rouge per l’intera azione comunicativa. Spieghiamoci meglio. IKEA vuole raccontare le persone, le situazioni e le relazioni che 88

Figura sopra. Italy, 2012, Milan , IKEA’s unconventional campaign.


“CREATE A BETTER EVERYDAY LIFE FOR THE MANY PEOPLE” Ingvar Kamprad

caratterizzano la realtà di oggi. Una modalità di porsi e di comunicare molto efficace e che fino ad ora ha portato verso il successo. Anche con questa campagna, IKEA assume una fortissima valenza sociale, andando a stringere ancora di più quel legame che da sempre cerca (e riesce) di intrecciare con i propri clienti. Perno della sua comunicazione è infatti da sempre la capacità di avvicinarsi alle persone, di entrare nelle loro vite e nelle loro menti per trovarvi un posto e un ruolo ben definito e difficilmente sostituibile dai suoi brand competitor. Insieme alla campagna è stato realizzato un nuovissimo pay-off “IKEA – SPAZIO ALLA VITA“, con cui il marchio cerca di prendere il ruolo di capofila nella ripresa degli italiani dalla crisi. Tutto ciò è risultato un buonissimo punto di partenza che acquisisce uno sviluppo multi-piattaforma, comprendendo filmati video, affissioni, campagne banner, il nuovo catalogo online e una nuova pagina web (www.spazioallavita.ikea.it). Questo nuovo sito si presenta come un raccoglitore di idee, momenti, storie, progetti e scoperte sempre nuove, che si aggiornano settimanalmente, con cui il mondo IKEA racconta i diversi punti vista della vita delle persone. La nuova campagna pubblicitaria, vede come protagoniste delle storie che iniziano in tv e si approfondiscono sul web. Si tratta di vari racconti di persone apparentemente comuni, madre, figli, amici, bambini, fidanzati che vivono la loro vita cercando di far fronte alle piccole o grandi problematiche che essa pone. In ogni spot andato fino ad ora in onda, lo slogan che fa da concept principale, utilizza la frase “Basta Poco”. Questa, anticipa per ogni situazione, 89


il concetto poi spiegato del video stesso. Attualmente sono stati realizzati 7 filmati che vedono come protagonisti bambini, giovani e adulti, intenti a vivere le situazioni del quotidiano; Gli slogan completi per i vari spot, sono: “Basta “Basta “Basta “Basta “Basta “Basta “Basta

poco poco poco poco poco poco poco

per per per per per per per

cambiare“. crescere insieme“. ripartire“. fare spazio alla novità“. dare spazio all’immaginazione“. vivere insieme il Natale“. vivere meglio“.

Particolarmente attenta alla sua reputazione e alla sua notorietà, IKEA, inoltre ha scelto una pianificazione molto attenta di questa campagna, comprendendo anche di banner ed affissioni sempre all’insegna del claim “Basta poco”, caratterizzata da una forte valenza sociale, che dimostra di sapere quali leve toccare per entrare in contatto con le persone, con il loro mondo e con la loro vita di tutti i giorni, per creare un legame forte e definito con i clienti. Da qui è partito il progetto di tesi, volto a realizzare una nuova campagna di guerrilla marketing seguendo un’idea che risulta vincente. Utilizzando il leitmotiv realizzato da IKEA e unendolo alle tecniche di comunicazione ad oggi più efficaci, è stata realizzata una nuova campagna di marketing che può essere vista come un’aggiunta personale all’ operazione commerciale già presente.

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“BASTA POCO”

A

lla base della filosofia IKEA c’è la comunicazione dei valori che l’azienda possiede e che riesce a trasmettere attraverso prodotti, immagini, e parole, realizzata grazie al concetto “friendly” che caratterizza il suo stile. IKEA enfatizza tutto questo, utilizzando un tone of voice positivo, riconoscibile, chiaro e amichevole, che colpisce il cliente ed è facile da comprendere e ricordare diventando unico nel suo genere. Le persone infatti, hanno un approccio favorevole, quando si sentono rassicurate, protagoniste, anche di situazioni coinvolgenti e che regalano stati d’animo piacevoli. Ovviamente la pubblicità gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda la percezione dell’azienda; riuscendo quindi, ad indirizzarla verso una strategia che utilizza metodi non convenzionali è stato possibile enfatizzare 92

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l’importanza e la presenza del brand verso il pubblico. ll titolo della campagna realizzata da IKEA (e anche di questo ultimo capitolo) racchiude, in due comprensibili parole, il concetto di semplicità di cui l’azienda è promotrice. Analizzando e cercando di capire la filosofia e le strategie di marketing, il progetto di tesi è risultata una sfida, volta a mettersi in gioco per riuscire a concludere un percorso di lavoro intrapreso mesi fa. Sono stati esaminati tanti elementi così come è stato ricercato, analizzato e approfondito il concetto forte da trasmettere; il punto di partenza è stata la documentazione, non tanto per la messa in pratica di un’azione di guerrilla marketing, (in quanto le strategie possono essere facilmente reperibili in qualsiasi sito internet), ma più per


quanto riguarda un fattore psichico, ovvero una predisposizione della mente ad affacciarsi ad un mondo strategicamente complicato perché mette in gioco fattori psicologici, emozionali e decisionali importanti. La ricerca di tutto questo è avvenuta grazie alla lettura di alcuni libri che sono serviti da pilastri per la realizzazione del progetto. 5.1 Principi decisionali Innanzi tutto il focus decisionale si è incentrato sul messaggio da voler trasmettere. Il riprendere uno slogan già esistente, è stato un primo punto su cui soffermarsi a pensare; poteva, infatti essere visto come un punto di partenza, un mood di base, su cui doversi allineare, ma che dovesse però portare alla realizzazione di un’ idea commerciale ovviamente non scontata, ma adeguata e di forte impatto. L’ obiettivo di IKEA è quello di “creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone”; questo è il concetto che sta alla base di tutto e che è stato utilizzato per la realizzazione del progetto. È stato analizzato come l’azienda poteva aiutare le persone cercando di far vivere esperienze positive e piacevoli. 93


“Arriva un momento in cui ci sentiamo la vita in mano, non perché si è arrivati, ma perché si vuole ripartire. Iniziare qualcosa vuol dire…cogliere mille possibilità e non ci sono scelte giuste o sbagliate…Oggi è il giorno in cui rischiare, emozionarsi, sperimentare. Oggi è il giorno in cui scoprire che per vivere meglio... basta poco”



Nel progetto di tesi, sono state proposte come esperienze, quelle visive, ovvero ad esempio quelle suscitate da un panorama mozzafiato, che vengono percepite e si trasformano in emozioni tangibili sulla pelle. Avvalendosi dell’ incipit già creato, è stato necessario coniugare delle parole chiare e forti, che potessero essere comprese e ben ricordate. La nascita dello slogan: “Basta poco per dare spazio alle emozioni“ è il risultato di questo studio, che ha cercato di racchiudere in sé il pensiero dell’ azienda rivolto alle persone nell’ accompagnarle nei momenti migliori della loro vita. Dopo questa fase del progetto, avendo definito cosa comunicare, il successivo punto di partenza è stato capire il dove comunicarlo. Una delle regole da rispettare per un “guerrigliero” è quella di riuscire a sapersi muovere al meglio nel proprio ambiente di azione ed essere consapevole di ogni singolo fattore presente nel background in cui sferrare l’attacco per riuscire ad utilizzare a suo vantaggio tutti gli elementi circostanti, e cercare di centrare in pieno l’obiettivo finale. Per questo è stato deciso di utilizzare Firenze come luogo di azione; vista come una realtà molto vicina, la città si è prestata perfettamente grazie ai suoi scenari panoramici di tutto rispetto. Il tutto è stato studiato per fare in modo di coinvolgere le persone (gli spettatori e i futuri clienti), in modo da renderli partecipi dei progetti di un’azienda che pensa a loro, anche lavorando a livello mondiale. Precisando nel capitolo 4 che le azioni di guerrilla 96


marketing sono realizzate in modo da raggiungere il consumatore dove non è attiva la sua advertising consciousness, sono state prese in esame tre location dopo una selezione tra i uoghi più belli presenti nella città. In base alle emozioni che potevano suscitare negli individui sia che fosse la prima volta che li vedessero o meno, questi posti si prestavano bene per fare da “piattaforma” di lancio ad uno stato emotivo positivo che sia inconsciamente che consciamente suscitavano. Un valore aggiunto che IKEA da sempre riesce a creare è l’abilità, nelle sue campagne, di non realizzare mai un messaggio autoreferenziale ma di far parlare di sé attraverso i proprio oggetti, facendoli interagire con le persone e popolare la quotidianità di ciascuno di noi. Tenendo presente questo, l’ obiettivo della campagna ha seguito questa linea di pensiero: “IKEA pensa anche a te, goditi il tempo che hai a disposizione utilizzando i nostri prodotti che renderanno ancora più piacevole l’esperienza che stai vivendo.”

Arriviamo dunque all’ultimo principio decisionale, la creazione del teaser e di come il messaggio sarebbe stato comunicato; grazie all’utilizzo di prodotti IKEA come poltrone, lampade, sedie e tavolini, sono stati realizzati nei luoghi prescelti dei veri e propri mini ambienti, in cui le persone potevano sostare il tempo che desideravano, rilassarsi e godersi il panorama, se volevano.

“LIMITED SPACE CREATE UNLIMITED CREATIVITY.”


5.2 Sviluppo della campagna Il progetto di tesi si compone di due parti distinte ma tra loro collegate; inizialmente abbiamo la fase di guerrilla, dove lo scopo del teaser è esattamente quello di colpire la curiosità dell’utente e lasciarlo libero di interagire con l’arredamento realizzato. L’ unico indizio presente è stato un pannello di forex posizionato nell’ambientazione, che comunicava lo slogan dell’operazione pubblicitaria. Le location che scelte sono state: Piazzale Michelangelo, Ponte alle Grazie e il Parco San Donato a Novoli. La panoramica di Firenze voleva spostarsi dal generale (quale Piazzale Michelangelo) al particolare, su due vedute vecchie e nuove della città (rispettivamente Ponte alle Grazie e il Parco di San Donato a Novoli). Per ogni ripresa sono stati utilizzati prodotti per lo più differenti, anche se il layout generale era standard. Le riprese sono state effettuate in giornate diverse a seconda delle zone e grazie alle telecamere è stato possibile riprendere le reazione delle persone di fronte a contesti senz’altro insoliti. Secondo i manuali di guerrilla marketing, dopo la presentazione del teaser, che comunque doveva risultare un’azione mirata e contenuta, sarebbe stata la volta della pubblicazione della campagna pubblicitaria tradizionale correlata da manifesti e spot. 98


5.3 Materiale acquisito Le persone che hanno accolto questi tipi di situazioni hanno mostrato interesse, interagendo con i prodotti, soffermandosi a capire la situazione e a volte scattando foto con il telefono cellulare. L’idea è risultata originale, curiosa ed efficace; l’obiettivo di ottenere un effetto virale è stato centrato e il materiale acquisito è stato utile per lo sviluppo del seguito della campagna. Riprendendo i concetti di guerrilla marketing, e arrivando al punto di aver ottenuto una buona diffusione virale, è stato quindi possibile, svelare il teaser, con un’opportuna fase due, in cui si spiega il significato del primo lancio. IKEA nel presentare la sua brand identity non pone mai un’immagine di sé strutturata e artificiale; il suo motto è parlare alla gente comune e per questo chi meglio di loro può fare da testimonial per la campagna successiva di realizzazione? Si è venuta a creare così, una brand experience efficace e coinvolgente che ha visto gli spettatori come i protagonisti attivi del progetto. Nella seconda fase di realizzazione della campagna quindi, grazie alle situazioni con approcci positivi che si sono create durante le riprese, è stato possibile realizzare dei manifesti e uno spot da poter esporre sui canali tradizionali risultando un’ ottima proposta di informazione pubblicitaria. I tre manifesti sono stati realizzati grazie all’ estrapolazione di scene presenti nelle riprese video, così come lo spot e hanno voluto cogliere l’essenza della campagna e del messaggio legato ad essa;

Oggi con il mondo che va avanti piÚ veloce di quanto si possa immaginare, con la crisi, che ha portato a momenti duri, con la voglia di andare avanti e ricominciare, il tempo per noi stessi, per vivere in pieno le emozioni che anche le piccole cose possono dare, sono passate in secondo piano. Con questo progetto si è cercato di valorizzare una città storica come Firenze abbinandola ad una filosofia diversa, ad un design del tutto divergente come quello svedese, cercando di unire il meglio che entrambe le cose potevano dare. Nelle pagine seguenti è possibile vedere come sono stati realizzati i manifesti accompagnati da una breve spiegazione che ne traccia il profilo descrittivo.


Nella prima scena vediamo una ragazza intenta a fare jogging; grazie agli auricolari con la musica allineata ai suoi bpm è estraniata dal mondo circostante. Corre su Ponte alle Grazie e ad un tratto si trova di fronte un contesto strano, diciamo non convenzionale; ne rimane colpita, si ferma, decide di rilassarsi e godersi il panorama.

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La seconda scena ha come protagonisti 4 ragazzi, probabilmente studenti universitari che dopo una giornata di studio nel vicino polo universitario di Novoli, decidono di trovare un posto dove concludere il pomeriggio, cercandolo nel Parco di San Donato. Mentre camminano notano in un punto centrale, delle coperte, dei cusicini e un tavolino e decidono cosĂŹ di sedersi a parlare e scherzare.

Basta poco per dare spazio alle emozioni.


L’ultima scena vuole riprendere Firenze nella sua totalità, ci troviamo a Piazzale Michelangelo. Il sole è tramontato e una coppia di fidanzati si trovano a passeggiare lungo il marciapiede. Non appena notano l’arredamento IKEA decidono di approfittarne, così si fermano ad ammirare il panorama mozzafiato che solo Firenze, vista da lassù, riesce a dare.

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Come accennato in precedenza i manifesti sono stati il risultato di videoriprese, grazie alle quali è stato possibile anche realizzare dei video spot di varie durate; di seguito è possibile vedere alcune screenshot delle riprese.

Video spot IKEA “Basta poco per dare spazio alle emozioni”. Sceneggiatura di Giulia Rossi Regia di Giulia Rossi e Marco Piscopo Luogo delle riprese: Ponte alle Grazie. 103


Video spot IKEA “Basta poco per dare spazio alle emozioni�. Sceneggiatura di Giulia Rossi Regia di Giulia Rossi e Marco Piscopo Luogo delle riprese: Parco San Donato, Novoli. 104


Video spot IKEA “Basta poco per dare spazio alle emozioni�. Sceneggiatura di Giulia Rossi Regia di Giulia Rossi e Marco Piscopo Luogo delle riprese: Piazzale Michelangelo. 105


Grazie alla visualizzazione su canali multipiattaforma sarà possibile rendere visibile la campagna, oltre che su manifesti cittadini, cinema e televisione anche sul sito parallelo presente gia on-line da settembre (http://spazioallavita.ikea. it) dove l’utente web potrà interagire e visualizzare approfondimenti riguardanti i prodotti IKEA e avere alcuni consigli sulla realtà aziendale.

Personalmente, credo che sia necessario quando si lavora, per qualcuno o insieme a qualcuno, trovare una linea di pensiero e progettazione che permetta di entrare in sintonia al fine di sviluppare un buon progetto; per fare ciò l’unico modo è entrare in contatto con la realtà da conoscere, capirne i meccanismi, i punti di forza e i metodi di vendita.

Sul sito e sui canali social media saranno presenti formati piĂš lunghi di spot TV e con tagli brevi che parlano dei vari episodi, supportano prodotti in focus e aggiornano sulle attivitĂ  presenti in calendario.

Infatti, è stato fondamentale capire i meccanismi interni dell’ azienda; comprendendola meglio e lavorando a stretto contatto con le persone, è stato possibile anche valutare se un lavoro o un progetto, come in questo caso, poteva risultare appropriato. Tutto questo diventa il conlcudimento di un percorso universitario iniziato tre anni fa, che regalando buone basi teoriche ne ha visto il riscontro in una realtà lavorativa, in cui è stato possibile applicarle e in cui molte nuove tecniche sono state apprese, portando verso una migliore consapevolezza nel pensiero e nelle azioni future.

5.4 Conclusioni La realizzazione di questo progetto di tesi come è stato accennato a inizio capitolo è voluta risultare una sfida, rispetto al riuscire saper lavorare con e per, uno tra i venditori mondiali presenti oggi sul mercato. Tutto questo è nato da un’ opportunità che ha portato alla realizzazione di un percorso rivolto a conoscere e comprendere dall’ interno il metodo di pensiero e di comunicazione dell’azienda IKEA; l’entrare a contatto con una realtà lavorativa con cui confrontarsi ogni giorno ha dato l’incipit per analizzare un mondo inesplorato, quello del guerrilla marketing, riuscendo a far comunicare nuove tecniche di marketing con un brand costruito su solidi principi ormai da tempo. 106



Bibliografia Andrea Natella, “ GUERRILLA MARKETING, UNA DEFINIZIONE CONVENZIONALE ”. Jay C. Levinson, Paul R. J. Hanley, “ GUERRILLA MARKETING. MENTE, PERSUASIONE, MERCATO ”. Laura Bof, “ MARKETING NON CONVENZIONALE : UNA REALTÀ IN CONTINUA EVOLUZIONE ”. M. Scalzo (2007), “ CREARE... RAPPRESENTARE. FIRENZE: DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA”. Marco Galdenzi, “ EVOLUZIONE DELLA PUBBLICITÀ. APPUNTI DI TECNICA DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA “. P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, “ PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA ”. Sebastiano Missineo 2009, “ L’EVOLUZIONE NELLE POLITICHE DI MARKETING. DALLA TRADIZIONE DELLE 4P ALL’INNOVAZIONE DELL’E-BUSINESS “. Sunderland Margot 1997, “ DISEGNARE LE EMOZIONI. ESPRESSIONE GRAFICA E CONOSCENZA DI SÉ “. Tino Ferrari, “ MARKETING E COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE. GUERRILLA, VIRALE, POLISENSORIALE, EMOZIONALE ”. Traini Stefano 2008, “ SEMIOTICA DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA. DISCORSI, MARCHE, PRATICHE, CONSUMI “. 108


Sitografia http://cw.routledge.com/textbooks/9780415886796/ http://it.wikipedia.org/wiki/Comun icazione http://www.comunicobene.com/contenuto/relazione.html http://www.gmarketing.com/articles http://it.wikipedia.org/wiki/Marketing_non_convenzionale http://www.crms.it/marketing-tradizionale-web-marketing/ http://www.marchegianionline.net/appro/appro_756.htm http://www.psicologiadellavoro.org/?q=content/il-marketing-tradizionale http://www.ica-net.it/pascal/alimentazione/files/nuova_pagina_7.htm http://www.pubblicitafaidate.com/diversi-tipi-di-pubblicita.html http://www.pietrosanfilippo.it/index.php/it/come-fare/archivio 109


UniversitĂ degli Studi di Firenze Scuola di Architettura Corso di Laurea in Disegno Industriale Anno Accademico 2012/2013 Sessione Aprile 2014 Relatore: Prof. Marcello Scalzo Correlatore: Emanuele Colucci Tesi di Laurea di Giulia Rossi

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