Olga odia la scuola

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Questa sono io, mi chiamo Olga e ho otto anni. Abito in un piccolo paesino. 5


Da quando il papà se n’è andato, la mamma fa la donna di servizio in una grande casa nel centro della città e vivo sola con la nonna. Mi sgrida per ogni piccola cosa: quando mi sporco e strappo il vestito della domenica, quando sparisco per dei giorni, quando mi arrampico sugli alberi e quando dipingo di viola i vitellini appena nati. Quando combino qualcosa che non va, la nonna mi lascia senza cena. E io mi arrabbio sempre molto.

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E qualcosa la combino sempre, pare. Tutti mi dicono: “Sei cattiva!�. Ma io non li ascolto. Le uniche cose che mi interessano sono i prati e gli alberi, gli animaletti, gli insetti e le formiche indaffarate. Starmene sola.

Solo una parola non posso sentire.

Nemmeno da lontano!

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La odio perchè mi vengono fatte troppe domande, i numeri, le parole e le voci mi si affollano dentro la testa. Quando, in classe, vedo la primavera che fiorisce mi è insopportabile starmene tra le pareti grigie.

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Le api, gli uccellini, e i gatti! Tutti lĂ fuori a divertirsi al sole di Marzo.

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A volte, però riesco a scappare.

“Ciao a tutti compagnucci, vado a farmi un bel giretto!”

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Ma i grandi spesso non capiscono. 13


Il primo giorno della quarta elementare

Questa mattina, che devo iniziare la quarta elementare, la nonna mi accompagna a scuola. “Così non te ne scappi in giro!” mi dice. Che noia! Se la nonna viene con me fino al portone, non potrò fare molte cose. 14


Oggi arriva il maestro nuovo. Sento un pizzicorino, voglio scappare. Al fiume, lungo la strada, ho visto ben tre rane. Ma qualcos’altro già cattura la mia attenzione. L’albero davanti alla scuola è diventato tutto giallo e rosso...

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“Mi raccomando maestro. Se c’è da dargliele, faccia pure. Olga è un diavolo.” dice la nonna. Ma non sento già più. Sto guardando le foglie secche e colorate che cadono dai rami facendo un bellissimo rumore. 17


Desidero solo stare qui fuori, a giocare sotto l’albero. “Vieni in classe, Olga, ti darò un foglio lunghissimo dove poter disegnare tutte le foglie del mondo, tutto quello che vuoi. Aiutami a fare spazio tra i banchi, mettiamoli in cerchio. Scegli il posto che preferisci” dice il maestro nuovo. 18


Sono contenta di aiutarlo e di trasformare l’aula grigia e senza colori in un bellissimo spazio dove disegnare. Non ho mai avuto amici, ma oggi dipingo assieme ai miei compagni il nostro paese, con le casette, le fattorie, le fabbriche, il lattaio, la scuola. Dipingo foglie e alberi, casa mia e i miei animali. Mi sembra quasi di stare fuori al sole tiepido dell’autunno.

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Nel paese dei melograni

“Questa mattina - dice il maestro - si parla dei frutti dell’autunno. Quali mangiate, bambini?” Ma io ho la mente fuori, al di là del muretto che circonda il giardino. Vedo dei frutti brillare nella nebbia... 20


Quasi quasi, vado a farmi una scorpacciata! “Maestro! Olga scappa!” gridano i compagni. Decidono di seguirmi, scavalcano la finestra e dicono: “Ma cosa fai Olga?” Io non penso a nulla, salgo sull’albero e gli lancio contro decine di melograni. I compagni piangono, sporchi e doloranti. “Scendi, malvagia Olga!”mi urlano. Voglio soltanto giocare, ma loro non capiscono.

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E che fa il maestro? Già immagino la punizione: invece, prende un libro e lo porta sotto l’albero di melograni, fra l’erba e le foglie secche. Il maestro seduto per terra! Mi fa davvero ridere. “C’era un paese dei melograni, solo di melograni...” Decido di scendere, e di sedermi tra i compagni per vedere le figure.“Da domani, faremo lezione fuori!”, Annuncia il maestro. “E quando pioverà, leggeremo dei bei libri con tante illustrazioni.” É davvero così, come tra queste pagine: i miei amati alberi perdono le foglie, fanno i frutti e nevica sui rami.

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L’anno prossimo io e i miei compagni pianteremo un albero di melograno nel cortile. E anche l’insalata, le zucchine, i peperoni, le melanzane e i pomodori. CosÏ potremmo prima annaffiarli e raccoglierli quando saranno pronti. 23


L’uccellino imprigionato

Oggi Umberto ha portato a scuola un uccellino chiuso dentro una scatola. Ăˆ Ăˆ bellissimo, con le piume grigie e rossastre tutte arruffate. Assieme al maestro decidiamo di metterlo in un armadio, ma sbatte le ali contro il vetro. Soffre: vuole volare via. 24


“Lo perderò per sempre! Voglio tenerlo qui con me!”, penso. I miei compagni decidono per alzata di mano di liberarlo. Gli danno un bacio mentre l’uccellino trema tra le mani del maestro. Piango tanto a vederlo sparire tra le nuvole. Mi manca così tanto che passo la mattina a immaginarlo e disegnarlo nel cielo, tra le nuvole. Ne escono dei disegni così belli, dicono tutti, che diventeranno la copertina del prossimo numero del nostro giornalino di classe.

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Un giorno a Milano Manca poco a Natale e il maestro ci accompagna a Milano con il treno. 27


E arrivata alla Stazione centrale.... Una sorpresa! Una scala? Mobile? Salgo e scendo una, due, tre volte! Quando mi accorgo di essere sola, è tardissimo I miei compagni sono andati via. Ma dove? La Libreria dei Ragazzi, aveva detto cosÏ il maestro! 28


“Scusi, la libreria per bambini?â€? Chiedo per la strada e tutti sono ben felici di aiutarmi. Mi sento una piccola avventuriera. La cittĂ mi sembra un bosco pieno di strani animali. 29


Il libraio e i compagni mi aspettano. “Che ragazzina in gamba! Arrivare qui da sola!�, esclama il libraio, un signore alto con gli occhiali. Mi invita a sedermi, ma io inizio a girare tra gli scaffali. Ci sono libri di tutti i tipi: libri coi buchi, lunghi, corti, colorati e anche senza figure. Che parlano di animali, alberi, insetti, frutta.

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“Sai, maestro, che ho un amico passero. L’ho chiamato Cipì.” “Domani potrai scrivere la sua storia e le sue avventure, se vorrai. La scriveremo assieme” mi dice il maestro. 31


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Questa storia è liberamente ispirata al metodo di insegnamento del maestro Mario Lodi, che negli anni ‘70, provò a rivoluzionare il metodo educativo e la didattica. Partendo dagli interessi del bambino, e nella convinzione che egli è protagonista e trasmettitore di una cultura popolare e sociale, ricreava in classe momenti di ascolto, dava spazio alla creatività e alla naturale curiosità del bambino verso la natura. L’esperimento diventava centrale, e spesso venivano portati in classe animali, insetti e piante da osservare attentamente. Fulcro dell’attività di Mario Lodi, e delle teorie pedagogiche che in quegli anni circolavano in Europa (grazie a Celèstinè Frenait), era la composizione di un giornalino di classe: grazie a questo strumento i bambini imparavano ad utilizzare la scrittura come mezzo per comunicare all’esterno della scuola e creava relazioni e scambi con altre scuole nel Paese. Inoltre, i bambini imparavano a tenere una piccola cassa dove venivano segnate le entrate (abbonamenti, mercatini, etc) e le uscite (carta, inchiostro, etc). L’alunno, insomma, sperimentava ogni attività con l’atto pratico e di interesse. Famose sono le discussioni sull’etica, sulla musica, sui fatti del paese. Due grandi libri raccolgono queste esperienze scolastiche: “C’è speranza se questo accade a Vho”, Einaudi, 1972, e “Il paese sbagliato”, Einaudi, 1970. I bambini col maestro scrivevano spesso testi liberi e collettivi: da qui sono nati “Cipì” pubblicato nel 1961 e tanti altri libri che raccontano l’esperienza didattica di Mario Lodi con i suoi ragazzi. L’obiettivo era quello di formare individui pensanti, liberi, critici, che potessero convivere democraticamente e che potessero creare una società nuova.

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Realizzato nell’inverno 2012/2013 a Bologna Tesi di laurea specialistica in Illustrazione per l’editoria Scritto e illustrato da Giulia Sambugaro Ringraziamenti: Luigi Raffaelli, Ilaria Tontardini, Salvatore, Giulia, Chiara, Federica. Tutti i diritti riservati ©


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