La percezione infantile delle immagini
“. . . Meditai a lungo sulle avventure della jungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno, il disegno numero uno. Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se erano spaventati dal disegno. Risposero: “E perchè dovrei essere spaventato da un cappello?” Il mio disegno non era un cappello. ”
“Affinchè vedessero chiaramente che cos’era. Disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele, le cose, ai grandi. Il mio disegno numero due si presentava così. Questa volta mi risposero di lasciare da parte il boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla storia, alla geografia, all’aritmetica e alla grammatica. ”
INDICE
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Stadi di sviluppo percettivo nel bambino secondo Piaget.
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La percezione visiva del bambino
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La percezione cromatica del bambino
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I disegni infantili
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Il boa che mangia l’elefante
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Conclusione: l’illustrazione come messaggio;breve analisi di un’immagine la gestalt applicata all’illustrazione.
“Che cos’è un libro illustrato?Quali sono le sue strutture, la sua sintassi, i suoi codici?Che lavoro fa un illustratore?Si può parlare di una Gestalt del rapporto tra testo e immagine? Comprendere i mezzi da utilizzare, i modi in cui potrà essere percepito il messaggio che voglio dare è per me importante. Questa ricerca nasce da questo bisogno che avverto: al fine di un raggiungere una comunicazione attenta, non distratta, consapevole della percezione che potrà avere chi guarda i miei disegni. ”
Gary Hill Remarks on color
Christian Boltanski Model Images
Introduzione sullo studio dello sviluppo percettivo del bambino La percezione è una forma dell’attività cognitiva che, attraverso gli organi di senso, permette di conscere e valutare la realtà circostante. Il processo percettivo consiste nel raccogliere tutte le fonti d’informazione che provengono dagli organi di senso, ognuno dei quali registra determinati elementi, caratteristiche dell’ambiente in cui ci si trova, e il compito dell’attività percettiva è proprio quello di rielaborarli e ricostruirli creando così una realtà fenomenica. Molte ricerche hanno dimostrato che non esiste una perfetta corrispondenza tra la realtà esterna oggettuale, così come è realmente, e la realtà fenomenica, cioè come l’individuo la percepisce;quindi ci possono essere delle discordanze tra questi due ambiti. Altre ricerche hanno inoltre posto la loro attenzione a mettere in rilievo le differenze che sussistono tra il processo percettivo dell’adulto e quello del bambino. Sin dall’inizio, nella vita intrauterina, il bambino percepisce i suoni provenienti fuori dalla pancia della
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madre, quindi la percezione delle figure è assai precoce e questo permette al bambino di orientare la propria posizione nello spazio, soprattutto nei primi mesi durante l’allattamento.
Stadi dello sviluppo percettivo del bambino secondo Piaget È ormai confermato il dato che lo sviluppo delle capacità intellettive avvenga secondo una successione di stadi fondamentali e che ogni cambiamento evolutivo sia implicito nelle condizioni precedenti della mente e prepari la condizione successiva. La più completa interpretazione della genesi dello sviluppo intellettivo si deve allo studioso svizzero Jean Piaget. Ed è proprio seguendo questo autore che esamineremo brevemente le tappe del processo di maturazione dell’intelligenza e, di conseguenza, le conquiste che questa permette all’essere umano. Jean Piaget (1896-1980) ha dimostrato sia che la differenza tra il pensiero del bambino e quello dell’adulto è di tipo qualitativo (il bambino non è un adulto in miniatura ma un individuo dotato di struttura propria) sia che il concetto di intelligenza (capacità cognitiva) è strettamente legato al concetto di “adattamento all’ambiente. Piaget ha scoperto che la conoscenza del bambino si basa sull’interazione pratica del soggetto con l’oggetto, nel senso che il soggetto influisce sull’oggetto e lo trasforma. La sua formazione strutturalistica gli ha permesso di superare i limiti sia della psicologia gestaltistica e associazionistica (Herbart), che considera l’oggetto indipendente dalle azioni del soggetto; sia delle moderne psicologie positivistiche, che vedono nei concetti il prodotto della percezione, escludendo che nella conoscenza sia vitale l’azione del soggetto sull’oggetto. Piaget distingue due processi che caratterizzano ogni adattamento: l’assimilazione e l’accomodamento, che si avvicendano durante l’età evolutiva.
assimilazione
si ha quando un organismo adopera qualcosa del suo ambiente per un’attività che fa già parte del suo repertorio e che non viene modificata. Questo processo predomina nella prima
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fase di sviluppo.
accomodamento. Prevale nella seconda fase.
allorché il bambino può svolgere un’osservazione attiva sull’ambiente tentando altresì di dominarlo. Le vecchie risposte si modificano al contatto con eventi ambientali mutevoli Anche l’imitazione è una forma di accomodamento, poiché il bambino modifica se stesso in relazione agli stimoli dell’ambiente. Un buon adattamento all’ambiente si realizza quando assimilazione e accomodamento sono ben integrati tra loro. Piaget ha suddiviso lo sviluppo cognitivo del bambino in cinque livelli (periodi o fasi), caratterizzando ogni periodo sulla base dell’apprendimento di modalità specifiche, ben definite. Ovviamente tali modalità, riferendosi a una “età evolutiva”, non sempre sono esclusive di una determinata fase.
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Fase senso-motoria. Dalla nascita ai due anni circa. Il bambino alla nascita non è in grado di riconoscere il mondo esterno da quello interno. L’”IO” bambino è al centro della realtà e, in quanto consapevole di sè stesso è incapace di compiere una separazione tra oggettività e soggetività della realtà esterna. Nei primi mesi il bimbo non concepisce nè percepisce le cose immerse nell’universo esterno come oggetti permanenti, non ha la concezione dell’oggetto. La percezione esterna è composta da immagini e suoni che scompaiono e appaiono senza una ragione obbiettiva. Le cose quindi non esistono lontane dal proprio campo precettivo, non c ‘e la ricerca attiva degli oggetti nè il tentativo di ritovarli. Tra i tre e i sei mesi il fanciullo comincia ad afferrare ciò che vede, coordina la percezione visiva con quella tattile. Egli reagisce inizialmente al movimento dell’oggetto seguendolo prima con gli occhi, poi con lo spostamento alterale della testa.
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Il bambino non percepisce il loro movimento indipendente dalla propria attività, continua a cercare nel punto in cui ha visto sparire l’oggetto. Tra i quattro e i sei mesi inizia ad esplorare il luogo in cui l’oggetto è sparito anche se lontano dal proprio campo visivo. Egli crede nell’oggetto anche quando è visibile solo in parte, ma una volta sparito dal suo campo percettivo, l’oggetto per lui smette di esistere. Dai cinque ai sette mesi, in realtà, il fanciullo è capace di allontanare un ostacolo che nasconde l’oggetto, ma è un’azione che si presenta sul soggetto e non sull’oggetto, quindi cerca di liberare la sua percezione. L’universo rimane ancora un susseguirsi di immagini che appaiono e scompaiono. Il bambino scopre le funzionalità della mano, strumenti con il quale poter afferrare gli oggetti, e quindi consapevole dell’intenzione. Il bambino scuote un oggetto, afferra e tira gli oggetti, ma non stabilisce nessuna relazione fra un detrminato gesto e la sua efficacia.
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tra l’ottavo e il decimo mese il bambino dirige la sua attenzione al mondo esterno, oltre che al proprio corpo. Ora cerca di afferrare, tirare, scuotere, muovere gli oggetti che stimolano la sua mano per vedere che rapporto c’è tra queste azioni e i risultati che derivano sull’ambiente. Ancora non sa perché le sue azioni provocano determinati effetti, ma capisce che i suoi sforzi sono efficaci quando cerca di ricreare taluni eventi piacevoli, visivi o sonori. Dall’ottavo al dodicesimo mese. Il bambino comincia a coordinare in sequenza due schemi d’azione In tal modo riesce a utilizzare mezzi idonei per il conseguimento di uno scopo specifico. Gradualmente si rende conto che gli oggetti sono indipendenti dalla sua attività percettiva o motoria. Dai 12 ai 18 mesi Il bambino, nel suo comportamento abituale, ricorre sempre più spesso a modalità diverse per ottenere effetti desiderati. Egli è in grado di scoprire la soluzione dei suoi problemi, procedendo per “prove ed errori”. Quindi esi-
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ste per lui la possibilità di modificare gli schemi che già possiede. Dai 18 mesi in poi. Il bambino è in grado di agire sulla realtà col pensiero. Può cioè immaginare gli effetti di azioni che si appresta a compiere, senza doverle mettere in pratica concretamente per osservarne gli effetti. Egli inoltre usa le parole non solo per accompagnare le azioni che sta compiendo (nominare o chiedere un oggetto presente), ma anche per descrivere cose non presenti e raccontare quello che ha visto-fatto qualche tempo prima. È in grado di imitare i comportamenti e le azioni di un modello, anche dopo che questo è uscito dal suo campo percettivo.
Fase pre-concettuale. Va da due a quattro anni. L’atteggiamento fondamentale del bambino è ancora di tipo egocentrico, in quanto non conosce alternative alla realtà che personalmente sperimenta. Questa visione unilaterale delle cose lo induce a credere che tutti la pensino come lui e che capiscano i
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suoi desideri-pensieri, senza che sia necessario fare sforzi per farsi capire. Il linguaggio diventa molto importante, perché il bambino impara ad associare alcune parole ad oggetti o azioni. Con il gioco occupa la maggior parte della giornata, perché per lui tutto è gioco: addirittura ripete in forma di gioco le azioni reali che sperimenta Non è in grado di distinguere tra una classe di oggetti e un unico oggetto. Non è neppure capace di relazionare i concetti di tempo, spazio, causa.
Fase del pensiero intuitivo. Da quattro a sette anni. Aumenta la partecipazione e la socializzazione nella vita di ogni giorno, in maniera creativa, autonoma, adeguata alle diverse circostanze. Tuttavia la sua capacità di riprodurre mentalmente un avvenimento avviene nell’unica direzione in cui l’avvenimento si è verificato. Non è capace di reversibilità.
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Molto importante in questa fase è lo studio psicologico dei disegni infantili.
Fase delle operazioni concrete. Da 7 a 11 anni. Il bambino è in grado di coordinare due azioni successive; di prendere coscienza che un’azione resta invariata, anche se ripetuta; di passare da una modalità di pensiero analogico a una di tipo induttivo; di giungere ad uno stesso punto di arrivo partendo da due vie diverse.
Fase delle operazioni formali. Da 11 a 14 anni. Il pre-adolescente acquisisce la capacità del ragionamento astratto, di tipo ipotetico-deduttivo. Può ora considerare delle ipotesi che possono essere o non essere vere e pensare cosa potrebbe accadere se fossero vere. Il mondo delle idee e delle astrazioni gli permette di realizzare un certo equilibrio fra assimilazione e accomodamento. Egli è in grado di comprendere il valore di certi oggetti e fenomeni, la
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relatività dei giudizi e dei punti di vista, la parità dei diritti, la distinzione e l’indipendenza relativa tra le idee e la persona. ; è altresì capace di eseguire attività di misurazione, operazioni mentali sui simboli (geometria, matematica. . . )
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Percezione visiva del bambino
Appena nati i bambini riescono a percepire le immagini come ombre (il colore dell'iride è ancora indefinito), ma già dopo 15 giorni riescono a mettere a fuoco a 20-30 cm dagli occhi (infatti la mamma è la prima persona che imparano a riconoscere visto che la vedono mentre li allatta), tuttavia non riconosce ancora i colori, ma distingue la luce dal buio. Non avendo ancora il pieno controllo dei muscoli oculari si stancano presto e talvolta possono sembrare strabici. Dopo 10-12 settimane distinguono il viso umano rispondendo a sorrisi, smorfie e movimenti delle labbra; seguono le immagini in movimento ruotando il capo e facendo convergere gli occhi se gli si avvicina un oggetto al viso. Tra il quarto e il sesto mese i bambini riescono a fissare un oggetto, seguendone il movimento e mettendo a fuoco le immagini fino a qualche metro di distanza, distinguendo chiaramente alcuni colori fondamentali quali il rosso, il verde e il blu. A sei mesi riescono già a controllare i muscoli oculari (quindi scompare l’eventuale strabismo) e sono attratti da oggetti di piccole dimensioni. A sette mesi vedono come una persona miope e a dieci acquistano il senso di profondità delle immagini. Tra uno e due anni raggiungono il pieno controllo dei muscoli oculari, riuscendo a mettere a fuoco gli oggetti a qualsiasi distanza. A due anni raggiungono i dieci decimi di acutezza visiva e le sue strutture oculari funzionano in modo completo.
Un metodo originale per esplorare il mondo visivo dei bambini è stao sperimentato da Fantz utilizzando la loro tendenza a dirigere lo sgruardo sugli oggetti che gli interessano. . I movimenti oculari vengono controllati e misurati: nel caso delle due figure qui accanto Fantz ha potuto notare che i bambini osservano più a lungo il disegno che raffigurare un volto umano. Sembra inoltre che il bambino preferisca gli oggetti sferici, anzichè la loro rappresentazione piana. Il disegno di un volto e un insieme di linee casuali che possono evocarne l’aspetto sono stati presentati ai bambini molto piccoli che hanno fissato più a lungo la figura che riproduce un volto umano.
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Il riconoscimento di sè A circa sei mesi il bambino riconosce le persone familiari e la loro immagine riflessa sullo specchio. Numerosi autori hanno studiato questo fenomeno. Fino ai 12 mesi la reazione del bambino di fronte allo specchio dietro il quale si trova il gemello sono simili. Il bambino cerca di toccare o raggiungere sia la propria immagine che quella dell’altro. -Non riconosce sè stesso e soprattutto è impossibiltato a concettualizzare lo spazio virtuale. dai 12 mesi in poi il bambini davanti allo specchio incomincia a riconoscere l’immagine, anche se non percepisce lo spazio virtuale: il che significa che ha già una precisa concezione del suo corpo ma non dell’idea di uno spazio a sè. Il riconoscimento di sè è un processo lungo che il bimbo raggiunge attorno ai 30 mesi quando raggiunge una consapevolezza di sè tale ta permettergli la comprensione dello spazio che ha attorno.
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la visione cromatica del bambino
Per quanto riguarda la percezione delle cromie, i bambini piccoli sono attratti dai colori vivaci, che vengono senz’altro preferiti a quelli neutri o tenui. Dai 5 ai 7 mesi infatti gli occhi di un bambino sono a metà del loro sviluppo e i colori vivaci aiutano a percepire e coordinare un oggetto in movimento;i giocattoli che vengono fatti utilizzare in questo periodo al bambino inffatti mantengono questa caratteristica. Le immagini nel bambino da questo periodo in poi verranno percepite in modo più nitido, con dei colori ben definiti: inoltre egli acquiscisce la capacità motoria di afferrare le cose ed “esplorarle”. Le competenze visive migliorano quando arriva per il bambino il momento di camminare: il suo punto di vista cambia, dalla posizione sdraiata il bimbo passa al movimento nello spazio: gattona, poi pian piano, muove i primi passi. La vista si sviluppa in funzione di questo e il bam-
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bino inzia a percepire le sfumature e i colori ad una più alta definizione. Una migliore concezione del colore arriverà però più tardi, cioè quando il bambino inzierà a dare un nome ai valori cromatici. La padronanza del bambino del linguaggio significa quindi una consapevolezza migliore riguardo a ciò che gli sta attorno. Tra i 3-4 anni quindi, cioè quando il bimbo possiede una padronanza nei confronti dei colori, si può parlare di preferenze: Il rosso diventa il colore legato alla spontaneità, all’impulsività, alla vivacità;viene percepito come un colore intenso, energico, quindi molto utilizzato nella scelta, per esempio, nei disegni infantili. Il verde e il marrone invece sono quelli ch ein questa fascia d’età rappresentano le scelte meno frequenti.
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Nei giocattoli per la prima infanzia i contrasti tra primari vengono largamente utilizzati, cosÏ come la scelta di utilizzare colori realistici per determinati e precisi oggetti, in modo che il bambino non venga disorientato nell’apprendimento del mondo di oggetti e fome che ha attorno a sè.
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I disegni infantili
Chi osserva le figure disegnate dei bambini non può che non rimanere stupito dalle strane figure ceflefiche umane, caratterizzate da un grande testone da cui si dipartono arti filiformi. Cercando di ricostruire le tappe attraverso cui passano i bambini quando cominciano a usare il pennarello o la matita in un foglio si notano all’inizio degli scarabocchi. Dal groviglio iniziale cominciano poi a prendere forma delle rappresentazioni grafiche che hanno un vero e proprio carattere simbolico: questo avviene dai 3 anni in poi, ossia quando i bambini raggiungono una maggiore percezione ed una rappresentazione mentale più complessa della realtà. Le prime forme riconoscibili che compaiono sono schematiche, cerchi, punti, line, delle invenzioni “gestaltiche” del bambino. Se prendiamo una forma irregolare, circolare, in cui il bambino mette due piccoli tondi per gli occhi e un tondo più grande per rappresentare la bocca, siamo di fornte
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all’esempio più significativo dell’inizio dell’attività simbolica. Non è una rappresentazine reale dell figura umana, , tuttavia indica una capacità di astrarre gli elemeti essenziali. In una sequenza piuttosto rapida le figure umane iniziano a differenziarsi, grazie alla maggiore complessità e all’arricchirsi dei particolari e dei dettagli. All’inizio è la verosimiglianza che interessa quindi e non la forma, o colori e le proprozioni: è in questa fase che la forma è il principale veicolo per rappresentazioni dotate di senso. Nel corso dell’infanzia i bambini preferiscono adottare la visione frontale degli oggetti disegnati. E quello che colpisce in questi disegni è il fatto che vengono colti gli aspetti categoriali, quasi astratti, che disegnano le figure stesse.
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Il senso e l’uso del colore nel disegno costituiscono un’altra tappa importante, in quanto viene a connotare il clima affettivo e lo stato d’animo di un personaggio o di una situazione;è comunque una scelta che viene presa una volta raggiunta la padronanza con le forme per abbellirle ulteriormente. I colori poi non saranno necessariamente realistici, in quanto suscitano un piacere stetico del tutto interiore.
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Un altro fattore molto importante all’interno della produzione artistica del bambino, è la “trasparenza”. Se un bambino si trova a disegnare un uomo in barca lo rappresenterà per esempio entrambe le gambe, nonostante siano in realtà coperte dalla fiancata della barca.
“Il bambino descrive l’uomo e le cose invece di riprodurle artisticamente. Lo fa nella loro complessione assoluta e non nella risultanza ottica. . . . Il fanciullo descrive artisticamente un oggetto descrivendolo a seconda della memoria più o men compiuta gli suggerisce, mentre disegna, le parti stesse dell’oggetto” Queste prime osservazioni di Ricci sulle caratteristiche e sul valore del disegno infantile anticiparono il daibattito teorico che si è sviluppato e l’intervento di protagonisti come Piaget e Arnahim.
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I disegni infantili secondo Piaget Critiche di Gardner e Freeman Secondo lo studioso, durante la prima fase il bambino farebbe uso dis imboli ancora poso differenziati che comporterebbero una comprensione distorta di sè e degli altri. Tipico sarebbe l’egoncentrismo cognitivo dei bambiniche finisce per interferire con la possibilità di riconoscere il punto di vista degli altri. Piaget ipotizza inoltre una stretta connessione col ragionamento spaziale-matematico: le carenza intelettuali della fase pre operatoria si rifletterebbero nei disegni. che in questa fase si basano su connessione/disconnessione, interno/esterno, su rapporti insomma tipologici. É nellla fase successiva, quella del realismo visivo che i disegni mettono in luce un attenzione maggiore verso il dettaglio, le forme, le proporzioni.
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Gardner critica il pensiero di Piaget mettendo in discussione il concetto di egoncentrismo infantile, in quanto si è dimostrato che i bambini di quattro o cinque anni sono in grado di considerare gli aspetti visivi di un oggetto secondo punti di vista diversi. Anche Freeman contribuisce alla discussione afferamndo che non sia carente la comprensione dei bambini quanto piuttosto la loro capacità di realizzazione tecnica. Egli propone un’importante distinzione tra raffigurazione centrata sull’ oggetto, ossia una rappresentazione dell’oggetto che ne illustra le sue principali caratteristiche; raffigurazione centrata sulla percezione visiva che valorizza le peculiarità percettive di chi disegna.
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Queste teorie vengono tutte messe in discussione dallo psicologo dell’arte Rudolf Arnheim, che applica le teorie della Gestalt allo studio dell’espressività artistica. Secondo la prospettiva di Arnhaim, la rappresentazione è intimamente connessa al dominio delle artie con una concezione dello sviluppo cognitivo che privilegia il pensiero visivo e le regole gestaltiche dell’organizzazione percettiva; gli artisti ricecano, sempre secondo il critico, piuttosto l’astrazione riproducendo alcune carrateristiche distintive in modo essenzialmente strutturale ed essenziale.
Osservando le prime fasi dellla rappresentazione pittorica durante l’infanzia si nota che compaiono inizialmente forme globali, cerchi e linne che raffigurano l’oggetto in modo generale.
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Linda, 8 anni
Ad esempio una linea indica la terra su cui stanno i personaggi
oppure una linea zig-zag può indicare le onde del mare.
I disegni dei bambini hanno un valore creativo proprio perchè sono in grado di inventare un vocabolario di forme grafiche siognificative, con una certa coerenza all’interno del sistema rappresentazionale. Prendiamo per esempio l’omino testone composto da un grande cerchio da cui siamo partiti: anche in questo disegnosi colgono le forme e le caratteristiche percettive che ne sugellano il carattere distintivo.
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Munari e Alberto Abbecedario per i quattro anni di Anna Boggeri
Il boa che mangia un elefante
Analizzata ora la percezione dal punto di vista fisico del bambino, visivo, psicologico e rappresentativo, passiamo ora a vedere come l’illustrazione, il cosidetto “libro con le figure”, giochi un ruolo importante per il mondo immaginario del bambino, a come riesce (oppure no)ad avvicinarsi. Come esempio di illustrazione interpreatativa del mondo di un bambino, ho scelto il libro di Antoine de Saint Exupery, in “Il piccolo Principe”. Le illustrazioni sono eseguite dall’autore, che all’interno della storia narrata compie un vero e proprio viaggio dentro di sè, in un dialogo con il bambino che è stato.
I disegni sono semplici, acquerellati, ma ciò che è interessante è il modo con cui l’autore ha desiderato entrare nel mondo dei piccoli che leggeranno il suo libro e in qualche
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modo far riflettere l’adulto che lo legge. L’illustrazione presa in considerazione raffigura ciò che a prima vista è un cappello. Non lo è, ma rappresenta secondo l’intento dell’autore un boa che digerisce un elefante. I grandi non si sforzano di immaginare che quella forma possa effetivamente essere ciò che il bambino indica;così egli rifà il disegno in modo che lo schema appaia chiaro, semplice, strutturale. Disegna come se disponesse dei raggi x l’elefante tutto intero dentro alla pancia del serpente.
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Questo tipo di rappresentazione è assai comune nellla pratica del disegno del bambino e a mio avviso l’autore ha utilizzato in questo libro un modo di comunicare molto vicino a quello del bambino. Arnhaim cita i questo ambito E. A. Abott, che nel romanzo Flatland. Un paese completamente bidimensionale, dove le pareti dell case sono dei contorni di figure piane: ma questi servono benissimo allo scopo, perchè non c’è, in uno spazio ad una sola dimensione. modo di penetrare oltre un contorno chiuso. Gli abitanti sono forme geometriche, e i loro corpi sono delimitati da una semplice linea in maniera del tutto soddisfacente. Per i cittadioni di Flatland le loro case non sono ne chiuse nè aperte sopra per il semplice fatto che non esiste questa terza dimensione e i loro intestini sono resi invisibili e intoccabili dalla linea che li racchiude.
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Coloro che asseriscono che i bambini disegnano case aperte e stomaci visti attraverso i raggi x non si rendono conto alla logica ammirevole con cui il bambino adatta le sue figurazioni. Il disegno della casa non è nè la veduta trasparente della facciata, nè la casa vista in sezione: è l’equivalente bidimensionale di una casa, e solo una breccia nel contorno potrebbe suggerire un’apertura. Inoltre, le unità bidimensionali dei disegni sono, a seconda delle necessità, degli equivalentidei solidi e contemporaneamente gli aspetti bidimensionali della superficie estrna degli oggetti o entrambe le cose. É proprio questa ambiguità che questo metodo viene via via abbandonato dai bambini occidentali. Uno studio sperimentale è stato fatto da Clark per far capire al meglio questo processo:
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A bambini di età diverse venne fatta copiare una mela con uno spillone di capelli infilato orrizzontalmente e messo in posizione obliqua ripspetto all ’ osservatore. I bambini più piccoli la rappresentarono così:
Questo è logico, in quanto lo spillone attraversa senza interruzione l’interno del cerchio. Nel secondo stadio il bambino indica che lo una parte dello spillone è nascosta in quanto sta dentro alla mela. Ma il controno del cerchio sta ancora ad indicare l’intera superficie della mela.
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Al quarto stadio il contorno è diventato la linea dell’orrizzonte e l’area del cerchio è la faccia della mela rivolta verso chi guarda.
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L’illustrazione presa in considerazione ricalca quindi benissimo il modo di rappresentare le forme e lo spazio tipico del mondo infantile. I colori poi sono semplici, non troppo diretti. In questa immagine noi però cadiamo anche nelle trappola della percezione : ciò che noi vediamo potrebbe essere un cappello, o un lumacone senza guscio. Ciò che scopriamo in seguito ci sorprende per il ragionamento che tiene in piedi l’immagine: se un boa riesce a ingurgitare tutto e passa delle settimane a digerirlo, perchè non potrebbe mangiare un elefante? Questa immagine presuppone un dato discorso : evidentemente noi prendiamo una decisione visiva in base alle nostre esperienze passate; se abbiamo avuto l’esperienza di un cappello, probabilmente ci sembrerà un cappello, se abbiamo avuto l’esperienza di un elefante pro-
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babilmente risponderremo elefante. Non tutti però potrebbero davvero scorgervi un elefante: l’apparire fenomenico dell’immagine produce una forma di oggetto ambiguo che risulta a fatica decifrabile. Una volta scoperto il gioco, però non potremmo più affermare il contrario: ecco che subentra l’immaginazione, che ci aiuta a carpire il significato del disegno. A mio avviso questa è la peculiarità che dovrebbe avere un’illustrazione: la dimensione del gioco, della curiosità, della molteplicità dei punti di vista davanti ad un’immagine. Stimolare il bambino a trovare diversi significati, dargli la possibilità di scegliere e di immaginare una cosa che non avrebbe mai pensato.
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Le illustrazioni presenti nel libro continuano questo gioco, puntando all’immaginazione e a disegni semplici, essenziali, ma ricchi di significato. Ecco che allora una scatola potrà apparire diversamente che una semplice scatola con i buchi, perchè essa contiene uno spazio virtuale, immaginario, fantasioso dove una pecora vi si è addormentata in un angolo.
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E questo può apparire il piÚ bel paesaggio del mondo.
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esempio di analisi: la gestalt nell’illustrazione
Ma prendiamo ora in analisi le illustrazioni di Carl Cneutt nel libro “Greta la matta” per meglio capire come un’immagine può essere costruita tenendo conto dei canoni e degli effetti percettivi che produrrà nella mente del bambino, o di chiunque guardi. Nella figura, una bambina butta giù dalla torre una coppia di uomini. Dalla torre arancione, già in bilico, le figure cadono con un’accelerazione cha va via via ingrandendosi. Come si cre ain un’immagine statica l’effetto del movimento? successione di immagini simili, con differenze lievi di forma e misura; l’effetto righe, l’alternanza cioè dei colori, dei chiari e degli scuri(sopratutto se le righe non sono uguali tra loro) L’occhio viene attratto dalle righe di colore più scuro e un’alternanza spinge l’occhio a cercare un punto di equilibrio.
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la direzione delle linee: una linea oblique ci comunica una forza dinamica;questa forza si fa via via piÚ calma man mano che la linea torna nello stato di riposo, cioè in posizione verticale o orizzontale. Il nostro occhio interpreta le linne oblique come intenzionate a ritornare nello stato di riposo, dunque in movimento. Una linea verticale ha una tensione comunque piÚ forte rispett ad una linea orrizzontale, la stessa cosa accade per le linee che discendono da questa.
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In queste tavole quindi l’effetto movimento è dato dalla stessa forma che si ripete quasi identica e dalla ripetizione dei colori, rosso con rosso, grigio del costume di Greta con grigio dei pantaloni dell’uomo più in basso, arancione della torre con arancione della mglia, spezzata d acolori più chiari. Infine le forme creano una caduta di linee oblique che partendo dalla torre, curvandosi poi nel corpicino della bambina, vanno discendendo verso destra. Queste tecniche le ritroviamo anche in numerose opere del 1500, in cui il contarsto tra le linne oblique e quelle a “riposo” donano forza e movimento alla scena.
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conclusioni: l’illustrazione come messaggio
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L’illustrazione ha quindi un ruolo ben definito all’interno dell’immaginario del bambino. Dalla fine dell’800 infatti vi è stata una sempre maggiore crescita e attenzione verso questo mondo: i primi libri illustrati avevano immagini in bianco e nero, a volte incise, con disegnia volte molto dettagliati. Le storie per bambini avevano spesso come protagonisti gli animali, che venivano personificati tramite vestiti e acessori. Il romanzo di A. A Milne, edito nei primi del ‘900 è di sicuro uno degli esempi di una nuova attenzione verso il mondo immaginario del bimbo: lo scrittore infatti immagina all’interno del romanzo le fantastiche avventure che il figlio Cristopher vive assieme ai suoi pupazzi: l’orso Edoardo, Porcellito, l’asino Isaia, il Gufo saggio, per poi narrarle al figlioletto e trovare così un modo di comunicare con il pianeta dell’infanzia.
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A mio parere, l’incontro tra l’immagine e il bambino richiede un approcio maturo e una scelta che debbono essere educati. Le illustrazioni in circolazione non sempre eccellono per qualità grafica e contenutistica.
“. . . Modellini omologanti, che riproducono lo stesso messaggio narrativo, poco impegnativo sia negli sviluppi della trama sia nei caratteri dei personaggi e degli ambienti e delle problematiche” (Tassoni) I bambini appaiono tra i soggetti più esposti di fronte a prodotti di poca scarsità, visto che essi sono spesso orientati all ’ acquisto non tanto sulla base del gusto, della curiosità o di interessi personali, quanto piuttosto sotto l’influenza dei prodotti proposti con martellante persistenza dall’editoria e dai mezzi di informazione con cui entrano in relazione. In modo sempre più diffuso anche l’illustrazione ripropone i personaggi di differenti serie televisive e non risultano costruite con fotogrammi di cartoni animati in cui viene inserita la didascalia. Il bambino si trova così oggetto di messaggi concentrici che provengono da canali diversi ma che hanno in comune il considerarlo consumatore prezioso a poco esigente.
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Munari ha lavorato molto per una comunicazione effettiva con il bambino, pensando attentamente e progettando oggetti, libri, giocattoli che potessero educare e divertire il bambino;puntando nella meraviglia, nello stupore, nella curiosità e nello stimolo creativo della mente.La base di tutto il suo lavoro è la semplicità .
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Conservare l’infanzia dentro di sè per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare
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Bibliografia “Occhio e cervello” di R. L. Gregory
“L’arte e la percezione visiva” di Rudolf Arnaim
“Educare con l’arte” di Herbert Read
“Apprendimento e tecnologie nella scuola base” di Bianca Maria Varisco e Valentina Grion
“Les Enfants terribles-Il linguaggio dell’infanzia nell’arte. ” “Andar per segni. Percorsi di educazione ai media” di Laura Messina
“Il piccolo principe”
di Antoine De Saint-Exupery
“Greta la matta” di Carl Cneutt
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