7 minute read
Aspetti umani
CAPITOLO 1.3 ASPETTI UMANI
La sempre maggiore popolarità acquisita dalle rappresentazioni 3D non è riconducibile a motivi puramente estetici, ma anche al loro ruolo di supporto alla comunicazione. Infatti, nell’ambito della cartografia è stato più volte constatato come i prodotti cartografici 3D forniscano una comprensione più intuitiva dello spazio geografico (Buckler, 1988; Preppernau & Jenny, 2015; Carrera et al, 2017). Questi prodotti, comunque, presentano alcuni svantaggi come la distorsione, l’occlusione e la mancanza di una scala unica. In questo capitolo verranno affrontati (i) i temi della comunicazione e percezione degli oggetti spaziali e (ii) i metodi di visualizzazione.
Advertisement
1.3.1
Comunicazione e percezione degli oggetti spaziali
La percezione delle informazioni e la costruzione della conoscenza sono processi individuali che si formano attraverso l’interesse personale, la motivazione, l’esperienza e la conoscenza preesistente dell’utente (Jobst & Germanchis, 2007). L’interesse esplicito della mappa come forma di comunicazione ha cambiato radicalmente la cartografia. La scienza cartografica è passata dall’occuparsi delle tecniche per la realizzazione delle mappe allo studio della comunicazione delle informazioni attraverso l’uso delle mappe stesse.
La ricerca riguardo la comunicazione cartografica ha avuto due fasi principali: (i) dagli anni ‘50 ha adoperato i metodi di ricerca della psicofisica per studiare il rapporto stimolo-risposta degli individui ed (ii) a fine anni ‘70 si è sviluppata la ricerca verso la psicologia cognitiva esaminando come le mappe vengono elaborate e ricordate (Peterson, 1994). Secondo la teoria sviluppata dallo psicologo Ulric Neisser (1978) la percezione ed i processi di sequenziamento dell’acquisizione della conoscenza possono essere descritti come un “ciclo della percezione”. L’idea si basa sull’assunzione che la percezione e la cognizione siano processi in continuo svolgimento. Per questo motivo l’azione del guardare, per esempio, deve implicare l’anticipazione dell’informazione, oltre che al suo recepimento. Le strutture personali che determinano, insieme alle informazioni effettivamente disponibili nell’ambiente, le informazioni anticipate e quindi ciò che si osserva sono identificate come “schemi”. Questi schemi anticipatori sono strutture mutevoli che indirizzano l’osservazione verso le informazioni che ci aspettiamo di trovare.
Su queste basi Neisser afferma che la percezione è un processo costruttivo ciclico dove l’osservatore: (i) prevede il tipo di informazione che sarà disponibile e si prepara ad accettarla, (ii) esplora attivamente, con la vista e con il tatto, in modo da ottenere più informazioni, (iii) utilizza queste ultime per modificare lo schema originale e (iv) sulla base del nuovo schema si prepara per acquisire ulteriori informazioni. Le esperienze e le interazioni influenza-
no quindi la conoscenza, andandola a modificare, aggiornare ed impiegare a seconda delle situazioni. Il ciclo della percezione implica il fatto che l’utente abbia una base di conoscenze che gli permetta di poter imparare e comprendere in modo efficace.
In cartografia la costruzione della conoscenza iniziale dalla quale può partire la cognizione è la legenda, attraverso la quale i simboli della mappa sono spiegati attraverso l’ausilio del testo o di elementi grafici (Buziek, 2000). Altri tipi di accorgimenti possono supportare l’acquisizione delle conoscenze, come l’uso di codifiche rappresentative che rimandano alle caratteristiche reali degli elementi cartografati (Jobst & Germanchis, 2007; Tyner, 2010; Peterson, 2014). Per esempio, l’uso di tonalità del blu per rappresentare la classe di oggetti “corpi d’acqua” aiuta il fruitore a comprendere la presenza di un elemento idrico, andando ad automatizzare il processo cognitivo. La differenza di tempo tra la percezione e la cognizione è indice del sovraccarico di informazioni. Nella situazione in cui sono disponibili troppi input sensoriali che non possono essere elaborati prima dell’arrivo dell’input sensoriale successivo il cervello lascia le informazioni non elaborate (Jobst & Germanchis, 2007).
Le persone sono naturalmente portate al pensiero spaziale e tendono quindi a codificare in modo spontaneo la disposizione e le proprietà dello spazio geografico (Kaiser, 1991). Il cervello umano interpreta le informazioni sulle relazioni spaziali dell’ambiente attraverso i “sensori” visivi, acustici e tattili. Tra questi gli input visivi sono i più importanti in questo processo (Buchroithner et al, 2000). Gli individui creano quindi nella loro testa delle immagini mentali che sono delle rappresentazioni generalizzate, proprio come le mappe (Peterson, 1994).
Il linguaggio cartografico è, per svariati motivi, il mezzo più efficace per comunicare la conoscenza spaziale (Turnbull, 1996). Tuttavia, qualsiasi rappresentazione 2D, sia dinamica1 che statica, di un oggetto 3D è intrinsecamente ambigua. Il fruitore è infatti costretto a strutturare delle ipotesi per recuperare le relazioni 3D da un’immagine 2D (Proffitt & Kaiser, 1991). Per superare questa ambiguità nel tempo gli artisti hanno sviluppato delle convenzioni pittoriche definite come spunti di profondità pittorica. Tuttavia, l’uso di questi spunti (es. ombreggiatura e occlusione) permettono solamente di diminuire l’ambiguità poichè la sola rotazione può portare alla definizione della struttura 3D di un oggetto in modo univoco (Proffitt & Kaiser, 1991).
La tipologia di rappresentazione oggetto di studio del presente testo è la riproduzione cartografica 3D su supporto 2D, sia che esso sia analogico o digitale. In questo tipo di visualizzazione lungo una qualsiasi linea di vista è visibile un solo oggetto (Russell & Miles, 1991) e la struttura della scena originale si può solo dedurre in maniera approssimativa. Nel linguaggio comune il termine “3D” viene usato in una moltitudine di contesti e con diversi significati. Knust & Buchroithner (2014) distinguono due macroaree: (i) per indicare la modellazione della scena e (ii) per riferirsi alle tecniche di visualizzazione e percezione. Il 3D nel contesto della modellazione può quindi essere indipendente dal contesto della percezione. Per esempio, una scena modellata con l’ausilio di un software 3D non implica che questa scena sia
1 Nelle rappresentazioni 2D dinamiche il tempo può sostituire la dimensione spaziale persa.
destinata alla percezione stereoscopica2. Infatti, la vista della suddetta scena su uno schermo viene percepita come piatta.
Le tecniche di visualizzazione 3D sono diverse3 ed a seconda di quella scelta, varia il tipo di percezione del modello 3D. Queste tecniche di visualizzazione si dividono in due gruppi: true- 3 e pseudo- 3. Se il modello viene visualizzato in modo da permettere una percezione tridimensionale, non solo grazie alla prospettiva, si parla di true- 3. Questo tipo di visualizzazione consiste spesso in due o più immagini che mostrano la scena da angolazioni diverse per creare un effetto 3D. Il secondo gruppo di visualizzazioni 3D sono le pseudo- 3. Tali rappresentazioni spaziali vengono visualizzate su supporti piani digitali (es. lo schermo di un monitor) o analogici (es. un foglio di carta). L’osservatore riceve quindi un’impressione di tridimensionalità grazie alla prospettiva ed agli spunti di profondità (es. le viste di Heinrich C. Berann). Gli oggetti 3D vengono pertanto rappresentati in immagini con tridimensionalità simulata, anche identificate come 2.5D. L’uso di metodi di visualizzazione pseudo- 3 (o 2.5D) è presente anche nella maggior parte degli elaborati cartografici tradizionali. Per permettere l’ottimizzazione della percezione del rilievo, infatti, i cartografi usano diversi metodi di rappresentazione4 basati sull’uso degli spunti di profondità (es. hill-shading e hachure).
Le visualizzazioni 3D possono essere degli strumenti utili per trasmettere le informazioni correlate allo spazio geografico per una molteplicità di fattori come: (i) facilità nella comprensione e (ii) stimolazione dell’interesse e dell’attenzione. Per rafforzare la trasmissione della conoscenza spaziale si usano disegni metaforici come le mappe. Da un punto di vista percettivo e cognitivo i prodotti cartografici 3D possono essere visti come elementi di connessione tra l’astrazione della cartografia tradizionale 2D e la realtà. L’astrazione 2D fornisce una maggiore precisione geometrica, ma procura anche meno supporto alla cognizione spaziale rispetto alla rappresentazione 3D (Buckler, 1988; Preppernau & Jenny, 2015; Carrera et al, 2017).
L’idea di base delle tecniche 3D User-Centered 3esign5 (UOD) è quella di fornire all’utente una rappresentazione maggiormente realistica, in modo che possa essere percepita come una specie di “scena del mondo reale” (Buchroithner et al, 2000). Il passaggio da una visualizzazione 3D del mondo reale ad una visualizzazione 3D virtuale è infatti relativamente piccolo rispetto al passaggio verso una rappresentazione 2D schematica. Inoltre, il livello di modificazione dello schema mentale di partenza, e quindi il livello di apprendimento, è dato in prima istanza dall’attenzione posta dall’osservatore nel visualizzare la scena. L’attrattività
2 La stereoscopia è una sensazione psicologica umana (come i colori) che ci permette di elaborare due immagini leggermente diverse in modo da farle percepire come un’unica immagine 3D. 3 Vedi Knust & Buchroithner (2014) per una classificazione esaustiva. 4 Vedi Imhof (1982) per una spiegazione approfondita dei metodi di rappresentazione cartografica del rilievo. 5 Termine coniato dallo psicologo cognitivo Donald Norman, negli anni ‘80, e successivamente diventato ampiamente usato dopo la pubblicazione del libro User-Centered System Design: New Perspectives on Human-Computer Interaction (Norman & Draper, 1986). L’User-Centered Design è un termine che descrive una filosofia, e una serie di metodi di progettazione, dove i bisogni, i desideri e i limiti degli utenti finali influenzano la progettazione del prodotto.
di quest’ultima determina, insieme ad una serie di altre variabili, il grado di attenzione (Grusec, 1992). Alcuni studi hanno dimostrato come le mappe 3D attraggono più osservatori e per più tempo rispetto alle rappresentazioni tradizionali (Häberling, 1999; Schobesberger & Patterson, 2007; Slocum et al, 2013). Questo risultato può essere letto, alla luce di quanto esplicitato precedentemente, come una maggiore capacità, da parte degli elaborati 3D, di trasmettere informazioni geografiche agli utenti.