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Esperienze significative e ambiti di applicazione
CAPITOLO 1.2 ESPERIENZE SIGNIFICATIVE E AMBITI DI APPLICAZIONE
La rappresentazione prospettica del territorio, modalità maggiormente diffusa fino al XVIII secolo, è stata oggetto negli ultimi decenni di una riscoperta che può sembrare anacronistica. Tuttavia, alla base di questa tendenza vi si trova lo sviluppo informatico e tecnologico che ha permesso la realizzazione della cartografia 3D. Altro elemento fondamentale di questo rinnovato interesse è individuabile nello sviluppo del settore turistico.
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Nel presente capitolo si andrà a ripercorrere l’evoluzione storica della rappresentazione obliqua - sia a volo d’uccello sia panoramica - dello spazio geografico e, nel fare questo, si cercherà di mettere in risalto il rapporto tra gli elaborati cartografici 3D e il loro fine sociale, economico e politico.
1.2.1
Viste a volo d’uccello - evoluzione storica
Le viste a volo d’uccello forniscono una visione più ampia del contesto urbano rispetto ad una mappa tradizionale, andando a soffermandosi più sull’aspetto artistico (es. vista prospettica degli edifici, delle persone e del paesaggio) che su quello tecnico (es. mancanza della scala) (Popescu & Ştefan-Gorîn, 2016). Tali rappresentazioni solitamente mostrano in modo idealizzato le città, presentandole sotto una luce positiva. Dal ‘500 la vista a volo d’uccello, grazie alla sua facilità di comprensione rispetto alle mappe tradizionali, risulta la tipologia iconografica prediletta per la rappresentazione degli spazi urbani (Stroffolino, 2012).
In età medievale le cronache acquisiscono un particolare rilievo e in queste si trovano molto spesso illustrazioni di vedute delle città. Alcuni esempi possono essere (i) il Fasciculus temporum, l’opera di Werner Rolewinck realizzata nel 1480, dove è visibile la città di Cologne (Figura 1.2.1) e (ii) la vista di Roma disegnata da Jacopo Filippo Foresti all’interno di Supplementum chronicarum, pubblicato nel 1483 (Figura 1.2.2) (Schulz, 1978; Cabezos-Bernal & Cisneros-Vivó, 2015). Le prime rappresentazioni di questo tipo non sono realistiche ma schematizzate; tendono ad enfatizzare gli elementi più rappresentativi delle città medievali, come la cinta muraria circolare e gli edifici simbolo (es. chiese e palazzi civici), mentre gli altri prospetti sono generici (Nuti, 2010). Juergen Schulz (1978) chiama queste rappresentazioni “geografie moralizzate” per indicare il predominio, in esse, dell’interpretazione sull’informazione; il paesaggio urbano sottolinea la ricchezza ed il potere della città, le informazioni topografiche passano in secondo piano.
La prima vista di città che comunemente viene considerata “moderna” è la Veduta della Catena di Firenze realizzata da Francesco Rosselli, tra il 1471 e il 1482 circa (Figura 1.2.3). L’opera è il primo tentativo di fondere l’osservazione diretta, il sistema prospettico e il con-
Figura 1.2.1: Anonimo, Vista di Colonia. In Werner Rolevinck, Fasciculus temporum, Colonia, 1480. Fonte: commons.wikimedia.org
Figura 1.2.2: Jacopo Filippo Foresti, La città di Roma. In Jacopo Filippo Foresti, Supplementum chronicarum, Venezia, 1483. Fonte: freakonometrics.hypotheses.org
Figura 1.2.3: Francesco Rosselli, Veduta della Catena, ca. 1471-82
Figura 1.2.4: Jacopo de’ Barbari, Venetie MD, 1500
trollo del corretto rapporto spaziale tra i punti di riferimento noti (Nuti, 1994). La vista, presa da un punto elevato e distante rispetto alla città, crea un campo spaziale continuo che permette di ospitare non solo gli edifici, ma anche le piazze e persino il tracciato delle strade in costruzione (Friedman, 2001). In questa opera Rosselli ha realizzato una serie di deformazioni in modo da: enfatizzare gli allineamenti degli edifici chiave, mostrare alcune facciate altrimenti non visibili e far apparire la città come un organismo geometricamente controllato (Nuti, 1994; Friedman, 2001; Nuti, 2010).
Pochi anni dopo viene realizzata un’altra opera, fondamentale nella storia della rappresentazione obliqua della città: Venetie M3, realizzata da Jacopo de’ Barbari (Figura 1.2.4) (Nuti, 2010). L’opera, volta a sottolineare la ricchezza ed il potere di Venezia, ha una differenza sostanziale nell’impostazione del metodo di rappresentazione. Infatti, l’autore nella realizzazione applica una tecnica, spiegata da Piero della Francesca nel trattato 3e perspectiia pingendi, che permette di arrivare alla vista prospettica combinando la pianta e la sezione. In questo modo de’ Barbari riesce a riprodurre una vista della città nella sua totalità con l’ausilio di un punto di vista più alto di quello a cui gli esseri umani potevano in quel momento aspirare (Nuti, 1994). Nel 1500, secondo Lucia Nuti (2010), la ricerca di un moderno sistema di rappresentazione della città può considerarsi compiuta, con lo sviluppo della “pianta prospettica”. Tale tecnica si diffuse in tutta Europa e la produzione di queste viste prese piede nella seconda metà del ‘500. Un esempio può essere quello dell’artista fiammingo Anton van den Wyngaerde che, investito dall’incarico di Filippo II, disegna le viste di 62 città spagnole tra il 1562 e il 1570 (Figura 1.2.5) (Haverkamp-Begemann, 1969). Per le opere commissionate dal Re di Spagna, sovrano mosso dall’idea che il controllo visivo fosse importante quanto quello metrico per avere una documentazione sistematica del paese, l’artista usa una tecnica simile a quella sviluppata in Italia. Si notano però dei miglioramenti rispetto agli esempi precedenti, individuabili nella qualità dei dettagli e nel grado di realismo. Tuttavia, nonostante l’attento studio delle città rappresentate, l’autore, continua a idealizzare lo spazio urbano enfatizzandone la simmetria degli assi e della forma (Cabezos-Bernal & Cisneros-Vivó, 2015).
Durante il XVII secolo questi tipi di viste sono continuate ad essere prodotte, principal-
Figura 1.2.5: Anton van den Wyngaerde, Vista di Valencia, 1563
mente per scopi militari ed amministrativi. La diffusione di strumenti, come la camera ottica e il pantografo, permettono una maggiore fedeltà delle rappresentazioni prospettiche e le vedute acquisiscono un carattere di oggettività (Micalizzi, 2011).
Nel XVIII secolo si assiste al passaggio dalle vedute prospettiche alle vedute verticali, che può essere spiegata con la diffusione dei principi dell’illuminismo, dove la visione imprecisa e non oggettiva è soppiantata dalla visione accurata e oggettiva delle mappe tradizionali (Evans, 2011).
Le vedute a volo d’uccello restano tuttavia visivamente più interessanti e riescono ad evidenziare maggiormente l’aspetto ed il carattere dell’insediamento (Hodgkiss, 1973). Per questo motivo, le viste oblique, nel XIX secolo vengono impiegate come mezzi per rafforzare l’orgoglio civico e le ambizioni future; le viste delle città dall’alto diventano ancora più realistiche ed enfatizzano la dinamicità dello spazio urbano attraverso la raffigurazione di pedoni e veicoli. Queste vedute restano ideologiche, come le precedenti, ma piuttosto che esaltare il carattere unico di ogni città (es. attraverso l’enfatizzazione degli edifici simbolo) esaltano la modernità e la superiorità della cultura urbana contemporanea (Corboz, 1994).
Alfred Guesdon, architetto, incisore e litografo francese, è uno degli artisti più importanti di questa nuova corrente di rappresentazioni oblique della città. L’autore pone molta attenzione alla scelta dei punti di vista, in modo da mettere in risalto gli immobili industriali e rappresentativi della contemporaneità. L’uso di una prospettiva ad un orizzonte molto alto permette di raffigurare, oltre alla trama stradale e la tessitura dell’edificato, l’interno degli isolati (Orefice, 2011). Guesdon rappresenta le maggiori città della Francia, Italia, Spagna e Svizzera, enfatizzandone l’aspetto innovativo e dinamico attraverso la vista di grandi centri industriali e di mezzi di trasporto moderni, come le barche a vapore ed i treni. Un esempio si può trovare nella vista di Barcellona dove la stazione ed il porto dominano la scena mentre la città fa da sfondo (Figura 1.2.6).
Tra il tardo XIX e l’inizio del XX secolo, si assiste all’età d’oro delle viste a volo d’uccello negli Stati Uniti ed in Canada (Patterson, 2005). La crescita urbana che ha investito gli
Figura 1.2.6: Alfred Guesdon, Vista di Barcellona. In Alfred Guesdon, L Espagne a Vol D´Oiseau, Parigi, 1854
Figura 1.2.7: Henry Wellge, Vista di Norfolk, 1892
USA a seguito dell’industrializzazione ha dato un senso di vitalità e di orgoglio civico, che veniva comunicato anche attraverso le viste oblique delle città. Inoltre, le viste prospettiche sono state usate anche per promuovere la vendita di immobili, raffigurando le aree pianificate. La vista prodotta nel 1892 da Henry Wellge, commissionata della Pollard Brothers Real Estate, per esempio, rappresenta i nuovi cantieri a Norfolk, Virginia (Figura 1.2.7) (Library of Congress, 2012).
Tra il 1825 ed il 1925 si stima che siano state create circa 5 000 viste a volo d’uccello rappresentati quasi 2 400 città degli Stati Uniti e del Canada (Patton et al, 2015; Hornsby, 2017). Gli autori più prolifici, e di successo, di questa corrente furono Thaddeus Mortimer Fowler, creatore di più di 400 viste, e Albert Ruger che realizzò 60 viste solamente nel 1869 (Hébert & Dempsey, 1984). Questi autori, per realizzare le viste a volo d’uccello, svolgevano un lavoro particolarmente dettagliato che si articolava in: (i) costruzione di una griglia prospettica per illustrare la maglia stradale, (ii) camminare nella città e disegnare le facciate degli edifici, gli alberi e altri elementi da rappresentare come se fossero visti da un’altezza di 600 - 900 metri
e (iii) redazione della vista finale in laboratorio, dettagliando gli schizzi ottenuti sul campo (Library of Congress, 2012). Il crollo di Wall Street nel ‘29 e la successiva Grande depressione ha portato ad un calo della produzione industriale e, di conseguenza, anche delle vedute a volo d’uccello. Nel dopoguerra Hermann Bollmann, artista e cartografo tedesco, realizza a intervalli regolari delle viste prospettiche rappresentanti le città tedesche con lo scopo di documentarne la ricostruzione. Mentre questi disegni sono realizzati interamente a mano libera e senza l’ausilio di una prospettiva reale, negli anni ‘60 l’autore elaborò un nuovo metodo per produrre tali elaborati. La tecnica di Bollmann si basa sull’acquisizione di numerose foto sia dal piano stradale, con obiettivo grandangolare, sia aeree, con l’ausilio di camere speciali montate su un aeromobile leggero. In questo modo l’autore riusciva a produrre le sue viste oblique con notevole velocità. Il suo lavoro più conosciuto è la vista del centro di Manhattan realizzata nel 1962, in soli otto mesi, per l’Esposizione Universale di New York del 1964 (Figura 1.2.8). La realizzazione del disegno ha comportato la presa di 17 000 foto aeree e 50 000 foto dal suolo; queste ultime, secondo Bollmann, decisive per la qualità della rappresentazione. Successivamente gli scatti vengono usati come base per il disegno (Hodgkiss, 1973). Dato che la vista di Manhattan è stata realizzata con lo scopo di servire da guida per i visitatori dell’Esposizione Universale, l’angolo di presa è elevato (circa 60°), in modo da mostrare chiaramente la maglia stradale e l’altezza degli edifici esagerata (di circa la metà), in modo da mostrare meglio le facciate ed enfatizzare l’imponenza dei grattacieli. Un’organizzazione che ha una solida storia nella creazione e nell’utilizzo delle viste a volo d’uccello è il National Park Service (NPS) degli Stati Uniti. Il NPS usa questo tipo di rappresentazione per ritrarre i siti dei parchi dove gli edifici ed altri elementi antropici sono prevalenti, con lo scopo di promuovere il patrimonio culturale e storico. Dalla sua fondazione, nel 1970, la Harpers Ferry Center (HFC) - struttura responsabile della realizzazione di mezzi di comunicazione interessanti ed affascinanti per migliorare l’esperienza dei visitatori dei parchi statunitensi - ha commissionato circa 10 000 opere ad artisti e illustratori
Figura 1.2.8: Hermann Bollmann, Vista di Manhattan, 1962
Figura 1.2.9: Greg Harlin, Oxon Hill Farm, Maryland, 2005
Figura 1.2.10: Chris Casady, Appomattox Court House, Virginia, 2004
(Patterson, 2005). Lo stile di queste rappresentazioni varia significativamente da prodotto a prodotto e vengono realizzare sia a mano che tramite mezzi digitali.
Per la creazione delle viste a volo d’uccello dipinte i materiali di base sono: (i) fotografie aeree oblique e (ii) immagini aeree ortogonali drappeggiate sul DTM e viste obliquamente (Figura 1.2.9). La resa della vista avviene in tre fasi: (i) schizzo iniziale con la matita, (ii) schizzo finale con la matita e (iii) pittura dell’opera. L’intero processo può durare più di un anno (Patterson, 2005).
Tuttavia, da qualche decennio, i prodotti del NPS vengono realizzati interamente con mezzi digitali, utilizzando software come: Adobe Illustrator, Adobe Photoshop, Bryce, Autodesk Maya e SketchUp (Figura 1.2.10). Questo passaggio, a detta di Tom Patterson1 (2005) si è rivelato una sfida difficile. Infatti, le applicazioni di grafica vettoriale come Adobe Illustrator non sono adatte per rappresentare le scene in modo artistico e realistico. L’uso
1 Tom Patterson è stato cartografo presso U.S. National Park Service, Harpers Ferry Center fino al 2018. Attualmente ricopre la posizione di direttore esecutivo della North American Cartographic Information Society (NACIS).
Figura 1.2.11: International Mapping, Weir Farm National Historic Site, Connecticut
congiunto di questa applicazione con software 3D è risultato necessario per introdurre nella rappresentazione elementi come luci soffuse, ombre leggere, corpi d’acqua riflettenti, foschia atmosferica e texture organiche (Figura 1.2.11). Patterson (2005) sottolinea come l’uso di questi software risulta molto complesso ed è necessaria molta esperienza per acquisire un certo livello di competenza. La creazione di una vista a volo d’uccello richiede la realizzazione, nel software 3D, di un modello virtuale accurato e dettagliato dell’intero sito. Per questo motivo la creazione di rappresentazione oblique complesse, viene realizzato dallo staff del NPS in collaborazione con artisti che si occupano di modellazione 3D (es. Chuck Carter e Chris Casady).
Secondo Tom Patterson (2005) mentre un secolo fa è stata l’economia industriale a dare l’impulso per la produzione delle viste a volo d’uccello oggi è l’economia turistica a richiedere tali elaborati. La diffusione delle viste panoramiche delle località sciistiche, come vedremo nel paragrafo successivo, evidenziano questa tendenza. Inoltre, sempre più viste a volo d’uccello dei centri urbani vengono commissionate dalle amministrazioni pubbliche per stimolare l’interesse dei fruitori, evidenziando attrazioni turistiche e attività commerciali.
Oggigiorno, grazie alla diffusione di piattaforme come Google Earth, le visualizzazioni 3D sono molto popolari. Questi modelli di dati consistono in immagini satellitari ad alta risoluzione distribuite su 3igital Surface Model (DSM) a bassa risoluzione e forniscono la possibilità di attivare e disattivare ulteriori livelli (es. strade, fiumi, confini, toponimi) (Häberling, 2008). Il loro sviluppo ha delineato una delle più grandi innovazioni nella visualizzazione 3D dello spazio geografico, dando la possibilità di visualizzare, in qualsiasi direzione, centinaia di città nel mondo.
1.2.2
Viste panoramiche - evoluzione storica
Le viste oblique nell’ambito della cartografia hanno una lunga storia e, nonostante oggigiorno l’uso delle mappe planimetriche sia predominante, fino a due secoli fa erano molto
Figura 1.2.12: Leonardo da Vinci, Vista della Val di Chiana, ca. 1502
Figura 1.2.13: Leonardo da Vinci, Carta a volo d’uccello della Toscana occidentale, ca. 1503
comuni (Patterson, 2005). I primi cartografi disegnavano l’ambiente geografico così come lo vedevano, spesso rivelando la natura tridimensionale dello spazio urbano ed extraurbano.
Probabilmente, uno dei più famosi autori di viste prospettiche è stato Leonardo da Vinci. Il suo dipinto del Valdarno, realizzato nel 1473, ma soprattutto la vista obliqua di Arezzo e della Val di Chiana (1502 circa) (Figura 1.2.12) e la vista del litorale toscano da Campiglia Marittima a Lucca (1503 circa) (Figura 1.2.13) sono, grazie al loro punto di vista elevato, degli esempi di rappresentazioni a metà strada tra un disegno del paesaggio e una mappa topografica. Difatti nonostante l’attenzione posta da Leonardo nel rappresentare le distanze in modo corretto le colline appaiono di profilo, così come le città fortificate site alla loro sommità.
Sebbene le rappresentazioni di tipo panoramico siano state realizzate da ben prima nella storia è solo alla fine del XVIII secolo che è iniziato ad emergere un vero e proprio genere identificabile. Secondo il cartografo Michael Wood (2001), questa tendenza può essere ricondotta al desiderio, sempre più diffuso durante lo sviluppo dell’Illuminismo, di cercare esperienze visive raffiguranti orizzonti aperti. Questo ha portato ad un aumento dell’importanza di tali esperienze visive e ha promosso una nuova forma d’arte associata alle viste
panoramiche.
L’artista Robert Barker è considerato il primo a concepire l’idea della vista panoramica. Infatti, fu proprio Barker che a seguito dell’esibizione del 1793, nella quale il suo dipinto a tutto tondo dello skyline di Londra (Figura 1.2.14) venne esposto nei pressi di Edimburgo, ha coniato il termine “panorama”. Espressione formata dai termini greci pan e hórama, tradotti come “veduta della totalità” (Bordini, 1984). Nell’800 c’è stata una diffusione di questi dipinti omnidirezionali e l’attenzione sempre maggiore ricevuta da giornali e riviste ha portato il termine “panorama” a diventare parte della lingua europea (Benosman & Kang, 2001). L’opera di Barker è considerata la prima comunicazione visiva di massa (Oettermann, 1997) e il suo successo ha spinto alla costruzione di edifici rotondi - il primo realizzato a Londra nel 1793 - volti a offrire ai visitatori una vista completa dei panorami a 360°.
La sempre maggiore popolarità di queste nuove gallerie ha provocato anche l’aumento della richiesta di souvenir e questo, secondo Wood (2001), fornisce una possibile spiegazione per la diffusione delle incisioni panoramiche di piccole dimensioni tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Il concetto originale di panorama si è quindi ampliato: oltre alle miniature delle viste panoramiche di paesaggi extraurbani e urbani iniziò a crescere rapidamente la richiesta per panorami raffiguranti l’ambiente montano e le aree naturali, sia con viste dal livello del suolo che da punti sospesi nel cielo, maggiormente simili alla cartografia tradizionale (Patterson, 2000).
Questa richiesta fu stimolata anche dell’apertura dell’area alpina ai traffici ed al turismo nel XIX e XX secolo, anni nei quali la suddetta regione divenne una meta sempre più richiesta (Stadler, 2013). Nonostante le carte topografiche rappresentanti le Alpi erano già presenti, con le inaugurazioni di nuovi Hotel e l’aumento della promozione dell’area iniziarono a essere richiesti panorami realizzati con lo scopo di illustrare la regione geografica e per fornire un’anteprima ai viaggiatori. Dall’inizio del XIX secolo vennero realizzate centinaia di viste panoramiche rappresentanti l’ambiente montano, anche con l’uso della camera oscura, in modo da ottenere effetti artistici.
Figura 1.2.14: Robert Barker, Vista Panoramica di Londra, 1792
Il turismo può essere identificato come l’ambito che ha fornito il maggior incentivo per la produzione di massa delle viste panoramiche, volte alla vendita al pubblico o all’inclusione in guide e riviste, definibili come “panorami pieghevoli” (Figura 1.2.15) (Hell, 2001). Dalla metà dell’800 divennero predominanti le viste panoramiche realizzate con l’uso del colore e tra il 1850 e il 1910 sempre più rifugi, alberghi e uffici turistici richiedevano questi prodotti (Hell, 2001).
Secondo Michael Wood & Ian McCrorie (1993), le viste panoramiche hanno raggiunto una tale popolarità, alle volte anche maggiore rispetto alla cartografia tradizionale, per le seguenti ragioni: (i) hanno una tradizione storica rispetta, (ii) forniscono un’immagine immediatamente apprezzabile, che non richiede particolari capacità percettivo-cognitive per la loro interpretazione, (iii) le persone apprezzano la loro qualità artistica, (iv) nonostante la presenza di deformazioni geometriche e topografiche, la loro utilità come fonti d’informazione non è messa in dubbio, grazie alla presenza di landmarks nella scena e (v) sono spesso fornite in omaggio.
Figura 1.2.15: Heinrich Keller, Panorama presso San Gallo, 1821
Figura 1.2.16: Heinrich C. Berann, Panorama del Grossglockner, 1934
Con lo sviluppo della fotografia, nel ventesimo secolo, il numero di artisti impiegati nella realizzazione di queste opere grafiche sono diminuiti. Tuttavia, artisti come Heinrich Caesar Berann, Hal Shelton e Richard Edes Harrison hanno continuato a perfezionare lo stile grafico con una sempre maggiore sensibilità verso la cartografia, l’accuratezza panoramica e l’estetica.
Il pittore austriaco Heinrich C. Berann è considerato l’autore di panorami più esperto di tutti i tempi. Durante la sua carriera cinquantenaria, l’artista, ha disegnato più di 500 viste panoramiche (Patterson, 2000). La sua carriera cartografia è iniziata nel 1934 con la realizzazione della vista di un passo vicino al Grossglockner, a seguito della sua inaugurazione (Figura 1.2.16). La sua fama di pittore di mappe panoramiche si diffuse rapidamente e
Figura 1.2.17: Heinrich C. Berann, Giochi Olimpici Invernali di Cortina, 1956
Figura 1.2.18: Heinrich C. Berann, World Ocean Floor Map, 1977
lo portò ad essere incaricato di redigere diverse rappresentazioni per le olimpiadi: Cortina (1956) (Figura 1.2.17), Roma (1960), Innsbruck (1964), Innsbruck (1976), Sarajevo (1984) e Nagano (1998). Nel 1963 inizia una collaborazione con la National Geographic Society per la produzione di due panorami dell’area del Monte Everest. In collaborazione con Bruce Heezen e Mary Tharp realizza, nel 1977, l’iconica World Ocean Floor Map (Figura 1.2.18).
La preparazione di un panorama da parte di Berann inizia concordando con il committente la copertura geografica e la migliore direzione da cui rappresentare la scena. Successivamente, basandosi sulle informazioni presenti nelle carte topografiche, realizza il primo schizzo a matita per stabilire definitivamente la scena della vista panoramica. Il disegno della vegetazione, delle trame delle montagne e di altri dettagli della superficie è realizzato con l’ausilio di foto aeree oblique. In seguito, l’autore, inizia a dipingere l’opera, prevalentemente con l’ausilio delle tempere.
I suoi panorami attraggono i fruitori, trasmettendo un intenso piacere visivo e, al tempo stesso, valorizzando artisticamente i panorami in modo da ridurre al minimo le distrazioni del paesaggio naturale e permettendo al lettore di comprendere meglio l’area geografica (Patterson, 2000). Le tecniche di rappresentazione panoramiche di Berann includono alcune abitudini non convenzionalmente accettate dalla scienza cartografica, come la rotazione di montagne, l’ampliamento delle valli e l’uso particolare dell’esagerazione verticale (alcune di queste tecniche saranno discusse nel Capitolo 1.4 - Aspetti tecnici).
A fianco ad artisti come Berann, grazie alla rapida crescita tecnologica avvenuta a fine del XX secolo, sono iniziate a diffondersi le rappresentazioni panoramiche digitali. La modellazione 3D è diventata una parte importante nel campo della computer-aided visualisation, andando a trasformare le modalità in cui gli scienziati presentano ed esplorano i propri dati.
L’avanzamento tecnologico ha fornito la possibilità a cartografi, e non, di sperimentare le rappresentazioni 3D dello spazio geografico anche senza possedere eccelse competenze artistiche. Infatti, tali viste, una volta venivano realizzate solamente da pochi artisti - aventi sia particolari capacità pittoriche sia conoscenze tecniche e geografiche - e richiedevano un ammontare di lavoro dell’ordine delle centinaia di ore2. Mentre una stessa illustrazione digitale richiede da uno a quattro giorni (Patterson, 1999). Lo sviluppo di applicazioni di modellazione 3D, nonostante la notevole capacità di elaborazione necessaria per realizzare i rendering, ha ridotto notevolmente il tempo, e quindi il costo, di produzione. L’uso del computer nella produzione delle viste prospettiche ha fatto venir meno la scissione tra cartografi e artisti (Patterson, 2000), fornendo gli strumenti tecnici per la realizzazione della cartografia 3D. Intesa come vista obliqua derivata da informazioni geometriche spazialmente riferite.
Negli anni ‘80 vennero realizzati alcuni software - come ArcGis, al secolo ARC/INFO, prodotto da Esri e TVES (Terrain Visualisation Exploitation System) di Laser-Scan - di modellazione digitale del terreno per la produzione delle viste 3D. Tuttavia, solo negli anni ‘90, sono diventati sufficientemente facili da usare e in grado di produrre output visivamente
2 Generalmente per produrre un’illustrazione prospettica con i metodi tradizionali servivano diverse settimane, o anche mesi, a seconda dell'esperienza dell’artista.
Figura 1.2.19: Kümmerly & Frey, Lenk, ca. 1989
accettabili (Figura 1.2.19) (Wood et al, 2007).
La realizzazione delle viste oblique con l’uso dei computer ha portato diversi vantaggi, identificati da Michael Wood & Ian McCrorie (1993): (i) diverse prospettive geometriche disponibili, (ii) qualsiasi punto di vista (determinato da altezza, direzione e distanza) può essere scelto, (iii) si possono introdurre molte combinazioni di illuminazione (e di ombreggiatura), (iv) i render sono sempre più realistici, (v) i parametri atmosferici possono essere introdotti per aumentare il realismo, (vi) la creazione di queste viste può essere svolta anche da grafici senza competenza geografiche.
A fine del XX secolo l’interesse verso la cartografia 3D è cresciuto rapidamente e ha visto una rinascita grazie alla rapida evoluzione della cartografia multimediale3 (Patterson, 2000). Secondo Tom Patterson (1999), la sfida della cartografia multimediale è quella di fondere il patrimonio tecnico della cartografia tradizionale con le tecniche digitali contemporanee.
Come cartografo presso l’U.S. National Park Service (NPS), Patterson, è stato al centro della ricerca che ha portato l’organizzazione dei parchi statunitensi a produrre le viste panoramiche con applicazioni di grafica digitale (Figura 1.2.20 e Figura 1.2.21). L’autore è uno dei primi cartografi che, in un articolo del 1999, ha indagato le tecniche digitali necessarie per creare delle mappe 3D (vedi Capitolo 1.4 - Aspetti tecnici), basandosi sui metodi di progettazione adottate precedentemente dai pittori e su nuovi fattori presenti nel mondo digitale. L’autore asserisce che per realizzare le viste prospettiche digitali ed in particolare quelle panoramiche, considerate le più difficili da produrre, non esiste un unico software capace di soddisfare tutte le esigenze di progettazione e di gestione dei dati, per questo sono neces-
3 Peterson (1999) parla di cartografia multimediale per identificare il processo di cambiamento che sta investendo dagli anni ‘80, a seguito dell’avvento dei computer, la scienza cartografia.
Figura 1.2.20: Harpers Ferry Center, Panorama dell’isola di Maui
Figura 1.2.21: Joe Milbrath & Jim Eynard, Panorama del parco nazionale e riserva di Katmai, 2016
sari più programmi. Nel suo articolo Patterson illustra il suo workflow che si incentra sulle seguenti fasi: (i) elaborazione dei dati geografici, ricavati attraverso tecniche di telerilevamento, con software Geographic Information Systems (GISs), (ii) preparazione del Digital Terrain Model (DTM) con Adobe Photoshop, (iii) settaggio della scena 3D con Bryce3D e (iv)
operazioni di post-produzione del render sempre con Adobe Photoshop. Nonostante le fasi di produzione siano più o meno invariate, in un articolo successivo Patterson (2018) indica l’uso dell’applicazione Natural Scene Designer Pro per il rendering della scena 3D e le applicazioni sviluppate da Avenza Systems (MAPublisher e Geographic Imager) per lavorare con i dati geografici all’interno di software di grafica digitale sviluppati da Adobe (Illustrator e Photoshop).
La produzione digitale delle viste panoramiche 3D può quindi essere svolta con l’uso di svariati software, più o meno costosi. Ottenere, attraverso queste applicazioni, viste graficamente attraenti come quelle realizzate da molti degli autori citati in questo paragrafo è senza dubbio una sfida ardua. Tuttavia, i render panoramici soddisfano e superano la maggior parte degli standard qualitativi di pubblicazione e, inoltre, sono ottenuti in modo rapido ed economico rispetto alla produzione tradizionale.