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OTTOBRE 2020
Il lungo inverno L’esplorazione spaziale ai tempi della pandemia fra crisi e opportunitĂ
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novembre 2000. Quota 400 km. Si apre il portellone del modulo russo Zvedva e tre astronauti fanno ingresso nella Stazione spaziale internazionale. Sono Sergej Krikaliev, William Sheperd e Juri Gidzenko, la missione è la Expedition 1 e con essa si sposta nello spazio l’ultimo domicilio dell’umanità. Prende vita così il più importante progetto di cooperazione internazionale mai intrapreso dall’uomo. Da allora l’International Space Station è abitata ininterrottamente da almeno tre astronauti. Inizia così il servizio che ASITv ha dedicato ai venti anni di Stazione spaziale internazionale, o meglio della sua abitabilità permanente. Un cambio di passo nell’esplorazione spaziale, non più una toccata e fuga alla Bach, ma uno stanziamento stabile in orbita bassa, per studiare ciò che non si può studiare sulla Terra o, meglio ancora, studiare l’uomo al di fuori del suo naturale habitat terrestre. Da quel giorno sono passati venti anni. Meno di quanti sono passati da quando l’allora presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, scrisse ai paesi partner per verificarne la disponibilità a partecipare al progetto Alpha, come inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi la Iss. Era il 1984. Eppure ne sembrano passati almeno il doppio. Oggi la Iss sembra un progetto retrò, destinato ad essere messo sul mercato, sia come possibile laboratorio privato che come hotel di “lusso” spaziale. Perché l’uomo è pronto a spostare il suo ultimo domicilio un pochettino più in là. Nell’orbita lunare inizialmente, per poi portarsi su Marte, Tutta l’esperienza tecnologica e scientifica accumulata in questi venti anni sarà propedeutica alla realizzazione del prossimo edificio spaziale. Ma c’è un altro elemento che porta a far riflettere. Siamo abituati a definire la generazione del 2000 come i millennials, i nativi digitali. Sono di più: per loro, che ne sia consapevoli o meno, lo spazio è realtà del loro quotidiano, come lo sono gli smartphone. Come lo sono stati gli aerei per chi è nato nel dopoguerra. Certo ci è voluto un po’ perché facessero parte del
L’EDITORIALE
L’ULTIMO DOMICILIO DEL GENERE UMANO di Francesco Rea @francescorea
«L’inizio di una nuova stagione di quella che potremmo definire l’era spaziale»
nostro vissuto quotidiano e così sarà per lo spazio, ma nessuno si stupiva nel guardare in cielo quell’oggetto volante denominato aereo. Chi oggi entra all’università per la prima volta è nato e cresciuto con un’umanità che aveva come ultimo domicilio la bassa orbita terrestre, è abituato ai satelliti e al navigatore satellitare, forse non associa ancora tutto, ma sicuramente considera lo spazio parte del proprio habitat. Il 2 novembre del 2020 non festeggiamo, dunque, solamente i venti anni dell’uomo permanentemente nello spazio a bordo della Iss, ma l’inizio di una nuova stagione di quella che potremmo definire l’era spaziale. Un’era che potrà rappresentare un nuovo rinascimento per il genere umano se ne sapremo cogliere appieno le opportunità.
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OMMARIO
N.24 - OTTOBRE 2020
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“L’editoriale” DI FRANCESCO REA
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“Lo spazio ai tempi del Covid” DI GIULIA BONELLI
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“La strategia sostenibile di Thales Alenia Space” DI REDAZIONE
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“Nove paesi per il futuro dell’esplorazione spaziale” DI REDAZIONE
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“Con il cinema in lockdown, Spazio sulle piattaforme” DI PAOLO DI REDA
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“Superlanciatori: previsto intenso traffico spaziale” DI FRANCESCO REA
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“Il virtuale si fa concreto” DI REDAZIONE
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“Scacco galattico” DI GIAN FILIPPO PIZZO
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”A Lucca il fumetto va in scena” DI REDAZIONE
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“Osiris-Rex, minatore ingordo” DI REDAZIONE
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TESTATA GIORNALISTICA GRUPPO GLOBALIST
Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017 Stampato presso Tipografia Tiburtini Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma RM 4 - global science
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“Quegli oscuri Nobel per la Fisica” DI SIMONE COLLINI
direttore editoriale Francesco Rea direttore responsabile Gianni Cipriani progetto grafico Paola Gaviraghi grafica Davide Coero Borga
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“La rivista Nature si fa una veste italiana” DI REDAZIONE
coordinamento redazionale Manuela Proietti redazione Asi - Globalist www.asi.it - globalscience.it pubblicità Paola Nardella adv.globalscience@gmail.com
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Le mappe, ottenute dai dati del satellite Copernicus Sentinel-5P, mostrano le concentrazioni medie di diossido di azoto in Europa prima e dopo i lockdown nazionali Crediti: Esa. 6 - global science
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Lo spazio ai tempi del Covid di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
«Osservazione satellitare, sistemi di comunicazione, programmi educativi: le tecnologie spaziali possono aiutare a combattere la pandemia»
Esplorare lo spazio mentre la Terra è colpita dalla più grave pandemia del nostro secolo. Sembra un paradosso, eppure è proprio dalla ricerca spaziale che può giungere un valido aiuto in un’emergenza come quella che tutto il mondo sta vivendo. Lo sguardo dall’alto dei satelliti, che ci mostra lo stato di salute del nostro pianeta. Le tecnologie sviluppate per tenere sotto controllo la sicurezza degli astronauti in microgravità, che possono trovare un prezioso utilizzo terrestre. E ancora, la comunità internazionale e interdisciplinare che ruota attorno al settore spaziale, con una forza economica e tecnologica in grado di fare investimenti strategici per contrastare l’emergenza sanitaria del Covid-19. Tutto questo offre un approccio innovativo e strumenti all’avanguardia in vista del ‘lungo inverno’ che l’umanità ha ancora davanti. Certo, l’esplorazione spaziale non è stata immune dai profondi rallentamenti che hanno subito quasi tutti i settori produttivi in Europa e nel mondo. Tra le conseguenze indirette della pandemia, ad esempio, c’è stato anche il rinvio dello sbarco europeo su Marte con la missione ExoMars, dove è centrale il ruolo italiano. Ma lo stop di alcune missioni non ha impedito di riorganizzare gli sforzi attorno all’obiettivo principale, fermare la diffusione del virus Sars-CoV-2 in tutto il mondo. E così lo scorso marzo, subito dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il focolaio di infezione da nuovo coronavirus una malattia pandemica, il settore spaziale europeo si è attivato per dare il suo contributo. Il 31 marzo l’Agenzia Spaziale Europea, in accordo con l’Agenzia Spaziale Italiana, il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, ha lanciato il bando Space in response to Covid-19 outbreak. L’iniziativa, volta a finanziare tecnologie spaziali per contenere, monitorare e contrastare la pandemia, prevedeva inizialmente 2,5 milioni di euro. Poi portati a 10 milioni dopo la massiccia partecipazione di moltissimi attori spaziali da tutta Europa. Salute ed educazione gli ambiti di applicazione previsti dal bando, che aveva due soli vincoli: progetti realizzabili entro poche settimane e utilizzo di tecnologie spaziali. Lo scorso ottobre è finalmente iniziata la fase operativa dei primi 24 progetti vincitori. Eccone 5, che hanno dentro molta Italia ma soprattutto una gran diversità di approcci per mettere la ricerca spaziale a servizio dei cittadini.
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HERMES
Telespazio ed e-Geos sono i capifila di questo progetto, nato con l’obiettivo di supportare ospedali e unità di primo soccorso a rispondere al meglio all’emergenza sanitaria. Nel rispetto della privacy, Hermes sarà in grado di offrire informazioni geo-referenziate per monitorare la distribuzione statistica delle infezioni da Sars-CoV-2, fornendo uno strumento per determinare il trend di evoluzione della pandemia nel tempo. Tra i partner ci sono la Croce Rossa Italiana, l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara e il Campus Bio-Medico di Roma.
EPICO19
Il territorio della provincia emiliana è il focus di questo progetto guidato dall’Università di Modena e Reggio Emilia in consorzio con due start-up, la milanese TerrAria specializzata nella gestione di dati ambientali e la ravennate StudioMapp che gestisce immagini satellitari ad altissima definizione. Collaborerà anche l’Azienda sanitaria locale di Reggio Emilia. Il progetto punta a studiare la distribuzione geografica dell’epidemia in un ambito territoriale definito, valutando i fattori di rischio demografici e ambientali come la mobilità e l’inquinamento, rilevati attraverso sensori satellitari. Il team di ricerca utilizzerà i dati del sistema Copernicus dell’Esa, mostrando come i suoi satelliti Sentinel possano contribuire a studiare, contenere e prevedere l’evoluzione attuale e futura dell’infezione da Sars-CoV-2.
REACT-2
Guidato dall’azienda di software irlandese Skytek, il progetto punta a semplificare le comunicazioni tra ospedali, operatori sanitari e protezione civile, oltre che tra amministrazioni regionali e governo. Consentirà di usufruire di un singolo strumento per coordinare gli sforzi, migliorando organizzazione, comunicazione e processi decisionali. Coinvolti nel progetto anche gli ospedali Gemelli e Spallanzani di Roma.
ICUTRAIN
In sintesi, un treno-ospedale di terapia intensiva. Per quanto fantasioso possa sembrare, il progetto lanciato da Sitael, azienda del gruppo pugliese Angel, propone di sviluppare un ospedale ‘mobile’ per il trasferimento di pazienti che necessitino di assistenza in modo rapido, sicuro e a costi inferiori rispetto agli attuali ponti aerei. IcuTrain sarà connesso in tempo reale con gli specialisti sanitari, protetto da eventuali minacce cyber e rapidamente dispiegabile su tutto il territorio nazionale per fornire ambulatori e unità di terapia intensiva aggiuntive. Impiegherà tecnologie e competenze spaziali, ferroviarie, di cyber security e intelligenza artificiale del gruppo Angel. Trenitalia ha dato supporto all’iniziativa mettendo a disposizione le carrozze da allestire, mentre la Protezione Civile e il dipartimento Salute della Regione Puglia partecipano al progetto per il supporto operativo e scientifico.
SPACE FOR CHILDREN
Iniziativa di supporto psicologico lanciata dall’ospedale pediatrico di Genova “Gaslini”, mira a promuovere una buona salute mentale tra i bambini e gli adolescenti lavorando sulla la loro percezione della pandemia. Poiché diverse regioni hanno imposto restrizioni diverSopra: Ingenuity, il se per affrontare l’emergenza sanitaria, il sistema utilizzerà la navigazione satellitare per Mars Helicopter della missione Nasa adattare i contenuti al luogo in cui vive il piccolo paziente. Un bambino che vive in Puglia, Mars 2020, farà ad esempio, otterrà informazioni diverse rispetto a un bambino del Veneto. coppia con il rover Perseverance. La softwareSothouse Hypex fornirà il servizio in collaborazione con la società di produzione to: la superficie del video pianeta Digivox rosso vista e il personale dell’ospedale Gaslini. dal Mars Reconnaissance Orbiter. Crediti: Nasa.
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Le concentrazioni di diossido di azoto in Cina prima e dopo il lockdown di gennaio 2020. Combinando le osservazioni satellitari con i modelli informatici, gli studi indicano una riduzione del 20-30% del particolato di superficie su gran parte della Cina. Crediti: Nasa Earth Observatory.
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Le concentrazioni di diossido di azoto in Cina dal 7 al 16 marzo 2020. Combinando le osservazioni satellitari di Sentinel-5P con i modelli informatici, gli studi indicano una riduzione del 20-30% del particolato di superficie su gran parte della Cina. Crediti: Esa.
Monitoraggio dell’emergenza, comunicazione tra le istituzioni, programmi educativi e di supporto psicologico: ecco solo alcune delle applicazioni pratiche che arrivano dal settore spaziale. E mentre continua l’alleanza tra attori pubblici e privati per mettere la space economy al servizio dei cittadini, ecco che proprio dallo spazio arriva un’altra importante lezione. La crisi sanitaria del Covid-19 ha infatti acceso i riflettori sull’emergenza ambientale. Durante il lockdown per contenere la diffusione del virus in tutto il mondo, i dati satellitari ci hanno mostrato, settimana dopo settimana, una riduzione senza precedenti delle aree inquinate. Impressionanti sono le immagini satellitari della Cina diffuse già a febbraio da Nasa ed Esa. Il calo del livello dei gas nocivi inizialmente concentrato nella regione di Wuhan si è poi esteso a inizio anno in tutto il paese, con dati che non si vedevano dalla crisi economica del 2008. Lo stesso è accaduto poco dopo in Europa e negli Stati Uniti. Lo smog sopra alle grandi aree metropolitane nel nord-est degli Usa si è ridotto di circa il 30%. Mentre a inviare la radiografia del vecchio continente è stato ancora Sentinel-5P, che a fine marzo ha diffuso una mappa che mostra il crollo dell’inquinamento su molte capitali europee, comprese Roma, Parigi e Madrid. L’ultima osservata speciale dall’alto è stata l’India: i dati raccolti da Sentinel-5P, satellite del programma europeo Copernicus, mostrano ad aprile riduzioni tra il 40 e il 50% della concentrazione di diossido di azoto, uno dei gas inquinanti più dannosi per la salute. Per mettere a sistema tutti questi dati, a fine giugno è nato il nuovo strumento Earth Observation Dashboard, piattaforma interattiva nata dalla collaborazione tra la Nasa, l’Esa e la Jaxa. Che fornisce una chiara quanto impressionante immagine dell’impatto globale della pandemia. E così i dati satellitari statunitensi, europei e giapponesi sono stati integrati per la prima volta ad altissima definizione, con un dettaglio senza precedenti. Il risultato è una mappa del nostro pianeta che mostra i cambiamenti della qualità dell’aria e dell’acqua nel corso del tempo, mettendo in relazione questi dati con le informazioni sul cambiamento climatico e le attività economiche. Ma l’osservatorio virtuale è anche uno strumento a disposizione dei cittadini. Basta una connessione internet, e chiunque può tenere sotto controllo le condizioni del pianeta, approfondendo la situazione nel proprio paese. Una lezione importante, quella che ci giunge dalle osservazioni satellitari della Terra, che impone scelte di approccio all’uso delle risorse del pianeta diametralmente opposte a quelle che hanno guidato il genere umano almeno fino alla fine del secolo scorso. E lo spazio può essere una grande opportunità perché la nostra specie intraprenda questo nuovo percorso.
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«Dallo spazio arriva un’importante lezione, la pandemia ha acceso i riflettori sull’emergenza ambientale»
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La sostenibilità, per definizione, è il processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e le modifiche istituzionali sono in sintonia, valorizzando il potenziale attuale e futuro, al fine di far fronte ai bisogni e alle aspirazioni dell’uomo. Un termine, sostenibile, che caratterizza anche l’approccio dell’industria spaziale che, in particolare negli ultimi anni, ha subito uno sviluppo tale da divenire protagonista indiscussa della nostra quotidianità. Quando telefoniamo, compiamo operazioni finanziarie, viaggiamo, guardiamo le previsioni del tempo o addirittura cerchiamo il ristorante a noi più vicino, lo Spazio e le sue tecnologie sono al nostro servizio modernizzando la nostra vita. Da mercato di nicchia per pochi specialisti, lo Spazio si è dunque trasformato in mercato globale per tutti. In questo quadro ben si colloca la strategia sostenibile di Thales Alenia Space, joint venture Thales (67%) e Leonardo (33%), che da oltre quarant’anni fornisce soluzioni ad alta tecnologia per Telecomunicazioni, Navigazione, Osservazione della Terra, gestione ambientale, ricerca scientifica e infrastrutture orbitali cercando di tenere sempre ben presente la nostra priorità esistenziale: il pianeta terra ed il suo benessere. Thales Alenia Space ha, infatti, intrapreso da alcuni anni un’attenta politica di controllo per gestire sempre più efficacemente l’intera catena produttiva, dalla selezione del materiale, al procurement, all’utilizzo nel ciclo produttivo fino al suo riutilizzo o smaltimento. L’armonizzazione dei siti produttivi di Thales Alenia Space dislocati in Europa, per esempio, è possibile grazie all’utilizzo di un unico database materiali in cui sono riportate ed aggiornate informazioni tecniche, modalità di acquisto e dettagli dei produttori di tutti i materiali, parti meccaniche ed elettroniche qualificati ad uso spaziale. Si tratta di un database consultabile da tutti, gestito da ingegneri e tecnici specialisti. Questa soluzione consente un rapido scambio di informazioni tra gli enti tecnici dei vari siti e permette di ottenere la verifica immediata del materiale qualificato e la sua disponibilità riducendo i tempi di ricerca, lo scambio di dati circa il suo impiego, evitando di replicare attività già svolte in altri siti, la possibilità di procurement unificati, riducendo i costi di produzione in termini di materie prime impiegate da parte dei produttori, un’accurata selezione dei fornitori e verifica delle loro sedi di produzione per favorire la prossimità. Questa costante sensibilizzazione comporta anche una continua attenzione nelle scelte tecniche di design del satellite. La scelta di un materiale, infatti, non avviene solo in base alle sue caratteristiche tecniche e rispondenze a specifici requisiti di progetto ma anche alla sua producibilità a basso impatto ambientale, alla semplicità di procurement, alla completa possibilità di utilizzo o riutilizzo nei processi produttivi fino a considerare il suo impatto ambientale al termine della vita utile del satellite. L’avvio di questo processo virtuoso strutturato a livello industriale mira nel medio termine ad una realizzazione più ecologica dei satelliti rendendo questo settore altamente tecnologico sempre più attento all’ambiente terrestre e allo Spazio in cui opera. È sempre più crescente l’attenzione di Thales Alenia Space verso le generazioni future, offrendo loro la possibilità di avere straordinarie opportunità in un pianeta vivibile ed accogliente immerso nel sistema solare, in linea d’altronde con la nostra aspirazione Space for Life: crediamo che lo Spazio sia il nuovo orizzonte che permetterà all’uomo di costruire una vita migliore e più sostenibile sulla Terra.
LO SPAZIO COME NUOVO ORIZZONTE
LA STRATEGIA SOSTENIBILE DI THALES ALENIA SPACE di Redazione @ASI_spazio
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L’Italia si prepara alla Luna. È stato infatti siglato lo scorso 13 ottobre il primo Accordo SIGLATI GLI ARTEMIS ACCORDS multilaterale di cooperazione internazionale del Programma lunare Artemis, che prevede l’invio della prima donna e il prossimo uomo sul nostro satellite nel 2024, tappa propedeutica per la futura esplorazione umana di Marte. Con una cerimonia da remoto, imposta dall’attuale pandemia di Covid, l’Accordo firmato tra la NASA e i paesi partner, Australia, Canada, Giappone, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Italia, quest’ultima rappresentata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alle politiche per lo spazio Riccardo Fraccaro, ha stabilito una di Redazione @ASI_spazio serie di principi guida da rispettare nel corso dell’esplorazione spaziale. Gli Artemis Accords mettono in atto e implementano i principi stabiliti nel Trattato delle Nazioni Unite sullo spazio extra-atmosferico (OST) del 1967. Le partnership internazionali giocheranno un ruolo chiave nel raggiungimento di tali obiettivi, puntando ad acquisire una presenza sostenibile e stabile sulla superficie della Luna entro la fine di questo decennio. «Sono particolarmente felice di poter firmare, per conto dell’Italia, gli Artemis Accords. Una firma storica perché apre un nuovo, entusiasmante capitolo nell’esplorazione spaziale, dopo 50 anni dal primo sbarco sulla Luna. Questo documento permetterà a noi e alle generazioni future un’esplorazione pacifica, sicura e sostenibile dello spazio con il fine di migliorare la vita sulla Terra», il commento a valle della firma del sottosegretario Fraccaro. Gli accordi, peraltro, fanno seguito all’intesa bilaterale tra Italia e Stati Uniti siglata il 25 settembre e definiscono nel dettaglio i principi e gli obiettivi della missione. «L’Italia – ha aggiunto Fraccaro – ha costruito in circa 50 anni una solida e concreta collaborazione internazionale nel settore dell’esplorazione dello spazio. Con la firma ratifichiamo il comune impegno per il ritorno della presenza umana sulla Luna, stavolta in maniera stabile, ma anche per andare oltre, verso Marte. Grazie all’esperienza e alle tecnologie della nostra industria vogliamo fare la nostra parte perché tutto questo sia possibile».
NOVE PAESI PER IL FUTURO DELL’ESPLORAZIONE SPAZIALE
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«Gli Artemis Accords sono tesi a rafforzare l’esplorazione spaziale e la cooperazione pacifica tra i paesi»
Sottoscrivendo gli Artemis Accords, il Governo italiano aderisce, nel concreto, a una serie di principi che accomunano paesi diversi a una visione condivisa e sostenibile per proiettare la presenza pacifica dell’umanità nello spazio. «L’Agenzia Spaziale Italiana, insieme alla NASA e alle altre agenzie partecipanti, è pronta adesso ad attuare gli accordi necessari per il successo delle attività previste dal programma Artemis», il commento del presidente dell’Asi, Giorgio Saccoccia. Per l’Amministratore di NASA, Jim Bridenstine «Artemis sarà il programma internazionale di esplorazione spaziale umana più ampio e diversificato della storia, e gli Artemis Accords rappresentano il mezzo attraverso il quale stabilire questa singolare cooperazione globale. «Con questa firma, ci uniamo ai nostri partner per esplorare la Luna e stabiliamo principi vitali che creeranno un futuro sicuro, pacifico e prospero nello spazio per il bene di tutta l’umanità». Nello specifico, i principi degli Accordi sono intesi a rafforzare l’esplorazione spaziale ma anche la cooperazione pacifica tra i paesi; le attività dovranno inoltre svolgersi in modo trasparente; saranno supportati sistemi interoperabili, per migliorare sicurezza e sostenibilità; rafforzato l’impegno per quanto concerne l’assistenza agli astronauti in difficoltà; i paesi firmatari devono, inoltre, aver aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla registrazione degli oggetti lanciata nello spazio extra-atmosferico; garantire il rilascio dei dati scientifici; preservare il patrimonio dello spazio extra-atmosferico; le attività di estrazione e utilizzo delle risorse spaziali dovranno essere condotte in conformità con il Trattato OST; l’impegno ad evitare interferenze nocive tenendo debitamente conto dei corrispondenti interessi degli altri paesi, come previsto dal Trattato OST e, infine, l’impegno allo smaltimento sicuro dei detriti spaziali.
Il ritorno alla Luna nei primi render sviluppati dalle aziende che collaborano con Nasa al programma di volo spaziale con equipaggio Artemis. global science - 13
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Rubrica su cinema e serie Tv di fantascienza a cura del Giornale dello Spettacolo
VIAGGIO NELL’UNIVERSO DELLE SERIE TV
CON IL CINEMA IN LOCKDOWN, SPAZIO SULLE PIATTAFORME di Paolo Di Reda @ASI_spazio
I cinema americani (e anche quelli italiani) sono chiusi, e “Dune”, l’attesissima versione cinematografica della saga di Frank Herbert riportato in pellicola da Dennis Villeneuve, ha spostato la sua uscita da fine 2020 al primo ottobre 2021. Stesso destino per “Bios”, altro sci-fi a cui gli appassionati avrebbero dedicato volentieri il loro tempo: il film post-apocalittico con Tom Hanks non uscirà prima di fine aprile 2021. I fan del cinema di fantascienza sono perciò obbligati a rivolgersi alle numerose serie tv presenti sulle diverse piattaforme online per appagare il loro desiderio di immaginare il futuro. Per navigare nel mare magnum delle proposte, può essere perciò utile qualche suggerimento. 1. “THE MANDALORIAN” In cima alle attese dei cultori del genere, la seconda stagione di “The Mandalorian”, lo spin-off tv di “Star Wars” che ha riscosso grande successo, lanciando di fatto la piattaforma Disney+. Le nuove avventure di Mando e del Bambino nella galassia lontana lontana sono ricominciate lo scorso 30 ottobre con una grande novità: non più episodi da massimo mezz’ora, ma puntate di 50 minuti e più. Un cambiamento importante richiesto a gran voce dai fan della serie che la Disney e il regista Jon Favreau hanno deciso di accogliere.
«Occorre rivolgersi alle piattaforme online per appagare 2. “STAR TREK: PICARD” il proprio Un altro spin-off di un franchise sulla cresta dell’onda da più di cinquant’anni come “Star desiderio di Trek”, si è imposto quest’anno per la cura dei dettagli e delle storie che racconta: “Star Trek: Picard”, che esplicita gli esiti della serie “Star Trek: Next Generation”, e soprattutto immaginare del film “Star Trek: Nemesis” del 2002. L’ex capitano dell’Enterprise, Jean-Luc Picard, il futuro» ritorna nello spazio dopo aver lasciato la Flotta Stellare in disaccordo per il mancato intervento di soccorso nei confronti del popolo Romulano. I “trekker”, ovvero i patiti di Star Trek, però sono in ansia, perché la seconda stagione, già annunciata su Amazon Prime Video, non ha potuto iniziare le riprese a causa del coronavirus. 3. THE EXPANSE Per gli appassionati di sfide interplanetarie, il prossimo dicembre saranno on line i prime tre episodi della quinta stagione di “The Expanse”. La serie, trasmessa dal 2015 e al 2018 da SyFy e poi ceduta interamente ad Amazon Prime Video, è ambientata nel 24° secolo, teatro di una vera e propria cold war tra la Terra, governata dalle Nazioni
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“The mandalorian” interpretato da Pedro Pascal. Crediti: Disney.
Unite, e il governo di Marte ormai completamente colonizzato da umani. Tra le due potenze, una fascia intermedia di asteroidi, anch’essi colonizzati da umani. I Cinturiani, questo il nome di chi popola questa fascia, producono le materie prime essenziali per la vita dei due pianeti rivali, ma vogliono ribellarsi allo sfruttamento. La serie è stata girata con grandi mezzi ed è molto curata sia per lo sviluppo dei personaggi e delle storie che per le ambientazioni. Interessanti e molto credibili anche le implicazioni politiche che “The Expanse” mette in scena. 4. LOST IN SPACE È stata annunciato per il 2021 il release della terza stagione di un altro grande successo targato Netflix: “Lost in Space”, remake di un programma televisivo CBS andato in onda tra il 1965 e il 1968. Dall’aprile 2018 i fan delle space operas hanno di nuovo fatto conoscenza con la famiglia Robinson, destinata a colonizzare un nuovo pianeta e che invece si trova per un incidente in un posto sconosciuto nello spazio. Due stagioni all’insegna di continui colpi di scena e delle dinamiche famigliari tra i cinque componenti dei Robinson. Non mancano incontri sia con altri umani che con alieni, in un mix di emozioni di diverso genere che ha decretato il grande seguito di “Lost in Space”. La terza stagione, in ogni caso, sarà l’ultima. 5. BATTLESTAR GALACTICA Ancora incerto il futuro di un’altra classica space opera: “Battlestar Galactica”, una serie datata addirittura 1978 (andata in onda con il semplice titolo di “Galactica”), che però ha avuto successo soltanto con il reboot trasmesso dal 2004 al 2008 su Sky Sci-Fi. Quattro stagioni caratterizzate da avvincenti colpi di scena in una battaglia tra umani e robot (i Cyloni) dove il bene non è esclusivo di una sola parte. “Battlestar Galactica” è ora disponibile su Amazon Prime Video, dove i fan del genere potranno fare binge-watching per prepararsi ad accogliere la nuova serie revival, annunciata da Hbo Max, non è ancora chiaro se in versione reboot o spin-off. 6. AWAY Non ci sarà futuro invece per un’altra serie Netflix dedicata allo spazio: “Away”, partita nello scorso settembre, non avrà seguito. La missione verso Marte dell’astronave capitanata da Hilary Swank, si conclude perciò con il decimo episodio della prima stagione: evidentemente agli spettatori (tra cui chi scrive) non è piaciuto.
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DALLA CINA ALLA RUSSIA VIA USA I NUOVI PROGETTI
SUPERLANCIATORI: PREVISTO INTENSO TRAFFICO SPAZIALE di Francesco Rea @francescorea
È domenica 30 agosto quando da Cape Canaveral due vettori della SpaceX, a distanza di poche ore, sono pronti a portare in orbita 60 satelliti della costellazione Starlink e il Saocom 1B dell’agenzia spaziale argentina, Conae, che è andato a completare, peraltro, una costellazione Italo-argentina, la costellazione Siasge per l’osservazione della terra. Sempre da Cape Canaveral, un Delta IV della United Launch Alliance, deve inserire nella sua orbita un satellite militare. Infine la Rocket Lab con il suo Electron ha avuto incarico di portare in orbita una satellite di Osservazione della Terra. Neanche fossimo sull’autostrada, durante i giorni feriali, vedere ammassarsi i camion nelle piazzole dell’autostrada pronti a portare le merci alla loro destinazione. E come i tir stanno alle autostrade, così i razzi stanno allo spazio. E se prima l’accesso era consentito a pochi a causa dei costi assolutamente proibitivi, oggi questo è reso possibile da una gamma sempre più vasta di lanciatori e soprattutto un’offerta sul mercato che non ha eguali rispetto al passato. Se ad agosto, dicevamo, in una sola giornata si registrava ben quattro razzi pronti a superare l’atmosfera terrestre, a ottobre, un mese tranquillo, ben 11 volte i vettori spaziali hanno portato a compimento il loro compito. 3 Lunga Marcia dell’Agenzia spaziale cinese, un Electron della Neo Zelandese Rocket Lab, 2 Soyuz dell’Agenzia spaziale russa, 3 Falcon 9 della Space X, un New Shepard della Blue Origin, un Antares-Cygnus della Orbital Atk. Ovviamente obiettivo che hai, lanciatore che scegli. Umano o cargo, multi deployment o meno, insomma ce ne è per tutti i gusti. È sicuro però che oltre la versatilità e l’economicità, chi investe nel settore sta cercando anche la potenza per portare l’uomo oltre la Terra e con lui i materiali e le merci che servono per colonizzazioni extraterrestri. Non si può non iniziare con quello che la Nasa ha definito essere il razzo più potente mai costruito dall’uomo: lo Space Launch System – SLS. Si tratta di un razzo che a seconda delle versioni può avere un’altezza dai 90 ai 110 metri. È un razzo non riutilizzabile che una volta completato, per gli obiettivi della Nasa, consentirà agli astronauti di iniziare il loro viaggio per esplorare destinazioni lontane nel sistema solare. Lo Space Launch System, che porterà nella versione crew la navicella Orion,
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nasce dalle ceneri del Programma Constellation, abbandonato per gli eccessivi costi e ritardi e che prevedeva la realizzazione di una famiglia di lanciatori Ares. Primo test di volo previsto per la fine del 2021. E veniamo allo Starship, l’enorme veicolo di nuova generazione che SpaceX sta costruendo per portare persone e carichi utili verso destinazioni lontane come la Luna e Marte, lanciare satelliti in orbita ed eseguire tutte le altre esigenze di volo spaziale della compagnia. Il veicolo Starship alto 50 metri verrà lanciato dalla Terra in cima a un razzo gigante noto come Super Heavy, che, dotato di 28 motori raptor, dovrebbe nelle previsioni più ottimistiche andare in orbita entro il 2021. Entrambi gli elementi di questo sistema di volo spaziale saranno completamente riutilizzabili; Super Heavy tornerà sulla Terra per gli atterraggi verticali e Starship effettuerà più viaggi da e verso la Luna, Marte o ovunque sia stata inviata. L’astronave sarà infatti abbastanza potente da ripartire superando l’attrazione gravitazionale della Luna e di Marte, ma avrà bisogno dell’aiuto di Super Heavy per scendere dalla Terra. Decisamente più tempo se lo è data l’Agenzia spaziale cinese con lo sviluppo del Luna Marcia 9. Il vettore Lunga Marcia, in uso dal 1970, ha avuto diversi sviluppi negli anni e se le ultime versioni puntano per gli anni a venire sulla riusabilità (Lunga Marcia 8) il Lunga Marcia 9 si pone, per il 2030, come il contraltare del SLS della Nasa. Il Lunga Marcia 9 sarà un razzo da trasporto super pesante, in grado di sollevare 140 tonnellate di carico utile in un’orbita terrestre bassa, o un veicolo spaziale da 50 tonnellate in un’orbita di trasferimento lunare. Il razzo gigante sarà anche in grado di trasportare un carico utile di 44 tonnellate su un’orbita di trasferimento su Marte. E veniamo ad un’altra azienda privata, la Blue Origin di Jeff Bezos che con il razzo chiamato New Glenn, intende inserirsi nel mercato dei “heavy-lift launch vehicle”, ossia tra i lanciatori che hanno la capacità teorica di inserire in orbita bassa terrestre dalle 20 alle 50 tonnellate di carico. A parte la riusabilità, il razzo della Blue Origin, da un punto di vista tecnico, presenta i motori BE-4 che rappresentano una pietra miliare. Sono, infatti, i primi motori a metano sviluppati completamente da un privato. E veniamo al nuovo razzo da trasporto superpesante Yenisei. Secondo i piani dei progettisti, il razzo, in una prima fase, dovrebbe trasportare più di 70 tonnellate di carico in orbita bassa. Il primo lancio del razzo superpesante Yenisei è previsto per il 2028 la cui rampa di lancio sarà costruita nello spazioporto di Vostochny nell’estremo oriente russo. La Russia intende utilizzare il nuovo razzo super pesante anche per missioni sulla Luna, compreso lo sbarco di cosmonauti russi sulla sua superficie. Secondo le stime di Roscosmos, lo Yenisei sarà in grado di trasportare un carico utile di 27 tonnellate in orbita lunare. Ma al di la delle capacità di carico, la grande differenza la faranno anche i costi di lancio. E potrà esserci una bella differenza se il SLS – Orion della Nasa avrà un costo al lancio di 900 milioni di dollari contro i 90 previsti per il suo Starship-Super Heavy in modalità riutilizzabile.
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SPACE LAUNCH SYSTEM Lancio previsto: fine 2021 Il veicolo nasce dalle ceneri del programma Constellation, avviato dal presidente George W. Bush nel 2005 per sostituire l’obsoleta flotta degli Space Shuttle con la famiglia di lanciatori Ares e il veicolo spaziale Orion.
STARSHIP SUPER HEAVY
LUNGA MARCIA 9
Lancio previsto: 2021
Lancio previsto: 2030
Un veicolo di lancio completamente riutilizzabile, in corso di sviluppo e finanziato da SpaceX. È composto da due stadi, il booster e la navicella, rinominati rispettivamente Super Heavy e Starship.
La famiglia di lanciatori Lunga Marcia è il prodotto di decenni di sviluppo dell’industria spaziale cinese. È chiamata così dalla lunga marcia della guerra civile cinese che portò alla fondazione della Repubblica Popolare.
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NEW GLENN Lancio previsto: 2021 Un veicolo di lancio orbitale dal diametro di 7 metri, con un terzo stadio opzionale e un primo stadio riutilizzabile. Il secondo stadio ha in comune il diametro del primo stadio, ma utilizza un singolo motore BE-4 ottimizzato per lavorare nel vuoto.
YENISEI Lancio previsto: 2028 Il nuovo razzo da trasporto superpesante russo prevede che venga dapprima sviluppato il lanciatore di classe media Soyuz-5 (2022), utilizzando motori giá disponibili per Roscosmos. Il passo successivo consiste nell’unire multipli vettori di questo tipo, seguendo la strategia testata da SpaceX.
ARIANE 6
VEGA C
Lancio previsto: fine 2021
Lancio previsto: 2021
Ariane 6 permetterà missioni con un carico utile di 11 ton verso orbite GTO e 20 verso orbite LEO. Il lancio inaugurale, previsto per il 2020, è slittato alla seconda metà del 2021 anche a causa dei ritardi nello sviluppo a seguito della pandemia di coronavirus.
Vega C evoluzione del Vega, è stato progettato per ottenere un maggior carico utile ottimizzando i costi di produzione grazie alla condivisione del nuovo primo stadio (P120C) dell’Ariane 6.
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5 SPETTACOLARI LOCATION PER IL VRE FESTIVAL
IL VIRTUALE SI FA CONCRETO di Redazione @ASI_spazio
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Seconda edizione del VRE - Virtual Reality Experience, il festival internazionale - ideato e diretto da Mariangela Matarozzo - dedicato al Cinema VR e al vasto mondo delle Tecnologie immersive e del loro impatto sul nostro presente e prossimo futuro, da quest’anno fra le iniziative della Festa del Cinema di Roma, sezione Risonanze. Il festival si è svolto su cinque importanti e spettacolari location: il MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Villa Maraini, sede dell’Istituto Svizzero, la prestigiosa Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia, l’Ara Pacis, l’Aula Magna Unitelma dell’Università La Sapienza di Roma. E tutto il web grazie anche alla collaborazione con VeeR che ha ospitato fino al 30 ottobre la Selezione Ufficiale del festival del cinema: una piattaforma fruibile da ogni dispositivo (visori, PC, tablet, smartphone) con accesso gratuito in oltre 150 paesi del mondo. Ventidue le opere presentate nelle Selezioni Ufficiali provenienti da Regno Unito, Francia, Corea, Nigeria, Germania, Svezia, Italia, Cina, Australia e Stati Uniti. Questi i vincitori dei quattro Premi in programma: il Best VRE20 VR Film è andato a Passenger degli australiani Isobel Knowles e Van Sowerwine per l’originalità del soggetto e dell’uso combinato della tecnologia VR con la Stop Motion Animation, che rende il tema dell’emigrazione e del viaggio verso un nuovo paese un’opportunità di conoscenza e di condivisione. A decretare il premio una giuria internazionale composta da Yair Agmon, Jaehee Cho, Pierre Emmanuel Le Goff, Rafael Pavon, Kirsty van der Plas. Il VRE20 Young Best VR Film, stabilito da una Giuria under 30 (tutti provenienti da Scuole Superiori e Università), è andato a Black Bag del cinese Qing Saho per l’originalità della storia, l’elevata qualità delle immagini e per l’uso ottimale delle opzioni della realtà virtuale nel distorcere le percezioni visive e uditive. Il Premio Rai Cinema Channel è stato assegnato all’italiano Girolamo da Schio per H.o.m. Per l’originalità e la giusta drammaticità con cui descrive a 360°, sotto forma di mise teatrale e con humor nero, una quotidianità amara e dimenticata che si svolge tra le mura strette e claustrofobiche di una struttura psichiatrica. Infine, il Premio Best Interactive Experience 2020 è andato a Once opon a sea dell’israeliano Adam Levy. un viaggio straordinario e coinvolgente nella regione del Mar Morto, il luogo più basso della terra.
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Telespazio opera in un mondo in continua evoluzione offrendo soluzioni, applicazioni e servizi innovativi per una vita migliore sulla Terra: comunicazioni, geoinformazione, navigazione.
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Scacco galattico IL RACCONTO DI FANTASCIENZA di Gian Filippo Pizzo
Molto probabilmente nessuno di voi ha mai visto un gropi, se non in qualche rara fotografia scattata di nascosto. I gropi apparvero nell’universo conosciuto vari anni fa in un modo che poteva sembrare casuale. Pare che il primo fosse stato notato nella bettola di un astroporto di un mondo periferico, Tipewy. Entrò camminando sulle corte gambe e chiese da bere. Bevve (latte di mucca venusiana) pagò e se ne andò. Nessuno vide come era venuto e come se ne era andato. Il secondo, il terzo, il decimo gropi e il centesimo furono visti in circostanze analoghe. Entravano nei bar, in pianeti lontani dalle rotte commerciali come Frigius, Trantor, Oxa, Rigel VI. Bevevano latte di mucca venusiana, pagavano e sparivano. Naturalmente si fecero ricerche, ci furono inchieste, ma senza risultati. Tentammo anche un contatto, ma rifiutarono recisamente di darci retta. Provammo a far lievitare il prezzo del latte, ma essi pagarono senza batter ciglio le centinaia di crediti che veniva a costare un bicchiere. Tentammo - sempre con la speranza di provocare una reazione - di negargli la loro bevanda preferita, istruendo i baristi perché dicessero che era terminata, ma i gropi scrollavano le spalle con indifferenza e se ne andavano. Osammo anche la violenza, ma su questo non ne so molto perché l’argomento è segreto, salvo che non riuscì. E adesso veniamo ai nostri tempi. Vi ho risparmiato la descrizione fisica dei gropi, con la loro testa completamente calva e il cranio ondulato. Non vi ho nemmeno parlato del termine che usiamo per designarli, che la leggenda vuole nato da un bambino balbettante per la paura di vederne uno. Non sono cose importanti. Quel che è importante è che l’umanità, anzi, l’intera Federazione dei Mondi Umani, vuole saperne di più, perché sembra pacifico che questi imperturbabili esseri possiedano una tecnologia superiore alla nostra. E forse il mezzo per comunicare è stato trovato... Dovete sapere che da un po’ di tempo i gropi si son messi ad acquistare
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«Loro, contravvenendo al consueto modo di comportarsi hanno risposto. E hanno accettato.»
altre cose, oltre al latte di mucche di Venere. Scacchiere, complete dì pezzi rigorosamente del modello Staunton. Sì, gli scacchi sembrano attirarli moltissimo. Alcuni gropi hanno, per caso, osservato persone che giocavano nei bar. Si sono fermati a guardare. Hanno parlato, apostrofando con un qualche inconsueto epiteto gli autori di mosse errate. Sono intervenuti spostando i pezzi annunciando matti imprevisti in una lunga sequela di mosse! Questo ha dato un’idea al Governo della FMU. Sfidare i gropi a scacchi. Loro, contravvenendo al consueto modo di comportarsi (si vede che la cosa gli interessa davvero) hanno risposto. E hanno accettato. La Federazione vuole prepararsi al meglio per questa impresa, così ha costruito un enorme computer, che grazie alla nanotecnologia paraneuronale superasse le capacità dei vari cervelloni scacchisti del passato quali Deep Blue, la Macchina, AlphaZero o Stockfish. Vi ha inserito dentro tutte le partite di cui esiste una documentazione, dalle origini nella vecchia Terra all’ultimo campionato intergalattico. Vi ha memorizzato tutti i manuali più sofisticati, tutti i modelli teorici; ha ricostruito la personalità dei più grandi campioni del passato, da Lasker a Capablanca, da Fisher a Korc’noi, da Kasparov ad Annand a Polgar, da Timman a Leiber, da Caruana a Unnaiu. I programmatori hanno elaborato algoritmi nuovi e, addirittura, un super algoritmo, un sistema che consente di scegliere tra algoritmi diversi. Sono state inserite tutte le analisi dei finali, delle aperture, del centro partita. Sono stati buttati dentro i problemi, gli studi, le combinazioni. Si è perfino pensato di insegnare all’elaboratore gli scacchi eterodossi e vari altri giochi da tavolo, dal bridge all’othello, dal backgammon al neutrix, perché potesse procedere anche per analogia. E, come una ciliegina sulla torta, qualcuno ha anche previsto l’imponderabile, il caso, così il calcolatore a volte può fare una mossa fuori
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schema, per confondere l’avversario. Poi il computer è stato testato. Ha battuto tutti gli altri computer, ha sconfitto tutti i più grandi campioni dei pianeti abitati. Il suo grado di intelligenza artificiale è il più elevato mai riscontrato. Persino la sua conoscenza della psicologia del giocatore è più grande di quella del maggior studioso di scienze della personalità. Per ultimo, è stata simulata una partita virtuale tra il computer e sé stesso: finita, ovviamente, patta. Il computer è ormai pronto ad affrontare il suo avversario: gropi, essere vivente od omologo informatico che sia. Per tutto ciò c’è voluto del tempo, ma i gropi non hanno dato segno di impazienza; fedeli al loro modo di apparire (o forse di essere) hanno semplicemente aspettato, e quando abbiamo comunicato di essere pronti hanno semplicemente risposto – OK, dove ci sediamo? O meglio, questo lo ha risposto il gropi a cui il Negoziatore si è rivolto, perché dovete sapere che questi strani esseri non hanno mai accennato al fatto di doversi rivolgere ai loro superiori o cose simili, come se potessero decidere autonomamente in nome della loro razza. Sono state proprio situazioni come questa a far nascere le ipotesi più disparate su di loro, da chi pensa che siano telepatici a chi sostiene che abbiano una coscienza collettiva – come le colonie di insetti – a chi addirittura ritiene che non esista una razza ma un solo individuo che salta di pianeta in pianeta, tesi questa decisamente improbabile: perché allora comprerebbe le scacchiere? Insomma, il nostro Negoziatore ha dovuto spiegare che bisognava stabilire con anticipo un luogo e un tempo, ma ha anche capito che i gropi volevano misurarsi con un umano in carne e ossa e non avrebbero gradito trovarsi di fronte lo schermo di un computer. Così c’è stato un altro problema da risolvere: chi far sedere al tavolino davanti al gropi a manovrare i pezzi, sia pure collegato con cuffie e munito di tablet con la riproduzione della partita? La soluzione più ovvia sarebbe stata il campione intergalattico in carica, ma si dà il caso che costui fosse di nazionalità marziana e quindi una testa dura, capace di non obbedire ai suggerimenti e di giocare le mosse dettategli dalle sue capacità, rendendo quindi vano lo sforzo intergalattico di aver costruito un elaboratore ad hoc. Alla fine è stato deciso di incaricare il comandante in capo delle forze di difesa della Federazione: avere questa importantissima carica lo rendeva molto rappresentativo, inoltre era uno scacchista molto mediocre e non si sarebbe mai permesso di giocare di testa sua; ma soprattutto era un militare e avrebbe obbedito agli ordini senza fiatare. Adesso sapete tutti come è finita, sicuramente avrete visto in intervisione le partite trasmesse in diretta televisiva a livello galattico. Dopo la terza partita vinta (due giocate con il nero, dove ha utilizzato la Difesa Siciliana e la Caro-Kann) il gropi si è alzato e ha abbando-
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nato il terreno di gioco, con fare piuttosto infastidito (c’è chi giura di averlo visto sbuffare, e sarebbe la prima volta che un gropi ha mostrato una qualunque emozione), convinto di aver mostrato una superiorità schiacciante. È sparito poco dopo, come al solito. Sebbene la vita di tutti noi non cambi e non ci sia niente che possa modificare la nostra tranquilla esistenza, per l’umanità si tratta comunque di uno smacco difficile da digerire. A meno che… Pare che un gropi sia finito addirittura nella vecchia Terra, che sebbene quasi abbandonata in favore di pianeti più ricchi e fertili ha ancora una popolazione viva e vegeta. Qui, su un’isola chiamata Hokkaido, un indigeno quasi centenario giocava una interminabile partita con il nipote ottantenne a un gioco tradizionale, chiamato Go o Wei-Chi, quando il gropi è comparso e si è messo a osservare attentamente le decine di pedine bianche e nere che sembravano poste a casaccio su un tavoliere di 19x19. Chissà se…?
Gian Filippo Pizzo Gian Filippo Pizzo si occupa da oltre 40 anni di fantascienza e fantastico, in campo sia letterario che cinematografico, in qualità di saggista, recensore, editor e curatore di collane, organizzatore di eventi e cineforum, occasionalmente anche scrittore di racconti. Ha curato, anche in collaborazione, 17 antologie delle quali le ultime sono Fantaetruria (Carmignani, 2019) e Rizomi dal sole nascente (Kipple, 2019). È coautore di 11 libri di saggistica di cui il più recente è la Guida ai narratori italiani del fantastico (Odoya, 2018).
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ASI CON BONELLI E DISNEY
A LUCCA IL FUMETTO VA IN SCENA di Redazione @ASI_spazio
La fantascienza, che molto spesso anticipa la scienza, ci pone, come naturali, situazioni impossibili o comunque scientificamente improbabili. È corretto che sia così: è intrattenimento. Ci sembra naturale, nello scorrere le immagini di Star Wars, qualsiasi sia la puntata di questa splendida saga, che tutti gli esseri viventi, umanoidi o altro, respirino la stessa aria. Che tutti i pianeti abbiano la stessa atmosfera della Terra, come anche la stessa gravità e che quindi tutti si muovano normalmente. Abbiano la stessa temperatura o, comunque, adatta alla vita umana anche quando il pianeta non è altro che un immenso vulcano dove scorre solo lava, roccia fusa. Non sapendo, non si ha la percezione di come quello che si vede sia in realtà impossibile. Ma non è un divario incolmabile, al contrario. La fantasia può dotarsi della scienza restando credibile, o perlomeno probabile. E quando gli artisti si cimentano con questa realtà, mostrano una capacità di coniugare i due mondi che è loro propria, che il lettore, come in questo caso, non può che apprezzare, vivendo un’avventura di pura fantasia scientifica inserita in un contesto di realtà scientifica. Il fumetto è una delle arti che meglio sa coniugare fantasia e scienza ed è una delle strade scelte dall’Agenzia spaziale italiana per raccontare le attività spaziali e il loro rapido mutamento in una realtà che ci appartiene nel nostro fare quotidiano, non potendo mancare anche quest’anno all’edizione di Lucca Comics & Games, il festival dedicato al fumetto, all’animazione, ai giochi, ai videogiochi e all’immaginario fantasy e fantascientifico. Un evento che si è svolto come di consueto, anche se virtualmente, nella città toscana dal 29 ottobre al 1 novembre. La manifestazione, quest’anno, ha, infatti, necessariamente cambiato volto lasciando spazio a Lucca Changes, un nuovo evento nato dalla imprescindibile necessità di cambiamento. Un programma ricchissimo, a cui è stato possibile assistere comodamente da casa, online, grazie anche alla collaborazione con la RAI. Tutti gli eventi che si sono svolti a Lucca, ma non solo, sono stati fruibili in streaming, trasformando le sale cittadine in veri e propri studi di broadcasting.
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Leo Ortolani, con il suo stile unico, unisce studio, accuratezza e incredibile cura dei dettagli con l’umorismo acuto che ha reso iconico Rat-Man. E ancora una volta ci fa ridere e sognare.
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L’Agenzia spaziale italiana ha rinnova la sua presenza anche quest’anno con due eventi: la presentazione del volume Lo spazio raccontato da Topolino, realizzato da Panini Comics e ASI e disponibile in edicola, contenente otto storie di cui una inedita e approfondimenti dedicati allo spazio. E il nuovo volume cartonato da libreria! 80 pagine a colori, con una storia a fumetti inedita di Nathan Never, scritta da Bepi Vigna e disegnata da Sergio Giardo, accompagnata da un dossier a cura dell’Asi. Lo Spazio raccontato da Topolino racchiude le otto storie realizzate in collaborazione con Panini Disney nel corso degli ultimi anni. Al suo interno anche una storia inedita: ‘Paperino e la missione improbabile,’ per la sceneggiatura di Alessandro Sisti e i disegni di Stefano Zanchi. In realtà questo numero da collezione presenta una raccolta di otto storie Disney, della famiglia dei paperi, dedicate al tema spaziale e pubblicate su Topolino nel corso degli anni, grazie ad una collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana per raccontare, attraverso il fumetto, i traguardi raggiunti dall’uomo e gli obiettivi futuri nel settore spaziale. Tra astrotopi, cosmopaperi e ospiti speciali, come Roby Vic, cosmonauta grande amico di Paperino, ispirato all’astronauta Esa Roberto Vittori, troveranno spazio curiosità sulle future missioni di esplorazione umana verso la Luna e oltre e sulla vita degli astronauti in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale. Lo spazio raccontato da Topolino, presentato al Lucca Changes 2020, include poi una storia inedita scritta da Alessandro Sisti e disegnata da Stefano Zanchi: Paperino e la missione improbabile, un racconto che mira a raccontare la nuova realtà che lo spazio rappresenterà, sempre di più, nella nostra quotidianità del terzo millennio. Così, ancora una volta, il settimanale Topolino diventa narratore e divulgatore, portando il lettore nel mondo della scienza spaziale attraverso il racconto di avventure avvincenti. Sempre in occasione del festival 2020 di Lucca Comics and Gamers, è stato presentato il volume realizzato da Bonelli con Asi, una nuova avventura di Nathan Never sulla Luna, rinnovata prossima tappa dell’uomo nello spazio. Dopo il successo di Nathan Never – Stazione Spaziale Internazionale, Sergio Bonelli Editore e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sono tornati a collaborare per un nuovo volume cartonato da libreria! 80 pagine a colori, con una storia a fumetti inedita di Nathan Never, scritta da Bepi Vigna e disegnata da Sergio Giardo, accompagnata da un dossier a cura dell’ASI. Scienza e fantascienza si uniscono per raccontare la nuova avventura dell’Uomo sulla Luna, punto di partenza per l’esplorazione del cosmo!
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LA SONDA DELLA NASA ECCEDE NEL RACCOLTO
OSIRIS-REX, MINATORE INGORDO di Redazione @ASI_spazio
La Nasa lo ha confermato Il 23 ottobre scorso, in conferenza stampa, tre giorni dopo l’operazione Tag (Touch and Go): il prelievo di materiale dalla superficie di Bennu è andato a buon fine. Anche troppo. La sonda Osiris-Rex ha, infatti, raccolto un campione molto più abbondante – si parla di centinaia di grammi – rispetto ai 60 grammi necessari per definire la manovra riuscita. Qualcosa deve essere andato storto. Le immagini che ritraggono la testa del campionatore sembrano suggerire un evento imprevisto che potrebbe compromettere l’esito finale dell’operazione, trasformando il successo in fallimento: la sonda sembra disperdere nello spazio il prezioso frutto del raccolto. La perdita – secondo i membri del team di missione – sembrerebbe provenire da alcune fessure nel tappo del raccoglitore, rimaste aperte a causa di frammenti più grandi che non sarebbero riusciti a penetrare completamente all’interno – probabilmente per un eccesso di materiale acquisito – lasciando in questo modo un via d’uscita al campione. È difficile quantificare quanto materiale sia andato perso ma gli esperti stimano che durante le attività fotografiche la sonda abbia rilasciato fino a 10 grammi di frammenti dell’asteroide, ma fortunatamente, sempre secondo gli esperti, il tasso di fuga sembra essere piuttosto basso quando Osiris-Rex rimane relativamente fermo. Ora la priorità del team è quella di immagazzinare il materiale il prima possibile per limitare ulteriori fuoriuscite, tenuto conto che durante la stessa operazione di stoccaggio potrebbero andare perse fino a diverse decine di grammi. Una quantità che però non preoccupa il team di missione, se è vero che, come suggeriscono i dati raccolti finora, la sonda ha effettivamente intrappolato molto più della soglia minima dei 60 grammi. Nei piani originali, la manovra di stivaggio era previ-
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Illustrazione del meccanismo TagSam di cattura del materiale extraterrestre a bordo di Osiris-Rex e del suo stoccaggio nella capsula. Crediti: Nasa.
La telecamera SamCam montata sulla sonda puntata sulla testa del campionatore della sonda Osiris-Rex mostra in anteprima le rocce e la polvere raccolte dalla superficie dell’asteroide Bennu. Crediti: Nasa.
sta per l’inizio di novembre, dopo che la misurazione del campione ne avesse confermato una quantità sufficiente. In caso contrario la Nasa avrebbe valutato un secondo tentativo di prelievo. Ma l’evento inaspettato ha convinto Dante Lauretta, il principal investigator della missione, e il suo team a stravolgere la timeline: per abbassare il rischio di perdere altro materiale si è proceduto quanto prima allo stoccaggio del campione. Il processo di immagazzinamento ha infatti avuto inizio il 27 ottobre, dopo aver finalizzato le varie procedure e aver assicurato uno slot di tempo sufficientemente lungo sulla Deep Space Network, la rete di comunicazione dello spazio profondo a cui contribuisce anche l’Italia con il Sardinia Deep Space Antenna. Una volta stoccato, il campione raccolto, però, non potrà più essere misurato. La sonda dovrà quindi attendere l’apertura della finestra di rientro, nel marzo 2021, per iniziare il viaggio verso casa, portando con sé una quantità di materiale sconosciuta. Se l’operazione avrà avuto successo si saprà solo al momento dell’apertura della capsula, quindi non prima del settembre 2023, dopo che Osiris-Rex avrà fatto rientro sulla Terra atterrando nel deserto dello Utah. Arrivata nell’orbita di Bennu nel dicembre 2018, dopo due anni e centouno giorni di viaggio, la sonda della Nasa, Osiris-Rex, ha studiato l’asteroide da tutte le angolature possibili e ne ha fornito una mappa a 360°. Aiutando gli astronomi a scoprire dettagli fondamentali sulla geologia e la composizione di un oggetto celeste che a malapena raggiunge l’altezza di un grattacielo e che si trova attualmente a oltre 320 milioni di chilometri da noi. Importante anche la partecipazione italiana alla missione, con un team dell’Istituto Nazionale di Astrofisica supportato dall’Agenzia Spaziale Italiana formato John Robert Brucato, Elisabetta Dotto e Maurizio Pajola. Portare a casa un pezzetto di Bennu offre un potenziale scientifico unico, dato dalla storia passata dell’asteroide e dalla sua composizione primordiale. Bennu è infatti una specie di finestra su come poteva essere il nostro sistema solare miliardi di anni fa, mentre prendeva forma e produceva gli ingredienti che avrebbero un giorno aiutato a seminare la vita sulla Terra. Ma oltre ad aiutarci a guardare indietro nella storia del nostro pianeta, lo studio di Bennu ci permette anche uno sguardo al futuro. Per Ettore Perozzi dell’Ufficio per la Sorveglianza Spaziale dell’Asi è fondamentale non solo per le implicazioni scientifiche ma anche per valutare l’efficacia delle tecniche di protezione del pianeta dall’eventualità di impatti cosmici.
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ANCHE STOCCOLMA ATTRATTA DAI BUCHI NERI
Perché? È questa la domanda emersa in ampi strati della comunità scientifica internazionale quando a ottobre è stato assegnato il Premio Nobel per la Fisica 2020. Il riconoscimento è stato conferito per metà al britannico Roger Penrose “per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una solida previsione della teoria generale della relatività” e per l’altra metà, congiuntamente, al tedesco Reinhard Genzel e alla statunitense Andrea Ghez “per la scoperta di un oggetto compatto supermassiccio al centro della nostra galassia”. Perché loro, è la domanda. Con una variante esplicitata da quanti sapevano spiegarsi benissimo il primo “perché”, ma solo a patto di non considerare il fattore tempo - e cioè questa: perché ora? Le ricerche fisico-matematiche che sono valse a Penrose il premio dell’Accademia svedese risalgono infatti a oltre cinquant’anni fa, quando il cosmologo, non ancora trentacinquenne, diede vita a un metodo di calcolo che non solo dimostrava la teoria della relatività generale di Einstein ma, appunto, consentiva la dimostrazione che tale teoria prevede necessariamente la formazione dei buchi neri. E che dire delle indagini condotte da Genzel e Ghez al di qua e al di là dell’Atlantico? Solo questo: pur affinandosi e guadagnando via via in precisione grazie alle strumentazione sempre più sofisticate realizzate col passare del tempo, risalgono in prima battuta a trent’anni fa. E allora il punto è: non avevano capito la portata di tali contributi i membri dell’Accademia reale delle scienze incaricati di assegnare il premio negli anni passati? Oppure, altra ipotesi, quest’anno a Stoccolma non sapevano proprio a chi dare la medaglia d’oro e i nove milioni di corone svedesi? Per l’astrofisico Amedeo Balbi la verità è che “i Nobel vengono generalmente assegnati soltanto quando c’è ragionevole sicurezza che la ‘scoperta’ non si riveli sbagliata”. E aggiunge subito dopo: “I risultati ottenuti da Penrose negli anni 60 erano teorici, speculativi, e c’è stato bisogno di avere conferme osservative”. Che infatti ci sono state. Recentemente. La risposta a quei “perché”, a leggere la stampa internazionale e le opinioni degli esperti in materia, è infatti racchiusa in due parole: buchi neri. E questo vale tanto per il riconoscimento al cosmologo britannico quanto per il premio a Genzel e Ghez, anche se per
QUEGLI OSCURI NOBEL PER LA FISICA di Simone Collini @ASI_spazio
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loro, nelle motivazioni rilanciate da Stoccolma, non c’è alcun riferimento esplicito ai buchi neri. Questi corpi celesti, talmente densi da attirare al loro interno anche la luce e in grado di deformare lo spazio-tempo, hanno inesorabilmente attirato anche le attenzioni della Reale accademia svedese? Magari complice anche l’immagine di un buco nero realizzata nella primavera dell’anno scorso grazie alle antenne radio dell’Event Horizon Telescope? Secondo Fernando Ferroni non ci sarebbe nulla di male: “L’Astrofisica sta vivendo un periodo d’oro, e questo grazie anche a moderne tecnologie che permettono di ottenere risultati a cui in pochi credevano in passato”. Nel 2016, da presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, Ferroni aveva salutato con soddisfazione l’osservazione delle onde gravitazionali grazie alle collaborazioni scientifiche Ligo e Virgo, e quando l’anno successivo vennero insigniti del Nobel proprio per questo Barish, Thorne e Weiss, disse che era stata “premiata la scoperta del secolo”. Sottolinea oggi il docente di fisica delle astroparticelle al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila: “I buchi neri sono stati sdoganati proprio dalle onde gravitazionali”. E se i primi, con tutto il loro carico di oscurità, affascinano più delle seconde, ben venga: come dimostra anche il Nobel di quest’anno, l’astrofisica è comunque al centro. “I Nobel in quest’ambito, se guardiamo all’intera storia del Premio per la Fisica, sono una ristretta minoranza, però una minoranza decisamente concentrata negli ultimi anni”, osserva non a caso Balbi. “L’astrofisica è certamente un campo di ricerca molto attivo, in cui effettivamente si stanno oggi registrando grandi risultati”, sottolinea il docente di Astronomia e Astrofisica all’Università di Roma “Tor Vergata”. I Nobel 2020 rispecchiano questo fatto? Sta un po’ succedendo attorno ai buchi neri quello che avvenne all’inizio del secolo scorso, quando la nascente teoria dei quanti valse il Nobel a Einstein (1921), Bohr (’22), De Broglie (’29), Heisenberg (’32), Schroedinger e Dirac (’33)? Anche, ma non solo. “Quello a Penrose lo giudico più un premio alla carriera - dice Balbi - un po’ come era stato l’anno scorso per Peebles”. Che nel 2019, a 84 anni, è stato insignito del Nobel per i suoi ormai lontani studi sull’evoluzione dell’universo. Meglio un premio alla carriera che niente, verrebbe da dire. Purché però non arrivi troppo tardi. Proprio guardando al caso di Sir Robert, 89 anni compiuti lo scorso agosto, c’è un fatto che più d’uno nel mondo ha sottolineato: la carriera di Penrose si è per una gran parte sviluppata all’interno di una cornice di collaborazione e anche di amicizia con quella di Hawking. Più riservato il primo, più spirito divulgativo il secondo, ma è un fatto che i cosiddetti “teoremi della singolarità” formulati negli anni 70 - quelli che provano a gettare luce all’interno dei buchi neri, quelli che costringono ad ammettere che in certi punti dell’universo le ordinarie leggi della fisica vengono meno - sono oggi universalmente conosciuti come “teoremi Penrose-Hawking”. Se Hawking fosse stato ancora in vita, sicuramente avrebbe diviso il Nobel con Penrose, ha detto all’indomani dell’annuncio da Stoccolma Gabriele Ghisellini, dell’Osservatorio di Brera dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Ma Hawking se n’è andato nel 2018, l’immagine di un buco nero è arrivata solo l’anno successivo e oggi come allora come sempre con i “se” non si fa la storia. Almeno, per come è curvato lo spazio-tempo da queste parti.
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VERSIONE DIGITALE BILINGUE E GRATUITA
LA RIVISTA NATURE SI FA UNA VESTE ITALIANA di Redazione @ASI_spazio
Crediti: Gerald Bruneau.
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Nasce Nature Italy, una nuova rivista digitale, gratuita, incentrata sulla ricerca italiana e sulla comunità scientifica italiana. Scritta sia in italiano che in inglese, secondo gli obiettivi del suo direttore, Nicola Nosengo, metterà in evidenza i risultati migliori e più impattanti della scienza italiana, seguirà la politica di ricerca e le politiche del paese e offrirà ai ricercatori italiani una nuova piattaforma per il dibattito e per far sentire la loro voce. 47 anni, una laurea in Scienza della Comunicazione all’Università di Siena e un Master in comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A.) di Trieste, Nicola Nosengo è giornalista e scrittore. Con la casa editrice Zanichelli ha infatti pubblicato il libro I robot ci guardano. Chirurghi a distanza, aerei senza pilota e automi domestici (2013), mentre con la casa editrice Sironi (Milano) ho pubblicato i volumi L’estinzione dei tecnosauri. Storie di tecnologie che non ce l’hanno fatta (vincitore del Premio “Fermi-Città di Cecina” 2004 per il miglior saggio scientifico e finalista al Premio “Giovanni Maria Pace” 2003) e, con Daniela Cipolloni, Compagno Darwin, L’evoluzione è di destra o di sinistra? (2009). «L’obiettivo – spiega Nosengo – è che il sito web diventi il punto di riferimento per la comunità scientifica italiana nel senso più ampio del termine. Scienziati senior, giovani ricercatori, studenti universitari e dottorandi. Medici, professionisti della politica di ricerca e istruzione superiore. Ricercatori con sede in Italia e scienziati italiani che lavorano all’estero. Ciò non significa che il sito web sia solo per scienziati. È rivolto a tutti i lettori curiosi di apprendere cosa succede nella ricerca, che cercano una fonte di informazione scientifica affidabile e autorevole, e che vogliono capire come la scienza possa contribuire a tutti i settori della società italiana». Nature Italy nasce sulla consapevolezza che a fronte di una comunità scientifica molto apprezzata nel mondo per la qualità della sua ricerca e dei suoi risultati, da anni lo Stato italiano ha cronicamente investito risorse insufficienti in ricerca e innovazione, spendendo molto meno, in proporzione al PIL, rispetto alla media europea e OCSE. Di conseguenza, il sistema di ricerca italiano è arrivato pericolosamente vicino al collasso. Il flusso costante di giovani menti brillanti dall’Italia verso altri paesi in cerca di opportunità di carriera è solo il sintomo più visibile. «Ora, il massiccio pacchetto di stimoli istituito dall’Unione Europea in risposta alla crisi del COVID-19 è un’opportunità - forse l’ultima - per il paese di reinventarsi e di rendersi finalmente conto dell’importanza della scienza e dell’innovazione per la crescita e per il benessere dei suoi cittadini» sottolinea Nosengo che aggiunge: «È qui che si inserisce Nature Italy. Contribuirà a creare un dialogo tra scienza, politica e resto della società. Mostrerà come la scienza possa essere la chiave per far funzionare meglio il paese. Come la ricerca, le prove e la consulenza scientifica possono aiutare a formare una politica migliore in tutti i campi, dalla sanità, l’energia e la protezione ambientale al benessere, l’istruzione, la pianificazione urbana e, non è escluso, il funzionamento interno delle istituzioni stesse».
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