Spazio 2050 N. 11 - Destinazione Spazio. Dalla Terra alla Luna

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Destinazione Spazio dalla Terra alla Luna

La Stazione Spaziale Internazionale apre l'era dell'orbit economy in vista della sfda per la permanenza di donne e uomini sul suolo lunare

SPACE FOR LIFE

CREDIAMO NELLO SPAZIO COME NUOVO ORIZZONTE DELL’UMANITÀ PER COSTRUIRE UNA VITA SULLA TERRA MIGLIORE E SOSTENIBILE.

Multi Purpose Habitation module.

Crediti: Thales Alenia Space

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Spazio italiano motore di sviluppo di Giovanni Caprara

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Stazione Spaziale al passaggio di testimone di Valeria Guarneri

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Altamente tecnologiche, grifate e futuristiche: ecco le stazioni spaziali del futuro di Manuela Proietti

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Turismo spaziale 2.0, lunghi soggiorni e passeggiate nello Spazio di Giulia Bonelli

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La storia del turismo spaziale di Gianluca Liorni

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I progetti di turismo spaziale mai decollati di Giuseppe Nucera

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Artemis: così torneremo sulla Luna di Gloria Nobile

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Thales Alenia Space

Verso la Luna e oltre di Redazione

30 infografica

Il ruolo dell'Italia nell'esplorazione umana di Luna, Marte e oltre di Rafaele Mugnuolo disegno di Paola Gaviraghi

Rivista dell'Agenzia Spaziale Italiana

Supplemento di Global Science

Testata giornalistica gruppo Globalist Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017

Stampato presso Peristegraf srl Via Giacomo Peroni 130, Roma

MPH la casa italiana sulla Luna di Simone Illiano

LuGRE il progetto NASA-ASI per navigare sulla Luna di Mario Musmeci, Gabriele Impresario e Claudia Facchinetti

Dalla regolite ai mattoni lunari con G LAMS di Gabriele Mascetti e Claudia Esposito

Prospect alla scoperta del sottosuolo della Luna di Fulvia Croci

Moonlight, l’Italia in prima linea nel progetto ESA di Fulvia Croci

GNSS: l'Italia investe in un centro di eccellenza con Telespazio di Redazione

A Torino il Centro di controllo per le missioni lunari di Fulvia Croci

Novaeka: il Design Bureau che collega Downstream e Upstream per lo Spazio italiano ed europeo di Redazione

A cura di Ufcio Comunicazione ASI

Responsabile Giuseppina Pulcrano

Direttore responsabile Giuseppina Pulcrano

Coordinamento editoriale

Manuela Proietti, responsabile settore Comunicazione Digitale ASI

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zoom sulle pmi

Sabelt dalla Formula 1 allo Spazio di Silvia Ciccarelli

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Gruppo Hera: collaborazione con Leonardo per recuperare la fbra di carbonio di Redazione

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Artemis: Luna tutte le sfde per restare di Barbara Negri

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Come vivremo sulla Luna di Serena Perilli

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Progetto EMM dalla Terra allo Spazio profondo di Immacolata Donnarumma

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Risorse in situ di Rafaele Pepe e Alessandra Tiberia

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Oracle, ossigeno e acqua dalla regolite di Simone Pirrotta e Francesco Latini

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Umberto Guidoni racconta l’esplorazione del cosmo di Paolo D’Angelo

Progetto grafco Paola Gaviraghi

Si ringraziano tutti gli autori che hanno contribuito a questo numero

Spazio italiano motore di sviluppo

“L’Agenzia spaziale italiana ASI presidia tutti i domini dello spazio: dall’osservazione della Terra con risultati apprezzati nel mondo all’esplorazione di Marte. Ed ora siamo un punto di riferimento anche per i piani lunari con la stazione Gateway e con il modulo MPH, la prima casa selenica”. C’è un legittimo orgoglio nelle parole di Teodoro Valente, presidente dell’ASI, nel raccontare l’affollato panorama di pro getti che mobilitano gli specialisti dell’agenzia.

Guardando all’orizzonte del prossimo decennio e oltre, in quali direzio ni si concentrano gli impegni dell’Agenzia?

“Non trascuriamo nulla che sia importante per accrescere le capacità nazionali sia in campo scientifco che industriale. E lo si comprende sof fermandoci su alcuni programmi tra i più sfdanti. La costellazione Iri de, ad esempio, formata da satelliti che scrutano la Terra nelle lunghezze

d’onda ottiche, iperspettrali e radar aprirà possibilità di grande rilievo nella gestione dell’ambiente del nostro paese. Nelle comunicazioni lunari siamo attori di primo piano del programma Moonlight e tra i supporter più decisi della missione Ramses per indagare l’asteroide Aphophis nel suo incontro ravvicinato con il nostro pianeta nel 2029. Inoltre, nei programmi nazionali c’è il nostro fore all’occhiello rappresentato dal programma Alcor dal quale emergono nano e piccoli satelliti proiettati sia verso indagini terrestri che dello spazio profondo. Alcor è una miniera di progetti per sviluppare tecnologie e conoscenze d’avanguardia. Non dobbiamo infne dimenticare le attività nel campo della robotica, dell’intelligenza artifciale e delle comunicazioni quantistiche. L’elenco, quindi, è molto ricco sotto ogni aspetto.”

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR rappresenta una grande opportunità per la crescita anche nel campo spaziale avviando iniziative che potranno avere un signifcativo impatto nella nuova Space Economy.

“Si, perché nel suo ambito si sviluppano innovazioni di rilievo in campi diversi: dalla costellazione Iride, appunto, ad un potente propulsore a metano, alla rete dei telescopi Flyeye per monitorare asteroidi pericolosi ma anche i rottami cosmici che volano nelle orbite del circondario terrestre. Uno, fnanziato dall’Esa, sarà installato in Sicilia e altri tre sostenuti da ASI saranno insediati in Argentina, Australia e probabilmente negli Stati Uniti creando una preziosa rete di sorveglianza per garantire sicurezza. Ma siamo anche il primo Paese in Europa ad avviare un piano di In-Orbit-Servicing per aprire possibilità di servizi in orbita di diferente natura: dalla produzione di nuovi materiali alla manutenzione di altri veicoli spaziali. Questa è una frontiera importante tanto che l’Unione Europea ha approvato un investimento di 200 milioni di euro per alcune dimostrazioni tec-

L’accesso allo spazio è uno dei temi più discussi. L’Europa ha soferto di un ritardo sia nei programmi che nelle tecnologie ed è stata costretta a far ricorso ai vettori americani di Space X. Ora sono forite diverse iniziative da parte di alcuni Paesi, dalla Germania alla Spagna alla Gran Bretagna. La Francia sviluppa il vettore recuperabile Maia in palese concorrenza con il nostro vettore Vega-C per la sua capacità di trasporto. Come affrontiamo la critica situazione?

“Anche da parte nostra c’è interesse verso

lo sviluppo di un nuovo mini-lanciatore in proprio e lavoriamo con ESA per ampliare le possibilità di accesso allo spazio. Intanto si concretizza ciò che era stato deciso alla conferenza ministeriale di Siviglia garantendo l’autonomia gestionale del vettore Vega-C da parte di Avio che lo costruisce, e la prosecuzione della versione Vega-E ancora più performante. Con i francesi abbiamo buoni rapporti ma ciascuno fa la propria parte. Parigi ha investito 400 milioni di euro per costruire lanciatori propri e noi procediamo con le nostre iniziative. È in corso una competizione la quale, quando è sana, risulta positiva perché consente di ridurre i tempi e i costi rendendo il tutto più sostenibile. Tuttavia, questi elementi di competizione non cancellano una necessaria e indispensabile collaborazione. Se si vuole garantire l’indipendenza dell’Europa verso lo spazio un paese da solo non può agire”.

Siamo anche il primo Paese in Europa ad avviare un piano di In-Orbit -Servicing per aprire possibilità di servizi in orbita di differente natura.

Intanto in ESA si accentua da parte delle nazioni partner anche il confronto sul cosiddetto georitorno, cioè l’assegnazione di produzioni alle industrie dei Paesi fnanziatori dell’agenzia proporzionata agli investimenti compiuti. Le voci contrarie al metodo stabilito all’inizio della storia dell’ESA sono sempre più numerose. Quale è il suo orientamento? “Il georitorno ha dato sicuramente dei risultati positivi per la crescita del sistema italiano. Bisogna comunque precisare che la regola non vale per tutti i progetti. Ben oltre un quarto dei fondi ESA, ad esempio, non è vincolato. È evidente che i tempi cambiano e oggi bisogna ragionare con un occhio diverso. Aggiungo, però, che in certi casi il meccanismo del georitorno non ci ha favorito ma addirittura penalizzato e alcune nostre buone proposte non sono state accettate perché avremmo sforato il limite consentito. In prospettiva non ho preoccupazioni per il ruolo italiano. Se la competizione è trasparente non abbiamo nulla da temere”.

Su questa scia di natura economica l’evoluzione delle attività spaziali si confronta anche sulle fonti di fnanziamento andando al di là del sostegno unico delle agenzie statali facendo emergere la necessità di una partecipazione sempre più coinvolgente del fronte privato. Negli Stati Uniti si è materializzato così il “fenomeno Musk” con la sua Space X. È la via giusta per garantire un futuro?

“Non c’è dubbio che sia necessario entrare nell’ottica pubblico-privato unendo risorse provenienti da enti pubblici con quelle legate al mondo privato rese disponibili da aziende o dal mercato fnanziario. Naturalmente fa eccezione il sostegno dei programmi strategici nazionali nei quali i privati possono essere più complementari. Il fnanziamento pubblico deve essere visto come un moltiplicatore agendo da volano. Ed è l’unico modo per sviluppare una Space Economy che coinvolgendo le industrie rende possibile l’allargamento degli orizzonti e il loro potenziamento. Lo sviluppo di applicazioni dai dati satellitari, ad esem-

pio, è un settore nel quale il privato può trovare ampio coinvolgimento e adeguata remunerazione. Il percorso sarà necessariamente progressivo ma non c’è dubbio che sia opportuno metterlo in pratica in Italia e in Europa ampliando insieme le misure di sostegno alle start-up; un campo nel quale rispetto agli Stati Uniti siamo un po’ indietro”.

Nel momento favorevole che attraversa l’attività spaziale nazionale i rapporti fra le agenzie spaziali e fra le nazioni sono determinanti, incentivando la crescita di una Space Diplomacy accanto alla Space Economy. L’ASI e l’Italia gioca su fronti diversi, secondo quali intenti?

Con gli Stati Uniti i rapporti iniziati 60 anni fa con il Programma San Marco continuano ad essere ottimi e siamo stati tra i primi a sottoscrivere il Programma Artemis per il ritorno sulla Luna. La fducia della Nasa nell’assegnazione alle nostre aziende di vari ruoli come quello per la costruzione del Multi-Purpose Habitat, la prima casa lunare, lo dimostra. Altre importanti collaborazioni le abbiamo con il Jet Propulsion Laboratory per l’esplorazione interplanetaria. Queste si integrano con gli impegni europei in ESA senza alcun confitto. Inoltre, abbiamo varie forme di cooperazione con altre nazioni. Tutti questi rapporti multilaterali extraeuropei non rappresentano una contrapposizione ma un valore aggiunto sia per il nostro paese che per il resto dell’Europa facendo da ponte tessendo legami sempre più ricchi di risultati”.

Dagli interessi spaziali europei è emersa una situazione da gestire con attenzione per la formazione di un secondo ente battezzato Euspa fnanziato dalla Commissione Europea orientato, almeno a parole, solo al mondo delle applicazioni spaziali; quindi, alla navigazione satellitare con la costellazione Galileo e all’ambiente e alla sicurezza con i satelliti della famiglia Copernicus. Come potrà evolvere questa situazione?

“Ne ho già discusso con il direttore generale dell’ESA Josef Aschbacher. È necessario afrontare il rapporto tra ESA e Euspa gestendo con metodo appropriato le tematiche di interesse reciproco dei due enti. Abbiamo davanti un’importante partita europea e sarà determinante la posizione del nuovo commissario istituito proprio per lo spazio e la difesa assegnato a Andrius Kubilius.

I rapporti internazionali gestiti dell’ASI con il Comint, il Comitato interministeriale per le politiche aerospaziali, includono anche nazioni come il Giappone, i paesi africani e sudamericani. Con quali strategie?

“Con il Giappone la collaborazione è sempre più intensa e a tal fne alla fne del 2023 il ministro del Made Italy Adolfo Urso ha sottoscritto un partenariato strategico in cui sono incluse numerose attività comprendenti dallo scambio dei dati satellitari alla valutazione

dei detriti spaziali. Sempre più rilevanti sono pure le azioni coinvolgenti i paesi africani a partire dal Kenya con cui abbiamo un rapporto storico iniziato con il programma San Marco del quale celebriamo il 60mo anno dal lancio del primo satellite San Marco-1. Dal 1967 a partire dal San Marco-2 abbiamo lanciato altri nove satelliti dalla base mobile all’Equatore. Oggi è presente sulla costa kenyota il Centro spaziale Luigi Broglio nel quale assieme alle numerose attività con i satelliti in orbita di varie nazioni abbiamo realizzato un museo dedicato allo stesso Broglio e alla sua pionieristica iniziativa.  In generale, con i paesi africani, grazie al Piano Mattei, raforzeremo i rapporti sia con il Kenya sia con altre nazioni come Algeria ed Egitto aiutando lo sviluppo di competenze utili al loro sviluppo sociale ed economico afrontando tematiche legate al territorio, allo sviluppo agricolo ai dati ambientali in genere. Con la stessa logica altrettanto impegno è rivolto ai paesi sudamericani e del sudest asiatico”.

Il fnanziamento pubblico deve essere visto come un moltiplicatore. Ed è l’unico modo per sviluppare una Space Economy che coinvolgendo le industrie rende possibile l’allargamento degli orizzonti e il loro potenziamento.

Nel futuro prossimo si disegna uno scenario con stazioni orbitali private e di conseguenza un via vai sempre più intenso di astronauti per seguire le crescenti attività, molte delle quali commerciali. La stessa Aeronautica Militare Italiana con il suo astronauta Walter Villadei sta sostenendo la nuova prospettiva. Quale sarà il coinvolgimento dell’ASI?

“Con l’Aeronautica abbiamo rapporti molto buoni e un’intesa per cooperare alle reciproche iniziative. Per gli astronauti italiani comprese le due riserve selezionate dall’ESA ci saranno opportunità di volo. Nel mentre, per le due riserve l’ASI ha sostenuto economicamente il loro training presso l’Eac, il centro astronauti di Colonia.

Noi abbiamo regole da seguire che distingueranno gli aspetti istituzionali da quelli commerciali. Per le stazioni private il nostro interesse è legato alle attività di sperimentazione scientifca da condurre a bordo e che potremo efettuare in base alle opportunità che si presenteranno”.

Presidente Valente, un’ultima domanda che riecheggia una preoccupazione talvolta serpeggiante soprattutto nel mondo industriale. Dopo il PNRR e il suo rilevante sostegno che cosa potrà succedere?

“Succederà che se gli obiettivi saranno raggiunti, e oggi non c’è motivo per dubitarne, le misure attuate dal PNRR dovranno autoalimentarsi sulla parte commerciale. Si tratta di un’evoluzione a cui stiamo lavorando in modo tale che gli investimenti compiuti riescano a generare domani redditività.

La domanda è normale in una condizione di sostegno pubblico come l’attuale, magari cercando il modo di avere una continuità. Ma sono convinto che ci vuole un cambio di paradigma con un progressivo ingresso dei privati. Dobbiamo accettare l’idea che gli investimenti pubblici devono essere concepiti e mirati solo per stimolare ed alimentare un corretto futuro”.

Stazione Spaziale al passaggio di testimone

di Valeria Guarnieri

Nel 2030, dopo 32 anni di servizio, il grande laboratorio orbitante dovrebbe cessare le sue attività.

Tra poco più di cinque anni ci dovrebbe salutare, lasciando il testimone a nuove ‘case cosmiche’ in cui si continuerà a svolgere attività scientifca in orbita bassa: la ‘pensionanda’ in questione è la Stazione Spaziale Internazionale, il cui ritiro è previsto nel 2030.

Il grande laboratorio, i cui primi progetti risalgono agli inizi degli anni ’80, è nato dalla collaborazione delle principali agenzie spaziali mondali (Nasa, Roscosmos, Esa, Jaxa e Csa) e coinvolge 15 diferenti nazioni, tra cui l’Italia che ha fornito un signifcativo contributo tecnico-scientifco. La Iss, una delle maggiori opere ingegneristiche concepite dall’umanità, ha mosso i suoi primi passi nello spazio nel 1998, anno dell’avvio delle procedure di assemblaggio che si sono concluse ne 2011. A lavori ultimati, la Stazione, che si trova in orbita a 400 chilometri di altezza, misura 73 metri per 109 e pesa 450 tonnellate. Dal novembre 2000, l’avamposto è stato abitato in via continuativa da svariati equipaggi di astronauti che si sono avvicendati secondo uno specifco calendario e, dal 2001 in poi, ha ospitato in diverse missioni quasi tutti gli astronauti italiani. Umberto Guidoni, con la missione Sts-100 lanciata il 19 aprile 2001, è stato il primo astronauta europeo a bordo della Iss.

Dopo tanti anni trascorsi in un ambiente dalle condizioni estreme come lo spazio, anche un’opera dell’ingegno di questo calibro ha cominciato

a manifestare segni di vetustà che porteranno all’inevitabile pensionamento. Dopo varie proroghe, il termine della vita operativa della Iss è stato al momento fssato al 2030.

Ma quale sarà il destino di questo simbolo di cooperazione? La Nasa ha optato per una procedura di deorbitazione che porterà a un rientro controllato della stazione.

In un ‘libro bianco’ che l’ente spaziale Usa ha difuso per illustrare la procedura, sono stati spiegati i motivi che hanno portato a questa scelta: le alternative, come lo smontaggio e il rientro in sicurezza di singole parti oppure la ricollocazione della Iss in un’orbita più elevata, sono state scartate per ragioni tecniche. Anche un eventuale trasferimento della stazione a un operatore privato è stato scartato, dato che le sue componenti appartengono a diferenti nazioni.

La Nasa, quindi, ha concluso che la deorbitazione è il metodo più adatto per concludere in piena sicurezza la vita operativa della stazione.

La Stazione Spaziale vista dalla navetta Dragon, foto del 2021.

Crediti NASA

Lo scorso luglio, l’ente spaziale americano ha annunciato di aver assegnato a SpaceX un contratto da 843 milioni di dollari per la realizzazione di un veicolo che servirà ad ‘accompagnare’ la Iss nel suo viaggio fnale. Nello specifco, in un briefng tenutosi il 17 luglio, i tecnici di Nasa e SpaceX hanno fornito i dettagli sul mezzo che afronterà questo compito: il veicolo, defnito Usdv (United States Deorbit Vehicle), sarà in pratica una versione modifcata della Dragon, la capsula che viene impiegata regolarmente per le operazioni di trasporto verso la ‘casa cosmica’.

Il design di Usdv quindi si baserà su quello della Dragon, ma con un ‘tronco’ - ovvero la struttura di servizio al di sotto della capsula - più grande e dotato di un maggior numero di propulsori Draco. In tutto, i Draco saranno 46, di cui 30 destinati a efettuare la manovra che farà abbassare l’orbita della Stazione e 16 per il controllo di assetto. Il tronco di Usdv, infatti, sarà lungo il doppio rispetto a quello usuale e conterrà, oltre ai propulsori, i tank del propellente, i generatori di energia e altri sistemi.

Una volta che SpaceX avrà completato Usdv, la Nasa prenderà possesso del veicolo e lo invierà verso la Iss poco dopo l’arrivo dell’ultimo equipaggio. Dopo l’attracco, i tecnici dell’agenzia spaziale Usa lasceranno che l’orbita della Stazione decada in maniera spontanea fno al raggiungimento della quota di 330 chilometri di altitudine dalla Terra; a questo punto, gli astronauti diranno addio alla Iss, la cui orbita verrà lasciata decadere per altri 6 mesi circa.

Successivamente, la Nasa userà Usdv per la deorbitazione controllata della Stazione fno a portarla al di sopra di una vasta area oceanica dove avverrà il rientro. Secondo i tecnici, potrebbero sopravvivere alcuni frammenti della Iss – con dimensioni che oscillano tra quelle di un forno a microonde e quelle di una berlina – ma dovrebbero cadere nel tratto di mare prescelto.

La massa di Usdv è stimata in oltre 30mila chilogrammi, di cui 16mila di propellente: un dato che la Nasa dovrà tenere presente nella scelta del lanciatore, da individuare almeno tre anni prima del lancio. Dal 1998 a oggi, la Stazione ha ospitato 280 astronauti da 23 nazioni diverse e nelle sue strutture si sono svolti oltre 3mila esperimenti scientifci che hanno coinvolto ricercatori di ben 108 paesi: la Nasa ha defnito la Iss «uno storico simbolo di scienza, tecnologia e collaborazione», appellativo che la ‘casa cosmica’ merita a pieno titolo.

Il Made in Italy a bordo della ISS

L’Italia ha svolto un ruolo fondamentale nella costruzione della Iss. Realizzati in Italia sono il Nodo-2 Harmony e il Nodo-3 Tranquillity e la Cupola. Inoltre il nostro Paese ha contribuito al laboratorio europeo Columbus e ha realizzato i 3 moduli logistici Mplm, tra cui ‘Leonardo’ che nel 2011 è stato agganciato in maniera permanente alla stazione. Proprio con il lancio di Leonardo, nel 2001, l'Italia è diventata la terza nazione, dopo Russia e Usa, ad avere un proprio modulo agganciato alla Stazione Spaziale Internazionale.

Il modulo multiuso permanente Leonardo. Crediti: NASA

La capsula USDV. Crediti: SpaceX

AltAmente tecnologiche, griffAte e futuristiche: ecco Le stazioni spaziaLi deL futuro

Spostiamo le lancette in avanti di una manciata di anni, fno alle soglie del 2030. Immaginiamo di fare parte di un ente di ricerca, di un’agenzia spaziale governativa o di un’azienda privata e di avere l’esigenza di portare nello spazio un esperimento o una tecnologia da testare o validare. O magari, di essere un facoltoso turista spaziale che desideri regalarsi (o regalare) un soggiorno in microgravità. Ebbene, probabilmente, in questo momento, staremmo valutando quale, tra le diverse oferte presenti sul mercato, faccia più al caso nostro, in termini di costi, servizi oferti, ma anche di comfort e optional più o meno lussuosi e tecnologici per godere al massimo della nostra prossima space experience. Se il Commercial Low Earth Orbit De-

velopment Program (CLP) della Nasa avrà proceduto senza intoppi, avremo ben tre brochure da ‘scrollare’ di altrettante nuove stazioni spaziali sviluppate da società private, pronte a proporre formule di servizi a pacchetto, oferte per soggiorni all-inclusive (più una serie di costosissimi extra, come potrebbe essere, ad esempio, una passeggiata extra-veicolare) con un listino prezzi, possiamo dirlo, spaziale. Forse potrà sembrare uno scenario troppo futuristico e poco futuribile, eppure, in realtà, tutto ciò fa parte di un programma della NASA già approvato, i cui contratti sono già stati assegnati e che ha già compiuto i primi, importanti passi. Se vi state chiedendo quale possa essere l’interesse dell’Agenzia americana a investire

L'interno della Orbital Reef Station. Crediti: Orbital Reef

centinaia di milioni di dollari (solo per cominciare) per fnanziare società commerciali che sviluppino avamposti spaziali privati, beh, lo spiega direttamente la NASA in un video: «LEO sta per Low Earth Orbit ed è una porzione di Spazio, a circa 400km di altezza, che per oltre 20 anni è stata sede di un laboratorio scientifco unico nel suo genere: la Stazione Spaziale Internazionale. Il suo ambiente senza peso ha permesso importanti avanzamenti, scientifci e ingegneristici, che non sarebbero stati possibili a terra […] e sta preparando l’umanità a spingersi ancora più lontano. Ora che la Stazione si avvicina alla fne della sua esistenza (ne parliamo a pag. 8 di questo numero, ndr), l’America manterrà la sua leadership in LEO avviando una nuo-

va era del volo spaziale commerciale. Lavorerà a fanco dei partner industriali per sviluppare la prima generazione di stazioni spaziali commerciali, interamente gestite e possedute da privati, che vedrà la NASA essere uno dei tanti clienti. Questa nuova economia orbitale stimolerà il commercio e spingerà verso una nuova generazione di ingegneria aerospaziale aprendo le porte a scoperte scientifche e ad astronauti privati, permettendo alla NASA di continuare le attività di sperimentazione in orbita LEO, supportando l’esplorazione dello spazio profondo e riportando questi benefci di nuovo a casa, sulla Terra».

La NASA la chiama ‘economia dell’orbita bassa’ e, in efetti, promette di avviare un flone di opportunità

In alto Starlab e sotto l'Axiom Station.
Crediti: Starlab e Axiom Station

commerciali, scientifche e tecnologiche, di aprire un mercato nuovo di zecca per lo sfruttamento dello spazio. Ed è un’operazione che per la NASA ha anche una straordinaria valenza strategica: delegare ai privati da una parte consente all’Agenzia di andare in continuità con la ISS, mantenendo una presenza fssa degli Usa in LEO (non dimentichiamo che la Cina ha una propria stazione in orbita, pienamente operativa) e allo stesso tempo permette di convogliare gli sforzi sul prossimo obiettivo: la Luna, e poi Marte. Tre sono i progetti fnanziati. A guidarli sono Axiom Space, Blue Origin e Nanoracks.

a xion station, la prima stazione spaziale privata della storia

Axiom sulla ISS è già di casa. Il suo CEO è Michael Sufredini, che è stato Program Manager della ISS dal 2005 al 2015. L’azienda texana, che tra i suoi impiegati annovera l’ex amministratore NASA, Charles Bolden, è stata, in assoluto, la prima azienda privata a portare sulla Stazione, nel 2022, una crew interamente composta da astronauti non governativi. Anzi, a dire il vero, di spedizioni - tutte servite da SpaceX - ne ha già all’attivo tre da quattro passeggeri ciascuna, lanciate in appena tre anni. L’ultima, Ax-3, aveva a bordo l’astronauta italiano dell’Aeronautica militare, Walter Villadei.

L’obiettivo della società è molto ambizioso e dichiarato a voce altissima: non si può non notarlo, appare accanto al nome googlando Axiom: World’s First Commercial Space Station. Come a dire, saremo noi i primi. Non ce n’è per nessuno. E, in efetti, procedono spediti. Di sicuro saranno i primi (nonché gli unici) ad agganciare un proprio modulo alla ISS. Con un contratto da 140 milioni di dollari, nel 2020 Axiom si è aggiudicata l’esclusiva (il competitor era Bigelow Aerospace, ma poi non ha presentato la proposta) per la realizzazione di due moduli abitativi, con il primo che dovrà attraccare alla ISS nel 2026. È la cosiddetta ‘fase di transizione’ che porterà, alla fne degli anni ’20, alla progressiva dismissione della Stazione e al distacco dei moduli Axiom che andranno poi a comporre la futura, autonoma Axiom Station. All’interno del sito si legge: la costruzione della prima stazione spaziale commerciale è in corso. Il primo contraente è Thales Alenia Space ed è negli stabilimenti italiani di Torino che si sta realizzando la struttura del primo modulo abitativo, un cilindro da 11 metri per 4,2 di diametro. E da alcuni dettagli si capisce che sarà di un certo stile: il rendering degli alloggi personali dell’Hab One mostra interni scintillanti, con imbottiture trapuntate e tempestate da led che cambiano colore frmati Philippe Starck. Per ognuno dei 4 occupanti è prevista un afaccio privato sullo spazio e un pannello di comunicazione touch, oltre al wi-f ad alta velocità.

Il progetto della Axiom Station prevede anche una

Gli interni dell'Axiom Station disegnati da Philippe Starck. Crediti: Axiom

grande cupola a vetri per una vista panoramica sullo spazio, un modulo scientifco e un elemento verticale con grandi pannelli solari per garantire l’autonomia energetica una volta lasciata la ISS. Tra le opzioni sulla carta, anche quella di agganciare il modulo italiano Leonardo quando la Stazione spaziale internazionale terminerà la sua vita operativa.

orbital reef, il parco commerciale spaziale end-to-end

Orbital Reef mette insieme alcuni dei player più rilevanti dell’industria spaziale statunitense, tra cui

Blue Origin e Sierra Space, che sono i capofla, e poi Boeing, Redwire, Amazone Supply Chain e altri, lanciando un concept completamente diverso, basato sull’integrazione di più capacità tecnologiche, mettendo a disposizione ogni tipo di servizio.

Immaginate una grande struttura dall’aspetto futuristico, fatta di grandi moduli in cui si incastonano ampie fnestre, con un volume base di 830 metri cubi in grado di ospitare fno a 10 persone contemporaneamente.

Le infrastrutture scientifche e abitative sono separate e le combinazioni di utilizzo sono infnite, grazie a un’architettura aperta e scalabile “che permetterà a qualunque nazione, agenzia, cultura o cliente

di unirsi a noi”, come si legge in una scheda informativa ufciale. I clienti ‘senior’ potranno arrivare all’avamposto - che sarà posto a 500 km di altezza - con un proprio mezzo attraccando alle interfacce standard navette e moduli, per poi sfruttare le facility messe a disposizione a bordo.

Viceversa, i ‘novizi’ potranno afdarsi a servizi endto-end, acquistando tutto ciò di cui hanno bisogno, attraverso l’assistenza Reef Starter.

Orbital Reef è un parco commerciale nello spazio, dove ciascuno, dallo scienziato alla start-up, dal turista all’ente spaziale, potrà costruire su misura il pacchetto che desidera, attingendo a specifci servizi. La forza di questo progetto, oltre che nell’idea di fondo, sta nella messa a fattor comune da parte delle società partecipanti di specifche expertise

Da Blue Origin arriverà il sistema di lancio riutilizzabile New Glenn e i grandi moduli; Sierra Space fornirà i moduli LIFE (Large Integrated Flexible Environment), i nodi e lo spazioplano Dream Chaser (lo stato di avanzamento versione crew non è però ancora noto) per il trasporto di equipaggio e merci; Genesis Engineering Solutions svilupperà una navicella per operazioni esterne di routine ed escursioni turistiche fuori dalla stazione.

Solo per citarne alcune. Orbital Reef così come Starlab sono stati fnanziati dallo Space Act del 2021 per sviluppare la fase di progettazione, la prima delle due previste dal programma.

Starlab, il parco scientifco frmato Hilton

La stazione proposta da Nanoracks, sviluppata da una joint venture tra Voyager Space e Airbus Defence And Space sarà composta da due moduli, uno di servizio dotato di pannelli solari che fornirà propulsione ed energia e uno che fungerà da habitat e laboratorio e avrà porte di attracco.

Il diametro degli elementi sarà di 8 metri, il doppio rispetto a quello dei moduli della ISS. Tratto distintivo di Starlab sarà che, a diferenza dei competitor, non necessiterà di assemblaggio in orbita, ma sarà portata nello spazio in un unico lancio con lo Starship di SpaceX, attualmente in calendario per il 2028.

La struttura consentirà di ospitare 4 astronauti e il suo fore all’occhiello sarà un ‘parco scientifco’ composto da un laboratorio di biologia, uno di scienze fsiche e di ricerca sui materiali, una serra e un’area di lavoro.

Come Axiom Station anche Starlab strizza l’occhio al lusso con la sottoscrizione di una partnership con la catena alberghiera Hilton che disegnerà gli interni degli ambienti, in particolare quelli destinati agli astronauti.

Commercio, ricerca e turismo. Segnatevi queste tre parole, ma soprattutto appuntatevi questa espressione: orbit economy. Ne sentiremo parlare molto nel decennio a venire. In

alto la stazione Orbital Reef. Crediti: Orbital Reef

turISmO SPazIale 2.0

Lunghi soggiorni e Passeggiate neLLo sPazio

È un nuovo turismo spaziale quello cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Ne è un esempio chiave il programma Polaris, che con la missione Polaris Dawn ha visto la prima passeggiata spaziale effettuata da privati, nonché la prima svolta da una navicella Crew Dragon. Intanto, Vast e SpaceX lavorano alla futura stazione spaziale turistica Haven-1, mentre Virgin Galactic e Blue Origin proseguono la loro corsa nel turismo spaziale privato e Boeing cerca di recuperare il tempo perduto con la sua capsula Starliner.

Polaris e la prima passeggiata spaziale privata

Tra tutte le iniziative spaziali private degli ultimi mesi, la missione Polaris Dawn è certamente quella che più ha fatto parlare di sé. Lanciata il 10 settembre 2024 dal Kennedy Space Center della Nasa a bordo della capsula Crew Dragon installata su un razzo Falcon 9, entrambi forniti da SpaceX, Polaris Dawn ha portato nello spazio quattro privati cittadini. La missione, della durata di cinque giorni, è stata fnanziata dal miliardario americano Jared Isaacman, comandante dell’equipaggio. Con lui hanno volato il pilota Scott Poteet, colonnello dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti in pensione, e le specialiste di missione Sarah Gillis e Anne Menon, entrambe ingegnere di SpaceX, nonché prime dipendenti dell’azienda a volare nello spazio.

Illustrazione della stazione spaziale Haven-1 con agganciata una navetta Crew Dragon. Crediti: Vast

Sarah Gillis dell’equipaggio di Polaris Dawn durante la prima passeggiata spaziale privata. Crediti: SpaceX

Per Isaacman è stato il secondo viaggio spaziale, dopo la missione (sempre da lui fnanziata) Inspiration4 del 2021, che ha visto il primo volo nello spazio esclusivamente composto da privati. Ma Polaris Dawn si è spinta ancora oltre, con una serie di record. Il più spettacolare è stato quello segnato dalla prima passeggiata extraveicolare privata, nonché la prima svolta da una navicella Crew Dragon. A efettuare l’Eva, di una durata di circa due ore, sono stati lo stesso Jared Isaacman e Sarah Gillis, che hanno testato le nuove tute spaziali targate SpaceX. In realtà tutti e quattro i membri dell’equipaggio hanno indossato le nuove tute, dal momento che la Crew Dragon, priva di camera di equilibrio, è stata depressurizzata per la passeggiata spaziale. L’equipaggio di Polaris Dawn è stato dunque il primo che ha visto quattro persone esposte contemporaneamente al vuoto dello spazio. Un altro primato della missione riguarda poi la distanza coperta dalla Crew Dragon: la navetta si è spinta fno a quota 1.400 chilometri, stabilendo così il record dell’orbita terrestre più alta mai raggiunta dall’essere umano. Non è mancato infne un record per così dire artistico: un concerto eseguito contemporaneamente dallo spazio e da sei orchestre a Terra, il tutto trasmesso in diretta dalla rete satellitare Starlink, sempre di proprietà di SpaceX. Suonando per la prima volta nella storia un violino a zero G, Sarah Gillis ha evocativamente interpretato il Rey’s Theme di Guerre Stellari. Una performance che simboleggia la nuova concezione di esplorazione umana dello spazio portata avanti dalle grandi imprese private come Polaris Dawn: un misto di sfde tecnologiche, turismo estremo e fruizione dell’ambiente spaziale in modo completamente nuovo – non soltanto per gli ancora pochissimi protagonisti di queste imprese, ma anche per gli appassionati che seguono da Terra. E infatti la saga di Polaris Dawn non si ferma qui. La missione è parte del più ampio programma Polaris, che punta a realizzare relativamente a breve un nuovo volo privato a bordo della Crew Dragon. Per poi arrivare al gran fnale: il terzo lancio di Polaris dovrebbe essere infatti il primo volo con equipaggio a bordo di Starship, la navicella di SpaceX destinata al futuro trasporto di esseri umani sulla Luna e, un giorno, su Marte.

Haven-1, la futura stazione privata per turisti

spaziali

Se con il programma Polaris SpaceX ha fatto un balzo in avanti nel turismo spaziale, con il progetto Haven-1 l’azienda di Elon Musk punta ad allearsi alla prima grande impresa di stazione spaziale privata costruita a scopi turistici. Il progetto è di Vast, azienda aerospaziale privata con sede in California fondata nel 2021 dall’imprenditore Jed McCaleb - già molto noto nel settore delle criptovalute per aver creato il primo grande scambio di Bitcoin, Mt Gox. Haven-1, il cui primo modulo avrà un’altezza di dieci metri per quattro di diametro, partirà a bordo di un Falcon 9 di SpaceX. Inizialmente sarà utilizzata come una stazione spaziale auto-

noma, ma in un secondo momento diventerà appunto un modulo di una stazione spaziale più grande, al momento ancora in fase di sviluppo. Le tempistiche sono ambiziose: secondo quanto dichiarato da Vast, il primo lancio di Havan-1 dovrebbe avvenire già nel 2025, seguito dai primi voli umani nel 2026. E infatti, a diferenza di Axiom Station, Orbital Reef e Starlab, la stazione spaziale privata Haven-1 nasce proprio con l’idea di portare avanti un turismo spaziale 2.0. Vast1, la prima missione con equipaggio del programma di Vast e SpaceX, volerà a bordo di una Crew Dragon con destinazione Haven-1. L’equipaggio, composto da quattro privati cittadini, diventerà così il primo a soggiornare in una stazione spaziale privata, per una permanenza che durerà fno a 30 giorni. Vast ha già preso accordi con SpaceX per un secondo volo umano verso Haven-1, Vast-2, anche se i dettagli (e i costi) di queste future imprese private non sono ancora noti. Quel che invece sappiamo è che l’obiettivo a lungo termine del progetto Haven-1 è ancora più visionario. Nel corso degli anni Vast punta, infatti, a costruire una stazione spaziale lunga più di 100 metri e in grado di ospitare decine e decine di persone in contemporanea. Segni particolari: la capacità di produrre gravità artifciale, ruotando su se stessa proprio come immaginato nei migliori racconti di fantascienza.

I turisti spaziali di Virgin Galactic e Blue Origin

Forse meno fantascientifci di Haven-1, ma comunque altrettanto ambiziosi, sono i progetti di turismo spaziale di Virgin Galactic e Blue Origin. Le aziende create rispettivamente da Richard Branson e Jef Bezos sono da sempre in competizione con le loro diverse oferte di viaggi privati nello spazio. Una competizione che afonda le sue radici nel luglio del 2021, quando entrambi i miliardari, a una manciata di giorni di distanza, hanno inaugurato in prima persona i rispettivi veicoli per il trasporto privato di turisti spaziali. Il primo è stato Branson, a bordo dello spazioplano Vss Unity, che ha dato così il via ai voli suborbitali targati Virgin Galactic. A seguire, Bezos è partito a bordo del razzo e dell’omonima navicella New Shepard, che ha invece segnato l’inizio dei voli privati di Blue Origin. Da allora, entrambe le aziende hanno continuato con i loro programmi di turismo spaziale, arrivando a ospitare diversi viaggiatori paganti. Ad oggi, Virgin Galactic ha efettuato 7 voli commerciali, l’ultimo dei quali a giugno 2024, e sta ora lavorando sul successore dello spazioplano Vss Unity, che sarà sostituito dai più moderni e spaziosi veicoli della classe Delta. Dal canto suo, Blue Origin ha completato il suo ottavo volo spaziale privato nell’agosto 2024, riprendendo così la sua tabella di marcia dopo un lungo stop dovuto a un’anomalia riscontrata durante la missione Ns-23. Continuano così i progetti di turismo spaziale delle due aziende, che ofrono ai loro passeggeri la possibilità

Anastatia Mayers durante la missione commerciale Galactic 02. Crediti: Virgin Galactic

di sperimentare la sensazione di futtuare per qualche minuto nello spazio – anche se in questo caso la defnizione di ‘spazio’ non è univoca, perché parliamo di distanze che vanno tra gli 80 e i 100 chilometri di altezza, appena al di sopra del confne con l’atmosfera terrestre. Abbastanza però da poter vedere la Terra dall’alto, in quello che sembra assomigliare a un nuovo sport estremo per milionari. Ma che un giorno, nelle intenzioni di Virgin Galacric e Blue Origin, potrebbe diventare accessibile a molte più persone, promuovendo così un’idea completamente nuova di turismo spaziale

Starliner e il turismo spaziale (ancora lontano) di Boeing

Se Virgin Galactic e Blue Origin fanno a gara per prevalere nel crescente mercato del turismo spaziale, la

competitor diretta di SpaceX in materia di trasporto umano era Boeing. L’utilizzo del passato per ora sembra quasi obbligato, dal momento che la Crew Dragon di SpaceX ha ampiamente superato la Starliner di Boeing, diventando l’unico veicolo privato per il trasporto di esseri umani in orbita bassa. E, come abbiamo visto, ampliando al tempo stesso le partnership per un turismo spaziale ancora più visionario, con programmi quali Polaris e Haven. Nei piani iniziali di Boeing, anche Starliner avrebbe dovuto sviluppare un suo flone di turismo spaziale, consentendo ad esempio a civili di partecipare a missioni verso la Stazione Spaziale Internazionale. Eppure, il progetto è ancora molto indietro. Boeing e SpaceX hanno ricevuto rispettivamente 4,2 e 2,6 miliardi di dollari dalla Nasa nell’ambito del Commercial Crew Program, per la costruzione di navicelle destinate al trasporto di astronauti. Ma mentre la Crew Dragon è riuscita nell’impresa, diventando

Vista dalla navicella New Shepard durante la missione privata Ns-22.

Crediti: Blue Origin

di fatto l’unica alternativa alla Soyuz russa per il volo umano verso l’orbita bassa, Boeing ha accumulato una serie di ritardi e problemi tecnici al suo veicolo Starliner.

La navicella Cst-100 Starliner.

Crediti: Boeing

L’ultimo dei quali, discussissimo, è stato il primo volo di prova con equipaggio della navicella, che a giugno 2024 ha portato sulla Iss gli astronauti della Nasa Butch Wilmore e Suni Williams. Una serie di perdite di elio e di problemi ai propulsori di Starliner hanno indotto la Nasa a far rientrare la navicella a Terra senza equipaggio, programmando un futuro volo della Crew Dragon per il recupero dei due astronauti – che, invece degli 8 giorni inizialmente previsti, trascorreranno 8 mesi sulla Iss.

Ecco, dunque, che il turismo spaziale targato Boeing sembra al momento uno scenario ancora lontano. Ma certo non impossibile, vista la rapidità di evoluzione di un settore, quello dello spazio privato, in continua crescita.

Guy Laliberté, miliardario canadese e fondatore del Cirque Du Soleil. Ha soggiornato sulla Stazione Spaziale nel 2009. Crediti: LaPresse

la storia del turismo spaziale

di Gianluca Liorni

Il 28 aprile del 2001, il miliardario statunitense Dennis Tito, all’età di 60 anni e dopo aver pagato 20 milioni di dollari, sale su una Soyuz TM-32 con un biglietto per la Stazione Spaziale Internazionale. Tito non è un astronauta, non ha neanche un addestramento completo. È là per motivi suoi e punta solo a godersela il più possibile.

Appena quarant’anni prima di lui, Yuri Gagarin andava per la prima volta nello Spazio e da una capsula Vostok raccontava al mondo com’è il pianeta visto ‘da fuori’. Già allora si pensava che il volo spaziale sarebbe stato un giorno alla portata di tutti, ma agli inizi era riservato solo a gente specializzata e sfacciatamente coraggiosa. Nel tempo però la tecnologia ha reso i lanci meno rischiosi e a metà anni ‘80 sui razzi iniziò a salire qualcun’altro. Durante l’era Space Shuttle c’erano posti in cabina riservati ad astronauti non professionisti, come tecnici o ingegneri. Lo Space Shuttle, soprattutto, era stato pensato anche per il turismo spaziale. Nei progetti degli anni ‘70,

I quattro turisti appena atterrati dopo il primo volo suborbitale della Space Ship Two, l’11 luglio 2021. Da Sinistra: l’ingegnere Colin Bennet, l’istruttrice Beth Moses, la vicepresidente della Virgin Galactic Sirisha Bandla e il presidente Richard Branson. Crediti: Virgin Galactic

la Rockwell International aveva concepito un modulo removibile in grado di ospitare 74 passeggeri. Anche nel 1983 la Space Habitation Design Associates propose moduli abitativi per 32 turisti sfruttando lo Spacelab, un laboratorio dell’ESA che si montava nella stiva. Lo Shuttle però fnì per servire il mercato satellitare e le varianti vennero accantonate. Nel 1985 la National Space Society aveva previsto trentamila turisti spaziali entro la fne del millennio ma l’unica cosa che accade è Dennis Tito, che nel 1998 bussa alla porta della Nasa.

L’agenzia spaziale americana di turismo non ne vuole sapere, mentre i russi stavano giusto pensando il contrario. Nel 1999 avevano oferto per 100 milioni di dollari un soggiorno sulla stazione spaziale Mir al miliardario Peter Llewellyn, che ritiene la cifra esagerata e rifuta. Quando arriva la richiesta di Dennis Tito, accettano per un quinto del prezzo e lo spediscono sulla ISS.

Il turismo spaziale diventa realtà, per Tito l’esperienza è folgorante: ‘...Le penne hanno iniziato a futtuare nell’aria, potevo vedere il buio dello Spazio e la curvatura della Terra. Ero euforico, voglio dire… è stato il momento più grande della mia vita’.

Nel 2002, l’imprenditore sudafricano Mark Shuttlework ripete l’impresa (a bordo con lui c’era anche il nostro Roberto Vittori).

La SpaceAdventures ha ormai la mail piena di richieste di ricchi privati, disposti a pagare profumatamente per un passaggio oltre la linea di Kármán.

La tragedia dello Shuttle Columbia del 2003, però, impone uno stop. Al di là del profondo impatto emotivo, c’è un problema: la NASA non ha più un mezzo per i suoi astronauti e per garantire il regolare turnover sulla ISS dovranno usare le Soyuz, uniche navette in grado di sopportare il rientro atmosferico con astronauti a bordo.

Lo Space Shuttle torna operativo nel luglio 2005, a ottobre parte Gregory Olsen, ricco imprenditore e scienziato americano, poi è la volta dell’iraniano-americana Anousheh Ansari. Nel 2007 parte l’afarista e architetto americano Charles Simonyim, che tornerà in orbita anche nel 2009. A seguire Richard Garriott, fglio dell’astronauta Nasa Owen Garriott. Il prezzo da pagare intanto è salito da 20 a 35 milioni di dollari. A settembre 2009, indossando un naso rosso da clown, Guy Laliberté è in una Soyuz TMA16 in partenza. Il miliardario canadese è l’ideatore del ‘Cirque du Soleil’ e per questo vuole essere defnito un ‘clown spaziale’.

Con Laliberté si chiude la prima fase della storia del turismo spaziale, il pensionamento dello Shuttle nel 2011 porta a un lungo stop, gli astronauti americani tornano a usare le Soyuz. Nascono i primi operatori privati, come Bezos, Braxton, Musk. Quest’ultimo, in particolare, con SpaceX produce una navetta innovativa che può attraccare alla Stazione Spaziale e tornare, come le Soyuz. Grazie a ciò, nel 2019 la NASA concede ai privati di attraccare alla Stazione Spaziale, turisti inclusi. Nasce anche il turismo suborbitale,

operatori come Axiom, VirginGalactic o Blue Origin ofrono voli di poche ore dove non si orbita, né si attracca alla Stazione Spaziale, ma costano un centesimo degli altri pur garantendo i 3 fattori più ricercati dall’utenza: salire oltre i 100 chilometri di altezza, vedere la curvatura della Terra e sperimentare l’assenza di peso.

Riprende anche il turismo in orbita: nel settembre 2021 parte Inspiration4 con un equipaggio formato solo da privati cittadini. Con la Crew Dragon di SpaceX, spingeranno l’apogeo fno a 585 km.

In Russia, pochi mesi dopo, volano insieme due imprenditori giapponesi, Yusaku Maezawa e Yozo Irano. Nel frattempo, iniziano le missioni Axiom verso la Iss e i voli suborbitali di Virgin Galactic e Blue Origin, dopo i primi lanci celebrativi in cui partecipano come turisti anche i fondatori stessi, nel 2023 iniziano la loro attività a tutti gli efetti, con più partenze l’anno. Lo scorso settembre, infne, è partita la missione Polaris Down, grazie alla quale il turismo nello Spazio ha compiuto un passo in avanti epocale: l’ingegnere Sarah Gillis, che non era mai andata nello Spazio, oltre a orbitare intorno alla Terra è uscita dalla capsula per la prima ‘passeggiata’ della storia fatta da un turista (vedi pagg. 16-19).

Yusaku Maezawa, a sinistra e Yozo Irano, a destra, soggiornano sulla ISS nel dicembre 2021. Sono gli ultimi partiti, Dopo di loro, a oggi, non ci sono stati altri turisti sulla Stazione Spaziale. Al centro il cosmonauta Alexander Misurkin.

Crediti: foto di dominio pubblico

Con uno sviluppo e un'attrattiva simili nell'arco di sole 4 decadi, non è difcile immaginare che il turismo spaziale vedrà un'importante difusione negli anni a venire, diventando pian piano sempre più routine e soprattutto alla portata di tanti.

Al pari di altre importanti innovazioni tecnologiche della storia recente, l’aeroplano, il personal computer, lo smartphone, inizialmente riservate a un numero ristretto di persone perché molto costose, anche il turismo spaziale vedrà certamente un calo dei prezzi nel tempo, sarà più economico e quindi fruibile da un’utenza sempre più vasta e variegata, innescando un efetto al ribasso sempre più conveniente per l'utenza. Aumenteranno gli operatori, quindi la concorrenza, e i pacchetti turistici ofriranno esperienze sempre più emozionanti e profonde, come circumnavigare la Luna e, perché no, anche atterrarci sopra. Il progresso tecnologico avanza inesorabile, è sempre più accessibile e in grado di farci vivere un sogno: ormai la porta verso le stelle è aperta (quasi) a tutti, per sempre.

I progettI dI turIsmo spazIale mai decollati

Una gigante mongolfera, un hotel di lusso che ruota su sé stesso e la possibilità di soggiorni artistici per creare opere d’arte. Non sono le proposte di un parco divertimento ma i concept di alcuni progetti di turismo spaziale presentati negli ultimi anni ma che, tuttavia, non hanno mai visto la luce.

Se da un lato il settore della Space Economy è esploso a metà 2021, grazie ai primi equipaggi commerciali portati nello spazio da Virgin Galactic di Richard Branson e da Blue Origin di Jef Bezos, dall’altro, non tutte le aziende impegnate nel rendere accessibile lo spazio ai privati cittadini hanno trionfato.

Tra le proposte più singolari vi è il progetto di Explorer, una super mongolfera ideata dalla società americana World View il cui concept è stato presentato pochi mesi dopo i successi commerciali di Virgin Galactic e Blue Origin. L’idea era quella di portare una capsula spaziale fno a 30 km di altezza grazie a un enorme pallone stratosferico, il tutto all’insegna di un turismo spaziale a buon mercato. Un viaggio sulla mongolfera di World View sarebbe costato, infatti, 50 mila dollari a persona, circa 10 volte in meno rispetto ai biglietti per lo spazio venduti da Bezos e Branson. 125 mila dollari costerebbe, invece, un posto su Spaceship Neptune, la mongolfera spaziale di lusso che sarebbe dovuta nascere da Space Perspective, impresa americana fondata da due ex cofondatori di World View. Il progetto prevedeva cabine dotate del massimo confort: a bordo erano previsti un bar, comodi sedili ed enormi fnestre per godere dello spettacolo della Terra.

Seppure i primi voli commerciali delle mongolfere Explorer e Spaceship Neptune sarebbero dovuti partire entro il 2024, fno a oggi nessuno dei loro palloni è stato ancora gonfato.

Questi due progetti, entrambi con 8 posti da vendere ai turisti spaziali oltre all’equipaggio, avrebbero offerto più o meno la stessa esperienza di viaggio. Non superando gli oltre 100 km di Blue Origin o gli 80 km di Virgin Galactic, le mongolfere erano, infatti, concepite non per ofrire l’esperienza dell’assenza di gravità ma, grazie a lanci più delicati di un razzo, per permettere a persone di età e condizioni fsiche molto diverse di afacciarsi sul cosmo. Un confortevole viaggio complessivamente tra le 5 e le 8 ore per navigare sopra l’atmosfera terreste e godersi così lo spettacolo della curvatura del nostro Pianeta contro il nero dello spazio.

Oltre alle mongolfere spaziali, emblema della spinta pionieristica della New Space Economy è il progetto mai sbocciato di Voyager Station, un avamposto toroidale in grado di riprodurre la gravità in modo artifciale. Proposta dalla Orbital Assembly Corporation, Voyager Station è stata pensata come una città spaziale a 400 km di quota con una capienza fno a 1400 persone, 150 per l’equipaggio e 1250 ospiti. Il progetto ricorda la grande astronave rotante di 2001 Odissea nello spazio: con un diametro di ben 200 metri, il grande resort di lusso è stato pensato, infatti, in modo da far ruotare la sua struttura più esterna con una velocità angolare sufciente da creare una gravità artifciale fno a circa il 35% di quella terrestre.

La città spaziale di Voyager Station, concepita per accogliere viaggiatori, scienziati, astronauti ed educatori, avrebbe visto a bordo ristoranti, sale panoramiche, cinema, sale per concerti, biblioteche, centri benessere e palestre. Tutto quello che non può mancare in un hotel spaziale extra-lusso. Con l’obiettivo iniziale di mettere in orbita la struttura nel 2025, la sfda ingegneristica sarebbe dovuta passare prima da un prototipo di 90 metri da testare nello spazio, tuttavia fnora mai lanciato.

Decisamente meno ambizioso era il progetto di Aurora Station presentato nel 2018 dalla startup Orion Span. Pensata come il primo hotel spaziale destinato alle persone comuni, la stazione avrebbe dovuto

vedere un primo lancio inaugurale nel 2022, decollo tuttavia mai avvenuto. Con dimensioni simili a quelle di un jet privato, lunga dieci metri e larga quattro, Aurora Station avrebbe ospitato fno a sei passeggeri: quattro clienti e due membri dell'equipaggio. A differenza delle tradizionali stazioni spaziali che conosciamo oggi, l’avamposto avrebbe visto due suite matrimoniali extra-lusso e oblò panoramici per ofrire soggiorni turistici in orbita. Una vacanza spaziale fno a 12 giorni dal costo di circa 10 milioni di dollari.

Un viaggio oltre la Terra pensato relativamente low cost, grazie a un addestramento pianifcato da Orion Span di soli 3 mesi contro i 24 generalmente necessari per avere l'autorizzazione al decollo. Questo snellimento sarebbe stato possibile grazie a una formazione principalmente da remoto con solo i tre mesi fnali concentrati all’addestramento pratico.

Potremmo invece defnire una residenza artistica attorno alla Luna il viaggio proposto dal progetto dearMoon lanciato nel 2018 da Yusaku Maezawa, imprenditore e collezionista d’arte giapponese. Questa particolare missione di turismo lunare prevedeva la partecipazione, oltre a Maezawa, di artisti di tutto il mondo che avrebbero dovuto condividere attraverso la realizzazione di proprie opere l'inestimabile esperienza del viaggio spaziale.

Questo volo privato artistico si sarebbe dovuto effettuare entro il 2023 a bordo di Starship, la navetta di SpaceX destinata al trasporto di equipaggi verso la Luna. Tuttavia, il ritardo accumulato sulla tabella di marcia dall’azienda di Elon Musk nello sviluppo di Starship, con il suo primo test di lancio senza equipaggio decollato solo ad Aprile 2023, ha obbligato Maezawa a prendere, il 1° giugno 2024, l'inevitabile decisione di cancellare il progetto.

Il fallimento di tutte queste proposte singolari di turismo spaziale dimostra ancora una volta quanto sia complicato, tuttora, il percorso che i diversi soggetti privati devono superare per arrivare all’orbita terrestre. Non è sufciente, dunque, puntare alle stelle per rendere concreto l’accesso allo spazio ai cittadini privati.

Artemis: così torneremo sulla Luna

La Luna non è più un traguardo lontano da conquistare e Artemis non rappresenta solo un ritorno: con questo programma la NASA, infatti, insieme ai partner internazionali, non solo punta a ripetere l’impresa degli anni ’60 e ’70 delle missioni Apollo, ma questa volta intende gettare le basi per una presenza umana sostenibile e a lungo termine sul nostro satellite. Pensando a Marte.

La prima Luna di Artemis I

Artemis I è stata un grande evento: lanciata nel dicembre 2022 dopo vari rinvii, è stata la missione inaugurale del programma, un’avventura spaziale senza equipaggio progettata per mettere alla prova il razzo Space Launch System (SLS) e la capsula Orion, il veicolo che trasporterà gli astronauti nelle future missioni lunari. Nonostante alcuni problemi riscontrati, come l’eccessiva erosione dello scudo termico di Orion, abbiano portato la NASA a posticipare la successiva Artemis II, Artemis I è stata fondamentale: ha fornito dati preziosi

per perfezionare i sistemi di volo e garantire la massima sicurezza degli astronauti, spianando il terreno per il prossimo grande passo, il ritorno dell’uomo sulla Luna.

L’equipaggio di Artemis II verso la Luna

Artemis II porta una serie di novità: sarà la prima missione con equipaggio del programma e la prima a spingersi oltre l'orbita terrestre bassa e a raggiungere la Luna: un’impresa che non si vedeva dal lontano 1972 con l'ultima missione Apollo, l'iconica Apollo 17. Il lancio è previsto non prima di settembre 2025 e vedrà un quartetto di astronauti orbitare attorno alla Luna per circa dieci giorni, testando i sistemi a bordo della navicella Orion e del razzo SLS e acquisendo informazioni sulle operazioni di rientro atmosferico e

di ammaraggio, aspetti chiave per garantire la sicurezza nei viaggi spaziali. L'equipaggio è composto da quattro astronauti, tra cui la prima donna, la prima persona nera e la prima non statunitense a viaggiare oltre l'orbita terrestre bassa: Christina Koch e Jeremy Hansen saranno specialisti di missione, Victor Glover, nel ruolo di pilota, e Reid Wiseman al comando. Artemis II non prevede un atterraggio: Orion si limiterà a efettuare un sorvolo lunare per poi eseguire una manovra di ritorno sulla Terra. Il volo farà da apripista ad Artemis III.

Artemis III:

il ritorno sulla superfcie lunare

Il debutto è previsto per il 2026. Con una durata di 30 giorni, Artemis III ha tutte le carte in regola per diventare un evento storico: sarà infatti la prima missione dal 1972 a riportare gli esseri umani sulla Luna e questa volta in una regione diversa da quella esplorata dalle missioni Apollo: il Polo Sud lunare. Lì gli astronauti condurranno indagini cruciali per comprendere i processi che regolano l’ambiente lunare, le caratteristiche delle risorse disponibili e valutazioni circa la sostenibilità di una presenza umana di lunga durata sul satellite.

Per i quattro astronauti che verranno selezionati, il viaggio di andata e ritorno sulla Terra avverrà a bordo della navicella Orion, inviata dallo Space Launch System (SLS). A mettere piede sul suolo lunare ci saranno per la prima volta anche una donna e la prima persona di colore, sottolineando l’impegno simbolico e concreto della NASA per un futuro dell’esplorazione spaziale equo e inclusivo. Assistito da 11 paracadute, l'equipaggio viaggerà a circa 40.000 km/h durante il rientro nell'atmosfera terrestre. Dopo questa avventura, a chiudere questo ciclo iniziale ci sarà Artemis IV, prevista per il 2028.

Le nuove tute spaziali: AxEmu

Il razzo Space Launch System della NASA che trasporta la navicella Orion lanciato durante il test di volo Artemis I, missione inaugurale del programma Artemis. Crediti: NASA – Keegan Barber

L’equipaggio della missione Artemis II della NASA. Christina Koch, Reid Wiseman, Victor Glover e Jeremy Hansen. Crediti: Josh Valcarcel – NASA Jsc

Comode e funzionali, le nuove tute spaziali per le missioni Artemis, sviluppate da Axiom Space in collaborazione con la NASA , segnano un avanzamento signifcativo rispetto ai modelli precedenti, sia per la scelta dei materiali che per il design. Il bianco sarà il colore predominante delle nuove AxEmu (Axiom Extravehicular Mobility Unit), progettate per supportare gli astronauti durante le attività extraveicolari, garantendo un’autonomia di otto ore. A diferenza di quelle utilizzate durante le missioni Apollo, queste “divise” saranno più leggere e adattate per operare nel Polo Sud, dove le temperature sono molto più basse rispetto all’equatore lunare.

Sotto il rivestimento esterno, vari strati di isolamento termico realizzati con nylon e poliestere ofriranno agli astronauti protezione dalle variazioni estreme di temperatura e una temperatura corporea stabile.

I miglioramenti nel design e nella struttura interna permetteranno, inoltre, un'ampia gamma di movimenti per le passeggiate lunari.

Una novità assoluta è l'integrazione della tecnologia 4G, frutto della collaborazione tra Axiom Space e Nokia, che faciliterà le comunicazioni con la Terra, inviando video ad alta defnizione e grandi quantità di dati scientifci.

La tecnologia sarà testata per la prima volta con la missione robotica Im-2, che prevede di installare una stazione base 4G sulla superfcie lunare.

Luna scientifca: esplorazione e sostenibilità

Con Artemis III, la Luna diventerà presto teatro di esperimenti scientifci. La NASA ha già selezionato una serie di strumenti all'avanguardia per esplorare l'ambiente lunare e valutare la possibilità di una presenza umana permanente e sostenibile.

Tra questi, la Lunar Environment Monitoring Station (Lems), che monitorerà l’attività sismica nella regione polare meridionale e il Lunar Dielectric Analyzer (Lda), sviluppato in collaborazione con l’agenzia spaziale giapponese Jaxa, che cercherà di rilevare la presenza di acqua nel sottosuolo.

Un altro esperimento, Leaf (Lunar Efects on Agricultural Flora), studierà gli efetti dell'ambiente lunare sull'agricoltura spaziale. Lo strumento osserverà per la prima volta la capacità delle piante di crescere e svilupparsi nell’”habitat selenico”: un passo cruciale verso una coltivazione che sostenga l’alimentazione degli astronauti e le missioni di lunga durata.

Tutti e tre gli strumenti saranno ulteriormente sviluppati nei prossimi mesi e verranno lanciati con la missione Artemis III prevista attualmente per settembre 2026.

Ritardi e sfde tecniche

Nonostante i signifcativi progressi, il programma Artemis ha dovuto afrontare numerosi ritardi fn dalle prime fasi.

La missione Artemis II, inizialmente prevista per il 2024, è stata posticipata al 2025 con un conseguente slittamento di Artemis III al 2026. Uno dei principali ostacoli è stato il complesso sviluppo tecnologico e i problemi emersi durante Artemis I, in particolare con lo scudo termico della capsula Orion, che dalle analisi è risultato più eroso di quanto previsto.

La NASA ha quindi deciso di dedicare più tempo a test e verifche per garantire la massima sicurezza degli astronauti, una priorità assoluta per l'intero programma. Parallelamente, sono stati implementati nuovi sistemi di sicurezza e infrastrutture presso il Kennedy Space Center per migliorare la gestione del carburante, le procedure di imbarco dell’equipaggio e la risposta alle emergenze.

Contributi italiani ed europei

Dietro il programma Artemis c’è tanta Italia. Alla fne del 2020, il nostro paese è stato uno dei frmatari degli Artemis Accords, primo accordo di cooperazione internazionale per il ritorno pacifco sulla Luna. L'Agenzia spaziale europea è un partner chiave della NASA per la realizzazione del Gateway lunare e in Europa l'Italia ha un ruolo di primo piano in questo progetto. Thales Alenia Space, in collaborazione con Northrop Grumman, sta realizzando il modulo Halo del Gateway e sviluppando i componenti I-Hab ed Esprit. L'azienda, insieme a Telespazio, è coinvolta anche nel progetto Moonlight dell’ESA per realizzare servizi di comunicazione e navigazione lunare. Inoltre, l’Agenzia spaziale italiana, in partnership con la NASA , sta sviluppando il ricevitore Gnss Lugre, uno strumento innovativo utile per il posizionamento delle future sonde lunari e del Lunar Gateway. L’Italia, inoltre, fnanzia la progettazione del Multi Purpose Habitation Module (MPH), che potrebbe evolversi in una struttura di supporto tra il Gateway e il Base Camp lunare. Ma non è tutto: attraverso Altec e con il supporto dell’Agenzia spaziale italiana, un Centro di Simulazione e Controllo Missioni Robotiche Lunari a Torino frmato Italia, giocherà un ruolo fondamentale nella gestione delle future operazioni robotiche sul nostro satellite.

Il programma Artemis segna l'inizio di una nuova era dell'esplorazione spaziale, con l’ambizioso obiettivo di riportare l'uomo sulla Luna in un viaggio di sola andata e con lo sguardo rivolto verso Marte. Nonostante i ritardi e le sfde tecniche, dovuti in parte alle complessità tecnologiche e alla necessità di garantire la sicurezza degli astronauti, la NASA continua a lavorare senza sosta per rispettare la nuova tabella di marcia, cercando di minimizzare ulteriori rinvii, anche grazie al sostegno di un forte spirito di collaborazione internazionale. Artemis non solo promette di riportare gli esseri umani sulla Luna, ma di farlo in modo che questa volta sia per restare.

Falce di Luna, Luna crescente e Luna Piena.
Crediti: Gloria Nobile

Thales alenia space Verso la luna e oltre

Il programma Artemis della NASA ha un obiettivo ambizioso, quello di stabilire una presenza umana sostenibile sul nostro satellite naturale e dimostrare come nuove tecnologie possono rendere possibile la costruzione di avamposti autosufcienti al di fuori della Terra, intrecciando così l'esplorazione della Luna con quella di Marte. Grazie alla sua storia unica di competenze e tecnologie, Thales Alenia Space svolge un ruolo cruciale anche nella missione Artemis.

Presso lo stabilimento Thales Alenia Space di Torino, infatti, si lavora al Lunar Gateway attraverso la realizzazione dei moduli principali per la futura stazione in orbita cislunare. Si tratta di Lunar I-Hab (Lunar International Habitat), il modulo dove verranno ospitati gli astronauti e Lunar View, il modulo per le comunicazioni e il rifornimento; i due moduli costituiscono il contributo europeo al Gateway. In questo stabilimento, inoltre, per Northrop Grumman, si lavora alla rea-

lizzazione della struttura primaria del modulo HALO (Habitation And Logistics Outpost): la cabina iniziale per gli astronauti in visita al Gateway, derivata dai moduli cargo Cygnus.

Il programma Artemis si arricchisce nella sua architettura lunare anche di un altro contributo tutto italiano: il Multi-Purpose Habitat (MPH). Recentemente Thales Alenia Space Italia ha siglato con l’Agenzia Spaziale Italiana un importante contratto per l’avvio delle attività su un modulo abitativo destinato alla superfcie lunare.

Il disegno per realizzare il primo modulo abitativo proposto dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) per la superfcie del nostro satellite MPH ha superato un altro test di valutazione dal Board Nasa. Per MPH, dopo un lavoro iniziato alla fne di gennaio 2024, l'ente spaziale statunitense ha espresso il proprio parere positivo, ritenendo pienamente soddisfatti i requisiti richiesti

Giampiero Di Paolo, Amministratore
Delegato di Thales Alenia Space Italia
di Redazione

dal programma Artemis e un livello di maturità del disegno tale da consentire il via libera alla fase successiva. Occorreranno ora circa due anni per arrivare alla fase di sviluppo per la futura casa degli astronauti. Walter Cugno, VP Esplorazione e Scienza, ha com-

mentato: “Vorrei innanzitutto congratularmi con il team di Thales Alenia Space, ASI e NASA per questo incredibile risultato, conosco bene lo sforzo e la complessità nel progettare una soluzione abitativa lunare, prima del suo genere. Thales Alenia Space ha sempre avuto un ruolo di spicco nell’abilitare la vita umana nello Spazio, a partire dal programma Europeo SpaceLab, ed oggi possiamo capitalizzare l’esperienza e le capacità acquisite negli ultimi 50 anni attraverso i moduli della Stazione Spaziale Internazionale e del futuro Gateway”.

Il raggiungimento di questo traguardo raforza ulteriormente il ruolo dell’azienda nel rendere possibile la presenza continuativa dell’umanità sulla superfcie Lunare. Questo successo è frutto della sinergia tra il Sistema spaziale Italiano, composto dalle istituzioni, l’ASI, Thales Alenia Space e la sua fliera industriale di piccole e medie imprese, l’accademia e i centri di ricerca con gli Stati Uniti e la NASA, dimostrando la capacità dell’Italia e della sua industria di essere partner importante negli Artemis Accords e le relative future missioni. “MPH segnerà un traguardo storico come il primo modulo abitativo italiano a operare sulla superfcie lunare. Questo è motivo di orgoglio per la nostra azienda, abituata ad afrontare e superare sfde di questo tipo con le capacità tecniche e organizzative che ci contraddistinguono” ha dichiarato Giampiero Di Paolo, Amministratore Delegato di Thales Alenia Space Italia – “ La visione di Artemis di garantire una presenza umana sostenibile sulla Luna, preparatoria anche alle future missioni per Marte, passa pertanto per Thales Alenia Space che, grazie all’Agenzia Spaziale Italiana, si conferma azienda di riferimento a livello mondiale per la progettazione, costruzione e operazione, di moduli abitativi per l’esplorazione umana dello spazio. L’azienda contribuisce, inoltre, in modo signifcativo alla navicella Orion tramite l'European Service Module e si occupa anche dello sviluppo del sistema di trasporto automatizzato e riutilizzabile Space Rider, nonché per l’ESA del primo veicolo di rientro Cargo - LEO Cargo Return Service - verso le stazioni spaziali in orbita bassa. Possiamo essere dunque veramente feri del contributo dell’Italia alla costruzione della prima stazione lunare dopo aver segnato la storia delle infrastrutture orbitali, con lo sviluppo di oltre il 50% del volume abitabile della ISS, e avere iniziato l’era delle stazioni commerciali con la costruzione dei primi due moduli per la stazione di Axiom Space, moduli che diventeranno elementi di una base orbitale autonoma, garantendo la continuità delle attività intorno alla Terra verso il 2030.

Crediti: Thales

Siamo pionieri del futuro della presenza umana in orbita bassa e l’obiettivo di Thales Alenia Space è ampliare i confni dell’esplorazione spaziale lavorando per l’intero ecosistema che vedrà operare l’uomo sulla superfcie della Luna ed esplorare le potenzialità del pianeta.

Modulo di Servizio Europeo di Orion.
Area produzione Thales Alenia Space.
Alenia Space

Mars ROCC

Centro di controllo delle operazioni per i rover su Marte

Lunar ROCC

Centro di controllo delle operazioni per i rover sulla Luna

ASI

Lunar Ground Station - Italia Sardinia Deep Space Antenna (SDSA) - ASI

Il ruolo dell'Italia nell'esplorazione

ESM - European Service Module - Modulo di servizio

europeoESA

Moonlight Servizi interoperabili di comunicazione e navigazione lunare

ESA

LUNAR GATEWAY

Lunar I-HAB (International Habitation Module).

Lunar Link (Lunar Communication System).

Lunar View la finestra del Gateway sulla Luna.

ERM (European Refueling Module).

ESA

Missioni robotiche di superficie - ASI

EMM (Earth, Moon, Mars) Piattaforma scientifica lunare - ASI

umana di Luna, Marte e oltre

MPH

(Multi Purpose Habitation Module)

Modulo abitativo multifunzioneASI - NASA

NEAR EARTH OBJECTS

Missioni robotiche per estrazione risorse e difesa planetaria ASI

Argonaut/LDE (Luna Descent Element) lander europeo per la superficie lunare - ESA

ORACLE - ISRU

Dimostratore per l’estrazione dell’ossigeno - ASI

PROSPECT

Trivella e minilab per accedere e valutare le risorse nel sottosuolo lunare ESA

LuGRE (Lunar GNSS Ricever Experiment) ricevitore GNSS italiano a bordo del lander

Blue Ghost sulla Luna ASI - NASA

Mars Sample Return

ERO (Earth Return Orbiter)

Sample Transfer Arm

Sample Retrival Lander. Missioni-staffetta per il recupero dei campioni marziani ESA-NASA

Rosalind

Franklin Mission

Ricerca di tracce di vita nel passato di Marte ESA - NASA

Mars Ice Mapper

Missione per mappare il ghiaccio presente su Marte e fornire supporto alle comunicazioni per le future spedizioni

Luna-Marte

ASI, CSA, JAXA e NASA

MPH la casa italiana sulla luna

L’Agenzia Spaziale Italiana attraverso il primo modulo abitativo di superfcie lunare MPH (Multi-Purpose Habitation module) ha avviato un progetto miliare e di importanza strategica per l’intero programma Artemis e per l’Italia. Ricordiamo infatti che la NASA sta guidando una coalizione internazionale verso la Luna attraverso la campagna Artemis che coinvolge partner da tutto il mondo mediante il complesso processo architetturale “Moon to Mars”. Le operazioni sulla superfcie lunare e in orbita consentiranno l’esplorazione di aree della Luna precedentemente inesplorate e nuove scoperte scientifche. Molti saranno gli elementi che costituiranno insieme al modulo MPH l’architettura globale al servizio degli astronauti: il lanciatore Space Launch System, il modulo per il trasporto di astronauti Orion, la stazione in orbita attorno alla Luna, il Lunar Gateway, i due sistemi di atterraggio Human Landing Systems, i rover per lo spostamento degli astronauti sulla superfcie, quali il Lunar Terrain Vehicle LTV, il Pressurized Rover, le infrastrutture di terra per le telecomunicazioni e la gestione delle operazioni, tanto per citare alcuni degli elementi più importanti. La pianifcazione del programma Artemis risulta pertanto molto complessa e

articolata, in quanto diversi sviluppi saranno inevitabilmente interconnessi.

In aggiunta a queste complessità e alle sfde tecnologiche per riuscire a garantire la sopravvivenza degli astronauti nell’ambiente lunare per almeno 10 anni, lo sviluppo di MPH è concepito per soddisfare l’approccio “Moon to Mars” secondo il quale gli obiettivi scientifci e tecnologici che verranno raggiunti ed il ritorno signifcativo delle capacità industriali acquisite fungeranno da apripista per gli ambienti altrettanto estremi del pianeta Marte e per le future missioni umane di esplorazione planetaria.

La formalizzazione fnale dell’inclusione del modulo abitativo lunare MPH da parte di NASA nell’architettura Artemis è ora molto vicina, pianifcata da

di Simone Illiano

NASA con l’ASM (“Acquisition Strategy Meeting”) di novembre 2024. Questo passaggio è stato reso possibile grazie al superamento positivo ed a pieni voti della MCR (“Mission Concept Review”) ovvero la lunga e difcilissima fase di esame tecnico/programmatico condotta da esperti NASA per MPH (iniziata a fne gennaio e conclusasi a inizio settembre 2024). Il superamento della MCR è stato garantito dall’attento coordinamento e dalla gestione dell’ASI che ha precedentemente svolto e conseguito la MDR (“Mission Defnition Review”) ossia la fase di revisione del progetto ingegneristico (iniziata a maggio e conclusasi a luglio 2024).

MPH è concepito per ospitare ad ogni missione due astronauti, da un minimo di 7 giorni fno a ad un massimo di 28, in funzione dei piani e della disponibilità dei rifornimenti da parte di NASA. Le attività di co-ingegneria ASI / NASA hanno portato all'introduzione di un sistema di ruote motrici per garantire al modulo la piena autonomia negli spostamenti sul suolo lunare durante le fasi senza equipaggio, il che rappresenta un alto valore aggiunto alla fessibilità e alla versatilità operazionale, nonché un asset fondamentale per assicurare lo svolgimento di operazioni necessarie per la messa in sicurezza del modulo stesso quali ad esempio evitare il rischio di ricadere nell’ombra del lander e per portarsi a distanza di sicurezza dal getto di propellente e mix di gas esausti e polvere sollevata durante il decollo e l’atterraggio di lander lunari (quali HDL, ecc.).

Il traguardo raggiunto della MCR è molto signifcativo in quanto attesta la validazione da parte della NASA della maturità del concept ingegneristico proposto e dell’alto valore aggiunto del modulo italiano per l’intero programma Artemis, in quanto rappresenta un primato assoluto a livello mondiale senza precedenti. Questo risultato è stato raggiunto grazie alla capacità dell’industria nazionale e alle competenze dell’ASI nella gestione di programmi molto complessi in un contesto di collaborazione internazionale ASI-NASA. MPH si avvia ora ad entrare nella prima fase di progettazione volta alla maturazione e al consolidamento dei requisiti tecnici dell’intero modulo che consentirà di procedere poi verso il progetto costruttivo e superare esami sempre più complessi, passando attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative che dovranno essere sottoposte a test severi prima di poter essere validate.

Multi Purpose
Habitation module.
crediti: thales alenia space

LuGRE il progetto NASA-ASI per navigare sulla luna

di Mario Musmeci

Gabriele Impresario e Claudia Facchinetti

Anni 2030, polo sud lunare, base internazionale ARTEMIS. Sei un astronauta sulla superfcie lunare, il panorama intorno è quasi del tutto buio, verso nord sei abbagliato dal Sole radente a soli 4° dall’orizzonte. Le ombre sono lunghissime, è difcile orientarsi e avere riferimenti sicuri: anche un piccolo sasso, infatti, proietta un’ombra lunga che può trarre in inganno.

La base sulla superfcie della Luna è già presente, i primi moduli sono già operativi. Vari rover automatici di diverse dimensioni si muovono intorno, i lander e le capsule fanno la spola con la stazione internazionale in orbita lunare Gateway: qui tutto è in movimento coordinato.

Ti stai dirigendo al Multi Purpose Habitation Module, il modulo abitativo italiano, che ti permetterà di rimanere per molti giorni sulla superfcie lunare e lavorare a diversi esperimenti. MPHM ti guida anche con il suo radiofaro. Riesci a muoverti, in modo preciso e sicuro, soprattutto grazie ad un navigatore satellitare lunare portatile realizzato per ARTEMIS. Si tratta dell’evoluzione di un esperimento basato sullo strumento italiano LuGRE (Lunar GNSS Receiver Experiment), allunato sul Mare Crisium ad inizio 2025 a bordo del lander americano BlueGhost.

LuGRE è stato in assoluto il primo strumento a caratterizzare i segnali GPS/Galileo provenienti dalla lontana orbita terrestre. È stato un pioniere ricevendo ed elaborando, dalla superfcie lunare, segnali GNSS pro-

Il lander BlueGhost con il ricevitore LuGRE. Crediti: Firefy e ASI

venienti da 400.000 Km e 10.000 volte più deboli che sulla Terra. Ha usato nuovi algoritmi software per fltrare, tracciare ed elaborare i segnali “giusti” nel rumore radio proveniente da Terra, confermando che l’ambiente lunare è adatto ad un sistema di navigazione ibrido Terra-Luna.

Queste tecnologie e servizi di navigazione e sincronizzazione temporale sono ora parte dell’architettura del sistema ARTEMIS, come le costellazioni lunari LunaNet (NASA) e MoonLight (ESA) ed i ricevitori.

Ecco, questo di cui avete letto è lo scenario che, stando alla roadmap del programma di esplorazione lunare della NASA, si dovrebbe comporre nel prossimo decennio. E uno dei suoi elementi strategici sarà, certamente, la presenza sulla Luna di un sistema di posizionamento e navigazione efciente che dovrà permettere agli astronauti di muoversi in sicurezza sulla superfcie del satellite.

Il primo tassello, come abbiamo visto, è proprio il ricevitore italiano LuGRE, attualmente integrato nel lander Nasa per gli ultimi test, prima di essere tra-

Illustrazione del lander BlueGhost con a bordo LuGRE sulla superfcie lunare. Alle spalle la costellazione Galileo da cui riceve segnali GNSS.

Crediti: ASI

sferito alla base di lancio per il liftof che sarà con il Falcon 9 di Space-X entro la fne del 2024. Per la fliera spaziale italiana LuGRE rappresenta una pietra miliare perché per la prima volta un payload italiano partirà per raggiungere la superfcie della Luna. Il payload dovrà compiere 50 giorni di viaggio, durante i quali avrà diverse opportunità di catturare i segnali GPS/Galileo a diverse distanze dalla Terra e poi potrà fnalmente operare sul suolo lunare.

I modellini

dello strumento in mostra.

Crediti: ASI

La specifca antenna “planare” di LuGRE, installata sulla parte superiore del Lander, seguirà il lento movimento della terra nel cielo del mare delle Crisi e permetterà di “vedere” i segnali dei satelliti GNSS che orbitano intorno al nostro pianeta in un ridotto angolo di vista di circa 8 gradi nel cielo.

Tutto il team di LuGre è impegnato per garantire la riuscita di questa missione strategica per il successo di ARTEMIS: specialisti e operatori di missione italiani lavoreranno insieme a quelli della NASA per raccogliere dati preziosi e misure. Coordinate Lunari: 18°02’20”N, 62°10’40”E. Forza LuGRE!

dalla regolite i mattoni lunari con glams

Se l’idea di creare avamposti abitativi sulla Luna diventa sempre più concreta, fattori come elevate escursioni termiche, possibile impatto di micro-meteoriti e ridotta gravità e pressione atmosferica ne fanno una sfda senza precedenti. La comunità scientifca e industriale deve, infatti, sviluppare materiali e tecnologie adeguate alle specifche condizioni lunari e che rispettino i principi di sostenibilità ambientale ed economica.

Massimizzare l’utilizzo di risorse lunari garantirebbe tale sostenibilità riducendo enormemente i costi e i tempi di missione. Possiamo dunque pensare di utilizzare proprio la regolite lunare per realizzare le future basi?

La risposta non è scontata. La regolite lunare, ovvero la polvere che ricopre la Luna, sicuramente non rende facile la sfda. Infatti, tale polvere ha una composizione mineralogica e chimica che ne limita fortemente la reattività in soluzione acquosa e quindi il suo possibile utilizzo come ‘cemento lunare’. È dunque per rispondere a questa sfda che nasce GLAMS (Geopolymers for Lunar Additive Manufacturing and Sensing), progetto che l’Agenzia Spaziale Italiana ha selezionato con un bando pubblico di ricerca realizzato dal Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali ‘Giuseppe Colombo’; il progetto,

Geopolimeri realizzati con GLAMS.

Crediti: CISAS, WASP, ASI, CNR-ICMATE

coordinato e fnanziato da ASI, è stato proposto dal professor Luca Valentini in partnership con l’istituto ICMATE del CNR e l’azienda WASP esperta in additive manufacturing.

L’obiettivo di GLAMS è trasformare la regolite lunare in un materiale non solo resistente, solido e in grado di garantire un buon isolamento termico, ma anche facile da lavorare e adatto all’estrusione con stampa 3D. Per ottenere questo risultato, i ricercatori di GLAMS stanno mettendo a punto la ricetta che prevede due ingredienti principali oltre alla regolite: soluzioni alcaline e agenti schiumogeni. Le prime, aggiunte alla regolite, sono in grado di innescare una reazione chimica che consente la solidifcazione della miscela. Il risultato è quello che viene comunemente denominato ‘geopolimero’. Gli agenti schiumogeni, invece, ottimizzano le capacità di isolamento termico del geopolimero conferendogli una struttura macro-porosa. Una volta defnita la corretta formulazione del materiale, GLAMS si occuperà di validare il processo di additive manufacturing per realizzare strutture complesse che saranno infne dotate di sensori integrati per monitorare lo stato della struttura e rilevare eventuali danni causati da impatti di micrometeoriti o altri eventi esterni.

Insomma, sembra proprio che costruire una casa sulla Luna stia diventando sempre più una missione possibile.

ProsPect alla scoPerta del sottosuolo della luna

il progetto è una missione dell’esa e vanta una notevole partecipazione italiana

Si chiama Prospect (Package for Resource Observation and in-Situ Prospecting for Exploration, Commercial exploitation and Transportation) ed è una missione targata ESA , che andrà alla scoperta delle risorse del sottosuolo lunare.

Il pacchetto comprende un laboratorio con annessa una trivella destinato alla ricerca di ghiaccio, sostanze volatili e chimiche sotto la superfcie del polo sud lunare dove le temperature estremamente fredde –fno a -150 gradi – possono aumentare le probabilità di trovare tracce di acqua. La missione è sviluppata con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana mentre Leonardo avrà il compito di lavorare alla progettazione defnitiva e alla realizzazione del modello di volo. L'Open University nel Regno Unito, è il leader nella progettazione del mini-laboratorio Prospa. Per l'opportunità di volo prevista nel periodo 2027-2028, la Nasa ha selezionato Intuitive Machines, per il trasporto di Prospect a bordo del suo lander Nova-C. Il pacchetto volerà a bordo con altri 5 payload scelti nell’ambito del programma Commercial Lunar Payload Services (Clps). La suite di strumenti Prospect è progettata per penetrare fno ad almeno un metro di profondità sotto la superfcie lunare. Il trapano robotico Proseed perforerà il suolo dove le temperature, inferiori a -100 gradi, potrebbero permettere la presenza di ghiaccio

Aree del polo sud della Luna dove potrebbero essere individuate riserve di ghiaccio. Crediti: ESA

stabile. Il trapano è dotato di un imager multispettrale e di un sensore che supporterà il rilevamento a distanza dei composti volatili.

Una volta estratti i campioni, saranno elaborati nel mini-laboratorio Prospa. Qui i campioni saranno sigillati e riscaldati, permettendo di estrarre i composti volatili intrappolati dal freddo. Prospa analizzerà la natura e l'abbondanza di questi composti utilizzando i gas rilasciati dai materiali raccolti e testerà i processi specifci per l'estrazione delle risorse. Il trapano Proseed è già stato sottoposto a una serie di prove in Italia negli stabilimenti di Leonardo. Tra queste ultimi fgurano test condotti a temperature molto basse e a bassa pressione, che sono stati svolti utilizzando una miscela di sostanze simili alla regolite lunare. Questi test hanno dimostrato che il trapano è in grado di penetrare in profondità nei materiali duri e collezionare campioni con successo.

L'acqua è uno degli obiettivi principali di Prospect. Le recenti misurazioni orbitali, ottenute dalle sonde già in orbita intorno al nostro satellite, suggeriscono che il ghiaccio potrebbe essere presente sopra o sotto la superfcie, soprattutto nelle regioni polari. L'acquisizione di dati sulla quantità e sull’accessibilità dell'acqua sarà cruciale per le future missioni di esplorazione lunare, favorendo l'uso delle risorse locali per promuovere una presenza umana sostenibile e a lungo termine sulla Luna.

Moonlight, l’ItalIa In prIma lInea nel progetto esa

Aziende e istituzioni insieme per portare avanti i programmi della lunar Economy

La costruzione di habitat permanenti e sostenibili sul suolo del nostro satellite richiede la messa a punto di servizi di comunicazione e navigazione lunari afdabili e autonomi. Per questo motivo l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) sta collaborando con i suoi partner industriali all'iniziativa Moonlight, con l’obiettivo di diventare il primo fornitore commerciale di telecomunicazioni e navigazione satellitare al di fuori del pianeta.

Il progetto prevede il lancio di tre o quattro satelliti che saranno trasportati in orbita lunare da un rimorchiatore spaziale per dispiegarsi uno alla volta fno a completare la costellazione. Il numero e le specifche di questi satelliti sono attualmente in fase di defnizione. Le orbite della costellazione saranno ottimizzate per dare copertura al polo sud lunare che - per via della luce solare costante e della presenza di ghiaccio, è il luogo ideale per la costruzione degli insediamenti.

Rappresentazione artistica di un habitat sul suolo lunare. Crediti: Esa-atg

Moonlight fornirà dati sufcienti per render possibili queste missioni fornendo un servizio di navigazione che consentirà un posizionamento accurato e in tempo reale. L’Italia, grazie al lavoro sinergico delle sue istituzioni e delle industrie del settore, è un partner di rilievo per diversi progetti che hanno come scopo il ritorno sul nostro satellite.

Tra le strutture di terra il Sardinia Deep Space Antenna (Sdsa), la nuova unità scientifca dell’Agenzia Spaziale Italiana situata in Sardegna. Sdsa condivide parte delle dotazioni e delle infrastrutture con il Sardinia Radio Telescope, realizzato dall’Istituto Nazionale di Astrofsica, Regione Sardegna e dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Nel dettaglio Sdsa è operativo per le missioni Deep Space e Near Earth e verrà impiegato per fornire supporto alla navigazione e alla comunicazione per le missioni lunari e marziane.

Tra i progetti made in Italy che hanno ricevuto luce verde dall’Esa c’è anche quello di Telespazio, dedicato allo studio dei servizi di comunicazione e navigazione per la Luna. L’azienda, joint venture tra Leonardo (67%) e Thales (33%), ha frmato un accordo con l’agenzia spaziale europea nel 2021 e ora è a capo di un consorzio internazionale di imprese, che avrà il compito di far sbarcare sulla Luna i servizi di comunicazione e posizionamento satellitari che utilizziamo ogni giorno sulla Terra.

Il progetto inoltre esplorerà la possibilità di rendere il sistema Lunar Communications and Navigation Services, (Lcns) di Moonlight interoperabile con LunaNet, l’infrastruttura targata Nasa che avrà l’obiettivo di supportare il programma Artemis.

LNa

GNSS: l'ItalIa Investe In un Centro dI eCCellenza

Con telespazIo

Immaginate una giornata senza poter usare il navigatore del vostro smartphone, sincronizzare una transazione bancaria o garantire la sicurezza del trafco aereo. Questo scenario, per quanto improbabile, dà il senso di quanto i sistemi GNSS (Global Navigation Satellite Systems) siano ormai fondamentali non solo nella nostra vita quotidiana, ma anche in settori strategici come trasporti, energia, difesa e fnanza.

I sistemi di navigazione satellitare GNSS, Galileo in particolare, consentono di ottenere informazioni sulla posizione e sul tempo con precisione centimetrica, aprendo le porte a una serie di applicazioni innovative. Dall’agricoltura di precisione alla logistica avanzata, fno alla guida autonoma e ai droni, i GNSS sono al centro della trasformazione tecnologica.

Il Centro Nazionale di Competenze GNSS: una risposta italiana alle sfde globali

Con l'aumento della dipendenza dai GNSS, tuttavia, cresce anche la necessità di garantirne l'afdabilità, la sicurezza e la resistenza a eventuali attacchi o inter-

ferenze. È in questo contesto che l’Italia ha deciso di investire nella creazione del Centro Nazionale di Competenze GNSS, afdato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) a Telespazio, per raforzare le competenze tecniche e promuovere la ricerca nel settore.

Il Centro, che sarà ospitato a Roma presso la sede Telespazio, riunisce una rete distribuita di università, centri di ricerca e aziende italiane. Il suo obiettivo è migliorare le tecnologie GNSS e sviluppare nuove soluzioni per le sfde future. Tra i partner del centro fgurano il CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali) e l’INRiM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica), oltre a prestigiose università italiane. Questa collaborazione mira a creare un’infrastruttura di ricerca avanzata, capace

di monitorare le prestazioni dei sistemi GNSS e testare ricevitori di nuova generazione. Grazie a una piattaforma cloud, i ricercatori potranno lavorare insieme in tempo reale, sviluppando nuovi software e accelerando i tempi di innovazione.

Innovazione e trasferimento tecnologico

Uno degli obiettivi principali del Centro Nazionale sarà favorire il trasferimento tecnologico, trasformando le scoperte scientifche in soluzioni applicabili nel mondo industriale. Le collaborazioni con aziende italiane non

si limiteranno a sviluppare teorie, ma a creare innovazioni concrete, pronte per essere commercializzate. Questo è cruciale in un settore competitivo come quello dei GNSS, dove l'innovazione è la chiave per rimanere al passo con la concorrenza internazionale.

Formazione e futuro: un'eredità per le prossime generazioni

Il Centro non è solo un hub tecnologico, ma anche un polo formativo. Attraverso workshop, seminari e corsi specializzati, il Centro mira a formare le nuove generazioni di esperti nel settore GNSS. Questo garantirà che l'Italia continui a essere all'avanguardia nelle tecnologie satellitari. La formazione sarà particolarmente orientata verso le discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), per assicurare una forza lavoro qualifcata e capace di afrontare le sfde future.

Il ruolo chiave di Telespazio e Spaceopal in Galileo

Telespazio, con la sua consolidata esperienza nel settore delle telecomunicazioni spaziali, riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella gestione dei sistemi GNSS. Attraverso la joint venture Spaceopal, costituita in collaborazione con la tedesca DLR , Telespazio è coinvolta attivamente nella gestione del programma Galileo sin dal 2010, quando l'ESA frmò con Spaceopal il contratto per i servizi operativi della Fase Operativa Iniziale di Galileo (FOC). Successivamente, nel 2016, l'attuale EUSPA (ex GSA) ha assegnato a Spaceopal il contratto per il ruolo di Galileo Service Operator (GSOp)

Da quel momento, Spaceopal ha assunto la responsabilità globale della gestione "end-to-end" del sistema satellitare Galileo e delle sue prestazioni. In particolare, l’azienda si occupa del controllo operativo e della sicurezza del sistema, della gestione dei servizi, della logistica e della manutenzione delle infrastrutture, nonché del monitoraggio delle performance globali e del supporto agli utenti. Ciò garantisce l'afdabilità, la precisione e la continuità del servizio a livello mondiale.

La costellazione completa Galileo prevede satelliti disposti su tre diversi piani orbitali che formano un angolo di 56° sull’equatore, ad una quota approssimativa di 23.222 km.

Crediti: ESA

Le operazioni vengono coordinate attraverso i Galileo Control Centres (GCC), situati presso il centro spaziale "Piero Fanti" di Telespazio a Fucino, in Italia, e nella sede del DLR a Oberpfafenhofen, in Germania. Oltre a questi due hub, Spaceopal gestisce anche il Galileo Service Centre (GSC) di Madrid, in Spagna, e una rete di siti remoti, che contribuiscono a garantire il funzionamento globale del sistema e il supporto continuo agli utenti.

Il ruolo di Telespazio, tramite Spaceopal, è cruciale per assicurare la sicurezza e l'efcienza del sistema Galileo, confermandosi come un attore chiave nella gestione operativa di uno dei principali sistemi GNSS a livello mondiale.

La frma dell’accordo in ASI alla presenza di Teodoro Valente, presidente ASI, Luca Vincenzo Maria Salamone, direttore generale ASI, Fabio Massimo Grimaldi, presidente ALTec e di Vincenzo Giorgio, amministratore delegato ALTec crediti: A SI

A Torino il CenTro di ConTrollo per le Missioni lunAri

sorgerà presso AlTeC nella Città dell’Aerospazio

La strada per il ritorno sulla Luna passa per l’Italia e - più precisamente - da Torino. Lo scorso 21 dicembre, grazie al contratto da 3,5 milioni di euro frmato dall’Agenzia Spaziale Italiana e da A LT ec , è stato dato il via libera alla realizzazione del centro di Simulazione e controllo Missioni Robotiche Lunari, che sorgerà presso le strutture di A LT ec nella città dell’Aerospazio, nel cuore del capoluogo piemontese.  Dedicata al mondo dell’Aeronautica e dello Spazio, la città rappresenta un ambizioso progetto volto a creare un vero e proprio hub delle nuove tecnologie in ambito aerospaziale, con l'obiettivo di promuovere innovazione e

crescita nel settore. Questo polo di eccellenza riunirà le grandi aziende già presenti nel territorio con il mondo accademico e della formazione.

L'integrazione tra questi stakeholder e le aziende permetterà lo sviluppo di progetti innovativi, sfruttando al massimo le sinergie tra la ricerca accademica e applicata. Accanto alle grandi aziende, anche le piccole e medie imprese e le start-up, troveranno l’ambiente ideale per crescere e sviluppare tecnologie innovative.

A LT ec è già da tempo un punto di riferimento nell’esplorazione del Sistema Solare con il Rocc (Rover Operation control center), il centro incaricato del monitoraggio e del controllo del sistema e delle operazioni scientifche dei rover sulla superfcie di Marte. Di pari passo il centro dedicato alle attività lunari diventerà una guida per la fliera industriale e di ricerca, aiutando a realizzare tecnologie e sistemi per le missioni umane e robotiche. Fondamentale sarà anche il ruolo delle istituzioni e in particolare dell’ASI, che sta facendo investimenti signifcativi per supportare progetti di esplorazione spaziale, con la Luna vista come un banco di prova per le tecnologie e le infrastrutture necessarie per le future missioni sul Pianeta Rosso.

Il ritorno sulla Luna rappresenta un passo fondamentale per l’espansione dell’esplorazione umana nel Sistema Solare. La Luna, infatti, sarà un vero e proprio laboratorio, per testare tecnologie che saranno necessarie per le missioni dirette verso altri oggetti celesti.

LNA

Novaeka: il Design Bureau che collega Downstream e upstream per lo spazio italiano eD europeo

Nell’attivo settore aerospaziale vi è un’azienda che sta portando dei signifcativi risultati. Novaeka si distingue per il suo potere cognitivo in termini di dominio della fuidica in condizioni spinte come possono essere il vuoto o la criogenia. È diventata, nell’arco di quattro anni, un punto di riferimento per chiunque abbia intenzione di creare un mini-lanciatore oppure un vettore importante. La sua peculiarità è ideare, progettare e costruire impianti di test per i motori a razzo di ogni tipologia. Il suo mantra è essere un’azienda di Design.

Novaeka è trasversale e porta le proprie competenze in ambiti apparentemente diversi: 1) underwater difesa e civile. In quest’ambito ha disegnato soluzioni per consolle sui sommergibili U212, e molta simulazione e design è stata fatta per i droni subacquei. 2) In ambito aeronautico si è occupata della progettazione e costruzione di impianti per sistemi e sottosistemi, con la messa in funzione e sviluppo di turbine di nuova generazione per droni militari, e si potrebbe confgurare come un System integrato sempre per la costruzione di sottosistemi. 3) Nel settore aerospaziale di terra la componente “core” è il design di processo, ma è da tener conto il percorso veloce nell’essere prima progettisti, prime e costruttori di sistemi.

Per quanto concerne i banchi di test ed FGSE per il caricamento e la prova di sistemi satellitari, Novaeka è già strutturata con una facility vicina alla sua sede dove vengono assemblate, testate e certifcate queste strutture che saranno operative dal committente. Per il 2025 è previsto uno scale-up come costruttore di prodotti di volo.

Siamo in evoluzione, spiegano i soci. Anticipiamo, con studi di fattibilità, i desideri di CEO’s che vorrebbero ottenere risultati con una calibratura positiva dei costi e dei tempi che devono andare di pari passo con quelli veloci del mercato.

Il design aiuta l’imprenditore a riportare il gap creato dai privati e da altre aziende governative di altri Paesi in un contesto dove la parola “sostenibile” ha un chiaro connotato.

Space Propulsion

Test Facility realizzazione della parte di processo e gestione progetto fno al collaudo.

Costruzione di FGSE. Impianto per la simulazione in vuoto.

Novaeka vuol lavorare con le istituzioni e le aziende italiane e internazionali per far conoscere le qualità che hanno sempre contraddistinto il nostro Paese. Da uno studio condotto da fonti autorevoli, risulta che al mondo ci siano 11 (undici) società che fanno quanto

è in grado di pensare e progettare questa azienda italiana. Con ASI si manifesta la necessità di sedersi a un tavolo e capire bene le competenze in campo, in modo che possano essere valorizzate al meglio. La triangolazione con ASI ed ESA servirà per “concentrare lo sforzo” e ottenere il miglior risultato per gli obiettivi designati dalle nostre agenzie. Non solo, ma lanciando una tematica di medio periodo, nella base di Malindi, a sessant’anni dallo storico lancio, potrebbe manifestarsi la necessità di progettare nuove installazioni per un dominio italiano riferito ai vettori innovativi.

Un punto fondamentale per questo meraviglioso mondo così efervescente è essere un ponte tra la manifattura downstream e upstream. La capacità di ingegnarsi, svincolarsi da strutture e poter consegnare progettazioni e sistemi pragmaticamente funzionali, sia in suolo sia in ambito volo, sta creando in Novaeka un valore riconosciuto, per ora, in Italia e in Europa. Le competenze diverse ma trasversali inserite nei team di Novaeka riescono a dare le risposte che i committenti richiedono. L’azienda guarda oltre, e ha già cominciato a costruire una rete di partnership e collaborazioni in Europa.

Ad oggi il team di Design è composto da 10 persone con 2,1 milioni di euro di fatturato stimati per il 2024 e un EBTDA ben superiore al 30%. Sono previsti investimenti e assunzioni, e non è esclusa una crescita per acquisizioni. Quest’ultima dovrà seguire una determinata visione che, oltre alla capacità di design, vada nell’ottica di divenire anche azienda di prodotto.

Abbiamo già valutato delle idee, con studi, progettazione e analisi di mercato. L’intenzione è proporre delle soluzioni utili allo sviluppo europeo in ambito propulsione, simulazioni dei nuovi motori che spingeranno i razzi di nuova generazione per portare payload contenuti. Un focus particolare sarà dedicato ai sistemi cargo e la logistica, che saranno importanti per i nuovi insediamenti permanenti attorno alla Terra e alla Luna, e alla gestione dei moduli abitativi nel nostro satellite. Ad maiora.

Una vetrina per le piccole e medie imprese e start-up nazionali con l’obiettivo di evidenziare percorsi unici di crescita, modelli di business in evoluzione e strategie di adattamento e anticipazione dei più avanzati trend del New Space, affnché siano di ispirazione per tutto il comparto.

ZOOM SULLE

PMI

SABELT DALLA FORMULA 1 ALLO SPAZIO

Space Italia era alle prese con queste sfde per rendere competitivo il servizio di trasporto cargo sulla ISS con il modulo Cygnus, prodotto a Torino e venduto a Northrop Grumman che fornisce il servizio alla NASA. L’innovazione dei materiali, le performance e la reputazione in termini di sicurezza e qualità hanno fatto sì che Sabelt fosse selezionata come partner ideale per lo sviluppo di nuovi sistemi di ritenuta per il Cygnus. Tutte le innovazioni sviluppate nel contesto motorsport sono state quindi qualifcate per lo spazio e hanno consentito di produrre straps più leggere (da 68kg a 36 kg) e reti pre-assemblate che si agganciano con la fbbia rotazione, consentendo una ulteriore riduzione del peso (da 101kg a 46kg) e un vantaggio nella velocità delle operazioni degli astronauti. Il lavoro sui materiali è andato avanti e nel 2016 è stato introdotto un polipropilene espanso (EPP) usato all’interno delle imbottiture dei sedili automotive e trasferito nel contesto dell’esplorazione spaziale per costruire il pavimento del modulo e accessori estremamente leggeri.

MOnCalIerI (TO)

Sabelt è un’azienda leader su scala globale nella progettazione e costruzione di sedili OEM e cinture di sicurezza per l’automotive e l’aeronautica, che ha trovato nel settore spazio una nuova e pro mettente linea di business.

Fondata nel 1972 dai fratelli Piero e Giorgio Marsiaj e con sede a Moncalieri (TO), oggi conta circa 400 di pendenti, di cui una piccola parte dedicati allo spazio, e fn dalle sue origini ha puntato all’innovazione ed al trasferimento del know-how in altri mercati.

Il punto di svolta è stato il lavoro di ricerca sulle cin ture di sicurezza: sino al 2008 tutti i nastri erano dello stesso materiale. Sabelt, dopo un’intensa attività di ricerca, sviluppo e test su una nuova fbra, lo Zylon, è riuscita nel 2008 a sviluppare e qualifcare un nuovo nastro con le stesse prestazioni meccaniche e di sicurezza, ma molto più leggero. Dalla cintura di Felipe Massa a quella di Sebastian Vettel, tra nastro e lavoro strutturale sui metalli, il peso si è ridotto del 50% (850g contro 430g).

L’esperienza di Sabelt è una storia di successo perché c’è dietro un lavoro efcace della grande impresa di scouting sulla fliera industriale, facilitato dalla prossimità geografca in un territorio con un forte heritage sia in ambito spaziale sia in ambito automotive, perché la propensione a investire di Sabelt in ricerca e innovazione ha fatto sì che lo spazio si confgurasse come una nuova linea di business dalle grandi potenzialità. La logistica spaziale in particolare rappresenta un elemento abilitante e strategico per l’esplorazione umana e robotica spaziale e per la futura economia dello spazio. Sabelt, grazie all’esperienza ormai più che decennale nel cargo per la ISS, si sta posizionando anche come fornitore di grandi player statunitensi come Sierra Space, che con il Dream Chaser porterà equipaggiamenti e materiali alla ISS all’interno del programma Commercial Resupply Services della NASA. Le prospettive future non possono che guardare ai servizi logistici a supporto del Gateway in orbita lunare e successivamente agli outpost sulla superfcie lunare, dove l’Italia sta giocando un ruolo cruciale.

L’abbattimento della massa associato alle performance meccaniche e di sicurezza sono priorità che accomunano Formula 1 e Spazio. Nel 2010 Thales Alenia

Segui la pagina di Sabelt nell’Italian Space Industry Online Catalogue, con contenuti aggiornati e link ai canali uffciali dell’azienda: https://italianspaceindustry.it/listing/sabelt-s-p-a/

SABELT

Gruppo Hera: COLLABORAZIONE CON LEONARDO PER RECUPERARE

LA FIBRA DI CARBONIO

Mancano poche settimane all’inaugurazione dell’impianto per la rigenerazione della fbra di carbonio che il Gruppo Hera - una delle maggiori multiutility italiane operante nei settori ambiente, energia e idrico - ha realizzato a Imola (Bo) attraverso la controllata Herambiente, leader nel settore del trattamento dei rifuti.

Nell’impianto, la multiutility avvierà con il Gruppo Leonardo, attraverso la Divisione Aerostrutture, un progetto di economia circolare per il recupero delle fbre di carbonio di rinforzo dei compositi a matrice polimerica utilizzati per la costruzione di parti di aeromobili. Grazie agli asset di Herambiente e al knowhow sviluppato nei laboratori del Gruppo Leonardo, il prezioso materiale verrà riciclato con positive ricadute in termini di sostenibilità e di circolarità. Si avvia così la sperimentazione “full-scale” di una futura attività industriale di recupero della fbra di carbonio nel settore aerospaziale utilizzando tecnologie avanzate che ne consentano il riuso come materia prima seconda.

Leonardo, mediante partnership accademiche e industriali, ha sviluppato negli anni una profonda competenza dei materiali e dei processi di riciclo e, coadiuvata dall’esperienza nel riciclo dei rifuti di Herambiente, si impegna attivamente nella chiusura di una fliera circolare su scala industriale anche in questo settore strategico. “La partnership con Leonardo - spiega Orazio Iacono, Amministratore delegato del

Gruppo Hera - è pienamente coerente con gli obiettivi del nostro Gruppo di decarbonizzazione e sviluppo dell’economia circolare. Inoltre, ha una valenza strategica nell’ottica della promozione delle fliere corte (reshoring) e circolari in Italia e in Europa”. Siamo in presenza, continua Iacono, di “progetti pioneristici che richiedono alleanze in cui ciascun partner mette a disposizione risorse e competenze per accompagnare i processi di transizione green di molti campioni industriali nazionali attivi in diversi settori di business - aerospaziale, ma anche automotive, nautica e arredo, per citarne alcuni - e generare così benefci ambientali, economici e sociali per numerose fliere”.

“La collaborazione con il Gruppo Hera - aggiunge Stefano Bortoli, Managing Director della Divisione Aerostrutture di Leonardo - è non solo volta a recuperare e rigenerare la fbra di carbonio, ma anche proiettata verso l’innovazione, perché capace di consolidare e sviluppare ulteriormente un know-how che renda sempre più performante il riciclo dei compositi rinforzati con fbra di carbonio”. Grazie all’intesa con Herambiente, conclude Bortoli, “Leonardo si impegna ancora di più nel mantenimento del valore circolare degli scarti, nella riduzione dell’uso di materia prima

vergine e nell’utilizzo del materiale riciclato anche per applicazioni interne, come previsto dalla più ampia strategia di Sostenibilità di Gruppo”.

Per Leonardo, la ricerca e l’innovazione tecnologica sono i fattori abilitanti per la creazione di modelli di business circolari in linea con la strategia di sostenibilità e con gli impegni multilaterali assunti a livello internazionale. I modelli e le pratiche circolari diventano sempre più elemento chiave per la competitività attraverso il sostegno a processi innovativi e alla capacità di attrarre talenti. In generale, l’accordo ha un’importante valenza strategica, dal momento che

l’Europa è sostanzialmente priva di produzioni di fbra di carbonio vergine. Dunque, lo sviluppo di fliere in grado di rigenerare in loco risorse pregiate contribuirà a sostenere il processo di autosufcienza industriale del Vecchio Continente.

La Divisione Aerostrutture di Leonardo conferirà ad Herambiente parte delle fbre di scarto derivanti dalla costruzione delle componenti di alcuni fra gli aeromobili civili più noti nel settore dell’aviazione commerciale: solo per citare qualche esempio, lo stabilizzatore dei turboelica ATR, la fusoliera e lo stabilizzatore orizzontale dei Boeing 787, i piani di coda dell’Airbus A220.

A tali scarti, nell’impianto di Imola, Herambiente applicherà la pirogassifcazione, grazie alla quale, attraverso una tecnologia a caldo, le resine dei materiali compositi gassifcate verranno separate dalle fbre di carbonio. Questo processo, messo a punto in collaborazione con il Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Bologna e con l’azienda Curti Costruzioni Meccaniche di Castelbolognese (RA), potrà rigenerare nuova fbra con prestazioni equiparabili al nuovo, anche grazie agli studi portati avanti da Leonardo sul tema.

Artemis: LUNA TUTTE LE SFIDE PER RESTARE

Se contiamo tutte le missioni con equipaggio del programma spaziale Apollo della NASA, concluso con l'ammaraggio dell'Apollo 17, possiamo dire che fno ad ora solo 12 esseri umani hanno calpestato il suolo lunare per una manciata di giorni.

Poi, più nulla. La Luna è stata abbandonata per quasi 50 anni fno al 14 maggio 2019, data in cui l'allora Amministratore della NASA, Jim Bridenstine, ha annunciato il nuovo programma Artemis: «Torneremo sulla Luna e questa volta per restarci».

Artemis è un programma della NASA complesso e costoso, che procede a rilento. In particolare, a causa della necessità di risolvere alcuni problemi tecnici per garantire una maggiore sicurezza per l’equipaggio. A settembre 2025, la missione Artemis 2 riporterà gli astronauti in orbita per 10 giorni attorno al nostro satellite. Sarà seguita un anno dopo dalla missione Artemis 3 che farà, invece, atterrare due astronauti sulla superfcie della Luna in prossimità del polo sud lunare, con una permanenza prevista di una settimana, per svolgere alcune attività propedeutiche alla realizzazione dell'Artemis Base Camp. Dal 2026, si avvierà l’assemblaggio del Lunar Gateway, da cui si potrà scendere sulla superfcie lunare e risalire utilizzando una navicella, che farà da "ascensore". In questo modo, gli astronauti potranno raggiungere la base permanente situata al polo sud, che permetterà una presenza umana per brevi periodi.

Fino ad ora solo 12 esseri umani hanno calpestato il suolo lunare per una manciata di giorni. Poi, più nulla. Ora torniamo per restare.

Realizzare un insediamento permanente sulla Luna è una sfda afascinante, ma dobbiamo tenere in conto che l’ambiente lunare è pericoloso e inospitale per l’uomo: forti escursioni termiche, assenza di atmosfera, esposizione a meteoriti e radiazioni cosmiche, presenza di polvere lunare sottilissima, abrasiva e tossica.

La Luna non ha un’atmosfera e neppure un campo magnetico in grado di proteggere la sua superfcie dalle radiazioni, che sono molto superiori a quelle a cui sono sottoposti gli esseri umani sulla Terra (circa 200 volte) e anche sulla Stazione Spaziale Internazionale (2-3 volte).

La Luna è sottoposta a una forte escursione termica fra la temperatura di una zona illuminata, che si aggira in media intorno a +120 °C e quella di una zona d’ombra in media intorno a -150 °C, ma nei crateri si possono raggiungere temperature anche di -250 °C. L’ostacolo principale è rappresentato proprio da riuscire a realizzare una base lunare in grado di proteggere l’astronauta sia dalle radiazioni che dalla forte escursione termica.

Oltre alle condizioni ambientali estreme, sappiamo che un avamposto umano sulla Luna dovrà essere sostenibile dal punto di vista delle risorse essenziali, in particolare il cibo e l’acqua saranno beni preziosi. Vista la grande distanza della Luna dalla Terra, non potremo portare tutte le razioni alimentari necessarie e bisognerà trovare un modo per produrre in loco questo cibo. il cibo coltivato nello spazio potrebbe andare a coprire un quarto o addirittura la metà della razione giornaliera di cui necessita un astronauta. Per quanto riguarda, invece, l’ossigeno, la regolite lunare è composta per il 45% proprio da ossigeno, che si potrebbe estrarre mediante il processo di elettrolisi. Si tratta di un processo semplice, ma che richiede una gran quantità di energia. Ogni metro cubo di regolite lunare contiene in media 1,4 tonnellate di minerali, inclusi 630 kg di ossigeno che potrebbero supportare il bisogno di ossigeno di un astronauta per circa 2 anni.

Un habitat lunare dovrà essere autonomo dal punto di vista energetico, trasformando la radiazione del Sole in energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici connessi a batterie per immagazzinare l’energia prodotta. Un problema concreto è rappresentato dalle due settimane della notte lunare, in cui non si potranno caricare le batterie e, pertanto, si stanno

studiando tecnologie alternative. Nell’ambito del bando per esperimenti sulla Luna emesso dall’ASI, sono stati selezionati ed avviati i due seguenti progetti, che propongono soluzioni tecnologiche innovative al problema energetico lunare: a) Il progetto SELENE, che si concentra su uno scenario generale in cui una infrastruttura lunare, il Moon Energy Hub (MEnH), preposta alla produzione, immagazzinamento e trasmissione di energia elettrica e/o termica ha al centro uno, o più, Space Nuclear Reactor (SNR). Nello specifco, un MEnH potrebbe supportare attività relativamente energivore (superiori indicativamente ai 10 kW), come il funzionamento di moduli abitativi, ambienti per la coltivazione, determinate attività di ricerca o ancora impianti per ISRU (In Situ Resource Utilization), efettuate a piccola o media distanza dal centro di generazione.

b) Il progetto DESIGN, basato sul concetto di Wireless Power Transmission (WPT), propone l’impiego di una costellazione di satelliti in orbita lunare, equipaggiati con un sistema laser utilizzato per trasmettere sul suolo lunare l’energia accumulata a bordo. L’energia generata grazie ai pannelli solari installati sul satellite, verrà prima accumulata in un sistema di batterie e successivamente trasferita sul suolo lunare tramite un laser ad alta potenza, che punta un sistema rice-

Il comandante dell'Apollo 14 Alan B. Shepard Jr. sulla superfcie lunare.

La foto fu scattata dal pilota del modulo lunare, l'astronauta Edgar D. Mitchell il 6 febbraio del 1971. Crediti: NASA/ Edgar D. Mitchell

vente installato sulla superfcie. Collegato al sistema di ricezione è previsto un sistema di accumulo, che immagazzina l’energia ricevuta e che verrà poi distribuita alle utenze di superfcie.

Le missioni di esplorazione umana dello spazio richiedono l'acquisizione di nuove conoscenze e lo sviluppo di tecnologie volte a garantire anche il benessere psico-fsico, la sicurezza, la performance e l'autonomia degli astronauti. In particolare, sulla ISS si stanno sperimentando gli efetti del confnamento e isolamento degli astronauti sulla fsio-patologia umana, un aspetto che per le future missioni sulla Luna rappresenterà una delle maggiori criticità. Negli ultimi anni la ricerca spaziale è stata fortemente indirizzata alla messa a punto di tecnologie e sistemi che possano permettere la vita dell’uomo in ambienti ostili, come la Luna e in futuro Marte; la realizzazione di avamposti umani al di fuori della Terra dovrà considerare la loro sostenibilità dal punto di vista delle risorse essenziali, dell’autonomia energetica e avere una forte impronta ecologica per quanto riguarda il riciclo, la rimozione dei rifuti e l’inquinamento. Sicuramente, le importanti competenze e contromisure derivate dalla ricerca spaziale in questo campo potranno essere trasferite anche al nostro pianeta, con grande benefcio.

Come vivremo sulla luna

Tutto quello di cui avremo bisogno per una permanenza duratura

Il modulo pressurizzato abitativo MPH ofrirà riparo agli astronauti durante la loro permanenza al polo sud lunare, fornendo un habitat sicuro e confortevole dove efettuare esperimenti scientifci e testare le tecnologie chiave per abilitare gli ambiziosi futuri scenari di esplorazione di Marte.

Ma per poter vivere sulla Luna occorre anche sviluppare sistemi e contromisure a salvaguardia della salute psico-fsica e della performance degli astronauti. La gravità ridotta (pari a circa un sesto di quella terrestre) e le radiazioni cosmiche possono avere impatti diretti o indiretti sulla fsiopatologia umana e sul sistema immunitario. Vivere in una comunità confnata ed isolata in condizioni di stress aumenta inevitabilmente la probabilità di sviluppare disturbi cognitivi e comportamentali, disturbi del sonno, de-

pressione, afaticamento, noia. Infne, la distanza da Terra limita il rifornimento di risorse e medicinali e richiede lo sviluppo di tecnologie innovative che consentano agli astronauti di vivere in modo autosufciente.

Pensando anche alle sfde da afrontare per il ritorno dell’uomo sulla Luna, l’ASI ha recentemente emesso un bando di Biomedicina Spaziale fnalizzato allo studio e sviluppo di contromisure per preservare la salute psicofsica dell’astronauta, e alla realizzazione di sistemi innovativi per il monitoraggio della salute psicofsica dell’uomo, che siano in grado di supportare l’autonomia nella diagnosi e il decision-making quando non è disponibile il supporto da Terra, e di correlare stati psicologici e alterazioni immunitarie/fsiologiche per la diagnosi precoce di stati psicopatologici dell’equipaggio.

Da circa un anno, l’ASI ha avviato quattro progetti volti ad una maggior sostenibilità degli insediamenti sulla Luna, attraverso lo sviluppo di sistemi biorigenerativi in grado di consentire, tra le altre cose, la produzione in situ di alimenti e il recupero e riciclo dei rifuti.

Il progetto BEATRICE (Università Sapienza di Roma) è fnalizzato allo studio e alla prototipazione di un sistema biorigenerativo in grado di produrre energia elettrica e vegetali edibili a partire dagli scarti degli astronauti (acque refue e urina). Il sistema si basa sull’implementazione di celle a combustibile microbico, sistemi di coltivazione modulare e autonoma e metodologie di sfruttamento delle risorse in situ quali la regolite lunare.

Il progetto REGOLIFE (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), mira a sviluppare una tecnologia innovativa per rendere la regolite lunare simile ad un suolo terrestre e adatta alla coltivazione e alla produzione alimentare. L’obiettivo è modifcare le proprietà della regolite lunare attraverso la colonizzazione di piante e lombrichi e il modellamento dell'interazione pianta-microbiota, in ottica di implementazione di un sistema di economia circolare per la futura agricoltura lunare.

Il progetto BioMOON (VERITAS S.p.A.) propone lo sviluppo di una biorafneria di terza generazione in grado di produrre alimenti, energia e composti chimici da fonti rinnovabili e substrati organici quali anidride carbonica o rifuti, utilizzando processi tecnologici e biotecnologici integrati e sostenibili.

Il progetto BIOLUNA (TASI) ha come obiettivo lo sviluppo di un sistema biorigenerativo che utilizza algoritmi di intelligenza artifciale in grado di ottimizzare i fussi di massa ed energia all’interno del sistema, che sono alla base della performance del sistema stesso.

Approfondire le nostre conoscenze su queste tematiche, sviluppare sistemi che garantiscano l’autonomia dell’equipaggio a grande distanza dalla Terra e la messa a punto di strategie di prevenzione o contromisure adeguate rappresentano delle tappe obbligate nel percorso che porterà in un futuro l’uomo a vivere al di fuori del nostro pianeta, sulla Luna e, successivamente su Marte.

I problemi da risolvere per realizzare un avamposto permanente abitabile dall’uomo sulla Luna sono ancora molti, ma è di fondamentale importanza mettere a fattor comune le conoscenze via via acquisite nei vari settori, in modo da creare le condizioni necessarie per permettere all’uomo di sopravvivere adattandosi all'ambiente ostile della Luna. Solo in questo modo si potrà provare a vincere una delle più ambiziose sfde dell’esplorazione spaziale.

Base lunare.
Crediti: ESA/ Foster + Partners

Progetto eMM dalla terra allo spazio profondo

La corsa all’esplorazione umana e robotica della Luna è una delle più importanti sfde del settore spaziale che le maggiori agenzie spaziali di tutto il mondo stanno afrontando in un contesto altamente competitivo.

L'Agenzia Spaziale Italiana, la nostra comunità scientifca e il settore industriale, partecipano a questo sforzo come partner del programma Artemis della NASA e attraverso il programma lunare dell'ESA. Il programma Artemis prevede la collaborazione di diverse agenzie spaziali e industrie che operano nel settore spaziale internazionale con l'obiettivo di esplorare la Luna con un approccio innovativo rispetto all'era Apollo e combinando obiettivi scientifci e di esplorazione umana.

Il progetto Earth-Moon-Mars (EMM), fnanziato nell’ambito del PNRR-Decreto MUR n. 3264 del 28 dicembre 2021, a guida INAF con la partecipazione dell’ASI e del CNR, si inserisce in questo contesto internazionale altamente competitivo, con lo sviluppo di un sistema end-to-end per connettere il segmento di Terra e quello Spazio, partendo dalla Luna, nella sfda all’esplorazione dello spazio profondo.

A partire dall'esplorazione della Luna e, in particolare, dallo sviluppo di un laboratorio lunare polivalente, ci aspettiamo un nuovo impulso alla sinergia tra comunità scientifca e industriale per afrontare sfde senza precedenti.

Dal gennaio 2023 INAF, ASI e CNR hanno avviato il progetto EMM che in 36 mesi porterà al raggiungimento di obiettivi sfdanti destinati ad utilizzare la Luna come sito privilegiato per osservare la Terra

e l'Universo, nella prospettiva più ampia di sostenere le attività che prepareranno l'esplorazione umana di Marte. Una corsa contro il tempo per un progetto italiano ambizioso che sul lungo termine garantirà all’Italia un ruolo chiave a livello internazionale, attraverso:

Osservatorio

lunare EMM creato a partire da elaborazioni con IA generativa text-to-image con Canva.

Crediti: Francesca Esposito INAF.

• la creazione di una nuova infrastruttura di ricerca per la rete dello spazio profondo attraverso l’impiego del Sardinia Radio Telescope dell’Istituto Nazionale di Astrofsica. L’ASI ha recentemente avviato le attività di upgrade di questa antenna per raggiungere la piena capacità di ricezione, primo passo verso l’utilizzo di SRT come segmento di Terra, il secondo in Europa, per l’esplorazione interplanetaria.

• La pianifcazione di un'infrastruttura lunare e la sua connessione con i segmenti terrestri. L’industria italiana sta lavorando in stretta connessione con ASI, INAF e CNR allo studio di fattibilità di un proflo di missione che porterà sulla Luna uno o più lander su cui accomodare la strumentazione scientifca dedicata all’osservazione dell’universo e della Terra.

• Lo sviluppo di modelli ingegneristici di strumenti a tecnologia matura da installare sull'infrastruttura lunare nel prossimo futuro. Un’opportunità unica per la nostra industria che a brevissimo dovrà competere ad un bando ASI dedicato per rispondere ai requisiti tecnici e scientifci sviluppati negli ultimi mesi dai gruppo scientifci coinvolti nel progetto.

• Il design e la prototipizzazione di strumenti a basso livello di preparazione tecnica per migliorarne la maturità in vista di un piano a lungo termine per la futura sistemazione sulla superfcie lunare;

• Lo sviluppo di una rete di ricerca multidisciplinare fnalizzata alla condivisione di strumenti, dati e competenze per migliorare la nostra conoscenza dell'atmosfera terrestre e planetaria, per uno studio congiunto della Terra e di Marte.

risorse in situ

dedaluscaM Per l'esPlorazione

dei tunnel lunari

Lo studio e l’esplorazione dei lava tube e degli skylight lunari - condotti e aperture naturali, formatisi con il passaggio della lava - svolgono un ruolo cruciale dal punto di vista scientifco e tecnologico. Queste cavità ofrono l’opportunità di accedere a informazioni sulla storia geologica del nostro satellite e, grazie alla presenza di paleo-regolite al loro interno, potrebbero rivelare dettagli utili a ricostruire l'attività solare nel passato. Non solo, essi rappresentano anche degli obiettivi strategici per l’esplorazione umana della Luna, in quanto ofrirebbero protezione da radiazioni cosmiche, micrometeoriti e sbalzi termici estremi per gli astronauti che potrebbero utilizzarle, in futuro, come basi lunari. Inoltre, la potenziale presenza di risorse come il ghiaccio d'acqua li rende interessanti anche per l'utilizzo di risorse in situ (ISRU). In questo contesto si inserisce il progetto DaedalusCAM, fnanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana, che mira a sviluppare una stereocamera immersiva per l'esplorazione di queste formazioni lunari. Il dispositivo, dotato di lenti panoramiche bifocali (BPL), combina un campo visivo panoramico con una visione frontale ad alta risoluzione. Questa confgurazione innovativa permetterà di mappare accuratamente le strutture, acquisendo informazioni dettagliate sulla loro conformazione in 3D e sulle caratteristiche chimiche e geologiche della superfcie interna. Il progetto è guidato da Planetek srl con il supporto di INAF-OAPD, UNIPD-CISAS e PoliMI.

MinisPec lo sPettroMetro a caccia di Minerali

L’accesso e l’utilizzo delle risorse lunari reperibili in loco, le cosiddette In-Situ Resource Utilization (ISRU), oltre ad essere comune denominatore nelle roadmap di esplorazione lunare tracciate dalle maggiori agenzie spaziali e a distinguere sostanzialmente la nuova corsa alla Luna da quella che si svolse nel secolo scorso, sono una componente chiave di qualsiasi futuro sforzo di esplorazione spaziale nello spazio cislunare e oltre.

DedalusCAM: INAF-OAPD

Ad oggi le osservazioni da satellite hanno permesso di ottenere mappe mineralogiche della Luna a scala globale e regionale; tuttavia per le future caratterizzazioni è necessario assicurarsi che la strumentazione proposta sia in grado di migliorare i dati già esistenti attraverso l’utilizzo di strumentazione in loco, facilmente utilizzabile nonché opportunamente indirizzata a caratterizzare la mineralogia esistente a scale spaziali variabili dai centimetri ai metri ad oggi pressoché inesplorata.

MINISPEC Adattamento da: JHU APL / Lunar Outpost / Ben Smith.

L’Italia vanta una lunga esperienza nella costruzione di spettrometri ad immagine per applicazioni spaziali. Tuttavia, l’utilizzo di uno spettrometro ad immagine sulla superfcie lunare da parte di grandi rover o equipaggi umani non ha precedenti. A tale scopo, il concetto di strumento Moon IN-situ Imaging SPECtrometer, MINISPEC sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana nasce per condurre misure di spettroscopia ad immagine dalla superfcie della Luna fnalizzate a una caratterizzazione del contesto mineralogico nei pressi di uno o più siti di allunaggio scelti per un rover o un equipaggio umano, con particolare enfasi sulla ricerca e l’individuazione di minerali idrati presenti nelle rocce lunari e nella regolite. L’obiettivo è nella prospettiva di una nuova corsa alla Luna nella quale gli astronauti dovranno fare afdamento su un’attrezzatura che possa assisterli nella loro ricognizione della composizione superfciale in modo più oggettivo e automatico.

Il progetto è guidato dall’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR di Padova con il supporto dell’Istituto di Astrofsica e Planetologia Spaziali (IAPS) di Roma, UNIPD-CISAS e Ofcina Stellare.

ORACLE ossigeno e acqua dalla regolite

L’esplorazione spaziale che l’umanità sta preparando ha l’ambizione, tra i vari aspetti, di voler garantire la presenza degli equipaggi umani in ambienti extraterrestri per periodi sempre più lunghi. Estendere la durata delle missioni comporta una ottimizzazione nell’utilizzo e riciclo delle risorse, come si è già imparato a fare in infrastrutture quali la Stazione Spaziale Internazionale, ma comporta anche un reperimento e sfruttamento in situ. Questo è particolarmente vero per missioni su superfci planetarie come quelle verso la Luna o Marte, per le quali ci stiamo attrezzando a garantire l’accessibilità e poi la permanenza. Considerate le distanze in gioco e le conseguenti difcoltà - e quindi i costi di approvvigionamento di risorse periodicamente da Terra - l’unica strada percorribile è quella dell’In Situ Resources Utilization, ISRU. Si tratta di quell’insieme di tecnologie che consentiranno di estrarre e sfruttare risorse nel sito stesso da esplorare o abitare. Probabilmente, la risorsa più ambita perché vitale è proprio l’acqua: la sua disponibilità garantirà il sostentamento degli astronauti e numerose delle loro attività.

Al momento, l’unico esperimento che ha con successo validato un processo di ISRU in ambiente spaziale è il MOXIE (Mars Oxygen ISRU Experiment) che ha

Acqua prodotta a partire da simulante di regolite lunare utilizzando il processo di riduzione carbotermica svolto presso i laboratori del Politecnico di Milano – team ASTRA.

Crediti: ESA/ Politecnico di Milano

operato a bordo del rover Perseverance della NASA e dimostrato la capacità di produrre ossigeno partendo dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera marziana.

Anche per l’esplorazione lunare, diversi sono gli studi e progetti di ISRU in corso. Per buona parte, questi vedono la regolite come materia prima principale, soprattutto perché più accessibile. Essa è composta da diversi elementi (ferro, silicio, etc.) ma quello più abbondante, per circa il 45%, è proprio l’ossigeno. Pertanto, sono state proposte diverse tecnologie per estrarlo dalla regolite.

Simulante di regolite lunare versato all’interno del reattore per effettuare il processo di riduzione carbotermica e produrre acqua.

Credits: ESA/ Politecnico di Milano

Tra queste c’è lo strumento ORACLE (Oxygen Retrieval Asset by Carbothermal Reduction in Lunar Environment), un dimostratore di ISRU per la Luna che è in fase di sviluppo sotto la guida dell’Agenzia Spaziale Italiana, in collaborazione con il Politecnico di Milano. Il processo su cui si basa, defnito di riduzione carbotermica, prevede che la regolite sia portata ad alta temperatura all’interno di un reattore principale e che reagisca con il metano per formare ossidi di carbonio. Di seguito, i gas entrano in un secondo reattore a più bassa temperatura per favorire la formazione di vapore acqueo che viene poi condensato per formare acqua liquida. Lo stadio successivo di scissione delle molecole d’acqua non è incluso nello strumento, poiché rappresenta una tecnologia già validata. Il processo su cui si basa ORACLE è molto promettente, anche perché è indipendente dal tipo di regolite usata come materia prima e quindi anche dal sito di allunaggio. Il progetto ha attualmente visto il superamento della fase A e si avvia verso le fasi successive di maturazione, con l’obiettivo di lancio nel 2028. Con ORACLE, l’Italia si pone in prima linea per sviluppare una delle tecnologie abilitanti per l’esplorazione lunare del futuro.

LNA

IN VETRINA

Il lIbro

Umberto gUidoni racconta l’esplorazione del cosmo

La storia dell’esplorazione spaziale scritta da chi nello spazio c’è stato per davvero e per ben due volte. Umberto Guidoni, astronauta italiano classe 1954, racconta così dal suo punto di vista quello che l’uomo ha fatto in questi ultimi 67 anni per arrampicarsi ed andare oltre l’atmosfera terrestre. Un libro che si legge velocemente e piacevolmente, ricco di informazioni che portano il lettore a rivivere l’epopea della conquista spaziale dai suoi albori. Nei quattro capitoli che compongono il libro Guidoni, non solo illustra il passato dell’esplorazione del cosmo, ma getta anche uno sguardo a quello che questo fantastico settore potrebbe riservarci nei prossimi anni o decenni. Un’analisi dettagliata, quella scritta dall’astronauta, di tutto quello che potenzialmente ci possiamo attendere nel nostro prossimo futuro extraterrestre a partire dal ritorno sulla Luna, entro pochissimi anni, fno all’esplorazione marziana con relativi insediamenti per i quali invece ci sarà da attendere qualche decennio. “Entro la fne di questo secolo, - scrive Guidoni - i nostri nipoti lavoreranno sulla Luna, vivranno in avamposti permanenti su Marte e utilizzeranno materie prime provenienti dagli asteroidi: in una parola, l’umanità diventerà una vera specie interplanetaria”. Il testo si conclude nell’ultimo capitolo raccontando quello che l’uomo ha già iniziato a fare ossia l’esplorazione dell’Universo sia attraverso telescopi terrestri sia utilizzando quelli lanciati nello spazio. Una ricerca di nuovi mondi, tra le altre cose, verso i quali, questa volta in un futuro davvero molto remoto, potrebbe la razza umana navigare un giorno per “sfdare lo spazio” in cerca di una nuova casa.

titolo: Sfdare lo Spazio

autore: Umberto Guidoni

editore: Mursia anno edizione: 2024 prezzo: 17 euro

tutto quello che potenzialmente ci possiamo attendere nel nostro prossimo futuro extraterrestre a partire dal ritorno sulla luna

Laurea con lode in Fisica Umberto Guidoni, selezionato dalla NASA nel 1996 come “Specialista di Missione”, ha al suo attivo due voli sullo space shuttle. Il primo sulla navetta Columbia decollata il 22 febbraio del 1996 per la missione STS-75 che aveva nella stiva il satellite italiano Tethered al suo secondo volo. A bordo dello shuttle Guidoni era l’astronauta responsabile del carico utile. La seconda missione nello spazio è avvenuta volando con lo shuttle Endeavour STS-100 che venne lanciato il 19 aprile del 2001 trasportando in orbita alcuni elementi per la costruenda Stazione Spaziale Internazionale all’interno della quale Umberto Guidoni fu il primo astronauta europeo ad entrare. Dopo la carriera che lo ha portato a viaggiare tra le stelle ed una parentesi da politico presso il Parlamento Europeo, l’astronauta italiano si è dedicato alla divulgazione scrivendo molti libri (questo è il suo quattordicesimo) diversi dei quali sono dedicati ai più piccoli. Gli è stato intitolato un asteroide che ha preso il nome 10605-Guidoni.

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