Rivista dell’Agenzia Spaziale Italiana
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Febbraio 2022
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Occhi spaziali: così proteggiamo la Terra In collaborazione con
Le costellazioni satellitari per monitorare i cambiamenti climatici, la sicurezza della popolazione e del Pianeta
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SOMMARIO Numero 3, febbraio 2022
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Eye in the sky: così la Protezione civile ci tutela dal cielo di Emilio Cozzi
Gli sguardi elettronici sulla salute della Terra di Valeria Guarnieri
Cosmo-Skymed e la leadership italiana nell’Osservazione della Terra di Giuseppe Nucera
Big Data, bigger Space di Mila Fiordalisi
Artemis I porta l’Italia sulla Luna di Manuela Proietti
Dalla Terra alla Luna: una sfida a guida italiana di Giuseppina Pulcrano
Planetek Italia, una startup di 30 anni di Silvia Ciccarelli
La valigia di Samantha di Fulvia Croci
Fantascienza: un team di scienziati salva il pianeta da intrigo internazionale di Guseppina Pulcrano
Destinazione Marte, a che punto siamo? di Redazione ASI
Rivista dell'Agenzia Spaziale Italiana
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Flyeye: il telescopio italiano guardiano del pianeta di Barbara Ranghelli
Aspettando ExoMars di Fulvia Croci
Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017 Stampato presso Peristegraf srl Via Giacomo Peroni 130, Roma Supplemento di Global Science Testata giornalistica gruppo Globalist
L'Italia che c'è sul Webb di Giulia Bonelli
A cura di Unità multimedia ASI Responsabile Giuseppina Pulcrano
Direttore responsabile Gianni Cipriani Coordinamento redazionale Manuela Proietti, Unità Multimedia ASI Progetto grafico Davide Coero Borga
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Perché c’è un futuro da immaginare. SPAZIO 2050 | 5
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Eye in the sky: così la Protezione civile ci tutela dal cielo
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Tre ore. È il tempo servito al sistema di monitoraggio spaziale per inviare una mappa di emergenza alla Protezione civile sul fronte del grande incendio in Calabria. È successo nell’estate del 2021, mentre le fiamme devastavano l’Aspromonte, e l’operazione è stata resa possibile dalle immagini dei satelliti Sentinel, costellazione Copernicus. Ma già poco dopo il terremoto del Centro Italia, nel 2016, altri occhi celesti, quelli italiani di Cosmo-SkyMed, restituivano al radar un primo bilancio degli edifici crollati. Nel pieno del “boom spaziale” che va riconfigurando anche i paradigmi economici del settore - grazie a quella convergenza fra crescente accessibilità alle orbite, riutilizzabilità delle tecnologie e digitalizzazione delle applicazioni riassunta dal concetto di new space economy -, i servizi che controllano la sicurezza del nostro territorio, sia di routine, sia nell’eventualità emergenziale di catastrofi, non possono prescindere dalla mole di dati che piove dal cielo, cioè dagli occhi che, ogni giorno, osservano e fotografano la Terra. Secondo Fabrizio Curcio, capo del dipartimento della Protezione civile, i servizi extra-terrestri sono cruciali per prevenire e governare questi fenomeni. Da integrare con i sensori sul territorio, compresi gli smartphone con i quali pubblichiamo, ogni secondo, informazioni sui social. Insieme con l’analisi e il supporto dell’Intelligenza artificiale sono loro, i servizi e le applicazioni space based, il presente e il futuro della Protezione civile.
INTERVISTA A FABRIZIO CURCIO di Emilio Cozzi @emilio_cozzi
Curcio, ormai da due anni stiamo confrontandoci con una pandemia. Come si è avvalsa, la Protezione civile, di tecnologie e servizi spaziali nella gestione dell’emergenza sanitaria? Non sono certo il primo a ribadire quanto il tema dello spazio sia ampio: la sua filiera comprende prodotti che sono tipicamente spaziali, così come la capacità di muovere una quantità crescente di dati in tempi sempre più ristretti. Per quanto riguarda la gestione della crisi pandemica, non abbiamo utilizzato i servizi spaziali per avere prodotti specifici. La trasmissione dei dati, che non di rado è avvenuta anche attraverso canali che utilizzano lo spazio, si è però rivelata di grande utilità. Allarghiamo il campo: lo spazio è il futuro anche della Protezione civile? Lo spazio è già il presente della Protezione civile. Con i prodotti spaziali lavoriamo ogni giorno, in tantissime delle nostre attività ordinarie: nelle previsioni meteo, nelle verifiche delle infrastrutture, nella valutazione, per esempio, delle frane. Poi ci avvaliamo di prodotti straordinari, con la possibilità di attivare servizi specifici. Basti pensare alla scorsa estate, funestata dagli incendi boschivi: i prodotti spaziali ci hanno aiutato a delimitare le aree del percorso dei fuochi e a definirne con maggiore chiarezza il fronte. Potrei aggiungere tante altre attività, dal controllo dell’inquinamento alla valutazione e al monitoraggio dei fronti di frana; oppure gli allaga-
CREDITI: ESA, Sentinel-2.
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menti. Per noi lo spazio è un elemento di assoluta contemporaneità. Quindi, ovvio, anche del nostro futuro.
Lo spazio è già il presente della Protezione civile: con i prodotti spaziali lavoriamo ogni giorno
Alla Giornata nazionale dello spazio, lo scorso 16 dicembre alla sede dell’Asi, ha detto che oggi «la Protezione civile usufruisce di una visione», un’affermazione interpretabile sia in senso stretto, in riferimento all’Osservazione della Terra, sia metaforico. Che cosa intendeva? Lo spazio mette a disposizione strumenti operativi che contribuiscono e, anzi, diventano essenziali nella nostra gestione quotidiana. Poi consente una visione, perché i prodotti spaziali richiedono intuito immaginativo e, insieme, un percorso che li realizzi, visto che implicano infrastrutture abilitanti non banali. Chi lavora nei servizi spaziali ha la possibilità non solo di pensare quello che siamo in grado di fare oggi, ma deve immaginare e organizzare i prodotti, le applicazioni e i servizi di domani. Ha parlato di “programmazione” e “rush”. Con quali modalità la Protezione civile si affida allo spazio, insomma “come funziona”? Il riferimento a “programmazione” e “rush” evocava, in particolare, il programma di Osservazione della Terra Copernicus, che permette una copertura globale e fornisce anche alla Protezione civile i supporti fondamentali. Come, per esempio, alcune mappe basate sulle immagini satellitari. Questo servizio, che per noi è diventato operativo dal 2012, è gestito da un centro della Commissione europea e ci dà la possibilità di accedere in due modalità e avere due tipi di prodotti diversi a seconda degli scenari: il primo, in cui non si delinea un’urgenza, rende possibili la pianificazione e la programmazione. Si tratta più di una conoscenza del territorio, distante dall’evento emergenziale. Il secondo scenario, la modalità “rush”, implica l’emergenza, l’eventualità in cui sia necessario agire subito, mentre qualcosa sta accadendo. In questo caso il prodotto serve, con estrema rapidità, a dimensionare il fenomeno in atto. In quanto tempo e con quale miglioramento qualitativo la Protezione civile, avvalendosi di infrastrutture extra-atmosferiche, può rispondere a una criticità o un’emergenza? Dipende dal prodotto di cui abbiamo necessità: nell’esempio degli incendi boschivi sull’Aspromonte, dopo tre ore avevamo il mapping dell’area percorsa dal fuoco. In generale, comunque, dopo qualche ora, che è un intervallo compatibile con le esigenze e le attività operative. Quali costellazioni o servizi satellitari usate maggiormente? Usiamo molto le Sentinel, sia 1 che 2, e contiamo anche su Cosmo-SkyMed di seconda generazione, da cui ci auguriamo di avere prodotti importanti. Più la costellazione è moderna e migliori sono le soluzioni disponibili, in termini di tempo di rivisitazione, di stabilità
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e copertura. Più si evolve e più la tecnologia diventa soddisfacente per quanto concerne la capacità di mapping, risoluzione e interpretazione dei dati. Può menzionare qualche caso in cui un cittadino poco avvezzo al settore non si aspetterebbe abbiate utilizzato infrastrutture o prodotti spaziali? Per esempio il telerilevamento satellitare dell’atmosfera, che sfruttiamo per definire i profili meteorologici, la nuvolosità, le precipitazioni. Quando il cittadino va a vedere quali sono i risultati dei prodotti meteo del Dipartimento, credo non immagini che dietro c’è una lavorazione proveniente dall’extra-atmosfera. Oppure avere il quadro degli incendi e delle alluvioni: a Catania, per esempio, tramite mapping spaziale, abbiamo visto le aree invase dall’acqua e come si modificavano nel tempo. Non solo: ogni giorno, per il monitoraggio dei vulcani, tutta la deformazione dell’area terrestre viene definita attraverso i prodotti spaziali. A chi visita il nostro Dipartimento, le cose più impressionanti che facciamo vedere sono gli esiti del terremoto del Centro Italia. Tramite una rilevazione spaziale misuriamo l’abbassamento o l’innalzamento del terreno in seguito a un evento sismico.
Fabrizio Curcio, capo dipartimento della Protezione civile.
L’integrazione di informazioni satellitari grazie all’intelligenza artificiale e dati ground based, compresi quelli provenienti in tempo reale dai social network, aumenteranno la sicurezza del nostro futuro? È proprio questa la sfida dei prossimi anni. Credo arriveremo anche molto più rapidamente di quanto immaginiamo ad avere prodotti integrati. Una cosa è chiara, anche per le attività del Dipartimento: uno scenario viene costituito da tutta una serie di canali di informazione. Lo spazio aggiunge la visione menzionata poco fa, ma bisogna integrarla con i dati dal territorio. I social sono un “allertatore naturale” dato dalle persone, che diventano una sorta di sensore sociale. Più informazioni abbiamo, più lo scenario è complesso e più ci sarà bisogno di quell’Intel-
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ligenza artificiale che accorpa canali diversi e dati via via più numerosi. Il ruolo del cittadino in questa filiera emergenziale sarà fondamentale dunque? Sebbene non lo faccia spesso, in questo caso sarò apodittico; lo ha evidenziato anche la pandemia: non esiste attività emergenziale che non veda il cittadino al centro, non solo delle attenzioni, ma della scena. Il cittadino è quello che, con il comportamento corretto o sbagliato, determina la propria sorte e quella della propria comunità. Dobbiamo puntare sulla consapevolezza che il cittadino, oggi, ha degli strumenti in più rispetto a quelli che aveva ieri. Se dovesse mancare la capacità di interpretare la awareness, cioè la consapevolezza del cittadino rispetto al suo ruolo e al rischio cui è soggetto, falliremmo. Non possiamo limitarci a fornirgli gli strumenti necessari in fase emergenziale; occorre che il cittadino ne abbia contezza prima. Anche questo è un nostro obiettivo. Se siamo in grado di monitorare con un dettaglio via via crescente le infrastrutture critiche, perché le emergenze continuano a verificarsi, i ponti a cadere e i terremoti a coglierci più o meno impreparati? Le tecnologie ci aiutano nel monitoraggio delle infrastrutture critiche in alcune aree, a capire i fenomeni scientifici. Ma tutto ciò
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che è costruito ed è vulnerabile, dobbiamo sistemarlo. Se abbiamo costruito male negli anni non possiamo illuderci che sia la tecnologia sull’osservazione a risolvere i problemi. Prendere atto della nostra vulnerabilità significa mettere in piedi sistemi di miglioramento, per esempio della parte sismica. Pensa sarebbe il caso di migliorare il processo di decision making dando più fluidità alla disponibilità di certe informazioni dallo spazio? Sappiamo già quali sono le aree vulnerabili sul territorio e dobbiamo aiutare i cittadini a prenderne coscienza. Avere uno stato di salute delle abitazioni in cui abitiamo ha poco a che vedere con la tecnologia e con il monitoraggio. Se la domanda è: «Ma l’infrastruttura vulnerabile può essere monitorata? Il cittadino può aumentare il grado di consapevolezza? ». Forse sì, però basterebbe vedere i grandi sismi che ci hanno colpito nel passato: non credo sia necessaria la parte infrastrutturale o spaziale, per capire che abitiamo in un Paese sismico.
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Gli sguardi elettronici sulla salute della Terra
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Ghiacciai montani in recessione, risorse idriche agli sgoccioli, suoli degradati, inondazioni, permafrost ‘traballante’, anomalie stagionali: un vero e proprio cahier de doléances – peraltro non esaustivo – dei mali che affliggono la Terra, sfiancata ogni giorno di più da una vasta messe di nemici ambientali. Per avere un’idea di come la situazione sia critica, basti pensare alla siccità che ha colpito il nostro paese nel presente inverno: ad esempio, a febbraio il livello del fiume Po è sceso alla stessa quota in cui di solito si trova a Ferragosto. Una risposta efficace a questi problemi attuali e spinosi proviene dalla tecnologia spaziale e dalle applicazioni che da essa derivano, sempre più sofisticate e in grado di dar luogo ad una molteplicità di servizi a beneficio dell’ambiente e delle collettività: l’osservazione della Terra da satellite, giovandosi di un punto di vista privilegiato, si configura come uno strumento di primaria importanza per la salvaguardia degli ecosistemi e per la gestione oculata delle risorse. Sono numerosi gli ‘angeli custodi’ dallo sguardo elettronico che vegliano sul nostro pianeta, spesso in sinergia, concentrandosi sulle sue aree maggiormente a rischio e misurando i parametri più rappresentativi del suo stato di salute. L’Italia in questo ambito riveste un ruolo di primo piano soprattutto con le missioni Cosmo-SkyMed e Prisma, fiore all’occhiello del nostro livello di eccellenza scientifica e industriale. Cosmo-SkyMed, finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana con fondi assegnati dal Ministero dell’Università e della Ricerca e dal Ministero della Difesa, è la prima missione di Osservazione della Terra concepita per scopi duali, civili e militari. Cosmo-SkyMed, recentemente salita agli onori della cronaca per il sofferto - e riuscito - lancio del secondo satellite della seconda generazione (lo scorso 1° febbraio), si basa su una costellazione di satelliti dotati di radar ad apertura sintetica (Sar) che lavorano in banda X: questa caratteristica li rende capaci di vedere attraverso le nuvole e in assenza di luce solare. L’intero sistema, che ora ha raggiunto la quota di sei satelliti in orbita, costituisce una squadra di ‘occhi’ elettronici in grado di scrutare la Terra dallo spazio metro per metro, giorno e notte, in ogni condizione meteorologica per aiutare a prevedere frane e alluvioni, a coordinare i soccorsi in caso di terremoti, incendi o altri disastri naturali e a controllare dall'alto le aree di crisi. I dati di Cosmo-SkyMed, negli anni, sono stati impiegati tra l’altro per realizzare studi in ambito Ot e immagini di fenomeni di particolare impatto. Ne è un chiaro esempio la ricerca pubblicata lo scorso mese di gennaio su Nature Geoscience e centrata sull’analisi dei meccanismi di scioglimento della coltre glaciale dell’Antartide. In questo caso i dati Sar di Cosmo-SkyMed hanno rivestito un ruolo di primo piano nella misurazione della velocità di arretramento delle linee di galleggiamento dei ghiacciai; le innovative capacità dei satelliti di seconda generazione consentiranno di effettuare ana-
RUOLO DI PRIMO PIANO DELL’ITALIA CON LE MISSIONI COSMOSKYMED E PRISMA di Valeria Guarnieri @ASI_spazio
La colata lavica del vulcano Cumbre Vieja, sull’isola di La Palma, vista da Cosmo-SkyMed.
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lisi ancor più approfondite in questo filone di ricerca. Altro esempio recente delle capacità di Cosmo-SkyMed è l’acquisizione dai satelliti radar in banda X dell’immagine relativa all’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai alle isole Tonga: la costellazione satellitare ha immortalato la densa colonna di cenere ancora visibile dopo più di un giorno dal drammatico evento, avvenuto il 15 gennaio. Cosmo-SkyMed, inoltre, fa parte del Siasge, il sistema satellitare italo-argentino per la gestione delle emergenze. Si tratta di una partnership tra i due paesi che hanno deciso di sviluppare una struttura unica al mondo, operativamente integrata per la gestione e la prevenzione di fenomeni naturali di grande portata e di emergenze ambientali. La controparte argentina è costituita dai Saocom (Satellite Argentino di Osservazione COn Microonde) della Conae, l’ente spaziale del paese sudamericano; questi satelliti possono riprendere immagini Sar in banda L. Il primo componente di questa costellazione, Saocom 1A, è attivo dall’autunno 2018, mentre il secondo, Saocom 1B, è stato lanciato il 31 agosto 2020. L’attuale offerta nel segmento spaziale Ot dell’ASI è arricchita dal satellite Prisma (PRecursore IperSpettrale della Missione Applicativa), in orbita dal 22 marzo 2019. Il satellite, di proprietà dell’agenzia, rappresenta un’eccellenza derivata dalle capacità scientifiche e industriali del nostro Paese di fare squadra; Prisma è dotato di un sensore ottico iperspettrale innovativo, in grado di acquisire immagini della superficie terrestre contenenti informazioni sulla composizione chimico-fisica degli oggetti presenti nella scena osservata e quindi di fornire un contributo informativo unico per diverse applicazioni. Alcune delle immagini realizzate sinora si sono centrate su criticità come qualità delle acque, stato di salute delle colture, siccità, rischio incendi e inquinamento atmosferico. Tra le immagini più significative vi è quella relativa alla torbidità dell’acqua del Lago Trasimeno, elaborata nell’ambito del progetto
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Il Nilo Bianco in Sudan visto da Sentinel-2.
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ASI “Sviluppo di Prodotti Iperspettrali Prototipali Evoluti”. Completa il quadro la missione Platino: si tratta di una piattaforma dell’Asi per minisatelliti, ideata per supportare una pluralità di missioni in differenti scenari operativi nei settori Ot, Telecomunicazioni e scienza. Nello specifico, il satellite Platino-1, dotato di un innovativo radar Sar in banda X, sarà in grado di operare sia in modalità passiva che attiva garantendo prestazioni mai ottenute sino ad oggi nel campo dei mini Sar, aprendo nel contempo la strada a nuovi scenari interoperativi fra differenti missioni quali le applicazioni bistatiche. Invece, Platino-2, equipaggiato con un sensore infrarosso termico (Tir) sarà operativo a supporto del controllo del territorio e nella gestione delle emergenze. Le immagini prodotte verranno impiegate per test di monitoraggio delle acque, degli agenti inquinanti, delle coltivazioni e della vegetazione, del consumo energetico in aree urbane e nel controllo degli incendi. Platino-2 sarà una delle prime missioni nazionali ad osservare la Terra nel canale termico da un’orbita inferiore a 400 km migliorando significativamente la risoluzione delle immagini raccolte. I lanci sono previsti tra la fine del 2022 e la metà del 2024. A livello europeo, la vigilanza sul nostro pianeta è affidata soprattutto a Copernicus, programma coordinato dalla Commissione Europea che vede la collaborazione degli stati membri, dell’Esa, di altre agenzie dell’Unione Europea e di soggetti operanti nel campo del monitoraggio satellitare e ambientale come Eumetsat (European Organisation for the Exploitation of Meteorological Satellites), Cepmmt (Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine) e Mercator Océan. L’elemento portante di Copernicus è costituito dalle ‘sentinelle’: Sentinel, infatti, è il significativo nome attribuito ai satelliti e ai payload in cui il programma è articolato e che hanno debuttato nello spazio con il lancio di Sentinel-1A nel 2014. Ogni missione è stata sviluppata per svolgere una funzione ben precisa e quindi soddisfare le esigenze di servizi e applicazioni contemplati da Copernicus per le linee di attività Atmosfera, Ambiente marino, Territorio, Cambiamenti climatici, Sicurezza ed Emergenze. Ecco quali sono i compiti delle varie ‘sentinelle’. Sentinel-1 è una missione radar in orbita polare, attiva giorno e notte e in ogni condizione meteorologica, che posa il suo ‘sguardo’ elettronico su terra e mare. Sentinel-2, invece, è una missione ottica multi-spettrale che monitora il territorio (suolo, acqua, vegetazione) in alta risoluzione; anch’essa è in orbita polare e può inoltre fornire dati in caso di emergenza. Missione multi-strumentale in orbita polare, Sentinel-3 misura la topografia della superficie del mare e la sua temperatura, così come la temperatura del suolo. Il monitoraggio atmosferico tramite spettrometri è il fulcro della missione Sentinel-4, in questo caso costituita da due payload che saranno imbarcati su due satelliti geostazionari Meteosat di Terza Generazione Sounder (Mtg-S). È un payload anche Sentinel-5,
I fattori che minano il benessere del nostro pianeta sono monitorati efficacemente dallo spazio
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che sarà a bordo del satellite Met-Op di seconda generazione e misurerà le concentrazioni di vari gas nell’atmosfera, compresi quelli derivanti da eruzioni vulcaniche. Torniamo ai satelliti con Sentinel-5P che si occupa di misurazioni atmosferiche, con ampie risoluzioni spazio-temporali, relative alla qualità dell’aria, all’ozono, alle radiazioni ultraviolette e più in generale al monitoraggio del clima. Chiude la serie Sentinel-6 Michael Freilich, missione operativa da giugno 2021 cui partecipa anche la Nasa; il satellite deve il suo nome all’oceanografo che ha diretto la divisione di Scienze della Terra dell’ente spaziale americano dal 2006 al 2019. Sentinel-6 rivolge il suo sguardo a mari e oceani per effettuare rilievi destinati a studi climatici con particolare attenzione all’innalzamento del livello delle acque. Dal 2014 in poi lo sguardo acuto delle ‘Sentinelle’ è stato attivo nel monitorare un’ampia varietà di ambienti fragili e situazioni a rischio. Ne ricordiamo alcuni. Ad esempio, Sentinel-1 e 3 hanno tenuto d’occhio i ghiacci dell’Antartide, dove il cambiamento climatico si è fatto sentire con particolare veemenza colpendo le piattaforme glaciali. Le due costellazioni hanno monitorato il percorso del colossale iceberg A68-A che, staccatosi dalla piattaforma Larsen-C, ha costituito per alcuni mesi un serio pericolo per la Georgia del Sud, isola su cui sono presenti ecosistemi molto delicati. Spostandosi agli antipodi, Sentinel-1 è stato utilizzato anche per controllare i ghiacciai della Groenlandia, duramente provati dalle intemperanze del clima. La sensibilità degli strumenti di Sentinel-2 ne ha consentito l’impiego in diverse tipologie di monitoraggi tra cui quelli relativi alle zone costiere soggette a erosione, all’inquinamento marino causato da rifiuti plastici, al permafrost in scioglimento e alla copertura vegetale. Ad esempio, con i dati raccolti in tre anni di attività dalla coppia Sentinel-2, nel 2019 è stata realizzata una mappa globale ad alta risoluzione della vegetazione e del suo andamento durante le stagioni: un prodotto che trova svariati campi di applicazione, come la classificazione dei suoli e il controllo
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del loro degrado e l’ottimizzazione delle risorse per migliorare la produttività dei terreni. Sentinel-5P ha monitorato l’inquinamento atmosferico prodotto sia dalle conseguenze del cambiamento climatico e di disastri naturali, sia dalle attività umane. I suoi strumenti hanno rilevato il rilascio di carbonio connesso allo scioglimento del permafrost, le emissioni di anidride carbonica dovute ai catastrofici incendi boschivi che hanno infuriato in Australia nel 2020, i flussi di biossido di azoto derivanti dal trasporto marittimo e le fuoriuscite di metano da impianti industriali causate da inosservanze dei protocolli di sicurezza e scarsa manutenzione. Per quanto riguarda Sentinel-6, lo scorso novembre il satellite ha rilasciato i dati più accurati al mondo sull’aumento del livello del mare. La missione, in grado di calcolare l’aumento del livello su uno scenario globale in soli 10 giorni, si basa su Poseidon-4 la più recente tecnologia di altimetria radar sviluppata dall’Esa all’interno del programma Copernicus Space Component. Il monitoraggio satellitare, quindi, fa la differenza: non solo perché integra efficacemente altre forme di rilevamento (quelle aeree e in loco), ma anche perché offre una vasta gamma di servizi ed applicazioni che permettono di intervenire su situazioni critiche e di gestire in maniera responsabile le risorse del nostro pianeta.
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Quando in Italia erano le 00.11 del primo febbraio, dalla Cape Canaveral Air Force Station in Florida è stato lanciato, a bordo del vettore Falcon 9 della società americana SpaceX, il secondo satellite della costellazione italiana Cosmo-SkyMed di Seconda Generazione. Un lancio che porta complessivamente a sei i satelliti in orbita per il sistema Cosmo-SkyMed (COnstellation of small Satellites for Mediterranean basin Observation), la prima missione di Osservazione della Terra concepita per scopi duali, sia civili che militari. Il sistema, sviluppato dall'Agenzia Spaziale Italiana in cooperazione con il Ministero della Difesa e con il contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca, è operativo dal 2007 affermando l’Italia come leader nel settore nell’osservazione satellitare del nostro Pianeta. Dal 2021, grazie alla Seconda Generazione, le capacità del sistema sono ulteriormente rafforzate. La missione include un segmento spaziale e uno terrestre. Il primo, realizzato da Thales Alenia Space per conto di Asi, consiste in una costellazione di satelliti in orbita eliosincrona, tutti dotati di radar ad apertura sintetica (Sar) e di un sistema di acquisizione e trasmissione dati altamente flessibile e innovativo. Il segmento a Terra, la cui responsabilità è affidata a Telespazio, vede infrastrutture finalizzate alla gestione e al controllo dell’intera costellazione, quindi alla ricezione, elaborazione e distribuzione dei dati acquisiti tramite il centro di comando e controllo, oggi ospitato presso il Centro Spaziale Piero Fanti del Fucino. Thales Alenia Space e Telespazio sono due aziende italiane, joint venture del Gruppo Leonardo. La commercializzazione in tutto il mondo dei dati acquisiti spetta, invece, a e-Geos, joint venture tra Asi e Telespazio. Le grandi aziende aerospaziali rappresentano, tuttavia, solo la parte principale dell’industria spaziale italiana su cui tutto il sistema Cosmo-SkyMed si basa, essendo coadiuvate da un numero significativo di piccole e medie imprese. Ciò che ha permesso all’Italia di occupare una posizione di riferimento
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COSMO-SKYMED DI SECONDA GENERAZIONE E LA LEADERSHIP ITALIANA NELL’OSSERVAZIONE DELLA TERRA di Giuseppe Nucera @NuceraGius
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CREDITI: ASI. La vetta dell'Etna a una risoluzione spaziale di 1 metro.
nell’Osservazione della Terra è, infatti, la presenza di una filiera industriale completa, dal segmento orbitale a quello ground based. Punto di forza della costellazione italiana Cosmo-SkyMed è, nello specifico, lo strumento Sar, radar con cui tutti i satelliti del sistema sono equipaggiati. A bordo di essi, in movimento alla velocità di circa 25.000 kilometri orari, i sensori Sar operano in banda X, garantendo al sistema satellitare la capacità di acquisire immagini ad alta risoluzione indipendentemente dalle condizioni metereologiche o di luminosità della regione terrestre in osservazione. I satelliti risultano dunque operativi con la massima efficienza anche in presenza di nuvole o durante le ore notturne. La costellazione italiana Cosmo-SkyMed, ora con 6 satelliti operativi, è suddivisa in due distinte generazioni, portate in orbita attraverso processi graduali. Tra giugno 2007 e novembre 2010 sono stati lanciati i primi quattro satelliti Cosmo-SkyMed di Prima Generazione. Nel dicembre 2019, invece, è stato lanciato il primo satellite appartenente alla Seconda Generazione. Il programma evolutivo della missione di Osservazione della Terra è diventato, tuttavia, operativo ufficialmente solo da gennaio 2021, a conclusione della complessa fase di test e qualifica in volo del nuovo sistema. Un anno dopo è avvenuto con successo il lancio del secondo satellite di Seconda Generazione, decollato, come detto in apertura, il 1° febbraio 2022. Lo sviluppo di due ulteriori satelliti è stato formalizzato, invece, negli accordi siglati nel dicembre 2020 tra l’Agenzia Spaziale Italiana e il Ministero della Difesa italiana, da una parte, e le due joint venture del Gruppo Leonardo, Thales Alenia Space e Telespazio. I satelliti di Seconda Generazione sono finalizzati, in un primo momento, ad affiancare quelli di Prima Generazione, garantendo così la continuità operativa della missione e, allo stesso tempo, mantenendo la sua principale caratteristica di scopo duale. In seguito, sarà loro obiettivo quello di sostituirli man mano che saranno progressivamente eliminati alla fine della loro vita. Le prestazioni della Seconda Generazione sono di altissimo livello, per ciò che riguarda la risoluzione spaziale delle immagini, la velocità di trasmissione dei dati, la multi polarizzazione per la ripresa delle immagini. Anche la capacità di processing a terra raddoppiata rispetto alla prima generazione. Grazie al salto tecnologico reso possibile dalla Seconda Generazione, basata anche sulla esperienza operativa precedente, è garantito, inoltre, un miglioramento significativo in termini di flessibilità dei satelliti e l’ampliamento della loro vita operativa. Il risultato complessivo è, di conseguenza, la moltiplicazione delle possibili applicazioni e dei servizi forniti dal sistema. Con la sua evoluzione, la costellazione Cosmo-SkyMed rappresenta ad oggi lo stato dell’arte dei sistemi di Osservazione della Terra basati su tecnologia radar, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche e soluzioni innovative introdotte nelle componenti sia spaziali che terrestri. Grazie alla seconda Generazione è reso possibile, infatti, un ampio portfolio di prodotti, ottenuti nelle diverse modalità operative del sensore Sar sia a campo stretto, con risoluzione ultra-fine a differenza della prima generazione, sia a campo largo. Tra le varie modalità di acquisizione
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ve n’è anche una che consente di acquisire contemporaneamente immagini in polarizzazione quadrupla, funzionalità che ha però comportato la riprogettazione dei sistemi elettronici. «L'elettronica che controlla lo strumento Sar è molto più flessibile rispetto alla Prima Generazione – afferma Giancarlo Natale Varacalli di Asi, responsabile del programma Cosmo-SkyMed di Seconda Generazione –anche le infrastrutture di terra sono state adeguate completamente per gestire molto più efficientemente le richieste degli utenti e la quantità impressionante di dati dalle osservazioni integrate». L’agilità del sistema permette di fornire una copertura planetaria ma garantendo, allo stesso tempo, la possibilità di acquisire simultaneamente immagini di territori distanti tra di loro. Cosmo-SkyMed di Seconda Generazione rappresenta dunque, grazie alle tecnologie e soluzioni ingegneristiche introdotte, un ulteriore rafforzamento della leadership italiana nella Osservazione della Terra a livello internazionale.
Immagini Sar per il monitoraggio delle coste e delle proprietà del mare Un ambito di applicazione della costellazione satellitare Cosmo-SkyMed è quello del monitoraggio costiero e marittimo. I satelliti radar ad altissima risoluzione permettono, infatti, di ottenere informazioni in maniera continua e precisa sullo stato di salute delle zone costiere e dei mari. Cosmo-SkyMed di Seconda Generazione risulta quindi una risorsa fondamentale per l’Italia e i suoi 8000 km di coste. Numerose sono le applicazioni e le ricerche scientifiche per studiare le dinamiche degli elementi naturali e strutturali che costituiscono tali ambienti. Come emerge dal progetto CosteLab, piattaforma tematica dedicata alle aree costiere, finanziata dal Mur e gestito da Asi con prime contractor e-Geos, specifico ambito è quello delle ricerche finalizzate al rilevamento e il monitoraggio dei cambiamenti volumetrici delle spiagge e delle dune nelle zone costiere. Uno studio sviluppato nell'ambito del “Progetto Premiale Rischi Naturali Indotti dalle Attività Umana – Coste” ha utilizzato 62 immagini Cosmo-SkyMed, acquisite tra il 2015 e il 2018, per monitorare il più importante sistema dunale italiano, situato nell’area di Piscinas a sud di Oristano. La mappatura dell’erosione costiera realizzata ha mostrato la mancanza di fenomeni significativi di deformazione nel periodo analizzato, sia per fenomeni ventosi sia per pressioni da fattori antropici. In altre ricerche dello stesso progetto, le immagini dai satelliti Sar delle onde superficiali marine si sono dimostrate, se effettuate ad una distanza adeguata dalla costa, in grado di supportare la modellizzazione dei moti ondosi, potendo così prevedere il loro impatto sulle strutture costiere. Il sistema Cosmo-SkyMed, inoltre, rappresenta un valido aiuto per il controllo del traffico marittimo. I dati
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radar ad alta risoluzione forniscono anche soluzioni in caso di rilevamento dell'inquinamento da petrolio in mare fornendo un accurato monitoraggio, tra cui anche l'identificazione dei potenziali inquinatori, in caso di emergenze.
Gestione delle risorse idriche tramite osservazioni satellitari I dati forniti dal sistema Cosmo–SkyMed rappresentano un importante strumento per condurre studi sulle cause dei disastri ambientali e migliorare la capacità di valutazione dei danni nel caso di frane e alluvioni. Il monitoraggio continuo di una determinata area, di giorno e di notte, anche in condizioni di copertura nuvolosa, consente di rilevare le deformazioni superficiali del territorio, fornendo un nuovo e valido strumento di prevenzione e controllo. I dati satellitari rappresentano, quindi, lo strumento migliore per un monitoraggio costante dei bacini idrici, allo scopo sia di una gestione dell’acqua per prevenire rischi naturali, come inondazioni, valanghe e frane, sia per finalità idroelettriche. Cosmo-SkyMed si è rilevato fondamentale, in questo senso, grazie specialmente al tempo di rivisitazione frequente, l'alta risoluzione spaziale e la sensibilità confermata ai parametri idrologici (umidità del suolo; la biomassa della vegetazione compreso il contenuto d'acqua delle piante a seconda del tipo di coltura; l'equivalente in acqua della neve e la profondità della neve). Negli anni, le potenzialità delle immagini Cosmo-SkyMed in questo ambito sono state ampiamente dimostrate, così come la sensibilità significativa della retrodiffusione in banda X a parametri idrologici è stata verificata sperimentalmente. Cosmo-SkyMed permette cicli di monitoraggio regolari sulla stessa area ogni 4 giorni in media, consentendo un allarme precoce una volta identificata una tendenza pericolosa in termini idrogeologici. La potenzialità del sistema nel fornire supporto per ottenere buone stime dei parametri geofisici dei territori
I satelliti ad altissima risoluzione ci danno notizie precise sullo stato di salute delle zone costiere e dei mari.
La baia di San Francisco, California, e il porto di Genova visti da Cosmo-SkyMed.
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osservati, ha permesso, inoltre, la generazione di mappe tematiche accessibili. Principale successo nell’applicazione dei servizi di Cosmo-SkyMed è il Piano Nazionale di Monitoraggio Italiano (PST), il più grande progetto di mappatura del rischio idrogeologico sul territorio italiano realizzato dal Ministero dell'Ambiente.
Monitoraggio delle colture e dei sistemi forestali
È possibile effettuare osservazioni accurate delle montagne, monitorando i movimenti di Alpi e Appenini con una precisione millimetrica
La costellazione di Cosmo-Skymed permette il monitoraggio continuo delle aree agricole. Il sistema contribuisce a contrastare fenomeni quali l’eccesso di sfruttamento agricolo e dell’allevamento di bestiame, la deforestazione e il dissesto idro-geologico, l’urbanizzazione e la cattiva gestione delle risorse idriche, che sono i maggiori responsabili della progressiva riduzione della fertilità dei terreni e del degrado dei servizi eco-sistemici ad essi connessi. I suoi satelliti, utilizzando sia in trasmissione che in ricezione segnali polarizzati, permettono di migliorare la classificazione dei terreni e il monitoraggio delle colture durante il ciclo di crescita, anche al fine di ottimizzare i raccolti. Il sistema supporta il mondo dell’agricoltura monitorando le colture, il loro ciclo di crescita, la loro rotazione e lo stato del terreno, oltre all'impatto ambientale e la sostenibilità di tali attività. Le informazioni raccolte consentono di migliorare la qualità dei prodotti e valutare lo stato fisiologico delle piante. Di particolare interesse risulta la possibilità di controllo del patrimonio forestale e boschivo, la cui distruzione porta notevoli danni al pianeta Terra. I satelliti Sar trovano applicazione in questo contesto per il controllo della deforestazione, la segnalazione di zone affette da malattie o da parassiti e per la rilevazione di incendi. I dati di Cosmo-SkyMed sono utilizzati, ad esempio, per il monitoraggio dell’Amazzonia, il più grande polmone verde del nostro Pianeta e uno dei luoghi della Terra dalla più incredibile biodiversità, fortemente minacciato dal disboscamento finalizzato a produzione di legname e allevamento intensivo. Negli ultimi anni sono state acquisite migliaia di immagini che hanno permesso di osservare, grazie ai sensori radar a bordo dei satelliti, un’area di circa 3 milioni di chilometri quadrati caratterizzata per gran parte dell’anno da piogge frequenti e nuvolosità costante.
Lo sguardo di Cosmo-SkyMed sul cambiamento climatico e sui ghiacciai La costellazione Cosmo-SkyMed, grazie alle sue caratteristiche uniche, consente di misurare l’impatto dei cambiamenti clima-
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Il Dipartimento per la trasformazione digitale con il Ministero dell’Istruzione e Asi hanno indetto un concorso, aperto agli studenti, per decidere il nome della futura costellazione satellitare italiana.
tici sul nostro Pianeta, offrendo un contributo molto importante per l’analisi di fenomeni quali desertificazione, inondazioni, innalzamento del livello del mare. Tra questi anche uno degli effetti più radicali del Climate Change, ossia lo scioglimento dei ghiacciai. In Italia grazie alla tecnologia radar di Cosmo-Skymed è possibile effettuare osservazioni accurate dei rilievi montuosi, monitorando i movimenti di Alpi e Appenini con una precisione millimetrica. I satelliti sono in grado, infatti, di fornire informazioni per la valutazione della stabilità del terreno, anche a supporto delle attività di prevenzione di valanghe e frane. Similarmente, i dati Cosmo-SkyMed acquisiti nei periodi senza neve, possono essere utilizzati per stimare i tassi di spostamento dei ghiacciai rocciosi. Cosmo-SkyMed rappresenta, inoltre, uno strumento privilegiato per l’osservazione e il monitoraggio delle regioni polari, estremamente estese e difficili dal punto di vista meteorologico, aree che stanno subendo un profondo mutamento climatico oltre che sociale ed economico. Il recedere dei ghiacci porta infatti con sé, infatti, una crescita delle attività economiche, con l’aumento delle esigenze di tutela ambientale e di sicurezza che trovano un’efficace risposta nel monitoraggio da satellite dei grandi iceberg che, a causa del riscaldamento globale, si staccano dalle calotte polari. Per fare un esempio, dal luglio 2017 Cosmo-SkyMed osserva i movimenti di A-68, un iceberg gigante di circa 5800 chilometri quadrati (quanto l’isola di Cipro) staccatosi dalla piattaforma di ghiaccio Larsen-C in Antartide. A causa del riscaldamento delle acque, questi iceberg tendono a sgretolarsi in migliaia di frammenti più piccoli, che sono più veloci e imprevedibili. Cosmo-SkyMed genera mappe del ghiaccio, e del rischio, di immediato utilizzo per la navigazione nei mari glaciali.
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BIG DATA BIGGER SPACE di Mila Fiordalisi @milafiordalisi
Sfruttare il potenziale dei Big data facendo leva sull’Intelligenza artificiale: è questa la più importante ‘missione’ spaziale a cui lavorano governi e istituzioni mondiali ma anche i colossi storici della space economy nonché investitori privati – a partire dai venture capitalist – col sostegno di fondi internazionali, organizzazioni e mondo dell’università della ricerca e non ultime le startup di nuova generazione. A proposito di startup la Commissione europea ha recentemente annunciato il nuovo fondo Cassini che mette sul piatto 1 miliardo di euro per sostenere la nascita e lo sviluppo di aziende innovative nel campo della space economy. È sull’Osservazione della Terra che sono puntati i riflettori: le informazioni catturate dai satelliti – e stiamo parlando di milioni di dati – rappresentano un patrimonio inestimabile che va però gestito e valorizzato. Ed è qui che entra in gioco l’Intelligenza artificiale, alias gli strumenti figli delle cosiddette tecnologie predittive e di machine learning in grado di elaborare i dati sulla base di specifici parametri, analizzarli, archiviarli e processarli per simulare scenari di breve e soprattutto di medio-lungo periodo e fornire ai policy e decision maker nonché agli stakeholder le informazioni necessarie e indispensabili per la pianificazione strategica, per studiare modelli di business innovativi e anche e soprattutto per instradare al meglio lo sviluppo tecnologico dirottando investimenti e risorse senza disperdere gli sforzi. La partita vale oro: l’Osservazione della Terra è un’attività considerata oramai fondamentale e addirittura prioritaria nelle due principali partite in gioco a livello mondiale: il cambiamento climatico e la transizione
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digitale. A cui si aggiunge, ça va sans dire, anche il delicato capitolo della sicurezza, ma le implicazioni geopolitiche della questione sono talmente ampie da meritare un approfondimento a parte e che lasciamo fuori da questa disamina. L’integrazione fra tecnologie spaziali e avanzate tecnologie digitali – dall’High performance computing all’Intelligenza artificiale, dall’Internet of things ai Big data – costituisce il cuore della New Space Economy - sostiene l’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, che sin da subito ha deciso di focalizzarsi proprio sull’importante capitolo dell’Osservazione della Terra «perché è la componente che può fare da volano ad altri segmenti – evidenzia il direttore dell’Osservatorio del Polimi, Angelo Cavallo -. I policy maker stanno dando molto attenzione a questo segmento. L’Esa ha destinato 1,4 miliardi dei 6,5 del budget 2021 proprio all’Osservazione della Terra e a livello nazionale nell’ambito del Piano strategico nazionale da 4,7 miliardi sono 1,8 quelli destinati al programma Mirror Copernicus. È la stessa presidenza del Consiglio dei ministri che considera il comparto spazio un driver economico e per fare una stima sul segmento dell’earth observation abbiamo lanciato una survey insieme con lo User Forum nazionale Copernicus (che ha incarico diretto dalla Presidenza del Consiglio) per stimare il valore del mercato. La prima stima è di 500 milioni di euro, un dato però ‘prudente’: la survey è ancora aperta e confidiamo di ultimare le stime in un paio di mesi». Sempre secondo l’Osservatorio la ricerca e l’innovazione spaziale possono contribuire in modo sostanziale alla transizione digitale e a quella ecologica, alla mobilità sostenibile, all’inclusione e alla salute. «La protezione del pianeta e la transizione ecologica necessitano di applicazioni avanzate di osservazione dallo spazio, grazie allo sviluppo di nuova sensoristica e di capacità di calcolo real-time. La mobilità intelligente e la guida autonoma potranno svilupparsi solo grazie a sistemi satellitari di posizionamento e geo-localizzazione sempre più performanti». Nell'ambito del monitoraggio sempre più imprese fanno ricorso a tecnologie di osservazione della Terra «tuttavia, è l’adozione di tecnologie digitali avanzate come machine learning, intelligenza artificiale che ne rende possibile l’interpretazione, la rapida disponibilità e quindi la piena valorizzazione all’interno dei processi decisionali», evidenzia il Politecnico. Secondo la Direzione Studi di Intesa Sanpaolo «uno dei trend futuri è legato all’implementazione di nuove applicazioni a sempre più ambiti dell’economia. Un esempio è quello dell’utilizzo dei dati satellitari non solo per osservare la Terra ma in un’ottica di previsione di quello che potrà capitare. Usare i dati satellitari, con metodi di intelligenza artificiale per prevenire i disastri ambientali, ad esempio, in una visione più ampia di attenzione al cambiamento climatico». È fortemente impegnata sul fronte la comunità scientifica, che ha iniziato a testare nuovi approcci metodologici, tecnologie e strumenti, tra i quali emerge l’applicazione del machine learning e dell’intelligenza artificiale in grado di sfruttare il potenziale della grande mole
La marea di dati raccolta dai satelliti è un patrimonio inestimabile che va gestito e valorizzato.
CREDITI: ESA.
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e varietà di dati ad oggi disponibile per il monitoraggio ambientale. Un team di scienziati di Fondazione Cmcc ed Università Ca’ Foscari di Venezia ha messo in luce potenzialità e limiti del machine learning in questo ambito. «Nella nostra ricerca abbiamo individuato che inondazioni e frane sono gli eventi più analizzati attraverso modelli di machine learning, probabilmente anche perché i più rilevanti e frequenti a livello globale», spiega Federica Zennaro, ricercatrice alla Fondazione Cmcc e all’Università Ca’ Foscari Venezia e prima autrice dello studio da cui emerge che sono due le principali potenzialità: la prima è che gli algoritmi imparano dai dati, la seconda è che possono combinare dati di diverso tipo, riuscendo quindi a valutare l’entità di un rischio tenendo conto di tutte le sue dimensioni. Il prossimo passo è ora sviluppare modelli di machine learning che siano sempre più capaci di studiare e districare le complesse interrelazioni spazio-temporali tra diverse variabili climatiche, ambientali e socio-economiche, migliorando così la comprensione del comportamento dei sistemi complessi. Determinante il ruolo dell’Asi e delle grandi aziende della space economy: il secondo satellite della costellazione Cosmo-SkyMed di seconda generazione, appena lanciato in orbita, che vede in campo Leonardo e le sue joint venture Thales Alenia Space e Telespazio con il contributo di un numero significativo di piccole e medie imprese, ha come obiettivo principale quello di fornire all’utenza civile e militare i servizi di Osservazione della Terra. e-Geos (società di Telespazio e Asi, in quota rispettivamente con l’80% e il 20%) si è aggiudicata con il progetto Peoneer (Persistent Earth Observation for actioNable intElligence survEillance and Reconnaissance) un contratto dalla Commissione Ue per lo sviluppo di una piattaforma software di Intelligence, Surveillance e Reconnaissance in grado di migliorare e velocizzare i processi decisionali attraverso l’utilizzo di dati da satelliti con altre fonti, e l’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale per l’elaborazione automatizzata in tempo reale delle informazioni. Thales Alenia Space (joint venture tra Thales al 67% e Leonardo al 33%) nel nuovo centro digitale di eccellenza in Lussemburgo punta allo sviluppo di soluzioni digitali facendo leva sui big data, l’intelligenza artificiale e le tecnologie di sicurezza informatica.
Le principali allocazioni di budget (in milioni di Euro) della European Space Agency nel biennio 2020-21.
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ARTEMIS I PORTA L’ITALIA SULLA LUNA di Manuela Proietti @unamanus
Ancora una manciata di settimane e salvo ulteriori ritardi – si potrebbe arrivare all’estate – finalmente, vedremo volare la prima missione del nuovo programma umano per la riconquista della Luna, Artemis I. Sarà una prova generale su più fronti, alla quale l’Italia darà più di un contributo. Il debutto più atteso è quello dello Space Launch System, in sigla Sls, il nuovo mega-razzo della Nasa per il trasporto di uomini e donne nello spazio profondo, un colosso alto 98 metri, capace di sprigionare al decollo una spinta pari quasi a 4000 tonnellate. Se, nella forma, il nuovo razzo-vettore Nasa ricorda, in parte, il gigantesco Saturn V concepito da Von Braun che garantì il successo delle missioni Apollo, nella sostanza tecnologica l’Sls è più uno spin-off dello Space Shuttle di cui monta, opportunamente adattati, quattro motori RS-25, oltre a utilizzare, come lo Shuttle, due booster aggiuntivi a propellente solido, utili a fornire la spinta extra per vincere la gravità terrestre e raggiungere l’orbita. L’Sls dovrà,
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in questa occasione, dimostrare la piena affidabilità del sistema e quindi ottenere la luce verde per la seconda e forse ancora più attesa missione del programma, Artemis II, la prima con equipaggio a bordo. Lo stesso dicasi per la capsula Orion, che per la prima volta volerà in combinazione col nuovo sistema di lancio Nasa. La navetta dovrà testare in ambiente lunare i sistemi principali e il Modulo di Servizio Europeo, realizzato con un importante partecipazione dell’industria italiana: Thales Alenia Space ne ha infatti curato per l’Esa la struttura e i sottosistemi. Un test critico riguarderà anche la sicurezza dello scudo termico durante la delicata fase di rientro in atmosfera, quando la capsula raggiungerà la velocità di 11 chilometri al secondo, sfiorando esternamente i 3000 gradi di temperatura. Ma veniamo al piano di volo. La spedizione durerà tra le 4 e le 8 settimane, sperimentando tempi di permanenza in orbita lunare ben più lunghi delle missioni Apollo. Durante il primo sorvolo ravvicinato della Luna, Orion, sfruttando l’effetto fionda gravitazionale si spingerà fino a una distanza di 450.000 chilometri dalla Terra, portandosi molto oltre il nostro satellite e posizionandosi su un’orbita retrograda distante, dove nessuna nave per equipaggio è mai giunta prima. Per circa una settimana raccoglierà dati, monitorata dal centro di controllo di Houston, per poi avvicinarsi di nuovo alla Luna e, usandone nuovamente la spinta, farà ritorno sulla Terra. Il decollo di Sls avverrà dalla rampa di lancio 39B del Kennedy Space Center, in Florida. Se tutto andrà secondo i piani, circa un’ora e mezza dopo il liftoff, Orion imboccherà la via della Luna, spinta in traiettoria dal secondo stadio del vettore, l’Icps, che sta pe Interim Cryogenic Propulsion Stage. Successivamente l’Icps si separerà dalla navetta e subito dopo avverrà il rilascio di parte del carico utile secondario, composto in totale da 10 nanosatelliti. Tra questi, un solo europeo è stato selezionato dalla Nasa, l’italiano ArgoMoon. Grande come una scatola da scarpe, il cubesat, sviluppato a Torino dall’azienda Argotec su mandato dell’Agenzia spaziale italiana, sarà il primo a tuffarsi nello spazio. Un ruolo d’onore che ha una motivazione scientifica ben precisa: Argomoon dovrà infatti documentare le fase del distacco della capsula dal secondo stadio del lanciatore, avvicinandosi a quest’ultimo fino a una distanza di circa 100 m per scattare immagini ad alta risoluzione. Una sfida, dal punto di vista tecnologico, tutt’altro che banale, come spiega David Avino, Ceo di Argotec: «Innanzitutto ArgoMoon dovrà operare immediatamente dopo il rilascio. Non ci sarà tempo per le cosiddette early operations. Nel momento stesso in cui il nostro microsatellite verrà rilasciato dalla Icps inizierà a svolgere le sue operazioni. E lo farà in completa autonomia. Per questo l’AI e le capacità di guida autonoma, in ArgoMoon, sono state portate ai massimi livelli». Utilizzando un complesso algoritmo il cubesat dovrà infatti essere in grado di riconoscere e seguire il suo obiettivo e quindi di effettuare riprese dettagliate dello stadio del lanciatore. Dati che serviranno a confermare o meno il suc-
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cesso dell’operazione. Al termine di questa fase, ArgoMoon eseguirà una manovra per portarsi su di un’orbita geocentrica molto eccentrica che lo vedrà più volte avvicinarsi al nosrto satellite. Durante i mesi seguenti, il cubesat scatterà immagini del sistema Terra-Luna, con l’obiettivo anche di validare, nell'ambiente ostile dello spazio profondo, la nanotecnologia a bordo della piattaforma, un concentrato di innovazione in appena 14 kg. Con Artemis I si inaugura una nuova era dello spazio manned che in pochi anni renderà la Luna il prossimo avamposto dell’umanità oltre la Terra, dal quale guardare a Marte come destinazione finale. In orbita avremo la prima stazione lunare, il Gateway, da cui gli astronauti scenderanno al Base Camp per esplorare la superficie della Luna. Un obiettivo ambizioso che implica un grande salto tecnologico, a cui l’Italia è chiamata a contribuire su più fronti, grazie alle competenze e alla credibilità acquisite negli ultimi decenni e alla capacità nazionale di mettere a sistema istituzioni, industria, mondo della ricerca e università. La struttura di uno dei primi due moduli del Gateway, chiamato Halo, è infatti realizzata nei laboratori italiani di Thales Alenia Space, joint venture tra il gruppo Thales e Leonardo a cui l’Esa ha assegnato lo sviluppo del segmento europeo della stazione: i moduli I-Hab ed Esprit. Nell’ambito degli Artemis Accords e del più recente Artemis Study Agreement, in un dialogo diretto con la Nasa, l’Agenzia Spaziale Italiana sta lavorando su vari possibili elementi orbitanti e di superficie, investendo anche sugli sviluppi tecnologici per moduli pressurizzati. Già confermata è la missione commerciale Clps 19-D che nel 2023 porterà l’Italia sulla Luna: a bordo del lander, il payload italiano Lugre, Lunar Gnss Receiver Experiment. Sviluppato da Qascom, è un ricevitore con tecnologia software defined radio che per la prima volta utilizzerà il sistema di navigazione terrestre Gnss per ‘guidare’ le sonde in orbita lunare, in ambiente cislunare e in fase di allunaggio. Una nuova avventura per l’umanità è ai nastri di partenza. E l’Italia è in rampa di lancio.
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Una nuova avventura per l’umanità è ai nastri di partenza e l’Italia è in rampa di lancio.
ArgoMoon è il cubesat sviluppato da Argotec su mandato di Asi.
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DALLA TERRA ALLA LUNA: UNA SFIDA A GUIDA ITALIANA di Guseppina Pulcrano @pinucciapin
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In una lettera pubblicata il 24 dicembre 1967 sul Corriere della Sera Italo Calvino rispondeva alla scrittrice Anna Maria Ortese: «…ripensare la Luna in un modo nuovo ci porterà a ripensare in un modo nuovo tante cose.» E ripensare un nuovo modo per il ritorno degli umani sulla Luna, implica una visione dell’indispensabile e del non previsto per chi sulla Luna farà scienza o affari nei prossimi decenni. Con l’iniziativa Moonlight, l’Agenzia Spaziale Europea ha finanziato due consorzi per lo studio e l’analisi economica di sistemi di navigazione e telecomunicazioni affidabili, a supporto delle prossime missioni lunari. Sottoscritti a maggio dello scorso anno, un contratto è stato affidato all’italiana Telespazio, una joint venture tra Leonardo (67%) e Thales (33%), e l’altro è andato alla britannica Surrey Satellite Technology. Favorire una “sana competizione” per soluzioni fattibili, oltre che economicamente sostenibili per l’architettura del sistema Terra- Luna, è la richiesta. Ma c’è di più: la navigazione e le telecomunicazioni devono supportare le ambiziose e audaci missioni che prevedono di esplorare le regioni polari lunari con missioni già pianificate per questo decennio. L’architettura di sistema deve tener conto di un modello di service provision per un sistema completo end-to-end che, facendo leva su infrastrutture terrestri e su asset spaziali come i satelliti, garantiscono alle diverse piattaforme in orbita attorno alla Luna e a rover, lander o basi lunari la copertura delle comunicazioni. Il progetto dovrà rendere il Lunar Communications and Navigation Services (Lcns) di Esa interoperabile con LunaNet, l’infrastruttura della Nasa attualmente in fase di sviluppo e che supporterà il programma Artemis. Il consorzio a guida della Telespazio nel ruolo di large mission integrator coinvolge: Thales Alenia Space Italia, la Orbital Hochtechnologie Bremen (Ohb), che con le sue tre sedi italiane fa parte dell'European Space and Technology Groupp Ohb Seo, la MacDonald, Dettwiler and Associates – Mda divisione spazio del gruppo americano Usa Maxar Technologies, che sviluppa e fornisce soluzioni di sorveglianza e intelligence, sistemi di difesa e marittimi, radar, robotica spaziale, antenne satellitari e sistemi di comunicazione, e Altec, una società pubblico-privata partecipata di Thales Alenia Space e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Nel consorzio anche Pmi di respiro internazionale come Nanoracks Europe e Argotec, università e centri di ricerca quali See Lab Sda Bocconi e Politecnico di Milano. Al consorzio partecipano anche operatori satellitari come Inmarsat e Hispasat. La britannica Surrey Satellite Technology Ltd – Sstl è invece specializzata in piccoli satelliti, nata come spin-off dell’Università del Surrey, di proprietà di Airbus Defense & Space. Non si tratta di una vera e propria competizione ma i progetti di entrambi i consorzi hanno come traguardo la ministeriale Esa di fine 2022, quando le soluzioni migliori verranno opportunamente finanziate per i programmi di sviluppo. Marco Brancati, Head of Innovation and Technological Governance di Telespazio, spiega lo scenario di riferimento: la Lunar Economy
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prevede utenti spaziali ma anche società ‘non spaziali’. «Un elemento fondamentale è dimostrare che l’attività proposta è sostenuta dal ritorno economico in termini di servizi in grado di sostenere l’iniziativa.», sottolinea Marco Brancati. Non trascurabili anche i nuovi equilibri geopolitici. Estrarre idrogeno e ossigeno per produrre propellente necessario per nuove missioni in orbita o sulla superficie lunare cambia gli attuali equilibri. «Sappiamo che c’è un grande interesse di aziende non spaziali per attività di estrazione mineraria, di produzione energia, di estrazione di terre rare presenti anche sulla Terra ma in quantità non uniformemente distribuite. La Cina da tempo effettua tale estrazione sul proprio territorio ed ha già fatto accordi con paesi dove le terre rare sono presenti.», aggiunge Brancati. Studi recenti affermano che il mercato per il trasporto spaziale in orbita è stimato oggi pari a circa 80 miliardi di dollari per il periodo 2021-2040; a questo va aggiunto il mercato dell’utilizzo delle risorse mineraria per aziende non spaziali. C’è, infine il mercato del lunar data. Dati di telemetria o dati di natura ambientale della superficie lunare interessano gli sviluppatori di video giochi elettronici ambientati sulla Luna e anche compagnie cinematografiche. Ma come immaginare quello che oggi ancora non è realtà? Marco Brancati spiega che tutte le attività proposte sono oggetto di simulazioni: la Concurrent Design Facility di Telespazio è un'infrastruttura che consente a team di esperti di diverse discipline ingegneristiche di lavorare in stretto coordinamento per simulazioni non immaginabili fuori da un contesto multidisciplinare. Fantasia, metodo, conoscenza consolidata del settore, simulazioni e idee ‘fresche’ sono ingredienti necessari per progetti di questa natura. Lo scorso 16 dicembre Telespazio ha premiato a Dubai in occasione dell’Expo tre progetti di gruppi di studenti appartenenti ad università di vari paesi per la competizione #T-TeC (Telespazio Technology Contest) 2021. I progetti ai primi tre posti riguardano attività e di In Orbit Servicing e di Space Exploration relative allo sviluppo di missioni spaziali a basso costo verso la Luna e gli altri corpi celesti, oltre che nuove capacità dei satelliti di trasportare carichi utili innovativi. Una sfida a guida italiana per ripensare in modo nuovo l’esplorazione della Luna e le attività spaziali del prossimo decennio.
Moonlight dell’ESA affida a Telespazio uno studio di fattibilità per le comunicazioni e la navigazione Terra-Luna.
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PLANETEK ITALIA, UNA STARTUP DI 30 ANNI di Silvia Ciccarelli @Silvia_Cicca
Nel 1994, anno di costituzione, Planetek Italia è stata all’avanguardia nel fondare il suo modello di business nella erogazione di servizi Gis e Remote Sensing, il vecchio nome delle Osservazioni della Terra (Ot). Partita con l’ambizione di produre conoscenza dai dati di OT, 28 anni fa rappresentava la frontiera dell’innovazione geospaziale, nel profondo sud dell’Italia. Internet è stato un eccezionale abilitatore del business di Planetek, veicolo per fornire servizi e applicazioni in modo tempestivo ed efficace, per sviluppare partenariati industriali anche a carattere internazionale, facendo dell’azienda una start-up ante litteram. A conferma della forte propensione all’innovazione, l’azienda è stata tra i primi ad adottare la filosofia del Design Thinking passando dal tradizionale "requisito -> specifica -> piano di consegna" a un continuo sviluppo ciclico e centrato sull'utilizzatore. L’approccio al service design, applicato da oltre 20 anni, è ancora oggi la vera caratteristica distintiva di Planetek nell’Ot, che rappresenta oggi il dominio con le più interessanti prospettive in termini di Space Economy. Copernicus ha rappresentato una ulteriore formidabile opportunità di evoluzione innovativa, permettendo il passaggio dalla fornitura di servizi ad hoc all'Info-As-a-Service, che l’azienda ha condensato nei servizi Rheticus®, la soluzione ideata da Planetek per trasformare Big Data geospaziali in conoscenza fruibile. L’adozione di Intelligenza artificiale e ambienti di calcolo in cloud sono stati due ulteriori elementi abilitanti fondamentali per questo salto evolutivo. Il motto aziendale è: «Semplificare la complessità dello spazio», che proietta Planetek verso una nuova sfida, quella di costruire lo Spacestream per superare il tradizionale dualismo Upstre-
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am – Downstream. L’obiettivo è sviluppare un nuovo ecosistema per rendere trasparente a milioni di sviluppatori la complessità delle infrastrutture spaziali, sperimentare algoritmi innovativi direttamente in orbita, abilitare in un Con questo numero di Spazio 2050 prossimo futuro miglia- vogliamo lanciare una nuova rubrica ia di applicazioni basate volta a dare spazio e visibilità sui dati spaziali. Gra- alle piccole e medie imprese e zie al contributo dell’ASI alle start-up spaziali nazionali. nell’ambito del program- L’obiettivo è quello di evidenziare ma Esa Incubed, Planetek percorsi unici di crescita, modelli di Italia ha già sviluppato business in evoluzione e strategie le tecnologie di Terra, le tecnologie di bordo e il di adattamento e anticipazione dei toolkit per gli sviluppatori più avanzati trend del New Space, nell’ambito del progetto affinché siano di ispirazione per AI-Express, per gli amici tutto il comparto. AIX. Da sempre attenti al connubio sviluppo e sostenibilità, nel 2021 l’azienda ha acquisito lo status di “Società Benefit” per formalizzare il suo impegno nel perseguire gli obiettivi di sviluppo economico attraverso modelli di business basati sull’etica, la tutela dell’ambiente e del territorio. Planetek ha saputo cogliere e anticipare in questi 28 anni di vita i principali trend tecnologici non solo spaziali. È una delle realtà più solide e allo stesso tempo dinamiche nel panorama delle PMI nazionali, localizzata a Bari, tra i protagonisti del Distretto Pugliese, proiettata nei mercati internazionali con un occhio particolare al Mediterraneo. Segui la pagina di Planetek Italia nell’talian Space Industry Online Catalogue, con contenuti aggiornati e link a tutti i canali ufficiali e social dell’azienda: https://italianspaceindustry.it/listing/planetek-italia-s-r-l/
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CREDITI: NASA, SpaceX. La Crew-4 durante l’addestramento a Hawthorne, in California.
Il 28 maggio 2021 l’Agenzia Spaziale Europea ha annunciato una nuova missione dell’astronauta Samantha Cristoforetti che assumerà il ruolo di specialista di missione per il volo Crew-4 di SpaceX, in partenza ad aprile. Ad accompagnarla nel corso della sua permanenza sull’avamposto orbitante ci saranno una serie di esperimenti italiani e non - alcuni già a bordo della Iss - che coprono diversi settori della medicina e della nutrizione e preparano il terreno per l’esplorazione spaziale del futuro. Lo studio delle conseguenze dello stress ossidativo - il meccanismo di danno cellulare determinato da un eccesso di sostanze chimiche denominate radicali liberi - è al centro di Antioxidant Protection (Asi Prometeo) un esperimento dell’Agenzia Spa-
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LA VALIGIA DI SAMANTHA di Fulvia Croci @ASI_spazio
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ziale Italiana che mira ad elaborare strumenti terapeutici efficaci e sicuri per la conservazione, mantenimento e promozione dell'integrità architettonica e funzionale del tessuto nervoso. Lo stress ossidativo è alla base di molti effetti deleteri del volo spaziale ed è coinvolto nella genesi di diverse condizioni patologiche come il morbo di Chron e i quello di Parkinson sulla Terra. Il sistema nervoso centrale è il bersaglio più critico dello stress ossidativo e richiede una speciale protezione antiossidante con l'aumentare della durata dei voli spaziali e in vista dei viaggi interplanetari. Ovospace dell’Asi invece indaga il ruolo della microgravità sulla maturazione e lo sviluppo delle cellule ovariche. La questione della fertilità nell’ambiente spaziale è un argomento poco affrontato dalla ricerca e questo particolare aspetto della salute umana merita di essere adeguatamente studiato poiché l’assenza di gravità può compromettere la funzione ovarica e lo sviluppo fisiologico degli esseri viventi. In vista dei prossimi obiettivi riconosciuti dalla missione Artemis - che prevedono la colonizzazione umana della Luna - questa questione assume un’importanza cruciale
nella pianificazione dei futuri programmi di insediamento umano nello spazio. L’alimentazione equilibrata è il focus dell’esperimento Evoo dell’Asi, che studia l'impatto dell'esposizione alle condizioni ambientali spaziali a bordo della Iss sulle caratteristiche fisico-chimiche, sensoriali, nutrizionali e microbiologiche dell’olio extra vergine di oliva. In particolare, gli elementi ambientali che possono essere dannosi per le proprietà dell'Evo sono la microgravità, che influisce sulla sedimentazione, i flussi convettivi e i fenomeni di coalescenza e aggregazione e le radiazioni, che possono causare processi di degenerazione. Suture in space un esperimento dell’Esa, che vede come principal investigator l’U-
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niversità di Firenze, analizza il processo di guarigione delle ferite in microgravità. La preparazione dell’esperimento ha permesso di sviluppare una nuova tecnica per allungare la sopravvivenza dei tessuti espiantati, che potrebbe essere utile nei campi della chirurgia, del trapianto di tessuti e della rigenerazione. Ad aspettare Samantha sulla Iss ci sarà una terzetto di esprimenti italiani, in orbita dal 2019, già utilizzati da Luca Parmitano durante la sua ultima missione, Beyond. Nel dettaglio Acoustic Dignostics verificherà l’udito dei membri dell'equipaggio della Stazione prima, durante e dopo il volo. Nutriss ha lo scopo di analizzare la composizione corporea utilizzando un analizzatore di bioimpedenza dedicato in grado di misurare la massa grassa del soggetto, Infine Lidal che sarà attivato prima e dopo l’arrivo di Samantha, ma non durante, ha l’obiettivo di sviluppare un rivelatore in grado di misurare tutta la radiazione cui sono sottoposti gli astronauti e di utilizzarlo per studiare l'ambiente di radiazione nella Iss.
Samantha Cristoforetti partirà a bordo della navetta Crew Dragon di Space X
CREDITI: Thales Alenia Space. Il gemello di Rosalind Franklin al Rover Operations Control Centre di Altec, Torino.
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ASPETTANDO EXOMARS di Fulvia Croci @ASI_spazio
L’Europa è sempre più vicina a toccare Marte. Manca pochissimo al lancio della seconda parte di ExoMars che avrà l’obiettivo di scovare tracce di vita presente o passata sul pianeta rosso. ExoMars 2022, missione a leadership italiana, nata dalla collaborazione tra Esa e Roscosmos invierà un rover, Rosalind Franklin, equipaggiato con un trapano in grado di prelevare campioni del suolo fino a due metri di profondità, dove potrebbero trovarsi tracce di una vita passata che nel sottosuolo è riuscita a sopravvivere alle radiazioni. Il laboratorio installato nel rover studierà la composizione chimica dei campioni prelevati da Marte, grazie alla trivella progettata e costruita in Italia dalla Leonardo. Ora il rover si trova nei laboratori italiani di Thales Alenia Space insieme alla piattaforma di atterraggio Kazachok per i test finali. Quest’ultima, una volta arrivata su Marte, rimarrà una stazione statica per studiare il clima, l’atmosfera e le radiazioni del pianeta rosso, così come la possibile presenza di acqua nel luogo di atterraggio. La copia terrestre del rover è stata recentemente battezzato Amalia, nome della pro-
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fessoressa Amalia Ercoli Finzi, la prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, già consulente scientifica per Asi, Esa e Nasa. Finzi ha progettato il trapano montato sul lander Philae della missione Esa Rosetta e ha fortemente spinto per lo sviluppo del trapano del rover di Exomars da oltre vent’anni. «Aver dato il mio nome al gemello di Rosalind è un grande onore per me e per l’Italia che vede ancora una volta un nome italiano associato a un sistema complesso chiamato a svolgere un’attività importante nello spazio. Amalia non andrà su Marte ma svolgerà un’attività preziosa: testare a terra le operazioni che Rosalind dovrà effettuare sul suolo marziano, come guidarlo intorno ai pendii del Pianeta Rosso per cercare il percorso migliore e accompagnarlo nelle fasi delicatissime di perforazione del terreno e di analisi dei campioni. Sarà l’angelo custode di Rosalind e gli sarà vicino in tutti i momenti difficili». Il team della missione ha messo alla prova anche i due paracadute che garantiranno la buona riuscita dall’ammartaggio. I test sono stati completati tra novembre e dicembre in Oregon e sia il primo stadio (da 15 metri) che il secondo (da 35 metri) - il più grande mai volato su Marte finora - si sono dispiegati correttamente. Nello specifico la procedura di rallentamento per il touchdown su Marte richiede uno scudo termico in grado di dissolvere il calore generato dall’attrito con l’atmosfera, due paracadute principali – ciascuno dotato del proprio paracadute pilota per l’estrazione – e un sistema di propulsione a retrorazzo, che si attiverà 30 secondi prima dell’atterraggio. Il primo stadio del paracadute principale si aprirà mentre il modulo di discesa starà ancora viaggiando a velocità supersoniche, il secondo paracadute, invece, si dispiegherà a velocità subsoniche. Una volta giunto su Marte Exomars andrà ad aggiungersi alle missioni robotiche americane e cinesi già presenti sul mondo rosso. L’ultima arrivata tra le americane è Perseverance, il rover parte della missione Mars 2020, erede del veterano Curiosity. Perseverance è giunto su Marte il 18 febbraio 2021 precisamente nel cratere Jezero, un grosso bacino che un tempo ospitava un lago marziano, un ottimo punto per la ricerca di eventuali forme di vita. Parte della missione Mars 2020, Perseverance è il nuovo laboratorio per l’astrobiologia marziana targato Nasa, che con la sua suite di strumenti innovativi permetterà di conoscere molti dettagli della storia del pianeta. Il rover ha portato con sé una novità assoluta mai sperimentata in altre missioni: Ingenuity, un piccolo elicottero del peso di quasi 2 chilogrammi che ha volato sui cieli di Marte, superando i tempi di missione nominale e guidando Perseverance sull’accidentato terreno marziano. Perseverance contribuirà a portare sulla Terra un pezzo di Marte, grazie a un trapano che sta già prelevando diversi campioni di materiale. Lo scopo è quello di farli recuperare da una serie di missioni successive e trasportarli sulla Terra per le analisi nel prossimo decennio. Secondo i piani della Nasa, se tutto andrà per il meglio, per quel periodo potremmo già inviare i primi astronauti su Marte.
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La missione Esa/Roscosmos Exomars partirà il prossimo settembre dallo spazioporto di Baikonur in Kazakistan
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Il Rocc Le operazioni della missione ExoMars saranno guidate dalla Altec di Torino. La società è responsabile della progettazione, dello sviluppo e della gestione del Centro di controllo delle operazioni Rover (Rocc). Il Rocc sarà incaricato del monitoraggio e del controllo del sistema e delle operazioni scientifiche del rover sulla superficie di Marte e comprende anche il Centro Operativo Scientifico (Soc), che esegue analisi scientifiche selezionate. Altec sta consolidando il suo ruolo di attore chiave nell’esplorazione robotica dello spazio profondo anche con la missione Mars Sample Return.
Atterrare su Marte Anche Exomars, come i suoi predecessori marziani, dovrà affrontare gli ormai famosi 7 minuti di terrore, una manciata di qualche centinaio di secondi che rappresenta una delle fasi più critiche di una missione per Marte. È il tempo che lo spacecraft ha a disposizione, una volta entrato in atmosfera marziana, per rallentare la sua folle corsa verso il suolo e compiere un atterraggio soft. I 7 minuti di terrore sono costituiti da una sequenza che viene svolta dalla sonda in modo completamente automatico.
L'Italia a bordo di ExoMars L’Italia, attraverso l’Asi, è il principale sostenitore della doppia missione ExoMars con il 40% dell’investimento totale. Inoltre l’Esa ha assegnato all’industria italiana, e in particolare a Thales Alenia Space Italia, la leadership principale di entrambe le missioni, oltre alla responsabilità complessiva di sistema di tutti gli elementi. Riguardo al contributo scientifico, MA_MISS (Mars Multispectral Imager for Subsurface Studies) è lo spettrometro per l’analisi dell’evoluzione geologica e biologica del sottosuolo marziano, inserito all’interno del Drill, che consentirà di analizzare la conformazione della superficie interna della perforazione effettuata dal Drill. È realizzato dalla Leonardo e vede la collaborazione dell’INAF-IAPS.
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DESTINAZIONE MARTE, A CHE PUNTO SIAMO? di Redazione ASI @ASI_spazio
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Se dovessimo abbinare un colore ad un anno certamente il 2022 avrebbe il rosso, sì, rosso Marte. Quest’anno è previsto, infatti, il lancio di ExoMars, la missione alla ricerca di tracce di vita sul pianeta rosso dell’Agenzia Spaziale Europea in cooperazione con l’Agenzia Spaziale Russa Roscosmos, con il contributo della NASA e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Nelle camere pulite di Thales Alenia Space, la JV tra Thales 67% e Leonardo 33%, tecnici e ingegneri lavorano costantemente per arrivare puntuali all’appuntamento marziano. Dopo il completamento di alcune operazioni - tra cui l’integrazione dello Spacecraft (integrato a Torino per Lavochkin) contenente la Landing Platform Kazachok, con a bordo il modello termo-strutturale del rover, protetto dal “Rear Jacket” del modulo di discesa, connesso con il Modulo Carrier (fornito da OHB) - il rover di volo Rosalind Franklin, dopo le verifiche funzionali integrate effettuate nel sito Thales Alenia Space di Torino, è stato trasferito nel Centro Integrazioni Satelliti di Roma. Qui è stato sottoposto a un riscaldamento in vuoto per ridurre al massimo consentito i livelli di contaminazione organica nel laboratorio di bordo (ALD), fattore essenziale per dar seguito agli obiettivi scientifici della missione, una volta su Marte. Come è ormai noto, il compito del rover della missione scientifica europea ExoMars 2022 è la ricerca di tracce di vita sul terreno marziano. Il trapano di Rosalind Franklin, realizzato da Leonardo, tratterrà il campione di terreno prelevato consegnandolo al laboratorio interno al rover, un vero e proprio microlaboratorio chimico ricreato all’interno del rover per rilevare tracce di contaminanti organici riconducibili alla vita. Il rover è stato, dunque, inserito in una camera a vuoto e portato alla massima temperatura raggiungibile dalla sua configurazione di volo: in questo modo è stata possibile l’evaporazione della piccola parte di contaminanti ancora presenti all’interno. Per quanto riguarda la configurazione, la parte interna del rover è stata chiusa dai pannelli solari, che sono stati rimossi ed esposti in camera: in questo modo è stata garantita la massima esposizione al vuoto e alla temperatura di tutte le superfici interessate. Il controllo della contaminazione è stato invece effettuato sfruttando un sistema dedicato di microbilance al quarzo, capaci di rilevare la contaminazione nell’ordine dei nanogrammi. Per quanto riguarda il controllo microbiologico, è stato bypassato l’utilizzo di una clean room controllata microbiologicamente grazie all’installazione di un muro di filtri nell’area dedicata alle operazioni davanti/in camera e tramite un’accurata procedura di pulizia e sterilizzazione dell’area. In particolare, la camera stessa è stata sottoposta ad una sterilizzazione con perossido di idrogeno (acqua ossigenata), prima dell’inizio delle attività. Nel frattempo, il Ground Test Model (GTM), gemello terrestre del rover Rosalind Franklin, ha lasciato le clean room di Thales Alenia Space a Torino per un breve viaggio verso il Mars Terrain Simu-
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lator del ROCC (Rover Operation Control Center) presso ALTEC, dove si stanno verificando le sue capacità di muoversi su terreni di varie difficoltà per poi affrontare la validazione delle procedure che Rosalind Franklin dovrà eseguire durante la missione a Marte. In questa specifica facility, il rover gemello del Rosalind Franklin non solo ha superato brillantemente la prova di perforazione, trivellando ed estraendo campioni a 1,7 metri di profondità e superando i precedenti tentativi degli altri rover marziani, ma ha anche dimostrato una grande capacità di locomozione superando una trappola di sabbia senza slittamenti. Nella camera super-pulita di Torino sono state eseguite e completate le operazioni di manutenzione e calibrazione degli strumenti scientifici della piattaforma Kazachok e si sta procedendo alla complessa verifica di tutte le funzioni dello Spacecraft, gestite dal SW di bordo che nel frattempo è stato adattato per la missione con lancio a settembre 2022. Nella missione del 2022, Thales Alenia Space in Italia è responsabile della progettazione, sviluppo e verifica di tutto il sistema, dello sviluppo della navigazione del Modulo Carrier e del sistema di guida e della realizzazione dello sviluppo EDL/GNC, il Sistema Rover, incluso il Laboratorio d’Analisi (ALD), oltre a fornire componenti di base del Modulo di Discesa (DM), incluso il radar-altimetro. Inoltre, Thales Alenia Space in Italia ha implementato una partnership tecnica approfondita con Lavochkin (Russia) con contributi europei per lo sviluppo del Modulo di Discesa (DM) e la sua Landing Platform denominata Kazachok. OHB è responsabile dello sviluppo del Modulo Carrier (CM) oltre che di elementi del Laboratorio Analitico ALD (Meccanismi SPDS, Struttura e Cablaggio). Thales Alenia Space è inoltre responsabile delle operazioni del rover nel ROCC. Ha sviluppato il Rover Module Mission Operations Concept, il relativo Mission Management SW ed è responsabile della definizione delle operazioni del rover per tutte le fasi di missione. Il veicolo rover stesso è stato fornito da Airbus Defence and Space nel Regno Unito. Leonardo ha sviluppato la trivella per ExoMars 2022, che scaverà il sottosuolo marziano a una profondità di due metri più l’unità di controllo dei meccanismi Drill e ALD e il software. ALTEC Aerospace Logistics Technology Engineering, una società Thales Alenia Space in Italia (63,75%) e ASI (36,25%) è responsabile della progettazione, sviluppo e gestione del ROCC (Centro Operativo di Controllo del rover), dove un team composto da ESA, TAS, ALTEC, industrie e team scientifici controlleranno la missione del rover sulla superficie marziana.
Procedono i test nelle camere pulite di Thales Alenia Space tra Torino e Roma
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L’ITALIA CHE C’È SUL WEBB di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
Per la comunità scientifica che da anni (e in molti casi decenni) lavorava sul James Webb Space Telescope, lo scorso Natale è stato il più emozionante di sempre. Il Webb si è alzato in volo il 25 dicembre, quando in Italia erano le 13.20. Un lancio da manuale, superando le condizioni climatiche avverse che, dopo Come la scienza diversi rinvii nel corso degli anni, avevano fatto slittaitaliana contribuisce al telescopio spaziale più re il lancio di altre 24 ore. Frutto della collaborazione atteso della storia tra le agenzie spaziali statunitense, europea e canadese, il Webb è stato portato nello spazio da un razzo Ariane 5 dalla base Esa di Kourou. Anche l’Italia ha contribuito al telescopio spaziale più atteso della storia: ecco come. Prima di tutto, il liftoff. L’Agenzia Spaziale Italiana ha partecipato alle operazioni di lancio monitorando il volo del Webb dalla sua base di Malindi, in Kenya. Qui, al Luigi Broglio Space Center, il team guidato da Jahjah Munzer dell’ASI ha effettuato il primo contatto con la missione dopo la separazione, seguendo il lanciatore Ariane 5 con l’antenna MLD2A a partire da 22 minuti dal liftoff. Nelle ore successive Malindi è stata la stazione Prime a seguire il Webb, effettuando anche misure di telemetria e tracking. Dopo il lancio, è iniziato il complesso sistema di manovre necessarie per portare il Jwst là dove nessun telescopio è mai arrivato, nel cosiddetto punto lagrangiano L2 a circa un milione e mezzo di chilometri
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dal nostro pianeta. A inizio 2022, il Webb ha segnato alcune tappe fondamentali per inaugurare la sua carriera scientifica: il dispiegamento dello scudo termico, dello specchio secondario e, successivamente, dello specchio primario. 6 metri e mezzo di diametro, per un totale di 18 segmenti esagonali. Una vera e propria rivoluzione nel campo dell’astronomia a infrarossi, che permetterà di andare indietro nel tempo alle prime fasi del Big Bang. Anche in questo caso, l’Italia ha dato un importante contributo attraverso l’azienda Leonardo, che ha realizzato alcuni elementi chiave dello spettrografo NIRSpec (Near Infrared Spectrograph), di responsabilità dell’Esa, e i sensori d’assetto del telescopio. Nelle ultime settimane il Webb ha iniziato a raccogliere e trasmettere alcuni dati, anche se la sua completa messa in funzione scientifica è attesa per quest’estate. Ed è qui che entrerà in gioco l’intera comunità scientifica internazionale, italiana compresa. Tra i 266 progetti scientifici già approvati (su 1.172 proposte ricevute), 9 sono guidati da ricercatori italiani: sette dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, e due dall’Università di Milano-Bicocca e dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. E l’Italia partecipa anche a circa altri 40 progetti, con un importante contributo soprattutto per quanto riguarda l’osservazione degli esopianeti - settore in cui l’Italia è molto forte, e tra gli obiettivi primari del Webb.
SOSTENIBILITÀ: I TRE SCALI DI AÉROPORTS DE LA CÔTE D’AZUR OTTENGONO LA PIÙ ALTA CERTIFICAZIONE AIRPORT CARBON ACCREDITATION 4+
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ZERO EMISSIONI ENTRO IL 2030
PRIMATO GLOBALE DI ATLANTIA SUL FRONTE DELLA SOSTENIBILITÀ AEROPORTUALE: TRA GLI OTTO SCALI PIÙ VIRTUOSI AL MONDO, CINQUE FANNO PARTE DEL GRUPPO
Con questo riconoscimento, Nizza, Cannes e Saint-Tropez raggiungono la massima categoria per il rispetto ambientale e si aggiungono a Fiumicino e Ciampino, gestiti da ADR. Il Direttore degli investimenti europei De Bernardi: “Il nostro impegno è azzerare le emissioni nei cinque scali del gruppo, attraverso la completa rivisitazione dei processi operativi e ammodernando le infrastrutture nella logica della decarbonizzazione”. I tre scali francesi hanno ottenuto il massimo livello di rating - che accerta come tutti i sistemi di gestione di un aeroporto siano allineati al raggiungimento degli obiettivi internazionali di salvaguardia ambientale - impegnandosi formalmente ad azzerare le emissioni di CO2 entro il 2030. Su un totale di 18.000 aeroporti presenti in tutto il mondo, la “Airport Carbon Accreditation” ha rilasciato finora certificazioni a circa 350 scali, suddivise in sei differenti livelli modulari. Nella categoria di vertice 4+ Transition rientravano ad oggi soltanto Fiumicino e Ciampino (gestiti dalla società controllata Aeroporti di Roma, la prima in Europa ad aver raggiunto nel 2021 lo stesso livello di certificazione), e l’aeroporto di Rotterdam. Con il riconoscimento ricevuto da Aéroports de la Côte d’Azur’s, diventano dunque sei gli aeroporti in Europa (e otto in tutto il mondo, considerando il Dallas International Airport e l’Indira Ghandi International Airport) ad aver ottenuto il massimo livello di certificazione di carbon neutrality. Di questi, ben cinque rientrano nel portafoglio di Atlantia, che raggiunge in questo modo un primato globale sul fronte della sostenibilità aeroportuale. Per accedere a tale categoria, ognuno dei cinque scali del Gruppo Atlantia ha attuato negli anni una strategia di investimenti auto-finanziati e di modernizzazione dei processi e delle infrastrutture, allo scopo di ridurne significativamente l’impatto ambientale. SPAZIO 2050 | 43
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FLYEYE di Barbara Ranghelli @ASI_spazio
Un telescopio unico, a ottiche multiple con un campo visivo estremamente ampio, e tutto italiano. Si chiama Flyeye e ricorda, appunto, gli occhi composti di una mosca. Ancora in fase di ultimazione, questa nuova tecnologia permetterà di innovare il modo di tenere sotto costante osservazione ciò che avviene in cielo. La sicurezza e la vita sociale dei cittadini si basano ormai su tecnologie che possono essere messe a rischio da eventi che si originano nello spazio. E non si tratta solo della possibilità che un asteroide vagante, appartenente alla popolazione dei Neo (Near-earth objects), sia in rotta di collisione con la Terra o che un’attività solare anomala provochi un black-out nelle reti elettriche; con l’intensificarsi delle attività spaziali, attorno al nostro pianeta vaga una quantità tale di oggetti che il rischio di collisione è sempre più alto. La Stazione Spaziale Internazionale si trova a dover cambiare rotta per schivare i detriti, mentre la sua cupola e un braccio robotico sono già stati scheggiati. Da qui l’importanza del rilevamento e del monitoraggio. L’Agenzia Spaziale Europea nel 2009 ha avviato lo Space Situation Awareness (SSA), un programma per la difesa planetaria che si focalizza su tre aree: l’impatto dell’attività solare (Space Weather o meteo spaziale), il monitoraggio di asteroidi pericolosi (Neo) e il Tracciamento dei detriti spaziali (SST), come i satelliti inattivi o i prodotti scartati dopo le fasi di lancio. Su quest’ultimo ambito si è concentrata anche la Commissione Europea che dal 2014 ha istituito un quadro di supporto per le attività di SST a valle del quale è stato formato il consorzio EUSST, in cui l’Italia partecipa con l’ASI, in cooperazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e il Ministero della Difesa.
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L’ingegnere spaziale Elena Vellutini, in Asi dal 2016 dopo un’esperienza di tre anni in Avio, ricopre il ruolo di Tec Chair nel Consorzio Eusst. «Mi sono occupata di promuovere la tecnologia di Flyeye all’interno di questo contesto europeo – racconta Vellutini - Il consorzio Eusst viene finanziato tramite appositi Grant emessi dalla Commissione Europea. I soldi vengono divisi tra gli stati membri che portano in dote le proprie capacità nei vari settori (osservazioni radar, ottiche, competenze di data processing). Grazie a quest’opera di promozione, con Flyeye siamo riusciti ad attivare due contratti di studio per l’industria aerospaziale milanese Ohb Italia, e oggi tale tecnologia è ben nota e riconosciuta in Europa per le sue alte prestazioni nel catalogare oggetti spaziali in orbita alto Leo e Meo». L’unicità del Flyeye, rispetto ai tradizionali telescopi a stretto campo visivo, sta nell’estensione dell’area osservabile, 16 ‘occhi’ che riprendono circa 45 gradi quadrati (6,7 per 6,7 deg2), e nell’elevata magnitudine limite +21,5 (considerando che la soglia massima della visione umana a occhio nudo è +6). «Questa tecnologia è nata da un’intuizione di Andrea Milani, che è stato un grande matematico ed esperto di dinamica orbitale nonché pioniere nel monitoraggio di potenziali impatti di asteroidi - e dalle competenze di Roberto Ragazzoni dell’Inaf». A partire dal 2013, Ohb ha sviluppato e costruito il primo Flyeye negli stabilimenti di Turate, a Como, anche sotto la supervisione di altri due ideatori, Lorenzo Cibin e Marco Chiarini. Costato 15 milioni di euro, il telescopio è alto 6,5 metri per 4 di larghezza e sarà collocato in Sicilia, a 1865 metri sul Monte Mufara. «Il primo Flyeye di Esa, sarà dedicato all’osservazione di oggetti naturali (NEO). Oltre alla costruzione del sito siciliano, l’Agenzia Spaziale Italiana si sta occupando dell’adeguamento del Centro Spaziale Asi di Matera che ospiterà il telescopio fino a quando la destinazione finale sarà completata. Atteso per la fine del 2022, il Flyeye inizierà a Matera la fase di calibrazione e test e poi l’attività di survey. Intanto Esa ne sta già sviluppando un secondo, sempre dedicato ai Neo, mentre l’Italia, entro la fine dell’anno, avvierà un contratto con fondi nazionali per un telescopio dedicato ai detriti (Sst) che sarà collocato a Matera». L’idea è quella di arrivare ad avere una rete di Flyeye, due per ogni emisfero. Questo renderà l’Italia leader nel campo delle osservazioni ottiche. «Il telescopio permetterà la catalogazione di oggetti dell’ordine dei 15 centimetri nella fascia alto Leo (fino a 2.000 km) e dei 35 centimetri per la fascia Meo (tra i 10.000 e i 20.000 km) e Geo (a circa 35.000 km)». Paternità a parte, il fatto che il sito del primo Flyeye dedicato ai Neo sia italiano è anche il risultato di una competenza riconosciuta: i dati saranno elaborati a Frascati, dove risiede il Centro di Coordinamento Asteroidale dell’Esa (Neocc) che a sua volta con s’interfaccia il Minor Planet Centre a cui l'Unione Astronomica Internazionale ha affidato il compito di raccogliere e pubblicare i dati osservativi sui corpi minori del Sistema Solare.
Il telescopio italiano guardiano del pianeta
CREDITI: A. Baker, ESA. Rappresentazione grafica del telescopio Flyeye.
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Una storia fantastica ma verosimile descrive gli sforzi di un team scientifico che, dopo aver ottenuto finanziamenti Nasa per la missione di astrobiologia sul satellite gioviano Europa, si ritrova al centro di un intrigo geopolitico internazionale. Proiettato in un futuro prossimo, la missione Europa Life Finder viene lanciata, in un contesto internazionale dove un’organizzazione estremista punta ad affermarsi come una superpotenza mondiale. Il team di scienziati, astronomi, ingegneri, responsabili di strumentazione scientifica, non troppo preparati a svolgere ruoli di mediatori politici, viene messo alla prova quando il Presidente degli Stati Uniti d’America e i suoi più stretti collaboratori giungono alla conclusione che la rivelazione della scoperta ottenuta dalla missione in corso, potrebbe sconvolgere l’opinione pubblica. L’attenzione nel racconto alterna la preoccupazione degli scienziati per comunicare un messaggio alla popolazione, in termini di una corretta comunicazione scientifica non mediata da esigenze politiche, e il contesto surreale dove gli stessi scienziati vengono prima rinchiusi nella Casa Bianca per paura di fuga di notizie e poi coinvolti per definire modalità di comunicazione, non proprio rispettose delle regole sottoscritte con accordi internazionali. La narrazione sottolinea la determinazione del team di scienziati nel richiedere alla politica il rispetto del ruolo del Copuos, il comitato delle Nazioni Unite con sede a Vienna che è il referente primario per scoperte straordinarie in campo spaziale e che dovrebbe essere il primo a dare l’annuncio. Grazie alla mediazione proprio del Project Scientist di Europa Life Finder, che forte dell’esperienza di gestione complessa e guida di una squadra di scienziati composita e variegata, anche in termini di profili attitudinali e psicologici diversi, si impone, e determina il superamento di tensioni ad alto livello destinato ad acuire un conflitto rischioso e distruttivo. E anche se l’umana rivendicazione per l’inganno subito potrebbe compromettere il risultato finale, la vendetta lascia il passo a soluzioni di mediazione, dove il riscatto viene appagato dall’orgoglio della superiorità per il primato scientifico raggiunto dal team della missione Europa Life Finder, riconosciuto a livello mondiale. Il messaggio in codice è che la scienza costringe i suoi proseliti ad adottare metodi sperimentati e che hanno dato prova di successo nella competizione con altri pari in campo scientifico. Senza l’esperienza maturata in anni di confronto e competizione tra pari, e quindi senza la scienza, che obbliga al confronto e all’ascolto, alcune controversie nel racconto fantastico dell’autore, rischiano di rimanere confinate in dinamiche tali da compromettere e alterare la convivenza pacifica degli umani sulla Terra. Edito da C’era una volta Edizioni, Intrigo sotto i ghiacci di Europa è un romanzo di Angelo Zinzi, classe 1979, una laurea e dottorato in Fisica, responsabile del progetto di esplorazione del Sistema Solare presso lo Space Science Data Center dell’Asi.
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FANTASCIENZA: UN TEAM DI SCIENZIATI SALVA IL PIANETA DA UN INTRIGO INTERNAZIONALE di Guseppina Pulcrano @pinucciapin
"Intrigo sotto i ghiacci di Europa” è un libro di Angelo Zinzi pubblicato da C'era una volta Edizioni.
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SPACE FOR LIFE CREDIAMO NELLO SPAZIO COME NUOVO ORIZZONTE DELL’UMANITÀ PER COSTRUIRE UNA VITA SULLA TERRA MIGLIORE E SOSTENIBILE.
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