Gmimo Concerti

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Fondazione GioventÚ musicale d’Italia Sede di Modena

stagione 2011-2012


Fondazione Gioventù Musicale d’Italia Consiglio Direttivo Maria Luisa Vanin Tarantino

Giovanni Salvemini

Margit Spirk

Emanuele Segre

Rita Virgili

Comitato d’Indirizzo Vittorino Andreoli Salvatore Carrubba Enrico Dindo Alberto Sinigaglia Giorgio Vidusso Carlo Fontana

Compositore, Docente presso il Conservatorio di Milano

Presidente - Legale Rappresentante

Concertista

Socio fondatore Con il patrocinio di

Socio promotore

Paolo Colombi

Socio promotore

Bruno Cavallo Concertista

Carlo Balzaretti

Direttore del Conservatorio di Brescia

Fondazione Gioventù Musicale d’Italia Sede di Modena

Redazione e schede per l’ascolto a cura di Irene Sala [I. S.] Mauro Bompani [M. B.] Foto “Archivio GMI” Giampaolo Prampolini

La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio srl Via dell’Artigianato 23 47826 Villa Verucchio (RN) Progetto grafico e impaginazione Avenida © 2012 La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio srl Tutti i diritti sulle fotografie e sulla stampa sono riservati. L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171della Legge n. 633 del 22/04/1941. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in alcuna forma e con qualunque mezzo, senza il permesso dell’editore.

Area artistica e progetti Mauro Bompani Stefano Calzolari Donatella Pieri Irene Sala Alberto Spano Carlida Steffan Simonetta Tanari Area organizzazione e gestione Alessandro Bardelli Marta Bompani Mauro Bompani Cecilia Brandoli Giampiero Lazzaretti Marina Pivetti Irene Sala Simona Sullo Sahondra J. Toni Crissula Valiuli

Amministrazione

Lorena Casini Archivio audio

Alfredo Rumpianesi Archivio foto Giampaolo Prampolini Servizi tecnici e allestimento Mutina Eventi Servizi di sala Mediagroup Si ringraziano

Azienda agricola La Viazza Azienda agricola S. Antonio Bottega Oltremare Modena Concorso 2 Agosto Bologna Consorzio del prosciutto di Modena Cooperativa Chico Mendes Curanatura Dallari abbigliamento maschile Fondazione Marco Biagi Fondazione Teatro Comunale Istituto musicale Vecchi-Tonelli Modena jazz club Slow Food Modena

Ufficio stampa

Mauro Bompani Cecilia Brandoli Irene Sala

Comitato d’Onore Stagione GMI Modena 2011-2012 Mario Scalini

Vasco Errani

Presidente della Regione Emilia-Romagna

Benedetto Basile

Soprintendente per i beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia

Giorgio Pighi

Aldo Sisillo

Prefetto di Modena

Direttore artistico della Fondazione del Teatro Comunale di Modena

Sindaco del Comune di Modena

Massimiliano Del Casale

Comandante dell’Accademia Militare di Modena

Emilio Sabbatini

Presidente della Provincia di Modena

Aldo Tomasi grazie al sostegno di

Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna Modena e Reggio Emilia

con il contributo di

Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Roberto Franchini

Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Alessandra Marino

Andrea Landi

Presidente della Fondazione Collegio S.Carlo

Marina Orlandi Biagi

Presidente della Fondazione Marco Biagi

con il patrocinio di


Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

stagione 2011-2012

Rua Muro 59 · 41100 Modena Telefono 059 9781690 info@gmimo.it

Una sfida alla crisi: fare di più con meno risorse 24 concerti, uno spettacolo teatrale, la diretta via satellite della Prima alla Scala; inoltre, un concerto e quattro incontri a ingresso gratuito. Collaborazioni con l’Istituto Vecchi-Tonelli, il Baluardo della Cittadella, il Cinema Teatro Michelangelo, alcune associazioni teatrali modenesi, il Cubec – Accademia Mirella Freni, l’Accademia dell’Orchestra Mozart. Il tutto in 27 date, tra il 16 settembre e il 14 aprile. Questi, in sintesi estrema, i dati della stagione 2011-2012 della Gioventù musicale d’Italia, sede di Modena. La GMI ha deciso di affrontare la crisi economica e finanziaria e la riduzione delle risorse che ha colpito anche l’associazione aumentando l’offerta ed elevandone ancora la qualità. Contemporaneamente, e inevitabilmente, si sono decisi un adeguamento dei prezzi (che restano tuttavia estremamente contenuti, soprattutto per gli abbonati) e la richiesta di un’offerta libera per alcuni degli aperitivi o buffet che accompagnano – come da tradizione ormai ventennale – la maggior parte dei concerti, considerando le esigenze di concentrare le diminuite risorse sul sostegno all’iniziativa più specificamente musicale. 12 appuntamenti seguono la formula dei “concerti aperitivo”; oltre ad essi, sei “aperitivi tardivi”, veloci buffet che occupano un concerto serale, anziché seguirne uno pomeridiano, oppure che occupano l’intervallo di qualche evento di ampia durata. I luoghi della musica saranno quattro: Teatro Comunale Pavarotti, con tre appuntamenti di assoluta eccellenza, Auditorium Biagi e Teatro San Carlo, dedicati soprattutto ai giovani vincitori di concorsi internazionali o delle audizioni nazionali GMI e il Baluardo della Cittadella, casa modenese del jazz. La Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, sponsor pressoché unico della GMI modenese, ha consentito di programmare

per il meglio anche questa 23° stagione, che sottolinea particolarmente la vocazione della GMI: quasi tutti i musicisti sono giovani e giovanissimi, solamente un paio superano – di poco - i 50 anni di età, ben otto sono i vincitori di concorsi internazionali tra i più importanti al mondo. Giovani musicisti, ma grandi talenti e già noti in tutto il mondo: è il caso della cinese Yuja Wang, che a 24 anni ha già suonato nei teatri e con i direttori più importanti, o della russa Yulianna Avdeeva, vincitrice del Concorso Chopin 2010, nel bicentenario della nascita del compositore e 45 anni dopo l’ultima donna vincitrice: Marta Argerich. Ad alcune serate sta decisamente stretta la parola “concerti“: si tratta di eventi lunghi, in cui all’esecuzione si accompagna, più che la spiegazione dei programmi, la loro spettacolarizzazione, con letture di commenti critici, testi d’epoca, proiezioni di e sulla musica. È il caso della “maratona di San Martino” che l’11 novembre (1111-11) “giocherà” sul numero 1 per consentire di esibirsi ad alcuni giovani eccellenti musicisti. Oppure, è il caso del “progetto Don Giovanni”, realizzato in collaborazione con il Cinema teatro Michelangelo, o della serata dedicata al Lied tedesco e, ancora, della proposta del melologo Platero y Yo, eseguito dal chitarrista Emanuele Segre in una produzione GMI che coinvolge la variegata realtà culturale e artistica del territorio. Anche due concerti di jazz, territorio che la GMI percorre da quasi 10 anni, hanno la caratteristica di eventi articolati, che occuperanno una lunga serata del pubblico interessato: sono le due serate dedicate – con conferenza e concerto, alla musica argentina e alla musica brasiliana, in occasione della prossima mostra della Fondazione Fotografia, con la quale la GMI collabora per il terzo anno. Tra i grandi nomi ospiti della stagione, vanno ricordati, oltre a Yuja Wang, almeno Ramin Bahrami, ormai un amico della GMI modenese, alla quarta presenza nelle sue stagioni, iniziata quando ancora non era quel pianista che ha portato la musica di Bach nelle classifiche dei dischi più venduto, e Ma-

rio Brunello, che completa con tre appuntamenti il progetto di “ascensione” alle suite di Bach, iniziato con le prime tre tappe nella scorsa stagione. Non ancora così noti, ma assolutamente interessanti, i giovani e giovanissimi protagonisti della serata “L’Opera è in Cantiere”, che presenta in esclusiva regionale al pubblico della GMI, al Teatro Pavarotti, i migliori allievi del Cubec - Accademia Mirella Freni, e dell’Accademia dell’Orchestra Mozart, la compagine ideata e condotta da Claudio Abbado a Bologna. Con loro, grazie all’impegno entusiasta e tenace di Mirella Freni, anche i migliori allievi dell’Opera Studio della Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera. Una novità musicale caratterizza i concerti aperitivo del sabato pomeriggio, la rassegna più nutrita all’interno della stagione: la durata dei concerti, che da sempre era contenuta in un tempo unico di meno di un’ora, e che da quest’anno assume invece la dimensione di un concerto “completo”, con un breve intervallo, utile per “prenotare” la presenza all’aperitivo che segue il concerto. Anche il prezzo degli abbonamenti e dei biglietti singoli è stato ritoccato, in considerazione della necessità di sostenere non la semplice sopravvivenza, ma lo sviluppo e la ricchezza dell’attività culturale e l’opportunità per giovani musicisti di qualità di esibirsi di fronte ad un pubblico pagante, il che è la base fondamentale per lo sviluppo della loro arte e della loro professione. Il pubblico ha colto questa esigenza già nella stagione trascorsa, e certamente è consapevole di questa esigenza di sostegno anche per la stagione che ora si avvia. Infine, non si può non ricordare chi - in modo disinteressato sostiene da anni le attività della GMI: dall’enoteca Compagnia del Taglio al produttore vinicolo Villaboni di Pazzano a Dallari abbigliamento al produttore di eccellenti prosciutti modenesi Davide Nini. E sono ulteriori buoni motivi che suggeriscono di frequentare la stagione della GMI modenese, per affinare, oltre all’orecchio, anche il palato.

GMI - Sede di Modena


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17.30-19 VENERDÌ 20 GENNAIO 21-22.30

SABATO 28 GENNAIO 17.30-19.30 SABATO 4 FEBBRAIO 17.30 - 19.30

Teatro Comunale

Teatro San Carlo Auditorium Marco Biagi

Baluardo Cittadella Auditorium Marco Biagi

Yuja Wang pianoforte

Cho Joo soprano Diego Mingolla pianoforte conduce Carlida Steffan Nikita Boriso-Glebsky violino I premio Kreisler di Vienna 2010

Vadym Kholodenko pianoforte I premio Sendai piano competition 2010

Alessandro Chiappetta Quartet chitarra, sax, basso, batteria

Mario Brunello violoncello

Vincitore selezioni GMI 2011

GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 21-23 SABATO 11 FEBBRAIO 17.30-19 Teatro San Carlo

I Premio Chopin Varsavia 2010

Duo Biogroove percussioni

SABATO 18 FEBBRAIO 17.30-19.30 Auditorium Marco Biagi

Yulianna Avdeeva pianoforte

SABATO 25 FEBBRAIO 17.30-19.30

Brahms Sette fantasie op. 116 Scriabin Sonata n. 5 Debussy da Estampes: la soirée dans grenade Albeniz Triana Ravel da Miroirs: Alborada del gracioso Fauré Ballata op. 19 Liederabend Mahler, Debussy, Wolf, Gaglianello Mozart Sonata KV 379-Rondo KV 373 Szymanowski Nocturne e Tarantella Grieg Sonata n. 3 Composizioni originali Bach Suite n. 6 BWV 1012 Verso una lettura condivisa

Giappone: la tradizione nella musica contemporanea Abe, Dun, Kitazume, Minoru Bach Ouverture Francese BWV 831 Chopin Barcarola op. 60 - Scherzo op. 31 n. 2 Prokof’ev Sonata op. 14 n. 2 Ravel Sonatine

Quartetto Les Nuages Ensemble Musiche klezmer e balcaniche al femminile

Auditorium Marco Biagi

La musica argentina Ascolti e proiezioni Pangea Dalle Dolomiti alle Ande

letture e presentazioni a cura di GMI Modena

GIOVEDÌ 8 MARZO 21-22.30 incontro con Ex ospedale Sant’Agostino Javier Girotto

Quartetto Sax four fun Javier Girotto sassofono

TESSERA AMICI GMI

(Obbligatoria)

(Prezzo per due abbonamenti)

CENTINPIÙ

ABBONAMENTI

Bach Brunello

6

alTeatro Comunale

Bach Brunello

CONCERTO DEDICATO ALLE DONNE DEL MONDO

GIOVEDÌ 15 MARZO 18-19.30 Baluardo Cittadella

I premio Bordeaux 2010

20-23 Auditorium Marco Biagi

violino, violoncello, pianoforte

Platero y yo testo di Ramon Gimenez musica di Castelnuovo -Tedesco

Zemlinsky Quartet

SABATO 17 MARZO 17,30 -19.30

Teatro San Carlo

Emanuele Segre chitarra associazioni teatrali modenesi

Haydn Quartetto op. 76/3 “Kaiser“ Zemlinsky Quartetto n. 3 op. 19 Suk Meditation on an Old Czech Chorale Dvorˇák Quartetto op. 96 n. 12 “Americano“ Mozart Divertimento KV 254 ˇostakovicˇ Trio n.1 op. 8 S Schumann Trio n.1 op. 63

SABATO 24 MARZO 17.30-19.30

Teatro San Carlo

Graffiando vento

La musica brasiliana Ascolti e proiezioni

Gabriele Mirabassi clarinetto Guinga chitarra e voce I Premio Long Thibaud Parigi 2010

Solenne Païdassi violino

Trio Raffaello

SABATO 31 MARZO 17.30-19.30

incontro con Ex ospedale Sant’Agostino Marco Boccitto Baluardo Cittadella

GIOVEDÌ 5 APRILE 18-19.30 20-23

Auditorium Marco Biagi

Beethoven Sonata n. 4 op. 23 Ravel Sonata in sol maggiore Schubert Sonatina op 137 n.3 Stravinskij Divertimento da Le baiser de la fée

Hyo-Sun Lim pianoforte

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Tuttoquanto 160 260 10 23 concerti+2* SenzaBaluardo 130 230 10 19 concerti+2* SoloBiagi 80 --------------10 10 concerti+2* Concerti 2011 70 --------------7 concerti+2* 10 Concerti 2012 100 --------------16 concerti+2* +2* Agli abbonati ingresso gratuito il 22 ottobre e il 7 dicembre

stagione 2011-2012

P e r i n fo r m a z i o n i s u l l a s t a g i o n e w w w. g m i m o .

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SABATO 14 APRILE 17.30-19.30

BIGLIETTI E ABBONAMENTI

(posti numerati escluso Baluardo Cittadella)


Bach Brunello

4

aperitivotardivoh20

Eleonora Beddini pianoforte Michele Francesconi pianoforte jazz

Piani naturalmente diversi Musica classica a sorpresa sulla natura e improvvisazioni jazz

Auditorium Marco Biagi

ConjuntXXI ensemble da camera

L’Opera è in Cantiere brani da Rossini L’Italiana in Algeri-La pietra del paragone Mozart Le nozze di Figaro-Così fan tutte

Haydn Quartetto op. 76 n. 2 (delle Quinte) Adès Arcadiana Beethoven Quartetto op. 130

La compagnia del numero 1° Liszt Studio trascendentale n. 11 Bach Sonata per violino n. 1 BWV 1001 Debussy Images I Beethoven Sonata a Kreutzer op. 47-Sonata op. 111

Per una storia dell’interpretazione

Bach Suite n. 4 BWV 1010

conduce Maurizio Franco

VENERDÌ 16 SETTEMBRE 21-22.30 Auditorium Marco Biagi

I Premio Rostropovich Parigi 2009

Dai Miyata violoncello

della Bayerische Staatsoper

Cantanti dell’Opera Studio

Accademia Mirella Freni

Cantanti del CUBEC

direttore Boris Schaefer

Accademia dell’Orchestra Mozart

I Premio London 2009

Jan Hugo pianoforte Paolo Tagliamento violino Viviana Lasaracina pianoforte Laura Marzadori violino Olaf John Laneri pianoforte Danish string Quartet

Anna Alàs soprano Mario Brunello violoncello

Mahler Quarta sinfonia (trascrizione Schönberg-Stein)

SABATO 22 OTTOBRE 17.30-20 Auditorium Marco Biagi

direttore Marius McGuinness

SABATO 5 NOVEMBRE 17.30-19

Teatro San Carlo

Auditorium Marco Biagi

VENERDÌ 25 NOVEMBRE 20-22.30 Teatro Comunale

VENERDÌ 11-11-11 18.20-23.23

DOMENICA 27 NOVEMBRE 21-23

Auditorium Marco Biagi

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Concerto per il Giappone De Falla Siete canciones populares españolas Mayuzumi Bunraku per violoncello solo Strauss Sonata in fa maggiore op. 6

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Andrea Dindo pianoforte

Aspettando il Don Giovanni di Mozart Con ascolti e proiezioni

a cura di GMI Modena

Diretta via satellite dalla Scala

Scarlatti Sonate K32 - K289 - K282 - K319 - K278 - K159 Bach Suite francese n. 5 - Suite inglese n. 2 Arie e concerti “all’italiana” Piani diversi Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz

Palchi laterali, loggione

SABATO 3 DICEMBRE 17.30-19.30 Teatro San Carlo

Cinema Don Giovanni Teatro Mozart Michelangelo direttore Daniel Barenboim

Don Giovanni Ein musikalischer spass

incontro con Auditorium istituto Ramin Bahrami Vecchi-Tonelli

I sacchi di sabbia

MERCOLEDÌ 7 DICEMBRE 18-23

Ramin Bahrami pianoforte

DOMENICA 4 DICEMBRE 17.30-19.30 20-22.30

DOMENICA 18 DICEMBRE 17.30-19.30

Teatro Comunale

Viviana Lasaracina pianoforte Stefania Tallini pianoforte jazz

Bach Suite n. 5 BWV 1011 Bach nella lettura di Brunello

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alTeatro Comunale

aperitivotardivoh20

LUNEDÌ 19 DICEMBRE 21-22.30

Baluardo Cittadella

Mario Brunello violoncello

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22

Teatro Comunale

in diretta

alTeatro Comunale

GIOVEDÌ 12 GENNAIO 21-23

Auditorium Marco Biagi

conduce Maurizio Franco DOMENICA 15 GENNAIO

cellulare per biglietti ultimo minuto. Attivo nei giorni dei concerti

15

Platea e palchi centrali

331 3345868

. i t g m i s e d e d i M o d e n a R u a M u ro 5 9 ı t e le fo n o 0 5 9 9 7 8 1 6 9 0 ı i n fo @ g m i m o . i t

059 9781690

Auditorium Biagi, Teatro San Carlo, Baluardo Cittadella

Vendita biglietti Dal 4 ottobre vendita on-line www.gmimo.it Dal 22 ottobre prevendita in sede GMI

Ridotto Amici GMI, minori di 26 anni, maggiori di 65 Per la diretta del Don Giovanni biglietteria al teatro Michelangelo

NUOVI NUMERI TELEFONICI

RIDOTTO

Vendita abbonamenti Dal 4 al 15 ottobre rinnovo abbonati stagione 10-11 Dal 18 al 20 ottobre cambio posto per vecchi abbonati e nuovi abbonati Tuttoquanto Dal 21 ottobre al 5 novembre nuovi abbonamenti alle altre opzioni

INTERO

BIGLIETTI


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Gli “speciali” Le chicche Musica Insieme

Viene confermata la collaborazione con Musica Insieme, associazione bolognese che organizza eccellenti stagioni di musica cameristica, e e che offre a un numero limitato di abbonati alla GMI la possibilità di assistere a prezzi particolarmente convenienti a quattro concerti di assoluto rilievo, tra gennaio e aprile. Gli interessati possono rivolgersi alla sede GMI per informazioni e prenotazioni. Quattro concerti al Teatro Manzoni di Bologna Stagione “Musica Insieme” Offerta riservata ad abbonati GMI LUNEDÌ 16 GENNAIO

Stefano Bollani pianoforte Dalla classica al jazz

LUNEDÌ 20 FEBBRAIO Pavel Haas quartet LUNEDÌ 7 MAGGIO LUNEDÌ 25 GIUGNO

ˇajkovskij, Debussy, Smetana C

Joshua Bell violino Jeremy Denk pianoforte Schubert, Grieg, Franck Bach, Schubert, Chopin Lang Lang pianoforte

Prezzo complessivo biglietti + pullman Balconata: 90 Euro Seconda platea: 160 Euro Due concerti in balconata e due in seconda platea: 130 Euro Inizio concerti ore 20.30 Partenza bus da piazza Manzoni (ferrovie provinciali) ore 19 Il trasporto in pullman sarà effettuato al raggiungimento di 20 iscritti.

A cena con i musicisti

Alcuni degli ospiti della stagione hanno generosamente acconsentito a condividere il “dopo concerto” con gli spettatori che intendono conoscere da vicino le esperienze musicali e formative di Ramin Bahrami o quelle di organizzatore culturale, i progetti, le originali idee di Brunello, recentemente anche pubblicate in più di un libro, o le esperienze con l’avanguardia musicale che segnano le carriere di Diego Mingolla e Joo Cho. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla sede GMI. Incontri previsti: Domenica 18 dicembre ore 20 a cena con Ramin Bahrami Domenica 15 gennaio ore 20 a cena con Mario Brunello Sabato 28 gennaio ore 20 a cena con Diego Mingolla e Joo Cho

La Prima della Scala

Un evento ora alla portata di tutti, con i collegamenti via satellite in altissima definizione che propongono in diretta l’appuntamento del 7 dicembre di ogni anno, biglietto da visita culturale e anche mondano del nostro Paese. La GMI - con il cinema Teatro Michelangelo, organizza la visione del Don Giovanni, con la regia di Robert Carsen e la direzione di Daniel Barenboim. 10 euro invece di 1000, e si è in prima fila. 7 dicembre 2011, alle ore 17.30 presentazione dell’opera e dalle 18 alle 21.30 circa la visione in diretta, con commento durante l’intervallo.

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GMI Incontri

Quattro incontri attorno a temi musicali e con alcuni dei protagonisti della stagione GMI, a ingresso libero.

4 dicembre aspettando il Don Giovanni. Un pomeriggio a in-

gresso libero e una sera in compagnia dell’opera mozartiana, con l’intermezzo di eccellente Marzemino e bocconi da gigante (ma la sera si paga. Poco, ma si paga)

18 dicembre un incontro con uno dei giovani pianisti più interessanti della scena concertistica mondiale: un interprete che ha fatto di Bach il proprio Autore, e che ci parlerà di Bach, della croce e delizia dell’eseguirne anche le pagine più impervie e astratte, ma anche delle difficoltà di una vita da esule dall’Iran integralista, l’opposto esatto del messaggio universale della musica. Al termine, per chi vuole, a cena con Bahrami. 15 gennaio

Mario Brunello, dopo il concerto bachiano del pomeriggio, ci parlerà di montagna, di barca a vela, di divulgazione della musica, di Barolo. A cena al ristorante Ex Cinema Embassy Vicolo dell’Albergo (via Emilia Centro) Modena.

28 gennaio ultimo appuntamento a cena con i musicisti. Due artisti che ci parleranno della croce e delizia del comporre e proporre la musica contemporanea al pubblico. 15 marzo Javier Girotto, sassofonista jazz da molti anni attivo in

Italia, ci farà ascoltare e vedere la musica del suo Paese, l’Argentina, nella sede della mostra fotografica dedicata al Sudamerica da Fondazione Fotografia. Dopo, per chi vuole, trasferimento al Baluardo per un buffet assieme a Girotto e ai Sax four fun, che proporranno il loro progetto un poco andino e un poco dolomitico.

5 aprile con il musicologo militante Marco Boccitto, nota voce di Radio3, e con il magnifico duo Mirabassi-Guinga (un mix di suggestioni straordinarie, tra un clarinetto inimitabile e una di quelle voci e chitarre che solo il Brasile sa produrre) si ripercorrerà, con occhi e orecchi rivolti al Brasile, la visita alla mostra di fondazione Fotografia e il seguente concerto al Baluardo Cittadella. Per chi vuole, una veloce cena in piedi con i musicisti. Dedicato alle donne del mondo 8 marzo sono centinaia le donne che dai Paesi dell’Est Europa sono giunte nelle nostre città per accudire bambini, anziani, famiglie intere. La musica delle loro terre è bellissima e molto varia, e una serata di klezmer e di musica popolare est europea,a un prezzo simbolico, può aiutarle a sentirsi meno lontane da casa.


Enoteca con mescita

Sponsor dei Concerti aperitivo della Gmi via del Taglio 12 路 Modena 路 telefono 059 210377 www.compagniadeltaglio.it


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

festivalfilosofia sullanatura

Venerdì 16 settembre 2011 ore 21 Auditorium Marco Biagi

Conduce Maurizio Franco

Due giovani e già affermati pianisti, entrambi di formazione classica ma attivi e curiosi sperimentatori di nuove modalità e suoni. Il programma di brevi pezzi, per lo più classici, ispirati al tema della natura, proposti da Eleonora Beddini, non è comunicato in anticipo a Michele Francesconi, che improvvisa dopo ogni brano. A condurre il gioco, presentando il programma e commentando le improvvisazioni, uno dei migliori musicologi italiani, Maurizio Franco. La formula è stata ideata dalla GMI modenese e viene proposta ormai da quasi dieci anni all’interno delle stagioni concertistiche dell’associazione.

Maurizio Franco musicologo, didatta, saggista, dirige insieme a Franco Cerri ed Enrico Intra l’Associazione Culturale Musica Oggi. Docente di Storia ed Estetica del

della Radio Svizzera. Ha scritto o curato diverse pubblicazioni, tra le quali Il Jazz e il suo linguaggio (Unicopli), e una storia del Jazz compresa all’interno della storia

Piani naturalmente diversi Eleonora Beddini pianoforte Michele Francesconi pianoforte jazz Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz

Michele Francesconi Diplomato in pianoforte e musica jazz, ha all’attivo diverse pubblicazioni discografiche che ne mostrano le caratteristiche di curioso sperimentatore. Da “Mozart in jazz” a “Pane e Tempesta” di Paolo Damiani, su un testo di Stefano Benni, a “Quintorigo Play Mingus”. Ha collaborato con artisti quali Mauro Negri, Achille Succi, Marco Tamburini, Gabriele Mirabassi, Paolino dalla Porta, Massimo Manzi, Ada Montellanico, Gianluca Petrella, Maurizio Giammarco, Eddie Gomez, Anders Jormin, Tim Berne in numerosi festival e rassegne. Con il suo “Recital trio” è stato ospite della GMI modenese nel marzo 2011.

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Foto Archivio GMI

Foto Archivio GMI

Jazz ai Civici Corsi di Jazz di Milano, di cui è anche direttore didattico, e nei Conservatori di Parma e Como, scrive su numerose riviste e collabora con la rete Culturale

generale della musica curata da Alberto Basso a complemento del DEUMM UTET. È inoltre direttore artistico di Jazz al Piccolo, Atelier Musicale e Iseo Jazz. Collabora con la GMI modenese per Piani diversi dalla prima stagione della rassegna (2004). Eleonora Beddini è pianista, compositrice ed autrice. Laureata in filosofia della musica al DAMS e in pianoforte al Conservatorio Martini di Bologna, si specializza in composizione per musica da film all’Accademia Chigiana di Siena. È vincitrice di prestigiosi concorsi nazionali. I suoi lavori (composizioni, interpretazioni, ricerche, testi, regie, contaminazioni) indagano prevalentemente il luogo di confluenza tra musica, danza, video, teatro e letteratura.


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 22 ottobre 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

ConjuntXXI Ensemble da camera Direttore Marius McGuinness Anna Alàs soprano

Violino I Víctor Perez Violino II Marina Arrufat Viola Laura Bosch Violoncello Irma Bau Contrabbasso Felipe Contreras Flauto Sergi Gili, Oboe Enric Tudela Clarinetto Jose María Martínez Fagotto Josep Joaquim Sanchís Corno Jordi Guasp Pianoforte Anna Roig Percussioni Manuel Alcaraz

Gustav Mahler (1860-1911)

Lieder eines fahrenden Gesellen (Canzoni di un viandante) Wenn mein Schatz Hochzeit macht (Schneller - Sanft bewegt) (Quando il mio tesoro va a nozze) Ging heut’ morgen übers Feld (In gemächlicher Bewegung) (Andavo stamattina per la campagna) Ich hab’ ein glühend Messer (Stürmisch, wild) (Ho un coltello incandescente) Die zwei blauen Augen (Mit geheimnisvoll schwermüthigem Ausdruck - Ohne Sentimentalität) (Gli occhi azzurri del mio tesoro) Sinfonia n. 4 in sol maggiore I Bedächtig, nicht eilen II In gemächlicher Bewegung, ohne Hast III Ruhevoll, poco adagio IV Sehr behaglich

http://www.conjuntxxi.com/web/en/ConjuntXXI%21_Website/Inici.html


Foto Archivio GMI

ConjuntXXI si forma all’interno della ESMUC (Scuola di Musica della Catalonia) come un progetto di autogestione e relazione tra i vari impieghi del mondo musicale. Dal 2006 è diventato un gruppo indipendente, dedicato alla produzione e creazione di attività musicali. Tra i suoi progetti vediamo alcuni concerti e opere, quali l’Orfeo di Monteverdi con la compagnia teatrale “La Fura dels Baus”, eseguiti dentro alla nave della compagnia Naumon, per una migliore contestualizzazione. La rassegna di concerti chiamati “Gocce di musica” al Museo

dell’acqua di Agbar e un concerto per l’esibizione “Juli González: Retrospectiva” al Museo d’arte nazionale della Catalogna (MNAC), in collaborazione con l’Auditorium di Barcellona. Proprio qui dalla stagione 2008-2009 ha assunto la produzione artistica di una serie di Concerti per Giovani Esecutori, oltre al ciclo “Els dimarts amb el ConjuntXXI!” alla Mas i Mas Foundation Chamber Hall. Da sempre il gruppo ha stabilito una collaborazione con Catalunya Música, la radio di musica classica catalana, che ne pubblicizza e registra i concerti.

Mahler trascritto bene

Meglio, per evidenti ragioni di diversa connotazione nelle diverse lingue, tradurre Lied con “Canto” piuttosto che con “Canzone”. Tuttavia, come le canzoni (o anche le canzonette) parlano d’amori delusi, in genere di uomini non corrisposti dalla fanciulla amata, di una natura che corrisponde allo stato d’animo del protagonista o che è beffardamente incurante di lui, oppure di scene familiari,

Il mezzosoprano Anna Alàs nasce a Barcellona, dove studia al Conservatorio Municipal de Terrassa e alla Escola Superior de Música de Catalunya. Studia poi liederistica in Germania e ottiene il Master in Lied e Oratorio alla Hochschule für Musik di Berlino (Anneliese Fried e Wolfram Rieger). Frequenta Masterclasses vocali con importanti maestri e corsi di Lied in duetto. Nel 2010 ottiene il 2° premio al Concorso internazionale per l’Arte del Lied a Stuttgart e al Concorso internazionale per cantanti d’opera barocca “Pietro Antonio Cesti”, finalista al “Richard Strauss” nel 2009, 1° premio “J. Massià” nel 2005, Premio Masterclass e Premio concerto al corso internazionale di Lied “Wolfram Rieger”. In Europa si è esibita

nelle migliori sale da concerto con: Nürnberger Philharmoniker, Brandenburger Philharmoniker, Orchestra del Gran Teatre del Liceu, Jove Orquestra Nacional de Catalunya, Art Ensemble Barcelona, tra le altre, e sotto la direzione di Thomas Hengelbrock, Johannes Fritszch, Christoph Prick, Víctor Pablo Pérez, Josep Pons, Christoph Gedschold, Jörg Pitschmann, e Esteve Nabona. È stata registrata e trasmessa da Bayerische Rundfunk,COM Radio, Catalunya Música, International Television of Portugal.

http://www.annaalasijove.com/

di amore corrisposto, di momenti di serenità e felicità. L’età romantica della musica di lingua tedesca, in particolare, è tutta percorsa da queste composizioni, a volte nate estemporaneamente (per esempio nelle leggendarie serate schubertiane a Vienna) o frutto di più meditati e sofferti processi creativi. E questo il caso dei Lieder che accompagnano l’intera vita di Gustav Mahler, dalle composizioni giovanili fino al “Canto della Terra”, monumentale


ciclo che si presenta come una Sinfonia di canti e che, con l’altro ciclo Kindertotenlieder chiude la vita del compositore viennese. Molti Lieder entrano anche, nella forma cantata o solamente come citazioni musicali, in altre Sinfonie mahleriane: è il caso di uno dei canti da Des knaben Wunderhorn, il “Corno magico del fanciullo” (composizione ispirata da uno dei libri di fiabe popolari costitutivi dell’identità letteraria tedesca), che entra nell’ultimo movimento della Quarta Sinfonia, o dei temi del secondo e del quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen, che sono richiamati da Mahler nel primo e terzo movimento della sua prima sinfonia. Questo trascorrere dalle brevi composizioni cantate ai massicci costrutti sinfonici è riprova dell’unicità d’ispirazione di Mahler, del suo procedere più che per sviluppi interni propri del sinfonismo classico romantico, per giustapposizione e rimescolamento di materiali sonori letteralmente “raccattati” nel suo tempo (Adorno definì Mahler “grande rigattiere”, con intenzione tutt’altro che spregiativa). I Lieder eines fahrenden Gesellen (1884-1896) sono cronologicamente il primo ciclo di Lieder orchestrali di Mahler e l’unico di cui egli scrisse anche i testi. La prima esecuzione ebbe luogo a Berlino il 16 marzo 1896 con i Berliner Philharmoniker diretti da Mahler stesso, ma la loro ideazione risale a una dozzina di anni prima. Ha scritto Sergio Sablich: “Ma chi è il fahrender Gesell? Si tratta, nella sua apparente semplicità, di un’entità complessa. Non ancora tragico viandante (Wanderer) e non più allegro vagabondo, egli rappresenta il “compagno di strada”, l’”amico girovago”, perfino lo “studente vagante”, colui che gira il mondo senza aver ancora appreso il senso della sua infelicità, afflitto dalla pena d’amore, ma non ancora cosmicamente disperato. “Uno in cammino”, lo traduce Quirino Principe nella sua spettacolare monografia mahleriana. Giusto, a patto di sottolinearne l’aspetto giovanile, non ancora consapevole del suo futuro: il compagno errante.” Nel corso del breve ciclo, il nostro compagno di viaggio, dopo essere stato lasciato dall’amata, che sposa un altro (primo Lied), coglie l’irriducibile estraneità della natura, per quanto bella e consolatoria, rispetto ai suoi sentimenti (secondo Lied). Ne consegue un potente, atroce urlo di disperazione (terzo Lied) e non resta al viandante che riconciliarsi con se stesso accettando il suo destino di esule solitario, cui son compagni solo “amore e pena”, e ritrovare i luoghi cari della natura e della memoria inconscia, il tiglio schubertiano sotto le cui fronde amiche riposare, per dimenticare il sapore amaro della vita e illudersi di credere che «tutto è di nuovo bello”: l’amore e la pena e il mondo e il sogno. Per saperne di più: http://www.flaminioonline.it/Guide/MahlerGesellen.html

Associazionismo culturale e volontariato insieme per la solidarietà internazionale

La Quarta sinfonia (1900), in sol maggiore concluse la trilogia delle sinfonie vocali (la seconda, la terza e la quarta), tematicamente legate ai lieder in precedenza composti su testi del Wunderhorn, anche se il motivo principale del I movimento è tratto dal II tema della sonata D 568 op. post. 122 in mi bemolle maggiore per pianoforte di Schubert. In questo caso, l’ultimo movimento è costituito proprio da un Lied inizialmente composto per la raccolta del Wunderhorn, intitolato La vita celestiale, affidato alla voce di soprano. La Quarta è, dopo la Prima, la meno estesa fra le sinfonie di Mahler ed è anche quella che prescrive l’organico strumentale meno numeroso. Consta di quattro tempi: un allegro (anch’esso ricco di reminiscenze tematiche dal Wunderhorn), uno scherzo a cui la presenza di un violino accordato un tono sopra gli altri strumenti conferisce un tono a tratti spettrale, un vasto andante e appunto il lied finale. Theodor Adorno dice del sonaglio che suona all’inizio: “È veramente un campanello birbone, che senza dirlo dice: - Nulla di ciò che state ascoltando è vero”. Rilevando così, ancora una volta, la qualità di Mahler, profondamente inserito nel proprio tempo, nelle sue sonorità, nelle sue passioni,m e insieme interprete ironico e sarcastico, un poco distaccato (come diceva di sé, ebreo e boemo, in una terra cristiana e tedesca). Per saperne di più: http://www.flaminioonline.it/Guide/MahlerSinfonia4.html La Sinfonia di Mahler viene eseguita basandosi sulla trascrizione per Orchestra da camera che ne fece Erwin Stein, allievo ed amico di Arnold Schoenberg, nel 1921. L’arrangiamento è per un organico composto da soprano, flauto, oboe, corno inglese, clarinetto, due violini, viola, violoncello, contrabbasso, pianoforte, harmonium e percussioni. La versione che sarà presentata all’Auditorium Biagi attinge sia all’originale sia all’arrangiamento Schoenberg-Stein, ad opera di Tomas Peire Serrate, uno dei componenti del gruppo che attualmente sta lavorando a New York. Alcuni interventi di recupero del testo originale di Mahler, introdotti nella versione Schoenberg-Stein la arricchiscono di timbri e di colori. La trascrizione mette in risalto le caratteristiche di originalità di questa opera mahleriana, che è più breve e più leggera di quasi tutte le altre, assai più monumentali, sue sinfonie. L’arrangiamento propone con estrema trasparenza e limpidezza le linee tematiche e melodiche dell’originale, dando un’impressione di maggiore snellezza e sottigliezza rispetto all’originale. [M.B.]


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Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Bach Brunello

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Sabato 5 novembre ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Mario Brunello violoncello Johann Sebastian Bach Suite n. 4 BWV 1010

Prelude, Allemande, Courante, Sarabande, Bourrée 1 e 2, Gigue

Mario Brunello vince nel 1986, primo artista italiano, il Conˇajkovskij di Mosca che corso C lo proietta sulla scena internazionale. Viene invitato dalle più prestigiose orchestre, tra le quali London Philharmonic, Royal Philharmonic, Munich Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Orchestre National de France, NHK Symphony di Tokyo, Filarmonica della Scala, Accademia di Santa Cecilia; lavora con direttori quali Valery Gergiev, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Yuri Temirkanov, Riccardo Chailly, Ton Koopman, Seiji Ozawa, Daniele Gatti, Myung-Whun Chung e Claudio Abbado. Attivo nella doppia veste di direttore e solista dal 1994, anno di fondazione dell’Orchestra d’Archi Italiana, e nell’ambito della musica da camera, ha collaborando con i più celebri artisti (Gidon Kremer, Martha Argerich, Frank Peter Zimmermann, Yuri Bashmet,

Maurizio Pollini, Andrea Lucchesini, Valery Afanassiev e i Quartetti Borodin e Alban Berg). Ama progettare e realizzare percorsi di ascolto nuovi, che spezzano il rituale della forma concerto: tra i suoi spettacoli di maggior successo “Pensavo fosse Bach” è una creazione multimediale di musica, luci e video-immagini dedicata alle Suites di Bach; ha inventato, tra l’altro, la rassegna “Suoni nelle dolomiti”. È direttore musicale del festival “Artesella arte e natura” e direttore artistico del Premio Borciani e del Festival del Quartetto di Reggio Emilia. È stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Brunello suona il prezioso violoncello Maggini dei primi del Seicento appartenuto a Franco Rossi. È stato ospite della GMI modenese nel marzo 2007, nel marzo 2008 e tre volte nel 2010 – 2011 per le prime tre suite bachiane.

Per una storia dell’interpretazione

Foto Archivio GMI

Mario Brunello torna alla Gioventù Musicale modenese per riprendere il viaggio alla scoperta delle sei “vette” della musica bachiana, le Suites. Ascolti, proiezioni, esempi tratti da famose esecuzioni di grandi interpreti, su supporto audio e video sono gli strumenti che Brunello, con il suo prezioso violoncello Maggini del Seicento, accosta all’esecuzione della Quarta Suite, guidando l’uditorio oltre che all’ascolto bachiano, alla scoperta dell’evoluzione dell’interpretazione delle Suites, dalla loro prima incisione, registrata da Pablo Casals nel 1937, a oggi.

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Sei danze per una suite

Il Prélude è sviluppato da figure legate uniformemente che portano, al centro del pezzo, ad una cadenza più animata, le cui semicrome sono ripetute nel ritorno pieno di pathos alla chiave originale subito prima del termine del brano. Il semplice fluire delle crome nella prima parte del Prélude schiude armonie simili a quelle che si trovano nei grandi preludi bachiani per strumenti a tastiera, progredendo con calma di tono in tono, ma con grande tensione interna e con un’ardita scelta di tonalità. L’Allemande è più semplice di quelle della seconda e della terza Suite, ma più vivace della semplice prima Allemande. Ampi intervalli ne caratterizzano l’animazione; Bach qui è assai vicino allo stile della “Allemanda vivace”, così come veniva definita in Francia l’Allemanda creata dai violinisti italiani. L’inizio della seconda metà ripropone la frase di apertura del movimento, ora alla dominante, ma presto ne trasforma la continuazione verso una figurazione d’avanguardia. C’è una ammirevole diversità delle combinazioni ritmiche contrastanti nella giustapposizione di crome e semicrome. Nella Courante di questa Suite Bach fa uso di figurazioni in crome, come caratteristico della “Corrente” italiana, ma ora in combinazioni con il doppio rapido movimento di figure in semicrome e anche in terzine. La struttura ritmica è perciò diversificata: Bach

aveva chiaramente l’intenzione di sviluppare nuove possibilità dal carattere tradizionale della “Corrente”. Nella Sarabande Bach procede supportando la melodia attraverso una linea del basso chiaramente discernibile (facendo uso di doppi e tripli accordi), che prende il posto di uno strumento di accompagnamento, indicando un modello armonico d’avanguardia. La prima parte della battuta spesso consiste in un accordo, la cui nota più alta diviene parte della linea melodica, mentre l’effetto delle note più basse continua ad essere sentito come sottolineatura dell’armonia della battuta anche dopo che il loro suono è terminato. Come movimento aggiunto, Bach scelse una danza molto alla moda in quel periodo, una Bourrée, seguita da una seconda Bourrée, un breve pezzo corrispondente al Trio di un Minuetto, dopo la quale viene ripetuta la prima Bourrée. Nella prima Bourrée Bach caratterizza la danza con ritmi vitali; un forte contrasto vene così determinato dalla seconda Bourrée, con la sua semplice scrittura accordale. La Gigue, in tempo di 12/8, è un movimento molto rapido, costantemente animato, secondo lo stile preferito dai compositori italiani per violino per le loro Gighe conclusive. Mattheson, il contemporaneo di Bach, diede una adeguata descrizione di questo stile. Egli scrisse che questi movimenti “costringevano l’esecutore a raggiungere una estrema rapidità; comunque, è generalmente una animazione fluente, non violenta, qualcosa come il progressivo scorrere di una corrente dal veloce flusso”. I dodici ottavi sono per la maggior parte raggruppati in gruppi di tre, l’effetto è perciò quello di un tempo comune in cui ogni semiminima è divisa in terzine. All’inizio della seconda sezione le figure dell’apertura del movimento ritornano nella tonalità dominante. Questo passaggio conclusivo perciò guarda verso la “Ricapitolazione” propria della forma classica di sonata. La figurazione che segue, comunque, procede per la strada sua propria verso la conclusione della Suite.


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

La compagnia dei numeri primi Jan Hugo pianoforte Paolo Tagliamento violino Viviana Lasaracina pianoforte Laura Marzadori violino Olaf John Laneri pianoforte Ore 18.20

Franz Liszt (1811-1886)

Studio trascendentale n. 11 (Jan Hugo)

Johann Sebastian Bach

Partita per violino n. 1 BWV 1002 (Paolo Tagliamento) Allemanda - Double Corrente - Double (Presto) Sarabande - Double Tempo di Borea - Double

Claude Debussy (1862 - 1918) Images I (Viviana Lasaracina) Reflets dans l’eau Hommage à Rameau Mouvement

Ore 20 aperitivo tardivo buffet offerto da GMI Modena, azienda Luigi Boni, Compagnia del Taglio, prosciuttificio Nini Ore 21

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827) Sonata op. 47 “a Kreutzer” (Laura Marzadori - Olaf John Laneri) Adagio sostenuto. Presto Andante con variazioni Finale. Presto

Sonata n. 32 op. 111 (Olaf John Laneri) Maestoso - Allegro con brio ed appassionato Arietta: Adagio molto semplice e cantabile

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Jan Hugo, nato a Bloemfontein, in Sudafrica, nel 1991, inizia lo studio del pianoforte con Claudine van Breda, e si distingue subito vincendo nella città natale a 12 anni due concorsi pianistici. Continua poi gli studi in Italia con Francesco Cipolletta all’Istituto Superiore di Studi Musicali “Vecchi-Tonelli” di Modena, dove si diploma nel 2010 sotto la guida di Giuseppe Fausto Modugno. A 15 anni vince il concorso internazionale di pianoforte “Carlo Soliva” a Casale Monferrato e viene ammesso al Corso di Alto Perfezionamento all’Accademia “Incontri col Maestro” di Imola, dove attualmente studia con Franco Scala e Boris Petrushansky. Partecipa a Masterclasses con Foto Archivio GMI

Venerdì 11 novembre Auditorium Marco Biagi

Giocare con le date (11-11-11) e con il numero 1, e ritrovarsi con un programma ricchissimo che tocca circa duecento anni di storia e quattro colonne portanti della composizione musicale. Alcuni giovani e giovanissimi musicisti, con l’inserimento in chiusura di un interprete affermato, si alternano in questa “maratona musicale” di San Martino, serata ideale per stare una volta tanto in compagnia dei numeri primi, noti invece, in letteratura, per la loro solitudine! maestri internazionali come Michel Dalberto, Robert Levin, Jin Ju, Riccardo Risaliti, David Ascanio, Adam Wodnicki e Joseph Stanford. Si esibisce in tutto il mondo come musicista da camera e come solista con Kwa-Zulu-Natal Philharmonic Orchestra, Johannesburg Philharmonic Orchestra e Cape Philharmonic Orchestra, oltre che con l’Orchestra dell’Istituto “Vecchi-Tonelli” al Teatro Comunale di Modena.


Foto Archivio GMI Foto Archivio GMI

Paolo Tagliamento, violinista quattordicenne, a 7 anni intraprende gli studi di violino con Angelo Lovat presso la Scuola di Musica “Carlo Battel” di S. Pietro di Feletto (TV) e si perfeziona presso la Scuola Santa Cecilia di Portogruaro sotto la guida di Maria Caterina Carlini. È primo classificato al Concorso

Internazionale di violino e musica da camera Città di Pieve di Soligo. Frequenta l’Accademia Violinistica Europea di Castel San Pietro diretta da Pavel Vernikov. A 11 anni vince il primo premio all’International Music Competition di Trieste ed è vincitore assoluto del Premio “Paolo Spincich” 2008. Nel 2009 segue la Masterclass tenuta da Mauricio Fuks ed Elena Mazor al Festival Internazionale di Eilat in Israele. Vince poi il primo premio assoluto al Concorso Internazionale “Giovani Musicisti” Città di Treviso. Si esibisce come solista al concerto dell’Orchestra Giovanile “Zinaida Gilels”, diretta da Domenico Mason e al Festival Internazionale per giovani talenti “Assisi nel Mondo”, suonando con Laura Bortolotto e Masha Diatchenko. Nel 2010 seguono tre Primi Premi Assoluti in Concorsi Internazionali e un Primo Premio all’AGIMUS di Padova. Suona a Tolosa e riceve dal Sindaco di Pins - Justaret la Cittadinanza Onoraria. Segue poi la Masterclass di Domenico Pierini e Corrado Bolsi e vince una borsa di studio alla “Rassegna Nazionale di Violinisti Studenti anno 2010” presso la Città di Vittorio Veneto.

Viviana Lasaracina si diploma a 18 anni in pianoforte presso il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli sotto la guida di Benedetto Lupo, con cui studia ancora oggi, frequentando parallelamente corsi di perfezionamento con Berman, Balzani, Virsaladze, De Maria, Scala, Risaliti, Jasinski, Perticaroli, Somma, Lonquich. Ottiene il Primo Premio assoluto in numerosi concorsi pianistici nazionali ed internazionali e borse di studio. Nel 2007 vince la Rassegna riservata ai Migliori diplomati d’Italia di Castrocaro Terme e si aggiudica il 2° posto al prestigioso concorso “Premio Venezia” alla Fenice. Finalista del Concorso Pianistico Internazionale “F. Busoni” di Bolzano e selezionata al “Gina Bachauer International Artists Piano Competition” di Salt Lake City, nel 2009 vince il Premio per la migliore esecuzione della Musica Spagnola al concorso “Ciudad de Ferrol” e, nel 2011, si aggiudica le Audizioni indette dalla Gioventù Musicale d’Italia a Milano. Suona con le migliori orchestre ed istituzioni, tra cui l’Orchestra della Magna Grecia di Taranto e l’Orchestra Ciudad di Granada.

Laura Marzadori, classe 1989, si diploma al Conservatorio Martini di Bologna, città natale. Tra i suoi prestigiosi insegnanti: Marco Fornaciari, Pavel Berman (Imola), Salvatore Accardo (Cremona e Chigiana di Siena, dove ha ricevuto per due anni consecutivi il Diploma d’Onore). Ha seguito un corso di perfezionamento con Giuliano Carmignola nell’ambito delle attività dell’Orchestra Mozart. Nell’ultimo anno ha partecipato a numerose masterclass col Maestro

Zakar Bron. Ottiene i massimi riconoscimenti in numerosi concorsi quali la Rassegna Nazionale “Andrea Amati” di Cremona, il Premio Nazionale delle Arti di Roma, il Concorso Internazionale Postacchini di Fermo e vince il Premio “Città di Vittorio Veneto”: è la più giovane vincitrice del Concorso dalla fondazione. Da solista ha già collaborato con orchestre quali la Filarmonica Toscanini, l’Orchestra del Regio di Parma, l’Orchestra Regionale Toscana, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana e l’Orchestra Regionale di Roma e del Lazio. Si dedica anche alla musica da camera, suonando con musicisti quali Salvatore Accardo, Pavel Berman, Rocco Filippini, Bruno Canino, Antonio Meneses, Antony Pay e Bruno Giuranna.

Olaf John Laneri nasce a Catania, dove a 7 anni inizia gli studi musicali. Consegue il diploma al Conservatorio di Verona sotto la guida di L.Palmieri; prosegue la sua formazione artistica a Bolzano con N.Montanari, a Parigi con M.Rybicki e all’Accademia Pianistica di Imola con P. Rattalino, R. Risaliti e F. Scala. Nel 1998 vince il prestigioso concorso “F. Busoni” di Bolzano e nel 2001 ottiene il II premio al World Music Piano Master di Montecarlo. Si esibisce per importanti stagioni in Italia e in Europa come solista e con orchestra (Orchestra dell’Arena di Verona, Symphony Orchestra di Tokyo, Orchestra Filarmonica di Montecarlo,Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano), collaborando con direttori quali Lawrence Foster, Tomas Hanus e Lior Shambadal. Ha suonato in prestigiosi festival, teatri e sale (Teatro Bellini di Catania, Sagra Malatestiana di Rimini, Radio della Svizzera Italiana a Lugano, Gasteig di Monaco, Salle Gaveau a Parigi, Festival Paderewski e Festival Chopin in Polonia). Nel 2008 ha eseguito il 2°Concerto di Brahms con i Berliner Symphoniker alla Philharmonie di Berlino. Il suo repertorio comprende, inoltre, l’intero corpus delle Sonate di Beethoven. Le sue Variazioni di Brahms sopra un Tema di Paganini sono l’unica esecuzione di un italiano inserita nel CD pubblicato per festeggiare il Cinquantesimo del concorso Busoni. Laneri è stato ospite della GMI modenese il 15-5-2004.

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La compagnia dei numeri primi

La Partita n.1 in si minore fa parte della raccolta bachiana, composta nel 1720 mentre il compositore era Kappelmaister a Köthen, che comprende le Sei Sonate e Partite per violino solo meglio denominate da Bach “Sei Solo a Violino senza Basso accompagnato”. Apprezzate, ma non particolarmente eseguite nel ‘700, entrano dall’epoca romantica nel novero dei capolavori assoluti per la grande complessità virtuosistica e contrappuntistica: una prova d’abilità suprema che il violinista deve superare. A volte viene dimenticato che Bach, oltre che eccellente organista, era anche un esperto conoscitore degli strumenti ad arco. Il figlio Emanuel riportò: «[mio padre] preferiva suonare la viola, con intensità e morbidezza appropriate. Nella sua gioventù, e fino all’approssimarsi della vecchiaia, egli suonò il violino in modo pulito e penetrante, e quindi teneva l’orchestra in miglior ordine di quanto avrebbe potuto fare con il clavicembalo. Egli comprendeva alla perfezione le possibilità di tutti gli strumenti ad arco. Lo si capisce dai suoi assoli per violino e per violoncello senza basso [di accompagnamento]». Grazie all’esistenza del manoscritto autografo, rara eccezione per gli assoli dell’epoca spesso improvvisati e non codificati in una composizione e difficilmente pubblicati, possediamo il lascito originale dell’autore sulle indicazioni dell’articolazione, sulla dinamica del fraseggio e sugli ornamenti. In questa Partita ad ogni movimento in forma di danza segue la sua variazione, chiamata in francese Double. Due spaccati della vita compositiva di Beethoven: la Sonata op. 47 “a Kreutzer” per violino e pianoforte e la Sonata op. 111 per pianoforte. Intitolata nel 1805, anno della pubblicazione, a Rodolphe Kreutzer, celebre violinista parigino (che mai però la suonerà), la Sonata op. 47 contiene nell’autografo la dedica originaria allo stimato violinista mulatto George Bridgetower, con cui lo stesso Beethoven l’aveva eseguita per pochi intimi nel 1803; colpevole forse un litigio tra i due, il maestro aveva modificato il dedicatario. Di dimensioni titaniche rispetto allo standard dell’epoca, richiede un grande impegno tecnico ed espressivo ed appartiene al cosiddetto periodo “eroico”, in cui Beethoven sperimenta la monumentalità nelle sue opere dilatandone i confini ma sempre nel rispetto della forma classica. Raggiungerà la fama dalla seconda metà dell’ottocento, dopo le esecuzioni di Joseph Joachim con Clara Schumann ed ispirerà anche Tolstoj che, nel 1889, pubblicherà l’omonimo romanzo. La Sonata op. 111 è l’ultima delle 32 Sonate per pianoforte del maestro di Bonn. In un certo senso un testamento lasciato dall’autore, ormai sordo, risultato anche dell’introspezione ed isolamento di quegli anni. Solo due movimenti a contrasto, senza finale, compongono e completano la Sonata. Pochi ne capirono subito la grandezza: Beethoven sbeffeggiò l’allievo Schindler, stupito che mancasse il terzo movimento, dicendogli che non aveva avuto il tempo di comporlo. Ma è chiaro che l’opera era da ritenersi così conclusa. Per il filosofo e musicologo tedesco Theodor Adorno nelle ultime opere di Beethoven comincia a vedersi la disgregazione: «gli atomi musicali si ribellano alla struttura» e vengono erosi i principi formali: ci sono sconnessioni, spaccature, schegge, crepe. È la frattura il leitmotiv dei suoi ultimi lavori e probabilmente «proprio qui si instilla il germe dell’atonalità» in musica. Del resto il tema dell’Adagio sconvolge: è talmente innovativo nel ritmo puntato e nelle figurazioni, da sembrare quasi ragtime! Lo Studio Trascendentale n. 11 di Liszt in re bemolle maggiore, intitolato Harmonies du soir (Armonie della sera) su ispirazione del poeta francese Alphonse de Lamartine, è forse lo studio “meno trascendentale” della raccolta, nonostante le evidenti difficoltà tecniche che presenta. Le sonorità intime e delicate riportano

all’atmosfera del notturno, e l’ardua tecnica dell’arpeggio veloce e dei salti d’ottava nulla deve togliere alla ricercatezza timbrica e alla finezza volta a ricreare colori spesso impalpabili. Il tema della timbrica ben introduce l’ultimo compositore in programma: nel 1905, anno di pubblicazione del Primo libro delle Images, Debussy scrive all’editore Durand: «Hai mai suonato le Images...? Senza falsa modestia, penso che questi tre brani leghino bene insieme, e che potranno trovare il loro posto nella letteratura per pianoforte... alla sinistra di Schumann, o alla destra di Chopin... come preferisci.» Debussy aveva ragione; le nuove combinazioni armoniche, i colori, la tecnica unica che ha saputo tirare fuori dallo strumento hanno reso il suo stile pianistico inconfondibile, pietra miliare per il futuro della musica contemporanea e del jazz. Reflets dans l’eau è uno dei tanti brani che il compositore francese dedica all’acqua: forte è il suo interesse “impressionista” per tutti gli elementi naturali. Il virtuosismo è al servizio della squisita pittura sonora che il pianista deve ricercare per seguire e descrivere il fluttuare dell’acqua e i riflessi della luce sulla superficie. La sinestesia è forte: evocarne l’immagine attraverso i suoni. Hommage à Rameau è invece una sarabanda lenta e nostalgica, omaggio al grande teorico francese dell’armonia del ‘700 e al suo Castor et Pollux (1737). Evidente è il richiamo alle forme classiche, ma Debussy non manca di rivederle alla luce di più di 150 anni di progressi armonico-teorici. Il primo libro delle Images si chiude con Mouvement, pezzo molto vivace dal ritmo trascinante di notevole difficoltà tecnica, costruito sull’ostinata e incalzante ripetizione di una rapidissima terzina di semicrome da cui emerge la melodia. (I.S.)



2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Venerdì 25 novembre Teatro San Carlo

Danish string Quartet I Premio London 2009 Rune Tonsgaard Sørensen violino Frederik Øland violino Asbjorn Nørgard viola Frederik Sjølin violoncello

Il Danish String Quartet debutta al Festival estivo di Copenhagen nel 2002 come miglior promessa della musica classica danese, e nel 2004 vince il Primo Premio al Concorso di Musica da Camera “Danish Radio P2”. Ottiene il Primo Premio in numerosi Concorsi Internazionali ed anche il premio del pubblico alla Trondheim International String Quartet Competition in Norvegia. Nel 2006 viene nominato “Artist in Residence” della Radio Danese e suona assieme alla Radio Sinfonietta e alla DR Symphony Orchestra. Incide, poi, alcuni CD dedicati ai quartetti e al quintetto di Carl Nielsen per l’etichetta Dacapo. Nel 2009 il Quartetto riceve il Primo Premio al prestigioso Concorso Internazionale di Londra, che ha segnato tra l’altro l’avvio della carriera per alcuni dei migliori quartetti oggi in attività: tra gli altri, l’Hagen, il Takacs e il Wihan. Il New York Times, dopo il debutto americano del Quartetto, ha scritto che “non si può immaginare un modo di interpretare più coinvolgente”.

Ore 20 Aperitivo tardivo a offerta libera Ore 21

Carl Nielsen (1865 - 1931) Ved en Ung Kunsters Baare Andante lamentoso

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847) Quartetto op. 80 n. 6 in fa minore Allegro vivace assai Allegro assai Adagio Finale: Allegro molto

Tradizionale

Scandinavian Folk Tune Suite (Arr. da The Danish String Quartet)

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)

Quartetto n. 12 op. 127 in mi bemolle maggiore Maestoso - Allegro Adagio, ma non troppo e molto cantabile Scherzando vivace Finale. Allegro

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Note dal Nord

Il programma offre un omaggio alla musica del nord Europa, senza però dimenticare i capolavori della tradizione classico-romantica per quartetto d’archi di due illustri maestri tedeschi. Il compositore danese Carl Nielsen si inserisce a pieno titolo, insieme al connazionale Gade, al norvegese Grieg e al finlandese Sibelius, tra i maggiori rappresentanti della musica scandinava. Nonostante la forte tradizione tedesca facesse scuola sul territorio (insieme all’influsso della corrente impressionista) i paesi del nord Europa hanno saputo costruire una propria identità musicale nazionale, un linguaggio personale, partendo dal forte clima espressivo della tradizione popolare folklorica. L’utilizzo di canti popolari e di danze tradizionali riscritte o inserite all’interno delle composizioni, crearono un ritratto musicale della vita e della cultura di questi paesi. Ved en Ung Kunsters Baare (Andante lamentoso) in mi bemolle minore, è stato composto da Nielsen nel 1910, dopo la morte dell’amico pittore Oluf Hartmann, e suonato al suo funerale come tributo musicale commemorativo. Il brano è permeato da una profonda vena di commozione e dalla dicotomia tra l’angoscia cromatica e la chiarezza tonale della tradizione folkorica. A suggello del legame tra il compositore e l’amico, l’Andante lamentoso venne rieseguito nel 1931 a Copenhagen in occasione del funerale di Nielsen; fu pubblicato postuma solo nel 1942. Anche il Quartetto n. 6 op. 80 in fa minore di Mendelssohn ebbe a che fare con la morte e nacque in tragiche circostanze: nel maggio del 1847 il


compositore fu sconvolto dall’improvvisa scomparsa dell’amata sorella Fanny (Cecile) Mendelssohn Hensel, anch’ella musicista. Cominciò quindi a lavorare al quartetto, inteso come “Requiem a Fanny”, dicendo però che “non poteva pensare al lavoro, alla musica, senza sentire il più inteso vuoto e di sterilità nella mente e nel cuore”. Lo completò in settembre, e forse si fece carico della premonizione di un destino avverso: in meno di due mesi la morte colpì anche il compositore, alla prematura età di 38 anni. Quest’opera contiene alcune delle emozioni più tragiche e intense espresse nella carriera compositiva di Mendelssohn: il tumulto e agitazione del tremolo nel primo tema dell’Allegro riflettono l’angoscia del momento, che non abbandona mai il pezzo, neanche nel più lirico e cupo secondo tema. Il secondo movimento è un tetro e inteso Scherzo, in cui la melodia del violino è sincopata con il ritmo in battere delle tre voci più gravi. La sezione centrale, condotta dalla viola e dal violoncello che suonano la melodia nel registro più basso e ad ottava, ha un qualcosa di spettrale, quasi fosse l’immagine della morte. Nel lungo ed elegiaco Adagio compare una grande liricità, un senso di pace, di sereno addio alla sorella defunta. Il finale mette in campo un grande virtuosismo tecnico e ripresenta le emozioni del primo movimento. La fine del programma si chiude in realtà con un inizio: il Quartetto op. 27 di Beethoven aprì una stagione nuova e fonda-

mentale nella sua produzione, che ha consegnato alla storia un patrimonio artistico imprescindibile. L’input che gli fece mettere mano all’ultimo blocco di quartetti, dopo dodici anni dal Quartetto op. 95, fu la commissione da parte del nobile mecenate russo, amante della musica Nikolai Galitzin, che nel 1822 gli propose di comporre: «...uno, due o tre nuovi quartetti, per la qual fatica, sarei felice di pagarle quanto lei considera giusto». Prima, però, di concentrarsi su questo lavoro, Beethoven completò la Nona Sinfonia, le Variazioni Diabelli e la Missa Solemnis, opere che aveva in cantiere da parecchio tempo. L’op. 127 fu terminata nel febbraio del 1825. Davanti all’ultimo periodo creativo beethoveniano Salvatore Sciarrino afferma che «Il compositore ci fa partecipi dell’atto creativo; ci introduce nel laboratorio delle sue idee». Se la tonalità di mi bemolle maggiore ha sempre avuto un ampio significato ed i potenti accordi a fanfara del Maestoso rimandano alla tradizione della Sinfonia “Eroica” e del Concerto “Imperatore”, le modifiche formali ed il continuo mutare delle armonie guardano all’innovazione. Tipico dell’ultimo periodo è l’uso della variazione, utilizzata anche in questo quartetto: il tema dell’Adagio è seguito da sei variazioni e termina con un pizzicato d’archi che prosegue all’inizio dell’energico Scherzo. Il Finale abbandona ogni nervosa energia per dissolvere la melodia in un lungo trillo. Il quartetto si conclude all’insegna della delicatezza ritmica e armonica. [I.S.]


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Così fan tutte

Domenica 27 novembre ore 21 Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” Modena

L’Opera è in Cantiere Cantiere delle arti Laboratorio transnazionale congiunto per musicisti d’orchestra e cantanti lirici

Accademia dell’Orchestra Mozart Cantanti del CUBEC Accademia Mirella Freni Sara De Matteis soprano Ruzan Mantashyan soprano Fumitoshy Miyamoto baritono Valeriu Caradja baritono

Cantanti dell’Opera Studio della Bayerische Staatsoper di Monaco Iulia Maria Dan soprano Silvia Hauer mezzosoprano Tim Kuypers Baritono Direttore Boris Schaefer

Wolfgang Amadeus Mozart Le Nozze di Figaro

Ouverture Cinque...dieci... (Figaro e Susanna) Valeriu Caradja baritono, Sara de Matteis soprano Non più andrai farfallone amoroso (Figaro) Valeriu Caradja baritono Voi che sapete (Cherubino) Silvia Hauer mezzosoprano Venite inginocchiatevi (Susanna) Sara de Matteis soprano Crudel perchè finora (Susanna, Il Conte) Iulia Maria Dan soprano, Tim Kuypers baritono Hai già vinta la causa... Vedrò mentre io sospiro (Il Conte) Valeriu Caradja baritono Dove sono i bei momenti (La Contessa) Ruzan Mantashyan soprano Aprite un po’ quegl’occhi (Figaro) Tim Kuypers baritono Giunse al fin il momento... Deh vieni non tardar (Susanna) Iulia Maria Dan soprano 20

Ouverture Soave sia il vento (Fiordiligi, Dorabella, Don Alfonso) Iulia Maria Dan soprano, Silvia Hauer mezzosoprano, Tim Kuypers baritono Prenderò quel brunettino (Fiordiligi, Dorabella) Iulia Maria Dan soprano, Silvia Hauer mezzosoprano Il core vi dono (Dorabella, Guglielmo) Silvia Hauer mezzosoprano, Tim Kuypers baritono

Gioachino Rossini La pietra del paragone Ouverture

L’Italiana in Algeri

Le femmine d’Italia Fumitoshi Miyamoto baritono

La pietra del paragone

Ombretta sdegnosa del Missipipì Fumitoshi Miyamoto baritono

Foto Archivio GMI

alTeatro Comunale


Il progetto

L’Accademia, gestita operativamente dall’Ente di Formazione Cubec Accademia di Belcanto Mirella Freni, si avvale del modello didattico e della docenza del soprano Mirella Freni. I corsi sono rivolti a giovani talenti italiani e stranieri interessati a sviluppare la tecnica vocale e una consapevolezza lirico interpretativa della tradizione del Bel Canto italiano. Il corso avanzato prevede otto intensi giorni di lezione al mese, resi unici dalla presenza carismatica di Mirella Freni per le lezioni di canto; è accreditato dalla Regione Emilia Romagna nel catalogo dell’Alta Formazione e, grazie alla convenzione con l’Istituto Superiore di Studi

Musicali Vecchi-Tonelli, garantisce agli studenti che abbiano i prerequisiti necessari, la possibilità aggiuntiva di sostenere gli esami e di conseguire una annualità del biennio sperimentale di secondo livello in canto lirico.

l’eccellenza per la tradizione

L’idea del CUBEC nasce dalla necessità di creare un punto di riferimento per la formazione dei giovani cantanti lirici e dei pianisti collaboratori per il teatro d’opera. La Fondazione Ghiaurov, attraverso il progetto del CUBEC offre ai giovani talenti un percorso formativo!di alto livello creato in base alle reali esigenze della professionalità dell’opera lirica e

in particolare prendendo a modello l’esperienza artistica e umana di Mirella Freni Le attività didattiche sono incentrate sul saper fare e, anche grazie alla collaborazione con Teatri ed Istituzioni dello spettacolo, mirano ad accompagnare gli studenti ad un pieno inserimento nel mondo professionale. Il CUBEC risponde alle reali esigenze dei giovani cantanti e pianisti che vogliono diventare professionisti al servizio del teatro d’opera. L’offerta formativa è completa e di alto livello grazie alle collaborazioni attivate e alla direzione didattica, l’esperienze e gli insegnamenti delle due principali docenti, Mirella Freni e Paola Molinari.

Il successo del modello formativo Dal 2002 ad oggi hanno frequentato i corsi di alta formazione del CUBEC studenti provenienti da tutto il mondo, che ogni anno passano una severa selezione da parte di Mirella Freni. Gli studenti del CUBEC sono giovani artisti che si avviano alla carriera professionale e che hanno una forte determinazione a sviluppare il proprio talento per diventare cantantl lirici professionisti e pianisti collaboratori. Il successo del modello formativo del CUBEC è testimoniato da numerosi studenti che cantano regolarmente in Italia e nel mondo.


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 3 dicembre ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Dai Miyata violoncello I Premio Rostropovich Parigi 2009 Andrea Dindo pianoforte Ludwig van Beethoven (1770 - 1827) 12 Variazioni in fa maggiore sul tema “Ein Madchen oder Weibchen” da “Il flauto magico” op. 66 Toshiro Mayuzumi (1929) Bunraku per violoncello solo

Foto Archivio GMI

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847) Sonata n. 2 in re bemolle maggiore op. 58 Allegro assai vivace Allegretto scherzando Adagio Molto Allegro e vivace

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Dai Miyata, classe 1986, studia il violoncello dall’età di tre anni e si diploma alla Toho Gakuen School of Music. Nel 2004 vince il Primo Premio della “All Japan Viva Hall Cello Competition” e, nel 2005, della “Japan Music Competition”. Riceve poi il “Landgrave of Hesse Prize” a Kronberg e si perfeziona con Frans Helmerson alla Kronberg Academy Further Masters Studies. Nel 2009 vince, primo giapponese nella storia, il “Concorso Internazionale Rostropovich” di Parigi. Si esibisce con orchestre quali Japan e Tokyo Philharmonic Orchestra, e sotto la direzione di importanti direttori come Seiji Ozawa; collabora con solisti del calibro di Lynn Harrell, Gidon Kremer, Yuri Bashmet. Studia Musica da Camera in Quartetto al Conservatorio di Ginevra con Gabor Takacs Nagy; beneficia di una borsa di studio dalla Rostropovich Cello Foundation.

Andrea Dindo, allievo di composizione di Renato Dionisi e di direzione d’orchestra di Piero Bellugi, perfeziona gli studi pianistici con Aldo Ciccolini, Andrzej Jasinski e Alexis Weissenberg. Premiato al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Parigi, si è esibito in tutto il mondo. Ha inciso per prestigiose etichette discografiche e per Radio3 ed è stato invitato dall’Orchestra della Svizzera Italiana per l’ideazione e conduzione di un progetto musicale divulgativo in 16 concerti. Ha debuttato in veste di Direttore d’orchestra all’Auditorium Parco della Musica di Roma in un programma di proprie composizioni e, dopo numerose ospitate in orchestre italiane, ha diretto l’Ensemble guidato da Markus Stockhausen. Viene regolarmente invitato presso la Cappella Paolina del Quirinale, in diretta Euroradio. È stato ospite della GMI modenese il 13-3-1999, 23-2-2002, 15-3-2003, 21-4-2005.


Il viaggio nel tempo e nello spazio del violoncello: da Beethoven a Mayuzumi passando per Mendelssohn

«È una combinazione di raro impiego quella per violoncello e pianoforte, la quale presenta ben noti problemi di equilibratura: i rispettivi registri bassi dei due strumenti tendono a competere sulle stesse frequenze» (Carlo Vitali). Il flauto magico di Mozart ebbe la sua première nel 1971, anno della morte del compositore e fu messo in scena più volte a Vienna ad inizio ‘800. Beethoven doveva aver avuto familiarità con quelle rappresentazioni, tanto da affermare di considerarla la migliore opera scritta dal genio di Salisburgo; sottolinea Thayer nella sua celebre biografia su Beethoven: «L’esecuzione del flauto magico al Court Theatre all’inizio del 1801, prodotta da Schikaneder nel nuovo Theater-ander-Wien, che è stata replicata per più mesi successivi (con grandi effetti), resero quest’opera il soggetto del gossip comune ed era la causa evidente delle Variazioni..». Sono del 1796 le 12 Variazioni su “Ein Mädchen oder Weibchen” dal Flauto magico. Nella Sonata n. 2 in re maggiore op. 58 per violoncello e pianoforte di Mendelssohn convivono la squisita marca stilistica del compositore ed il chiaro riferimento a Beethoven. La costruzione formale dei movimenti ed i riferimenti armonici appartengono ancora alla sfera classica ma, già dalla fine del XVIII secolo, il violoncello si stava rapidamente liberando dalla prassi del basso continuo. Mendelssohn ha infatti il merito di essere stato il primo grande compositore ad emancipare il violoncello e trattarlo come uno strumento solista. Dedicata al conte Mateusz Wielhorski, un amatore virtuoso del violoncello che aveva studiato con il grande Bernhard Romberg, la Sonata n. 2 fu composta tra la fine del 1842 e l’estate del 1843 e pubblicata insieme alla Sonata n.1 nel 1844 a Lipsia (e contemporaneamente a Parigi) con il titolo Duo, simbolo della volontà dell’autore di investire di pari dignità lo strumento ad arco e il pianoforte. È l’unica, nel corpus sonatistico di Mendelssohn, ad essere in quattro movimenti; nel primo, in forma sonata, il violoncello espone subito il tema vitale accompagnato dal pianoforte, che poi lo riesegue. Lo scambio tra i due è paritario, ed è interessante seguire il fluire della melodia e dell’accompagnamento da uno strumento all’altro ed arricchirsi di trilli, tremoli ed arpeggi nello sviluppo e nella ripresa. Regna l’equilibrio anche nell’Allegretto scherzando in forma ABAB, il cui primo tema è introdotto dal pianoforte in staccato seguito dal violoncello in pizzicato, ed il secondo, più cantabile, è affidato al caldo timbro del violoncello solo. Nell’Adagio è il violoncello a dominare

con l’ariosa ed appassionata melodia, per lasciare il primato a un pianoforte “scatenato”nel Molto Allegro e vivace finale. Mayuzumi ha studiato a Tokyo subito dopo la Seconda guerra mondiale, per poi proseguire la formazione a Parigi. Entusiasta dell’avanguardia occidentale (guardava a Varèse), tornò però in Asia per combattere l’occidentalizzazione del Giappone e studiare il repertorio musicale asiatico, riuscendo ad espandere le possibilità espressive e sonore delle esecuzioni. A suo avviso i compositori dell’est avevano adattato la loro eredità culturale ed il modo di esprimersi alla cornice occidentale. Parte, quindi, proprio dalla tradizione giapponese la sua composizione del 1960: Bunraku è la forma del teatro dei burattini giapponese, in cui il narratore/cantante è accompagnato da un suonatore di shamisen (una sorta di largo “banjo”). L’opera di Mayuzumi è un adattamento per violoncello solo in cui il violoncellista assume in sé e rappresenta sia la linea vocale della narrazione (tayu), sia strumentale (shamisen) della musica di quella forma di teatro, che vaglia incredibili sfumature d’espressione e di colori. La tecnica dello shemisien, solitamente suonato con un ampio plettro, viene sapientemente emulata e ricreata al violoncello attraverso diverse tecniche di pizzicato aggressivo e risonante. [I.S.]


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Progetto Don Giovanni Riprende con la stagione 2011-2012 la collaborazione con il Teatro e l’Associazione Michelangelo per la trasmissione di opere liriche in diretta, con l’altissima definizione consentita dalle moderne tecnologie satellitari. La Gmi ha inserito nel proprio programma la serata inaugurale del Teatro alla Scala di Milano (offerta gratuitamente agli abbonati), e ha progettato una giornata di “avvicinamento trasversale” al capolavoro mozartiano: una ricognizione delle interpretazioni storiche e filosofiche del “mito” che percorre la storia della Modernità, dal Cinquecento a Mozart e oltre; l’ascolto di alcune interpretazioni fondamentali dell’opera mozartiana, la visione di alcune delle regìe più importanti della nostra epoca. A seguire, dopo un buffet con eccellente Marzemino e bocconi da gigante, una irriverente e acuta rivisitazione dell’opera, da parte di un gruppo teatrale che non suona e non canta le parole di Da Ponte, eppure esegue un rigorosissimo (si fa per dire) Don Giovanni.

Domenica 4 dicembre ore 17.30 Teatro San Carlo

Foto Archivio GMI

Aspettando il Don Giovanni Con ascolti e proiezioni A cura di Carlida Steffan Ingresso libero Ore 20 Teatro San Carlo Aperitivo tardivo Piccolo buffet a offerta libera A cura di Cooperativa Oltremare, Cantina Villaboni, Compagnia del Taglio Ore 21

I sacchi di sabbia Don Giovanni Ein musikalischer Spass

biglietti: da 10 a 15 euro

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I Sacchi di Sabbia nascono a Pisa nel 1995. Negli anni la Compagnia si è distinta sul piano nazionale, ricevendo importanti riconoscimenti per la particolarità di una ricerca improntata nella reinvenzione di una scena popolare contemporanea. Già vincitori di due Premi ETI “Il Debutto di Amleto”, I Sacchi di Sabbia ricevono una nomination al Premio Ubu 2003 per lo spettacolo Orfeo. Il respiro (“... per il loro intreccio di ironia, storia e metafisica”) e vincono il Premio Speciale Ubu 2008 con la seguente motivazione: “I Sacchi di Sabbia, per il complesso di un’attività caratteristica dalla vivacità di una scrittura condotta con freschezza creativa e irridente, giunta con Sandokan o la fine dell’avventura a un nuovo capitolo di una ricerca sincera, lunga e appassionata”. In perenne oscillazione tra tradizione e ricerca, tra comico e tragico, il lavoro di I Sacchi di Sabbia ha finito per concretizzarsi in un linguaggio in bilico tra le arti (arti visive, danza, musica), nella ricerca di luoghi performativi inconsueti, e sempre con uno sguardo vivo e attento al territorio in cui l’evento spettacolare è posto. I Sacchi di sabbia sono: Giovanni Guerrieri Giulia Gallo Vincenzo Illiano Gabriele Carli Federico Polacci Giulia Solano.

FUSORARI Cibi & Viaggi P.le Torti 5 · Modena · Telefono 0594270436 info@fusorari.it · www.fusorari.it

Orario di apertura Lunedì riposo da Martedì a Venerdì dalle 12.00 all’1.00 Sabato e Domenica 18.00 all’1.00 Pausa Pranzo dalle 12.00 alle 15.00 Risi, Spaghetti e Insalate a scelta tra sapori tradizionali e nuove ricette Aperitivo con buffet dalle 18.00 Cena dalle 20.30 Ogni settimana cucine dal mondo Su prenotazione Cene di gruppo, aziendali, rinfreschi con menù a scelta tradizionali ed etnici Selezione Vini & Champagne Birre italiane, estere, artigianali Long Drink, Cocktail, Analcolici Organizzazione viaggi e incontri culturali

Foto Archivio GMI

Don Giovanni è un capriccio per “boccacce e rumorini” che propone, attraverso una partitura rigorosissima di “gesti musicali”, la struttura essenziale del Don Giovanni di Mozart: una selezione delle arie

più significative incastonate in un disegno drammaturgico compiuto e interpretate “rumoristicamente” dagli attori della Compagnia I Sacchi di Sabbia. Lo spettacolo è in definitiva un’esecuzione a cappella di una riduzione strumentale del Don Giovanni da parte di una piccola corale. I sei giovani che la compongono non sono però musicisti, ma attori che hanno costruito la loro partitura “recitando” la musica di Mozart, imitando fino allo sfinimento una versione del Don Giovanni eseguita da Karajan nel 1986. Dalla recitazione “del suono”, dal tentativo di riprodurre il rumore dello strumento, si arriva - addentrandosi dalla “parte sbagliata” quella che nessun musicista praticherebbe - ad una pionieristica versione dell’Opera di Mozart: una versione “sgrammaticata”, senza “rappresentazione”, ma che in virtù delle tragicomiche espressioni facciali degli attori chiamati ad imitare le sonorità degli strumenti e l’ausilio della proiezione del libretto sullo sfondo, riesce ad evocare l’essenza del grande personaggio mozartiano. Frutto di un approccio all’opera spiazzante, d’una interpretazione “teatrale” in cui il testo dello spettacolo è rappresentato dalla melodia e dalla timbrica degli strumenti, questo lavoro si colloca nella scia di una ricerca sul melodramma che nel 2008 ha fatto vincere alla formazione pisana il prestigioso Premio Ubu. Un omaggio a Mozart: uno sberleffo e al tempo stesso un atto d’amore per un’opera magnifica.

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2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

in diretta

Mercoledì 7 dicembre ore 17.30 Cinema Teatro Michelangelo

Don Giovanni di Mozart Direttore Daniel Barenboim Regia di Robert Carsen Diretta via satellite dalla Scala Ingresso gratuito per gli abbonati GMI Modena

Foto Archivio GMI

Ore 17.30 presentazione dell’opera a cura di Carlida Steffan L’opera inizia alle ore 18 e termina alle 21.15 circa, con un intervallo

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2011-2012 Foto Archivio GMI

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

alTeatro Comunale

Lunedì 19 dicembre ore 21.00 Teatro Comunale

Ramin Bahrami pianoforte Domenico Scarlatti

Aria K32 in re minore Sonata K289 in sol maggiore

Johann Sebastian Bach

Suite francese n. 5 in sol maggiore Allemande - Courante - Sarabande - Gavotte - Bourrée - Loure - Gigue

Domenico Scarlatti

Sonata K282 in re maggiore

Johann Sebastian Bach

Suite inglese n. 2 in la minore Allemande - Courante - Sarabande - Air - Menuet I - II - Gigue

Domenico Scarlatti

Sonata K319 in fa diesis maggiore Sonata K278 in re maggiore Sonata K159 in do maggiore

Johann Sebastian Bach

Aria Italiana Aria variata (alla maniera italiana) in la minore per clavicembalo BWV 989 (10 var.) Concerto Italiano Allegro - Andante - Presto

In collaborazione con

Domenica 18 dicembre ore 17.30 Auditorium Istituto Vecchi-Tonelli Incontro con Ramin Bahrami Conducono

Ivan Bacchi direttore dell’Istituto musicale Vecchi-Tonelli di Modena Stefano Marchetti giornalista Ingresso libero 28

Ramin Bahrami scompone la musica di Bach e la ricompone in modi che risentono di un modello, Glenn Gould, senza veramente assomigliare al modello. Io gli ho insegnato a sopportare il morso, ma non l’ho domato; e spero che continui ad essere com’è”. Piero Rattalino Nato a Teheran, Ramin Bahrami è considerato uno tra i più interessanti interpreti bachiani viventi a livello internazionale. Studia pianoforte in Italia e si diploma in con Piero Rattalino al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Approfondisce gli studi all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola e con Wolfgang Bloser alla Hochschule für Musik di Stoccarda. Si perfeziona con Alexis Weissenberg, Charles Rosen, András Schiff, Robert Levin e in particolare con Rosalyn Tureck. Il primo debutto importante avviene nel 1998 al Teatro Bellini di Catania. Bahrami si è poi esibito in importanti festival pianistici (“La Roque d’Anthéron”, Festival di Uzés, “Piano aux Jacobins” di Toulose, Beijing Piano Festival in Cina) e prestigiose sale italiane: all’Accademia di Santa Cecilia a Roma è apparso nella prestigiosa rassegna “Solo Piano” accanto a Pollini, Sokolov, Barenboim, Thibaudet e Kissin e, nel marzo 2008, è stato invitato a partecipare alla “Maratona Bach” accanto al violoncellista Mario Brunello. Nel febbraio 2010 ha debuttato con successo a Parigi con le Variazioni Goldberg, e in marzo ha tenuto un applaudito tour con i Festival Strings Lucerne. È del maggio 2010 il grande successo con Riccardo Chailly alla Gewandhaus di Lipsia, che completa l’integrale dei Concerti bachiani. Nel 2008 è al Wigmore Hall di Londra e nel 2009 presenta l’Arte della Fuga al Festival Pianistico Internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli” di Brescia e Bergamo. Bahrami incide esclusivamente per Decca-Universal. La sua discografia comprende le Variazioni Goldberg (2004), le 7 Partite (2005), l’Arte della Fuga (2007), la raccolta “Ramin Bahrami plays Bach” (2009), comprendente anche una selezione di esecuzioni dal vivo, le Suite Francesi (2010). Il disco con i cinque concerti per tastiera di Bach, registrato a Lipsia con Riccardo Chailly alla guida della Gewandhausorchester, uscito nel giugno 2011, ha meritato le 5 stelle del mensile Amadeus.


Scarlatti innovatore

“Dame e galanti strillano corrono si schivano si salvano… Ed ecco la prima collana di perle si rompe sgranellandosi: gli àcini ruzzolano giù per i gradini lisci e rosei che l’acqua discende in mille cascate …”. Una fontana: a ciò D’Annunzio paragona stupendamente le sonate di Domenico Scarlatti (1685-1757). Nato nello stesso anno di Bach e Händel, il suo eccezionale spirito creativo è immortalato nelle sue sonate, più di cinquecento, la maggior parte scritte durante il periodo madrileno dove, ospite della regina di Spagna Maria Barbara, trascorse il periodo più ricco e fiorente della sua attività di compositore. Ivi morì lasciando una vasta raccolta di composizioni che lo configurano come uno dei musicisti più geniali ed originali del secolo XVIII. Caratteristica peculiare delle sonate è la forma con cui vengono intessute. Solitamente sviluppate in un solo movimento bipartito, spesso essenziale e conciso, la prima sezione annuncia chiaramente la tonalità principale d’impianto (anche se non mancano impreviste incursioni in altre tonalità) e modula per permettere alla seconda parte una nuova ripresa e un ritorno alla tonalità iniziale. Essenzialmente le sonate in tonalità maggiori modulano alla dominante. La produzione di Scarlatti giunta a noi è estremamente copiosa: 555 sonate, alla cui copiatura e organizzazione in serie e volumi a fini didattici per la pubblicazione egli dedicò molte fatiche (e tante la musicologia successiva per cercare percorsi cronologici o poetici). Certamente, nelle Sonate di Scarlatti si alternano e si evolvono le tecniche tradizionali del basso continuo, i richiami alla vocalità melodica italiana (l’Aria K32 in programma ne è un esempio evidentissimo), l’anticipazione – secono Ralph Kirkpatrick, a cui si deve la cura e la prima incisione dell’integrale delle sonate scarlattiane – di aspetti della forma sonata classico-romantica. Per i contemporanei, comunque, furono soprattutto il virtuosismo e l’imprevedibilità a caratterizzare la musica di Scarlatti, influenzata dalle “melodie cantate dai carrettieri, dai mulattieri e dalla gente del popolo per le strade di Siviglia”. Così il suo contemporaneo Charles Burney, che continua “posto che la natura gli aveva dato dieci dita e il suo strumento gli offriva l’opportunità di impiegarle tutte, Scarlatti non vedeva alcuna ragione per non farlo”. Di grande rilevanza sono le sue innovazioni insieme virtuosistiche e strutturali: celebre è l’introduzione frequente della “crux”, cioè dell’incrocio delle mani, particolarmente complesso sulle tastiere cembalistiche, come climax anche emotivo di tante Sonate. Tutte le sonate si caratterizzano per un linguaggio melodico ed armonico relativamente essenziale, semplice, armonioso, con frequenti sprazzi di audacia e imprevedibilità, fonti zampillanti di perle che “si moltiplicano, simulano una grandine mite, scorrono per ogni verso, rilucono, risonano, rimbalzano, si mescolano ai rivoli, ora sembrano le bolle preziose dell’acqua, ora le gocciole della bellezza grondante”. (tratto in parte dal programma di sala GMI 18 marzo 2009, di Margherita Paoluzzi, per un concerto di Andrea Lucchesini) [M.B.]

Bach tra Italia, Germania e Francia

Se è vero che Johann Sebastian Bach varcò raramente i confini di Turingia e Sassonia, fra l’altro, senza mai porre piede in Francia e Italia, ancor più stupefacente è constatare il dominio di un orizzonte musicale di respiro internazionale, alimentato soltanto da uno studio assiduo di manoscritti ed edizioni. In questo continuo processo di assimilazione e di sintesi, confermato dalla pratica costante della trascrizione, un posto di privilegio è occupato dalla musica italiana e in particolare dalla forma del ‘concerto’. È a Weimar (1708-1717) che Bach, nominato organista e Kammermusicus di corte, amplia enormemente la sua conoscenza della musica italiana. A questo periodo risalgono infatti le sedici trascrizioni per cembalo solo di concerti italiani. Ed echi vivaldiani permeano anche opere di quegli anni non facenti capo alla forma ‘concerto’ come l’Aria variata alla maniera italiana, in la minore, BWV 989. Nel catalogo di Bach il lavoro fa il paio soltanto con le celeberrime Variazioni Goldberg, che prendono avvio anch’esse da un’aria fascinosa. La “maniera italiana” non consiste tanto nelle modalità di trasformazione della melodia, quanto nel trattamento della linea di basso. In verità l’Aria in apertura, al di là del suo appeal melodico, serve soprattutto ad enunciare una struttura formale e una griglia armonica che rimarranno immutate in ciascuna delle dieci variazioni successive. Insomma, siamo ancora lontani da quella somma dell’arte di variare che sono le Goldberg, ma poi neanche troppo ‘distanti’. Vent’anni dopo il lavoro di trasferimento alla tastiera dei concerti di maestri italiani, Bach si sente ormai padrone di uno stile al punto da osare una ‘ricreazione’ autonoma. Nasce così il Concerto secondo il gusto italiano in Fa maggiore, BWV 971, detto anche Concerto italiano, pubblicato a Norimberga nel 1735 nella seconda parte della Clavier- Übung (letteralmente “Esercizio per tastiera”), vasto compendio di musica per strumenti a tasto che aveva preso avvio quattro anni prima con l’edizione delle Sei Partite. Il Concerto italiano si compone di un primo tempo senza indicazioni di andamento, ma con indubbio carattere di Allegro, di un Andante centrale in re minore e di un Presto. Se i movimenti estremi sono complessivamente giocati sul contrasto fra blocchi di sonorità - pur emergendo nel primo tempo ampie sezioni di ‘interconnessione’, viceversa, nell’ultimo tempo, più nette giustapposizioni -, l’Andante, uno dei vertici dell’invenzione melodica bachiana, di cui ben si rammenteranno anche Ravel e Stravinsky nei loro Concerti per pianoforte, fissa i rapporti dinamici secondo una distanza prospettica che vede la melodia stagliarsi su un morbido tappeto di archi, a sua volta punteggiato da interventi di uno strumento grave. Per realizzare la tipica alternanza fra parti solistiche e parti orchestrali Bach, contrariamente alle sue consuetudini, indica sullo spartito il ‘piano’ e il ‘forte’ e suggerisce in sostanza una soluzione pratica che spiega la espressa destinazione per cembalo a due manuali: una tastiera suona sempre ‘forte’ rappresentando solista e tutti orchestrale, l’altra tastiera suona sempre ‘piano’, potendo così realizzare parti di accompagnamento, effetti di eco, ecc. Inutile dire che la natura stessa del ‘moderno’ pianoforte va a nozze con una simile concezione dei rapporti dinamici, per giunta senza aver bisogno di ricorrere ad una seconda tastiera. Simone Monge, dal libretto di accompagnamento del CD “Concerto italiano”, Decca. Esegue Ramin Bahrami


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 12 gennaio 2012 Baluardo della Cittadella Ore 19 Presentazione del volume

Alyn Shipton

Nuova storia del jazz

Einaudi 2011 In collaborazione con Punto Einaudi Modena Con Maurizio Franco Al pianoforte Stefano Calzolari Ingresso libero Ore 20.30 Aperitivo tardivo offerto al pubblico del concerto Ore 21

Viviana Lasaracina pianoforte Stefania Tallini pianoforte jazz Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz Conduce Maurizio Franco

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Viviana Lasaracina si diploma a 18 anni in pianoforte presso il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli sotto la guida di Benedetto Lupo, frequentando parallelamente corsi di perfezionamento con Berman, Balzani, Virsaladze, De Maria, Scala, Risaliti, Jasinski, Perticaroli, Somma, Lonquich. Ottiene il Primo Premio assoluto in numerosi concorsi pianistici nazionali ed internazionali e borse di studio. Nel 2007 vince la Rassegna riservata ai Migliori diplomati d’Italia di Castrocaro Terme e si aggiudica il 2° posto al prestigioso concorso “Premio Venezia” alla Fenice. Finalista del Concorso Pianistico Internazionale “F. Busoni” di Bolzano e selezionata al “Gina Bachauer International

Artists Piano Competition” di Salt Lake City, nel 2009 vince il Premio per la migliore esecuzione della Musica Spagnola al concorso “Ciudad de Ferrol” e, nel 2011, si aggiudica le Audizioni indette dalla Gioventù Musicale d’Italia a Milano. Suona con le migliori orchestre ed istituzioni, tra cui l’Orchestra della Magna Grecia di Taranto e l’Orchestra Ciudad di Granada. Stefania Tallini vanta una brillante carriera artistica nell’ambito del jazz italiano ed europeo. Diplomata in Pianoforte Principale al Conservatorio di S. Cecilia a Roma e in Jazz al “Refice” di Frosinone. Di rilievo la sua attività di arrangiatrice e compositrice: nel 2001 ha vinto il “Concorso Internazionale di Arrangiamento e Composizione per Orchestra Jazz” di Barga col suo brano Minor Tango. Vincitrice di numerosi concorsi internazionali (“Lagomaggiorejazz 1999”, “Viva Il Jazz” di Milano) è stata più volte ospite della trasmissione radiofonica “Invenzione a due voci”, in onda su Radio3. Ha inoltre vinto il premio “Miglior Creatività” nell’ambito del “Premio Internazionale alle Musiche da Film” La Stele D’argento 2005. Da segnalare che due suoi brani sono stati registrati dal trio italiano e americano di Enrico Pieranunzi, e “New Life” è stato inserito nel Real Book Italiano. Ha composto la colonna sonora per il film “Samara” e “Ombre di Luce”, del regista Massimo D’Orzi. Ha all’attivo molti dischi con composizioni originale. Ha suonato inoltre per il concerto del Quirinale, anche alla presenza del Presidente della Repubblica Napolitano. Ha partecipato a prestigiosi festivals e collabora con artisti quali Mirabassi, Pieranunzi, Girotto, Maiore, Vignolò, Joris, Chazarenc, Gravish, Nunzi, Castelli, Taufic e in ambito teatrale con Omero Antonutti, Mariangela Melato e Michele Placido.


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Bach Brunello

5

Domenica 15 gennaio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Mario Brunello violoncello

Johann Sebastian Bach Suite n. 5 in do minore BWV 1011 Prelude, Allemande, Courante, Sarabande, Gavotte, Gigue

Concerto conferenza con proiezioni A seguire a cena con Mario Brunello ristorante Ex Cinema Embassy, vicolo dell’Albergo Prenotazioni presso sede GMI Modena

Bach nella lettura di Brunello

Foto Archivio GMI

Mario Brunello dedicherà la quinta serata al racconto della sua interpretazione. Quali sono gli elementi fondamentali scovati tra le note, quali le ragioni delle scelte musicali e quanto spazio ha la magia dell’esecuzione.

Accordare per le danze

Questa suite dovrebbe essere eseguita abbassando di un tono la corda più acuta del violoncello, il che rende possibile suonare certi accordi in do minore, cosa altrimenti impossibile. Di solito, tuttavia, quest’opera è eseguita con un violoncello accordato normalmente, seguendo diversi arrangiamenti che l’editoria ha predisposto. In questa suite Bach sceglie per il Prélude una forma musicale sostanzialmente differente da quella dei Preludi delle suite precedenti. Egli adotta la specifica forma stilistica di un brano orchestrale del suo tempo, con l’obiettivo di riprodurre le sue caratteristiche principali in musica per violoncello solo. Balletti scritti per i teatri francesi e le suite orchestrali derivate da lavori simili erano precedute da una ouverture in stile francese. Questa era costituita da due parti. L’ouverture inizia con una introduzione solenne seguita da una fuga veloce in 3/8. Ritroviamo l’espressività di una ouverture francese nel tranquillo preludio di questa suite. La seconda parte conferma l’analogia, iniziando con un tipico rapido movimento fugato, che arriva alla dominante dopo otto battute come in una fuga vera e propria. Se non fosse paradossale, si potrebbe definire questa parte come “fuga a una voce” perché il prosieguo del brano resta anch’esso fedele a questa idea sviluppando motivi e varianti del tema in varie tonalità. L’Allemande conserva lo stile francese dell’Introduzione con ritmi e valori puntati che conferiscono al movimento un’atmosfera di elegante solennità. La maniera francese si afferma anche nel secondo movimento di danza, una Courante autenticamente francese in tempo di 3/2, dello stesso genere di quelli che Bach scriveva nelle musiche per clavicembalo. Di nuovo, con grande genialità, Bach traspone per lo strumento solista ad arco uno stile di composizione che non è praticamente realizzabile che a più voci. La battuta che chiude ogni sezione contiene lo slittamento di accenti tipico delle Courante, e il tempo di 3/2 diviene in realtà di 6/4. la Sarabande trasforma la natura di questa danza in un movimento semplice, accentuando la distinzione tra prima e seconda parte di ogni battuta, che contiene note che introducono alla tonalità della battuta seguente. Come movimenti di passaggio Bach introduce nella Quinta e nella Sesta suite la danza più nuova del suo tempo, la Gavotte. Questa, originariamente una danza popolare, ebbe un ruolo importante nei balletti e nelle opere, dai quali passò nella musica strumentale e nelle suite. La sua caratteristica saliente è il ritmo in levare, che le conferisce un allegro andamento saltellante. Sebbene in modo minore, questo elemento animato e allegro rimane anche in questa Gavotte. Bach sviluppò per il violoncello uno stile animato da figurazioni fondate sul ritmo di base della danza. La seconda Gavotte è più animata, e le terzine paiono conferirle un andamento ritmico più rapido. In entrambe le Gavotte è ben percepibile il raggruppamento delle frasi in gruppi di quattro battute, anche se alcune delle “cuciture” sono nascoste da passaggi della melodia. La Gigue della suite appartiene al genere detto “delle Canarie”. È in tempo di 3/8, ricco di valori puntati. Di grande effetto sono alcuni luoghi in cui una nota è tenuta per diversi ottavi, come se fosse un danzatore che esegua un passo di particolare effetto.


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

alTeatro Comunale

Venerdì 20 gennaio ore 21.00 Teatro Comunale

Yuja Wang pianoforte

Johannes Brahms (1833 - 1897) Sette fantasie op. 116 (1892) Capriccio in re minore Intermezzo in la minore Capriccio in sol minore Intermezzo in mi maggiore Intermezzo in mi minore Intermezzo in mi maggiore Capriccio in re minore

Alexander Scriabin (1872 - 1915) Sonata n. 5 op. 53 (1907)

Sergej Rachmaninov (1873 - 1943) Études tableaux op. 39 n. 6 in la minore Études tableaux op. 39 n. 4 in si minore Elegia op. 3 n. 1 in mi bemolle minore Études tableaux op. 39 n. 5 in mi bemolle minore

Claude Debussy (1862 - 1918)

La soirée dans Grenade da Estampes (1903)

Isaac Albeniz (1860 - 1909)

Triana, da Iberia, Deuxième cahier (1909)

Maurice Ravel (1875 - 1937)

Alborada del gracioso, da Miroirs (1906)

Gabriel Fauré (1845 - 1924)

Ballata in fa diesis maggiore op. 19 (1879)

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Nata a Pechino nel 1987, Yuja Wang ha iniziato a studiare pianoforte all’età di sei anni, formandosi al Conservatorio di Musica di Pechino. Nel 2002, a 15 anni, ha vinto il Concorso dell’Aspen Music Festival e si è trasferita negli Stati Uniti per studiare con Gary Graffman al Curtis Institute of Music di Philadelphia, dove si è diplomata nel 2008. Nel 2010 le è stato conferito il prestigioso Avery Fisher Career Grant. Dal 2005, anno in cui ha debuttato con la National Arts Center Orchestra diretta da Pinchas Zukerman, la pianista cinese si è già esibita con le più prestigiose orchestre del mondo: le Orchestre Sinfoniche di Baltimora, Boston, Chicago, Dallas, Detroit e Houston, la Filarmonica di Los Angeles, la National Symphony, la New World Symphony, l’Orchestra di Philadelphia, l’Orchestra di Pittsburgh e la Sinfonica di San Francisco negli Stati Uniti; nel resto del mondo ha tenuto concerti con l’orchestra della Tonhalle, la Filarmonica Cinese, la Filarmonica della Scala, l’orchestra della Fondazione Gulbenkian, la Filarmonica di Londra, la Filarmonica di Nagoya, la Sinfonica NHK di Tokyo e l’Orchestra Mozart. Ha debuttato nel 2006 con l’Or-

chestra Filarmonica di New York diretta da Lorin Maazel e nel 2008 è stata in tournée negli Stati Uniti con l’Academy of St. Martin in the Fields diretta da Sir Neville Marriner. Nel 2009 si è invece esibita come solista alla Carnegie Hall con la You Tube Symphony Orchestra diretta da Michael Tilson-Thomas. È stata, inoltre, in tournée negli Stati Uniti con la Sinfonica di Shanghai diretta da Yu Long; si è esibita a Pechino con l’Orchestra del Festival di Lucerna diretta da Claudio Abbado, in Spagna e a Londra con la Royal Philharmonic Orchestra e la Filarmonica di Hong Kong. Alterna le performance da solista a quelle di musica da camera. Durante la stagione 2010-2011 ha esordito con l’Orchestra del Concertgebouw diretta da Daniele Gatti, l’Orchestre de Paris diretta da Juraj Valchua, l’Orchestra della RAI di Torino diretta da Mikko Franck, l’Orquesta Nacional de España e la Staatskapelle di Berlino, entrambe dirette da Pietari Inkinen. La stagione 2011-2012 di Yuja Wang prevede apparizioni con la Filarmonica Israeliana, la Filarmonica della Scala, la Sinfonica di Londra, la Sinfonica NDR e l’Orchestra di Santa Cecilia in Europa, le orchestre di New York, Philadelphia e Los Angeles negli Stati Uniti. Yuja Wang registra in esclusiva per l’etichetta Deutsche Grammophon. Grazie al suo album di debutto, intitolato “Sonatas & Études” (2009), la rivista Gramophone la nomina “Giovane Artista dell’Anno” ai Classic FM Gramophone Awards del 2009. Di recente Yuja Wang ha collaborato con Claudio Abbado e la Mahler Chamber Orchestra per la sua prima registrazione concertistica, pubblicata nella primavera del 2011.


Armonie e dissonanze a cavallo di secolo

Per il suo debutto modenese, questo grande talento cinese ventiquattrenne, fiera della propria “normalità di ragazza di oggi” (illuminante e dissacrante la sua lunga intervista del 30 ottobre 2011 a Repubblica, che le ha dedicato un’intera pagina) ha scelto un programma che mette in risalto il proprio virtuosismo strabiliante, ma anche la capacità di leggere pagine più intimiste e riflessive. È il caso del brano di chiusura, la Ballata op. 19 di Gabriel Fauré, composta nel 1879, l’unico brano la cui composizione fuoriesce dal quindicennio 1892 – 1907, che racchiude tutti gli altri pezzi in programma, ad eccezione del poco più tardo Rachmaninov. La Ballata è una risposta totalmente “francese”, programmaticamente polemica verso l’estetica wagneriana e soprattutto verso i “wagnérophiles”, gli amici compositori influenzati dal musicista tedesco. La Ballata presenta una singolare articolazione, che vede un Allegro centrale, posto tra due movimenti moderati. Tipicamente faureana (si può dire? Ormai è fatta) è l’atmosfera evanescente e raffinata che caratterizza il primo movimento, una delle fonti della proustiana “piccola frase di Vinteuil”. Dopo la complessa e studiata parte centrale, la Sonata si chiude con una sorta di poema silvestre in miniatura, delicata pittura impressionista, con trilli e canti di uccelli e frusciare di foglie: proprio l’opposto del mormorio della foresta wagneriano. Il programma della serata si apre nello stesso segno antiretorico, sia pure declinato molto diversamente. Le sette “Fantasie” dell’op.116 appartengono a quella estrema produzione pianistica brahmsiana (questo si può dire) che ridiscute tutta la forma della musica ottocentesca: dalle architetture (questa ventina di composizioni sono denominate non a caso Fantasie, Intermezzi, Klavierstücke) alle armonie, ai limiti della tonalità. Non si tratta però, nel caso dell’op. 116, di fogli d’album: i sette brani sono sapientemente inanellati in una sequenza imprescindibile, che alterna atmosfere rudi e inquiete (il primo brano, dalla ritmica spiazzante) a brani più lirici e dolcemente rassegnati, come il secondo, o la parte centrale del terzo, racchiusa tra due sezioni di impetuosa veemenza. Una grande varietà stilistica si presenta nei tre Intermezzi seguenti che, come nel quarto brano, ricordano la composizione liederistica. Nell’insieme, una scrittura armonicamente straordinaria e sofisticata. È quasi uno Scherzo il brano conclusivo, dal ritmo fortemente sincopato. La”vecchiaia di Brahms – per Massimo Mila – riserva qualcosa di sorprendentemente nuovo… [Brahms] depone il fardello della forma e finalmente lascia parlare soltanto la sua anima, trasformando radicalmente anche la tecnica del pianoforte”. Tra questi alfa e omega del programma, Yuja Wang esplora le diverse vie della decostruzione della tonalità nella musica pianistica nel passaggio di secolo. La via di Scriabin è il “quasi atonalismo” della Sonata n. 5, che segna la fine del suo periodo romantico e avvia quel percorso visionario e misticheggiante che caratterizzerà la sua ultima produzione. La Sonata è in un tempo unico, ma in realtà suddivisa al proprio interno in cinque temi che trapassano l’uno nell’altro, con arditezze armoniche basate sull’utilizzo di accordi in tonalità ambigue, che non consentono una attribuzione sicura di tonalità nemmeno alla Sonata nel suo insieme. Si tratta di un brano molto eseguito, e però di difficoltà estrema (secondo Sviatoslav Richter, che se ne intendeva, “assieme al Mephisto Waltz n. 1 di Liszt il brano più difficile di tutta la letteratura pianistica”) Scriabin appose una epigrafe alla Sonata, tratta da un suo lavoro poetico “Il poema dell’estasi” (da non confondere con la sua omonima Quarta sinfonia): “Vi convoco

alla vita, desideri nascosti! Voi, annegati nelle profonde oscurità dello Spirito creatore, voi spaventosi embrioni di vita, io audace vi conduco!” Influenzati da Scriabin (e da Prokof’ev) e dedicati alla sua memoria, anche se certamente più “costruiti” e meno visionari delle sue composizioni sono gli Études tableaux op. 39, pubblicati nel 1917, l’ ultima composizione importante scritta da Rachmaninov mentre era ancora in Russia. Si tratta composizioni assai varie per gli stati d’animo che stanno all’origine dei singoli brani, e che richiedono un virtuosismo interpretativo assolutamente straordinario: posizioni difficilissime delle mani, salti amplissimi e notevole forza tecnica ne precludono l’esecuzione a molti pianisti. Un triplice omaggio spagnolo, o meglio andaluso, caratterizza la parte centrale del programma. Tre compositori alle prese con sonorità e ritmi o con suggestioni della Spagna prospiciente l’Africa, molto caratterizzata dalle musiche di questa parte del Mediterraneo. Di “spagnolismi” è piena la musica colta europea, ben prima degli albori del Novecento (immediatamente un nome: Carmen). Le sonorità cercate dai tre autori presentati da Yuja Wang rimandano per lo più all’arte figurativa: non propriamente musiche a programma, ma evocative di immagini, spesso non realistiche ma frutto di memoria e di libera creazione: come è il caso delle stampe d’arte, che Debussy deliberatamente pone a titolo della sua Suite di tre brani, di cui fa parte la Sera a Granada, antica capitale dell’Andalusia musulmana e tollerante capitale culturale. E una stampa d’arte trasposta in musica potrebbe essere la visione di Triana, quartiere storico di Siviglia, che Isaac Albeniz percorre nel suo brano tratto dalla suite Iberia, di diabolica difficoltà esecutiva e fuori da ogni folclore di maniera. Chiude il trittico spagnolo la Alborada del Gracioso di Maurice Ravel, quarto brano dei “Miroirs”: gli “specchi”, titolo che per Ravel “non deve comunque lasciare intendere la mia adesione a una concezione soggettivista dell’arte”. Il titolo del brano suggerisce nel titolo il “Canto del mattino” (Alborada è appunto un canto popolare spagnolo) di un anziano imbellettato (il Gracioso) che utilizza vanamente artifici per conquistare una giovane (data: 1906, per i retropensanti). Anche questo un brano molto conosciuto, che richiede una padronanza assoluta della tastiera, oltre a una forte capacità e maturità interpretativa, come del resto tutto questo complesso e intrigante programma. [M.B.]

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2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Una serata di ascolto e letture dedicata al Lied tedesco, una delle forme più alte e raffinate della musica romantica, che mise in musica i testi dei più grandi poeti tedeschi, e un secondo omaggio a Gustav Mahler, dopo il concerto di apertura. In programma anche la prima esecuzione assoluta di un brano commissionato per il quarto anno dalla GMI modenese al vincitore del concorso “2 agosto” di Bologna. Sabato 28 gennaio ore 17.30 Teatro San Carlo

Biennale Teatro di Venezia 2009 (“Le sorelle Bronte”) con John Turturro. Ha realizzato l’arredo sonoro della metropolitana automatica di Torino e non disdegna certo le nuove esperienze, come dimostra anche al sua partecipazione a “Piani diversi” del 24 febbraio 2011.

Liederabend Cho Joo soprano Diego Mingolla pianoforte

In collaborazione con Concorso Internazionale di Composizione “2 agosto”

Gustav Mahler (1860 - 1911)

Erinnerung Tre Lieder da Des Knaben Wunderhorn: Das irdische Leben, Rheinlegendchen, Wo die schönen Trompeten Blasen

Franz Liszt (1811 - 1886) Tre Sonetti del Petrarca

Felix Mendelssohn (1809 - 1847) Auf den Flügeln des Gesanges (trascr. per pf. di F. Liszt) Hexenlied da Zwölf Gesänge op. 8

Adriano Gaglianello (1983)

Joo Cho, soprano sudcoreana, si è laureata in Canto presso l’Università Chung-Ang di Seoul; ha poi conseguito il diploma presso il Conservatorio “Verdi” di Milano, sotto la guida di Stelia Doz. Si è perfezionata con Ernesto Palacio, Jaume Aragall e Demetrio Colaci. All’Opera House di Seoul si è esibita come protagonista in diverse produzioni, da Mozart a Wagner. Si è perfezionata nel repertorio liederistico frequentando masterclasses di Helmut Deutsch, Irwin Gage, Dalton Baldwin. Alcuni suoi concerti hanno visto la partecipazione del musicologo Quirino Principe in qualità di voce recitante. Joo Cho è stata ospite della GMI modenese nella stagione 2009-2010 e nella stagione 2010-2011.

Vincitore concorso 2 agosto 2011 Salamanca, per voce e pianoforte Testo di Miguel de Unamuno Prima esecuzione assoluta

Johannes Brahms (1833 - 1897) Alte Liebe op. 72 n. 1 Meine Liebe ist grün wie der Fliederbusch op. 63 n. 5

Hugo Wolf (1860 - 1903) Quattro “Mignon Lieder” Heiß mich nicht reden Nur wer die Sehnsucht kennt So laßt mich scheinen Kennst du das Land Segue: a cena con i musicisti. Prenotazioni presso sede GMI Modena

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Diego Mingolla (http://www. diegomingolla.com/) concertista, arrangiatore, musicologo e compositore, si è diplomato e laureato a Torino per poi perfezionarsi con Elio Battaglia e con Antonio Ballista. Attivo in Italia e all’estero vanta prestigiose collaborazioni con importanti istituzioni e interpreti di fama internazionale (Mirella Freni, Marco Rizzi, Pavel Vernikov, Thomas Friedli, Lucio Gallo, Umberto Clerici, Alessandro Corbelli, Quintetto Sinestesia). Ha collaborato tra l’altro con il regista Davide Livermore e il compositore Andrea Chenna nella realizzazione dello spettacolo inaugurale per la

Adriano Gaglianello conclusi gli studi di Armonia e Contrappunto con Daniele Bertotto si è diplomato in Composizione presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino sotto la guida di Giuseppe Elos. Le borse di studio “Master dei Talenti Musicali” della Fondazione CRT e “De Sono” gli hanno permesso di specializzarsi presso il Royal College of Music di Londra con Kenneth Hesketh, Jonathan Cole e Colin Matthews. Ha vinto il 1° Premio alla 18° edizione del Concorso Internazionale “2 agosto” di Bologna, con esecuzione dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna trasmessa su Rai Tre e Rai Radio Tre. Ha fatto parte del World Youth Choir, ensemble di ottanta giovani cantanti selezionati da circa quaranta diversi paesi del mondo, insignito del titolo di “Artist for Peace” dall’Unesco. Ha studiato direzione d’orchestra presso la Royal Academy of Music di Londra. Svolge attività di direttore specializzato nella prassi esecutiva filologica del Tardo Rinascimento e Barocco con l’utilizzo di strumenti originali, partecipando ad alcune importanti rassegne musicali italiane tra cui: MITO Settembre Musica, Organalia, Antiqua, Stagione dei Filarmonici di Messina. Direttore fondatore del Collegio Musicale Italiano, ha anche diretto “Accademia del Ricercare”, “I Musici di Santa Pelagia”, “Academia Montis Regalis”, “Accademia del Santo Spirito”.


Non sono solo canzonette

Erinnerung è tratto da una raccolta di poesie pubblicata nel 1878 da Richard Leander, pseudonimo di Richard von Volkmann, fu composto alla fine del 1882 ed è di carattere intimo, se non intimistico, e sfrutta in tutte le combinazioni possibili il gioco di parole tra Liebe (amore) e Lieder (canti), adagiandosi in un riflesso armonico tutto appoggiature e progressioni cromatiche, quasi a voler rendere fisicamente il senso del ricordo, ansioso e trasfigurato insieme. Il ciclo di Lieder su Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo) prende forma nell’indagare ed estremizzare, da parte di Mahler, le forme musicali classiche, in un immane ripensamento post-wagneriano in cui la sinfonia si dilata raggiungendo proporzioni a volte enormi, titanismi, ebbrezze, ironie, patetismi sarcastici e motteggiamenti popolareschi L’opera letteraria è intrisa di spirito popolare, entrambi profondamente romantici. È una raccolta e sistemazione di poesia, filastrocche, canti popolari che Achim von Arnim e Clemens Brentano pubblicarono nel 1806. Sono canti dai temi più disparati; alcuni molti belli, altri sentimentali al limite del patetismo. Ma sempre traspira la spiritosaggine (e sempre di “spirito” si tratta) tutta popolare; ed è ben evidente quanto l’ironia e anche un certo atteggiamento sarcastico siano intimamente propri dell’opera di Mahler, anche nei suoi momenti più magniloquenti. Mahler musicò tredici di questi canti in un periodo complessivo che va dal 1892 ed il 1901; quasi un secolo dopo la prima pubblicazione dell’opera. Il risultato è un variopinto mondo di immagini musicali e naturali; continui rimandi al Naturlaut, rulli di tamburi, cuculi che cantano, Sant’Antonio che predica ai pesci. Il tutto in uno stile che di romantico ha ormai ben poco, se non appunto una romantica nostalgia che però è, come sempre, intrisa di ironia. Das irdische Leben (La vita terrena): un breve Lied di rara profondità psicologica. Un bimbo affamato supplica alla madre del pane. Nelle varie strofe la madre rimanda sempre al giorno dopo, ora per la semina, ora per il raccolto, ora per la preparazione del pane. Quando finalmente il pane esce dal forno, il bambino muore di fame. Rheinlegendchen (Piccola leggenda del Reno): il protagonista getta nel Reno un anello che viene divorato da un pesce. Il re mangia quel pesce e restituisce l’anello al suo proprietario. Tema archetipico della fiaba di tutto il mondo. Il riferimento ad un esito di morte è più velato, ma anche più intenso emotivamente, nel capolavoro del breve ciclo, Wo die schönen Trompeten blasen (Dove suonano le belle trombe). È una scena di saluto tra un soldato e la fidanzata, nella quale “la casa di verde erba” che egli le promette altro non è se non la sepoltura che lo attende dopo la battaglia, e le belle trombe di cui parla il titolo non sono quelle di un inno di vittoria, ma annunciano una marcia funebre. È Marie d’Agoult, la nobildonna con la quale era fuggito in Italia, a far conoscere a Liszt il Canzoniere di Petrarca dal quale il compositore trae le tre liriche, ‘Benedetto sia ‘l giorno, ‘l mese e l’anno’, ‘Pace non trovo’ e ‘I’ vidi in terra angelici costumi’, su cui si basano i tre sonetti che fanno parte del secondo quaderno delle Anneés de pèlerinage. Benché questi brani siano stati scritti tra il 1838 e il 1839 come Lieder, Liszt elaborò quasi subito la versione per pianoforte solo, oggi più conosciuta. I tre Sonetti del Petrarca sono composizioni che raggiungono un lirismo, una ricchezza ed un’efficacia espressiva, che li collocano ai vertici della letteratura romantica strumentale. Così scrive, non senza una certa sarcastica perfidia, Piero Rattalino: “nella versione per canto e pianoforte l’ordine dei Sonetti forma un trittico che sembra scelto non a caso ma in rapporto con la situa-

zione esistenziale di Liszt prima e dopo la sua unione con Marie: “Pace non trovo”, “Benedetto sia il giorno”, “I’ vidi in terra angelici costumi”. Nella versione per pianoforte – confesso di non capirne la ragione, ma sospetto che una ragione ci sia – “Pace non trovo” venne spostato al centro. Forse Liszt volle simboleggiare il suo passaggio dalle braccia di Marie alle braccia di Carolyne SaynWittgenstein, sua convivente dal 1848?” Alte Liebe, «Vecchio amore», è una poesia di Candidus che offre al compositore l’occasione di creare una delle sue melodie più riuscite: l’insieme musicale è di magistrale bellezza, pur nell’estrema «nudità» dell’antica canzone in 6/4 (semplici anche gli accordi che imitano il liuto); il suo incanto fu, a detta dei critici, raramente superato (perfino Clara Schumann si dichiarò entusiasta confessando : «Un Lied davvero meraviglioso! »). Pare che questo brano fosse stato composto durante l’estate trascorsa a Riigen, nel periodo della prima Sinfonia, ed offerto in dono - letteralmente, manoscritto compreso - al tenore George Henschel, alla cui voce era particolarmente adatto (qualche informazione nella Curiosità dell’Op. 68). Meine Liebe ist grün è una poesia di Felix Schumann, figlio di Robert e Clara, nato nel 1854 (quando il padre già era ricoverato in manicomio) e morto a soli venticinque anni. «Verde è il mio amore» (verde come un cespuglio di lillà, precisa il testo), è una delle pagine più commoventi ed appassionate di Brahms: un Lied dal doppio valore psicologico, che riporta l’autore all’amore della sua giovinezza (per Clara, certamente) ed allo stesso tempo al mondo musicale della famiglia Schumann. Ammirato da tutti per il suo carattere straordinariamente palpitante, grazie all’uso di sincopi estremamente espressive, è in linea con lo slancio «inaccoutumé» del suo maestro Schumann. Brahms inviò questo Lied a Clara come regalo di Natale nel 1873. Il biennio 1888-89 è particolarmente fecondo per Wolf: vedono infatti la luce 116 Lieder (più della metà dei suoi lavori oggi noti), 51 dei quali costituiscono il volume intitolato Gedichte von Goethe für eine Singstimme und Klavier von Hugo Wolf (Poesie di Goethe per canto e pianoforte di Hugo Wolf). I primi 10 Goethe-Lieder sono estratti dal Wilhelm Meister; più specificamente i Lieder der Mignon, scritti tra il 17 e il 22 dicembre 1888, sono i numeri 5, 6, 7 e 9 della raccolta. Parlando con gli amici Wolf insisteva sempre sul fatto che nella sua musica sui testi del Wilhelm Meister si dovevano rispecchiare i diversi caratteri dei personaggi: la complessità psicologica della figura di Mignon, profondamente scandagliata da Goethe, si sposa in una ideale affinità con il carattere introverso del musicista che, con essi, realizza quattro dei suoi Lieder più straordinari. Il canto e il pianoforte interagiscono continuamente, incontrandosi e completandosi a vicenda in un contesto di totale equilibrio. Nel Mignon I (Heiß mich nicht reden) ammiriamo una canzone tripartita (A-B-A) di perfetta struttura formale con peculiari simmetrie interne, e la ricerca di un raffinato sviluppo armonico in opposizione alla staticità della linea melodica vocale frequentemente basata su note ribattute. Nel Mignon II (Nur wer die Sehnsucht kennt) il cromatismo esasperato e l’uso continuo dell’accordo di quinta aumentata senza risoluzione vanificano le funzioni armoniche tradizionali e la stessa tonalità. Nel Mignon III (So laßt mich scheinen) uno stilizzato ritmo di danza richiama misteriosamente la presenza dei paesaggi mediterranei spesso evocati da Mignon; ma questo ritmo è un ostinato che innerva tutto il Lied, quasi che il ricordo e la nostalgia siano una ossessione per Mignon fino al termine della sua vita. Nel grande Mignon IV (Kennst du das Land) la straordinaria mobilità espressiva presente all’interno di ogni singola sezione del Lied rende possibile l’aderenza totale della musica alla varietà degli stati d’animo espressi dal testo, aderenza accresciuta da un copioso uso di didascalie per meglio specificare l’urgenza espressiva delle singole situazioni e il lacerante dolore provocato dalla nostalgia per la lontananza dal paese natio. Noteremo anche che, in corrispondenza delle parole Kennst du es woh? (lo conosci tu dunque?) l’ansia di Mignon si riflette in una pulsazione irregolare degli accordi che vanifica le leggi stesse della battuta, per culminare nell’invocazione appassionata presente negli ultimi due versi di ogni strofa. [M.B.]


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 4 febbraio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Nikita violino Boriso-Glebsky I premio Kreisler di Vienna 2010 I premio concorso internazionale Jean Sibelius Helsinki 2010

Vadym pianoforte Kholodenko I premio Sendai piano competition 2010

I premio concorso internazionale Schubert Dortmund 2011

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791) Sonata KV 379 Adagio Allegro Tema e variazioni (Andantino cantabile) Rondò KV 373 in do maggiore Allegro grazioso

Karol Szymanowski (1882 - 1937) Mythes Trois Poèmes op.30 La Fontaine d’Arethuse Narcisse Dryades Et Pan Notturno e Tarantella

Edvard Grieg (1843 - 1907)

Sonata n. 3 Allegro molto ed appassionato Allegretto espressivo alla romanza Allegro animato

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Nikita Boriso-Glebsky è nato in Russia nel 1985. Diplomatosi in violino nel 2008 al Conservatorio ˇajkovskij di Mosca, diventa arC tista in residence alla Chapelle Musicale Reine Elisabeth in Belgio. La notorietà giunge nel 2010 vincendo i concorsi Jean Sibelius e Fritz Kreisler. Premiato in numerosi altri concorsi, si esibisce con importanti orchestre russe ed europee sotto la direzione di Valery Gergiev, Christoph Poppen, David Geringas, Yuri Simonov ed altri. È regolarmente ospite dei maggiori Festival europei e collabora con famosi artisti (tra cui Rodion Šcˇedrin, Natalia Gutman, Augustin Dumay, Boris Berezovsky). Nel 2009 riceve il premio speciale “Violinista dell’anno” dalla Fondazione Internazionale Maya Plisetskaya e Rodion Šcˇedrin. Rodion Šcˇedrin ha detto di lui: «Sia nell’esecuzione dei brani classici sia in quella dei lavori contemporanei sin dall’ascolto delle prime note, è possibile percepire la personalità di questo giovane virtuoso russo, la sua forza, la facilità nella lettura della partitura, insieme alla migliore tradizione della Scuola violinistica Russa». Vadym Kholodenko è nato nel 1986 a Kiev, dove ha studiato presso la scuola di musica per ragazzi particolarmente dotati con Natalia Grydneva e Borys Fedorov. A 13 anni vince il Terzo Premio al Concorso Krainev di Kharkov e l’anno successivo il Secondo Premio al Concorso Horowitz di Kiev. Seguono il Russian Youth National Prize “Triumph” ed il Grand Prix al Concorso Maria Callas. Nel 2005 entra al Conservatorio di Mosca ed in seguito collabora con numerosi direttori d’orchestra quali Yuri Bashmet, Vladimir Spivakov, Mark Gorenstein, Alexander Rudin. Ha registrato vari cd come solista ed uno di musica da camera con la violinista Alena Baeva in Giappone. La notorietà internazionale arriva con la vittoria al Concorso Internazionale di Sendai nel 2010. Suona, inoltre, nel premiato duo pianistico “iDuo” fondato nel 2007 con Andrey Gugnin).


Tre sguardi sull’opera per violino e pianoforte

«Oggi, (per me che sto scrivendo alle undici di sera) abbiamo avuto un concerto, dove tre delle mie composizioni sono state eseguite – nuove composizioni, ovviamente. Un rondò per un concerto per Brunetti; una sonata con accompagnamento del violino per me, che ho composto la sera scorsa tra le undici e le dodici (ma, per poterla finire, ho scritto solo l’accompagnamento per Brunetti e ho conservato nella mente la mia parte); …». Queste le parole di Mozart in una lettera al padre del 1781, in cui fa riferimento al Rondò in do maggiore K. 373 per Antonio Brunetti (maestro dei concerti al servizio dell’arcivescovo) e probabilmente alla Sonata in sol maggiore per violino e pianoforte K. 379, soprannominata dal professore e musicologo americano Robert Riggs “one hour sonata” perché scritta in un’ora. Grazie ai suoi studi sul manoscritto autografo emerge che nel finale della sonata, ovvero dalle variazioni in poi, è stata annotata solo la parte completa del violino; giusto la coda contiene alcuni frammenti della parte pianistica. Questo rende plausibile il fatto che Mozart non avesse avuto tempo per completare la sonata e, durante quell’esecuzione, improvvisò o suonò a memoria le variazioni e la coda. In seguito completò la parte pianistica per la pubblicazione (lo confermerebbe il diverso inchiostro usato solo in questa parte dell’autografo). Nel 1781 la “voce musicale” di Vienna, il Magazin der Musik, recensisce le sei Sonate per violino e pianoforte di Mozart pubblicate da Artaria: «Queste Sonate, uniche nel loro genere e ricche di nuove idee, recanti il segno del genio musicale dell’autore si adattano molto al violino. L’accompagnamento del violino è così artisticamente intrecciato con la parte pianistica che entrambi gli strumenti attrarranno continuamente l’attenzione dell’uditorio. Queste Sonate richiedono dunque pari grado di abilità dai due esecutori». Ed infatti la Sonata K. 379 conferisce uguale rilievo ad entrambi gli strumenti, creando dialoghi tra i due sostenuti e accattivanti: lo strumento a tastiera e lo strumento ad arco si rincorrono in un gioco di modulazioni ed imitazioni tipiche del virtuosismo mozartiano. Brevi ma raffinatissime le pagine liriche del Rondò K. 373, addio di Mozart agli anni salisburghesi, che ruotano attorno ad un tema leggiadro ed elegante che lascia posto ad un momento di maggiore pathos nella modulazione in do minore, dominata dal canto del violino. Entrambi i lavori, la sonata e il rondò, gli erano stati commissionati dal vecchio principe Rudoph Joseph Colloredo, col desiderio di esibire le doti musicali della sua corte agli occhi della nobiltà viennese. Gran parte della musica per violino di Szymanowski fu scritta per e con il suo caro amico Pawel Kochanski, violinista dalla tecnica notevole e lodevole, dotato di uno stile incantato che emerge soprattutto nei piccoli pezzi per violino e pianoforte e nei due concerti per violino del compositore e pianista polacco. Dalla loro collaborazione nacquero un colore ed uno stile nuovo che divennero identificativi e caratteristici dei lavori per violino del maestro polacco. Ne sono un esempio l’op.30 Mythes, trittico di grande virtuosismo violinistico ispirato alla mitologia greca, e l’op.28 Notturno e Tarantella, scritte dopo un viaggio nel mediterraneo nel 1915 mentre Szymanowski viveva ancora con la ricca famiglia nella polacca Tymoszówka (prima che la rivoluzione del ’17 l’annettesse all’Ucraina). In Mythes, La fonte Aretusa ricalca il famoso mito di Siracusa della ninfa acquatica Aretusa che, stanca di fuggire dall’innamorato e non ricambiato dio del fiume Alfeo, invocò l’aiuto della divina Artemide, che

prontamente la trasformò nella nota fonte Aretusa a Ortigia. Lo spartito affida alle mani del pianista il fluire dell’acqua ed il gorgoglio della fonte. Il secondo mito è noto ai più: Narciso scopre la sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua, si innamora di sé e, non potendo trovare consolazione, muore di sofferenza nel lago. Al posto del suo corpo giace il fiore che oggi porta il suo nome. La melodia modale e le tensioni armoniche tonali intessute tra i due strumenti ricreano il gioco di specchi e dell’immagine riflessa. Ultimo mito le Driadi e Pan, ninfe dei boschi e dio dal corpo metà umano e metà animale. A causa del panico provato alla sua apparizione, la driade Syrinx chiese di essere trasformata in una canna da fiume, che Pan usò come flauto e portò sempre con sé. Questa volta è il violino ad imitare le inflessioni sonore del flauto. Cambio di atmosfera e sapore con l’op. 28: il Notturno omaggia la Spagna e il ritmo andaluso, mentre la Tarantella cita la febbrile danza napoletana. Sia l’armonia modale che i colori tonali del Notturno riflettono l’influenza dei maestri dell’Impressionismo: il Debussy di Iberia ed il Ravel della Rapsodie espagnole. Il violino richiede un ottimo tecnicismo per i molti raddoppi (spesso su quinte aperte) dove un singolo dito deve fermare due corde adiacenti, ma anche pizzicati alla mano sinistra e lunghe eleganti linee acute sull’accompagnamento pianistico. La Tarantella è un esteso movimento di rondò in 6/8, che slitta frequentemente tra la tonalità maggiore e minore, ed accelera il tempo gradualmente verso la conclusione. Grieg è partito da una formazione di stampo tedesco per poi allontanarsene ed ergersi a simbolo della musica norvegese, con il merito di aver portato, attraverso le note (spesso suonate da lui stesso al pianoforte), l’atmosfera della sua terra in tutt’Europa. Già dagli anni ’70 dell’Ottocento, sentì che il rapporto con gli stilemi delle forme classiche stava diventando stridente ed avvertì l’urgenza di approfondire ed aprire a nuovi orizzonti la propria tecnica compositiva. Il suo linguaggio musicale, fortemente intimistico ed espressivo, legato all’elemento naturalistico, quasi impressionista, preannuncia una certa modernità. Pur non avendo lasciato una vasta produzione cameristica, alcune composizioni hanno avuto da subito grande successo, entrando ufficialmente nel repertorio standardizzato, come la Sonata n.3 per violino e pianoforte op. 45: la più celebre della terna per i due strumenti e la preferita dell’autore, completata dopo molti mesi di lavoro nel 1887 e nel dicembre dello stesso anno eseguita al Neues Gewandhaus di Lipsia, da Adolf Brodskij al violino e da Grieg al pianoforte. Fu l’ultimo brano in cui Grieg utilizzò la forma sonata. Il compositore si è ispirato ai temi e ai ritmi della musica popolare scandinava, non discostandosi dal fresco sentimentalismo melodico e dalla finezza armonica propri della sua personalità. Il registro espressivo della sonata appare quindi ricco e vario: L’Allegro molto e appassionato si caratterizza per il tema eroico e audace d’apertura, in contrasto con il lirismo del secondo tema mentre è dolce e serena la romanza, introdotta dal pianoforte. Il finale animato, in forma sonata senza coda, si distingue per il guizzo vigoroso e l’energia, ma non abbandona il centrale sentimentalismo. (I.S.).


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Giovedì 9 febbraio ore 21.00 Baluardo della Cittadella

Alessandro Chiappetta Quartet Mauro Battisti contrabbasso Alessandro Minetto batteria Gianni Virone sassofono Alessandro Chiappetta chitarra Composizioni originali Audrey Specchi deformanti Girotondo Sunny rat Nightfall Ndugu A strange color Su coro Mauro Battisti: contrabbassista e compositore. Ha studiato chitarra e pianoforte e si è diplomato in contrabbasso presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro. Ha perfezionato gli studi con Stafford James, e in seguito, a New York, con Buster Williams, Victor Gaskin

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e Andy Gonzales. Ha suonato nei più importanti Jazz Festival italiani ed esteri. Ha collaborato e/o registrato Maurizio Giammarco, Stefano Di Battista, Flavio Boltro, Antonio Faraò, Massimo Urbani, Lee Konitz, Benny Golson, Al Cohn, Charles Davis, Paolo Porta, Eddie Lockjaw

Davis, Steve Grossman, Houston Person, Barry Harris, Etta Jones, Al Grey, Joe Newman, Ernie Watts, Rosario Giuliani, Leroy Williams, Lawrance Marable, Alessandro Minetto, Carlo Atti, Ronnie Cuber, Sal Nistico, Bob Wilber, Sandro Satta, Wild Bill Davison, Alfredo Ponissi, Earl Warren, Mark Murphy, Marcello Rosa, Joe Pass, Joe Diorio, Cedar Walton. Ha partecipato alla registrazione di numerose colonne sonore cinematografiche, teatrali e radiofoniche sotto la direzione di Ennio Morricone.

calibro di Dave Liebman, Airto Moreira, Jerry Bergonzi, Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, Steve Coleman, Ayn Inserto, Graham Collier e molti altri. Ha suonato inoltre con John Riley, Fabrizio Bosso, Gianni Basso, Rudy Migliardi, Luca Begonia, Massimo Manzi, Alessandro Di Puccio, Piero Odorici, GianPaolo Casati, Stefano “Cocco” Cantini, Pietro Tonolo, Fabio Morgera, Salvatore Bonafede, Michael Rosen, Aldo Zunino, Stefano Bagnoli, Andrea Pozza, Nicola Angelucci, Maurizio Rolli, Diego Borotti e molti altri.

Alessandro Minetto, dal ‘94 ad oggi si è esibito in Olanda, Brasile, Vietnam, Francia, Inghilterra, Germania, Austria, Turchia, Svizzera, Etiopia, Albania e in tutt’Italia in numerosi festival tra i quali: Il London Jazz Festival, Il Jvc Festival di Torino, Ha-Noi European Jazz, Eurojazzfestival, Terninjazzfest per citarne alcuni, e in numerosi club europei di prestigio tra cui Il Ronnie Scott’s di Londra, Il Duc Des Lombards di Parigi e il Bimhuis di Amsterdam. Si è esibito in concerto con molti musicisti di fama internazionale tra cui: Lee Konitz, Ronnie Matthews, Bud Shank, Benny Golson, Steve Grossman, Michelle Hendrix, Bruce Forman, Larry Shneider, Rob Sudduth, Terrell Stafford.

Alessandro Chiappetta, chitarrista e compositore, inizia a suonare la chitarra a nove anni da autodidatta. Partecipa successivamente ai seminari di Jim Hall, Scott Henderson, Joe Diorio, Mick Goodrich e John Scofield. Ha collaborato con Andrea Aiace Ayassot, Andrea Allione, Aldo Mella, Enzo Zirilli, Luigi Bonafede, Loris Bertot, Ellade Bandini, Marco Volpe, Danilo Pala, Furio Di Castri, Mario Rosini, Luca Jurman, Fabrizio Bosso, Miroslav Vitous, Paolo Porta, Gianni Virone, Alessandro Minetto, Mauro Battisti, Gianluca Petrella, Rob Sudduth, Alberto Marsico. Nel 2005 partecipa alle clinics di Umbria Jazz a Perugia, avendo la possibilità di suonare con chitarristi quali Mark White e Jim Kelly. Nell’ambito di questa manifestazione viene selezionato tra diversi partecipanti vincendo una borsa di studio per il Berklee College di Boston. Nel 2009 vince il contest di Moncalieri Jazz Festival, arrivando primo classificato, come miglior musicista e compositore. È uscito da poco un CD con il suo quartetto, prodotto dall’etichetta Jazz Philology (Corner shop).

Gianni Virone sassofonista, compositore e arrangiatore, da diversi anni è leader di alcune formazioni con le quali suona le proprie composizioni originali. Comincia la propria formazione jazzistica studiando presso il Centro Jazz Torino dal ’97 al 2001. Ha seguito numerose masterclass in Italia e all’estero con artisti del


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Verso una lettura condivisa

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Sabato 11 febbraio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Mario Brunello violoncello

Foto Archivio GMI

Bach Brunello

La sesta serata, che chiude il ciclo, affronterà l’opera per violoncello solo più visionaria e azzardata scritta nel ‘700. Dopo una prima esecuzione della sesta Suite, Mario Brunello lancerà un esperimento per creare una interpretazione segnata dal pubblico. Verranno proposte più soluzioni esecutive e i presenti in sala potranno dare suggerimenti o provocazioni che, accolte da Brunello, trasformeranno la sua esecuzione in una interpretazione condivisa.

Johann Sebastian Bach Suite n. 6 BWV 1012

Prelude – Allemande – Courante Sarabande – Gavotte 1 e 2 – Gigue

Sulla vetta con la quinta corda

Bach compose la sesta suite per uno strumento a cinque corde, accordate per quinte, forse la cosiddetta viola pomposa. Pertanto, eseguire questo lavoro utilizzando il violoncello a quattro corde è un compito che richiede un grande virtuosismo, per le difficoltà connesse ad ottenere la stessa variazione di suoni. Il Prélude è costruito su un vasto sviluppo tematico; ci si può rendere conto di ciò fino dalle prime battute. È impiegato un rapido tempo di 12/8 come nelle gighe alla maniera italiana. Per due volte Bach oppone l’una all’altra due battute di cui la seconda è come un’eco della precedente. Così l’ascoltatore si prepara ad accogliere la grande forma che sorge effettivamente dallo sviluppo di queste figure. La prima battuta contiene una figura studiata per uno strumento ad arco, sul quale una nota può essere seguita da diverse corde dello strumento. La ripetizione di questa battuta su diverse corde introduce punti di riferimento che aiutano l’ascoltatore a seguire la strada tracciata da Bach. Il crescendo accelerato nella seconda parte del movimento conduce a una ripetizione del motivo e a un nuovo crescendo finale, fortemente appassionato e solenne. L’Allemande di questa suite è una “Allemande grave” in cui l’ampiezza e la ricchezza di fioriture di rapide note contiene quasi il doppio del numero di note di quante ne sono presenti nella prima battuta dell’Allemande semplice della prima Suite. Essa è dunque anche un brano di grande virtuosismo. Ricorrendo alla tecnica della doppia corda, Bach riprende qui la vecchia tradizione dei maestri tedeschi di violino e la adatta allo strumento a corde più grave, quale è il violoncello. Allemande simili furono scritte da Bach nella Sonata per violino in si minore, a nelle Partite n.3 e 4. Il tempo iniziale è due volte più lento

di quello di una Allemande semplice. La Courante (come nelle altre Suite) dev’essere eseguita nello stile della “Courante italiana” il cui carattere è definito dalle figure in semicrome che si sviluppano nel corso del movimento. Il brano inizia come un “concerto” su un motivo in arpeggio ascendente che si trasforma, all’inizio della seconda parte, in una figura invece discendente. La Sarabande è costruita su accordi ed esplora le possibilità di utilizzo delle corde doppie. I suoi motivi ritmici illustrano bene i passi semplici, tipici dell’antica danza. La combinazione della sua suggestiva atmosfera con l’esigente tecnica del suonare a più voci rappresenta una sfida particolarmente ardua per l’esecutore e dona un fascino particolare a questo brano. Altrettanto si può dire della Gavotte. L’atmosfera di semplicità della danza e le necessità virtuosistiche necessarie vanno di pari passo. Le due Gavotte sono scritte in re maggiore, la prima viene ripetuta dopo l’esecuzione della seconda. La Gigue che conclude questa Sesta suite e con essa tutto il ciclo di queste composizioni è scritta in tempo di 6/8. Essa è moderatamente accelerata, un movimento e una grande varietà le vengono dallo sviluppo inventivo di nuove figurazioni. Il brano è introdotto all’improvviso da quattro battute potenti che formano un tutto unitario, dopo di che interviene l’elegante colpo d’arco frequente nelle gighe; quattro stili di movimento totalmente differenti compaiono nella prima parte del brano. Le loro combinazioni confermano il genio bachiano e la sua ingegnosità per le più varie costruzioni musicali. Le possibilità tecniche dello strumento sono esplorate per sviluppare figure musicali sia caratteristiche dell’esposizione ritmica di una Gigue, sia capaci di condurre lo sviluppo armonico del brano.


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Sabato 18 febbraio ore 17.30-19.30 Teatro San Carlo

Biogroove Duo di percussioni Antonino Errera Vito Amato

Giappone: la tradizione nel linguaggio contemporaneo Keiko Abe (1937)

Memories of the Seashore*

per marimba bassa

Tan Dun (1957) Water Music

per strumenti ad acqua

Michio Kitazume (1948)

Side by side

per multipercussioni

Keiko Abe (1937) Michi*

per marimba bassa

Miki Minoru (1930) Marimba Spiritual

per marimba bassa e multipercussioni * brani con videoproiezione

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Il Biogroove Duo nasce dalla collaborazione tra Antonino Errera e Vito Amato, musicisti che hanno fuso le esperienze della musica classica, del jazz, della musica contemporanea e dell’improvvisazione, in un’unica sfera musicale. Da sempre si dedicano alla ricerca del suono cercando di valorizzare ed esaltare i particolari timbri che offre il mondo degli strumenti a percussione. La formazione ha vinto il Primo premio assoluto al Concorso Nazionale delle Arti, il Premio “ViviMilano” alle Audizioni Nazionali 2011 indette dalla Gioventù Musicale, il Primo Premio assoluto al Concorso Nazionale Eliodoro Sollima, il Primo Premio assoluto al Concorso Città di Caccamo. Si sono esibiti per il “World Arts Performing Festival” di Lahore in Pakistan, per le stagioni ”Contemporanea ” dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e “Antichi cortili, giovani talenti ” a Genova. La proposta è un connubio tra ricercatezza del repertorio e fruibilità per qualunque tipo di pubblico. La presenza dei video, creati in stretta collaborazione con il videomaker Yosuke Taki, e finora proiettati in prima visione esclusivamente all’Auditorium Parco della Musica di Roma, incrementa il valore culturale e spettacolare della performance.

Biogroove vuol dire ritmo vivente, simboleggia il nostro modo di fare musica, rendere vivo ciò che suoniamo. Che sia puro ritmo o melodia.



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Sabato 25 febbraio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Yulianna Avdeeva pianoforte I Premio Chopin Varsavia 2010 Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)

Ouverture francese in si minore BWV 831 Ouverture, Courante, Gavotte I e II, Passepied I e II, Sarabande, Bourrée I e II, Gigue, Echo

Fryderyk Chopin (1810 - 1849)

Barcarola op. 60 in fa diesis maggiore Scherzo op. 31 n. 2 in si bemolle minore

Maurice Ravel (1875 - 1937) Pavane pour une infante défunte Sonatine Modéré Mouvement de menuet Animé

Sergej Prokof’ev (1891 - 1953) Sonata n. 2 op. 14 in re minore Allegro ma non troppo Scherzo. Allegro marcato Andante Vivace

Un programma di grande varietà e completezza, una tavolozza amplissima che consentirà di apprezzare la maturità espressiva di questa giovane pianista, considerata dalla critica e dal pubblico uno dei giovani talenti internazionali più promettenti. Yulianna Avdeeva trionfa al Concorso Internazionale Fryderyk Chopin di Varsavia 2010, terza donna ad averlo vinto, dopo Bella Davidovich e Martha Argerich. Debutta con la New York Philharmonic diretta da Alan Gilbert a Varsavia e New York, con la NHK Symphony Orchestra diretta da Charles Dutoit a Tokyo e come solista nell’International Piano Series di Londra. Intraprende gli studi pianistici a 5 anni alla Gnessin Special School of Music di Mosca e nel 2008 si diploma a Zurigo e a Mosca con il massimo dei voti. Viene ammessa alla prestigiosa Accademia Internazionale del Lago di Como, dove si perfeziona con William Grant Naboré.

Vince il Bremen Piano Contest, il Concorso di Ginevra, il Concorso Arthur Rubinstein in Polonia e molti ancora. Si esibisce in numerose importanti sale da concerto quali il Barbican Centre, La Sala Grande del Conservatoˇajkovskij, la Salle Cortot di rio C Parigi, la Bösendorfer-Saal di Vienna, la Warsaw Filharmonia e la Tonhalle di Zurigo. Tra i suoi futuri impegni ci sono recitals nei teatri e festival europei più prestigiosi e collaborazioni con importanti orchestre sotto la direzione di Herbert Blomstead. Nell’agosto 2011 a Varsavia ha eseguito i concerti per pianoforte di Chopin con l’Orchestra of the Age of Enlightenment al Festival “Chopin and his Europe”.

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Duecento anni di pianoforte

Il programma si apre con il maestro della tastiera di tutti i tempi, Johann Sebastian Bach, che nel 1735 pubblicò il secondo volume del Clavier-Übung, dedicato a Luise Adelgunde Victorie, allora fidanzata del giovane amico letterato Johann Christoph Gottsched, e futura moglie del compositore, che consiste in due lavori per clavicembalo a due tastiere: il Concerto Italiano BWV 971 e l’Ouverture nach Französicher Art, Ouverture secondo il gusto francese o più semplicemente Ouverture francese BWV 831 in si minore. Il titolo stesso Ouverture richiama quella forma musicale utilizzata come movimento d’apertura delle Suites orchestrali francesi, ma è in questo caso una monumentale suite barocca costituita dai movimenti in forma di danza, stilemi tipici delle suite di Bach, che si susseguono con un diverso assetto e ordine. Il primo movimento, invece di essere un Prelude, è una vera e propria Ouverture “alla Lully”, in tre sezioni di forma ABA com’era stata da lui introdotta alla corte di Luigi XIV: un adagio maestoso e processionale (per accompagnare l’ingresso del re) con il caratteristico ritmo puntato, un allegro in contrappunto e un ritorno al tempo lento iniziale. Fa eccezione anche l’inusuale finale Echo, in cui la musica imita l’eco naturale del suono ripetendo frasi intere o i frammenti melodici del pezzo con grande effetto, soprattutto per la natura dello strumento a due tastiere. È un piacere farsi cullare dalla Barcarolle op. 60 in fa diesis maggiore di Chopin già dall’introduzione, che ci immerge a pieno titolo nell’atmosfera dolce e fluttuante, quasi da Notturno. Composta tra l’autunno del 1845 e l’estate del 1846, quando l’autore era ormai abbattuto dalla malattia che lo ucciderà tre anni dopo, la Barcarola si rifà alla forma normalmente utilizzata come aria vocale, con il generico intento di rievocare il canto dei gondolieri veneziani, e viene rivisitata in forma pianistica in tre parti da Chopin. L’accompagnamento ondeggiante della mano sinistra sostiene l’etereo disegno melodico a terze parallele, che si fa via via più fiorito e virtuosistico nelle finiture; ricco di trilli, rapide seste parallele e scale. Da una parte le chiazze sonore e le sfumature di colore sembrano anticipare l’Impressionismo (non a caso Ravel amava questa composizione); dall’altra l’armonia cromatica precorre Wagner e riempie la musica di espressività. Il finale è carico d’intensità: sia la melodia che l’accompagnamento suonano il tema principale ad ottava, per poi sfumare in una lievissima cadenza che porta alla conclusione. Di qualche anno precedente e di carattere audace e brillante è il famoso Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31, composto nel 1837. Non vi è dubbio che il brano porti l’impronta delle qualità creative uniche del compositore: eleganza pianistica e armonica. Robert Schumann paragonò lo Scherzo ad un poema di Byron “così colmo di tenerezza, audacia, amore e disprezzo.” I due arpeggi d’apertura in pianissimo sottolineano la tonalità d’impianto, seguiti a contrasto da una serie di accordi in fortissimo. Le veloci “volatine” della mano destra, che parte dalla sezione più acuta della tastiera per scendere con arpeggi a cascata, conducono alla dolce melodia in re bemolle che completa l’estesa sezione principale, che cede il passo alla sezione di mezzo occupata dalle magnifiche melodie del trio. James Huneker, scrittore e studioso esperto delle opere di Chopin scrisse a proposito del trio: “che scrittura magistrale, ed essa risiede nel cuore del pianoforte! Cento generazioni non potranno migliorare queste pagine”. La coda finisce in trionfo, alla relativa di re bemolle maggiore. I due pezzi per pianoforte di Ravel, la Pavane pour une infante défunte e la Sonatine omaggiano l’una la musica ispanica (tanto in voga tra i contemporanei del compositore), l’altra la tradizione francese da Rameau a Couperin. La Pavana per una principessa defunta fu uno dei suoi primi successi: nel 1899, data di composizione, era ancora uno studente ventiquattrenne presso il Conservatorio di Parigi. Certo Ravel non poteva prevedere che il suo intento programmatico sarebbe stato frainteso a causa del titolo, giocato appositamente sull’alliterazione infante/défunte. Si trovò a dover spiegare al pubblico che «Questa non è la deplorazione funebre

di un’Infanta (figlia femmina del sovrano di Spagna, ndr) appena morta, bensì l’evocazione di una pavana che avrebbe potuto danzare questa piccola principessa, un tempo, alla corte di Spagna, come dipinto da Velàasquez». La Pavana, danza rinascimentale spagnola, avrebbe dovuto ben rammentare nostalgicamente quell’immagine. Sappiamo, poi, che non vi era riferimento reale a nessuna principessa defunta: la dedicataria del brano era l’amica e mecenate principessa Edmond de Polignac. La prima esecuzione avvenne nel 1902 presso la Salle Pleyel di Parigi con Ricardo Viñes al pianoforte. Ravel ci tenne a sottolineare che il brano è scritto in “una forma molto povera”, l’armonia e la struttura (che segue schema ABACA) sono semplici; ma sotto questa semplicità si nasconde una trama ricca di preziosi elementi arcaizzanti e la vena malinconica è ben espressa dalla timbrica e dalla linea melodica cantabilissima. Il linguaggio cita apertamente gli ammirati Chabrier e Satie e la scelta di utilizzare in particolare questa forma di danza è da intendersi forse come tributo al suo maestro Gabriel Fauré, che aveva scritto una Pavana di successo mondiale. Certo gli portò fortuna: l’esito fu così positivo che nel 1910 Ravel ne creò un’apprezzata versione orchestrale. L’ispirazione per la Sonatine fu la competizione del 1903 promossa da una nota rivista di arte e letteratura: Ravel presentò il Modéré, ma fu squalificato per aver sforato di poche battute rispetto al regolamento. Due anni dopo completò il secondo e terzo movimento e la Sonatine, omaggio all’eleganza classica del XVIII secolo, fu pubblicata nel 1905 dall’editore Durand a Parigi. La prima esecuzione avvenne a Lione nel 1906 con Madame Paule de Lestang al pianoforte e divenne presto famosa; in seguito Ravel eseguì spesso i primi due movimenti in tour in Europa e America nel 1928 (l’Animé lo preoccupava perché troppo complicato e virtuosistico). Da Liszt ha ripreso la tecnica di far ricorrere il tema principale del primo movimento negli altri, variato e trasformato. Nei consigli per un’esatta esecuzione il compositore suggerì all’interprete di non “correre troppo” nel Modéré in fa diesis e di fare brevi pause alla fine del tema principale, prestando attenzione agli accenti in levare e alle pulsazioni, per non sfasare il ritmo. All’amica pianista Marguerite Long disse di suonare il secondo movimento “nel tempo del minuetto della Sonata per pianoforte n. 3 op. 31 in mi bemolle di Beethoven”. Il Menuet manca della tipica sezione a trio ed è in re bemolle (invece che in do diesis); ricorda il Menuet antique, composto da Ravel dieci anni prima. L’Animé è un chiaro esempio di toccata, omaggio ai predecessori francesi e a Le Tombeau de Couperin. È un tour de force di brillante virtuosismo che molto contiene della musica impressionista nell’esteso vocabolario armonico, nell’ambiguità dei centri tonali e nelle progressioni per terze (eco del Mouvement di Debussy dalle Images I). Cent’anni fa un promettentissimo allievo del Conservatorio di San Pietroburgo, Sergej Prokof’ev, si era da poco diplomato in direzione d’orchestra e pianoforte e aveva vinto il prestigioso “Premio Rubinstein”, e di lì a breve avrebbe messo mano alla Sonata n. 2 in re minore op. 14 terminata rapidamente e dedicata all’amico e collega di studi musicali Maximilian Schmidthof, che morì suicida l’anno seguente. La Sonata fu eseguita il 5 febbraio 1914 a Mosca dal compositore stesso, a due anni dalla stesura. Nel 1918 Prokof’ev si era recato a New York per eseguirla (insieme ad un programma molto ricco che comprendeva pezzi suoi e di Rachmaninov e Scriabin); il successo non fu però incoraggiante né quella sera né nelle successive esecuzioni del 1927 negli Stati Uniti e in Russia. Solo dopo il 1960 la sonata entrò a pieno titolo in repertorio e divenne popolare (grazie anche alle esecuzioni di Richter e Gilels). L’aggiunta di alcune didascalie aiutano a capire lo spirito della crudeltà poetica di Prokof’ev: la sonata diventa grottesca e macabra nello Scherzo in la minore, che ruba elementi di una precedente composizione, l’Andante in sol diesis minore è cupo e reso ancora più violento dal suono di campana terrificante che si ode più volte. Ancora una volta si manifesta la grande maturità a modernità del maestro russo come contrappuntista e pianista. [I. S.]


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CONCERTO DEDICATO ALLE DONNE DEL MONDO

Giovedì 8 marzo ore 21 Auditorium Marco Biagi

Musiche klezmer e balcaniche al femminile

Les Nuages Ensemble Anna Paraschiv violino Lucia Marino clarinetto Alessandra Osella fisarmonica Elisabetta Bosio contrabbasso

Con letture e presentazioni a cura di GMI Modena Ingresso a 1 euro per le donne non italiane Brindisi conclusivo

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Dedicato alle donne del mondo Nella giornata internazionale della donna, un programma proposto con un riguardo verso tutte quelle donne dell’Est europeo che lavorano in Italia, in condizioni spesso disagiate, per portare loro un poco del profumo sonoro tipico delle loro terre, spesso nato dalle numerose comunità ebraiche diffuse in quei Paesi fino allo sterminio nazista. Les Nuages Ensemble, dopo aver conseguito il Diploma in Conservatorio, imboccano percorsi in ambiti musicali molto diversi fra loro: chi si imbatte in esperienze folk di musica irlandese, scozzese e svedese, chi milita in formazioni bandistiche, chi sperimenta l’etno-world music e chi invece resta in ambito colto

per suonare in formazioni classiche ed in orchestra. Nel 2007, dopo aver frequentato presso il Conservatorio Charles Munch di Parigi un corso di specializzazione in musica klezmer, decidono di creare un gruppo di sole donne con l’intenzione di incrementare la presenza femminile in questo ambito musicale, ancor oggi frequentato quasi esclusivamente da musicisti uomini. L’obiettivo è quello di unire le competenze musicali derivanti da una formazione classica alla pratica di un genere basato su una tradizione prevalentemente popolare, con l’intenzione di approfondire lo studio della storia, dello spirito e della cultura ebraica. Appassionate dalle melodie accattivanti, coinvolgenti e caratteristiche della musica klezmer, Les Nuages Ensemble desiderano contribuire ad ampliare la diffusione di questo genere, ancora relativamente poco conosciuto in Italia.



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Giovedì 15 marzo Ore 18 Ex ospedale Sant’Agostino

La musica argentina Incontro con Javier Girotto Ascolti e proiezioni in collaborazione con Fondazione Fotografia Ingresso libero

Ore 20 Baluardo della Cittadella aperitivo tardivo Ore 21

Pangea

Dalle Dolomiti alle Ande

Quartetto Sax Four Fun Stefano Menato Sassofono soprano-contralto Hans Tutzer Sassofono contralto Fiorenzo Zeni Sassofono tenore Giorgio Beberi Sassofono baritono

Javier Girotto Sax soprano e flauti andini Tradizionale (arr. F. Zeni) Quel mazzolin di fiori

Paul F. Mitchell Hard Times

Tradizionale (arr. F. Zeni) La Pastora

Javier Girotto Nahuel

Fiorenzo Zeni

Sax Four Fun / Impressioni d’amore

Toni Ortelli Luigi Pigarelli (arr. F. Zeni) La montanara

Astor Piazzolla

Oblivion / Vuelvo al Sur

Fiorenzo Zeni

Ninna Nanna (ispirata ad un canto popolare della Vallagarina)

Stefano Caniato Fast minor

Fiorenzo Zeni Happy People 46

Il gruppo “Sax Four Fun” è un quartetto di sassofoni votato all’esplorazione delle mille potenzialità dello strumento, con un obiettivo principale: divertirsi e divertire il pubblico, spaziando dal jazz più nero al blues, alla salsa ed alle “tangenzialità” etniche tipiche della “world music”. Una varietà di stili che i musicisti sanno affrontare con disinvoltura e personalità, forti di un affiatamento costruito in un decennio di attività sotto le insegne dei Sax Four Fun. Con il nuovo progetto assieme a Javier Girotto, i Sax Four Fun completano un percorso che ha portato il suono del quartetto a confrontarsi con varie personalità artistiche come Paolo Fresu, Mario Brunello, Maria Pia De Vito, Mauro Negri, arricchendo ogni volta di nuove “sonorità” e stimoli artistici l’anima del gruppo. I “Sax Four Fun” hanno prodotto diversi CD. Inoltre il gruppo ha registrato concerti per Radio RAI e le emittenti televisive RAI 3 e RAI 1. Javier Girotto nasce a Cordoba nel 1965. Si avvicina alla musica grazie al nonno materno, direttore di banda. A sedici anni si iscrive al Conservatorio Provincial De Cordoba ai corsi di clarinetto e flauto e a 19 anni vince una borsa di studio del Berklee College of Music per studiare jazz e si diploma con lode. Approfondisce gli studi di composizione e arrangiamento e di sax e improvvisazione con maestri del calibro di Joseph Viola, George Garzone, Hall Crook e Jerry Bergonzi. A 25 anni si trasferisce in Italia (la sua famiglia ha origini pugliesi). Farà parte di innumerevoli e prestigiosi gruppi (“Aires Tango”,“Cordoba Reunion”,duo vari, il Trio G.S.M con la voce di Peppe Servillo, il quartetto di Enrico Rava “Piano less”) e non si contano le collaborazioni con grandi artisti per progetti speciali (Fabrizio Bosso, Paolo Silvestri, Atem Saxophon Quartet). Incide innumerevoli CD come solista e in formazione, anche di sue composizioni originali. Collabora con grandi orchestre italiane ed europee quali Parco della Musica Jazz Orchestra, Orchestra sinfonica di San Marino, Orchestra Filarmonica Marchigiana, Jazz Orchestra of the Concertgebouw di Amsterdam. Nel 2009 registra un disco come solista per L’Espresso “Jazz italiano live” e nel 2010 è stato ospite della WDR big band di Colonia per un progetto “Jazz tango”. Ha insegnato “Sassofono jazz-Composizione e arrangiamento” al Conservatorio Santa Cecilia di Roma dal 2007 al 2010. Nel 2011 inizia la sua avventura discografica inaugurando la “JG records” con un suo primo disco (registrato completamente in Argentina e con musicisti di Cordoba e amici di vecchia data) “Alrededores de la Ausencia”.

Pangea – dalle Dolomiti alle Ande Pangea (dal greco antico “tutta” e “terra”, cioè “tutta la terra”); molti geologi propendono per uno scenario che vedrà i continenti riunirsi in una nuova Pangea tra circa 250 milioni di anni. La medesima “riunificazione” viene perseguita e, in un certo senso, “accelerata” dalle analogie musicali di due zone geografiche così lontane e, allo stesso tempo, così affini. Non è difficile, infatti, individuare tra le due aree una “comunanza” di valori naturali, umani, storici e – soprattutto – musicali. “Giocando” con le melodie popolari, storie di vita quotidiana, abbiamo camminato in equilibrio sulle funi invisibili della tradizione che lega in maniera indissolubile i continenti, ripercorrendo gli scambi di tradizioni e d’esperienze che sono state altresì esportate dalle nostre storie d’emigrazione.



2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 17 marzo ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Zemlinsky Quartet I premio Bordeaux 2010

František Soucˇek violino Petr Strˇížek violino Petr Holman viola Vladimír Fortin violoncello

Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) Quartetto in do maggiore op. 76/3 “Kaiser” Allegro Poco Adagio. Cantabile Menuetto e Trio Finale. Presto Alexander Von Zemlinsky (1871 - 1942)) Quartetto n. 3 op. 19 Allegretto Thema mit Variationen Romanza Burleske

Josef Suk (1874 - 1935)

Meditation on an Old Czech Chorale “St. Wenceslas” op. 35a

Antonín Dvorˇák (1841 - 1904)

Quartetto in fa maggiore op. 96 n. 12 “Americano” Allegro, ma non troppo Lento Molto vivace Finale

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Fin dalla sua fondazione nel 1994, il Zemlinsky Quartet si è inserito a pieno titolo nel solco della grande tradizione del quartetto d’archi ceco, divenendone uno degli esponenti di maggior rilievo. Il Quartetto ha vinto il Primo Premio al Concorso Internazionale di Bordeaux nel 2010 ed è stato premiato in numerose altre competizioni internazionali tra le quali il Concorso di Banff, di Praga e di Londra, dove si è aggiudicato il Premio del Pubblico. Ha inoltre ricevuto l’Alexander Zemlinsky Advancement Award dalla Fondazione Zemlinsky di Vienna. Lo Zemlinsky Quartet si è esibito in numerosi concerti in tutto il mondo. Il suo repertorio comprende oltre 180 lavori dei principali compositori, inclusi molti brani di musica contemporanea. Dal 2007 il Quartetto registra in esclusiva per l’etichetta francese Praga Digitals, ed ha realizzato sette dischi, quattro dei quali, contenenti i quartetti di Dvorak, hanno vinto il Diapason d’Or. Le registrazioni del Zemlinsky Quartet hanno ricevuto il plauso unanime della critica. I quattro musicisti hanno studiato con Walter Levin del LaSalle Quartet e con Josef Klusonˇ del Pražák Quartet; il gruppo attualmente insegna come assistente e quartetto in-residence alla Musikakademie di Basilea e tiene numerose master classes a studenti di ogni età. Dal 2009, inoltre, František Soucˇek insegna violino e musica da camera al Conservatorio di Praga. Lo Zemlinsky Quartet prende il nome dal compositore, direttore d’orchestra e didatta austriaco Alexander Zemlinsky (1871-1942), il cui enorme contributo alla cultura Ceca, Tedesca ed Ebraica nei suoi sedici anni di permanenza a Praga, venne sottovalutato per decenni. I quattro quartetti per archi da lui composti (il secondo dei quali è dedicato al suo allievo e cognato Arnold Schönberg) sono nel repertorio del Quartetto. Dal 2005, il quartetto ha avviato una speciale collaborazione con la Fondazione Alexander Zemlinsky di Vienna.


Quattro Quartetti

I quartetti op. 76 appartengono all’ultimo ciclo quartettistico completo di Haydn (la successiva op. 77, del 1803, doveva comprendere sei quartetti, ma ne furono scritti solo due). Dopo la pubblicazione avvenuta a Londra nel 1799, l’op. 76 ebbe grandissima diffusione in tutta Europa anche come trascrizione. L’op. 76 n. 3 “Kaiser” è probabilmente il quartetto più famoso di Haydn. Nel primo Allegro convivono il dotto contrappunto e lo spirito rustico della danza popolare (specie l’episodio centrale con le quinte tenute in sincope ai bassi). Il “poco Adagio cantabile”, variazioni sull’inno nazionale “Gott erhalte Franz den Kaiser”, (Dio salvi l’imperatore Franz), composto su commissione dallo stesso Haydn, lungi dal costituire solo un omaggio d’occasione, è un concentrato di straordinaria bellezza. Il bellissimo tema, nelle variazioni, è affidato immutato ai quattro strumenti che si alternano nel ruolo di guida, quasi a rappresentare la conversazione tipica del salotto settecentesco, come sostiene Charles Rosen. Il Minuetto. Allegro e il Trio, più disimpegnati, allentano la tensione in vista del drammatico Finale-Presto. Il movimento inizia in do minore e fin dai primi tre accordi e nel successivo vorticoso andamento in terzine si caratterizza per la sua scrittura ricca, quasi sinfonica. La grandiosa conclusione è anche questa volta in maggiore. L’op. 76 n. 5 non ha alcun soprannome ma è celebre per la straordinaria bellezza del suo movimento lento. Il Largo-Cantabile e mesto, nella non comune tonalità di fa diesis maggiore, mostra anche nelle sue dimensioni la ricchezza dell’invenzione melodica e dell’elaborazione armonica profusa a piene mani dall’autore. Alexander von Zemlinsky è un compositore conosciuto più per essere stato il maestro (e cognato) di Schönberg nonché maestro (innamorato) della bellissima Alma Schindler, futura moglie di Mahler, che per le sue composizioni. Fu direttore d’orchestra dei principali teatri tedeschi e austriaci. Durante il nazismo dovette emigrare negli Stati Uniti, dove però non ebbe la fortuna di altri colleghi, fu dimenticato per molti anni, e solo da poco le sue opere stanno ricomparendo nei programmi dei concerti. Le dissonanze appaiono fin dalle prime battute d’esecuzione del suo Quartetto n. 3; ‘arie’ timidamente si affacciano, per tentare subito la fuga, ma vengono riprese dai violini e dalla viola in uno stato di forte tensione emotiva rafforzato dal vibrato del violoncello. Gli interpreti traggono suoni che appaiono ‘silenziati’ riuscendo nell’imitazione della voce umana in una delicatissima e poetica stilla di piacere uditivo, sommesso ma profondo fino alla più nascosta sorgente di timidi sentimenti. È una coerente scelta filologica l’accostamento di Josef Suk ad Antonín Dvorˇák; infatti il primo fu allievo del secondo di cui sposò anche l’ultima figlia. La “Meditazione su un antico corale ceco” di Josef Suk ha una collocazione unica nella sua opera ed intese infiammare il movimento nazionalista Ceco. Fu scritto nel 1914, all’inizio della Prima Guerra mondiale che i Cechi sperarono fosse l’occasione per distruggere definitivamente l’Impero asburgico, di cui facevano parte. L’antico corale boemo è un lavor polifonico a quattro parti, il cui verso centraòle è “non permettere che la nostra nazione e le future generazioni periscano”, attribuito a San Venceslao, patrono della nazione ceca. Il Quartetto “Americano” di Antonín Dvorˇák risente (come la notissima Sinfonia “Dal nuovo mondo”) dell’influenza del viaggio in America, dove si recò per insegnare, dirigere e suonare, riscuotendo un enorme successo. L’Americano è ricco di nostalgici ricordi del lontano Ovest, descritto quasi fotograficamente e degli spirituals che gli cantava il suo allievo Burleigh: voci,

echi, motivi popolari, ballate intorno ad un fuoco e barche che viaggiano lente su un ampio fiume, lavori nei campi. Nel primo movimento domina un tema avviato dalla viola e ripreso ampiamente dai violini che riecheggia chiaramente una melodia del folklore americano, tra varietà di armonie e ritmi sincopati, espressioni del sentimento di gratitudine dell’artista verso il paese che lo ospita. Intensamente emotivo è il secondo tempo Lento, con la malinconica, cantilena dei violini e della viola accompagnati dal pizzicato del violoncello; la frase diventa sempre più insistente e scavata nel suo gioco ripetitivo, sino a toccare con gli accordi gravi del violoncello e con il lugubre tremolo della viola momenti di sconfortante pessimismo. Nel terzo tempo cambia completamente l’atmosfera e ci si ritrova tra le affettuosità melodiche e le piacevolezze ritmiche tipiche della migliore vena creatrice di Dvorˇák. Ancora più esaltante e ricco di umori popolareschi è il Rondò finale, una pagina di inconfondibile sapore boemo per la qualità della musica spigliatamente naif, impostata su un vivace e scattante andamento di danza contadina, che lascia pensare ad antiche feste nuziali all’aperto. [M.B.]


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 24 marzo ore 17.30 Teatro San Carlo

Trio Raffaello Marco Fiorini violino

Ivo Scarponi violoncello Stefano Scarcella pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791) Divertimento a tre in si bemolle maggiore KV 254 Allegro assai Adagio Rondeau. Tempo di minuetto

Dmitrij Šostakovicˇ (1906 - 1975) Trio in do minore n.1 op. 8

Robert Schumann (1810 - 1856) Trio in re minore op. 63 n.1 Mit Energie und Leidenschaft (Con energia e passione) Lebhaft, doch nicht zu rasch (Vivace, ma non troppo veloce) Langsam, mit inniger Empfindung (Lento, con intimo sentimento) Mit Feuer (Con fuoco)

Il Trio Raffaello si è costituito nel 2007 ed è il risultato di importanti e significative esperienze che i tre musicisti che lo compongono hanno maturato in anni di intensa attività concertistica, collaborando spesso al fianco di grandi nomi del concertismo internazionale, e di una solida tradizione cameristica ereditata dalla scuola di trii storici di grande prestigio. Infatti i membri del Trio si sono formati alla scuola del Trio Tchaikovsky e del Trio di Trieste all’Accademia Chigiana di Siena, ed hanno alle spalle una importante attività cameristica che li ha portati ad esibirsi in tutta Europa per importanti istituzioni e festivals quali l’Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma, Teatro “La Fenice” di Venezia, la Filarmonica di S. Pietroburgo, Festival Casals ed il Festival Grec di Barcelona, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Festival di Portogruaro, dell’Orlando Festival (Olanda), Festival di Neuschwanstein (Germania), la Società del Quartetto di Milano, “Concerti istituzione universitària La Sapienza” ed “Euterpe” di Roma e collaborazioni cameristiche con musicisti e formazioni di prestigio come Myung-Whun Chung, Alexander Lonquich, Mario Brunello, Konstantin Bogino, il Quartetto “Prometeo”, D.Geringas, Michele Campanella, Vladimir Mendelssohn, Shana Downes, Boris Petrushansky, ecc... Sono inoltre vincitori di premi in concorsi nazionali ed internazionali sia solistici che cameristici e numerose sono le incisioni che hanno effettuato per Stradivarius, Nuova Era, Ricordi, Edipan, Bongiovanni e registrazioni per RAI, Radio Nacional de España. Nel 2010 è stato pubblicato il primo cd del Trio Raffaello da “La Bottega Discantica” comprendente i trii di A. Dvorak e B. Smetana.

Marco Fiorini è stato primo violino solista dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia dal 1996 al 2006 ed in tale veste ha suonato con illustri direttori (Chung, Maazel, Sawallisch, Tate, Temirkanov ecc.) Su invito di Dmitry Sitkovesky ha collaborato come spalla con i New European Strings, una compagine selezionata che riunisce alcune fra le migliori prime parti d’Europa. Appassionato camerista, nel 1995 ha fondato il Quartetto di Roma, subito premiato al XV Concorso di Trapani. Attualmente è membro del Trio Raffaello dopo essere stato per alcuni anni il primo violino del Quartetto Prometeo. Ha iniziato lo studio del violino con la madre Montserrat Cervera e si è diplomato sotto la guida di Mila Costisella presso il Conservatorio S. Cecilia di Roma nel 1988 con il massimo dei voti e la lode. Si è successivamente perfezionato con Pavel Vernikov a Portogruaro (ricevendo nel 1990 il premio destinato al migliore solista dei corsi) e con Eugenia Chugajeva a Vienna.

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2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Stefano Scarcella è docente titolare di pianoforte principale per i corsi ordinari e di musica da camera per i corsi di 2° livello presso il Conservatorio di Musica “Nino Rota” di Monopoli (Bari). In Italia è stato vincitore di premi in diversi concorsi pianistici nazionali ed internazionali: Capri, Sulmona, Pistoia, Osimo, Roma. Ha svolto per molti anni intensa attività cameristica principalmente come componente del Trio Kandinsky di cui è stato fondatore e collaborando con prime parti dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di S.Cecilia. Ha suonato per Festivals ed importanti associazioni musicali italiane ed ha registrato come solista per Edipan,

Sette - Otto - Nove (Cento): tre secoli, tre grandi musicisti

La musica da camera occupa grande spazio nella produzione di Mozart, Schumann e Šostakovicˇ. Il trio standardizza il suo assetto come composizione per tre strumenti dalla seconda metà del XVIII secolo con pianoforte (o violoncello) al basso. Un periodo in cui Mozart componeva il Divertimento in si bemolle KV 254 (1775), primo lavoro della maturità a Salisburgo: di lì a breve diventerà Concertmeister nella città natale. La stretta imitazione tra pianoforte e violino e la trasparenza della tessitura musicale balzano all’udito e la parte del violoncello è qualcosa di più del mero eco delle voci. La composizione mantiene alcuni elementi della sonata per pianoforte, tra cui la forma sonata del primo movimento; il pensiero musicale fluisce velocemente tra i tre strumenti. Le prime sei battute dell’Adagio al violino introducono il tema principale, poi ripreso dal pianoforte con verve quasi concertistica. Il tenero Rondeau non ha nulla di meno dell’eleganza del minuetto francese: affascinante, intimo. Šostakovicˇ fu accusato di formalismo, di utilizzare eccessivamente l’atonalità e la politonalità, raggiungendo un’espressività musicale che risale all’avanguardia rivoluzionaria, e che guarda al neo-oggettivismo tedesco e francese; dopo il 1937 (anno della Quinta Sinfonia) cercò quindi di recuperare il più comprensibile linguaggio della tradizione. Ma non abbandonerà mai del tutto la sperimentazione. Il Trio n.1 op. 8 per pianoforte, violoncello e violino risale al 1923 ed è il frutto di una straordinaria maturità per uno studente di composizione appena diciassettenne. Le ultime sedici battute furono completate per mano del suo pupillo Boris Tishchenko. Il tema principale, con cui si apre il trio, al violoncello, viene utilizzato anche nel terzo movimento della Prima Sinfonia, che è dell’anno successivo. Già da questa prima

Rugginenti e Radio Vaticana. Ha studiato pianoforte presso il Conservatorio di musica “S.Cecilia”di Roma nella classe di Fausto Di Cesare, diplomandosi con il massimo dei voti e successivamente ha frequentato la Scuola di Alto Perfezionamento di Portogruaro” studiando pianoforte con il pianista e didatta russo Konstantin Bogino e musica da camera con il Trio Tchaikovsky. Ivo Scarponi ha suonato per le maggiori associazioni concertistiche italiane (Società del quartetto di Milano, Accademia Nazionale di S. Cecilia, Amici della Musica etc), ed è stato recentemente invitato come solista ad esibisri al prestigioso Oslo Festival Grieg. Collabora stabilmente con Uto Ughi come componente stabile dell’orchestra da camera dei Filarmonici di Roma. Ha effettuato

numerose registrazioni radiofoniche (RAI, RSI) e prime esecuzioni assolute, nonché alcune incisioni discografiche (Nuova Era, Ricordi, Bongiovanni) come membro fondatore del Quintetto Scarponi. È stato primo violoncello di varie orchestre da camera e sinfoniche ed ha tenuto concerti sia come solista suonando opere di Boccherini, Haydn e Dvorak, che come componente di complessi cameristici (Solisti Aquilani, Musica d’oggi) in Italia ed all’estero. Si è diplomato in violoncello nel 1992 con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio “Morlacchi” di Perugia sotto la guida di Vito Vallini. In seguito ha frequentato il corso triennale di alto perfezionamento con Franco Maggio-Ormezowsky presso l’Accademia Nazionale di S. Cecilia, diplomandosi brillantemente nel 1995.

fase compositiva il musicista guarda avanti, inserendo elementi originalissimi e spunti molto personali, senza però dimenticare le origini russe. La voglia di sperimentazione aveva colpito anche Schumann qualche anno prima: l’interesse per la musica da camera ebbe il suo picco tardivo tra il 1842 e il 1853 ma i due Trii op. 63 e op. 80 del 1847, scritti per la formazione classica di violino, violoncello e pianoforte, non si possono considerare “musica da camera” in senso stretto. Non vi è traccia dello stile “Biedermeier”; sembra più uno “stile nuovo”, su ispirazione delle opere pianistiche sperimentali. Nel 1847 il trentasettenne Schumann si trovava in un momento felice e fecondo della sua vita. Risale a quell’autunno il Trio n. 1 in re minore op. 63 (insieme al Trio op. 80, ai Tre canti per coro maschile op. 62, al Ritornello di Rückert in forma di canone op. 65). Nell’opera le varie indicazioni espressive racchiudono con sapienza il senso caratterizzante di ogni movimento: “Con energia e passione”,”Animato, ma non troppo svelto”, “Lento, con intimo sentimento”,”Con fuoco”. La forma raggiunge una mirabile unità tematica, grazie al susseguirsi naturale e spontaneo delle cellule musicali nell’intera composizione. La drammaticità del primo movimento viene stemperata dal breve episodio in “pianissimo” ad accordi acuti ribattuti dal pianoforte, seguito dal violoncello che attacca “al ponticello”, ripreso a sua volta dal violino all’ottava superiore. La scattante figurazione ritmica ad “ottavo con punto più sedicesimo” del secondo movimento è quasi una firma del compositore, nota perché già utilizzata in alcuni pezzi, ed il terzo tempo si presenta in forma di romanza ABA, creando una pausa sognante, romantica e irrequieta, che sfocia direttamente nel tempo finale, sapientemente collegato al primo attraverso un richiamo tematico. Il Trio fu eseguito in pubblico per la prima volta nel 1848, e nello stesso anno fu edito da Breitkopf & Hartel. [I.S.]


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

www.cristianocastaldi.it

Sabato 31 marzo ore 17.30 Teatro San Carlo

Emanuele Segre chitarra Platero e io

Musica di Mario Castelnuovo - Tedesco Testo di Juan Ramon Gimenez Immagini di Giuliano Della Casa

Isabella Dapinguente voce recitante Annamaria Pignatti voce recitante Produzione GMI Modena Segue: a cena con i protagonisti Prenotazioni presso sede GMI Modena

Nato nel 1965, Emanuele Segre si è diplomato con Ruggero Chiesa al Conservatorio di Milano, seguendo successivamente corsi di perfezionamento con Julian Bream e John Williams. Ha studiato anche violino e composizione. Ha suonato come solista con Yuri Bashmet e i Solisti di Mosca, con la English Chamber Orchestra diretta da Salvatore Accardo, la Rotterdam Philharmonic Orchestra, i Solisti di Zagabria, la European Community Chamber Orchestra, l’Orchestra da Camera Slovacca, la Süddeutsches Kammerorkester. Ha inoltre collaborato con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano. Ha suonato in duo con Patrick Gallois. È stato invitato a partecipare a prestigiosi Festival internazionali (Marlboro, Bratislava, Stresa e MITO SettembreMusica,Semaines Musicales de Tours e Festival de Radio France et de Montpellier, Festival di Bregenz) Ha vinto numerosi concorsi, tra i quali, nel 1987 a New York, l’East & West Artists Prize che gli ha offerto il debutto alla Carnegie Recital Hall e il Pro Musicis International Award. Nel 1989 è stato selezionato per l’“International Rostrum of Young Performers” dell’UNESCO. Jean Françaix gli ha dedicato il suo concerto per chitarra e orchestra, inciso per la casa discografica WERGO. Segre ha registrato vari CD per la DELOS, CLAVES, AMADEUS ed altre. Emanuele Segre è stato ospite della GMI modenese il 28-2-2009.

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Il maestro Segre ha generosamente accettato di collaborare a questa produzione della GMI modenese, che vede impegnate attrici professionali, ma non professioniste, e un importante pittore acquerellista, interprete fantasioso e delicato di testi letterari.


Poemetti per prosa e chitarra; bucolici, ma non troppo L’opera del poeta spagnolo Juan Ramon Jimenez, premio Nobel per la letteratura nel 1956, è dedicata alla storia dell’amicizia tra Platero – un asino – e il poeta. È un poema scritto in prosa, un componimento che evoca un mondo agreste in bilico tra fantasia e realtà, sullo sfondo del paesaggio andaluso, teatro della giovinezza di Jimenez. Tra illusioni e certezze, l’asinello conduce il poeta aiutandolo, con la sua saggezza, a riscoprire l’amore per la vita. Nato a Firenze nel 1895, Mario Castelnuovo-Tedesco divenne presto uno dei compositori più eseguiti e conosciuti della sua generazione. Fra i vari ‘grandi’ che frequentarono con amore la sua musica, si ricordano Toscanini, Heifetz, Piatigorski, Gieseking e Segovia. Dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia il compositore riuscì, con il sostegno di Toscanini e di Heifetz, a rifugiarsi con la famiglia negli Stati Uniti dove rimase fino alla morte, nel 1968. Grazie alla sua fiducia nelle potenzialità espressive della chitarra, e anche all’amicizia e alla collaborazione con Andrés Segovia, Castelnuovo-Tedesco dedicò a questo strumento numerose composizioni. Pur avendo scritto sempre in modo molto tradizionale, il musicista fu uno dei primi a comporre nel XX secolo un concerto per chitarra e orchestra. Inoltre, egli sperimentò audaci abbinamenti, proponendo per la chitarra combinazioni inconsuete come è nei casi del Romancero Gitano, op. 152, per coro e chitarra e di questo Platero y yo, op. 190 per voce narrante e chitarra. Platero y yo - il delicato affresco che allinea centotrentotto liriche in prosa di Juan Ramon Jiménez - è una sequenza di ‘quadri narrativi’ nei quali il grande poeta spagnolo immagina di parlare con il suo asino. Di tali ‘quadri’ Casteinuovo-Tedesco ne scelse accuratamente ventotto, rivelando un talento magistrale nel trovare la misura per inserirsi con musica di eccellente fattura nella trama del capolavoro di Jiménez. Mario Castelnuovo-Tedesco ha concepito questa opera come melologo: il testo viene recitato seguendo la partitura musicale. Il dialogo tra il narratore e il musicista scorre intenso e la musica non si limita a un semplice commento, ma collabora con il testo alla creazione di un unico discorso poetico. La performance termina, in morte di Platero, con l’esecuzione della Pavane pour une infante défunte di Maurice Ravel, trascritta da Castelnuovo-Tedesco per chitarra sola: una trascrizione rimasta a lungo inedita, che mi fu affidata nel 1995, cioè nel centenario della nascita del compositore, da uno dei suoi figli. Emanuele Segre L’asino è un animale straordinario, forte, paziente e buono. È la testimonianza vivente dell’infamia e dell’ingratitudine degli esseri umani. Creatura generosa, è stato abbandonato e consegnato all’oblio malgrado abbia servito per millenni l’uomo con umiltà, con saggezza, con mansuetudine. In moltissime circostanze l’uomo non avrebbe potuto sopravvivere senza un compagno tanto prezioso. Nel corso dei secoli, questo mite quadrupede è stato iniquamente insultato come creatura stupida mentre è animale assai intelligente e, proprio per questo, è refrattario a subire percosse e ingiustizie. Nella tradizione del monoteismo sia ebraico che cristiano, l’asino è creatura cruciale. A un asino bianco spetta l’onore di portare il Messia. Perché? Perché l’asino

Giuliano Della Casa bozzetto per “Platero e io”. Produzione GMI Modena, 2012

è il portatore della parola, è l’essere vivente che indica la retta via. Nella Bibbia c’è l’episodio indimenticabile di Balaam, profeta ostinato, che a cavallo di un’asina smarrisce la via e si accanisce ad andare in una determinata direzione perché è accecato dalla violenza del proprio convincimento. L’asina si blocca e Balaam non sa far di meglio che percuoterla, cioè si comporta come tendiamo a comportarci tutti noi uomini: invece di sostare un attimo e farci domande, la prima cosa che facciamo è imboccare la strada della violenza. Ma l’asina di Balaam volge il capo verso di lui e gli parla con queste parole: “è inutile che scateni su di me la tua furia, non vedi che da questo cammino non si passa? Volevo indicarti che c’è un altro cammino, e per questo mi sono bloccata”. C’è una meravigliosa, commovente perorazione a favore dell’asino anche nell’idiota di Dostoevskij. L’autore la fa pronunciare al principe Mishkin, che tesse l’elogio di questo mirabile animale, e conclude proprio dicendo: io comunque sto dalla parte dell’asino. L’asino - per chi crede - è una delle poche prove dell’esistenza di Dio. Io dubito che un verso come quello dell’asino sia fatto soltanto per esprimere, che ne so, la fame o il mal di pancia. Sono ragionevolmente persuaso che si tratti di una protesta che lacera il cielo per sollecitare il divino a recedere dalla sua “sordità” e a farsi di nuovo vivo per darci una mano. L’asino è un animale semplicemente sublime. Per tutto ciò anche Emanuele Segre e io siamo dalla parte dell’asino. Moni Ovadia Dal libretto di accompagnamento al disco “Platero y yo”, con Moni Ovadia ed Emanuele Segre, ed. Delos 2009


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 5 aprile Ore 18 Ex ospedale Sant’Agostino

La musica brasiliana Incontro con Marco Boccitto Ascolti e proiezioni in collaborazione con Fondazione Fotografia Ingresso libero

Ore 20 Baluardo della Cittadella aperitivo tardivo

Ore 21

Graffiando vento Gabriele Mirabassi clarinetto Guinga chitarra e voce

Gabriele Mirabassi dopo il diploma in clarinetto, studia inizialmente le tecniche esecutive peculiari della musica contemporanea. Dall’incisione di Coloriage (1991), in duo col fisarmonicista Galliano, l’attività jazzistica diventa totalizzante. Con Stefano Battaglia incide Fiabe, con Sergio Assad Velho Retrato e Cambaluc. Nel 1996 vince il Top Jazz nella categoria miglior nuovo talento. Nel 2000 a Umbria Jazz presenta insieme a Luciano Biondini, Michel Godard e Francesco D’Auria il progetto Lo Stortino che riceve consensi di critica e di pubblico per l’attenzione alle architetture compositive legate alla tradizione popolare e alla musica colta europea. Tra i dischi successivi: 1 a 0 incentrato sul

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choro brasiliano, Latakia Blend con Biondini e Godard, Fuori le mura sempre con Biondini e New Old Age, con John Taylor e Steve Swallow. Le collaborazioni sono numerosissime ed estremamente eterogenee sul piano degli stili e dei linguaggi: Mina, Cage, Fossati, Zegna, Pieranunzi, Gatto, Zavalloni, Trio madeira-brasil, Istituzione Sinfonica Abruzzese, Brunello. Negli ultimi anni ha ampliato il suo panorama di collaborazioni: da Gianmaria Testa allo scrittore Erri De Luca (“Chisciotte e gli invincibili”), Barbara Casini e Monica Demuru (spettacolo/concerto “Costruzione”). L’ultima fatica è Canto d’ebano omaggio allo straordinario legno africano e alle appassionate mani (italiane)

Ai primi di ottobre 2003 Gabriele Mirabassi e Guinga, hanno inciso per l’etichetta EGEA il loro primo disco in duo, uscito in occasione di Umbria Jazz 2004. Un incontro di quelli che lasciano una traccia profonda nella storia della musica, jazz e non solo. Il brasiliano di Rio de Janeiro Guinga, chitarrista e compositore tra i più geniali oggi in circolazione, e Gabriele Mirabassi, a dir poco uno dei pochi, oggi, ai vertici mondiali del clarinetto. Un incontro che, a partire da alcune composizioni di Guinga già pubblicate in album precedenti, trascina l’ascoltatore all’interno della pulizia cristallina del virtuosismo melodioso di Mirabassi che dialoga con il tocco decisamente carnale e fantasticamente cinematografico della chitarra di Guinga. che lo trasformano in clarinetto. Mirabassi è stato ospite della GMI modenese con un altro progetto “brasiliano”, deicato ad andrè Mehmari, il 21-3-2009, in duo con il pianista Andrea Lucchesini. Guinga, compositore, chitarrista, cantante di Rio de Janeiro, è considerato unanimemente da critici e musicisti come l’autore più importante della moderna Musica Popular Brasileira, capace di recuperarne la tradizione più vera e profonda rinnovandola dall’interno con soluzioni armoniche e invenzioni creative senza pari. Artista di culto nel suo paese, negli ultimi anni Guinga ha ricevuto un riconoscimento internazionale sempre più ampio. Con i suoi ultimi 4 dischi ha

ricevuto 4 nomination al Latin Grammy Awards come miglior rappresentante della MPB. Le sue canzoni, composte coi parolieri Paulo César Pinheiro, Aldir Blanc e, recentemente, Chico Buarque, sono state registrate da molti nomi importanti, fra cui Elis Regina, Michel Legrand, Sérgio Mendes, Chico Buarque, Clara Nunes e Ivan Lins. Leila Pinheiro ha dedicato l’intero CD “Catavento e Girassol” (EMI-Odeon 1996) alle sue composizioni con Aldir Blanc. Fra queste, “Chá de Panela” ha vinto il Premio Sharp 1996 come migliore musica popolare brasiliana.


FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA DA INDIA E SUD AMERICA

decimo

Parallelo

Adriana Bustos Anabella y su ilusión Doris y la ilusión de Anabella, 2008 Dittico Stampa in b/n e a colori Courtesy l’artista Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

18 febbraio - 29 aprile 2012 Ex Ospedale Sant’Agostino Largo Porta Sant’Agostino 228 Modena ingresso gratuito

Promossa da Fondazione Fotografia e a cura di Filippo Maggia, l’esposizione presenta le ultime acquisizioni della collezione internazionale di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, tappe di un percorso che dal 2008 ad oggi ha toccato Estremo Oriente, Europa dell’Est, Medio Oriente e Africa. India e Sud America, continenti agli antipodi idealmente collegati dal decimo parallelo geografico, che ne delimita l’inizio - Madurai 9°55N - e la fine - Caracas 10°30N -, presentano una scena artistica profondamente influenzata dal rispettivo contesto storico, sociale ed economico. Se molti degli autori indiani, per esempio, dedicano il loro lavoro a elaborare un passato segnato fino a tempi recenti dal colonialismo

britannico, molti artisti sudamericani pongono al centro delle loro ricerche la natura: intesa a volte come fonte ancestrale di vita, altre come specchio dei comportamenti umani, spesso infine come risorsa sfruttata irresponsabilmente da uomini senza scrupoli. Con oltre cento opere - tra video, fotografie, animazioni e installazioni - riferite a ventuno artisti, la mostra presenta una pluralità di sguardi in grado di restituire la varietà culturale, naturale, storica e artistica che caratterizza le due zone, sottolineando punti di forza e criticità dell’una e dell’altra. La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Skira, a cura di Filippo Maggia e Francesca Lazzarini.

Sebastian Szyd Angelica, Potosi, Bolivia, 2010 Dalla serie “Las Flores y las Piedras” Stampa alla gelatina d’argento Courtesy l’artista Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena Sebastian Szyd Ester, Potosi, Bolivia, 2009 Dalla serie “Las Flores y las Piedras” Stampa alla gelatina d’argento Courtesy l’artista Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena David Zink Yi Huayno y fuga detrás, 2005 video, 3’ 43” Courtesy l’artista & Johann König, Berlin Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Informazioni Fondazione Fotografia c/o Fondazione Cassa di Risparmio di Modena Via Emilia Centro 283, Modena Tel 059 239888 - Fax 059 238966 info@mostre.fondazione-crmo.it www.mostre.fondazione-crmo.it


2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 14 aprile ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Solenne Païdassi violino I Premio Long Thibaud Parigi 2010

Ricardo Ali Alvarez pianoforte Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)

Sonata n. 4 op. 23 in la minore Presto Andante scherzoso, più Allegretto (la maggiore) Allegro molto

Maurice Ravel (1875 - 1937) Sonata in sol maggiore Allegretto Blues (Moderato) Perpetuum mobile (Allegro) Franz Schubert (1797 - 1828) Sonatina n. 3 op. 137 in sol minore Allegro giusto Andante Minuetto - Trio Allegro moderato

Igor Stravinskij (1882 - 1971)

Divertimento da Le baiser de la fée Sinfonia Danze Svizzere Scherzo Passo a due

“Solenne Païdassi ha vinto la Baltic International Violin Competition. [...] Si è imposta per lo stile intimo della sua interpretazione e la spontaneità piena di gioia dell’esecuzione. Ha dimostrato di possedere ricchezza di suono ed ampia gamma di dinamiche, dal delicato piano al pieno e romantico forte”. The Strad Magazine, Febbraio 2008 56

La violinista francese Solenne Païdassi è la vincitrice del Concorso Internazionale Long-Thibaud 2010. Ha vinto numerosi premi in Francia e all’estero, tra i quali il Concorso di Hannover 2009, Il Concorso di Sion - Valais, e il Gyeongnam in Corea. Ha effettuato registrazioni radiofoniche per France Musique, per Deutschlandradio Kultur e per la NDR Kultur. Suona un violino Lorenzo Storioni del 1779, concessole dalla Deutschen Stiftung Musikleben di Amburgo. Solenne Païdassi ha tenuto numerosi recitals e concerti in tutto il mondo. Ha suonato alla Tonhalle di Zurigo e alla Carnegie Hall di New York ed ha partecipato a numerosi festivals quali ad esempio “La Folle Journée” di Kanazawa in Giappone, il Festival Internazionale dei Giovani Solisti ad Antibes, il Festival Internazionale di Sion Valais, il Festival di Musica Sacra di Nizza, l’International Holland Music Sessions, il Tongyeong International Music Festival. Come solista ha suonato con l’Orchestra della Radio Francese, la Sinfonia Varsovia Orchestra, la NDR Philharmonic Orchestra, l’Orchestra Filarmonica di Nizza, la Korean National University of Arts Chamber Orchestra, e con la direzione di maestri del calibro di Shlomo Mintz, Jacek Kaspszyk, Jaime Martin. I suoi prossimi concerti la vedranno impegnata con la Sinfonia Varsovia Orchestra, l’Orchestra della Radio Francese, l’Orchestra di Cannes. Quest’anno, in qualità di “New Masters on Tour” per l’International Holland Music Sessions, ha preso parte ad un tour internazionale, suonando in prestigiose sale da concerto tra le quali ad esempio il Concertgebouw di Amsterdam. Dopo il diploma ottenuto presso il Conservatorio di Ginevra, la Royal Academy di Londra, ed il Curtis Institute of Music di Philadelphia, Solenne si è perfezionata alla Hochschule für Musik und Theater di Hannover. È stata allieva di Jean Pierre Wallez, Joseph Silverstein, Viktor Danchenko e Krzysztof Wegrzyn. Ha preso parte a numerose master-classes in Europa e negli Stati Uniti con maestri quali Shlomo Mintz, Pierre Amoyal, Gerard Poulet, Viktor Tretjakov, Lewis Kaplan, Nam Yun Kim e Koichiro Harada. Solenne Païdassi attualmente ha 25 anni e vive ad Hannover. È membro effettivo dell’ensemble “Il Gioco col Suono” e beneficia di una borsa di studio “Yehudi Menuhin: Live Music Now”.

Il pianista messicano Ricardo Ali Alvarez si è diplomato presso la Hochschule für Musik und Theater di Hannover in Germania e presso il Conservatorio de las Rosas a Morelia in Messico. Ha effettuato registrazioni per la Norddeutscher Rundfunk (NDR) e per la Deutschland Radiokultur. Ad Hannover ha ricevuto una borsa di studio “Yehudi Menuhin Live Music Now” e in Messico ha beneficiato di un sostegno da parte del Fondo Nacional para la Cultura y las Artes. Attualmente sta proseguendo gli studi con la Specializzazione presso il Conservatorio della Svizzera Italiana come allievo di Nora Doallo. Si è aggiudicato il Primo Premio al Concorso Angelica Morales Yamaha – Piano Competition nel 2009 e al Concorso Nazionale Edvard Grieg tenutosi in Messico nel 2003. Ha suonato in Germania, Svizzera, Norvegia e nelle Sale da concerto più prestigiose del suo Paese come ad esempio il Palacio de Bellas Artes, la Blas Galindo hall, la Carlos Chavez Hall, il MUNAL. È stato allievo tra gli altri di Einar SteenNökleberg, Alexander Pashkov, Davide Borin, Olga Chkourak e Lilit Markarian. Ha frequentato numerose masterclasses in Spagna, Svizzera, Germania e Messico con insegnanti del calibro di Bruno Canino, Michel D’Alberto, Galina Eguiazarova, Bernd Goetzke, Vadim Rudenko, Detlef Kaiser, Zvi Meniker, Markus Becker, Pi-hsien Chen, Arturo Moreira Lima.


Violino e pianoforte: «due strumenti fondamentalmente incompatibili...»

L’autorevole Grove, dizionario della musica in 20 volumi, divide la sezione argomentativa dedicata alla Sonata in: “Barocca”, “Classica” e “La Sonata dopo Beethoven”. Ciò pare abbastanza rappresentativo delle modifiche irrevocabili lasciate in eredità in questo genere dal maestro di Bonn. Nonostante non sia di estrema difficoltà esecutiva, l’originalità e il carattere della Sonata n. 4 op. 23 in la minore, composta insieme all’op. 24 nel 1800-1801, la rendono piuttosto unica nel repertorio sonatistico del Beethoven maturo. Il musicologo americano Lewis Lockwood la descrive come «tetra, diversa e distante, il bimbo abbandonato nella famiglia delle sonate per violino di Beethoven, nonostante i suoi momenti originali e sperimentali.» Il primo tempo è velocissimo, sembra quasi l’incedere conclusivo di una sonata più che l’inizio, e il trattamento dei temi è sui generis per l’epoca: il breve frammento melodico che si ode all’inizio andrà poi a costituire il vero primo tema nello sviluppo; invece di modulare alla parallela maggiore, come da prassi per la forma sonata nei brani in tonalità minore, il secondo tema è alla dominante minore e si carica ancor più di cupa tristezza. L’andante scherzoso, che rompe con l’atmosfera drammatica del Presto, non si può definire il movimento lento vero e proprio della sonata; ha infatti il carattere brioso dei pezzi brevi romantici e fa da precursore all’innovativo terzo tempo in forma di scherzo, novità apportata da Beethoven già nelle Sonate per pianoforte e nei Trii (e, successivamente, nei Quartetti e nella prima Sinfonia). Con il terzo tempo si piomba nuovamente nell’atmosfera del primo. La forma è quella di un rondò un po’ insolito: il tema ritorna frequentemente tranne al centro della composizione, occupato da un corale. Tema che, come sappiamo da Joseph Szigeti (Beethoven Violinwerke, 1965), fu poi riutilizzato da Beethoven nel Gloria della Missa solemnis. E a proposito di Joseph Szigeti: fu proprio lui il virtuoso violinista protagonista del debutto negli Stati Uniti, a New York, nel 1928 della Sonata in sol maggiore per violino e pianoforte di Ravel, composta faticosamente lungo 4 anni di revisioni e ripensamenti dal 1923 al 1927, per l’amica violinista Hélène Jourdan-Morhange, con la promessa che il lavoro sarebbe stato “abbastanza semplice e non slogherà il tuo polso”! Caso volle che a causa di una borsite (che pose fine alla sua carriera) la violinista non poté eseguire la première del lavoro. L’anteprima ebbe luogo nel 1927 presso la Erard Salle di Parigi, protagonisti il compositore e violinista rumeno Georges Enescu e Ravel stesso al pianoforte. In quest’opera Ravel tenta di evidenziare al massimo l’indipendenza delle parti del violino e del pianoforte: «nella stesura della Sonata per violino e pianoforte, due strumenti fondamentalmente incompatibili, ho assunto l’incarico, lontano dal portare le loro differenze in equilibrio, di enfatizzare la loro inconciliabilità attraverso la loro indipendenza». L’allegretto è costituito da due temi chiaramente differenti e il violino e il pianoforte si alternano nel presentare le principali idee musicali. In alcuni passaggi è come se i due musicisti si fossero completamente dimenticati l’uno dell’altro. Ma è il secondo movimento Blues (Moderato) (colonna sonora del film Un coeur en hiver di Claude Sautet) a catturare l’attenzione nostra e del pubblico dell’epoca. È noto che in quel periodo Ravel soffrisse d’insonnia e spendesse molte ore nei caffè di Parigi ascoltando jazz americano. Divenuto anche grande

ammiratore di Gershwin (l’incipit del brano ricorda Summertime (1935), forse un omaggio del compositore statunitense a Ravel?), stava superando la fase impressionista per aprirsi a generi nuovi. Afferma Ravel in un’intervista: «Non sono un “compositore moderno” nel senso stretto del termine, perché la mia musica, lontana dall’essere “rivoluzione”, è piuttosto “evoluzione”. Nonostante io sia stato sempre aperto mentalmente alle nuove idee in musica (una delle mie sonate per violino contiene un movimento “blues”), non ho mai tentato in essa di sorpassare le regole accettate dell’armonia e composizione. Al contrario, ho sempre attinto liberamente dai Maestri per la mia ispirazione (non ho mai smesso di studiare Mozart!) e la mia musica, per la maggior parte, è costruita sulle tradizioni del passato ed è uno sviluppo di esse.» Il virtuosistico Perpetuum mobile fa da chiusa folgorante alla sonata. In tutt’altra atmosfera ci immerge la Sonatina n. 3 per violino e pianoforte di Schubert, composta insieme alle altre due che completano l’op. 137 nel 1816, quando il compositore aveva soli 19 anni, e pubblicata postuma nel 1836. Il nome Sonatine, invece dell’originale Sonate, è stato scelto dall’editore Diabelli nella speranza di attirare in larga parte i musicisti amatoriali, e vendere così più spartiti. La semplificazione tecnica, solitamente associata al diminutivo, non sminuisce però l’importante lavoro fatto da numerosi compositori (quali anche Ravel e Busoni) di produrre Sonatine per incrementare e migliorare le capacità esecutive del musicista. Il giovane lavoro di Schubert, per le scelte melodico - compositive, sembra guardare ancora verso Mozart, in linea con lo stile del XVIII secolo. Stravinskij ci riporta nuovamente avanti al 1932, anno dell’arrangiamento per violino e pianoforte del Divertimento, costruito a partire da alcuni frammenti del balletto allegorico Le baiser de la fée (Il bacio della fata) dalla fiaba di Hans Christian Andersen La fanciulla di ghiaccio, ispirato alla tradizione del balletto russo ˇajkovskij. Durante la trascrizione fu aiutato dal vioincarnata da C linista Samuel Dushkin, personalità cruciale per le composizioni violinistiche di Stravinskij ed encomiabile esecutore. La musica originale è stata in parte alterata nel Divertimento: alcune sezioni vengono accorciate e vengono aggiunte nuove conclusioni ad altre. Caratteristica dell’arrangiamento è il taglio melodico, che si contraddistingue per il mosaico di brevi e brillanti dialoghi tra i due strumenti. Stravinskij arrangerà, in seguito, anche una versione orchestrale diretta da lui stesso (così come era stato per il balletto originale nel 1928). (I.S.)



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2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Comitato direttivo GMI 2011-2012 Area artistica e progetti Mauro Bompani, nato a Roma nel 1955, vive a Modena. Dopo la maturità classica, ha studiato filosofia nelle Università di Firenze e Bologna; in quest’ultima si è laureato. Giornalista dal 1985, ha lavorato per 10 anni come agente di commercio, per tre come addetto stampa per Teatro Comunale di Modena, Gabinetto del Sindaco, Assessorato alla Cultura. Per 10 anni è stato responsabile dell’ufficio Comunicazione dell’Azienda Municipalizzata del Comune di Modena (ora Hera spa). Dal 1998 è dirigente dell’Area Comunicazione di Arpa Emilia-Romagna, a Bologna. Ha esperienze di copywriter e ha scritto qualche saggio sulla comunicazione (pubblica). Cofondatore nel 1987 della sede modenese della GMI, organizzatore e responsabile di parte delle attività, presidente dal settembre 2011, con il volontariato culturale migliora di molto la qualità della propria vita e un poco anche la vita culturale della città. E si diverte. Stefano Calzolari interessato fino dagli anni della for-

mazione classica all’improvvisazione, ha studiato con con Luca Flores e frequentato il CPM di Milano sotto la guida di Luigi Ranghino e Franco D’Andrea. Si è perfezionato a Siena e a Bologna con Paolo Fresu ed Enrico Pieranunzi, studiando contemporaneamente la musica colta presso la facoltà di Musicologia di Cremona. È pianista del gruppo “Gospel Times” diretto da Joyce Yuille, condivide con la cantante Barabra Vignudelli Viva Verdi un concerto di arie d’opera verdiane e parafrasi jazzisitiche. È pianista del progetto SASSY tributo a Sarah Vaughan da un’idea di Maurizio Franco. Come tastierista e arrangiatore ha preso parte a diverse incisioni discografiche e curato le musiche di spettacoli. Ha partecipato a importanti

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rassegne e festivals, dalla fine degli anni 90 fino a Mito 2011. È stato ospite della GMI modenese in vari appuntamenti della rassegna “Piani diversi”, e ha partecipato al progetto “Generi coloniali” promosso dalla GMI nel 2011. Attualmente svolge attività di insegnante presso L’”Accademia di Musica Moderna” a Modena e il C.F.M “Cabassi” a Carpi.

Donatella Pieri, nata a Modena, si è diplomata in pianoforte presso l’Istituto Musicale O. Vecchi e laureata in architettura presso l’Università di Firenze. Ha perfezionato i propri studi pianistici con Justus Franz, Alexander Lonquich, Piernarciso Masi e il repertorio cameristico vocale con Leone Magiera ed Erik Werba. Ha studiato composizione seguendo i corsi tenuti da Camillo Togni alla Scuola di Musica di Fiesole. Ha suonato come solista, con orchestra e in formazioni cameristiche ed ha effettuato incisioni discografiche e registrazioni per la RAI, per la Televisione svizzera e per la Televisione spagnola. Ha pubblicato per Unicopli saggi sui Lieder di J.Brahms e sulla poesia e musica francese del Novecento. Nel 1989 ha costituito la Sezione modenese della Gioventù Musicale d’Italia, della quale è stata Presidente fino al settembre 2011. È componente di nomina ministeriale del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Vecchi Tonelli di Modena. A lungo docente di Conservatorio, dal novembre 2009 è Direttore del Conservatorio G.B. Martini di Bologna.

Irene Sala, Musicologa, dopo la Laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Bologna nel 2009 ottiene, presso lo stesso ateneo, la Laurea Specialistica in Discipline

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2011-2012

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Musicali discutendo una tesi di Estetica Musicale. Dall’età di 7 anni coltiva la passione per il pianoforte conseguendo il diploma di compimento inferiore al Conservatorio “A. Buzzolla” di Adria e la licenza in Storia della Musica presso L’Istituto Superiore di Studi musicali “Vecchi-Tonelli” di Modena. Ha lavorato presso l’ufficio editing del Teatro Comunale di Bologna e presso la segreteria artistica del Teatro Comunale “L. Pavarotti” di Modena e, dal 2010, collabora con la Gioventù Musicale d’Italia (Modena) per la progettazione e scrittura dei programmi di sala. Attualmente ricopre il ruolo di assistente alla produzione per Medianova srl (Bologna) e collabora con il Conservatorio G.B. Martini sempre nella stessa città.

Alberto Spano, direttore artistico del Festival Internazionale di Santo Stefano di Bologna, è stato ideatore e direttore artistico di numerose altre rassegne musicali, prevalentemente bolognesi. Giornalista professionista e critico musicale, è stato fondatore e direttore responsabile delle riviste specializzate Lyrica e Symphonia. Ha collaborato con Il Resto del Carlino, la Repubblica e con vari periodici, fra i quali L’Europeo, Musica, Il Giornale della Musica, Musica Jazz. Ha curato numerosi libri di argomento musicale e i programmi di sala per molti teatri. È stato responsabile dell’ufficio stampa di varie manifestazioni fra cui il «Lugo Opera Festival», il Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano, l’Aterforum Festival, l’Accademia Pianistica «Incontri col Maestro» di Imola, la Fondazione Arturo Toscanini di Parma, le Celebrazioni Nazionali per il Bicentenario di Vincenzo Bellini di Catania, l’Accademia

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Filarmonica di Verona. All’attività giornalistica ha alternato l’attività di produttore discografico per Ermitage, Aura, Papageno, Decca, Universal e Repubblica.

Carlida Steffan laurea in musicologia e dottorato in arti

visive e performative - ha svolto attività didattica in diversi conservatori e dedica parte della sua ricerca musicologica alla musica sacra barocca; ha pubblicato Rossiniana, (Pordenone, 1992), Cantar per salotti. La musica vocale italiana da camera (1800-1850). Testi, contesti e consumo (Pisa-Roma, 2007). Si occupa di interpretazione e messa in scena dello spettacolo musicale nell’Otto/novecento e collabora con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia nell’ambito del progetto «Invito all’Opera». Ha lavorato all’edizione critica delle liriche da camera di Vincenzo Bellini (Ricordi, in corso di stampa) e sta curando l’edizione delle Soirées musicales di Rossini (Bärenreiter). È docente di storia della musica presso dell’Istituto Superiore di Studi Musicali «Vecchi - Tonelli» di Modena.

Simonetta Tanari si è diplomata in pianoforte all’istituto musicale “A.Peri” di Reggio Emilia sotto la guida del maestro Ennio Pastorino. Ha approfondito la sua formazione culturale laureandosi in Lettere moderne presso l’Università di Parma, con una tesi sulla Musica per tastiera, relatore Prof. Gian Paolo Minardi. Si è esibita come solista e in varie formazioni cameristiche. Ha svolto un’intensa attività didattica e attualmente coordina e dirige la Scuola di musica del Comune di Fiorano Modenese, dove insegna dal 1994, organizzata e gestita dalla Fondazione Gioventù musicale d’Italia - sede di Modena.

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COOPERATIVA CHICO MENDES

Il progetto noci dell’Amazzonia Il “progetto noci” della Cooperativa Chico Mendes è frutto dell’incontro e della collaborazione tra le realtà associative e cooperative emiliane e il Movimento dei Popoli della Foresta, guidati allora dal leader indio Chico Mendes. Attraverso il lavoro delle cooperative amazzoniche e la commercializzazione equa ed eco-solidale della Noce dell’Amazzonia, un frutto dalle eccellenti qualità organolettiche e nutrizionali, le popolazioni locali riescono a mantenere se stesse contribuendo alla conservazione della più grande

foresta del mondo. Ogni “Castanheira”, la pianta della Noce dell’Amazzonia (Bertholletia Excelsa) arriva fino a sessanta metri d’altezza e copre centinaia di metri quadri di foresta, facendo da scudo e protezione alle piante sottostanti e alla vita del bosco. Protegge la foresta, ma per continuare a vivere ha bisogno che l’ambiente in cui cresce mantenga le caratteristiche di bosco incontaminato e intatto.

Cooperativa Chico Mendes Via Fabriani 120 - 41100 Modena Telefono 059 302914 chico-modena@libero.it www.chicomodena.it


Pubblicazione a cura di Mauro Bompani Gmi Modena Stampa La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio srl



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