gmimo Concerti

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Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

stagione 2010-2011

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CONCERTI

a

STAGIONE


Comitato d’Onore

Fondazione Gioventù musicale d’Italia

Vasco Errani

Consiglio Direttivo

Presidente della Regione Emilia-Romagna

Presidente - Consigliere delegato

Maria Luisa Vanin Tarantino

Benedetto Basile Prefetto di Modena

Soci fondatori

Giorgio Pighi

Sindaco del Comune di Modena

Margit Spirk Lando Lanni della Quara

Massimiliano Del Casale

Soci promotori

Comandante dell’Accademia Militare di Modena

Emilio Sabbatini

Presidente della Provincia di Modena

Aldo Tomasi

Donatella Pieri Rita Virgili Paolo Colombi Enzo Stefan

Comitato d’Indirizzo

Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Alessandra Marino

Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna Modena e Reggio Emilia

Mario Scalini

Soprintendente per i beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia

Vittorino Andreoli Salvatore Carrubba Enrico Dindo Alberto Sinigaglia Giorgio Vidusso Carlo Fontana Lando Lanni della Quara Con il patrocinio di

Aldo Sisillo

Direttore artistico della Fondazione del Teatro Comunale di Modena

Andrea Landi

Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Roberto Franchini

Presidente della Fondazione Collegio S.Carlo

Marina Orlandi Biagi

Presidente della Fondazione Marco Biagi

Pubblicazione edita da

Edizioni Artestampa

viale Ciro Menotti, 170 - 41100 Modena tel. 059 239 530 - Fax 059 246 358 edizioni@edizioniartestampa.com www.edizioniartestampa.com Progetto grafico e impaginazione

Avenida

© 2010 Edizioni Artestampa Tutti i diritti sulle fotografie e sulla stampa sono riservati. L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171della Legge n. 633 del 22/04/1941. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in alcuna forma e con qualunque mezzo, senza il permesso dell’editore. ISBN 978-88-6462-018-3

Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Archivio audio

Presidente - Direttore artistico

Archivio foto

Donatella Pieri

Organizzazione e comunicazione

Mauro Bompani Amministrazione

Lorena Casini Segreteria

Giampiero Lazzaretti Segreteria organizzativa

Alessandro Bardelli Marta Bompani Cecilia Brandoli Martina Conti Marina Pivetti Crissula Valiuli

Collaboratori alla progettazione e ai programmi di sala

Tarcisio Balbo Irene Sala Carlida Steffan

con il contributo di

Alfredo Rumpianesi Giampaolo Prampolini Servizi tecnici e allestimento

Mutina Eventi Servizi di sala

Mediagroup Si ringraziano

Azienda agricola La Viazza Azienda agricola S. Antonio Bottega Oltremare Modena Concorso 2 Agosto Bologna Concorso Forme uniche della continuità nello spazio Consorzio del prosciutto di Modena Cooperativa Chico Mendes Curanatura Dallari abbigliamento maschile Fondazione Marco Biagi Fondazione Teatro Comunale Foreste per sempre Istituto musicale Vecchi-Tonelli Modena jazz club Slow Food Modena

con il patrocinio di


Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

stagione 2010-2011

I 24 (ventiquattro!) appuntamenti della ventiduesima stagione della Gioventù musicale modenese sono anzitutto una sfida ai tagli di risorse per la cultura, in particolare musicale, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ha voluto sostenere rilanciando il proprio sostegno. Il progetto è caratterizzato da un ampliamento del ventaglio di forme di spettacolo, di tradizioni e di scuole musicali. Si conferma la proposta di giovani talenti, vincitori di importanti concorsi internazionali o già avviati a brillanti carriere internazionali, presentati con la consueta formula dei “concerti aperitivo”. Accanto ad essi, musicisti di grande fama, impegnati nella creazione di un nuovo rapporto con il pubblico e nel rinnovamento della forma concerto: come il violoncellista Mario Brunello, che tra la primavera e l’autunno 2010 eseguirà e “racconterà” le Suite di Bach, in sei avvincenti conferenze-concerto, proposte già a Torino, a Bologna e in programma all’Auditorium Parco della Musica di Roma; o come Spira mirabilis, il progetto musicale “senza Direttore” che ha ottenuto amplissimi e lusinghieri apprezzamenti in Italia e in Europa. Per questa terza presenza consecutiva nelle stagioni GMI, la Spira raddoppia l’appuntamento: a dicembre in formazione “completa” e a febbraio in formazione di Ottetto. Le diverse rassegne spaziano dal grande repertorio della musica cosiddetta “classica” a mondi sonori più recenti o di estrazione extra europea: dal jazz alla musica

africana, alla quale sono dedicati alcuni appuntamenti “collaterali” alla mostra fotografica “Breaking news” che la Fondazione Cassa di Risparmio dedicherà a quel Continente. Una particolare attenzione, sia nella programmazione sia nel prezzo dei biglietti, è rivolta alle comunità di stranieri residenti a Modena da GMI e dall’Associazione Moxa, con la quale GMI riprende una collaborazione già sviluppata nel passato. Al 150° anniversario dell’Unità d’Italia è dedicato lo specifico progetto “150: l’Italia suona e canta”, quattro concerti-conferenze focalizzati su altrettante tappe musicali distanti un cinquantennio l’una dall’altra. Saranno dunque numerosi i concerti accompagnati da brevi presentazioni o commenti, tenuti dagli stessi interpreti o da musicologi e studiosi: una formula che ha il vantaggio di avvicinare all’ascolto anche un pubblico meno esperto. Gli appuntamenti con la musica “non accademica” prevedono anche quest’anno la rassegna Piani diversi, che mette confronto pianismo classico e improvvisazione jazzistica, oltre a incursioni a cavallo tra musica jazz ed etnica Confermato anche il legame con il concorso musicale “2 agosto”, il cui vincitore riceve ogni anno la committenza di un brano dalla GMI modenese, da eseguire in prima assoluta nella stagione. Analoga intesa è avviata da quest’anno con il Laboratorio concorso di Melbourne, altra importante occasione per giovani compositori.


In collaborazione con

Domenica 5 dicembre ı ore 17.30 Auditorium Chiesa San Carlo

Sabato 18 settembre ı ore 21 Chiesa del Voto

Noncerto La fortuna di Schumann e Chopin

Tra cielo e terra

Una miscela esplosiva di Africa e jazz

Arsene Duevi chitarra e voce Giovanni Falzone tromba

Musica classica a sorte e improvvisazioni jazz

Carlo Balzaretti pianoforte Michele Di Toro pianoforte jazz

Coro Gudu Gudù

Conduce Maurizio Franco

In collaborazione con

Martedì 7 dicembre ı ore 21 Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Domenica 26 settembre ı ore 15.30 Castelnuovo Rangone - Sala delle mura

Spira mirabilis Schumann

Quando il cerchio selvaggio della vita mi stritola

lirica vocale da camera Cho Joo soprano Marino Nahon pianoforte Schubert, Verdi, Poulenc

INAUGURAZIONE DELLA STAGIONE

In collaborazione con

Giovedì 21 ottobre ı ore 21 Teatro comunale Luciano Pavarotti Prokof’ev, Mozart, Hindemith, Schifrin

Byio. Water is life Saba Anglana voce Quartetto musicale Musica del Corno d’Africa

Sabato 13 novembre ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Trio d’archi Broz Paola Bonora flauto

Sabato 20 novembre ı ore 17.30 Auditorium Chiesa San Carlo Yury Revich violino Piotr Koscik pianoforte Debussy, Paganini, Sarasate, Rachmaninov, De Falla, Piazzolla Giovedì 2 dicembre ı ore 19 Ex ospedale Sant’Agostino

Una colonna sonora africana

Regina di fiori e di perle Gabriella Ghermandi voce recitante Gabin Dabire polistrumentista

ı ore 19.30 Piccolo buffet etiope ı ore 21

Quintetto di fiati Bibiena

Mozart

Sabato 11 dicembre Auditorium Marco Biagi ı ore 18

CONCERTO DEGLI AUGURI

Sabato 8 gennaio ı ore 21 Auditorium Chiesa San Carlo

NeMa Problema! Orkestar

Musica gitana, balcanica, klezmer in jazz In collaborazione con

Sabato 15 gennaio ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1861. Fatta l’Italia cantiamo in italiano

Gruppo cameristico e allievi delle classi di canto

Romanze da camera e arie d’opera Conduce Carlida Steffan

realizzata e presentata da Marco Boccitto

2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sede GMI Rua Muro 59 · Modena Telefono 059 235736 info@gmimo.it Dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19.30 sabato dalle 10 alle 12.30 Prelazione abbonati stagione precedente fino al 9 ottobre 2010 Biglietteria on-line www.gmimo.it Vendita diretta Presso le sedi dei concerti, 90’ prima dell’inizio 4


In collaborazione con

Giovedì 20 gennaio ı ore 21 Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Lunedì 7 marzo ı ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Saleem Abboud-Ashkar

pianoforte Bach, Schubert, Chopin

Bach Brunello

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Giovedì 27 gennaio ı ore 21.30 Baluardo della Cittadella

Geologia della suite strumentale Mario Brunello violoncello Bach Suite n°2

Sabato 12 marzo ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi Sofya Gulyak pianoforte

Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz

Maurizio Moretti pianoforte Andrea Pozza pianoforte jazz

Primo Premio Concorso di Leeds 2009

Conduce Maurizio Franco

Liszt

Lunedì 7 febbraio ı ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo Spira mirabilis formazione cameristica Schubert

Sabato 19 marzo ı ore 17.30 Teatro (o Auditorium) San Carlo Concerto aperitivo

Heath Quartet

Premio concorso Haydn di Vienna 2009

Haydn, Dvorˇák

Sabato 12 febbraio ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1911. Musica dinamica: sonorità al futuro

Sabato 26 marzo ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1961. Dalla canzonetta alla canzone d’autore Lara Luppi voce Lucio Bergamini pianoforte

Musiche di Fabrizio Festa, Raniero Gaspari, Simone Santini Testi di Fortunato Depero a cura di Luisa Canal Conduce Fabrizio Festa

Conducono Alberto Bertoni, Lucio Bergamini

Venerdì 18 febbraio ı ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Bach Brunello

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Giovedì 31 marzo ı ore 21 Baluardo della Cittadella

Il mistero del manoscritto Mario Brunello violoncello

2011. Il jazz italiano Recital trio

Bach Suite n°1

De Bonis, Zambrini, Fabbri, Negri, Vasques, Sillato, Ponchiroli, Petretti, Conduce Stefano Zenni

Giovedì 24 febbraio ı ore 21.30 Baluardo della Cittadella

Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz

Diego Mingolla pianoforte Mario Piacentini pianoforte jazz Conduce Maurizio Franco

Sabato 2 aprile ı ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Bach Brunello

Biglietti e abbonamenti

Sabato 26 febbraio ı ore 17.30 Auditorium Marco Biagi Umberto Clerici violoncello Diego Mingolla pianoforte Goricˇar, Debussy, Delius, Beethoven

Abbonamento a tutti i concerti (con posto numerato) Intero 130 euro “Dolce e metà” due abbonamenti a 200 euro Minori di 26 anni 50 euro Biglietti per i singoli concerti Concerti al Teatro Comunale (21 ottobre e 7 dicembre) e al Teatro (o Auditorium) San Carlo Intero 15 euro Ridotto 10 euro Concerti all’Auditorium Biagi e al Baluardo Cittadella: Intero 12 euro Ridotto 8 euro

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Il violoncello di Bach Mario Brunello violoncello Bach Suite n° 3

In caso di esaurimento posti, i concerti previsti al Teatro San Carlo potranno essere trasferiti all’Auditorium situato a fianco, con mantenimento dei posti numerati.

Teatro Comunale (20 gennaio): sconto 30% per Amici GMI sul prezzo dei biglietti (vedi stagione del Teatro comunale www.teatrocomunalemodena.it) Biglietti ridotti Amici GMI (tessera annuale 10 euro) Minori di 26 anni e maggiori di 65 anni Cittadini stranieri Riduzioni speciali Concerti del 5 e dell’11 dicembre e dell’8 gennaio: Cittadini stranieri 2 euro 5


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

festivalfilosofia sullafortuna

Sabato 18 settembre 2010 ore 21 Chiesa del Voto

Noncerto

La fortuna di Schumann e Chopin Musiche di Robert Schumann e di Fryderyk Chopin estratte a sorte per l’esecuzione di Carlo Balzaretti pianista classico, l’improvvisazione di Michele Di Toro pianista jazz, il commento di Maurizio Franco musicologo

Carlo Balzaretti, talento affermato in Italia e all’estero, già più volte ospite della GMI modenese anche per questo tipo di esperienza musicale, ha proposto oltre trenta brevi pezzi dei due compositori che quest’anno compiono due secoli di vita (non essendo mai morti, in verità): Chopin e Schumann. Una decina

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La fortuna è il tema del festival filosofia che si tiene a Modena, Carpi e Sassuolo dal 17 al 19 settembre, al quale la GMI non fa mancare il proprio contributo musicale, come sempre “in tema”. Il Noncerto che la GMI ha ideato e offre al pubblico del decimo festival filosofia è una “versione estrema”, sotto il profilo dell’incertezza e della sorte, di Piani diversi, la fortunata formula che prevede una “sfida-incontro” tra un pianista classico e un jazzista, con una certa dose di incertezza e casualità. I dieci titoli dei brani sono estratti a sorte da una selezione di trenta, contenuti in altrettante piccole confezioni di aceto balsamico invecchiato dieci anni, offerte dalla “Salumeria con cucina” di via Malatesta 20 a Modena, che per l’occasione affianca il consueto e generoso sostenitore di tutte le stagioni della GMI, la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Fortuna che arriderà anche a quegli spettatori, scelti tra i non modenesi, che riceveranno in omaggio i campioni di aceto, al termine della serata.

di questi brani sono estratti a sorte; con queste tessere il musicologo conduttore della serata, Maurizio Franco ha il compito di costruire un percorso musicalmente vario e coerente; Michele Di Toro, uno dei giovani jazzisti più importanti d’Italia, è chiamato a improvvisare, dopo l’esecuzione di ciascuno di

essi. Il compito di domare il caso e di fare si che la sorte sia una buona sorte dipende – come si può capire – dall’arte, dalla tecnica, dalla sensibilità, dalla cultura dei due musicisti e del conduttore. Senza escludere un pizzico di astuzia. Come in tanti altri campi dell’agire umano.


Zero

anidride carbonica La buona musica non produce inquinamento acustico, a differenza delle invasive e anonime composizioni che spesso infestano il bar, il ristorante, l’ascensore, il treno, la spiaggia, la sala d’attesa, ecc. Ma anche la buona musica genera un certo impatto ambientale, come ogni altra attività umana. Le sale devono essere illuminate e riscaldate, il pubblico si reca spesso al concerto in automobile, la produzione del materiale promozionale utilizza carta ed energia, ecc. Esiste un indicatore generalmente utilizzato per valutare l’impatto ambientale, ed è la produzione di anidride carbonica, il gas che genera l’effetto serra e il cambiamento climatico della Terra. Da quest’anno, le stagioni Gmi non daranno più il loro sia pur piccolo contributo di impatto ambientale. È stata calcolata, con buona approssimazione, la quantità di CO2 emessa dall’intera stagione (per la cronaca, e per gli specialisti: circa 10.000 kg). Quindi, con l’aiuto di “Foreste per sempre”, un progetto di volontariato internazionale promosso dalle GEV di Modena, si è “tradotta” tale quantità in ettari di foresta (poco meno di 10), che sarà piantumata e fatta crescere in Costarica con il finanziamento della Gmi

modenese. La piantumazione ed i primi anni di crescita di un bosco o di una foresta sono infatti i periodi in cui la vegetazione assorbe molta più anidride carbonica di quanta ne produca. Ed essendo il cambiamento climatico un fenomeno globale…

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Domenica 26 settembre 2010 ore 15.30 Sala delle Mura Castelnuovo Rangone

“Quando il cerchio selvaggio della vita mi stritola” Poesie, traduzioni, segni e pensieri prestati alla lirica vocale da camera a cura di Carlida Steffan

Joo Cho soprano

Marino Nahon pianoforte

Franz Schubert (1797-1828) An die Musik Schäfers Klagelied Auf dem Wasser zu zingen Der Zwerg Gretchen am Spinrade

Giuseppe Verdi (1813-1901)

Perduta ho la pace (trad. da Goethe) Deh pietoso, oh Addolorata (trad. dal Faust di Goethe)

Franz Schubert Nacht und Träume Heidenröslein Du bist die ruh Erlkönig

Francis Poulenc (1899-1963) Calligrammes (su testi di Guillaume Apollinaire)

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Joo Cho, soprano, sudcoreana, si è laureata in Canto presso l’Università Chung-Ang di Seoul; ha poi conseguito il diploma presso il Conservatorio “Verdi” di Milano, sotto la guida di Stelia Doz. Si è perfezionata con Ernesto Palacio, Jaume Aragall e Demetrio Colaci. All’Opera House di Seoul si è esibita come protagonista in diverse produzioni, da Mozart a Wagner. Joo Cho si è perfezionata nel repertorio liederistico frequentando masterclasses di Helmut Deutsch, Irwin Gage, Dalton Baldwin. Alcuni suoi concerti hanno visto la partecipazione del musicologo Quirino Principe in qualità di voce recitante. Fra le numerose prime esecuzioni assolute in cui si è esibita sono da ricordare almeno Sette di Niccolò Castiglioni, e Milano 2005 di Gustav Kuhn, per soprano, violino e orchestra Joo Cho è stata ospite della GMI modenese nella stagione 2009 - 2010 Marino Nahon, si è diplomato a pieni voti in pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Successivamente ha proseguito gli studi con Pietro Soraci, Michele Fedrigotti e Piero Rattalino. Ha

frequentato masterclasses di pianoforte e musica da camera con Paul Badura-Skoda, Bruno Canino, Dalton Baldwin, Antonio Ballista, Irwin Gage, Norman Shetler, Alexander Lonquich. Ha suonato, in veste di solista o in formazioni cameristiche e liederistiche, in numerose sale da concerto italiane e all’estero. Frequenta con continuità la produzione musicale contemporanea, e ha eseguito in prima assoluta opere di Cori, Danieli, Bo, Zosi e Gardella. Carlida Steffan musicologa; si é dedicata a diversi ambiti di ricerca, tra cui le riduzioni canto e piano dell’Ottocento e la lirica da camera italiana del primo Ottocento (Cantar per salotti. La musica vocale italiana da camera (1800-1850). Testi, contesti e consumo, PisaRoma, 2007). Ha curato l’edizione critica delle liriche da camera di Vincenzo Bellini (Ricordi, in corso di stampa) e lavora all’edizione delle Soirées musicales di Rossini (Bärenreiter). È docente di storia della musica per la didattica presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali «VecchiTonelli» di Modena.


Poesia e musica si corteggiano da sempre e nel corso dei secoli l’una si è servita dell’altra, con intenti e modalità diverse. Sul chiudersi del Settecento e poi a lungo per i decenni seguenti canzoni/canzonette, romanze e Lieder portano poesia e musica all’interno dello spazio privato ed in particolare del salotto borghese. A Vienna, la firma liederistica più famosa è apposta da Franz Schubert: la sua produzione è straordinaria dal punto di vista numerico (sono oltre seicento i Lieder) e offre un caleidoscopio delle modalità con cui musica e poesia si intrecciano […] Schubert attinge in maniera rilevante dal serbatoio della poesia alta, d’autore: dall’eccellente Goethe, ma anche da Matthäus von Collins, dall’amico Franz Schober e da altri autori i cui nomi sono a noi più lontani. Poeti, dunque, della generazione precedente o contemporanea al compositore viennese, che consuma la sua breve esistenza in soli 35 anni (1797-1828). Schubert dà una svolta netta al rapporto tra poesia e musica; quest’ultima, come ascolteremo, può assecondare, confondere, sbiadire oppure trascolorare il testo e rimodellarlo in soluzioni nuove […] Anche Giuseppe Verdi (1813-1901), oltre una ventina d’anni più tardi, si lascia attrarre da questo testo di Goethe, nella traduzione italiana stesa dall’amico Luigi Balestra, Perduta ho la pace. La costruzione musicale qui prende tutt’altra strada, scandita dalla ripresa quasi a mo’ di ritornello ossessivo della quartina iniziale, mentre voce e pianoforte assecondano la narrazione, passando attraverso tratti energici e momenti sognanti. Sempre nel 1838 Verdi mette in musica un’altra canzone dal Faust di Goethe, fornitogli dallo stesso Balestra, Deh, pietoso, oh Addolorata (Ach neige, Du Schmer-

Associazionismo culturale e volontariato insieme per la solidarietà internazionale

zensreiche), la preghiera che Margherita intona davanti all’immagine della Mater Dolorosa. Il discorso musicale si adatta ai versi, assecondandone il significato attraverso materiali sempre nuovi (tecnicamente, durchkomponiert). […] Con Francis Poulenc (1899-1963) entriamo nei salotti francesi del secolo passato, dove non solo parole, ma anche segni, disegni e pensieri sono prestati alla musica. Il poeta è Guillaume Apollinaire, nato a Roma nel 1880 e poi trasferitosi a Parigi: qui coglie tutta l’effervescenza intellettuale ed artistica dei primi decenni del Novecento (muore nel 1918). Poulenc, amico della maggior parte dei poeti contemporanei, lo prediligeva; e per il suo ciclo di mélodies sceglie sette “testi” da Calligrammes (1913-16), uno frutti più maturi dell’esplorazione espressiva del segno grafico condotta da poeta. Il quale, impregnato tra l’altro di idee futuriste, aveva individuato nel calligramma la possibilità di mettere insieme «segno, disegno e pensiero» e aveva visto che esso era la «via più corta [...] per costringere l’occhio ad accettare una visione globale della parola scritta». […] Il compositore francese dimostra la sua inclinazione a cesellare melodie di grande charme, ricreando la suggestione grafica del testo attraverso la scrittura pianistica. In altre parole, la musica riesce sempre a tracimare, a trovare un suo libero corso al di là e al di fuori delle intenzioni intellettuali o sperimentali del testo. Sarà compito delle avanguardie dei decenni seguenti cercare una «visione globale» anche nella scrittura musicale. Carlida Steffan Testo integrale del programma di sala su www.gmimo.it


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

CONCERTO DI INAUGURAZIONE

Giovedì 21 ottobre 2010 ore 21 Teatro comunale Luciano Pavarotti

Quintetto di fiati Bibiena Giampaolo Pretto flauto Paolo Grazia oboe Alessandro Carbonare clarinetto Roberto Giaccaglia fagotto Stefano Pignatelli corno

Sergej Prokof’ev (1891-1953)

Pierino e il lupo op.67 Favola sinfonica per bambini trascritta per quintetto di fiati recitanti da Andrea Chenna

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Andante in fa maggiore K.616 Für eine Walze in eine kleine Orgel

Paul Hindemith (1895-1963)

Kleine Kammermusik für fünf blaser op. 24 n. 2 Lustig. Massig schnelle Viertel Walzer. Durchweg sehr leise Ruhig und einfach. Achtel Schnelle Viertel Sehr lebhaft

Lalo Schifrin (1932)

Quintetto per strumenti a fiato La Nouvelle Orleans

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Il Quintetto Bibiena nasce nel 1993, e in breve si accredita come uno degli Ensemble più innovativi del panorama concertistico europeo. Il “Bibiena” da allora effettua centinaia di concerti in Italia, Francia, Austria, Germania, Sudamerica e molti altri paesi. Da Aix-en-Provence a Salisburgo, da tutte le Società di concerti italiane (S. Cecilia, Società del Quartetto di Milano, Unione Musicale, Amici della Musica di Firenze e Palermo, Festival di Ravello, Settembre Musica e molti altri ancora) ai principali Teatri e Festival europei, propone con successo la sua peculiare strategia artistica: una combinazione di repertorio puro, Nuova Musica e arrangiamenti, alcuni dei quali pensati per un impiego più teatrale della loro professionalità, che li vede anche nella veste di attori. Ne “Il racconto del controfagotto” di Andrea Chenna per quintetto e archi, (presentato in un tour del 2004 con l’Orchestra d’Archi Italiana e registrato in DVD con l’Ensemble Spira Mirabilis nel 2008), una sintesi del ˇechov viene recitata dai “Romanzo del contrabbasso” di C cinque tra interventi strumentali di spiccato solismo. Lo stesso accade nel “Pierino e il lupo” di Prokof’ev, arrangiato dello stesso Chenna (proposto finora in quattro diverse lingue) Scrivono brani originali per il Quintetto Bibiena, che ne cura la prima esecuzione, compositori come Ivan Fedele e Matteo D’Amico, Carlo Boccadoro e Alberto Colla, Riccardo Nova, Andrea Chenna, Nicola Campogrande, Giovanni Sollima, Stefano Bellon. Il gruppo collabora con pianisti come Campanella, Dalberto, Lucchesini, Cominati; con l’ Orchestra d’Archi Italiana e Mario Brunello; con la cantante Luisa Castellani; col percussionista indiano B.C. Manjunath. Nel 2009 partecipano al progetto “Banna Musica” e propongono sotto la supervisione di Luca Francesconi due nuovi lavori composti dai giovani emergenti Cassinelli e Corrado, che saranno riproposti all’Unione Musicale di Torino e da Milano Musica 2010. Dopo un concerto salutato da particolare successo alla Società del Quartetto di Milano nel 2006, il critico Angelo Foletto scrive: “ Non è normale essere un’orchestra di cinque strumenti. Non è facile essere uno strumento fatto di cinque esecutori; ancor meno se si è fiati. Da molti anni il Quintetto Bibiena ci riesce”. Il quintetto è stato ospite della GMI modenese il 25 marzo 2006, con il pianista Roberto Cominati.


La serata si apre all’insegna del divertimento per grandi e piccini con la favola sinfonica per bambini Pierino e il Lupo di Prokof’ev, eseguita nell’ormai celebre e apprezzata versione di Andrea Chenna, trascritta e arrangiata espressamente per il Quintetto di fiati Bibiena. Com’è noto ad ogni strumento è associato un personaggio della storia che viene perciò caratterizzato dalla peculiarità timbrica propria di quello strumento (per esempio l’uccellino è il flauto, dal timbro cristallino e leggiadro, l’anatra è l’oboe, dal timbro dolce e nasale e così via). Ciò che contraddistingue la versione del Bibiena è la grande teatralità con cui i virtuosi del Quintetto associano recitazione e musica narrando a turno la fiaba, rendendo la rappresentazione coinvolgente ed esilarante, senza nulla togliere all’originaria connotazione pedagogica voluta dal grande compositore russo. Dopo l’intervallo la serata continua con uno degli ultimi lavori di Mozart, scritto nel 1791, anno della morte del maestro salisburghese: l’Andante in fa maggiore K 616 per piccolo organo meccanico a cilindro. Il brano, di per sé molto semplice, va inserito nel più ampio contesto dell’interesse settecentesco illuministico nei confronti della riproduzione meccanica, del progresso tecnico e dei cosiddetti automi musicali. Fu infatti il proprietario di un negozio di macchine musicali (Conte Deym von Stritetz) a commissionargli l’opera. Mozart, del resto, non disdegnava questi marchingegni, simili a carillon, data la loro precisione e pulizia riproduttiva. Il terzo brano in programma richiede un ascolto più im-

pegnativo, per la sua complessità, pur senza perdere quell’atmosfera ironica che caratterizza tutti i brani del concerto. Hindemith, infatti, compone la seconda di otto serie di Musiche da Camera (Kammermusiken) per quintetto di fiati nel 1922; sono gli anni della maturazione di uno stile personale, che risente della musica atonale e dissonante di quel periodo ma anche della corrente della “Nuova oggettività” in Germania. Quest’opera si impone come uno dei primi capolavori strumentali del musicista, segnando una rivoluzione per il nerbo contrappuntistico e l’aggressiva pulsione ritmica. Essa rispecchia, inoltre, quel cosiddetto deadpan o humor inglese, tipico della sua musica. Va sottolineato che il compositore e violinista amava particolarmente la scrittura musicale per piccoli insiemi, in particolar modo per quintetto di fiati. Infine l’atmosfera cambia totalmente con l’esecuzione de La nouvelle Orleans di Lalo Schifrin. Vale la pena di ricordare i pezzi più celebri di questo importante ed eclettico pianista e compositore noto al grande pubblico principalmente per le sue musiche da film, quali il famosissimo tema di 007 o di Mission Impossible o ancora del primo Ispettore Callaghan. Anche all’ascolto de La nouvelle Orleans emerge la visionarietà di questa musica, che può evocare immagini e sensazioni precise nella mente dell’ascoltatore. Schifrin contrappone sapientemente stile classico e jazz, con chiari richiami all’atmosfera blues soprattutto nella cadenza finale dell’oboe che imita il suono dell’armonica. Irene Sala

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2010-2011

Sabato 13 novembre 2010 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Trio d’archi Broz Barbara Broz violino Giada Broz violino e viola Klaus Broz violoncello

© C o s imo Fil ip p in i 2008

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Paola Bonora flauto

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Quartetto con flauto in re KV 285 Allegro Adagio Rondeau

Quartetto con flauto in do KV 285b Allegro Tema e Variazioni Paola Bonora è nata a Milano dove ha conseguito nel 1985 il Diploma in flauto. Nello stesso anno si è trasferita a Parigi dove si è perfezionata nello strumento al Conservatoire National Supèrieur de Paris dal 1990. Paola Bonora ha suonato come Primo Flauto con grandi orchestre quali BBC Symphony Orchestra di Londra, BBC Galles, London Philarmonic Orchestra, Royal Philarmonic Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Ensemble Intercontemporain di Parigi, Ensemble 2E2M di Parigi e ha collaborato con molte altre orchestre. Musicista versatile, si esibisce sia come solista che in diverse formazioni da Camera spaziando dalla Musica Antica alla Musica Contemporanea. Dal 2009, Paola Bonora fa parte dell’Ensemble Barocco Silete Venti! suonando con strumenti d’epoca, sia barocchi che classici. Dal 2006 al 2008 è stata docente della classe di Flauto alla Scuola di Musica di Fiesole.

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Il Trio Broz è composto dai fratelli Barbara, violino, Giada, violino e viola, Klaus, violoncello. Originari di Trento, hanno iniziato a suonare assieme nel 1993 perfezionandosi con docenti del Mozarteum di Salisburgo. Pluripremiati in concorsi nazionali, hanno svolto tournées in tutta Europa. Al loro attivo annoverano ormai più di 300 concerti sia in Italia che all’estero. Perfezionatisi con illustri docenti e musicisti (Piero Farulli, Andrea Nannoni, Rocco

Filippini, Hatto Beyerle, Norbert Brainin, Milan Skampa, Bruno Steinschaden) hanno conseguito il Diploma di Merito della Accademia Chigiana di Siena per la frequenza al corso di Quartetto del M° Farulli. Attualmente seguono i corsi di Alto Perfezionamento della Scuola di Musica di Fiesole e la classe di Musica da Camera dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Sono già stati ospiti della stagione 2008-2009 della GMI modenese.


Il Quartetto K 285 (al quale si ricollegano i due brani, per uguale organico, K 285a e K 285b) è fra le prime opere composte a Mannheim, dove Mozart, accompagnato dalla madre, era giunto il 30 ottobre 1777 lasciando alle spalle l’infruttuoso soggiorno a Monaco e Augusta. Attraverso i consigli e la mediazione di J. B. Wendling, lo «squisito flautista »(Mozart) della celebre orchestra della città, il musicista conobbe il ricco olandese De Jean, musicista dilettante, e aderì, seppure svogliatamente, alle sue richieste di creare composizioni originali per flauto (secondo Cadieu, Mozart stesso ha confessato di sentirsi «anchilosato» quando doveva scrivere per tale strumento). I tre Quartetti per flauto e archi, i Concerti K 313 e K 314, e l’Andante K315 furono le risposte di Mozart al singolare «contratto». Il K 285 che, secondo Einstein, «nessuno potrebbe mai immaginare che non sia stato composto con amore », attraverso la freschezza del discorso, l’invenzione traboccante e continua, la sapienza concertante nella condotta dei quattro strumenti, raggiunge un livello qualitativo che trascende l’apparato convenzionale dello stile galante. Commento Abert: «Già l’inizio con i numerosi sospiri rimanda al gusto di Mannheim. Il tempo più originale è quello di mezzo, con la melodia del flauto accompagnata a mo’ di romanza da un pizzicato (..,); più importante è però il primo tempo, con la sua accurata condotta delle parti, l’appassionato sviluppo molto esteso ma tematicamente qualificato». Einstein: «l’Adagio dolcemente melanconico, forse il più bel “solo” accompagnato che sia mai stato scritto per flauto». Curiosità Mozart trovò molte difficoltà nell’essere pagato dal «difficile committente» DeJean. Pare che, dei tre Quartetti, il K 285 sia stato il solo gradito come stile, contenuto e lunghezza. A testimonianza dell’indole buffonesca di Mozart, ecco la

poesia che questi inviò alla madre in una tappa del viaggio di ritorno (che riportiamo anche perché tra i versi fanno capolino i Quartetti per flauto di De Jean!): Signora mamma! Mi piace la panna! Sia lode al cielo, sia lode a tutti i santi non siamo malati e stiamo bene tutti quanti. Ce ne andiamo in giro per il mondo ma in tasca non abbiamo più di un soldo. (...) li Signor Wendling sarà tutto furente perché io non ho scritto quasi niente. Ma appena passo il ponte sopra il Reno, me ne ritorno indietro in un baleno. e scrivo i miei Quartetti per benino cosi non potrà darmi del cretino. Quanto al Concerto ecco la mia pensata: lo butto giù a Parigi, alla prima cacata. Preferirei, ad esser sincero, girare con costoro il mondo intero piuttosto che viaggiar con certa gente buona soltanto per l’attimo presente: che solo al pensarci mi viene male al ventre. Ma se poi andremo insieme, sarà quel che sarà. VaI più il culo di Weber che la testa di Ramm. (...) Ma basta con i versi; voglio ora annunciarle che lunedì venturo, senza tante domande, di baciarle la mano l’onor mi sarà dato (...) à dieu mamma il figlio suo devoto però tutto rognoso Trazom Testo tratto da: Poggi - Vallora, “Mozart. Signori, il catalogo è questo”, Einaudi, 1991, pagg. 279 - 281

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena inoltre insignito del Premio Nazionale “Christmas Star” e della medaglia alle “Generose gesta per la gloria della Patria “. Nel 2005 ha vinto la borsa di studio intitolata a Mtislav Rostropovitch e partecipa al “Vladimir Spivakov’s International Fund Programme”. Nel 2008 è stato insignito dalla Guzik Foundation di San Francisco del Guzik Award per giovani talenti. Nel 2008 il maestro francese Alan Karbonar ha costruito un violino appositamente per lui. Yury ha inoltre suonato, su invito della Società Stradivari, sul violino Guarneri del Gesù “Ex - Max Rostal” e sullo Stradivari “Duca D’Alba”.

Sabato 20 novembre 2010 ore 17.30 Auditorium Chiesa San Carlo

Yury Revich violino

Piotr Koscik pianoforte

Claude Debussy (1862-1918) Sonata per violino e pianoforte Allegro vivo Intermède Finale

Niccolò Paganini (1782-1840) Paul Kochanski (1887-1934)

La Campanella

Sergej Rachmaninov (1873-1943) Vocalise

Pablo de Sarasate (1844-1908)

Fantasia dalla Carmen

Manuel de Falla (1876-1946)

Spanish Dance

Pablo de Sarasate (1844-1908)

Gypsy Airs

Astor Piazzolla (1921-1992)

Grand Tango

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Yury Revich (http://yuryrevich. webs.com/) è nato nel 1991 a Mosca. Ha iniziato a suonare il violino all’età di cinque anni e a sette è stato ammesso alla Central Music School del Conservatorio di Mosca nella classe di Galina Turchaninova. Dal 2005 al 2009 Revich ha studiato con i Professor Pickaizen. Nel 2009 è stato ammesso al Conservatorio di Vienna nella classe di Pavel Vernikov e Anton Sorokow. Revich ha inoltre preso parte a masterclass con Mtislav Rostropovitch, Liana Isakadze, Dmitrij Sitkovetsky, Pavel Vernikov, Zakhar Bron, ed altri grandi violinisti. Yury ha suonato con importanti orchestre quali la Russian National Orchestra diretta da Mikail Pletnev, i “Solisti di Mosca” diretti da Yuri Bashmet, la Georgian - German Chamber Orchestra, la Chamber Orchestra “Kremlin” diretta da Mischa Rachlevsky. Yury Revich si è esibito nelle maggiori sale da concerto del suo Paese, compresa la Sala Grande del Conservatorio di Mosca, ed inoltre nella Moscow International Music House, alla Moscow Central Concert Hall “Russia”, alla Tchaikovski Concert Hall, alla Armoury Chamber del Cremlino e in molte altre. Ha tenuto recital in molti altri Paesi del mondo, tra cui Stati Uniti (New York, Carnegie Hall), Canada (Toronto, Glenn Gould Studio), Italia, Finlandia, Georgia, Germania, Francia, Svezia, Danimarca, Lituania, Norvegia, Austria, Israele. È già stato invitato a suonare in molti Festival Internazionali; tra gli inviti più importanti ricordiamo quello di Vladimir Spivakov al Festival di Colmar, quello di Liana Isakadze al Festival di Batumy (Georgia), quello di Nikolai Petrov al Festival “The Music Kremlin”. Yury Revich è vincitore dell’International Competition “Virtuoses of the XXI Century” di Mosca e di altri premi nazionali e internazionali. È stato

Piotr Koscik è nato nel 1987 a Rzeszow in Polonia. Qui ha incominciato lo studio del pianoforte Tra il 2000 ed il 2006 è stato allievo di Zanna Parchomowska. Dal 2006 studia alla University of Music di Vienna con Oleg Maisenberg. Piotr Koscik è stato premiato in numerosi Concorsi Internazionali,quail ad esempio l’International Silezia Piano Competition di Zabrze 2005, il Klavierpodium der Jugend di Monaco 2009 e l’International Competition for Young Musicians in Enschede 2008, dove si è classificato al secondo posto ed ha vinto il Premio Speciale della Netherlands Symphony Orchestra. Ha ricevuto un “Young Talents Award” ed una borsa di studio dal Primo Ministro polacco. Nel 2009 è stato tra I premiati alla Maschmann Foundation Scholarship Competition di Linz. Piotr Koscik ha tenuto concerti in Austria, Polonia, Germania, Olanda e Repubblica Ceca in importanti sale da concerto come ad esempio la Radiokulturhaus di Vienna e la Gasteig di Monaco, lavorando con direttori del calibro di Vladimir Kiradijev, Toshio Yanagisawa, Jacek Delekta. Ha inoltre partecipato a numerose masterclasses. Piotr Koscik è membro della International Chopin Society di Vienna.


Tra XIX e XX secolo, quando la tradizione romantica sembra ormai lasciare il posto alle sperimentazioni avanguardistiche più ardite, i compositori classici non dimenticano di lanciare uno sguardo al passato e recuperare quelle forme musicali che hanno segnato la storia della musica occidentale, esplorandole con grande libertà e vestendole di novità. Il trait d’union che collega i brani, da Debussy a Piazzolla, è il ritorno e il recupero della romanza da salotto, storicamente caratterizzata da voce e strumento accompagnatore e accolta tra le forme operistiche, ma anche forma prestata alla musica strumentale: sono pianoforte e violino a fare qui da protagonisti. La forte spinta nazionalistica e il senso di appartenenza ad una terra che caratterizzano il Novecento, rendono

strettamente personale e riconoscibile lo stile di ognuno di questi compositori. La spagna di De Falla e De Sarasate risuona nella Carmen fantasy e Spanish dance, il ritmo argentino nel Gran Tango di Piazzolla, l’inconfondibile impressionismo musicale francese nelle note della sonata di Debussy. Il virtuoso del violino può sbizzarrirsi e dare libero sfogo alla brillantezza tecnica nell’arrangiamento di Kochanski de La Campanella di Paganini. Un richiamo vero e proprio alla romanza da salotto per voce e strumento si trova in Vocalise di Rachmaninov, che affida il canto del noto tema dolce e malinconico al violino, in Carmen fantasy che riprende temi dalla Carmen di Bizet e nella Spanish dance arrangiata dall’opera di De Sarasate La vita breve. Irene Sala

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 2 dicembre 2010 ore 19 Ex ospedale Sant’Agostino

Colonna sonora per una mostra africana Con Marco Boccitto

(...) Nell’ortodossia delle versioni corali come nella sgangherata cover reggae di Ras Dumisani che ultimamente ha fatto gridare al vilipendio, Nkosi Sikelel’ i-Afrika, il più giovane e già immarcescibile inno nazionale del pianeta, è un marchio di fabbrica. Un segnalibro piantato nel mezzo di una storia ben precisa. Tanto quanto Pata Pata di Miriam Makeba. O Mbube, la canzone di Solomon Linda da cui discende la celebre Wimoweh - The Lion Sleeps Tonight (e con essa un certo modo di maltrattare il diritto d’autore degli africani). (…) Scritta nel 1887 dall’insegnante Enoch Santonga in una township vicino Johannesburg, eseguita una prima volta nel 1899, intonata nel 1912 all’assemblea costituente di quello che sarebbe diventato l’African National Congress, Nkosi Sikelel’ i-Afrika nei successivi ottant’anni risuonerà a ogni riunione clandestina e a ogni manifestazione (…). Una calma espressione di forza e rabbia anche atea, a dispetto di quel “Dio benedica l’Africa” che ne guida l’incedere vagamente gospel. (…) L’innodia cristiana dei missionari in Sudafrica aveva trovato un terreno fertile, un gusto polifonico spiccato e ultra-dinamico che non si è fatto mortificare dall’impatto “evangelizzatore” e col tempo ha finito per trovare una quadra. Esiti celestiali li possiamo ascoltare nei dischi dai Ladysmith Black Mambazo, che hanno avuto successo nel mondo a partire da Graceland, il celebre bestseller di Paul Simon. Disco controverso, perché incrinava il fronte del boicottaggio al regime di Pretoria ma in qualche modo ne esaltava i naturali antagonisti. (…) Minor sorte è toccata al jazz sudafricano, linguaggio comune fortemente personalizzato, avverso al razzismo per costituzione, che nasce povero ma ingegnoso. Ogni volta che una star internazionale come Abdullah Ibrahim tocca il suo pianoforte a coda, a riecheggiare è storia di strumenti poveri (il flauto pennywhistle, le chitarre fatte con taniche e freni di bicicletta), di suoni lubrificati con l’alcol clandestino negli shebeen, i bar nei quali si sfuggiva alle notti di co16

Marco Boccitto, 46 anni, romano, giornalista, mischiadischi itinerante e conduttore radiofonico, si occupa da sempre di musiche e culture del mondo da una prospettiva spudoratamente afrocentrica. Attualmente è caporedattore centrale al Manifesto, dove a partire dal 1989 ha lavorato per le pagine «arti&media», «extra», «suq», «alias», ideando in particolare l’inserto musicale Ultrasuoni. Numerosi i reportage (non solo musica) realizzati da diverse aree del pianeta, dal Kirgizistan al Sudafrica.

Per RadioRai ha condotto numerosi programmi, da Stereonotte a Fahrenheit, da Suoni & Ultrasuoni a Battiti, da Centolire a File urbani, da Afroville (sulle musiche africane urbane) a Zingaresca (sull’universo sonoro dei Rom). Attualmente è ai microfoni di Alza il Volume, sempre su RadioTre. In tv ha collaborato con RaiSatShow e condotto per Cult Network la serie Music Portraits. Inoltre: per l’editore Theoria il libro Mother Africa e i suoi figli ribelli; per la Irma Records la compilation Globe@t; in coppia con il griot senegalese Pape Kanoute il live-set Anema & Kora. Come dj non allineato ha fatto girare i suoi dischi in decine di festival, club e centri sociali. Marco Boccitto, redattore capo di Alias (supplemento settimanale de Il Manifesto) e conduttore di Raio3, è uno dei maggiori esperti di musiche del mondo, con una particolare attenzione alla musica africana, della cui ricchissima e estremamente diversificata tradizione mostra l’evoluzione sia nelle direzioni sperimentali e di contaminazione “alta” con il jazz e la musica europea, sia i cedimenti alla logica più commerciale e omologata. L’incontro sarà incentrato su ascolti e commenti

prifuoco. Marabi, kwela, jive, sono tutti i nomi del jazz nato così, il township jazz. Per il regime una cosa erano le tradizionali “danze di guerra” zulu ricontestualizzate come valvola di sfogo del weekend, dopo il lavoro nelle miniere, o la successiva sferzata elettrica dei ritmi mbaqanga; altra cosa era questa musica che andava lievitando, inesorabilmente multirazziale, meditabonda e indignata. Miriam Makeba viene da lì, ma l’esilio le ha imposto di essere altro, altrove. Alla pari di Chris Mc Gregor, un pianista bianco che impollinerà la scena inglese con gli ottoni della sua Brotherhood of Breath, la “fratellanza del respiro”. E da lì viene gente come Dudu Pukwana, Kippie Moeketsi, Johnny Dyani, Louis Moholo, giganti di un jazz parallelo e distinto: il jazz sudafricano ai tempi dell’apartheid. (…) Per sapere come è andata a finire basterebbe dare un ascolto al pianista Gtx Xaba, accreditato nella playlist preferita di Mandela, quando suona la sua Reconciliation. Così “riconciliata”, è musica che ha perso ogni tensione morale, ogni spinta poetica. Fusion con la pancetta, buona per ingollare aperitivi sul Waterfront di Città del Capo. Nel paragone con i suoni di ieri c’è la prova, forse, che l’assioma tempi bui-ottima musica raramente perdona. Ma attenti alla nostalgia canaglia, alla differenza che passa tra il rimpianto per una musica e quello per un’epoca. Oggi è più giusto e tranquillizzante che sia la canzone afrikaner a riguadagnare spazio. E poi ogni malinconia può sparire sotto i colpi del kwaito e dello shangaan electro, il suono spavaldo che sale dalle zone più povere. Un codice della strada, un modo sconcertante di ballare e di essere se non politici almeno anti-politici, Senza problemi di memoria, perché vicenda tutta interna alla generazione post-apartheid. Che trova oltremodo difficile riconciliarsi con qualcosa che sta accadendo solo ora. Marco Boccitto La versione integrale è stata pubblicata nel giugno 2010 sul numero 1 di “Terre in vista”, supplemento del quotidiano il manifesto


BREAKING NEWS FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA DA MEDIO ORIENTE E AFRICA

George Osodi Ogony Boy 2007 c-print Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Hrair Sarkissian In Between HS09A15, 2007 c-print Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Pieter Hugo Abdullahi Mohammed with Gumu Ogere Remo, Nigeria 2007 c-print Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

BREAKING NEWS

Modena Ex Ospedale Sant’Agostino 27 novembre 2010 · 13 marzo 2011 La Fondazione Cassa di Risparmio di Modena è lieta di annunciare la rassegna che presenterà al pubblico dal 27 novembre 2010 al 13 marzo 2011 il terzo nucleo di acquisizioni della collezione internazionale di fotografia contemporanea, film e video d’artista, curata da Filippo Maggia. Oggetto d’indagine sarà la scena artistica contemporanea di Medio Oriente e Africa. Saranno 21 gli artisti coinvolti, provenienti da 12 diversi Paesi, in un percorso di oltre 115 opere, in prevalenza fotografiche. Dopo Asian Dub Photography, mostra che ha presentato a fine 2008 la prima sezione

Daniel Naudé Appaloosa horse in foal, Curry’s Post, KwaZulu-Natal 23 October 2009 c-print Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

della Collezione, dedicata all’arte dell’Estremo Oriente, e Storia Memoria Identità, presentata lo scorso inverno e incentrata sulla scena artistica dell’Est Europa, l’attenzione si sposta ora su un’area geografica ampia e complessa, segnata da profonde contraddizioni e al contempo intrisa di forza straordinaria. L’elenco degli artisti selezionati include: Philip Kwame Apagya (Ghana), Yto Barrada (Francia/Marocco), Yael Bartana (Israele), Taysir Batniji (Palestina), Jodi Bieber (Sudafrica), Mounir Fatmi (Marocco), Samuel Fosso (Camerun), David Goldblatt (Sudafrica), Bob Gosani (Sudafrica), Pieter Hugo (Sudafrica), Goddy Leye (Camerun), Daniel Naudé (Sudafrica), Cedric Nunn (Sudafrica), George Osodi (Nigeria), Hrair Sarkissian (Siria/Armenia), Wael Shawki (Egitto), Ahlam Shibli (Palestina), Mikhael Subotzky (Sudafrica), Jinoos Taghizadeh (Iran), Guy Tillim (Sudafrica), Akram Zaatari (Libano).

Guy Tillim Supporters of Jean-Pierre Bemba line the road as he walks to a rally from the airport, Kinshasa 2006 dalla serie “Congo Democratic” stampa ai pigmenti Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Informazioni Fondazione Fotografia c/o Fondazione Cassa di Risparmio di Modena Via Emilia Centro 283, Modena Tel 059 239888 - Fax 059 238966 info@mostre.fondazione-crmo.it www.mostre.fondazione-crmo.it


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Domenica 5 dicembre 2010 ore 17.30 Auditorium Chiesa San Carlo

Tra cielo e terra Una miscela esplosiva di Africa e Jazz

Arsene Duevi voce e chitarra Giovanni Falzone tromba e human effects Roberto Zanisi cümbüs, steel pan, bouzuki, darbuka, cayon, didjeridoo e canto difonico Tetè Da Silveira percussioni Gennaro Scarpato batteria e il Coro Gudu Gudù Un progetto di Saul Beretta Produzione Musicamorfosi

Africa Nera e jazz tribale, sciamanesimo e meditazione. Un concerto senza confini e latitudini, capace di unire musica etnica e jazz, elettronica e tecniche millenarie, voci umane e strumenti insoliti, la cui invenzione si perde nella notte dei tempi. In un impasto unico e originale suggestioni sonore e ritmi provenienti dall’Africa con la voce sciamanica del cantante togolese Arsene Duevi e il Coro Gudu Gudù (circa 40 elementi) da lui costituito e diretto. Il coro, promosso dall’Associazione Genitori (A.ge.) di Cinisello Balsamo, è composto da una quarantina di genitori adottivi che cantano in lingua Ewè, per comunicare, trasmettere emozioni, ma anche spunti di riflessione: la pace, la giustizia, i diritti negati dei bambini, la necessità di impegnarsi personalmente per migliorare le cose che sono ‘sottosopra’ come afferma il nome del Coro che in Ewè significa appunto Sotto Sopra. Dall’Australia viene il suono ipnotico del didjeridoo. Dall’America centrale e dall’Asia gli strumenti originali di Roberto


Zanisi, unico solista italiano di cümbüs e steel pan, e dal Tibet l’ipnotico canto difonico. L’impasto sonoro si completa con la forza dirompente della tromba di Giovanni Falzone. Un concerto senza confini con due artisti del Togo, piccolo stato dell’Africa centro occidentale e un polistrumentista italiano che abbraccia strumenti provenienti da ogni parte del mondo con tecniche assolutamente non tradizionali. Protagonisti quindi suoni e voci dell’Africa Nera: la voce del cantante togolese Arsene Duevi e le percussioni di Tetè Da Silveira, ma anche il grande pentolone di Trinidad di Tobago conosciuto come Steel Pan, il bouzuki greco e il cumbus turco, la çiftelia albanese e la guya cayon del Perù. Suoni insoliti, canzoni che parlano di pace, di tolleranza di impegno per migliorare le cose e che invitano a ascoltare la voce degli anziani del villaggio e ad aprire la mente e il cuore a voci e tradizioni di altre culture che possono arricchire anche la nostra vita di tutti i giorni.

Arsene Duevi bassista, chitarrista, direttore di coro e cantante è anche etnomusicologo: in West Africa ha condotto una minuziosa ricerca sui ritmi e canti locali ed è stato direttore del coro della Cattedrale di Lomé. Arriva in Italia nel novembre 2002. Dal 2003 dirige il Coro Gudu Gudù nato da una sinergia tra Musicamorfosi e Associazione Italiana Genitori. Il 10 dicembre 2008 Arsene è stato uno dei protagonisti dell’evento concerto di Radio Popolare dedicato a Fabrizio De Andrè al Dal Verme di Milano. Nel 2009 lo spettacolo Tra Cielo e Terra, un originale incontro tra suoni, artisti e strumenti di tutto il mondo, è stato presentato in diretta a Radio 3. Sono disponibili on line sul sito www.myspace.com/arsene2v alcuni dei brani più significativi del progetto. Giovanni Falzone Trombettista e compositore Vincitore del primo Premio “Miglior Talento Umbria Jazz 2000”.

Dal 1996 ad oggi ha suonato con direttori e solisti di fama internazionale: Giuseppe Sinopoli, Claudio Abbado, Carlo Maria Giulini, Riccardo Chailly, Yutaka Sado, Luciano Berio, Vladimir Jurowski, Valere Giergev, Salvatore Accardo, Placido Domingo. Da cinque Stagioni le sue composizioni vengono regolarmente eseguite dall’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi di cui per 6 anni è stato prima tromba. Premio Django d’or 2004 nella categoria Miglior Nuovo Talento. Primo classificato nel referendum indetto dalla rivista Musica Jazz nel 2004 come Miglior Nuovo Talento. Roberto Zanisi suona chitarre a 12 corde, bouzouki e cümbüs (un ibrido tra sarod, dobro, banjo e oud). Come percussionista ha collaborato con orchestre salsa e con musicisti jazz d’avanguardia, tra cui Sainkho Namtchylak, Martin Tetreault, David Fiuczynski e Carlo Actis Dato. Dal

2003 al 2006 partecipa alle tourneè europee di Stewart Copeland & La Notte della Taranta. Tete’ Da Silveira percussionista togolese suona e dirige un gigantesco gruppo di percussionisti del Togo. Collabora con Arsene Duevi dal 2003 e ha suonato dal vivo a Rai Radio 3 e Radio Popolare anche in collaborazione con Giovanni Falzone e il cantautore Tricarico. È fondatore del Collettivo L.I.C. (Lost Identities Collective). È il sassofonista / clarinettista della band de Le Sorelle Marinetti e dell’Orchestra Maniscalchi con la quale sta effettuando una lunga tournée suonando repertorio jazz italiano anni ’30-’40. con Musicamorfosi dal 2002. Gennaro Scarpato batterista e percussionista partenopeo. Collabora stabilmente dal 1998 con Edoardo Bennato, accompagnandolo in tournèe nazionali e internazionali e partecipando a trasmissioni televisive e video-clip. Ha collaborato con: Marco Zurzolo, James Senese, Alex Britti, Toni Esposito, Eugenio Bennato, Enrico Ruggeri, Antonio Onorato, Solis String Quartet, Velvet, Giovanni Venosta.

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Martedì 7 dicembre 2010 ore 21

Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Spira mirabilis Robert Schumann (1810-1856) Sinfonia n°1 in si bemolle maggiore “La Primavera”

Andante un poco maestoso - Allegro molto vivace Larghetto Scherzo: molto vivace Allego animato e grazioso

G l or i a C a mp a n e r

Spira mirabilis nasce dal talento e dalla creatività di un gruppo di giovani musicisti professionisti italiani e stranieri (originari di Italia, Svizzera, Austria, Germania, Francia, Colombia, Panama, Nuova Zelanda, Corea, Giappone, Slovacchia, Lettonia, Israele, Spagna), di età media inferiore ai ventisei anni, provenienti dalle migliori accademie e

orchestre europee: non studenti ma giovani professionisti che continuano a studiare. La maggior parte di noi ha avuto e ha il privilegio di far parte delle più esaltanti e dinamiche realtà musicali d’Europa, di esibirsi con i più grandi Maestri. In tale condizione di privilegio abbiamo trovato la libertà di sceglierci reciprocamente, nello spirito di un allargato gruppo da camera, e di elaborare assieme un pensiero più complesso e approfondito che riguarda la differenza tra fare o essere musicisti e soprattutto il valore della comunicazione attraverso la musica colta, analizzata negli aspetti educativi (secondo il significato etimologico, ossia del trar fuori da chi ascolta), sociali (universalità del linguaggio capace di stemperare le differenze), logistici (far musica non solo nei teatri, creando situazioni informali) e storico-culturale (l’accuratezza dell’esecuzione). Dall’ispirazione iniziale, dall’unione di intenti, dalla collegialità a cui abbiamo improntato il nostro lavoro, ha preso corpo la scelta di rinunciare alla figura del direttore d’orchestra: direttore di questo gruppo è il pensiero musicale collettivo che prende vita durante le prove partendo dal contributo di ciascuno.


Continuare l’opera di Beethoven e brillare di luce nuova agli occhi di Clara ovvero Scrivere la Prima Sinfonia in si bemolle Il 19 settembre 1840 due innamorati osteggiati dal padre di lei si sposano per coronare la loro appassionata storia d’amore. Il padre di lei e maestro di lui, Friedrich Wieck, aveva ben intuito che Robert Schumann possedeva un grande talento musicale, ma aveva altrettanto notato nel giovane musicista una certa quale instabilità psicologica. Sua figlia Clara non era dello stesso parere, completamente ammirata dalla possente personalità artistica di Robert. Il quale, cambiando stato di famiglia, decide di dare una svolta alla propria professione di compositore. Negli anni ’30 egli aveva creato una numerosa sequela di pezzi per tastiera, nei quali, pur avendo voluto indagare ed approfondire gli antichi maestri tedeschi del periodo barocco e classico, invero aveva dato vita alla prima fase radicale della stagione romantica. Se nelle sue lettere e nei suoi scritti di questi anni leggiamo parole di grande ammirazione per le creazioni di Bach, di Mozart e di Beethoven e soprattutto per le architetture nelle quali essi avevano collocato la loro ispirazione, nondimeno nei pezzi pianistici Robert si era allontanato molto dalle mirabili geometrie dei suoi predecessori, facendo del frammento, del destrutturato, del rapsodico e dell’extramusicale il perno apparente della sua mai sazia ricerca musicale. Arrivando a scrivere, con la Fantasia in Do op. 17, il più importante testo pianistico del primo romanticismo, tale da poter contemplare da vicino le ultime sonate di Beethoven e la loro straordinaria visionarietà avanguardistica e al tempo stesso le ultime di Schubert e il loro abbandono contemplativo e struggente a “divine lunghezze”. E rilanciando il discorso in avanti. Stanco del pianismo integrale – e i motivi si scoprono essere i più vari e tutti pertinenti – nel 1840, tutto preso dall’amore vero e sincero per Clara, prende a studiare i lieder di Schubert e cerca di reinventare il loro intimismo letterario, ovvero quell’incredibile fusione che essi raggiugono fra musica e poesia, luogo ove la bellezza può essere descritta solo dalla parola cantata. Ma Clara, musicista di notevole talento e frequentatrice delle sale da concerto, pur essendo una pianista, è molto attratta

dal mondo della “sinfonia”, genere musicale che, dopo Beethoven, si è imposto sugli altri agli occhi del grande pubblico della Germania. Pubblico che conta fra le sue file anche i più blasonati critici musicali, quelli che scrivono sui periodici e sui giornali che contano, soprattutto a Lipsia, dove l’Orchestra del Gewandhaus diretta da Mendellsohn furoreggia rivisitando le sinfonie degli antichi maestri e ad un tempo si manifesta ansiosa di presentare nuovi lavori, adatti alle mode moderne che gli anni anni quaranta del XIX secolo esigono. Quasi una rivoluzione industriale nel campo della musica, arte che si chiede esca dai salotti e si imponga ad un vasto pubblico, un pubblico nuovo ed urbanizzato, più smaliziato e più cattivo di quello di qualche anno prima. Ricettivo nei confronti di queste esigenze, volendo sempre più affrancarsi dal ruolo ormai per lui scomodo di esecutore, e desideroso di sfogare a buon diritto le sue smanie compositive, Robert schizza in pochi giorni, nel febbraio del ’41, una nuova prima sinfonia. Il 31 marzo dello stesso anno, orchestrata in un mese ed aggiungendo all’impianto dell’organico classico due corni tre tromboni ed un triangolo (!), Robert Schumann affida alla direzione di Mendellsohn la sua Sinfonia in Si bemolle al Gewandhaus di Lipsia. Anni dopo scriverà a Clara, fra le altre cose “Quel giorno è stato uno dei più importanti della mia vita artistica”. Ma che cosa succede in questa sinfonia? Essa si è dimostrata all’altezza degli illustri maestri che la hanno preceduta? Ha esibito un carattere tale da riuscire a sedurre le aspettative dei suoi contemporanei e, in particolare, dell’ipercritica consorte Clara? Ha detto insomma qualcosa di nuovo e, perché no, di grande? E, cosa fra tutte oggi la piu importante, questa musica è ancora in grado di parlare con noi e di destarci emozioni e pensieri? Lo swing dell’orchestra schumanniana, alla sua prima prova davvero significativa, si esaurisce in un catalogo archiviabile negli scaffali della storia passata, oppure può rendersi fatto contemporaneo e dialogare con noi alla grande? Risposta non facile, nondimeno entusiasmante il ricercarne qualche pezza d’appoggio. Cerchiamo di capirci qualcosa, ammesso che sia possibile farlo al di là delle solite note e noiose convenzioni… Antonio Baroncini

Incipit del programma di sala

I programmi di sala di Spira mirabilis, curati dal musicologo Antonio Baroncini, sono stampati e ceduti al pubblico in cambio di un contributo per il finanziamento delle attività della Spira. La GMI ne consiglia caldamente l’acquisto. E poi, l’inizio incuriosisce moltissimo, no? 21


2010-2011 © V a l e n tin a V a l e n te

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 11 dicembre 2010 Auditorium Marco Biagi In collaborazione con

Musica e parole dall’Etiopia Ore 18

Regina di fiori e di perle Racconti e musiche dall’Etiopia

Gabriella Ghermandi voce Gabin Dabire polistrumentista Ore 19.30

Piccolo buffet etiope

Ore 21

Byio. Water is life Saba Anglana voce

Salvio Vassallo tastiere Martino Roberts basso Cheikh Fall kora, djembè Tatè Nsongan chitarra, percussioni Musiche del Corno d’Africa

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Gabriella Ghermandi (www.gabriella-ghermandi.it) Italo-etiope-eritrea, è nata ad Addis Abeba nel 1965, e si è trasferita in Italia nel 1979; vive a Bologna, città originaria del padre. Seguendo l’arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope, scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro per il mondo. Direttrice artistica per due anni del Festival Evocamondi, rassegna di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista El Ghibli, a Bologna. La sua intensa attività teatrale e teorica sul tema della multidentità e della scrittura è da anni oggetto d’interesse per molti studiosi anche all’estero, e la portata di recente a compiere un tour tra alcune delle più significative Università degli Stati Uniti. Ha detto di sé. “Per i bianchi non ero bianca e per i neri non ero nera. Mia madre ha vissuto e subito il colonialismo e voleva che io e i miei fratelli ci sentissimo il più possibile italiani. Voleva cancellare la sua identità e la sua lingua: oggi io parlo benissimo l’amarico e lo capisco meglio di lei… La nostra era una vita mista, fatta di quattro lingue diverse: l’amarico e

l’italiano erano quelle di tutti i giorni, il bolognese e l’eritreo erano le lingue della festa. Mio padre appena incontrava un emiliano si esprimeva in stretto dialetto bolognese, quando invece arrivava la nonna si parlava tigrino”. Gabin Dabiré nasce a Bobo-Dioulasso nel Burkina Faso. Nel 1975 in Danimarca entra in contatto con la musica sperimentale europea. Più tardi, in India, conosce le musiche religiose, classiche ed etniche, rapportandosi con i grandi maestri di sitar, sarod e di tablas. Rientrato in Europa, approfondisce lo studio delle percussioni africane e asiatiche, i cordofoni, il canto e la composizione. Crea con alcuni artisti milanesi il gruppo multimediale “Correnti Magnetiche” suoni e immagini dai primitivi all’elettronica. In Italia, importante è il suo impegno per la diffusione della cultura africana fondando nel 1984 a Milano, il “Centro di Promozione e Diffusione della Cultura Africana”, patrocinato dall’Unesco, per lo sviluppo della letteratura, del cinema, del teatro, della danza e della musica.


© 2009 Mich e l e V a cca

Saba Anglana (http://www.sabaanglana.com/) è nata a Mogadiscio, da mamma etiope e padre italiano. Si laurea in Storia dell’Arte, si occupa di tecniche di restauro, lavora nell’ambito dell’editoria e della comunicazione. Parallelamente si occupa di spettacolo, lavorando come attrice in produzioni teatrali e televisive, sviluppando progetti discografici in ambito internazionale. Tra il 2008 e il 2009 Saba porta in tutta Italia il suo concerto articolato tra canto e parola, musica e narrazione, accompagnata da una carismatica band internazionale: Martino Roberts (basso) Cheikh Fall (kora, djembè) Tatè Nsongan (chitarra, percussioni). L’artista offre la magica alchimia del suo spettacolo in prestigiosi contesti come l’ Earth Day di Nat Geo Music, a fianco di Cesaria Evora, sul prestigioso main stage all’Italia Love Wave Festival, l’Auditorium Flog di Firenze per il Festival Musica dei Popoli o il Festival Internazionale di Hammamet.

Regina di fiori e di perle

Debre Zeit, cinquanta chilometri da Addis Abeba, 1980: una grande famiglia patriarcale; un legame speciale tra la piccola Mahlet e il vecchio Yacob, che un giorno le racconta del tempo degli italiani, venuti ad occupare l’Etiopia, e degli Arbegnà, i fieri guerrieri - e guerriere - che li hanno combattuti. Quel giorno, Mahlet fa una promessa: da grande andrà nella terra degli Italiani e si metterà a raccontare… Regina di fiori e di perle (Donzelli editore, 2007) è un romanzo che rovescia il mito dell’italiano “colonialista buono” e ricostruisce la memoria del nostro passato coloniale, una memoria scomoda perché gli italiani massacrarono un popolo cristiano dichiarandolo “razza inferiore”. Protagonisti del racconto gli anziani e le donne, donne guerriere, donne che ascoltano, donne che tramandano e tessono le loro trame. Un romanzo che percorre oltre cento anni di storia, dal tempo di Menelik ai giorni nostri. A cavallo tra lingue ed etnie, tra nazioni e continenti, tra occupazioni militari e guerre fratricide, si dipanano le mille storie di questa Shahrazade dei nostri tempi, fiera delle sue origini etiopi ed eritree, e insieme capace di usare la lingua italiana con l’intensità e la precisione di un bisturi. Dal romanzo, successivamente, è nata l’idea di creare un spettacolo di narrazione che intersechi più voci, da una parte la narrazione del passaggio violento del colonialismo italiano nella famiglia materna dell’autrice, dall’altro le varie storie del romanzo che vengono porposte al pubblico attraverso brevi letture che si inseriscono nella narrazione. La narrazione e le letture sono intervallate da musica e canzoni del musicista Burkinabè Gabin Dabirè e da canti tradizionali etiopi cantati dalla stessa autrice/narratrice. Lo spettacolo è stato presentato a San Giovanni in Persiceto con la partecipazione di Stefano Benni e a Roma con quella di Ascanio Celestini Così Gabriella Ghermandi definisce il proprio lavoro: “La spinta al recupero dell’oralità è sorta da una esigenza che ha radice nel mio retoscena culturale etiope, dove si è abituati a vivere e condividere tutto con la comunità. Narrare nasce dal desiderio di condividere l’emozione di un racconta che pulsa ogni volta con ritmo diverso perchè tra narratore e pubblico si forma un cuore unico, irripetible. Il canto che accompagna la narrazione rappresenta l’amore che nutro per la cultura etiope, per la sua spiritualità intrinseca e mi piace pensare di portarla qui, con le canzoni che non sono mai vuote di significato, che conferiscono un doppio senso ad ogni cosa e da sempre sono la voce del popolo”. Sul sito della GMI, la recensione dello spettacolo di Alessandro Portelli

Byio. Water is life

Nel 2009 Saba ed il produttore, co-autore delle musiche, Fabio Barovero, incontrano ad Addis Ababa musicisti tradizionali e contemporanei: una ricerca musicale sul campo nella capitale etiope, dove convergono un po’ tutti gli stili musicali del Corno d’ Africa. Questi contributi fanno parte dell’effervescente melting pot sonoro, di lingue e di culture che costituiscono il nuovo album di Saba, “Biyo”, registrato anche con il solido contributo dei musicisti che l’accompagnano dal vivo. Il titolo dell’Album è una parola che rimanda al termine greco Bios, cioè Vita, ma che in somalo, la lingua della terra natale di Saba, indica con significativa attinenza l’ acqua. Il tema dell’acqua come risorsa in assoluto più importante per l’uomo, è infatti il perno attorno a cui ruota tutto il progetto discografico, pubblicato e distribuito da marzo 2010 in Italia. Sul sito della GMI è pubblicata una descrizione delle undici tracce dell’album Byio (cuore dello spettacolo di Saba Anglana). 23


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

CONCERTO DEGLI AUGURI

Sabato 8 gennaio 2011 ore 21 Auditorium San Carlo

NeMa Problema! Orkestar

Musica gitana, balcanica, klezmer in jazz Edoardo Tomaselli, Maurizio Paniccià, Luca Grazioli tromba Carlo Coppadoro tromba, sax contralto Davide Marzagalli sassofono contralto, darbuka e congas Michele Obizzi sax tenore Enrico Allorto basso tuba Fabio Marconi chitarra, bombardino tenore Christopher Martinez basso elettrico Lucio Sagone batteria e percussioni

La NeMa PrObLeMa! Orkestar (vedi pagina facebook) è una formazione originale che propone un repertorio variegato, un’energetica turbo miscela sonora che mescola musiche dell’Europa dell’est – della tradizione gitana, dei balcani e della musica klezmer – con sincopate iniezioni di jazz. La NeMa PrObLeMa! inizia a suonare nel 2004, del tutto a caso, e continua a farlo piuttosto felice. Pochi fardelli molte note. Chi c’è suona! L’idea è quella di dare vita a un progetto di musica di strada che ruoti attorno alla tradizione sonora dell’Europa dell’Est. Nasce così una formazione originale, capace di adattarsi a qualsiasi contesto e situazione: un gruppo di musicisti in grado di suonare su un palco, con tutta l’amplificazione necessaria, o assolutamente acustici on the road. Suonano una musica per nulla originale, è quella che esiste da sempre, e fa ballare. Il repertorio è una mescolanza di brani tradizionali e di tradizioni, entrate le une nelle altre: scale arabeggianti, ritmi dispari, musica euro-colta e sapori mediorientali, influenze ebraiche e gitane, afro-americane, spaghetto-

jazz (punk)...non mancano calypso, mazurche, valzerini e mariachi. Lo spettacolo ruba i segreti dell’arte di strada, del teatro serio e della commedia dell’arte, e li fonde ad un’impeccabile e ricercata performance musicale. Un ringraziamento particolare a Johann Sebastian Bach, Goran Bregovic, e Charles Mingus. Niente di meglio per festeggiare il nuovo anno.

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Continua la feconda collaborazione pluriennale tra GMI e Istituto Vecchi Tonelli, che quest’anno propone un percorso musicale e canoro: arie d’opera e da salotto nelle quali si evidenzia la questione della lingua (i dialetti regionali o l’italiano?) legata alla complessità del compito di trovare un comune denominatore per i popoli che formarono l’Italia.

Sabato 15 gennaio 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi In collaborazione con

1861. Fatta l’Italia cantiamo in italiano Romanze da camera e arie d’opera Conduce Carlida Steffan

Chiara Fiorani soprano Ji Won Yeo soprano Gianluca Bocchino tenore Massimiliano Beltrame baritono Paolo Andreoli pianoforte Mario Notaristefano flauto

Ospite d’onore

Raina Kabaivanska

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Giusto centocinquant’anni fa, dopo un percorso lungo e complesso – segnato da moti rivoluzionari, battaglie, sconfitte e vittorie – si “fece” l’Italia. Costruire una nazione non fu cosa di poco conto: la cartina geografica della Penisola suggeriva certo uno stato unitario, ma esso fu innanzitutto frutto di un sogno culturale condiviso da una ristretta schiera di intellettuali. Come ricorda il celebre detto di D’Azeglio (o chi per lui), dopo aver messo insieme una nazione sotto lo stemma sabaudo, restava ancora da “fare gli italiani”. E pure questa non fu cosa di poco conto: si trattava di costruire una cittadinanza comune attraverso una lingua ed una cultura condivisa, ma nello stesso tempo in grado di far da volano alle diverse declinazioni linguistiche e culturali, mattoni della nuova nazione italiana (ne aveva avuto consapevolezza Foscolo, più tardi ancora Benedetto Croce). L’italiano letterario (il toscano) si diffuse in tutti gli ambienti colti e divenne un punto di riferimento per la cultura della Penisola intera. Ma, quasi paradossalmente, si avvertì il bisogno di riconoscere alle mille patrie comuni diventate un’unica nazione la possibilità di scavare e salvaguardare le proprie identità culturali. Questa duplicità si coglie nella prima delle quattro tappe puntiformi tratte dalla storia della musica italiana. Le composizioni che ascolteremo attingono dal serbatoio della musica cameristica vocale e strumentale della seconda metà dell’Ottocento, anni in cui il “salotto” borghese continua ad essere il luogo privilegiato della sociabilità italiana. Durante le soirées si parlava di novità editoriali, di avvenimenti culturali e politici. In questa cornice c’è spazio anche per la musica, efficace come non mai nel contribuire alla costruzione dell’identità culturale italiana e a perpetuarne le diversità. Per iniziare, Le attuali emozioni d’Italia di Giulio Briccialdi, virtuoso di flauto e compositore simpatizzante delle idee risorgimentali, propongono attraverso flauto e pianoforte un carosello di “tipicità” musicali peninsulari: romanesca, calascionata napoletana, tarantella, canto veneziano, etc... Ancor più emblematica la presenza nel repertorio da salotto di canzoni in vernacolo, che forniscono oltretutto la couleur locale con la quale l’Italia era conosciuta e riconosciuta in Europa. Ci sono canzonette in lombardo, in siciliano, in veneziano (a queste contribuisce anche Rossini di stanza a Parigi), in romano e in napoletano (con best seller intramontabili come Fenesta ca lucivi, attribuita a Bellini ma in verità montaggio dell’editore e compositore napoletano Guillaume Cottrau, che lanciò la canzone napoletana sul circuito europeo). La lingua “italiana” sta invece nelle arie d’opera, spesso attraversate da echi emotivi condivisi nella

stagione risorgimentale. Giuseppe Verdi è il compositore del momento. Nel 1861 si trasferisce a Torino, in qualità di neo Deputato alla Camera, istituita dopo l’unità di Italia e mentre siede tra i banchi parlamentari mette in musica uno stornello, Il Brigidino: poesia popolare in toscano, dal sapore arcaico ed immaginario ancora risorgimentale con coccarda e tricolore. Nelle pagine operistiche posteriori all’Unità rimane vigile la coscienza verdiana dei grandi nodi politici (libertà, patria, oppressione, chiesa vs stato, superbamente affrontati nel Don Carlo). Paese policentrico, nato da «patrie più piccole», ma finalmente “nazione”, nel 1862 l’Italia partecipa all’esposizione universale di Londra. Per l’occasione Verdi scrive un superbo Inno delle Nazioni, per solista, coro ed orchestra (poesia solenne, giusto un po’ retorica, dell’allora giovanissimo Arrigo Boito), che l’amico ed editore milanese Tito Ricordi propone in versione cameristica, da eseguirsi in salotto. Qui l’inno «Fratelli d’Italia» – colonna sonora del Risorgimento italiano – si alterna a «God save the Queen» e alla Marsigliese: almeno sul piano simbolico, l’Italia gioca oramai ad armi pari con le sorelle d’Europa. Carlida Steffan

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

In collaborazione con

Giovedì 20 gennaio 2011 ore 21 Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Saleem Abboud-Ashkar

pianoforte

Johann Sebastian Bach (1685-1750) Suite inglese No.2 in la minore

Franz Schubert (1797-1828) Sonata in la minore D784

Fryderyk Chopin (1810-1849)

Fo to M on ik a Rit te r sh a us

Polacca in fa diesis minore Notturno op. 9 n. 1 in si bemolle minore Notturno op. 32 n. 1 in si maggiore Ballata n. 3 in la bemolle maggiore Ballata n. 4 in fa minore

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Quarto anno di collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Modena, che offre ai propri abbonati, in opzione, un concerto di un giovane pianista in grande carriera proposto dalla stagione della GMI. Dopo Ramin Bahrami, Alexander Romanovski, Fazil Say, è ora la volta del palestinese Saleem Abboud Ashkar.

Saleem Abboud Ashkar, nato a Nazareth nel 1976, formatosi musicalmente alla Royal Academy of Music di Londra e presso la Hochschule für Musik di Hannover, in Germania. Ha debuttato alla Carnegie Hall di New York all’età di 22 anni e da allora ha collaborato con molte delle più importanti orchestre del mondo, quali la Filarmonica di Vienna, la Filarmonica di Israele, la Sinfonica di Chicago, la Filarmonica della Scala, la Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestra Sinfonica di Berlino e l’Orchestra Sinfonica della città di Birmingham. Si esibisce regolarmente con direttori quali Zubin Mehta, Daniel Barenboim, Riccardo Muti, Lawrence Foster, Bertrand de Billy, Philip Giordano e Ludovic Morlot. Dopo un esordio di grande successo con Christoph Eschenbach e l’Orchestra di Amburgo, Saleem Abboud Ashkar è stato invitato a suonare il Concerto di Schumann con l’Orchestra Sinfonica di Dusseldorf nel giugno 2010. La scorsa estate Saleem Abboud Ashkar è stato invitato da Riccardo Chailly a partecipare ad un tour con la Gewandhaus di Lipsia, eseguendo il Primo Concerto per pianoforte di Mendelssohn e celebrando il centenario della morte del compositore. Il direttore Riccardo Chailly e l’Orchestra hanno invitato Saleem Abboud Ashkar a collaborare nuovamente con loro nelle stagioni future. Saleem Abboud Ashkar collaborerà con l’Orchestra Sinfonica della Radio di Berlino e Kazushi Ono, la Filarmonica di Bergen e Nikolaj Znaider, l’Orchestra Mariinsky e l’Orchestra of the Royal Danish Theatre. Si esibirà inoltre in diversi recital a Milano, Firenze, al Concertgebouw di Amsterdam e a San Pietroburgo. Spesso impegnato in recital e ottimo musicista da camera, Saleem Abboud Ashkar appare regolarmente nelle più grandi sale da concerto del mondo quali il Concertgebouw, il Mozarteum di Salisburgo, il Musikverein di Vienna, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano; partecipa inoltre ai più importanti festival quali il Festival di Salisburgo con la Filarmonica di Vienna, i Proms con l’Orchestra Gewandhaus di Lipsia, il Festival di Tivoli con la Filarmonica d’Israele e Zubin Mehta, i Festival di Lucerna, Ravinia, Risor, Mentone ed al Festival dellaRuhr. Collabora inoltre con artisti quali Daniel Barenboim, Nikolaj Znaider e Waltraud Meier.


Ci sono musiche che sembrano vivere fuori dal tempo: vale per buona parte della produzione di Chopin, vale per non pochi titoli schubertiani (un esempio per tutti, il Trio op. 100 composto più o meno nel 1827, che Stanley Kubrick volle incastonare in quel magnifico affresco dell’Inghilterra settecentesca che è Barry Lindon), e vale anche per le Suites inglesi di Johann Sebastian Bach, la cui composizione e nascita sembrano restare sospese a mezz’aria. C’è chi le vuole composte tra il 1724 e il 1725, ovvero nei primissimi anni che Bach trascorre a Lipsia dopo la nomina a Kantor della celebre Tomasschule. C’è chi le vuole ultimate tra il 1717 e il 1723 a Cöthen, dove il compositore è al servizio di un principe raffinato e amante della musica, e dove compone gran parte della propria produzione tastieristica. Altri fanno risalire le Suites inglesi al 1715, quando Bach è a Weimar al servizio del duca Wilhelm Ernst. È probabile che ci sia del vero in tutte e tre le ipotesi: Bach era solito ritornare più volte sulle proprie composizioni (i curiosi diano un’occhiata, ad esempio, alle numerose versioni del celeberrimo preludio con cui si apre il Clavicembalo ben temperato), e se può esser vero che il grosso delle Suites aveva raggiungo la propria forma definitiva durante la permanenza di Bach a Cöthen, è possibile che nei primi anni lipsiensi il compositore abbia completato la raccolta premettendo a ciascuna suite un ampio preludio. In quest’ultimo particolare, in effetti, sta la caratteristica di maggior rilievo delle Suites inglesi. All’epoca di Bach, il genere della suite si fondava sulla successione convenzionale di danze stilizzate (allemanda corrente sarabanda giga), cui si potevano aggiungere ulteriori danze ‘alla moda’ (quelle che i compositori tedeschi definivano Galanterien: minuetto, bourrée, passepied, gavotta, loure), ovvero altri brevi inserti anche non danzerecci. Comuni a tutte le sezioni erano la tonalità e in genere la forma bipartita: ciascun pezzo in due sezioni, ciascuna da replicare, magari aggiungendo degli abbellimenti improvvisati. Le Suites inglesi di Bach, si è detto, si aprono invece con dei preludi di grandi dimensioni composti in stile concertante: ovvero, riproducono in nuce, su un singolo strumento a tastiera, l’alternanza di tutti orchestrali e sortite solistiche tipica del concerto d’epoca barocca. Che i preludi siano la parte più importante delle Suites, benché complementari alle danze, lo si evince anche dai titoli più genuinamente bachiani attribuiti alla raccolta (di nessuna suite, purtroppo, si conserva il manoscritto autografo): Préludes avec leurs Suites o Suites avec Préludes. Quanto alla Suite inglese in la minore BWV 807, il Prélude d’apertura ricalca nella forma, come si è accennato, il movimento iniziale di un concerto strumentale: il motivo che funge da incipit, trattato in imitazione, ricompare in altri sette punti del brano a incorniciare le virtuali sortite solistiche dell’esecutore. Le successive Allemande e Courante sono esempi mirabili d’equilibrio tra la stilizzazione delle danze tradizionali, la perizia contrappuntistica di Bach, e il suo uso della Fortspinnung: la continua elaborazione del materiale motivico usato nei brani. Il compositore ha messo per iscritto, nella Suite in la minore come nella terza Suite in sol minore, una versione ornamentata della solenne e meditativa Sarabande: si tratta, più che di un vezzo compositivo, di una scelta didattica del compositore, di cui erano note l’abilità e l’estro

d’improvvisatore alla tastiera (secondo la prassi, ciascuna delle due sezioni del double dovrebbe alternarsi alle corrispondenti sezioni della Sarabande), in cui si esemplifica il corretto modo di ornamentare un brano tastieristico. Diverso è il caso delle due Bourrée, la prima dal tono più brillante, la seconda dal piglio più rustico (in tonalità maggiore), con la seconda danza a fungere da Trio della prima. Chiude la Suite una brillante Gigue nel caratteristico e saltellante metro di sei ottavi. Ultima curiosità: i titoli apposti da Bach ai movimenti della Suite sono in francese, e allora perché Suites inglesi? Qualcuno ha ipotizzato la commissione di un britannico di rango. Più probabile che il titolo si ricavi da una copia appartenuta a Johann Christian Bach, il figlio più giovane di Johann Sebastian, conosciuto anche come “il Bach londinese”, che sul proprio manoscritto scrive - in francese - “faites pour les Anglois”: come dire, van pur bene per gli Inglesi. Cosa sopravvive della musica di Schubert dopo la morte del compositore? Poco: Schumann ne decanta le lodi dopo averne riscoperto le Sinfonie; i Lieder vivono di vita propria e si costituiscono come il nerbo del lascito musicale schubertiano; alcune composizioni cameristiche restano in circolazione (quantomeno composizioni ‘liederistiche’ come il quartetto Der Tod und das Mädchen e il quintetto Die Forelle). Quanto alla musica pianistica, ciò che resta nel circuito concertistico è il - poco - Schubert virtuosistico, con in testa un monumento quale la Wanderer-Fantasie. In questo panorama, la ventitré Sonate che Schubert compone lungo l’arco della propria vita (la prima è del 1815, quando il compositore è appena diciottenne; l’ultima, del 1828, ne precede di due mesi la scomparsa) hanno a lungo rischiato di scomparire nel limbo della produzione schubertiana d’antan, mentre proprio nelle Sonate il compositore sperimenta, a volte, le proprie idee compositive più avanzate (le quasi ossessive reiterazioni tematiche, rapporti tonali diversi da quelli canonici nel genere sonatistico). La Sonata in la minore D 784 appartiene al periodo della prima grande maturità schubertiana: nasce all’inizio del 1823, l’anno in cui Schubert compone il ciclo liederistico della Schöne Müllerin; la Sonata vede inoltre la luce pochi mesi dopo la citata Wanderer-Fantasie, quando il compositore è già al lavoro sulla celeberrima Sinfonia “Incompiuta”. Pubblicata postuma da Anton Diabelli con un numero d’opus immaginario, con dedica a Mendelssohn e col titolo posticcio di “Grande Sonata”, l’opera è in realtà una delle composizioni più introspettive di uno Schubert che aveva appena scoperto di aver contratto la sifilide, che avrebbe contribuito alla sua

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morte prematura nel 1828 a soli trentuno anni. Che la Sonata rappresenti una tappa centrale nella vita emotiva del compositore lo testimonia in primis la tonalità di la minore, tipica delle composizioni più tragiche di Schubert, ma anche la spettrale nudità del tema con cui si apre l’Allegro giusto iniziale, le cui cellule costitutive, ripetute in modo sempre più veemente, costituiscono l’intera ossatura del movimento. Una tipica melodia liederistica potrebbe essere il tema principale del successivo Andante, se non fosse per la beffarda inserzione di un inciso quasi militaresco con cui, in sordina, Schubert spezza continuamente la melodia, che si snoda con una texture sempre rinnovata attraverso fantastiche escursioni tonali. Il tema d’apertura del rutilante Allegro vivace conclusivo ricorda invece la cosiddetta “musica degli elfi” di Mendelssohn (ciò potrebbe giustificare la dedica di Diabelli); ad esso si alterna una più ampia melodia di smaccato sapore schubertiano, all’interno di una libera forma sonata caratterizzata dalle estreme escursioni tonali tipiche di Schubert. A parlare di Chopin, non si può tacere di uno dei suoi più importanti lasciti musicali, che lo lega a doppio filo alla propria madrepatria: l’insieme delle Polacche composte da Chopin tra il 1817 e il 1846 (il compositore nasce nel 1810 e muore nel 1849) che costituiscono, assieme alle Mazurche, una sorta di cronaca puntuale della vita di uno dei massimi testimoni del Romanticismo musicale. La Polonaise op. 44 risale al 1841, e precede di un anno la celeberrima Polonaise op. 53, con la quale condivide il tono eroico e baldanzoso, sempre appassionato anche negli episodi che si potrebbero definire più “lirici”. Geniale è la sezione centrale della composizione: un rapsodico Tempo di Mazurka lenta (una kujawiak, secondo la terminologia polacca) che costituisce un’oasi onirica e fuori dal tempo prima dell’implacabile ripresa del materiale tematico iniziale. A tutt’altra temperie emotiva appartiene il Nocturne op. 9 n. 1, risalente al 1830-1831 (gli anni in cui Chopin si trasferisce definitivamente a Parigi). La composizione, che risente ancora l’influenza dei Notturni del britannico John Field, storico “creatore” del genere, venne pubblicata nel 1832 dall’editore Wessel (“un imbecille”, secondo la laconica definizione di Chopin) con l’improbabile titolo di Mormorii della Senna: primo esempio dei Nocturnes chopiniani, si fonda su un costante accompagnamento arpeggiato della mano sinistra - a mo’ di barcarola - su cui si snodano gli arabeschi melodici eseguiti dalla mano destra del pianista. Al 1837 risale invece il Nocturne op. 32 n. 1, benché alcuni commentatori ritengano che il brano potrebbe essere stato composto in epoca giovanile. Anche in questo caso l’accompagnamento dal passo costante e l’assoluto rilievo della melodia tradiscono l’influenza dei Notturni di Field, ma alcuni tratti tipici dello stile compositivo di Chopin emergono con decisa chiarezza: le raffinatezze armoniche innanzitutto, ma anche il recitativo strumentale con cui, in pianissimo, si chiude la composizione. Non c’è accordo tra gli studiosi sul perché Chopin abbia intitolato “Ballate” quattro tra le proprie composizioni di maggiore impegno. La ragione sta nella ben nota ritrosia del compositore nell’esplicitare a parole i tratti del proprio stile compositivo, e soprattutto nel collegarli ad elementi extramusicali (distaccandosi in tal modo da una consuetudine tipica di alcuni tra i sommi compositori romantici, Berlioz e Liszt in testa, con esempi quali la Symphonie Fantastique del primo e i poemi sinfonici del secondo). L’accostamento più immediato e intuitivo sembrerebbe comunque essere quello tra le quattro Ballate chopiniane e il genere della ballata poetica, ovvero uno dei generi di poesia narrativa (anche musicale) più cari ai Romantici; a favore di tale interpretazione giocherebbe quantomeno la testimonianza di Robert Schumann, che legava le prime tre delle quattro Ballate di Chopin ad altrettanti 30

componimenti del sommo poeta polacco Adam Mickiewicz. In particolare, la terza Ballata op. 47 (1841) veniva accostata da Schumann al poema Ondina (anche questo, riguardo la storia narrata, un classico del Romanticismo musicale): così, c’è chi ha visto un duetto d’amore interrotto nell’incipit della ballata, o la rappresentazione dell’amato che insegue per mare l’ondina nei successivi ritorni del tema principale, spesso letteralmente sommerso da un gioco di note veloci che simboleggiano l’elemento acqueo. Dalle acque sembra riemergere, alla fine della composizione, anche il tema iniziale, che prelude alla formidabile coda con cui si chiude la composizione. Al 1842 risale infine la Ballata chopiniana op. 52: un capolavoro la cui sontuosità e raffinatezza armonica spinse il grande pianista Alfred Cortot ad additare Chopin quale probabile anticipatore dell’impressionismo musicale, qualora fosse vissuto più a lungo. Anche l’op. 52 si apre con un lungo tema lirico dal tono nostalgico (tipico delle Ballate chopiniane): un’allure che si prolunga anche sul tema successivo, dal ritmo quasi di barcarola. I due temi sono oggetto di molteplici e successive elaborazioni, prima tra tutte quella contrappuntistica (di fatto un canone) con cui si apre la sezione che si potrebbe definire “di sviluppo”, chiusa da cinque accordi in pianissimo che fanno da cerniera con la rapsodica coda con cui si chiude la composizione. Una libertà e assieme un rigore formale, unito a un sublime gusto dell’armonia e della melodia, che giustifica pienamente il giudizio dato da Schumann alle composizioni di Chopin: “cannoni nascosti sotto i fiori”. Tarcisio Balbo


MINIATLANTE DELLA STAGIONE GMI MODENA 2010 - 2011 Nella doppia pagina che segue, una mappa raggruppa gli eventi per temi e affinità, che l’ordine cronologico del programma generale forse lascia in ombra. Un breve testo illustrativo di ogni rassegna guida all’esplorazione dei tanti e molto diversi territori esplorati quest’anno dalla Gmi modenese. Non c’è descrizione dei singoli “concerti straordinari”: d’altronde, descriverli uno per uno avrebbe creato, come nel famoso racconto di Borges, una mappa grande quanto il territorio

I festival culturali modenesi

Continua nel 2010 la collaborazione della GMI con il Festival filosofia, con un concerto “in tema” con l’argomento annuale del più importante evento culturale della città. Niente di più indicato di una serata di “Piani diversi” per trattare della fortuna e del caso e dell’importanza della virtù (artistica, in questa circostanza) per affrontare l’incertezza: dunque, un “noncerto” per piano classico e jazz. La stagione 2010 inaugura anche una collaborazione con il Poesia festival, che da dieci anni porta in alcuni comuni della collina modenese la multiforme vivacità della parola poetica; la GMI “copre” un tema finora non affrontato: la parola messa in musica nella tradizione musicale: il Lied.

Giovani talenti

La proposta di giovani talenti, non di rado destinati a grandi carriere concertistiche, è il compito fondamentale della GMI, che seleziona razionalmente le proposte pervenute e che ha accordi permanenti con i maggiori concorsi internazionali, per offrire ai vincitori la possibilità di tenere concerti presso le diverse sedi e sezioni locali della Fondazione. Grande varietà di formazioni e di programmi e assoluta qualità dei giovani o giovanissimi interpreti caratterizzano le proposte che la sede GMI di Modena concentra nei “concerti aperitivo” del sabato pomeriggio.

Alla scoperta delle suite di Bach

Un massiccio di musica, inafferrabili suoni, distribuiti in sei vette della musica del passato, chiamate suite. Una genesi, una storia solitaria raccontata da un solo strumento, il violoncello. In sei appuntamenti, una suite per volta, Mario Brunello ci accompagnerà alla scoperta, alla vista, all’ascolto di questa musica, di cime che sembrano rimanere sempre inviolate. Ogni incontro è dedicato a una suite che, nel corso della serata, Mario Brunello esegue due volte. Tra le due esecuzioni Brunello racconta e svela i segreti di queste opere per condividere con il pubblico le emozioni vissute dall’interprete quando, a tu per tu con i testi e la partitura, deve costruire una forma e dare significato alla propria interpretazione. Alle prime tre suite, in programma tra febbraio e aprile 2011, seguiranno, nella stagione 2011-2012, le ultime tre.

Musiche d’Africa

“Breaking news” è la mostra che presenta, dal 27 novembre 2010 al 13 marzo 2011, presso l’ex Ospedale Sant’Agostino, 115 nuove acquisizioni della collezione internazionale di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, dedicate a Medio Oriente e Africa. Il ruolo dell’Africa nella nascita della “musica del mondo” e la collaborazione con artisti e soggetti attivi nella solidarietà internazionale: questo è “Musiche d’Africa”, il ciclo di incontri musicali organizzati dalla GMI in occasione della mostra.

150: l’Italia suona e canta

Quattro concerti, ma anche quattro incontri con musicologi, musicisti, docenti di letteratura, per esplorare altrettanti momenti, equidistanti temporalmente tra loro, della musica italiana negli ultimi 150 anni: il passaggio dai dialetti alla lingua e l’importanza dell’opera lirica, la insospettata fecondità della stagione futurista, che ispira anche compositori d’oggi, il passaggio dalla canzone sanremese all’epoca dei cantautori, veicolo di una musica che interviene sui grandi problemi sociali ed esistenziali, e infine la ricerca del jazz contemporaneo, approdo di uno stile musicale al quale l’Italia ha portato rilevanti contributi di caratura internazionale. Esperti di grande competenza condurranno il pubblico in questo breve, variato viaggio in Italia.

Spira mirabilis

C’è un certo orgoglio nel ricordare che Spira mirabilis è già stata ospite due volte della GMI modenese: il 7 febbraio 2009 (in occasione del festeggiamento per i 20 anni della GMI modenese) e il 16 novembre dello stesso anno, inaugurando la stagione 2009-2010. Quest’anno la presenza della Spira per la stagione GMI è duplice: il 7 dicembre, in diretta concorrenza con la Prima della Scala (ma non abbiamo paura di nulla) con una preziosa esecuzione schumanniana, nel bicentenario della nascita, e una seconda volta, esattamente due mesi dopo, in formazione cameristica, con l’esecuzione dell’Ottetto di Schubert. La Spira viaggia molto, la sua mappa è vastissima come la sua adattabilità : ma suonare in un teatro “vero” fa comunque la differenza, per loro e per noi ascoltatori.

Piani diversi

Si conferma nella stagione 2010 – 2011 la collaborazione con il Modena jazz club e il Baluardo della Cittadella per la rassegna “Piani diversi”, formula “made in GMI Modena” che dal 2004 promuove la mescolanza dei generi musicali e dei rispettivi pubblici, senza però mai rinunciare al rigore esecutivo e scegliendo tra esecutori classici e jazzisti di alto livello qualitativo. L’esito delle decine di incontri-sfida finora svolti, tra un esecutore classico che propone un repertorio “a sorpresa” per un jazzista chiamato ad improvvisare dopo ogni brano, ha mostrato come i confini tra generi musicali siano spesso fissati arbitrariamente, e come l’incontro di formazioni e culture musicali diverse possa essere spesso assai fecondo. Quattro solisti “dell’età di mezzo”, tutti molto versatili e aperti all’innovazione,daranno vita a due serate diverse dal consueto, divertenti, ma che richiedono orecchie ben sveglie.


I FESTIVAL CULTURALI MODENESI

GIOVANI TALENTI Sabato 13 novembre ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Sabato 18 settembre ore 21 Chiesa del Voto In collaborazione con Festivalfilosofia

Trio Broz -Paola Bonora

Noncerto

La fortuna di Schumann e Chopin

Balzaretti - Di Toro - Franco Domenica 26 settembre ore 15.30 Castelnuovo Rangone - Sala delle mura In collaborazione con Poesia festival Quando il cerchio selvaggio della vita mi stritola Cho Joo soprano Marino Nahon pianoforte

Sabato 20 novembre ore 17.30 Auditorium San Carlo

2

Yury Revich - Piotr Koscik Sabato 26 febbraio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Umberto Clerici - Diego Mingolla Sabato 12 marzo ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Sofya Gulyak

Sabato 19 marzo ore 17.30 Teatro (o Auditorium) San Carlo

150: L’ITALIA SUONA E CANTA Sabato 15 gennaio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi In collaborazione con Istituto Vecchi-Tonelli

1861

Fatta l’Italia Cantiamo in italiano

Sabato 12 febbraio ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1911 1961 2011

4

Heath Quartet

BACH BRUNELLO Venerdì 18 febbraio ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Il mistero del manoscritto Bach Suite n°1

Musica dinamica Sonorità al futuro

Lunedì 7 marzo ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Sabato 26 marzo ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Bach Suite n°2

Geologia della suite strumentale

Dalla canzonetta alla canzone d’autore

Sabato 2 aprile ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Giovedì 31 marzo ore 21 Baluardo della Cittadella

Bach Suite n°3

Il jazz italiano

Il violoncello di Bach

3

5


Martedì 7 dicembre ore 21 Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Giovedì 21 ottobre ore 21 Teatro comunale Luciano Pavarotti

Spira mirabilis

SPIRA MIRABILIS

Quintetto di fiati Bibiena

2

Giovedì 20 gennaio ore 21 Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Saleem Abboud-Ashkar

CONCERTI STRAORDINARI

3

Sabato 8 gennaio ore 21 Auditorium Chiesa San Carlo

Lunedì 7 febbraio ore 21 Auditorium Chiesa San Carlo

NeMa Problema! Orkestar

Spira mirabilis formazione cameristica

MUSICHE D’AFRICA Giovedì 2 dicembre ore 19 Ex ospedale Sant’Agostino

Colonna sonora per una mostra africana con Marco Boccitto

Domenica 5 dicembre ore 17.30 Auditorium Chiesa San Carlo

Tra cielo e terra

Arsene Duevi-Giovanni Falzone

PIANI DIVERSI Giovedì 27 gennaio ore 21.30 Baluardo Cittadella

Moretti - Pozza - Franco Giovedì 24 febbraio ore 21.30

Mingolla - Piacentini - Franco

2

Sabato 11 dicembre ore 18 Auditorium Marco Biagi Serata Moxa Ore 18

Regina di fiori e di perle

Gabriella Ghermandi - Gabin Dabire Ore 21

Byio. Water is life Saba Anglana

3


Gioventù Musicale sede di Modena Rua Muro 59 · Modena Telefono 059 235736 · info@gmimo.it Dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19.30 sabato dalle 10 alle 12.30 Biglietteria on-line www.gmimo.it


Assessorato alla Cultura

Modena Jazz Club presenta Jazz al Baluardo programma stagione 2010-2011

Giovedì 14 ottobre ore 21.30

Rossella Graziani 5et

My favourite songs In apertura Stefano Calzolari pianoforte presenta piano solo Giovedì 21 ottobre ore 21.30

Horacio “El Negro” Hernandez 4et Italuba Giovedì 4 novembre ore 21.30

Charles Davis 5et

Celebrating Kenny Dorham at Bird’s Eye Basel

Giovedì 20 gennaio ore 21.30

Fabrizio Bosso 5et

Giovedì 27 gennaio ore 21.30 Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz Maurizio Moretti pianoforte Andrea Pozza pianoforte jazz Conduce Maurizio Franco Giovedì 3 febbraio ore 21.30

Kenny Werner trio

Giovedì 10 febbraio ore 21.30

Giovedì 11 novembre ore 21.30

Jason Lindner trio

in collaborazione con la Fondazione Siena Jazz

Giovedì 17 febbraio ore 21.30

In.Ja.M. 6et

Martedì 16 novembre ore 21.30

Terence Blanchard 5et

in collaborazione con Bologna Jazz Festival Giovedì 18 novembre ore 21.30

Pat Martino trio

in collaborazione con Bologna Jazz Festival Giovedì 25 novembre ore 21.30

Paolo Fresu Devil quartet

Ray Gelato

Giovedì 24 febbraio ore 21.30 Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz Diego Mingolla pianoforte Mario Piacentini pianoforte jazz Conduce Maurizio Franco Giovedì 3 · 10 ·1 7 · 24 marzo programmi in corso di definizione

Giovedì 2 dicembre ore 21.30

Danilo Rea trio Beatles in jazz

Giovedì 9 dicembre ore 21.30

Seamus Blake

Giovedì 31 marzo ore 21

2011. Il jazz italiano Recital trio Conduce Stefano Zenni

Electric band project Prevendite: Ticketone, Booking Show e Fangareggi Casa del Disco Modena. Baluardo della Cittadella Piazza Giovani di Tien An Men - Modena Per informazioni 059 244309 (orario 10.00 - 12.30) Prenotazione ristorante 059 4270745 www.baluardodellacittadella.it www.studios.it

Gioventù Musicale sede di Modena Rua Muro 59 · Modena Telefono 059 235736 · info@gmimo.it Dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19.30 sabato dalle 10 alle 12.30 Biglietteria on-line www.gmimo.it


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 27 gennaio 2011 ore 21.30 Baluardo della Cittadella

Maurizio Moretti pianoforte

Andrea Pozza pianoforte jazz

Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz Conduce Maurizio Franco Tra i brani in programma

Stephen Whittington (1953)

Le Tombeau de Satie Prima esecuzione italiana Concorso internazionale di composizione Forme uniche della continuità nello spazio Melbourne 2010 · Membro della giuria Filarmonica di Praga, I Solisti del Teatro alla Scala, Solisti di Mosca con Yuri Bashmet, e collaborando per la musica da camera con il Quartetto Martinu, Il Quartetto Amazonia, Quartetto Ysaye, il pianista Gabriel Tacchinò, Solisti della Scala, I Solisti di Perugia. Nato a Cagliari, ha studiato al Conservatorio della sua città proseguendo gli studi con Aldo Ciccolini La sua incisione del Primo Concerto di Beethoven, dal vivo alla Musikhalle di Hamburg, diretto da Justus Frantz ha riscosso un grande successo fra gli appassionati

Maurizio Moretti è uno dei pianisti italiani che negli ultimi anni si è fatto maggiormente apprezzare sulle scene concertistiche internazionali. Ospite regolare di prestigiose istituzioni, suona per importanti teatri in tutta Europa tenendo regolari tournee in Francia, Spagna, Germania, Austria, Est Europa suonando con le più importanti orchestre quali la: Concertgebouw Orchester, Chamber Orchestra of Europe, Filarmonica di Mosca, Orchestra

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Andrea Pozza diplomato al Conservatorio N. Paganini di Genova, si dedica alla carriera jazzistica da più di 25 anni. Ha avuto l’ occasione di esibirsi con grandi musicisti come Harry “Sweet” Edison, Bobby Durham, Chet Baker, Al Grey, Charlie Mariano, Phil Woods, George Coleman, Scott Hamilton, Massimo Urbani, Larry Nocella, Lee Konitz, Luciano Milanese. Ha fatto parte del Quintetto di Enrico Rava (insieme a Roberto Gatto, Rosario Bonaccorso e Gianluca Petrella)

Ha collaborato stabilmente con Sal Nistico, ha fatto parte del quartetto d Steve Grossman, ha collaborato stabilmente con Gianni Basso per più di 20 anni Attualmente fa parte del Quartetto di Rosario Bonaccorso Dal 2008-2009 insegna Pianoforte Jazz al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Stephen Whittington è nato nel 1953 ad Adelaide, nel cui Conservatorio ha studiato, per viaggiare poi in

Asia, Europa e America, tenendo letture e spettacoli. Attualmente dirige l’Unità di musica elettronica all’Elder Conservatorium of Music di Adelaide in Sud Australia e insegna composizione, teoria musicale, musica acustica ed elettronica. Fortemente interessato a diverse forme artistiche, ha debuttato con il suo primo spettacolo multimediale per un solo performer “l’ultima riunione della Società Satie” nel 2000. un suo nuovo one-Man show “Cani pazzi e Surreealisti”, del 2003, includew poesia, musica, video. Nel 2007 la rivista Wire ha selezionato la sua esecuzione di Triadic Memories di morton Feldman tra le 60 che hnno scosso ilmondo negli usltimi 40 anni. Di recente, ha seguito musiche di Feldman e John cage in Cina. È del 2010 la pubblicazione di un quadrpuplo CD “ viaggio sulla superficie della Terra” con Domenico Di Clario a pianoforte.Whittington fa parte della giuria dell’ International Composition Competition “Forme uniche della continuità nello spazio” di Melbourne, per l’edizione 2010.

Forme uniche della continuità nello spazio Laboratorio Concorso internazionale di composizione Nata come combinazione unica tra la musica internazionale e la poesia italiana, questa iniziativa nata tre anni fa celebra il potere della musica mescolato alla forza della lingua italiana. Per realizzare questo connubio, un gruppo scelto di compositori giovani e di talento si è cimentato nella creazione di brevi composizioni musicali ispirandosi ad alcune poesie italiane contemporanee. I loro sforzi sono infine culminati in una performance finale. La stretta relazione esistente tra poesia e musica ha sempre caratterizzato la cultura italiana fin dalle sue origini e continua ad essere presente. L’idea di un laboratorio che collegasse poesia e musica nacque a Tokyo, dove si è tenuta la prima edizione, dalla collaborazione tra Stefano Fossati, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura e il Maestro Carlo Forlivesi. Fossati, come coordinatore della Settimana della Lingua Italiana nel mondo, volle inserire un evento musicale nel programma della Settimana. Il “Forme Uniche della Continuità nello Spazio”, giunto alla sua terza edizione (le precedenti si sono tenute a Tokyo, nel 2008, e a Melbourne, nel 2009), viene nuovamente riproposto nel contesto della decima edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. La seconda e la terza edizione del laboratorio di musica e poesia contemporanea si sono tenute a Melbourne, la cui università ha assiduamente collaborato con l’Istituto italiano di cultura per questo progetto, rivolto in primo luogo a giovani compositori internazionali, che si è rivelato essere uno straordinario strumento di divulgazione non solo della lingua italiana ma più specificatamente di conoscenza della poesia italiana contemporanea. Il formato del progetto prevede l’organizzazione di un laboratorio di musica contemporanea, nel corso del quale giovani compositori internazionali, selezionati da una giuria di esperti, sono invitati a scrivere un brano musicale, ispirandosi a poesie scritte per l’occasione da poeti italiani, sotto la guida del Maestro Carlo Forlivesi (http://www.alya.it/forlivesi), compositore noto in Europa, Giappone e Stati Uniti anche come docente e conferenziere. Il nome del laboratorio-concorso, che rimanda all’unità profonda delle diverse forme d’arte, cita esplicitamente la titolazione della più celebre tra le sculture del futurista Umberto Boccioni.


BONLUIGI


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Lunedì 7 febbraio 2011 ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Spira mirabilis

formazione cameristica Franz Schubert (1797-1828)

Ottetto in fa maggiore D 803 (opera postuma 166) Adagio - Allegro Adagio Allegro vivace - Trio Andante e Variazioni Menuetto Allegretto Andante molto - Allegro

Nicolas Fleury Corno

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Quest’anno è letteralmente esploso l’interesse, anche dei media, per questo progetto di orchestra “autogestita”, che suona senza Direttore e che prepara in situazioni “seminariali”, ospite del comune di Formigine, i grandi capolavori della musica che esegue poi nelle più varie situazioni: dalle sale di polisportiva ai masi dolomitici. Da un paio di anni ha trovato per il proprio pubblico qualche “sponda” anche nel capoluogo, opportunità di esecuzione nelle situazioni ottimali e un poco di sostegno economico: la GMI ha organizzato per prima, in città, le occasioni per ascoltare questi giovani, straordinari musicisti che, nel tempo libero lasciato loro dalle grandi orchestre in cui abitualmente lavorano (la Mozart di Bologna, la Mahler Chamber, la Berliner Philarmoniker Akademie, la Luzern Festival Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe) si trovano per studiare e dare vita a entusiasmanti interpretazioni musicali.

Luise Buchberger Timoti Fregni Simone Jandl Violoncello Violino Viola Michele Fattori Lorenza Borrani Miriam Caldarini Antonio Mercurio Fagotto Violino Clarinetto Contrabbasso


Dalla corte al salotto, dal classicismo al romanticismo dal Lied alla musica da camera in vista della sinfonia: l’Ottetto in fa maggiore di Franz Schubert Nel 1824 Franz Schubert non è più il compositore liceale che scriveva Lieder e sinfonie per gli amici. Ha già messo insieme troppa musica, e quasi tutta affastellata in ranghi temporali ristretti e sovente debitori al caso. Questa “forsennata” (per citare lo stesso Schubert) fase compositiva conosce ora una pausa di riflessione cui corrisponde una minore ispirazione diretta e un ancor minor numero di lavori ultimati. Tutto ciò ha in verità un senso: per Franz si impone la necessità di rivedere e ricostruire il laboratorio compositivo che quasi senza accorgersene era riuscito a creare fino a quel momento, ovvero di procedere a strutturare le arcate di una visione artistica più consapevole e più personale, al di là dei successi salottieri che lo avevano spronato ad esibire una formidabile creatività. Come tutti i compositori della prima stagione romantica (quella cioè che innesta una poetica anticortigiana e d’avanguardia su un impianto solidamente classico) la meta cui egli intende approdare è la grande sinfonia di marca beethoveniana. La sinfonia viennese per come è stata consegnata da Haydn, Mozart e Beethoven sembra muoversi partendo da un confronto serrato con l’opera italiana e con la musica da camera, il quartetto in primis. Per questo Schubert intende dedicarsi totalmente, già a partire dal 1823, alla musica da camera, essendo la sua sensibilità piuttosto lontana dall’opera italiana sic et simpliciter (come già Beethoven). La testualità che si fa racconto e dialogo può egli attingerla dall’immenso patrimonio delle sue raccolte liederistiche. Nascono così i formidabili quartetti “Rosamunde” in la minore (D 804) e “Der Tod und das Mädchen” in re minore (D 810), nei quali la ripresa di temi dei Lieder svolge una funzione capitale. E nasce l’Ottetto in Fa D 803, un lavoro di dimensioni impressionanti nel quale si raccolgono tutte le suggestioni della stagione artistica che lo precede, un’opera davvero

salottiera e antiromantica, tanto si mostra incline a riverberare i fasti ancora non sopiti del Settimino op. 20 di Beethoven del 1802 e della Gran Partita mozartiana del 1782. Questo pezzo imponente e tutto sommato anomalo nasce da una commissione del febbraio 1824 da parte del conte Ferdinand Troyer, eccellente clarinettista dilettante ed intendente di quell’Arciduca Rodolfo già allievo di Beethoven e dedicatario, tra l’altro, del famoso Trio op. 97, noto come “Arciduca”. Troyer organizzava riunioni musicali d’alto livello alle quali intervenivano tra gli altri il celebre violinista Schuppanzigh ed il violoncellista Linke. L’Ottetto nasce giusto per arricchire il repertorio di cui queste riunioni potevano disporre. La committenza doveva essere molto dettagliata e sicuramente condizionata dal citato Settimino di Beethoven Op. 20, che in quel tempo furoreggiava tra i pezzi favoriti dei salotti viennesi. Il Settimino esigeva i quattro strumenti a corda (violino, viola, violoncello e contrabbasso) e tre fiati (clarinetto, fagotto, corno). Schubert mantiene gli stessi fiati e aggiunge un violino. Ne vien fuori una big band “biedermeier” che può permettersi di collazionare una gran varietà di temi e di richiami, accontentando da una parte la destinazione e nascondendo dall’altra, fra le pieghe di melodie solo apparentemente semplici, veri e propri tesori armonici e, soprattutto, timbrici. Una messe di incredibili dettagli di gusto raffinatissimo costituisce il coefficiente che conduce questo Ottetto dal mirabile al meraviglioso. Cerchiamo di approfondire questi tratti, proprio per evitare che l’ascolto risulti sovrabbondante ed eccessivamente lungo. Dimentichiamoci innanzitutto delle modalità con cui sovente tendiamo ad approcciarci a questa musica, normalmente e volgarmente relegata nei noiosi file della “musica colta e seria”: abbiamo a che fare, in verità, con un lavoro tutt’altro che “serio” e foriero di sorprese e divertimenti a non finire… Antonio Baroncini Incipit del programma di sala

I programmi di sala di Spira mirabilis, curati dal musicologo Antonio Baroncini, sono stampati e ceduti al pubblico in cambio di un contributo per il finanziamento delle attività della Spira. La GMI ne consiglia caldamente l’acquisto. E poi, l’inizio incuriosisce moltissimo, no?

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 12 febbraio 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1911. Musica dinamica: sonorità al futuro

Musiche di Fabrizio Festa, Raniero Gaspari, Simone Santini Testi di Fortunato Depero a cura di Luisa Canal in apertura del concerto

Gianvincenzo Cresta Sospesi anonimi, diseredati, poeti

Nuova versione per voce recitante, flauto, nastro magnetico e sintetizzatori, su testi dalla Costituzione della Repubblica Romana del 1849 Per i 150 anni dall’Unità d’Italia Prima esecuzione assoluta

Loredana Colizzi voce Fulvio Fiorio flauto Simone Santini EWI sassofoni Raniero Gaspari regia del suono e computer Fabrizio Festa direzione, sintetizzatori Conduce Fabrizio Festa Un evento musicale dedicato al Futurismo. L’evento intende tradurre la concezione dinamica dell’arte, che caratterizza l’estetica futurista, in uno spettacolo musicale - basato su testi di Fortunato Depero - utilizzando voce e suoni che giocano su più piani, costruendo e smontando melodie, imponendo ritmi serrati e pause impreviste ed imprevedibili. In questo senso, l’elettronica - con Fabrizio Festa e Raniero Gaspari che utilizzano live sia i sintetizzatori, sia il computer - gioca un ruolo sia musicale, sia simbolico. Coniugata con la vocalità di Loredana Colizzi, col virtuosismo strumentale di Salvatore Lombardi e Simone Santini, finisce per essere cornice ed ordito di una trama ricca di suggestioni, che spaziano dall’ironia agli affetti. Non vuole essere solo un omaggio, un tributo al futurismo; al contrario, ci si prende anche gioco di quell’avanguardismo, pur sapendo che spesso il gesto del creativo abbisogna di una certa noncuranza. 40

Fortunato Depero Rotazione di ballerina e pappagalli

Fabrizio Festa, compositore, direttore d’orchestra, tastierista, le sue opere sono eseguite in tutto il mondo e si è esibito nei maggiori teatri e festival internazionali. Molto attivo anche nell’attività divulgativa e di ricerca, è di recentissima pubblicazione il suo saggio “Musica. Suoni, segnali, emozioni” (editrice compositori, Bologna, 2009). Docente di conservatorio (armonia nel corso tradizionale, elementi di composizione ed orchestrazione per la musica applicata e storia della musica d’uso nell’alta formazione), insegna inoltre Musica per lo spettacolo presso l’Università di Urbino. Critico musicale, collabora ormai da più di vent’anni con la Repubblica. È stato ospite della GMI modenese con sue produ-

zioni originali, il 9 febbraio e il 15 settembre 2007, oltre che l’11 luglio 2010. Loredana Colizzi, appassionata sin da piccola alla danza, ha partecipato a stages di danza classica con Frédéric Olivieri, Leonid Nikonov, Tatiana Nikonova, Elisabetta Terabust, ma anche a stages di danza moderna con André De La Roche, Fabrizio Mainini, Marco Marchetti, Manuel Lo Jacono, Sebastiano Fumagalli. Ha frequentato il corso propedeutico alla Bernstein School of Musical Theatre, presso la ha conseguito il diplomata nel 2008. ha studiato canto partecipando a masters e stages con Nathan Martin (tecnica vocale e canto) e Faye Nepon ( The Jazz Voice), non-


ché recitazione con Danny Lemmo e Emanuele Montagna. Sotto la regia di Shawna Farrell, tra 2004 al 2008, partecipa ai musical “Into the Woods” di S.Sondheim, “Urinetown” di M. Hollman e G. Kotis, “Sweeny Todd” di S. Sondheim col personaggio di Beggar’s Woman, “Parade” di A. Uhry e J. R. Brown e “Beggar’s Holiday”; successivamente partecipa come coro e voce solista in Sweeney Todd. Nel suo percorso insegna danza classica e jazz in varie scuole, recitazione e movimento scenico in laboratori teatrali collaborando anche con il C.e.n.t.r.o. 21 e lavora come assistente coreografa nei musical Urinetown, Sweeney Todd, Parade, Oklahoma, A New Brain, Kiss of the Spider Woman collaborando con i coreografi Susanna Della Pietra e Marcello Fanni. Fulvio Fiorio ha studiato con il M°M. Mercelli presso il Conservatorio “G.Rossini” di Pesaro diplomandosi nel 1990. Contemporaneamente ha terminato il triennio di Alto perfezionamento all’Accademia “Incontri col Maestro”di Imola, dove ha studiato con flautisti di fama internazionale, perfezionandosi poi presso la Musikhochschule di Lugano (Svizzera) con il M° Mario Ancillotti. Ha vinto Concorsi Nazionali ed Internazionali. Ha collaborato come primo flauto e solista con numerose orchestre italiane ed europee sotto la direzione di Maestri quali: M.De Bernard, G.Kuhn, A.Pirolli, P.Bellugi, M.Hulmann, D.Callegari, V.Askenazy, I.Karabtchevsky, M.Stefanelli, D.Renzetti, D.Oren, A.Campori, S.Pellegrino C.Franci, e con cantanti come L.Pavarotti, M.Freni, M.Devia, E.Bonfadelli

ecc... Svolge intensa attività solistica, cameristica e di direttore d’orchestra in Italia e all’estero Dal 1995 è titolare della cattedra di Flauto Traverso presso l’Istituto di Alta Formazione Artistica Musicale “G.B.Pergolesi” di Ancona, oltre a tenere corsi di perfezionamento e massterclass. Ha registrato nel luglio del 2006 un CD monografico con musiche di F.Schubert per la la casa discografica AULIA. Simone Santini, sassofonista e compositore, la sua attività concertistica lo vede esibirsi in ambiti che vanno dal pop alla classica, passando per il jazz ed il R&B. Come compositore ha lavorato sia in contesti applicativi (colonne sonore per il cinema e la televisione), sia dedicandosi alla musica d’arte. Nel 2007 ha vinto il terzo premio al concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”, e lo stesso concorso nel 2009 gli ha commissionato un brano per voce solista ed orchestra sinfonica. Raniero Gaspari, compositore, produttore, arrangiatore e programmatore, ha studiato composizione e si è laureato al conservatorio G.B. Martini di Bologna in “Musica ad utilizzo multimediale”. In ambito Pop ha prodotto e arrangiato per Bruno Lauzi, Paola Turci, Tullio De Piscopo e Marco Ferradini. Ha scritto musiche per spettacoli teatrali quali “Gardaland Celebration” e “Another Carmen”. Esperto di computer-music è attualmente impegnato nella scrittura e produzione di musiche per la televisione, collaborando tramite la sua casa editrice con Rai, Mediaset e Sky.

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Bach Brunello

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Venerdì 18 febbraio 2011 ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Mario Brunello violoncello

Johann Sebastian Bach (1685-1750) Suite in sol maggiore BWV1007 Prelude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I/II/I,Gigue

Mario Brunello suona il suo Maggini del XVII secolo (appartenuto al grande Franco Rossi) con tutte le più grandi orchestre nei centri più importanti del mondo e con direttori prestigiosi, tra cui Claudio Abbado (che lo ha chiamato anche a suonare con l’Orchestra Mozart e con l’Orchestra del festival di Lucerna), Gianluigi Gelmetti, Carlo Maria Giulini, Valery Gergiev, Riccardo Muti,

La Prima suite è nella tonalità di sol maggiore, che consente di utilizzare vantaggiosamente tutte le possibilità della digitazione sul violoncello. Il Prélude è formato da figure in semicroma, dapprima proposte in forma arpeggiata, come semplice lavoro di passaggio, che si differenzia e diviene più espressivo con il farsi più tesa dell’armonia. Al culmine, costruita su una “nota di pedale”, una serie di ripetuti La alla base della figurazione consente a Bach di raggiungere una conclusione di grande potenza. L’Allemande è un modello di questa forma; era una musica simile a questa che Mattheson aveva in mente quando scrisse, nel 1739, dell’Allemanda come di “un’armonia ben concepita”, che “ci mostra il ritratto di un’anima pacata e serena, appagata da pace e ordine”. Ognuna delle due sezioni del movimento consiste di sedici battute; esse cominciano in modo simile dal punto di vista ritmico, e le cadenze conclusive corrispondono tra loro. La Courante deriva dall’italiano “Corrente” e deve essere eseguita con velocità. Come scrisse Mattheson, “essa tenta di giustificare il proprio nome correndo ininterrottamente”. Anche in questo caso, gli inizi delle due sezioni sono ritmicamente identici. La Sarabande, come l’Allemande, è un perfetto 42

Il mistero del manoscritto

Come avviene nella preparazione di ogni avventura alla scoperta di mondi e luoghi sconosciuti, il primo passo è procurarsi le mappe, le carte. Così nella prima serata si conosceranno i manoscritti, le fonti musicali arrivate a noi e si affronterà il “giallo” della assenza, o sparizione, del manoscritto autografo di Bach. Seiji Ozawa, Zubin Mehta. Con uguale passione coltiva la musica da camera, collaborando con solisti come Andrea Lucchesini, Gidon Kremer e il Quartetto Alban Berg, Giovanni Sollima di cui ha anche eseguito numerose composizioni. Brunello è anche un insaziabile sperimentatore. Ha collaborato e collabora con musicisti jazz (Vinicio Capossela, Uri Caine, Gian Maria Testa, Paolo

Fresu), attori (Maddalena Crippa e Marco Paolini). Ama progettare e realizzare percorsi di ascolto nuovi, che spezzano il rituale della forma concerto: ha inventato, tra l’altro, la rassegna “Suoni nelle Dolomiti”. È stato ospite della GMI modenese il 24 marzo 2007 con Andrea Lucchesini e il 28 marzo 2008 con “Pensavo fosse Bach”, progetto affine a quello delle sei serate dedicate alle suite.

esempio del suo proprio stile. Le due sezioni hanno la stessa lunghezza, di sedici battute. È stupefacente notare come Bach, all’interno del modello della Sarabanda, inventi uno specifico andamento ritmico quasi per ogni battuta, con lo scopo di attribuire una tensione sempre nuova tra la prima e la seconda parte della battuta. Le battute finali delle due sezioni sono caratterizzate dalla stessa gestualità ritmica che conclude la danza. Il Minuet, in tempo di ¾, è un rapido esempio di questa forma. È molto evidente il raggruppamento delle battute quattro a quattro; nella prima sezione esse sono legate a formare una frase di otto battute, e nella seconda sezione una di sedici. Segue un secondo Minuet, in chiave di sol minore, costruito in modo analogo, dopo di che viene ripetuto il primo Minuet. La Gigue è un brano semplice, dalla costruzione chiara, e che richiede un’esecuzione agile e veloce, e in particolare numerose variazioni nel movimento dell’arco. Nonostante il tempo veloce, Bach concepì in questo caso un sottile dialogo tra tonalità diverse, caratterizzato da fitte giustapposizioni tra modo minore e maggiore, tali da dare vita ad uno splendido susseguirsi di diversi colori tonali.



2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 24 febbraio 2011 ore 21.30 Baluardo della Cittadella

Diego Mingolla pianoforte

Mario Piacentini pianoforte jazz

Musica classica a sorpresa e improvvisazioni jazz Conduce Maurizio Franco

Diego Mingolla con Mirella Freni

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Diego Mingolla, (http://www. diegomingolla.com/) concertista, arrangiatore, musicologo e compositore, si è diplomato e laureato a Torino per poi perfezionarsi con Elio Battaglia e con Antonio Ballista. Attivo in Italia e all’estero vanta prestigiose collaborazioni con importanti istituzioni musicali, università e istituti di alta formazione e maestri e interpreti di fama internazionale (Mirella Freni, Marco Rizzi, Pavel Vernikov, Thomas Friedli, Lucio Gallo, Umberto Clerici, Alessandro Corbelli, Quintetto Sinestesia). Apprezzato come pianista di scena in teatro ha collaborato tra l’altro con il regista Davide Livermore e il compositore Andrea Chenna nella realizzazione dello spettacolo inaugurale per la Biennale Teatro di Venezia 2009 (“Le sorelle Bronte”) con John Turturro. Ha vinto il Premio del Pubblico al 6° concorso Giovani Musicisti Europei nell’ambito del festival internazionale “Strade del cinema” dedicato al cinema muto musicato dal vivo. Dal 2005 collabora con il Ugo Nespolo componendo le colonne sonore dei suoi cortometraggi.

Mario Piacentini, nato a Trescore Cremasco nel 1957, si è diplomato in pianoforte nel 1979. Tra i suoi insegnanti figurano Anita Porrini allieva prediletta di Arturo Benedetti Michelangeli - e Lea Roussell. Ha studiato composizione ai corsi di Dario Maggi e ai seminari di Gerard Grisey e Brian Ferneyhough. Si è dedicato allo studio del jazz con Guido Manusardi, Harold Mabern e con Herbie Hancock al Mozarteum di Salisburgo. Nell’Aprile 2001 è

stato ospite per una settimana di “Invenzioni a due voci”, programma di Rai Radio Tre che ha fornito alla GMI modenese lo spunto per l’ideazione di Piani diversi. Sono innumerevoli le sue partecipazioni a progetti discografici dei migliori solisti europei, spesso segnalate dalle riviste specializzate tra le produzioni più interessanti. È recente la preparazione un CD in collaborazione col prestigioso sassofonista norvegese Tore Brunborg.



2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 26 febbraio 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Umberto Clerici violoncello

Diego Mingolla pianoforte

Claude Debussy (1862-1918)

Sonata per violoncello e pianoforte Prologue Serenade Final

Andrej Goricˇar (1971)

Vincitore del Concorso di composizione “2 Agosto”, edizione 2010 Piece for cello and piano Prima esecuzione assoluta

Frederick Delius (1862-1934) Sonata

Turkar Gasim-Zada (1988)

Vu’ Cumpra’ per pianoforte (Sulla poesia Vu’ Cumpra’ di Vivian Lamarque) Prima esecuzione italiana Concorso internazionale di composizione Forme uniche della continuità nello spazio, Melbourne 2010

Ludwig van Beethoven (1770-1827)

Sonata n. 3 op. 69 per violoncello e pianoforte Allegro non tanto Scherzo: Allegro molto Adagio cantabile Allegro vivace

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Il concerto accosta compositori classici e giovani vincitori di concorsi internazionali di composizione, brani molto famosi e prime esecuzioni assolute. Il programma si addice particolarmente ai due esecutori, giovani di grande scuola classica e di già matura esperienza nel grande repertorio, ma anche attivi nel campo della musica contemporanea, sia colta sia extra accademica. La GMI è lieta di avere offerto l’opportunità di incontro tra i giovani compositori ed esecutori, onorando così il proprio compito fondamentale, di promozione dei migliori talenti. Benché solo trentenne, il torinese Umberto Clerici (http://www.umbertoclerici.it/Intro.html) ha già una grande ed assai varia esperienza di esecutore alle spalle, sia nel repertorio classico, sia nella musica contemporanea ed extra accademica. Perfezionatosi all’inizio degli anni 2000 con violoncellisti come David Gèringas, Steven Isserlis, Mario Brunello, condivide di quest’ultimo la volontà di rinnovare la forma concerto e di avvicinare alla musica colta un pubblico nuovo. Anche per questo, è stata affidata a lui la prima esecuzione assoluta di un brano commissionato dalla GMI al vincitore dell’edizione 2010 del Concorso 2 agosto. Da sempre svolge un’intensa attività cameristica; oltre a fare parte del

Trio di Torino dal 2001, collabora con artisti quali Pavel Vernikov, Ramin Bahrami, Itamar Golan, Enrico Pace, Massimo Quarta, Sergej Krilov, Marco Rizzi, Danilo Rossi, Mario Brunello, Julius Berger, Enrico Dindo e il quartetto d’archi della Scala. Suona un violoncello Giovan Battista Guadagnini (1769) appartenuto al grande violoncellista Antonio Janigro e gentilmente affidatogli dalla famiglia Janigro. Andrej Goricˇar, nato a Lubiana, in Slovenia, nel 1971, lavora come pianista, compositore, arrangiatore, insegnante. Ha studiato pianoforte presso l’Accademia Musicale di Lubiana; durante gli studi ha vinto il premio Prešeren per l’esecuzione del concerto n.5 di Beethoven per

Si rinnova per il terzo anno la collaborazione tra la GMI modenese e il Concorso internazionale di composizione musicale 2 agosto, la manifestazione voluta ormai 20 anni fa dall’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, con il contributo della città di Bologna, che ofni anno vede eseguire le composizioni preime classificate nel corso di un concerto in piazza Maggiore. La GMI modenese commissiona la vincitore del concorso un brano, eseguito in seguito in prima assoluta nella stagione successiva. Il compositore sloveno Andrej Goricˇar è il vincitore della XVI edizione del Concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”, la cui commissione giudicatrice era presideuta dal Maestro Ennio Morricone. A lui la GMI modenese ha commissionato un brano per violoncello e orchestra, destinato al duo Clerici – Mingolla, particolarmente attento alla musica contemporanea.


Tre prospettive sulla forma sonata

Diego Mingolla - Umberto Clerici

Turkar Gasim-Zada

pianoforte e orchestra, eseguito assieme all’Orchestra filarmonica slovena. Dal 1996 al 2002 è stato direttore della scuola musicale S. Stanislao di Lubiana. Dal 1996 al 2007 è stato pianista stabile presso la Cineteca di Lubiana. Ha eseguito musiche per diversi film, e ha scritto varie musiche per il cinema muto, tra le quali la colonna sonora del film Aurora di Murnau. Le sue composizioni sono abitualmente eseguite da solisti, ensemble da camera e orchestre. Scrive inoltre musiche teatrali, lavorando con Vito Taufer, uno dei maggiori direttori teatrali sloveni. Turkar Gasim-Zada è nato nel 1988 a Baku, in Azerbaijan. Si è diplomato in musica nel 2008

all’Accademia di Baku. È autore di un grande nu, mero di composizioni per orchestar, enesmble cameristici, strumenti solisti, nonnchè di musica elettronica. Ha vinto il quinto “Krystal Camerton”, concorso I nternazionale per gioveni compositori, nel 2005 2006 ed è stato finalista in mumerose altre competizioni in Russia e altrove: ra esse, il fsival “Cultureescapes”, nel novembre 2009 a Zurigo, e il concorso di composizione“Forme Uniche della Continuità nello Spazio”) organizzato dall’Istituto italiano di cultura di Melbourne, nell’ottobre 2010. Attualmente, sta perfezionando i propri studi di composizione alla Manhattan School of Music, sotto al guida di Reiko Fueting.

Il mondo della sonata è affrontato in modi assai diversi nei tre brani “classici” in programma. Debussy, pur nel suo essere anti accademico ed anti formalista, vive negli anni della guerra la consuetudine, tipicamente novecentesca, di attingere dalla tradizione pre-classica, nell’interesse di recuperare lo stile barocco francese del XVIII secolo. Nel 1915 scrive infatti all’amico Stravinskij di aver “composto due sonate per vari strumenti, in un’antica ed elegante forma francese, che non impone alle facoltà uditive sforzi tetralogici”. Del ciclo di sei Sonate Francesi che il musicista aveva in mente, soltanto tre vennero portate a termine a causa della malattia che di lì a breve lo avrebbe ucciso. La prima di queste, caratterizzata da brevità e concisione, è la Sonata per violoncello n. 1 in re minore. Nel descriverla all’editore Jacques Durand, Debussy afferma che “le proporzioni sono perlopiù classiche nella forma..”. Si rifà infatti ai dettami della sonata monotematica barocca in tre tempi (si pensi a Couperin e a Rameau): il Prologo segue l’usuale schema ABA, la Serenata funge da Scherzo, e il Finale da movimento di danza. Ma all’ascolto non sfugge la modernità delle sonorità e dell’armonia del maestro impressionista, che utilizza scale per toni interi e pentatoniche e difficili tecniche per violoncello, quali il pizzicato per la mano sinistra, che rendono il pezzo assai arduo da eseguire. Da citare l’interessante richiamo al mondo carnevalesco della maschera Pierrot: il violoncello strimpellato a mo’ di chitarra nella Serenade sembra fare il verso al poeta “ebbro di luna” del Pierrot Lunaire di Schoenberg (1912): non è un caso che la sonata dovesse chiamarsi originariamente Pierrot fait fou avec la lune. Beethoven scrive la Sonata in la maggiore n. 3 op. 69 nel 1808, nel pieno della evoluzione e della codifica della sonata classica, nel periodo cosiddetto “eroico” della sua vena creativa (sono gli anni della composizione della Quinta e Sesta Sinfonia). Già con Haydn e Mozart si era consolidato l’utilizzo del principio della forma-sonata nel primo tempo di sonata, ma è con il maestro tedesco che si esaltano ed ampliano al massimo le possibilità di questa forma musicale, soprattutto nell’importanza affidata allo sviluppo e all’alternanza tonica-dominante. Dedicata all’amico Barone Ignaz von Gleichenstein, amatore del violoncello, la Sonata n. 3 è stata eseguita per la prima volta nel 1812 da Czerny e Linke e riflette i cambiamenti dello stile del compositore, la crescente inclinazione per il contrappunto e per l’innovazione. È molto amata per la varietà del materiale tematico e per il carattere improvvisativo dei temi, che a volte si dividono tra il pianoforte e il violoncello susseguendosi in un gioco di “botta e risposta” per poi risuonare all’unisono nei due 47


strumenti. Con la Sonata per Violoncello di Delius si giunge alla rottura della sonata com’era concepita nell’epoca classica. Organizzata in unico movimento sembra apparentemente mancare di forma, anche se una linea architettonica è comunque riscontrabile nel pezzo, diviso in tre sezioni (Allegro ma non troppo; Lento, molto tranquillo; Tempo primo). Il materiale melodico proposto all’inizio del brano al violoncello costituisce buona parte del materiale della sonata; la sezione centrale lenta, invece, contrasta fortemente con il carattere rapsodico della melodia delle altre sezioni. E per finire una sorta di ricapitolazione delle pagine iniziali seguite da una trionfante coda. Irene Sala È possibile che quella odierna sia la prima esecuzione pubblica italiana, o quantomeno la prima ad opera di due artisti italiani. Da Corrado Rollin, unico membro italiano della Delius’ Society, pubblichiamo un nota su Frederick Delius. La musica di Delius è di grande interesse proponendosi come linguaggio originale nel panorama della musica di inizio ventesimo secolo, riflesso di una esperienza artistica e umana a dir poco unica e volutamente priva di qualsiasi riferimento formale o estetico al classicismo di cui Beethoven rappresenta il più alto vertice e proprio dal quale Delius prese energicamente le distanze. Interessante sarà l’accostamento dei due autori.

Frederick Delius (1862-1934)

È forse il più famoso musicista sconosciuto del ’900. Gli appassionati di Hitchcock ricorderanno un suo vecchio film del 1942, Sabotatori, in cui un fuggitivo ammanettato trova rifugio in una villa dove vive un tranquillo musicista cieco che lo accoglie con grande gentilezza. Sedendosi al piano, gli confessa: «Anche Delius, il compositore inglese, era cieco, ma questa è l’unica cosa che abbiamo in comune...». Èmolto probabile che quasi tutti gli spettatori del mondo si siano chiesti di chi mai stesse parlando. In effetti nel panorama musicale italiano il caso di Delius è particolarmente curioso. I cartelloni operistici e delle associazioni concertistiche in pratica lo ignorano. Per non pochi musicisti è solo un nome a piè di pagina in qualche storia della musica, ma se si guardano la sua bibliografia critica e la sua discografia si rimane stupefatti: il suo epistolario è stato raccolto e pubblicato dall’università di Harvard; il suo pezzo più famoso, On Hearing the First Cuckoo in Spring (1912), è stato inciso fino ad oggi 39 volte e sono decine e decine le registrazioni di tutte le sue musiche pubblicate in cd e dvd; nel 1968 Ken Russell ha anche girato su di lui un film per la Bbc, Song of Summer… Delius trascorse gli ultimi anni della sua vita su una sedia a rotelle, cieco e paralizzato per i postumi di una sifilide contratta in gioventù. Viveva con la moglie pittrice in una villa con un grande giardino a Grez-sur-Loing, nei pressi di Fontainebleau, e aveva interrotto del tutto l’attività compositiva, ma nel 1928 Eric Fenby, un giovane e dotatissimo musicista inglese anch’egli originario dello Yorkshire, gli si offrì come amanuense e lui, inaspettatamente, accettò. La sua forza di volontà e il suo enorme slancio creativo poco per volta permisero il completamento di nove opere, tra cui Songs of Farewell e Irmelin Prelude. Allo scoppio della Prima guerra mondiale Delius cominciava ad avere problemi di vista e di deambulazione, ma era ancora in grado 48

di viaggiare, infatti riuscì a rifugiarsi in Inghilterra dove conobbe le sorelle May e Beatrice Harrison, una violinista e l’altra violoncellista di talento. Pur preferendo di gran lunga scrivere per orchestra (anche di notevole organico, e questa è certo una delle cause delle sue poche esecuzioni in Italia) Delius si fece prendere da un nuovo entusiasmo e nel 1916 mise mano a una Sonata per violoncello. Beatrice aveva un suono particolarmente vibrante ed eccelleva nel “rubato”, perfetto per rendere al meglio il flusso e riflusso melodico ininterrotto richiesto al solista. I detrattori di Delius lo accusano di “assenza di forma” (la stessa critica che Debussy muoveva a Satie…), ma questa Sonata in un unico movimento è in realtà accuratamente strutturata in varie sezioni interconnesse. L’introduzione (Allegro ma non troppo) è sottile e potente: il pianoforte espone l’idea tematica principale in contrasto con una versione più lenta, come un’onda che si rifrange, eseguita dal violoncello. La sovrapposizione sonora è affascinante e porta alla sezione centrale (Lento, molto tranquillo) costituita da una serie di variazioni. Una breve sezione “Scherzando” annunciata dal pianoforte solo precede il finale estatico e poi, cosa rara in Delius, veramente trionfale (Tempo primo). Completata nel 1917, la Sonata fu eseguita per la prima volta da Beatrice Harrison ed Evlyn Howard-Jones alla Wigmore Hall di Londra nel novenbre 1918. La partitura venne pubblicata da Winthrop Rogers l’anno successivo; ora è reperibile nel catalogo Boosey&Hawkes. Corrado Rollin

e nota al grande pubblico per una rubrica su Sette, l’inserto del Corriere della Sera, raccolta in volume da Rizzoli.

Vu cumprà

Il brano di Turkar Gasimzada, secondo la formula che regola il laboratorio “Forme Uniche della Continuità nello Spazio” si ispira a una poesia italiana contemporanea. Più precisamente, la poesia “Vu cumprà” della poetessa Vivian Lamarque, milanese di adozione, autrice di una quindicina di libri di poesie, vincitrice del Premio Andersen e del premio Rodari, traduttrice di molti autori francesi (Jean de La Fontaine, Jacques Prévert, Charles Baudelaire, ecc…),

Agosto ce ne andiamo solo vi lasciamo Milano vigilate voi, noi assenti sulle nostre case eleganti sui bei ladri distinti sui governanti noi ce ne andiamo, vi lasciamo i nostri cani adorati affamati assetati ce ne andiamo, vigilate voi sulla statuina che è d’oro che non se la portino via vi lasciamo per compagnia i nostri cani adorati affamati assetati e poi piccioni e piccioni e sotto i piccioni statue dai grandi nomi statue rinomate ma voi come vi chiamate? Vi abbiamo tolto anche i nomi nelle nostre città vigilate voi, voi Persone che chiamano Vù Cumprà. Vivian Lamarque


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Geologia della suite strumentale

Bach Brunello

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Nella seconda serata si conoscerà con una indagine “geologica”, in questo caso storico-musicale, la provenienza della forma “Suite”, l’origine delle danze che la compongono e come Bach sia riuscito a stilizzare queste forme strumentali.

Lunedì 7 marzo 2011 ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Mario Brunello violoncello

Johann Sebastian Bach Suite in re minore BWV 1008 Prelude Allemande Courante Sarabande Menuet I, II Gigue

Questa Suite si differenzia dalla prima per il fatto fondamentale che è scritta in modo minore. Essa non ha ancora la vastità di idee che segna le più tarde Suite del ciclo, ma la sua natura riflessiva le conferisce una particolare personalità. Questo senso di profondo sentimento anima le melodie e le figurazioni della composizione, tipica del Bach “meditativo”. Come spesso avviene per i lavori in Re minore, Bach qui sviluppa linee melodiche che presentano la “nota guida”, o che raggiungono forza e tensione insistendo su di essa. Il Prélude è in ¾, ed è più irrequieto e ricco di pathos di quello della prima Suite. Si presentano più volte coppie di battute collegate, che formano gruppi che si corrispondono. Comunque, così il Prélude non solo esprime uno sviluppo armonico come quello della Prima Suite; esso è anche intimamente melodico. Solo alla fine conduce verso un passaggio in arpeggio simile a una grande cadenza, portando il movimento verso la conclusione. L’Allemande continua sulle stesse note di penetrante riflessività; è un poco più calma ma allo stesso tempo diversamente animata dell’Allemande della Prima Suite. Contiene difficili “doppi arresti” ed una articolazione da valutare più attentamente in molti suoi dettagli. La Courante è un altro brano strutturato secondo lo stile delle “Correnti” delle composizioni violinistiche italiane, attraversandolo velocemente e dimostrando allo stesso tempo la potenza immaginativa di Bach nel concepire una grande varietà di figure musicali e nel combinarle per offrire un flusso costante di ricchissima linea melodica.

La Sarabande è proposta nel chiaro, scandito ritmo di questa danza. È notevole nella prima sezione del movimento il raggruppamento in tre gruppi, ognuno dei quali formato da quattro battute. Nella seconda parte del movimento, due delle “cuciture” tra le frasi vengono nascoste dal fluire più libero della melodia, ed è necessario un acuto senso della costruzione stilistica per apprezzare la struttura formale e il modo in cui la nuova frase inizia. I due Minuet di questa Suite forniscono un ulteriore contrasto tra tonalità maggiore e minore. Quantz notò nel suo “Metodo per flauto” (1752) che un Minuetto dovrebbe essere suonato in modo “elevato”. Diderot scrisse nell’Encyclopedie che il carattere di un Minuetto è “di una nobile ed elegante semplicità”. Bach qui segnala chiaramente i passi della danza; il fatto che le due battute che precedono quella che conclude ciascuna delle due sezioni possano essere suonate assieme, come una unica battuta in 3/2, aggiunge eleganza alla semplicità della danza. La Gigue di questa Suite è in tempo di 3/8; essa è rappresentativa di uno stile che si incontra spesso nella musica francese. Un’articolazione chiaramente scandita e un fraseggio molto gradevole in gruppi di otto battute sono le caratteristiche di questo movimento. Il tempo è certamente veloce, ma resta senza vincoli, e nessun dettaglio è mai trascurato. L’inizio della seconda parte torna alla frase di apertura del movimento come ad un tema principale,ma in chiave di Fa maggiore, che contrasta con la tonalità base di Re minore. Alcuni momenti di vera e propria scrittura a due parti contribuiscono al raggiungimento della massima tensione musicale. 49


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 12 marzo 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

Sofya Gulyak pianoforte Primo Premio Concorso Internazionale di Leeds 2009

Franz Liszt

dagli Années de pèlerinage. Deuxième Année. Italie: Sonetto del Petrarca n.104 Studio trascendentale n. 12 in si bemolle minore Chasse-neige Consolazione n.2 in mi maggiore Consolazione n.3 in re bemolle maggiore La Campanella Variazioni sul tema di Bach (“Weinen,Klagen...”) Rapsodia Ungherese n.2 in do minore Nel Settembre 2009 Sofya Gulyak ha vinto il Primo Premio e la Medaglia d’Oro Principessa Mary alla sedicesima edizione del Concorso Pianistico Internazionale di Leeds, prima donna nella storia della manifestazione a raggiungere questo ambito riconoscimento. Questo fondamentale traguardo nella vita artistica dell’interprete rappresenta il coronamento di una serie di importanti affermazioni in prestigiosi concorsi internazionali nei quali Sofya Gulyak ha ottenuto il primo premio: Tivoli Piano Competition a Copenaghen (2008), Gyeongnam International Competition in Corea del Sud (2008), Maj Lind a Helsinki, William Kappel Competition negli USA (2007). Pienamente inserita nel solco della grande tradizione pianistica russa, Sofya Gulyak è interprete dalla maturità sorprendente, nonostante la giovane età, capace di condurre l’ascoltatore nelle intimità più nascoste del pensiero musicale. Nativa del Kazan (Russia), dove ha iniziato gli studi pianistici, l’interprete si è perfezionata a Parigi alla Scuola Normale Alfred Cortot, a Imola con Boris Petrushansky e al Royal College di Londra con Vanessa Latarche. Molti i recital e i concerti con orchestra tenuti in Russia, Polonia, Francia, Finlandia, Norvegia, Inghilterra, USA, Svizzera, Marocco,

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Grecia, Corea del Sud, ospite delle migliori sale da concerto. I prossimi impegni dell’artista prevedono concerti al Gewandhaus di Lipsia, con la Brazile Symphonia Orchestra, la City of Birmingham Orchestra, l’orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, l’Halle orchestra, e la partecipazione ai festival pianistici della Ruhr, di Duzniki e di Cracovia. Sofya Gulyak ha avuto l’onore di essere sostenuta dalla Fondazione Rostropovich e dalla Fondazione del Presidente della Russia. Molte sue registrazioni sono diffuse da emittenti russe, francesi, polacche, danesi, inglesi e americane.


Chi ha avuto la fortuna di ascoltare Franz Liszt al pianoforte ha scritto: “Non avrei mai potuto immaginare una tale meraviglia di abilità e potere esecutivo … uno dei meriti trascendenti del suo modo di suonare era la chiarezza simile al cristallo, anche nei momenti più complicati e, per chiunque altro, impossibili… Il potere che attinse dal suo strumento era qualcosa che non avevo mai udito finora…” (Charles Hallé). L’impressionante tecnica della tastiera e la perspicace investigazione del potenziale sonoro del suo strumento rivelano che Liszt è stato senza dubbio uno dei più grandi virtuosi del pianoforte di tutti i tempi. Certo lo si può desumere e riscontrare anche dalle sue composizioni quali i Dodici Grandi Studi, a cui il compositore aggiungerà l’epiteto Trascendentali solo nella terza definitiva versione del 1852 dedicata al maestro Carl Czerny. Frutto di numerose ricerche e sperimentazioni nel campo della tecnica e della musicalità, il compositore ungherese mira a superare i limiti del pianismo del suo tempo ed estrarre dal pianoforte nuove possibilità espressive con grande lungimiranza, soprattutto se si considera il fatto che il pianoforte di metà ottocento non aveva ancora l’assetto tecnico di quello attuale, ma le innovazioni e scoperte lo stavano sempre più avvicinando alla fisionomia che tutti conosciamo. Negli studi si perde l’arido intento didattico per approdare a composizioni molto varie ed eleganti nella forma e nel materiale musicale, da affrontare con la consapevolezza che ci si trova davanti ad una delle composizioni lisztiane più impegnative e difficili da eseguire. Lo studio n. 12 Chasse-neige in si bemolle minore si carica di un elemento programmatico: l’immagine evocata dal titolo “scaccia-neve” o più propriamente tormenta di neve, viene perfettamente rievocata dalla musica stessa tramite l’uso della tecnica del tremolo in entrambe le mani come sottofondo sonoro continuo (sensazione del sibilare del vento), sopra cui si eleva la melodia che scaturisce dalle note marcate della mano destra, doppie scale cromatiche velocissime (sensazione delle folate di vento) e salti continui. Nello studio La Campanella, il terzo dei Grandi Studi di Paganini composti da Liszt nel 1851, il maestro riprende la melodia dal movimento finale del Concerto per violino n. 2 in si minore di Paganini. Anch’esso di difficile esecuzione per i salti tra intervalli amplissimi ed ottave della mano destra in registro acuto e i trilli con il quarto e quinto dito, che restituiscono l’idea del suono della campanella e mettono a dura prova la resistenza dell’esecutore.

Un omaggio ai moti rivoluzionari per l’indipendenza dell’Ungheria e dell’Austria la raccolta delle 19 Rapsodie Ungheresi, in cui Liszt sprigiona e sfoggia ancora una volta tutta la sua capacità virtuosistica unitamente a sonorità sorprendenti e forme espressive molto libere e intense. La seconda rapsodia del 1847 in do diesis minore è senz’altro tra le più famose ed eseguite grazie alla melodia ricca e accattivante che subito attrae e si fissa nella mente. Il brano si apre nella tonalità d’impianto per poi modulare frequentemente nella seconda parte. Appartengono ad uno stile completamente differente di dimensione intima e mistica le Consolazioni n. 2 e 3, parte di un ciclo di sei pezzi ispirati all’omonimo libro di poesie di Charles-Augustin de Saint-Beuve del 1830, imbevuto di spirito religioso ma anche dominato da un oscuro senso del peccato. È la melodia a fare da protagonista nei due brani, caricandosi di grande espressività. Il richiamo alla letteratura è forte anche nel Sonetto del Petrarca n. 104, parte del secondo anno degli Années des pèlerinage dedicato all’Italia, terra in cui Liszt era stato in viaggio con l’amata Marie d’Agoult e che l’aveva particolarmente affascinato. È noto dalle sue lettere che egli conosceva già le liriche di Francesco Petrarca fin dalla giovinezza. In questo brano sceglie di considerare la poesia come materia prima da utilizzare liberamente per esprimere il sentimento e i pensieri, e si ispira alla tradizione melodica belcantistica italiana pur senza rinunciare al virtuosismo pianistico. Nonostante lo scarso interesse nei confronti dell’organo Liszt scrive una serie di variazioni per organo in onore e ammirazione nei confronti del sommo genio tedesco Johann Sebastian Bach. Utilizzando le quattro note che si formano dalle lettere del suo cognome (si bemolle, la, do, si naturale) nel 1855 compone il Preludio e fuga sul nome di B.A.C.H., per l’inaugurazione dell’organo della Cattedrale di Merseburg, approntandone poi, nel 1871, una versione pianistica più sfacciatamente virtuosistica. Il preludio si sviluppa dal cromatismo tematico e ha un’impronta fortemente improvvisativa che conduce ad accordi poderosi seguiti da un recitativo. Lo sviluppo tematico della fuga ipotizza una serie di dodici suoni richiamando la celebre fuga in si minore di Bach del Clavicembalo ben temperato. È evidente, in questo brano, l’esplorazione contrappuntistica che si sussegue senza tregua fino all’attesa grandiosa conclusione che afferma la tonalità di si bemolle maggiore. Irene Sala

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 19 marzo 2011 ore 17.30 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Heath Quartet

Secondo premio concorso internazionale Haydn di Vienna 2009 (Primo premio non assegnato)

Oliver Heath violino Cerys Jones violino Gary Pomeroy viola Christopher Murray violoncello

Franz Joseph Haydn (1732-1809) Quartetto in re maggiore op. 71 n. 2 Adagio, Allegro Andante Cantabile Menuetto: Allegro Allegretto

Antonín Dvorˇák (1841-1904)

Quartetto in mi bemolle maggiore op. 51 n. 10 Allegro ma non troppo Dumka: Andante con moto Romanze: Andante con moto Allegro assai

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Selezionato dallo Young Concert Artists Trust (YCAT) nel 2008, l’Heath Quartet (http://www.heathquartet.com/) ha vinto il Primo Premio ed il Premio del Pubblico alla Tromp International Competition di Eindhoven nel 2008 ed il Secondo Premio al Concorso Internazionale Haydn di Vienna nel 2009 (Primo Premio non assegnato) aggiudicandosi anche il Premio Speciale per la migliore interpretazione di un brano di Haydn e del brano commissionato apposta per il Concorso. Il Quartetto ha tenuto numerosi concerti in Olanda debuttando anche alla Concertgebouw. Ha preso inoltre parte ai festeggiamenti per il bicentenario della morte di Haydn a Palazzo Esterhazy e si esibito alla Konzerthaus di Vienna, alla Sage Gateshead (ripresi da BBC Radio 3) ed al Festspiele Mecklenburg-Vorpommern in Germania. I suoi impegni per il 2010/11 comprendono nuovi recital alla Wigmore Hall e al Concertgebouw di Amsterdam; il debutto al Musikverein di Vienna, alla Konzerthaus di Berlino, allo Schwetzinger Festspiele in Germania e una registrazione radiofonica per BBC Radio 3 dalla Birmingham Town Hall. Il Quartetto collaborerà con Brett Dean, Stephen Hough, Colin Currie e con il Tokyo String Quartet e sarà “in residence” al Brighton Dome. L’Heath Quartet si è formato nel 2002 al Royal Northern College of Music sotto la guida di Christopher Rowland e di Alasdair Tait, con i quali ha poi proseguito gli studi all’Accademia Reina Sofia di Madrid. Tra gli insegnanti del Quartetto figurano anche Gabor Takacs-Nagy ed i membri dei Quartetti Alban Berg, Smetana, Endellion, Lindsay e La Salle. Nel corso degli studi presso il Royal Northern College of Music il Quartetto si è aggiudicato tutti i maggiori riconoscimenti riservati agli ensemble e tra il 2008 ed il 2010 ha ricevuto la borsa di studio Leverhulme Junior Fellows. Nel 2005 l’Heath Quartet vince il Philharmonia Orchestra/Martin Musical Scholarship Fund Ensemble Award ed è tra I premiati al Concorso Internazionale di Ginevra per Quartetto d’archi. Nel Regno Unito il Quartetto ha suonato godendo del sostegno del Countess of Munster Scheme, di Making Music e del Tunnell Trust; ed è stato nominato “MBF Young Artists in Residence” al Lake District Summer Music Festival. Il quartetto collabora con molti dei maggiori compositori contemporanei, tra gli altri con Louis Andriessen, Sofia Gubaidulina, Anthony Gilbert e Hans Abrahamsen ed ha ricevuto consensi unanimi dalla critica per l’esecuzione del Quartetto n.2 di Ligeti e del brano “Arcadiana” di Thomas Ades, tenutasi per il Park Lane Group alla Purcell Room. L’Heath Quartet ha intrecciato proficue collaborazioni anche con musicisti come Ashley Wass, Alessandro Carbonare, Alastair Tait e Colin Currie. Oliver Heath ha studiato al con Yossi Zivoni e Cerys Jones si è formata alla Juilliard School e al Royal College of Music con Nicholas Kaplan e Gordan Nicolich. Il sudafricano Gary Pomeroy e Christopher Murray hanno entrambi studiato al Royal Northern College of Music rispettivamente come allievi di Mark Knight e di Hannah Roberts e Gregor Horsch.


ostentato, brevi sezioni di sviluppo al centro, mentre la melodia che conclude l’esposizione (e il movimento) possiede una grande semplicità popolaresca. Il primo violino introduce il tema cantabile del movimento lento, che è anch’esso in forma ternaria e che conduce, attraverso avventurose esplorazioni armoniche, al Minuetto, che presenta molte delle caratteristiche di uno Scherzo. Il quartetto termina con un movimento che, ancora una volta, richiede grandi capacità virtuosistiche da parte del primo violino, a testimonianza dell’eccellenza del Salomon.

Franz Joseph Haydn

Antonín Dvor ˇák

Quartetto op.71 n.2

Quartetto op.51 n. 10

È con i quartetti dell’op. 33 (1781) che Haydn è consapevole e dichiara di “scrivere in un modo nuovo e speciale”, mentre i sei componimenti dell’op. 71 e 74 (dedicati al Conte Anton Georg Apponyi e pubblicati nel 1793) presentano l’ulteriore novità di essere composti non per esecuzioni private, come sempre era fino ad allora accaduto, ma pubbliche, destinati al virtuoso di violino Johann Peter Salomon, molto celebre a Londra, dove essi furono eseguiti per la prima volta, in una sala da 800 posti, il che ne spiega anche certe sonorità “orchestrali”. Il quartetto per archi occupa una posizione fondamentale nell’opera di Franz Joseph Haydn, che può essere a buon diritto considerato il creatore del genere classico quartetto per archi, trasformandone profondamente la natura dal Divertimento settecentesco a forma classica per definizione, regina della musica da camera. Non a caso, infatti, la forma quartetto si sviluppò e consumò gran parte delle sue potenzialità estetiche nel periodo compreso tra Haydn e Schubert, dopo di che ebbe una frequentazione assai minore da parte dei musicisti (Haydn scrisse circa 80 Quartetti per archi!). Spesso, si percepisce nei quartetti posteriori a Schubert “l’adattamento dello stile del compositore a questo mezzo, o del mezzo allo stile, come nel caso dell’uso percussivo delle corde in Bartók” (Rosen). Secondo Charles Rosen, tra le caratteristiche di novità radicale dei quartetti di Haydn (e, più in generale, della sua musica da camera) sono da evidenziare “l’imitazione dei ritmi del discorso (…) l’esaltazione della sua aria di conversazione”. La musica di Haydn, insomma, come espressione dell’arte settecentesca della conversazione, parallelamente alla trasformazione della prosa scritta, che nel Settecento inglese, francese, tedesco, si allontana dalla “pesante tecnica accumulativa del Rinascimento” per portare la propria attenzione “all’equilibrio, al senso delle proporzioni, all’ordine delle parole”… L’altro elemento di grande novità evidenziato da Rosen è l’elaborazione di “uno stile deliberatamente popolare”, che unisce magistralmente “elementi colti e popolari”, creando a volte temi indistinguibili da quelli popolari originali. In particolare, nei quartetti Haydn spesso inserisce semplici melodie di sapore popolare con funzione di cadenza al termine dei primi movimenti, a contrasto dei temi precedenti: “quando il tema iniziale ha un carattere marcatamente regolare, quello conclusivo è invece di stile più decisamente popolare”. È questo anche il caso del quartetto op 71 n.2, in re maggiore. La composizione si apre con un tema molto aperto e quasi

Le opere “slave” di Dvorák (danze slave, rapsodie slave, duetti moravi, ecc,) gli diedero una immensa popolarità, per la quale egli dovette pagare il prezzo di essere considerato per qualche anno prevalentemente un autore di musica dal sapore nazionale. Prezzo che egli pagò volentieri, perché gli permise di uscire dallo stato di indigenza che aveva accompagnato la sua vita precedente. Così, egli rispose positivamente alla richiesta dell’allora famoso “Florentine Quartet”, che gli commissionò un “quartetto slavo”. Il quartetto n.10 in mi minore op. 51 fu così composto tra il Natale 1878 la Primavera 1879. Come per molte delle composizioni del Dvorák maturo, il fascino di questa va molto al di là del suo colore musicale “folclorico”. L’avvio dell’Allegro non troppo è perfettamente rilassato; il tema principale e il secondo tema, ondeggiante come una danza, gareggiano tra loro. Il tema di danza prende il sopravvento nel momento della ripresa; ma quando tutto è detto e fatto ecco che è il tranquillo andamento del primo tema a condurre alla chiusura. Il movimento musicale più evidentemente “slavo” è il secondo: Dumka-Andante con moto, che prorompe in un Furiant al centro del movimento (Dumka e Furiant sono entrambe danze di origine slava). Il terzo movimento è una Romanza in si bemolle maggiore, uno dei temi musicali più amabili scritti da Dvorák. La danza è ancora l’origine dell’Allegro assai finale; un tempo di due quarti che dà colore vivace a questo ultimo movimento in forma sonata

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2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Sabato 26 marzo 2011 ore 17.30 Auditorium Marco Biagi

1961. Dalla canzonetta alla canzone d’autore Lara Luppi voce Lucio Bergamini pianoforte Conducono Alberto Bertoni, Lucio Bergamini

Gli anni Sessanta si aprono con i duelli tra Nilla Pizzi e Claudio Villa e si chiudono con i cantautori genovesi, il rock progressivo, le canzoni di protesta. In mezzo, Le grandi trasformazioni del Paese, bene espresse dalle rivoluzioni musicali: quella di De Andrè, quella di Guccini, e prima del Cantacronache e del teatro canzone. Rivolgimento estetico e poetico, ma non senza profonde influenze sulla vita stessa, sul sistema di valori di intere generazioni e degli stessi musicisti, del quale la tragica fine di Luigi Tenco è solo l’emblema più impressionante. Un esperto italianista, profondo conoscitore della musica italiana soprattutto sotto il profilo letterario e un musicologo che insegna i processi compositivi della musica “leggera” condurranno ascolti e visioni di un decennio che ha cambiato l’Italia e, con essa, anche la sua musica. Alberto Bertoni è nato a Modena, dove vive, nel 1955. Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Bologna, come critico ha curato numerose edizioni di autori del Novecento letterario e poetico italiano. Da ultimo, il Meridiano Mondadori che raccoglie l’opera narrativa di Alberto Bevilacqua. Autore di poesie egli stesso, fa parte del gruppo ideatore del Poesia festival modenese. Oltre a realizzare numerose performance poetiche con accompagnamento musicale, si è occupato anche della storia della canzone italiana, curando tra l’altro un saggio sui testi delle canzoni di Francesco Guccini (contenuto nel volume “Non so che viso avesse”, Mondadori, 2010). Lucio Bergamini nato a Finale Emilia si è diplomato in pianoforte presso l’Istituto Orazio Vecchi di Modena. Dedicatosi in particolare alla interpretazione delle opere lisztiane, non ha però trascurato lo studio dei classici e anche delle ultime avanguardie musicali. Èuno dei fondatori della ‘Accademia Contemporanea’ con la quale ha presentato opere musicali del nostro secolo, alcune delle quali in prima esecuzione assoluta. Ha collaborato con artisti di fama internazionale come Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Raina Kabaiwanska, Roberto Abbado, Roberto Fabiano, Aprile Millo, Ruggero Raimondi, Mi Hung Chung, Roberto Fabbriciani, Cristiano Rossi, Antonella Antonioli, Virginio Puecher, Pier Luigi Pizzi, Antidogma Ensemble di Torino etc. Ha svolto attività artistica in molti Teatri ed Enti Lirici. Ha curato

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le musiche di opere teatrali per Maurizio Micheli, Tino Schirinzi, Giuseppe di Leva, Ennio Esposito, Enzo Jannacci, Roberto Antoni etc. Attualmente è docente al Conservatorio di Musica “G.B. Martini” di Bologna. Lara Luppi nata a Modena, laureata in Lingue e Letterature straniere, ha studiato canto, pianoforte e musica d’insieme presso l’Accademia di Musica di Modena. Ha seguito Seminari di Jazz con le cantanti Betty Carter, Sheila Jordan, Rachel Gould, Shawn Monteiro e di Gospel con il Rev. Lee Brown. Dal 1987 ad oggi, Lara Luppi si è esibita dal vivo in locali, teatri, rassegne ed ha prestato la sua voce e la sua personalità a molti progetti musicali, ciascuno dei quali è stato ed è caratterizzato da una grande libertà Nel 1997, a conclusione di una session con i jazzisti americani Bobby Durham, Walter Booker e Charles Bowen e con il pianista Massimo Faraò ha inciso il primo CD di standard americani “From noon to four”. Con la formazione “Rev.Lee Brown and The Freedom Family Choir” ha inciso quattro cd e partecipa regolarmente a concerti gospel in Italia e all’estero. Da 2000 è la voce della swing and jive band “Jumpin’Shoes”, collabora con la dixieland band di Lino Patruno ed è la voce della “Blue Midnight Orchestra”. Ultimo nato in ordine di tempo il Combo anni 40 “Laralù & The Vintage Kings”. Dal 2007 presenta il maggior Festival sulla cultura e la musica degli anni 40 e 50 in Italia, il Summer Jamboree Festival.



2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Giovedì 31 marzo 2011 ore 21 Baluardo della Cittadella

INE: AL TERMI IS D BRIN IA ALL’ITAL

2011. Il jazz italiano Recital trio

Michele Francesconi, Paolo Ghetti e Carlo Alberto Canevali propongono un programma del tutto particolare, formato da brani originali composti da musicisti italiani, tra gli altri Mauro Negri e Stefano De Bonis. Un invito, chiaro e determinato, “a credere sempre di più nell’inventiva compositiva dei jazzisti italiani”, come afferma il pianista nel presentare la formazione. Un programma pensato e diretto per inquadrare e mettere a fuoco la pratica della composizione, per dare valore allo spirito e all’inventiva degli autori scelti. Il materiale, vario per provenienza, assume una identità propria e personale nell’ispirazione e nel lavoro di arrangiamento del Trio. Attraverso l’originale percorso, il Recital Trio mette in evidenza le capacità interpretative di Francesconi, Ghetti e Canevali: musicisti esperti, protagonisti di importanti collaborazioni a livello italiano e internazionale, naturalmente disposti alla contaminazione dei linguaggi e in grado di sintetizzare, nelle improvvisazioni, le proprie esperienza musicali e le nuove strade del jazz.

Michele Francesconi pianoforte Paolo Ghetti contrabbasso Carlo Alberto Canevali percussioni De Bonis, Zambrini, Fabbri, Negri, Vasques, Sillato, Ponchiroli, Petretti, Conduce Stefano Zenni

Stefano De Bonis (1968)

Transalpando

Antonio Zambrini (1963) Garrincha

Alessandro Fabbri (1978) Gonzales

Mauro Negri (1966) Elena

Adriana Vasques (1970)

Nu-mi (danza)

Dimitri Sillato (vivente) Hidden door

Marco Ponchiroli (vivente) Danza

Adriana Vasques

Jnd (just noticeable difference)

Marco Ponchiroli Elena

Fabio Petretti (vivente) Terzettango

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Michele Francesconi si è diplomato in pianoforte al Conservatorio di Rovigo e in musica jazz presso il Conservatorio di Trento nella classe di Franco D’Andrea. Ha frequentato i seminari di Siena Jazz, Umbria Jazz e Nuoro Jazz, negli ultimi due vincendo una borsa di studio. Ha inoltre frequentato le masterclass tenute da Enrico Pieranunzi e ha studiato con il musicologo Luca Bragalini. Ha insegnato presso il centro di musica moderna Music Master di Faenza dal 1995 al 2004 e dal 2004 al 2008 ha tenuto laboratori annuali di analisi e prassi esecutiva sul pianoforte jazz presso i centri Mikrokosmos di Ravenna e Ca’Vaina di Imola. Ha insegnato jazz e improvvisazione jazzistica presso il Conservatorio Bruno Maderna di Cesena e dal 2003 insegna pratica pianistica per il jazz presso il Conservatorio Antonio Buzzolla di Adria. Ha tenuto guide all’ascolto sulla musica jazz per l’Università di Ravenna e per la Biblioteca di Faenza. Ha suonato in diverse rassegne e jazz club.

Carlo Alberto Canevali nato nel 1969 a Trento, inizia lo studio della batteria all’età di otto anni. Frequenta i seminari di specializzazione jazzistica di Veneto Jazz con Harold Danko, Harvie Swartz, Jeff Hairsfield, i seminari di Itinerari Jazz a Trento con Henry Threatgill (1995, 1996), Mathias Ruegg (1997, 1998) e dal 1999 al 2006 i laboratori permanenti di alta specializzazione jazzistica di Siena Jazz con Stefano Battaglia. Nel 1987, assieme alla cantante newyorkese Ronda Moore, vince il Concorso Nazionale di Improvvisazione per la Colonna Sonora indetto dalla rassegna “Trento Cinema”. Nel 2002 a Salon de Provance in Francia, vince il primo premio per la sezione jazz del Trofeo Internazionale Musica (T.I.M.). Ha collaborato con artisti di fama come Kenny Wheeler, David Samuels, Stefano Battaglia, Franco D’Andrea, Furio Di Castri, Henry Threadgill, Michael Moore, Florian Brambok, Bruno De Filippi, Irio De Paula, Rudi Migliardi, Juarez Moreira, Renato Chicco ed altri. Attualmente collabora con lo Stefano Battaglia Theatrum Trio. Dal 1992 è titolare della cattedra di batteria presso il Centro Didattico Musicateatrodanza (CDM) di Rovereto. Dal 2004, presso la medesima scuola, è docente del corso triennale di qualificazione professionale. Nel 2009 fonda l’etichetta indipendente nBn records.


Paolo Ghetti, nato a Forlì nel 1966, approda al contrabbasso ed alla musica jazz dopo essersi dedicato al clarinetto e al basso elettrico. Nel corso della carriera artistica si è esibito in importanti festival e rassegne: Ginevra, Barcellona, Madrid, ‘91 Ravenna “Mister Jazz”, Vignola “Jazz in it”, Fano Jazz, “Umbria Jazz”, Nancy, “Siena Jazz”,

Urbino, Stoccolma, Porto Azzurro, Volterra, Ferrara, Cagliari, “Veneto Jazz“, Istanbul, Parigi, Teatro dell’Opera di Roma, Palermo (C.Walton), Torino (C.Escoudè), Fenice di Venezia, “Barga Jazz”, La Spezia, Padova, ’03 Ravenna “Mister Jazz”, Barcellona, Lisbona, San Marino. Ha al suo attivo molte incisioni discografiche; vanta inoltre collaborazioni con numerosi musicisti di fama internazionale, tra i quali: Pat Metheny, P. Erskine, S. Grossman, G. Garzone, S. Coleman, D. Liebman, L. Konitz, G. Russel, M. Gibbs, K. Wheeler, B. Forman, J. Walrath, B. Moover, P. Martino, E. Henderson, P. Jeffrey, J. Diorio, S. Hampton, C. Walton, R. Mathews, K. Copeland, C. Escoudè, T. Campbell, B. Durham, A. Luna, E. Rava, E. Pieranunzi, R. Gatto, R. Marcotulli, P. Tonolo, F. Boltro, P. Fresu, M. Giammarco, P. Condorelli, ed altri. È docente di contrabbasso jazz nei conservatori di Bologna ed Adria. Stefano Zenni è presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana (SIdMA). Insegna Storia del jazz e della musica afroamericana nei Conservatori di Bologna e Pesaro, History of Music of XX and XXI Century presso la New York University in Florence, Analisi presso Siena Jazz. Ha pubblicato e curato importanti libri su Louis Armstrong, Herbie Hancock, Miles Davis, Charles Mingus. È editor del settore jazz del Giornale della Musica, nonché redattore del New Grove Dictionary of Jazz II. È stato candidato ai Grammy Awards come autore di note di copertina. Dal 1997 è conduttore di Rai Radio3.

Negli scritti di Edgard Varèse sulla musica c’è una frase che mi ha colpito molto, dice: “Il talento fa ciò che vuole; il genio ciò che può”. Credo che quello che noi chiamiamo talento non sia altro che la capacità di imitare e trasformarsi. La persona di talento è quella che impara subito le cose ed è capace di ricrearle. Dall’altra parte, senza voler scomodare i grandi geni della storia della musica, posso pensare che alcune intuizioni in campo artistico si svelino quasi inconsciamente solo nel momento della creazione dell’opera. Le dieci composizioni scelte per questo progetto possiedono, a mio parere, quel requisito un po’ misterioso che risponde al termine di “ispirazione” e che dà loro un’identità precisa. È stato quindi per noi un piacere e un onore interpretare ed arrangiare per trio questo materiale, pensando a una sorta di recital, di percorso sonoro attraverso la musica di compositori che provengono dall’ambiente jazzistico italiano. Tra loro ci sono colleghi e amici importanti. Alcuni hanno ormai una avviata carriera internazionale, come nel caso di Mauro Negri, del quale abbiamo scelto un tema di rara bellezza melodica, altri sono stati piacevoli scoperte, come la pianista triestina Adriana Vasques, che ci ha regalato due composizioni dal forte senso poliritmico. In apertura di disco sentirete il brano di Stefano De Bonis, che si sviluppa su sezioni diverse, e lo stesso titolo Transalpando ci ha suggerito una sorta di visioni quasi paesaggistiche. Attese è una

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Orario di apertura Lunedì riposo da Martedì a Venerdì dalle 12.00 all’1.00 Sabato e Domenica 18.00 all’1.00 Pausa Pranzo dalle 12.00 alle 15.00 Risi, Spaghetti e Insalate a scelta tra sapori tradizionali e nuove ricette Aperitivo con buffet dalle 18.00 Cena dalle 20.30 Ogni settimana cucine dal mondo Su prenotazione Cene di gruppo, aziendali, rinfreschi con menù a scelta tradizionali ed etnici Selezione Vini & Champagne Birre italiane, estere, artigianali Long Drink, Cocktail, Analcolici Organizzazione viaggi e incontri culturali

composizione che conosco da diversi anni, da quando io e Francesco Carta eravamo compagni di corso presso il Conservatorio di Trento; qui abbiamo cercato una sonorità evanescente, in cui i piani sonori dei tre strumenti fossero intenzionalmente distinti. Il brano di Alessandro Fabbri, invece, ha un’intenzione più serrata, anche rispetto alla versione originale incisa nel suo disco. Hidden Door si presentava inizialmente come un corale dalle forti dissonanze, e suonandolo in duo abbiamo cercato di esaltare la gestione dei silenzi. Volutamente poi, quello che dovrebbe essere il momento più scuro ed enigmatico dell’incisione passa il testimone alla circolarità del tema di Ponchiroli. Le ultime due scelte, in ordine cronologico, ad essere inserite nel nostro progetto sono lo splendido inedito Elena sempre di Ponchiroli, e il tango di Fabio Petretti, suonato a mo’ di commiato. Permettetemi di ringraziare, oltre agli autori, i miei compagni di percorso, due musicisti di rara sensibilità. Con Paolo sono amico ormai da tempo, e ho imparato a conoscere anche il suo lato più nascosto, spirituale. Di Carlo ho subito apprezzato il modo sensuale di suonare, come tocca i piatti, come ascolta e interagisce. Spero inoltre che il viaggio intrapreso attraverso queste musiche possa essere un invito a credere sempre di più nell’inventiva compositiva dei jazzisti italiani. Buon ascolto! Michele Francesconi 57


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

Bach Brunello

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Sabato 2 aprile 2011 ore 21 Teatro (o Auditorium) San Carlo

Mario Brunello

Il violoncello di Bach

La terza serata sarà destinata a scoprire e capire per quale strumento Bach ha composto questa musica. Quale suono dovevano avere i violoncelli dell’epoca e come venivano suonati.

violoncello

Johann Sebastian Bach Suite in do maggiore BWV 1009

Prelude Allemande Courante Sarabande Bourrée I, II Gigue

Nella terza Suite Bach amplia il Prélude, accrescendone gli elementi di pathos, e con essi l’espressività declamatoria dei movimenti che seguono. La tonalità di Do maggiore conferisce al violoncello l’opportunità di eseguire numerosi accordi a quattro parti e di esprimere appieno gli effetti delle sue note basse. Il Prélude in ¾ sembra, ad un primo ascolto, che si distenda in modo liberamente fluido. In verità, è il suo impulso ritmico fisso a prendere la forma di figure sempre mutevoli. Questi cambiamenti creano contrasto e costruiscono una struttura ben modellata. Al centro del movimento sta una lunga nota di pedale sul Si, la più bassa delle numerose figure arpeggiate, il che produce un’acme di intensità. Brevi e vigorosi accordi a quattro parti, che formano una cadenza, preparano la conclusione. Il respiro del suo pathos è fondato su un’altra nota di pedale, la ripetizione potente del Do basso. L’ascoltatore perciò si rende conto del fatto che il movimento consiste di due sezioni di uguale lunghezza. Ognuna di esse è legata al proprio interno da gruppi di figure correlate. La combinazione di slancio apparentemente fluente in modo libero e di elementi costruttivi nascosti conferisce a questo Preludio la sua ricchezza interna. La Allemande inizia con tre semicrome in levare, elemento subito dimenticato, non appena si sviluppa il movimento, ma che riappare (trasposto di una quinta più acuta) all’inizio della seconda sezione per ristabilire l’animazione dell’apertura. Questa Allemande è uno dei movimenti più lenti che portano questo nome; i compositori francesi aggiungevano al termine Allemande l’aggettivo grave. La figurazione è anche più ricca rispetto alla precedente Suite, ed impiega una ancora maggiore diversità di mezzi. La Courante è formata quasi interamente da una successione di vivaci crome. Questo movimento è spesso collegato alle “Correnti” dei compositori italiani per violino. Figure arpeggiate, e frammenti di scale da suonare in frasi legate, generano contrasti tra declamazione e articolazione. Dopo otto battute di introduzione, chiaramente una 58

frase in sé conclusa, inizia un costante movimento di crome la cui struttura dipende dallo sviluppo armonico implicito nella linea melodica. La seconda sezione non raggiunge la sua prima significativa cadenza se non dopo sedici battute. La conclusione corrisponde a quella della prima sezione, ma la melodia è invertita. La Sarabande enfatizza la caratteristica andatura di questa danza con l’accentuazione dell’inizio di ogni battuta. Lo slancio della musica è generato nella seconda parte della battuta, generalmente accrescendo l’intensità di una nota dissonante che anticipa l’armonia successiva. Si tratta frequentemente della stessa nota della prima parte della battuta, che ora assume però un nuovo significato. Nella seconda parte del movimento la linea melodica diviene più intensa; ciò significa che il ritmo fondamentale della danza si colloca sullo sfondo, con il risultato che la tensione diviene assolutamente irresistibile quando, nelle battute finali, la forza del ritmo di danza ritorna impetuosa. La Bourrée, come movimento interpolato, è una danza molto vivace in tempo “alla breve”, con un rapido “levare”. “Una melodia che è più fluente e insieme più unitaria della Gavotte” era la descrizione di Mattheson, contemporaneo di Bach. Nonostante il suo tempo veloce essa ha “qualcosa nella composizione di calmo e tranquillo, un poco spensierato”. Bach qui compose un movimento insolitamente ricco, mantenendo tuttavia molte delle caratteristiche originali della danza. Un elemento di grande effetto è l’ascesa della terza minore all’inizio della seconda Bourrée, che, come il secondo minuetto nelle altre Suite, è in una chiave diversa, e perciò conferisce un contrasto tonale molto affascinante non solo rispetto alla prima Bourrée, ma anche nel contesto dell’intera suite. La Gigue è in 3/8. Indicazioni che prescrivono una ampia diversità nell’esecuzione delle sue rapide frasi sono contenute nel manoscritto di pugno della seconda moglie di Bach, Anna Magdalena. Questo pezzo ha molto in comune con la Gigue della Seconda Suite, compresa la costruzione in gruppi di otto o sedici battute.



COOPERATIVA CHICO MENDES

Il progetto noci dell’Amazzonia Il “progetto noci” della Cooperativa Chico Mendes è frutto dell’incontro e della collaborazione tra le realtà associative e cooperative emiliane e il Movimento dei Popoli della Foresta, guidati allora dal leader indio Chico Mendes. Attraverso il lavoro delle cooperative amazzoniche e la commercializzazione equa ed eco-solidale della Noce dell’Amazzonia, un frutto dalle eccellenti qualità organolettiche e nutrizionali, le popolazioni locali riescono a mantenere se stesse contribuendo alla conservazione della più grande

foresta del mondo. Ogni “Castanheira”, la pianta della Noce dell’Amazzonia (Bertholletia Excelsa) arriva fino a sessanta metri d’altezza e copre centinaia di metri quadri di foresta, facendo da scudo e protezione alle piante sottostanti e alla vita del bosco. Protegge la foresta, ma per continuare a vivere ha bisogno che l’ambiente in cui cresce mantenga le caratteristiche di bosco incontaminato e intatto.

Cooperativa Chico Mendes Via Fabriani 120 - 41100 Modena Telefono 059 302914 chico-modena@libero.it www.chicomodena.it


2010-2011

Fondazione Gioventù musicale d’Italia Sede di Modena

L’aperitivo è superfluo come un sorriso Un corsivo (quasi) uguale a quello dell’anno scorso Il contenuto di questo testo ha un anno di vita; gli ingredienti degli aperitivi, a parte quelli che ne traggono vantaggio (come il prosciutto e il vino), invece, no. Sono molto più freschi, e ci mancherebbe altro. Non sono cambiati i “fornitori” fondamentali e generosi: l’Enoteca Compagnia del Taglio di Modena e l’Azienda vinicola Villaboni di Pazzano, ma anche la Bottega d’Oltremare, le cui volontarie preparano eccellenti torte e quiche a base di prodotti del commercio equo e solidale e curano il servizio degli aperitivi. In cambio, una certa somma va ad alimentare la rete a sostegno delle attività agricole autogestite nel Terzo Mondo. Si conferma la “new entry” del 2009: la Cooperativa Chico Mendes, iniziativa tutta modenese, geneticamente radicata nel senso pratico e nello spirito solidale delle nostre popolazioni, che dal 2001 cura l’importazione delle noci dell’Amazzonia e di altri frutti della foresta, a sostegno concreto delle comunità dei seringueiros. Il Consorzio del Prosciutto di Modena, le aziende agricole La Viazza e Sant’Antonio (e le sante mani nella marmellata di Linda e Simona) e Curanatura con i suoi salumi di alta qualità, il favoloso pane di farro di Martino da Acquarìa, consentono un breve dopo concerto, il sabato pomeriggio all’auditorium Biagi, di chiacchiere e commenti, di accordi serali e di congratulazioni ai musicisti. Ripetiamo anche la conclusione del 2009: quel 2% circa del Bilancio GMI destinato agli aperitivi ci pare indispensabile, tanto quanto un sorriso allo sconosciuto che ci siede di fianco. E se volete sapere dove potete trovare a cena o a pranzo i musicisti, il giorno del concerto o quello successivo, guardate le inserzioni che percorrono questo programma. Sono un piccolo riconoscimento a chi “si accontenta” nel momento del conto, sostenendo così l’Associazione e la cultura cittadina.

I vini del Taglio non sono vini da taglio

Le proposte dell’Enoteca Compagnia del Taglio per i concerti aperitivo 2010-2011 Prosecco Val d’Oca (Veneto) Moscato d’Asti Cascina Fonda (Piemonte) Cerasuolo d‘Abruzzo - Masciarelli (Abruzzo) Trebbiano Villa Gemma - Masciarelli (Abruzzo) Bianco Vite - Hofstätter (Alto Adige) Pecorino - Colle dei Venti (Abruzzo) Chiarli Rosè (Emilia-Romagna) Moscato secco Murana (Pantelleria) Bianco Sirch (Friuli)

Sono buoni i vini di Boni (Pazzano - Modena) Scurone sgrassaporco 2007 Sponda 2006 Serra Bianco Ti sbrino rosè Ti sbrino bianco

Dalla Cooperativa Oltremare, elaborazioni a base di prodotti del commercio equo e solidale Tre torte salate Pasta sfoglia, porri, yogurt,uova, emmenthal, grana, sesamo Pasta sfoglia, spinaci, yogurt, uova, grana, uvetta, cajuo Pasta sfoglia, zucchine, ricotta, riso thay aromatico, parmigiano, uova Cous cous della Palestina cous cous, pollo, succo di arancia, uvetta, olive,rucola Tre torte dolci Torta Severina: farina 00, uova, cioccolato fondente mascao, cioccolato in polvere conacado, zucchero di canna dulcita Torta creola: zucchero di canna dulcita, farina di cocco, uova Torta pere e cioccolato: farina 00, uova, pere, zucchero di canna dulcita, cioccolato fondente mascao, Crostate di frutta: pasta frolla e marmellate del commercio equo e solidale vari gusti mango, arancia, papaya

Prodotti del territorio

ricotta, caciotta e parmigiano della Latteria del Cimone (Canevare di Fanano, Modena) composte, marmellate e salse del territorio modenese pane di farro dell’Appennino modenese prosciutto crudo del Frignano prosciutto cotto con ricetta medievale


Pubblicazione a cura di Mauro Bompani - Gmi Modena Stampa La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio Srl




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