III° Concorso letterario
Secondaria Racconti
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SECONDARIA - RACCONTI PRIMARIA - RACCONTI ................................................................................................................................... 2 UNA STORIA COME TANTE ............................................................................................................................ 3 TUTTA QUESTIONE DI FIDUCIA ..................................................................................................................... 5 ALLA RICERCA DELLA PASSIONE ................................................................................................................. 6 ZOE, UNA GRANDE NUOTATRICE ................................................................................................................. 8 LO SPORT E’ AMICIZIA .................................................................................................................................... 9 LA CITTÀ DI SPORTOPOLI ............................................................................................................................ 12 LA MAGIA DEL FIOLET .................................................................................................................................. 14 L’ULTIMO BANCO ........................................................................................................................................... 16 IL DIARIO DI ISABELLE .................................................................................................................................. 18 un muro pieno di sentimenti... ......................................................................................................................... 18 SURF ............................................................................................................................................................... 22 IL DIVERTIMENTO: LA COSA PIÙ IMPORTANTE! ....................................................................................... 24 IL PICCOLO GRANDE CESTISTA ................................................................................................................. 26 CHARLIE E LUKE .......................................................................................................................................... 28 UN’AVVENTURA ALLA STREET ACADEMY ................................................................................................. 28 “VITTORIA” SULLE PUNTE ............................................................................................................................ 31 CHI LA DURA . . . LA VINCE ......................................................................................................................... 34 IL REGNO DI SPORTILANDIA E LE TRE PALLAVOLISTE ........................................................................... 35 IL SOGNO DI TOM .......................................................................................................................................... 38 IL SOGNO DI DIVENTARE UNA PATTINATRICE ......................................................................................... 39
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UNA STORIA COME TANTE PAIELLI LUDOVICA SECONDARIA BUSCATE 2A Io non ho mai amato gli sport. Non che non mi piaccia giocare, è che ogni attività sportiva comporta una gara e quando si gareggia, inevitabilmente, c’è chi vince e c’è chi perde. Ebbene, io non ho mai sopportato l’idea che ci debba essere per forza qualcuno che, alla fine, sia destinato a perdere. In particolare se so che, con buona probabilità, a patire la sconfitta sarò io. Già, perché me la cavo bene in tante cose, ma, in quanto a prestanza atletica… bè, dovevo ammettere avrebbe potuto andarmi meglio! E così in campo mi sono sempre sentita un po’ impacciata, a disagio di fronte alla grinta delle compagne, fra le ultime ad essere scelte quando si formano le squadre… insomma, una perdente! Parliamoci chiaro: si tratta di una sensazione davvero spiacevole, insomma, meglio evitarla… Per cui: niente sport. In fondo, non è mica obbligatorio! Qualche scusa per non mettermi in gioco sono sempre riuscita a trovarla. Almeno, fino a quando non è arrivata Anna. Anna è la nuova allenatrice. Sempre allegra, dolce, ma intransigente: con lei non si può più scappare. Ci vuole vedere tutte in campo. Uffa , mi toccherà ancora una volta sorbirmi il paragone con chi è più brava e sentirmi la solita predica sull’ impegno… So già che potrei mettercene di più, ma tanto a cosa serve? Non sarò mai la più brava. To’, che sorpresa! Al termine dell’ allenamento Anna non manifesta nessuna delusione. Ci mette in cerchio e si limita ad individuare , per ciascuna di noi, la cosa che secondo lei sappiamo fare meglio. Dice che quello sarà il nostro “patrimonio di squadra”, la base solida delle singole competenze da cui partire per diventare una squadra fortissima. Aggiunge che il cerchio che abbiamo formato è simbolico: ogni competenza individuata da questo momento in poi va messa al centro, perché possa diventare patrimonio di tutti. Le più brave sono scettiche, quelle come me sono diffidenti… Strana tipa questa Anna, dove vuole arrivare?
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Al termine di ogni allenamento ci da modo di parlare un po’ fra noi. Lei non dà giudizi ma fa delle domande: “in quale occasione i tuoi compagni ti sono stati più d’ aiuto?” “c’è stata qualche occasione in cui adesso, ripensandoci, imposteresti l’azione diversamente?”. Cinque minuti di riflessione e condivisione delle emozioni, poi, sempre la solita frase: “ragazze, non scordatevi nulla di ciò che abbiamo messo al centro del cerchio, perché la prossima volta si riparte da qui e ognuna avrà qualcosa da aggiungere”. Infatti, nell’ incontro successivo, neanche una assente. Con il tempo, mi sono accorta che non ho più voglia di stare fuori dal gioco, perché così non avrei nulla da depositare nel cerchio e di me li in mezzo rimarrebbe solo la delusione delle mie compagne, che non troverebbero mai un mio contributo. Intendiamoci: non sono diventata improvvisamente fortissima. È che una compagna ha messo in evidenza quanto io riesca a dare un contributo sul piano tattico; altre hanno riconosciuto che è proprio vero e qualcuna ha perfino detto che quando non sono in campo il gioco si fa più disordinato e perdiamo equilibrio… E così adesso mi sembra di tradire le loro aspettative se non scendo in campo. Certo, ho ancora paura di sbagliare, ma so anche che il risultato finale non dipenderà solo da me, ma dalla capacità di ognuna di noi di mettere al centro e utilizzare al meglio le competenze di ciascuna. E poi, ho scoperto che non sono l’ unica ad avere paura: anche le altre hanno le loro insicurezze. A volte sembra succedere una magia: i limiti e le potenzialità di ciascuna di noi si fondono insieme e non esiste più la mia capacità e la sua; il gruppo sembra avere una forza propria e inscindibile, che non è solo la somma dei punti di forza di ognuno. Non so ancora se, con la guida di Anna, vinceremo il campionato, ma di sicuro un traguardo l’ abbiamo raggiunto: siamo diventate una squadra, un gruppo unito in cui tutte si sentono importanti. Certo, vincere ci piace di più! Ma anche quando il risultato non è favorevole, non ci sentiamo mai perdenti, perché il premio per noi c’è sempre: il divertimento e la forza che ci dà lo stare insieme.
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TUTTA QUESTIONE DI FIDUCIA PAIELLI LUDOVICA - PROVASI SAMANTHA SECONDARIA BUSCATE 2A “Quest’anno tutti dovrete trovare uno sport da praticare” disse la maestra. Iacopo si sentì percorrere da un brivido: ”In che senso uno sport, non ho intenzione di praticarne nessuno; tutti mi prenderanno in giro perché non sono capace”.” Puoi imparare poiché ora anche a scuola si farà educazione fisica e sportiva” rispose l’ insegnante. Jacopo ne parlò con il suo amico Max che gli promise che lo avrebbe sostenuto in qualsiasi sport e lo avrebbe aiutato a superare qualsiasi difficoltà e che se lui lo gradiva, avrebbe praticato uno sport insieme a lui. Jacopo accettò e così lo stesso pomeriggio andarono in un centro sportivo e, dopo aver parlato a lungo fra loro, decisero che il loro sport ideale sarebbe stata l’ atletica. Finalmente arrivò mercoledì, il giorno in cui ci sarebbero state le prove di atletica. I due scesero in pista e cominciarono ad allenarsi, Jacopo si sentiva un po’ incapace ma decise di restare comunque per non lasciare solo Max. Dopo gli allenamenti Jacopo anche se si sentiva stanco e indolenzito capì che l’atletica era lo sport ideale per lui. Non si sentiva più così incapace.
Passarono giorni; mesi, e Jacopo si allenava
incessantemente per il giorno in cui ci sarebbe stata la gara di atletica. Finalmente arrivò il giorno della prima gara. Jacopo era molto preoccupato, agitato, aveva paura di fare brutta figura, ma il suo amico Max lo incoraggiò e gli disse che era un ottimo atleta e che doveva avere più fiducia in se stesso, solo così avrebbe ottenuto ottimi risultati. Fece la gara con l’amico Max e gli altri corridori, Iacopo arrivò al primo posto mentre Max al secondo. Entrambi erano entusiasti del risultato della gara e felici di quel magnifico risultato; Iacopo ringraziò di cuore il suo amico per l’aiuto, l’incoraggiamento e la fiducia che aveva sempre dimostrato di avere nei suoi confronti. Jacopo in quella straordinaria avventura era cresciuto, e diventando adulto decise che da grande avrebbe fatto l’insegnante di educazione fisica delle elementari, per aiutare i ragazzini in difficoltà e un po’ incapaci come lo era stato lui, e dare loro il giusto stimolo emotivo, il suo sostegno morale, il suo conforto per aiutarli a crescere e a trovare la loro strada nella vita.
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ALLA RICERCA DELLA PASSIONE INZAGHI SILVIA SECONDARIA ARCONATE 3A Era il ragazzo dell’ ultimo banco, quello definito “secchione” da tutti i compagni, era timido e quasi si nascondeva da tutti. Nessuno riusciva a parlare di lui perché nessuno lo conosceva davvero, era un ragazzo solo e triste che cercava però qualcuno che riuscisse davvero a capirlo. I compagni non lo consideravano neanche, non lo salutavano, all’ intervallo non stavano con lui e non si accorgevano che loro e solo loro stavano distruggendo il carattere di quel ragazzo che cercava solo la fiducia e l’ appoggio di un amico. Spesso si allontanava, si rifugiava in un angolo a pensare, solo, con le grida lontane dei compagni che gli rimbombavano nella testa. Un pomeriggio soleggiato, uscendo da scuola con il solito zaino grigio portato sulle spalle, il ragazzo trovò davanti a sé uno strano personaggio, un uomo anziano, con la barba bianca come lo zucchero filato, e fu proprio questo particolare che attirò la sua attenzione verso il signore che porgeva il suo sguardo verso l’ orizzonte. Il giovane ragazzo, incuriosito, si avvicinò all’ uomo e non osò neanche parlare, aspettò solo un semplice sguardo, un movimento, un sorriso o una parola per cominciare il discorso. L’ uomo immobile, quasi disinteressato da quello che accadeva intorno a sé, fissava ancora l’ orizzonte ma per un impercettibile momento scrutò il ragazzo poi ricominciò a guardare lontano, verso quel meraviglioso cielo azzurro senza alcun batuffolo bianco candido. Poi improvvisamente si voltò e guardò attentamente il ragazzo che era quasi ipnotizzato dalla vista di quel vecchio uomo che quasi gli dava l’ idea di saggezza. Gli fece solo un gesto e già i due avevano grande intesa, il ragazzo seguì l’ uomo che in un solo sguardo aveva capito ciò che lui cercava nella vita. Non gli diede solo la sua amicizia, il suo appoggio, il suo sostegno, la sua fiducia, gli insegnò a comprendere la volontà del suo istinto, e la sua volontà era quella di poter seguire la sua passione.
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Ma quale passione? Semplice; era ciò che il ragazzo aveva sempre sognato ma non aveva mai avuto il coraggio di dire a nessuno, soprattutto perché nessuno voleva ascoltarlo: la sua passione era la pallavolo. Strano da dire per un ragazzo, che spesso, fin dalla nascita, vorrebbe avere un pallone nero e bianco fra i piedi. Lui era diverso però, come in tante occasioni aveva dimostrato. Quest’ uomo anziano aveva già compreso tutto, e fin dall’ inizio aveva spinto il ragazzo verso lo sport finché davvero lo indirizzò verso la sua passione, verso la pallavolo. Lo aiutò con le basi, con gli esercizi fisici, con la tecnica ma lo aiutò anche a livello mentale finché veramente non arrivò al suo obiettivo finale: aveva tirato fuori il ragazzo dal suo guscio spingendolo verso quello che sempre era stato il suo sogno. Aveva davvero ridato il sorriso a quel ragazzo che ora non era più chiamato “secchione” ma semplicemente Marco. Ora era davvero sé stesso, aveva trovato il vero amico e la vera passione. Questo è quello che lo sport può dare alla vita di ognuno; può davvero dare una svolta a tutto rendendolo più felice e interessante, perché è solo la passione che rende ogni cosa più divertente, e se sulla tua strada incontri davvero molti ostacoli, puoi esser sicuro di aver trovato la strada giusta.
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ZOE, UNA GRANDE NUOTATRICE MERLO ILARIA SECONDARIA ARCONATE 1C Zoe, una ragazza di dodici anni, praticava uno dei tanti sport nel mondo: il nuoto. Questa ragazza era veramente negata nel nuoto, ma i suoi genitori la obbligavano a praticare quello sport perché loro erano gli allenatori della “Bustese Nuoto” , una squadra molto forte. Lei però, odiava il nuoto e ogni volta che c’era lezione, cioè il mercoledì, faceva finta di stare male e perciò non andava agli allenamenti. Un giorno, però, la madre scoprì l’inganno, lo disse al padre che la obbligò non solo il mercoledì, ma bensì tutti i giorni. Lei pianse cascate di lacrime e non parlò più con i suoi genitori per un mese. Un mercoledì andò in piscina, nella vasca dove di solito nuotava; la vasca numero tre. Quando arrivò sulla panchina, in attesa del suo turno, la vide l’allenatore Braghe Rosse, che le andò incontro per sapere come stava. Ella rispose che stava bene, ma confidò all’allenatore un segreto che non aveva mai detto a nessuno; nemmeno ai suoi stessi genitori: aveva paura dell’acqua. Allora Braghe Rosse si mise a ridere e le raccontò che era successo anche a lui, però, dopo, la prese per mano, la portò sul trampolino e le spiegò come tuffarsi. Zoe finì sul fondo, vide una cosa brillare e cercò di prenderla. Era un ciondolo a forma di delfino, ma non un ciondolo qualunque. Zoe ritornò in superficie e lesse il nome scritto sul delfino: c’era scritto Federica Pellegrini. Voltò il delfino e vide la scritta: Credi in te stessa e ce la farai! Zoe quando tornò a casa, legò il ciondolo ad un cordoncino nero e se lo mise la collo. Il primo Marzo era un mercoledì, Zoe andò in piscina ed era felice. Braghe Rosse diede delle istruzioni precise per lavorare e tutti seguirono i comandi, anche Zoe. Lui si stupì e anche lei e volevano, tutti e due capire cosa fosse successo. Zoe, però, capì al volo che era la sua volontà ad aiutarla, ma era merito anche del ciondolo. Entrò nella “Bustese Nuoto” dove incontrò Federica Pellegrini che le lasciò il ciondolo e disse tra se e se che era in buone mani.
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LO SPORT E’ AMICIZIA ARIOLI SUSANNA SECONDARIA ARCONATE 2B
C’era una volta un bambina di nome Lucia, che dopo la scuola, passava le giornate in casa a guardare la televisione. Ma non riusciva a stare neppure un minuto con Paola una sua compagna di classe che per lei era antipatica. Un giorno arrivò Vittoria, una fatina un po’ strana perché sulle ali aveva degli ologrammi di tutti i tipi di pallone che si usano per fare attività fisica; portò Paola a casa di Lucia e subito cominciarono a litigare ma la maghetta le disse: <<Basta così!>>. Allora le chiesero: <<Ciao fatina come ti chiami?>> <<Io sono Vittoria, l’angioletto dello sport>> Allora Paola domandò: <<Ma da dove vieni? Che cos’è lo sport? Perché hai scelto noi?>> <<Vengo da “Sportilandia” l’isola dell’attività fisica. Lo sport è una disciplina molto importante per il corpo e la mente; sono venuta apposta per farvi conoscere questo mondo magico, per far si che diventiate amiche e per sconfiggere un gigante di nome Imbroglione che ci vuole rubare i poteri dei vari sport.>> Improvvisamente si apri un varco e Vittoria, Lucia e Paola vi entrarono… Appena giunti in quella terra magica Vittoria disse: << Eccoci arrivati; cominceremo il viaggio da qui…>> <<Benvenute a “Volley City”!>> esclamarono gli abitanti. Lucia domandò a Vittoria:<<Cosa significa “Volley City”?>> <<Significa “città della pallavolo”>> Allora Paola chiese: <<Ma che cos’è la pallavolo?>> Vittoria rispose: <<La pallavolo è lo sport intelligente per eccellenza perché ad ogni azione corrisponde un movimento specifico. Lo scopo della pallavolo è quello di fare punto mandando la palla nel campo avversario superando una rete sistemata al centro, tra i due campi.>> Gli abitanti regalarono alle ragazzine un pallone di pallavolo e la coppa della nazionale italiana femminile. Dopo le ragazze insieme alla fatina entrarono in una paese chiamato “Calciolandia”.Gli abitanti erano tutti palloni da calcio di vari colori: rosso, giallo, verde, blu, rosa, azzurro… Secondaria – Racconti
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Paola chiese a Vittoria: <<Ma anche il calcio è uno sport?>> <<Si, e lo scopo fare “goal”, cioè mandare la palla dentro le porte a fondo del campo.>> I cittadini donarono alle ragazzine il pallone da calcio e la Coppa del Mondo della nazionale italiana del 2006. Poco dopo attraversarono un ponte ed entrarono a “Basketball City”. Lucia chiese a Vittoria: <<Che cosa vuole dire Basketball city?>> <<Vuol dire la città del basketball e il suo scopo è quello di far canestro nei due canestri che sono posti a fondo campo. >> I cittadini si riunirono e regalarono alle ragazzine un pallone e la Coppa Italia della nazionale italiana. Successivamente arrivarono a “Rugbylandia”. Paola domandò alla fatina: <<Ma il rugby è uno sport?>> <<Si e il suo scopo è quello di riuscire a fare “meta” nel campo avversario. Le loro porte, a differenza di quelle da calcio, sono a forma di “H”.>> Gli abitanti le regalarono il pallone e il trofeo Giuseppe Garibaldi della nazionale italiana di rugby. Infine arrivarono a “Pallanuoto city”. Lucia chiese:<<Che cosa vuole dire Pallanuoto City?>> <<Vuol dire “città della pallanuoto”; in questo sport lo scopo è quello di fare “goal”…ma per fare “goal” si deve nuotare!>> Le ragazzine ricevettero dai cittadini il pallone di pallanuoto e la cuffia di Alex Giorgetti. Tornando al punto dove c’era il varco, vennero fermate da un gigante grande e grosso di nome Imbroglione, che disse: <<Voi che siete venute dalla terra date a me i poteri degli sport! Voglio renderli tutti negativi per far diventare lo sport un gioco e divertimento sleale!>> Ma loro dissero: <<Mai!>> Cominciò una lotta magica: il gigante Imbroglione contro Lucia, Paola e Vittoria. Il gigante scagliò un attacco che paralizzò Lucia; allora Paola prese la mano di Lucia e la portò dietro una roccia. A quel punto Vittoria disse: <<Paola usa i poteri dentro gli oggetti che ti hanno regalato i cittadini!>> <<Ok ci penso io!>> Allora con la coppa di Giuseppe Garibaldi liberò Lucia. Le due ragazzine cominciarono a usare i poteri che c’erano dentro i palloni: quello da pallavolo era l’intelligenza, quello da calcio la forza, quello da basket la velocità, quello da rugby la grinta e quello da pallanuoto la speranza. Secondaria – Racconti
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Con tutti questi poteri Lucia e Paola sconfissero il gigante Imbroglione e le varie coppe e indumenti usati dai campioni delle varie squadre nazionali si trasformarono insieme nei temi che legano tutti gli sport: la LEALTA’, l’ONESTA’, la FATICA e la SPERANZA che portano alla…VITTORIA! Grazie a questo viaggio magico da lì in poi Lucia e Paola diventeranno migliori amiche e cominceranno a praticare dello sport: Lucia la pallavolo e Paola la pallanuoto. Nell’isola di Sportilandia da lì in poi vivranno in pace e senza la presenza del gigante Imbroglione.
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LA CITTÀ DI SPORTOPOLI CAFIERO GABRIELE SECONDARIA ARCONATE 1C Dovete sapere che vicino alla foresta dei Puffi e a destra del regno di Trilli si trova la città di Sportopoli. E’ uno stadio gigante e, ovviamente, tutti gli abitanti abitano al suo interno. Tutti i cittadini praticano uno sport e, a seconda della disciplina in cui sono specializzati, vivono in un quartiere diverso della città, ad esempio il quartiere calcio, la piazza hockey ecc… Tutti giocano nei campetti, in tutto circa 1.000.000.000 in tutta la città e non c’è nessuno che gioca da solo: giocano tutti in compagnia e il loro unico scopo è divertirsi. I bambini frequentano scuole dove si studia sport e la più famosa è quella di “ Diverto Diverto “, il grande filosofo che inventò il super fair play e che si basa su due regole: divertirsi e giocare in squadra. Dopo la scuola i ragazzi giocano sempre insieme tra amici e non si è mai visto nessuno giocare da solo. Ovviamente tra le pecore bianche c’è sempre la pecora nera, che in questo caso è…senza nome. Non vuole avere nome per non avere amici, lui vuole stare sempre da solo, gioca solo per vincere e non sopporta quello spirito di squadra e divertimento che gli Sportopolesi possiedono. Così un giorno decise di seminare zizzania. Costruì con l’oro delle miniere di Sportopoli un trofeo e scrisse sopra “ al giocatore più forte” . Mancavano circa cinque giorni all’evento più importante di Sportopoli, il megaextra-super-gigante-iper torneo del divertimento, ma con il trofeo dell’uomo senza nome cambiò tutto. Al primo fischio della partita i giocatori si spingevano tra avversari e anche tra compagni di squadra e se un giocatore si faceva male lo lasciavano al suo dolore. A tutti ormai interessava soltanto il trofeo. Il pubblico era affascinato, adorava vedere il dolore dei giocatori. Gli unici inorriditi dai comportamenti degli adulti erano i bambini che, per salvare il vero senso dello sport, decisero di giocare nella partita decisiva, l’ultima del torneo. Si giocava a calcio, una disciplina scelta perché erano sicuri che ci sarebbero stati molti falli. I giocatori mandavano al suolo con spintoni e calci i bambini e l’arbitro non esisteva perché non era mai servito fino ad allora. I bambini si aiutavano fra di loro. Ad un tratto un giocatore della squadra avversaria cadde sbattendo la faccia, non riusciva ad alzarsi e nessuno lo aiutava a tirarsi su, solo i bambini si avvicinarono a lui per aiutarlo. Ci fu uno stupore collettivo… L’adulto a terra disse :” Perché mi avete aiutato?”. I bambini spiegarono che loro non si divertivano a cadere e a farsi male senza aiutarsi, a loro non interessava vincere, ma solo giocare. Gli adulti capirono l’errore e si vergognarono di loro stessi. Quindi inventarono un raggio che distrusse la coppa e che se qualcuno fosse tornato a giocare solo per vincere gli Secondaria – Racconti
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avrebbe fatto cambiare idea, e per quelli cocciuti c’era la gomma super schiarente per brutte intenzioni. L’uomo senza nome invece, per sfogare la rabbia inventò il gioco “ acchiappa la talpa”… Per chi non lo sapesse il gioco consiste nello schiacciare con forza delle talpe giocattolo usando un martello di plastica. Alcune volte invitava dal villaggio dei Puffi Gargamella per la loro consueta partita solamente che si sbattevano un martello vero sulla testa ,così si facevano male da soli e si sfogavano per non essere riusciti ancora a raggiungere i loro scopi. Ora però non compiere lo sbaglio degli Sportopolesi, gioca divertendoti!!!
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LA MAGIA DEL FIOLET MORLACCHI SIMONE SECONDARIA ARCONATE 2C Tanto tempo fa in una valle non molto lontana c’era un paesino circondato da un bosco. Nel paesino di poche case, le persone lavoravano molto e per tutto il giorno. La maggior parte della gente non si conosceva o si ignorava soprattutto perché non avevano molto tempo libero. Al mattino presto si alzavano per seguire gli animali e alcuni lavoravano nei campi e alla sera rincasavano tardi perché dovevano sistemare le stalle, mungere le mucche, fare il formaggio... In questo clima di solitudine e isolamento i bambini al mattino andavano dalla maestra Pina e al pomeriggio si dovevano ritirare nelle proprie case a studiare e a fare le faccende domestiche perché i genitori lavoravano. Un pomeriggio estivo, un bambino di 8 anni che si chiamava Enrico, dopo aver terminato i compiti e le faccende, andò a trovare il suo cagnolino Melone che si trovava nel giardino della sua casa. Era un cagnolino bianco molto vivace e simpatico con un occhio marroncino e la coda nera. Appena Enrico aprì il cancello del recinto Melone, preso dalla felicità di vedere il bambino, Melone si mise a correre verso il bosco. Enrico lo seguì chiamandolo. Melone si nascose in una piccola grotta coperta da foglie. Il ragazzo continuò a chiamarlo, inoltrandosi nel bosco sempre più fitto. Iniziò ad aver paura e quando passò davanti alla grotta il cagnolino sbucò fuori ed Enrico svenne quasi dalla paura. Appena si calmò, preso dalla curiosità, si accucciò e si inoltrò nella grotta. Ad un certo punto vide in lontananza una lucina bianca. Avanzò ancora qualche passo e vide che essa proveniva da una pietra arrotondata e un po’ ovale. L’afferrò e la portò fuori dalla grotta. Giunto a casa, andò in camera e mise la pietra sul comodino. Durante la notte Enrico fu svegliato dalla lucina che inizio a lampeggiare ed a cambiare colore. Appena la prese in mano udì una voce che gli disse: ” Se di giochi sembri stanco o la noia già ti annega prendi in mano Fiolet, Eima e Pira, mira e fai subito una sfida. Il mondo si trasformerà e la felicità ritornerà”. Il giorno successivo Enrico si precipitò dal nonno per cercare di capire la frase. Il nonno gli spiegò che le parole che non conosceva derivavano da un vecchio dialetto che si parlava nelle misteriose “montagne incantante”: la Eima era un bastone composto da manico e una parte terminale più
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larga chiamata Maciocca, il Fiolet era la pietra ovale bianca da lui ritrovata e la Pira era una pietra liscia alta. Enrico si precipitò nel prato davanti a casa. Prese in mano la pietra bianca che si illuminò di verde. A quel punto, per magia, la pietra squadrata Pira si posò a terra, la pietra ovale, il Fiolet, le volò sopra e il bastone andò nella mano di Enrico.
I bambino per incanto colpì la pietra ovale, Fiolet, con la Maciocca del bastone per farla balzare in aria, con un secondo colpo al volo ribatté la pietra cercando di far volare la pietra il più lontano possibile. Il Fiolet andò a finire nel giardino di un bambino che stava osservando Enrico dalla finestra. La pietra si illumino di rosso e il fanciullo alla finestra andò in giardino, prese la pietra e la consegnò ad Enrico che ritornò nel campo per riprendere il nuovo gioco, ma non da solo, con lui ora c’era Luca, il bambino della finestra. Un altro colpo alla pietra, un nuovo colore, e un altro bambino si aggregò. Tutti i ragazzi del paese furono chiamati dalla pietra magica e tutti si misero a giocare con Enrico. Si crearono diverse squadre di 7 bambini. D’allora si ritrovarono tutti i pomeriggi nel prato, per giocare insieme e sfidarsi in questo nuovo magico gioco. I genitori incuriositi dalla novità, soprattutto perché i bambini erano più felici, un pomeriggio si recarono nel prato dove si giocava. Alcuni genitori provarono a lanciare la pietra la quale si illuminò molto intensamente di una luce caldissima che riscaldò i cuori di tutti, portando serenità e la felicità di stare insieme. Il prodigio della vocina sentita da Enrico nella notte si realizzò e tutta la popolazione del paesino iniziò ad organizzare sfide e gare e il Fiolet si diffuse per tutta la valle. La pietra magica fu conservata in una cripta di cristallo posta all’ingresso del prato e ancora oggi se ci si reca nel paesino di montagna si può vederla. Da allora il Fiolet divenne uno sport a tutti gli effetti, sia da praticare da soli ma soprattutto in squadra. Ancora oggi nella Valle d’Aosta viene praticato con gare e campionati ed inoltre è uno degli sport coordinati dalla Federazione Italiana dei giochi e sport tradizionali (FIGeST), affiliata al CONI.
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L’ULTIMO BANCO “CINCILLÀ” BELLONI GIULIA - COLOMBO MARIA – PILLITTIERI AURORA SECONDARIA ARCONATE 3A Questa è la mia storia, una storia un po’ strana, ma spero che vi piaccia. A quell’epoca ero solo un ragazzino di tredici anni, frequentavo la scuola media del mio paese e tutto andava per il meglio. Un grazie va allo sport, perché e grazie a esso se ora sono qui a raccontarvi questa storia; ora iniziamo. Era una mattina come tante altre, la solita routine: sveglia, colazione, scuola. Salivo le scale con i miei compagni, e sentivo che c’era qualcosa di diverso; entrato in classe vidi l’ultimo banco vuoto, ma non mi preoccupavo, sapevo che lei sarebbe arrivata da lì a poco. Lei era Clarissa, un nome strano per una ragazza strana, estroversa e timida. Come già sapevo tutti si stavano preparando per scendere in palestra per le due ore di educazione fisica; le odiavo, odiavo lo sport, ma sapevo che a Clarissa piaceva molto. Mentre ero assorto nei miei pensieri, mi cambiavo lentamente, per l’ennesima volta in quell’anno, e speravo con tutto il cuore che il professore non arrivasse; invece non fu così. Entrati in palestra, ci chiese lo sport che praticavamo, e alla mia risposta “non pratico nessuno sport”, tutta la classe scoppiò in una breve risatina. Ma non m’interessava, volevo solo sapere che sport praticava lei, e quando rispose che faceva nuoto mi scappò un sorriso. Non era difficile da immaginare, ma con un corpo così gracile non me lo sarei mai aspettato. I mesi passavano e le cose erano cambiate: avevo convinto i miei genitori a iscrivermi allo stesso corso di nuoto che praticava Clarissa, ed ero riuscito a strapparle qualche sguardo. Poi finalmente arrivò quel giorno che tanto avevo sognato, il giorno in cui a scuola mi parlò; era una semplice frase, ma per me era importante: “Ti va di venire a casa mia a nuotare un po’?”. La mia risposta fu un semplice “si” pieno d’imbarazzo, ma bastava. Il pomeriggio passò in modo molto strano, non ci parlammo molto, e come aveva detto, ci tuffammo subito in piscina e nuotammo fino a sera. Usciti dall’acqua, accennammo due parole sul tempo, quanto bastava per rendermi conto che di lei non sapevo quasi nulla; poi mi salutò con un timido bacio sulla guancia. A scuola il nostro rapporto si solidificava, iniziammo a parlare e a diventare amici, scoprivo sempre molte cose interessanti su di lei, e non smettevo mai di stupirmi. Secondaria – Racconti
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Andai a vedere anche qualche sua gara, ma era come in un suo mondo, lontana da tutti; era come se tutte le parti del suo corpo pensassero all’unisono solo a vincere. Distaccava di molto anche gli avversari più forti, e non mi spiegavo come quelle esili braccia riuscivano a sopportare uno sforzo fisico di quel genere: poi capii che amava quello sport. Iniziai ad appassionarmi anch’io, lo sport che prima avevo iniziato per lei, ora era diventato una parte della mia vita; a scuola nessuno più mi prendeva in giro, avevo più amici e ormai tutti sapevano rispondere alla domanda del professore al mio posto. Il nuoto divenne come un’ossessione, non c’era più posto per nient’altro, nemmeno Clarissa. Raggiunsi il culmine quando mi spostarono nel corso avanzato, e lì mi dimenticai di lei. Ora i ruoli si erano invertiti: era lei che veniva a vedere le mie gare, speranzosa di ricevere una mia occhiata; ora era lei nella mia ex situazione. Fu così finché un giorno non la vidi, seduta sulle gradinate, che mi fissava; decisi che non avrei più rifatto il mio vecchio errore: andai a parlarle, a chiederle scusa, e tornammo ottimi amici. Così termina la storia. Ora sono passati molti anni, troppi, ho anche perso il conto; ma Clarissa ed io siamo ancora qui ad allenare la nostra piccola squadra di nuoto, formata da ragazzi che, come noi, puntano ad arrivare in alto. Ci siamo sposati molto tempo fa, ma abbiamo deciso di non avere figli, perché loro sono come la nostra piccola famiglia allargata. Adesso lo sport è diventato la mia vita, la mia vera vita, sono un allenatore, e sono fiero di esserlo. Lo sport per me è la cosa più importante, insieme a Clarissa.
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IL DIARIO DI ISABELLE un muro pieno di sentimenti... BIANCO GIULIA E ELENA RAGANA 3 B - ENIS HASANAJ 3 C SECONDARIA ARCONATE Caro diario, oggi ti ho comprato e già ti voglio tempestare di parole mai dette... Mi presento: sono Isabelle Lotho, a scuola mi chiamano “la ragazza misteriosa”, molto solitaria, ... mi sento sola... mi sono trasferita da poco qui dal Canada, il mio paese natale dove, da lì, andarsene via nessuno vorrebbe mai... Adesso abito qui, sì, qui a Milano, una città molto caotica... Ma adesso... non ho più voglia. Vado a dormire, mi sento stanca. 11 Marzo 2012 Scusa, ieri non ho potuto scriverti, ho avuto un imprevisto... mia madre ha voluto iscrivermi a calcio e ora faccio parte dei Tigram. Sinceramente non mi ispira molto... non amo il calcio, ma tanto, qualche esperienza nuova va sempre fatta, e poi... una scusa per farmi nuovi amici! Domani conoscerò i miei nuovi compagni di squadra. Ti saluto adesso vado a mangiare è già tardi... 12 Marzo 2012 MAMMA MIA!!! Ho conosciuto i miei compagni di squadra... Tutti pensavano solo alla vittoria e non al divertimento. Ma... in mezzo alla folla... tra tutti... ce n'era solo uno... sì... Jason... un ragazzo di poche parole, non so cosa mi sia successo! Per la prima volta nella mia vita, non ho aspettato che lui o qualcun altro mi venisse a parlare... NO! Diversamente da tante altre volte, il primo passo l'ho fatto Io. Io... io... MA TI RENDI CONTO DI COSA HO FATTO!!! Non riesco neanche a crederci e adesso che ci penso mi viene tanto imbarazzo... avrò fatto male? Non so, ma ho provato qualcosa di strano quando mi sono avvicinata a lui... come una scarica di energia... non so... MA NO! CHE STUPIDAGGINI STO DICENDO!! … Beh... comunque... non riesco a smettere di pensarci... tutto qui...
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Comunque dopo aver parlato con lui, non mi sono soffermata più di tanto perché... perché... non so perché... Ho fatto amicizia con lui, ma anche con altri, a dir la verità non molti, almeno per adesso. Ci sono tanti compagni che sanno cos'è lo spirito di squadra e... durante una partita, calciando quel pallone, sembrano tutti un'unica persona. Una cosa molto bella per chi osserva con attenzione. Ci si limita, a volte, a vedere ciò che è all'apparenza il gioco del calcio e non a capire cosa vuol dire veramente, tanti elementi lo compongono come l'amicizia, lo spirito di squadra, la lealtà... MA... la cosa più importante è che l'obiettivo è per tutti una cosa sola... l'unica strada da seguire è la vittoria MAAAAH! Scusa, mi sento così noiosa…… Adesso ti saluto! A domani! By Isabelle P.S. Ah, dimenticavo! Domani c'è il mio primo allenamento!! 13 Marzo 2012 Primo allenamento… e già mi sento stanca e affaticata!! Mi fa male dappertutto!! Molto impegnativo ma anche divertente!! Jason purtroppo oggi non è venuto all'allenamento... OH NO! Si vede che ieri gli avrò fatto una brutta impressione! E avrà pensato: “Che ragazza strana quella! Non riesce neanche a parlare con uno come me!!” OOOOH NONONO! Non voglio pensare che lui mi detestiiiii!!!! BASTA PENSARCIIII!!! OK! Faccio così: domani, anzi dopodomani, senza rimanere troppo sulle spine, gli chiederò cosa pensa veramente di me! Mamma mia che mal di testa!! Mi sta scoppiando! Mi devo riposare un po'!! Non sono così brava nello sport ma riuscirò a raggiungere il mio obbiettivo: “Vincere con la mia squadra nelle prossime partite, ma soprattutto: divertirmi al maximo!” (la proxima partita sarà domenica 15 Aprile) Mi sento meglio a pensare a questo! Grazieee!!! Ma la stanchezza non mi è passata... ok! Ci sentiamo tra due giorni.. Tua, Isabelle 15 Aprile 2012
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CIAO! Scusa, in questi giorni non ti ho potuto scrivere perché non ne ho mai avuto il tempo e comunque... NON CI CREDOO!!! Oggi ho parlato con Jason e... beh ha detto che non gli sto antipatica, anzi pensa che sono diversa dalle altre, in senso che non sono una snob come altre ma no... sono “IO” tutto qui! Wow! Che pensiero profondo! Ah sì, e poi ha detto che vorrebbe conoscermi un po' meglio... e.. mi sento così strana quando sono con lui... STRANA?! IO?! ANCORA?! Dopo quella volta ogni cosa con lui è diverso! Comunque domenica c'è la partita e... beh, spero di mettercela tutta!! Voglio impegnarmi al massimo!! E poi... se sbaglierò qualcosa durante la partita i miei compagni se la prenderanno con me perché diranno che non so giocare... UFF!! In questi ultimi tempi non vado molto d'accordo con nessuno (tranne che con Jason). Ci sentiamo doma ok? Ciaoo Isabelle 16 Aprile 2012 Ciao... UFF... che bello... ho giocato oggi... molto... CI HO MESSO L'ANIMA! ma... non è servito a nulla... perché l'allenatore... NN MI HA FATTO GIOCARE!!! Jason, IERI (PROPRIO IERI), si è slogato la caviglia e quindi oggi non ha giocato... e... poi... niente.. abbiamo perso la partita... La squadra con cui abbiamo giocato era la più forte di tutte beh.. e non mi stupisco che abbiamo perso... La cosa più brutta è ke Jason mi ha detto che mi odia solo perché non mi sono fatta valere!! CHE RABBIA! Ci sarà la rivincita tra tre giorni a causa dei numerosi falli commessi dalla squadra avversaria e quindi... possiamo ancora vincere... anche considerando che è la squadra più forte di tutte... e abbiamo già la partita ormai persa in mano... non vedo l'ora... e obbligherò il coach a farmi giocare, stavolta.. Sì! E Jason sarà lì a guardarmi! 19 Aprile 2012 Giorno fatidico? Sì? No? So solo che abbiamo vintoooo!!!!!!! Sì, proprio così! Due goal li ho fatti IO! Beh, abbiamo vinto 3-1 (il 3° lo ha fatto Henry)!!! E.. la cosa più bella è che questa volta ho partecipato anch'io alla partita! Yes, il coach mi ha fatto giocare! E Jason era lì a guardarmi e ad applaudire solo me!! Ok, adexo vado. Ho una montagna di compiti che ho dimenticato di fare a causa della partita!! Secondaria – Racconti
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ciaoo p.s. Per un po' di giorni sarò occupatissima!!! Passano i giorni, fino a quando... 28 Gennaio 2027 Hey come stai? Ti ricordi di me?? No? Sono Isabelle!!! Quanto tempo!!! Sai, ti ha trovato Maia in fondo a un sacco di vecchi e polverosi scatoloni! Maia... è mia figlia! Sì, dopo un po' di anni, Jason ed Io ci siamo sposati!! Beh.. e lei è la più piccola della casa!! Ha soli 5 anni ma è un esplosione di energia! Infatti credo di farle incominciare a... giocare a calcio! Che ne pensi? La farò giocare nella squadra dei... Tigram!!! Sì, la mia vecchia e cara squadra con la quale abbiamo vinto una marea di partite!! Spero che Maia si diverta quanto mi sono divertita io con i miei compagni!! Avrei un mucchio di cose da raccontarti ma... sono cresciuta ormai e... credo che ti debba affidare a Maia! Le dirò di scriverti ogni giorno, di parlarti di ogni sua partita, di ogni suo momento, più bello o brutto che sia! Ora ti saluto, e una nuova amica sarà con te! Ciao Tua, Isabelle
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SURF CASADIO DARIA SECONDARIA ARCONATE 1C C’era una volta una ragazza di nome Emily che era “negata” in tutti gli sport, tranne nel surf. Abitava alle Hawaii ed era bravissima in questa disciplina. Un giorno di alta marea uscì ma dopo 10 minuti, cadde in acqua e venne trascinata in mezzo all’oceano Pacifico. Si risvegliò su un’isola apparentemente deserta, ma non era sola: ragazzi e ragazze di tutto il mondo erano su quest’isola. Si avvicinò uno strano signore che si presentò :- Hola, amigos! Como estas? Benvenuti sull’isola Tintiritera, dove ogni anno, segretamente, si organizza la più pazza gara di surf al mondo! Domani verrete divisi in 4 squadre. Il giorno dopo, Emily si svegliò e corse in spiaggia a guardare il tabellone con l’elenco delle squadre: era nei Nautilus con Pigu, Cliondra, Joswah e Marco. Oltre ai Nautilus c’erano gli “Squali de la riva”, le “Anaconde” e le “Orche assassine”. I Nautilus non avevano ancora partecipato che gli “Squali de la riva” avevano già battuto le “Anaconde” e le “Orche assassine”, che perciò erano squalificate. In palio c’era la Tavola Dragone, bellissima, rosso fuoco e con il disegno di un drago oro. Dopo 2 giorni di dure battaglie arrivò il quello della finale. -Bene gente, ora l’attesissima finale! La finale di quest’anno è particolare: sono orgoglioso di dirvi che combatterete sopra il vulcano Keychidi con tavole a razzi, pistole di vernice e bersagli! Ognuno di voi avrà un bersaglio sul petto che dovrete colpire con le vostre pistole, chi viene colpito esce dalla gara. La prima squadra che riesce a eliminare tutti gli avversari vince. Avete 5 minuti per organizzarvi.- Emily si rivolse ai suoi compagni :- ho osservato il comportamento degli avversari, pensano solo a se stessi e non alla squadra, quindi dovremo attaccare tutti insieme un componente per volta per vincere, siete con me?- e tutti - Sì, andiamo!!! – Cominciò la guerra. Emily e Marco guidarono i compagni sul primo giocatore , poi sul secondo e sul terzo! Ma gli ultimi 2 imbrogliarono, non si sa come, rimasero solo Emily e Marco. – Testa a testa signori! Emily era un po’ preoccupata fino a che venne eliminato uno dell’altra squadra. Erano in vantaggio, ma anche Marco venne eliminato. Subito il panico. Emily era da sola e continuava a pensare negativo. Ad un certo punto ci fu un corto circuito nel motore della tavola dell’avversario, che stava per cadere nel vulcano. Secondaria – Racconti
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Emily lo afferrò e gli disse :- tieniti forte! – Riuscì a salvarlo e grazie a questo formidabile gesto di coraggio vinse il torneo e la Tavola Dragone.
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IL DIVERTIMENTO: LA COSA PIÙ IMPORTANTE! PISONI GIACOMO – TANZILLI STEFANO SECONDARIA ARCONATE 1A In un quartiere di una grande città cinese viveva un ragazzino di nome Zili. Il suo grande sogno era quello di giocare a calcio in una famosa squadra europea come tanti ragazzi della sua età. La sua famiglia aveva gravi problemi economici e non potevano permettersi di mandare il figlio a giocare a calcio; allora si trasferirono in Spagna in cerca di lavoro. Zili ne approfittò per iscriversi a scuola e per frequentare i corsi di calcio di una squadra molto importante: il Villareal. Pur essendo molto bravo, la squadra lo escludeva dal gruppo perché era un immigrato e anche l’allenatore non convocava mai Zili alle partite; addirittura negli allenamenti lo prendevano sempre in giro: ”Sei cinese e non sei capace”. Dopo tre mesi di umiliazioni, Zili si sentiva molto arrabbiato; non gli interessava più nemmeno giocare a calcio e decise di lasciare la squadra. I suoi genitori erano preoccupati della situazione e anche dal suo scarso rendimento scolastico; perciò decisero di iscriverlo in un’altra squadra sicuramente meno razzista: la squadra dell’oratorio. Lì Zili si divertiva molto e tutti venivano convocati alle partite. L’allenatore era un giovane di trent’anni molto simpatico che, anche quando sbagliavano, non si arrabbiava mai. Anche il Don dell’oratorio faceva il tifo per tutta la squadra e sosteneva che l’importante era divertirsi non vincere a tutti i costi. Zili era il più forte della squadra e siccome era un ragazzo “in gamba” era anche il capitano. Grazie a lui la squadra divenne importante e molte società di calcio, tra cui il Villareal, gli chiesero di andare da loro a giocare. Intanto i suoi genitori avevano trovato un buon lavoro e non soffrivano più la fame. Zili non era più un ragazzo; ormai aveva diciotto anni e aveva la possibilità di andare a giocare come calciatore professionista in molte squadre famose. Secondaria – Racconti
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Tra tutte le squadre scelse il Real Madrid, dove divenne molto famoso e fece una brillante carriera. Finalmente aveva realizzato il suo sogno: era un attaccante e faceva molti goal. Infatti era il capocannoniere della sua squadra. Un giorno il suo amico Don dell’oratorio gli comunicò una brutta notizia: la squadra dell’oratorio non esisteva più perché non avevano più le strutture per giocare. Zili per aiutare la squadra dell’oratorio donò dei soldi al Don in modo tale da poter costruire un nuovo campo da gioco e degli spogliatoi. Alla fine, dopo un po’ di anni il Villareal fallì e allora tutti i dirigenti rimpiansero l’errore fatto in precedenza, cioè di essere stati razzisti e di aver allontanato un campione come Zili. Quando Zili finì la carriera diventò l’allenatore della squadra del suo oratorio e anche nei momenti più difficili sosteneva che il divertimento è la cosa più importante.
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IL PICCOLO GRANDE CESTISTA FRANCHI EDOARDO SECONDARIA ARCONATE 2B Questa è la storia di Kevin, un piccolo cestista che all’età di 5 anni era timidissimo, non parlava e non giocava con gli altri bambini, solo uno riusciva a farlo giocare: Paul. Era tanto timido che la maestra consigliò ai suoi genitori di fargli praticare uno sport di squadra. Il piccolo Kevin iniziò così a frequentare la palestra di New York nella squadra di minibasket. Quando arrivava in palestra con sua nonna era così impaurito che non andava neanche in campo con gli altri, rimaneva in panchina; l’allenatore, molto paziente come un papà , diceva che bisognava aspettare, così piano, piano Kevin fece i suoi primi palleggi; arrivò anche la sua prima partita e prima sconfitta: 99 a 2 per gli avversari. Le stagioni passavano e i compagni di squadra sceglievano altri sport ma Kevin mostrava alcune sue doti: la costanze e l’impegno, anche se non era una stella continuava infatti a giocare. Il piccolo cestista non era più così piccolo, erano trascorsi ormai 5 anni e il minibasket si trasformava in esordienti e con sua gioia Kevin fu scelto nella squadra elite. Quattro allenamenti alla settimana pesavano, la stanchezza era compagna di ogni giorno ma la felicità e la soddisfazione di migliorare compensavano la fatica. Con il passare del tempo arrivò anche il primo torneo che andò benissimo, con una lunga trasferta che portò dei bei risultati. Tutta la squadra era felice ed emozionata, più che compagni erano dei veri amici… Ormai Kevin aveva 20 anni, era grande ed era arrivato anche il momento delle scelte, per cercare lavoro avrebbe dovuto mollare il basket, se non fosse stato per quella partita. L’ultima partita di campionato la giocò contro i Boston e si distinse per le sue doti di play, segnò 30 canestri: 60 punti. La partita purtroppo fu una disfatta, gli avversari erano più potenti e tecnicamente più preparati, qualche tempo dopo arrivò una sorpresa per Kevin, una lettera di convocazione a giocare nei
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Celtics Boston, Kevin non poteva crederci, tutto il suo impegno, determinazione, costanza, lealtà con i compagni e con gli avversari, venivano ricompensati, il suo sogno era stato esaudito. Da quel momento Kevin diventò sempre più famoso ma non dimenticò mai il suo primo allenatore, il suo primo palleggio, il suo amore per questo sport e soprattutto la sua squadra.
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CHARLIE E LUKE UN’AVVENTURA ALLA STREET ACADEMY COLOMBO MARTINA SECONDARIA ARCONATE 1A Charlie e Luke erano due semplici ragazzi con in comune la passione per la danza hip-hop. Un dì decisero quindi di iscriversi ad una delle scuole più prestigiose, la “Street Academy”. Loro erano molto entusiasti di questa loro scelta ma non sapevano ancora che sarebbero stati in gruppo con delle persone molto più brave di loro… “Guarda Charlie! Sono orribili i suoi pantaloni! E guarda come balla! Che imbranato! “ sussurravano i loro compagni di Hip-hop oppure commentavano dicendo “Ma… Charlie e Luke… chissà! Secondo me mangiano sempre patatine fritte!!!” Charlie era però un ragazzo dal cuore buono e non se la sentiva di ribattere . Luke era tutto il contrario di Charlie infatti decise di ribellarsi riunendo tutti i suoi compagni presi in giro e fare una bella assemblea. -Grazie a tutti per essere venuti. Siamo qui tutti insieme oggi per protestare contro gli antipatici del corso di Hip-Hop.- disse Luke- Proporrei di iniziare col costruire dei bei cartelloni con scritte offensive ma non del tipo “Siete dei bruttoni” oppure “Noi siamo più belli”. Dovete colpire nel segno. Fare qualcosa che li offenda, magari che li faccia litigare o perché no piangere! Forza con l’inventiva! Charlie ribatté dicendo: << Luke… Guarda che questo non è il metodo migliore…- ma subito Luke lo ammutolì dicendo: - Pensa per te che se continui così vedi cosa ti faranno! Ti prenderanno in giro per tutta la vita! >> Charlie rimase molto male per la risposta brusca dell’amico. Il giorno dopo si trovarono ancora in riunione nello stesso posto alla stessa ora. Charlie si fece trovare un poco prima e attese che la gente arrivasse. Oggi iniziò lui a parlare dicendo:<< Ragazzi! Ascoltatemi tutti! Perché vi lamentate in questo modo? Tutto ciò che state facendo è tempo sprecato! Perché anziché rispondere a tono non pensate un po’ a voi stessi. Provate ad essere empatici. >>
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Tutti rimasero di sasso per un discorso dal tono così importante fatto da Charlie, un ragazzino così timido e dolce. Quando Luke arrivò disse: << Eh? Come? Charlie! Come hai potuto iniziare senza di me?>> Charlie ribatté: << Mi dispiace ma se volete andare avanti così, ad essere sleali, sai che così facendo ti perdi tutti gli amici? >> << Pensa a te piuttosto! Vedendo che preferisci essere preso in giro! >> disse Luke. << Perché non ragioni un po’ Luke? L’amicizia è la cosa più importante che abbiamo, essere leali è la cosa migliore che possiamo essere e dobbiamo esserlo più volte possibile. Reagire così non è la miglior soluzione: potresti ragionarci e cercare di diventargli amico oppure tu come tutti non uscirete più da questo problema. Provate a pensare cosa potrà succedere nella gara futura: risse e prese in giro saranno all’ordine del giorno. Ti manca lo spirito di squadra. >> disse saggiamente Charlie. Luke se ne andò via come poi andarono tutti. Un volta arrivato a casa cenò frettolosamente e andò in camera sua per riposarsi in vista della gara del giorno dopo .Non riusciva però a prendere sonno perché era troppo arrabbiato con il suo amico Charlie che aveva distrutto il suo piano per annientare i suoi compagni di squadra. Ci rifletté e si accorse dell’errore che stava per commettere. << annientare …i miei compagni di squadra??? >> pensò ad alta voce. Si alzo dal letto e si rese conto di essere stato troppo impulsivo, forse per la troppa rabbia e si raccomandò che all’indomani avrebbe cercato di sistemare le cose. Il giorno dopo avvenne la gara di ballo. La mattina i due ragazzi si svegliarono con lo stesso pensiero: fare pace l’uno con l’altro. Quando si trovarono alla Street Academy tutti e due si guardarono negli occhi e si abbracciarono: Luke aveva capito di aver sbagliato e di non aver riflettuto. Circa un’ora dopo i due, Charlie e Luke, andarono dai loro compagni di squadra i quali appena li videro arrivare abbracciati iniziarono a prenderli in giro. Nel frattempo le squadre avversarie si stavano allenando e i tutti i ragazzi si resero conto che a loro mancava qualcosa rispetto a gli altri. Un ragazzo allora rivolgendosi al gruppo gridò: << che ,a noi non manca niente, anzi siamo i migliori…a parte i nuovi acquisti!!!!>> rivolgendosi a Luke e Secondaria – Racconti
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Charlie che, a loro volta, con più calma possibile gli chiesero di smetterla. Loro annuirono anche se Charlie e Luke ci credettero ma Charlie rassicurò Luke dicendogli di avere più fiducia negli altri. Arrivò il loro turno per provare ma nessuno ci tentò perché ognuno sosteneva di essere già pronto per il proprio numero. La gara iniziò ufficialmente e la prima prova del ballo di gruppo fu un disastro. Ognuno faceva da sé. Fu li che Luke prese coraggio ed incitò il gruppo a fare il meglio possibile e Charlie cercò di mediare tra i diversi leader del gruppo in modo tale da creare collaborazione tra tutti. La prova fece scintille anche se, purtroppo, non vinsero poiché battuti da un gruppo molto più affiatato di loro. Charlie concluse semplicemente dicendo: << La prossima volta cercate tutti di ragionare di più e magari potremo anche farcela con molta più collaborazione.>> E un ragazzo del gruppo gridò << Dobbiamo essere una vera squadra ,è quello che ci manca >> e tutti in gruppo si abbracciarono e gridarono << Tutti per uno!>> La squadra di hip-hop della Street Academy fece molte altre gare ,non tutte andarono per il meglio ma in ogni competizione ognuno aveva imparato a dare il meglio di sé per il gruppo e con i nuovi arrivati non si perdeva tempo con inutili prese in giro ma veniva subito insegnata la collaborazione per la vittoria.
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“VITTORIA” SULLE PUNTE MOTTA GIULIA SECONDARIA BUSCATE 2B Ore 16:30. Da venti minuti era finita scuola e stavo ritornando a casa. Con qualche difficoltà, mi preparai un panino con la marmellata. Bevvi un po’ di spremuta d’arancia e mi buttai sui compiti. Cercai di sbrigarmi perché mi mancavano due materie da ripassare e tra mezz’ora mi dovevo avviare al corso di danza. Pratico danza da 6 anni e non mi sono mai stancata. Forse c’è un lucchetto, la cui chiave si è persa, che mi lega a questo sport, che per molti è solo un “hobby” o forse è la mia volontà che mi fa stare vicina alla danza. Ritornando alla mia giornata, mi preparai per il corso e indossai il body, presi le scarpe da mezza e da punta e sistemai il mio chignon, ma facevo fatica a terminarlo, perché i miei capelli sono molto ribelli e spesso non riesco ad aggiustarli. Io e mia sorella salimmo sulla macchina di mia mamma, la quale ci portò alla sala dove ci esercitiamo. Negli spogliatoi, di solito incontro alcune mie compagne e chiacchieriamo dei fatti accaduti a scuola o nei giorni precedenti. Oggi, il gruppo era quasi al completo, insieme ci dirigemmo nella sala, dove trovammo le compagne restanti. Ci sedemmo sul pavimento e intanto che ci riscaldavamo, ci scappava qualche parola o risata, senza però alzare troppo la voce. Poi passammo agli esercizi in centro e dopo questi, l’insegnante ci comunicò che come gli anni passati ci sarebbe stato lo spettacolo di fine anno. Accogliemmo la notizia con gridolini di gioia e alcune persone presero la notizia male e lo comunicarono con espressioni di ansia e paura. Qualche giorno dopo, incominciammo a provare ed a imparare il balletto e dopo molte prove, io riuscii a memorizzare i passi stando a tempo con la musica. Qualche volta, mi voltavo e giravo gli occhi per osservare se io e le mie compagne ci seguivamo come l’ombra, che rincorre il proprio corpo. Alcune mie amiche non ci riuscivano, ma speravo che per il saggio, avremmo ballato in armonia con la musica e con tutto il gruppo. Qualche mese dopo arrivò il momento tanto atteso: mancavano solo due settimane allo spettacolo e tutte eravamo nervose. Si svolgevano prove continue e passavamo la maggior parte del tempo a riprovare ogni passo nei minimi particolari. Due giorni prima del saggio furono stabilite le prove per le quattro e mezza del pomeriggio. Io a quell’ora uscivo da scuola e non sapevo se sarei arrivata in orario, così diedi la giustificazione per uscire prima e mi diressi al teatro. Appena entrai dalla porta d’ingresso c’erano bambine che Secondaria – Racconti
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parlavano, che indossavano i “tutù” o che mangiavano la merenda. L’insegnante fece entrare tutti negli spogliatoi sotto al palcoscenico e ci diede il compito di curare le più piccole, mentre gli altri gruppi erano in scena. Molte bimbe si riunivano a parlare e quando il volume della voce diventava alto, cercavamo di calmarle facendogli fare un po’ di riscaldamento. Alla fine arrivò il momento di tornare a casa dandoci appuntamento per il giorno seguente, che fu molto simile al precedente. Arrivò il momento tanto desiderato: era il giorno dello spettacolo! Ci radunammo tutte per il tardo pomeriggio e dopo che i genitori se ne furono andati lasciando le proprie bambine negli spogliatoi, noi ragazze iniziammo a indossare i costumi. Intanto facevamo i turni per accompagnare le bambine in bagno o le aiutavamo ad aggiustare qualche piega del tutù o a mettere a posto i lacci delle scarpette. Quando lo spettacolo cominciò, nella sala calò il silenzio. Quando il primo gruppo iniziò a ballare e partì la loro musica, le bambine chiacchieravano con la propria vicina o si mettevano in un angolino a parlottare o a confrontarsi i costumi. Il nostro gruppo si dispose a cerchio con le sedie e ripassammo insieme il balletto. Dopo aver riguardato i passi mentalmente, eseguimmo il balletto tutte insieme. Dopo alcune ore passate in compagnia era arrivata l’ora di far vedere al pubblico il nostro impegno e la nostra determinazione nel balletto. Salutai alcune mie compagne che attraversarono lo spogliatoio, per raggiungere la quinta di fronte alla mia e quella di alcune mie amiche. Prima di entrare in scena diedi un occhiata alle mie compagne, che mi sorrisero. Quando sentii le prime note della musica, mi batteva forte il cuore e non sapevo se sarei riuscita ad entrare sul palco. Così mi feci coraggio, chiusi gli occhi per qualche istante, poi gli aprii pieni di felicità, quindi uscii dalla quinta con uno dei miei salti migliori e seguii la musica con la sicurezza dei miei passi e il sorriso di tutte noi. Quando la musica terminò ci fecero un grande applauso. Io e le mie compagne facemmo un inchino e di corsa, ci dirigemmo negli spogliatoi dove ci abbracciammo tutte insieme. Ormai ce l’avevamo fatta! Lo spettacolo era stato impeccabile, nessuno aveva sbagliato e il pubblico aveva più volte applaudito. Molto velocemente ci cambiammo negli spogliatoi e poi mi diressi verso le poltroncine, dove c’erano i miei genitori e una parte della famiglia ad aspettare me e mia sorella e ci fecero i complimenti. Insieme ritornammo a casa, ero veramente stanchissima! Indossai il pigiama prima ancora che me lo chiedessero i miei genitori e andai a dormire. Prima di addormentarmi però pensai a quello che mi era successo qualche ora prima: tutto quello che avevo fatto quella sera era stato il lavoro di un anno intero e ci avevo messo tutto l’ impegno possibile facendomi aiutare e aiutando le mie
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amiche, anche se non siamo una vera squadra, il â&#x20AC;&#x153;successoâ&#x20AC;? avuto era il risultato del lavoro di tutti quelli che avevano contribuito allo spettacolo. Mi accorsi che la danza mi piaceva e mi piaceva muovermi con la musica. Avrei fatto qualunque cosa pur di continuare a danzare. Qualunque!
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CHI LA DURA . . . LA VINCE MONOLO DAVIDE SECONDARIA ARCONATE 3C
“Eh si, mio caro nipote, è proprio così! Se non ci metti tutto l’impegno possibile non riuscirai mai a raggiungere i risultati che ti prefiggi. Ti voglio raccontare quello che mi è successo molti anni fa. Vivevo in un paese dove la maggior parte dei bambini delle scuole elementari giocava a calcio. Gli altri sport non erano troppo diffusi e di conseguenza non potevano usufruire di attrezzature e spazi adeguati. Io, a differenza della maggior parte dei ragazzi, insieme a pochi altri facevamo parte di una squadra di atletica leggera. Ci allenavamo un paio di volte alla settimana e nella bella stagione partecipavamo a delle gare nel fine settimana. Mi ricordo di quella volta che dovevamo disputare una staffetta. Cinque ragazzi che si dovevano passare un testimone ogni 80 metri per arrivare primi al traguardo. Ma gli iscritti di sesso maschile erano solo quattro. Come fare? Fortunatamente a quell’età era possibile partecipare con una squadra mista. Cominciammo a provare tra di noi i cambi ma nello spazio ristretto della palestra non riuscivamo a mettere in pratica correttamente quello che i nostri allenatori ci volevano insegnare. Ci impegnavamo moltissimo ma i risultati non erano soddisfacenti. Passarono i giorni ed arrivò il giorno della gara. Eravamo molto emozionati e quando ci posizionammo sulla pista cercavamo lo sguardo dei nostri allenatori che ci rassicurassero. Gli altri atleti ci sembrava che, come fisico e come preparazione, fossero degli extraterrestri. Lo starter sparò e . . . .via, la gara era iniziata. Io ero l’ultimo frazionista e guardavo i miei compagni se tenevano testa agli avversari. Tutto sommato erano allineati e cambio dopo cambio il testimone arrivò nelle mie mani. Come d’incanto, questi movimenti che in palestra non erano così perfetti, quel giorno erano riusciti a meraviglia. Presi il testimone e cominciai a correre veloce come un fulmine. Sentivo le urla dei miei compagni di squadra che mi incitavano e dei tuoi bisnonni che mi guardavano dalle tribune. Arrivammo primi e diventammo campioni provinciali di staffetta. Se qualcuno ce lo avesse detto prima non ci avremmo creduto ma con la voglia di fare e l’affiatamento della squadra abbiamo raggiunto un ottimo risultato. Seguirono anche delle sconfitte ma non ci fecero mai mancare la voglia di partecipare alle gare. Forza, ora tocca a te. “ Secondaria – Racconti
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IL REGNO DI SPORTILANDIA E LE TRE PALLAVOLISTE DONATO FRANCESCA - FELISI SARA - LEONI FEDERICA - SCIARRABBA MARTINA - VIGNATI SOFIA SECONDARIA ARCONATE 2C In un paesino sperduto in mezzo alle montagne, la gente era sempre allegra e vivace. Era un paese in cui ognuno aveva un proprio negozietto, nel quale si vendevano cose artigianali, frutta, carne e formaggi tipici del luogo. L'unico motivo che rendeva il paese un po' più conosciuto era la sua squadra di pallavolo. Questa squadra era formata da 12 elementi, tutti molto forti ma con caratteri molto diversi. In particolare la squadra si divideva in due gruppetti; Arianna ,Chiara e Valeria ,le quali erano leali e oneste mentre il resto della squadra giocava in modo disonesto e imbrogliando. A metà del campionato ci fu l'anniversario della fondazione della squadra e i due gruppi ebbero una discussione perché le tre ragazze venivano prese in giro dal resto della squadra. Le tre ragazze se ne tornarono tristi a casa di Arianna. Li cercarono tutta notte una strategia per far cambiare atteggiamento alle loro compagne. Calò la notte, le tre ragazze si addormentarono, una luce abbagliante entrò nella camera, era una fatina. La fata, Sportina le svegliò e le portò con se nel “Pianeta dello Sport”. Era un pianeta fantastico, dove ogni due metri trovavi persone che facevano jogging, atletica e molti altri sport. Le tre ragazze vennero accolte dal sig. Sporticino, Sindaco di Sportilandia, il quale consegnò loro una pergamena di benvenuto con scritto il primo indizio di un enigma. Questo enigma è stato creato per unire le ragazze e cercare di farle vincere onestamente. Era una poesia: CON LEALTA' E ONESTA', VOI VINCERETE CON LE VOSTRE CAPACITA' Secondaria – Racconti
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PER RISOLVERE QUEST' INDOVINELLO DOVRETE TROVARE UN GRANDE MANTELLO ROSSO COME IL FUOCO MA ATTENTI, VI AIUTERA' PER POCO... Le tre ragazze esclamarono “E...?” e il sindaco disse loro “Dovrete trovare la fine” “ E come?” esclamarono in coro le ragazze “Questo pomeriggio vi porterò nel mio garage aereospaziale” “Wow” esclamarono nel pomeriggio il sig. Sporticino aveva organizzato una sorpresa per le tre ragazze. Arrivate erano sbalordite dalle numerose navicelle . Il sindaco ne aveva coperta una con un telo tutto blu . Immediatamente il sindaco scoprì la navicella e disse “Ecco questa è per voi per viaggiare da un pianeta all' altro” . Avete però solo cinque ore di tempo per viaggiare fino a ... mezzanotte e trovare il mantello della lealtà . Le ragazze ringraziarono e partirono subito ed anche la fatina partì con loro, nel mezzo del viaggio la benzina era molto scarsa, quindi furono costrette ad atterrare in un piccolo paesino li vicino chiamato “volleyword”.in quel luogo si realizzò la loro passione cioè la pallavolo infatti quel paese era perfetto per loro. Avrebbero voluto rimanere lì per il resto del loro viaggio, ma il tempo stringeva , dovevano raggiungere gli altri pianeti e così ritornare sulla terra con il messaggio. Erano le undici e avevano esplorato solamente il regno di nuotilandia, la grande città del golf e del tennis, mancavano ancora le città dell'atletica , della ginnastica artistica e quella del basket non ce l'avrebbero fatta perché mancava solamente un quarto d'ora a mezzanotte ! Ma a un certo punto la fatina disse ”ragazze esprimete il vostro impegno contro tutte quelle partite giocate in modo disonesto !” le ragazze si fermarono e rifletterono “si! Hai proprio ragione “in un batter d’occhio una scintilla abbagliante uscì dai loro cuori portandole direttamente davanti a un grande scrigno . Le tre ragazze sbalordite lo aprirono e........ era proprio lui il ....MANTELLO,” il mantello della lealtà! “Esclamò Valeria. Immediatamente la fatina era scomparsa .... erano tornate sulla terra! ma arrivate si accorsero che mancava la poesia!!. Secondaria – Racconti
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Chiara distratta fece cadere per sbaglio il mantello e... cadde anche la poesia! Le tre ragazze si accorsero che nella pergamena c'era scritto” l'enigma non era una semplice poesia ma lo spirito che voi tre ci avete messo per tutto questo! Tornate dalle vostre amiche oggi è la finale non ricordate? Sbrigatevi!!!!!!!!!!!!!! Le ragazze ormai avevano completato la loro missione !!! tornarono e tutta la squadra imparò la lezione ; vinsero la finale con lealtà e felicità. Fine
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IL SOGNO DI TOM UKMAR MORLACCHI FILIPPO SECONDARIA ARCONATE 1A Tom era un ragazzo che viveva a New York e, come noi, giocava con gli amici e con i videogiochi ma questo non era il suo sogno. Infatti il suo più grande desiderio era quello di diventare un giocatore di basket e il suo idolo era Danilo Gallinari. Tom aveva quindici anni ed era da ben undici anni che praticava questo sporto con passione e lealtà, stava simpatico a tutti e non litigava mai con gli avversari. Un giorno Tom andò a vedere una partita dell’ NBA e mentre era seduto in tribuna un uomo chiese a suo padre se Tom volesse scendere in campo per sfidare un professionista. Tom, senza farselo ripetere due volte, balzò in piedi e l’uomo lo accompagnò all’entrata del campo. Alla fine della partita fecero entrare Tom e lo portarono al centro del campo dove c’era Lebron James. Tom stava per urlare dallo stupore quando udì che doveva sfidare il giocatore più forte dei Miami Heat. La partitella iniziò e Tom, che aveva il pallone, cercava di trovare una tattica vincente: andò incontro all’avversario, fece finta di andare a sinistra poi, mentre andava a destra, fece passare la palla sotto le gambe di James, senza fare passi o altre infrazioni e, dalla posizione di tiro libero, si lanciò e schiacciò, dato che era alto un metro e novantasei. Tutti applaudirono e Tom non si trattenne nel dire “Si!” a squarciagola. Poi stava quasi per svenire quando sentì che era entrato a far parte della squadra: si era avverato il suo sogno che aveva raggiunto con rispetto, lealtà e ….un pizzico di fortuna!
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IL SOGNO DI DIVENTARE UNA PATTINATRICE “I SETTE NANI” COZZI FEDERICA - FINATO CRISTIAN - GADDA ALESSIA - LEONI SARA MANNO MICHELA MARCILLO JEAN PIERRE - ZANOTTI LORENZO SECONDARIA ARCONATE 3A C'era una volta una ragazza di 8 anni che si chiamava Asia, che voleva diventare una pattinatrice. Lei e i suoi genitori abitavano in Georgia. Un giorno il padre abbandonò Asia e sua moglie e andò via con la sua amante a Cuba e non lasciò neanche un soldo a sua moglie. La madre decide di andare da sua sorella in Italia. Un giorno conobbe una famiglia ricca perché sua sorella non la poteva più mantenere, la famiglia decide di ospitarla e di dare il lavoro di cameriera alla madre di Asia e di pagare la scuola di Asia. A scuola Asia non conosceva nessuno, ma veniva presa in giro da tutti, ma soprattutto da due ragazze di nome Ginevra e Carla perché era di colore, ma fece amicizia con altre due ragazze sempre di colore di nome Francesca e Giorgia. Chiacchierando e ridendo scoprirono che tutte avevano la stessa passione per il pattinaggio e l'aiutarono ad entrare e a formare una squadra, e ogni giorno si incontravano e si allenavano. Di sera, quando Asia tornava dagli allenamenti guardava sempre le gare di pattinaggio perché c'era Carolina Kostner , era la sua preferita. La famiglia per cui la madre lavorava conosceva Carolina. Infatti un giorno mentre Asia tornava a casa da scuola vide Carolina fuori dalla casa, la vide e subito, felicissima, si presentò e le disse che le sarebbe piaciuto tantissimo diventare come lei. Carolina iniziò a passare delle giornate con Asia e allora le chiese se lei e le sue amiche volevano essere aiutate da lei. Loro ogni giorno si allenavano con Carolina, che gli insegnava alcuni passi di pattinaggio. Grazie a Carolina Asia e le sue amiche iniziarono a fare diverse gare, e diventarono campionesse d'Italia. Carolina avendo visto che la più brava delle tre ragazze era Asia , lei decise di portarla alle olimpiadi. Asia alla fine grazie a Carolina vinse le olimpiadi e diventò molto famosa.
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