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Studio e lavoro AlmaLaurea, la banca dati universitaria che il mondo ci invidia
Mettere la laurea in archivio? Può essere un affare Basta entrare nel sistema che raccoglie 2 milioni di curricula dei diplomati di tutte le facoltà. Un catalogo degli studenti italiani (con tanto di proflo) dal quale “pescano” 5mila aziende, non solo italiane
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li inizi ricordano quelli di una moderna start-up e per quel po’ di precarietà che caratterizza certe opere geniali. AlmaLaurea, la grande banca dati universitaria italiana nata nel 1994, quando mosse i primi informali passi, alcuni anni prima, lo fece infatti in un sottoscala. Dell’ateneo più antico del mondo certo, quello di Bologna, ma sempre in uno spazio che sarebbe stato piuttosto vocato a essere ripostiglio. Un inizio in cui si può scorgere qualcosa del garage in cui vide la luce Apple o dello studentato dove prese le mosse Facebook. Assonanze lontane, perché invece che ragazzotti creativi, come Steve Jobs e Marck Zuckerberg, a dare il primo click ad AlmaLaurea fu un professore di mezza età dell’Alma Mater Studiorum. E diversi poi sono stati gli sviluppi: niente di comparabile all’hardware e al sistema operativo della mela morsicata, né al grande socialnetwork che, in Italia, ha superato i 10 milioni di utenti: AlmaLaurea è “solo” un sistema che contiene 2 milioni di curriculum vitae di altrettanti laureati italiani e dal quale oltre 5mila aziende italiane e straniere pescano. Sorride a ricordarlo Andrea Cammelli, che è quel professore. «Nel sottoscala eravamo in tre», ricorda, «io e due tecnici di valore». Oggi 71enne e già docente di Statistica, in venti anni ha trasformato l’Osservatorio statistico d’ateneo in un consorzio che riunisce 64 università (su 80), pari a quasi l’80% della popolazione studentesca italiana. E lo ha fatto con pervicacia tutta toscoemiliano-romagnola (è nato a Forlì ma cresciuto sotto le Torri e ha pure un quarto di sangue forentino). Se oggi dai server di
via Masini 36, in un palazzone di recente costruzione a due passi dalla stazione, passa la gran parte del talento italiano, e se AlmaLaurea è un sistema nazionale, lo si deve alla tenacia e alla abilità diplomatica di questo professore. Le note di merito. Destreggiandosi fra i cento campanili dell’accademia italiana, vincendone ritrosie e personalismi, Cammelli ha infatti costruito una macchina che ha registrato persino l’interesse della Banca mondiale, dove è stata presentata alla fne del 2013, e che la Commissione europea vuol esportare nell’area balcanica, in Armenia e in alcuni Paesi del Maghreb (vedi box). Non che sia stato facile. «Per anni», ammette, «mi sono sentito un po’ Guglielmo Marconi. Avevo inventato una cosa infnitamente più piccola, incomparabile per carità, ma anche lui andava da un ministero a un altro, in cerca di sostegni e gli accadde persino d’essere messo alla porta». Oltre a incrociare domanda e offerta di lavoro, dal 1998, anno dei primi rapporti statistici, a Bologna studiano la storia didattica e il rendimento di ogni singolo neodottore degli atenei aderenti, dai singoli voti a quello fnale di laurea, analizzandone la correlazione con la formazione scolastica precedente, per tracciare il Proflo dei laureati, indagine preziosa sulla qualità del “prodotto fnito” di quelle che un tempo chiamavamo facoltà (scuole, dopo la riforma Gelmini). L’enorme catalogo del nostro sapere, ordinato in tante piccole storie personali, fatte di esami sostenuti e di titoli di tesi. Dante parcellizzato nelle migliaia di Paolo, Francesca e Beatrice che l’hanno studiato; Fermi
Il consorzio riunisce 64 atenei su 80, pari quasi all’80 per cento. Vi lavorano 60 addetti tra Bologna, Milano, Roma e Padova 30
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spezzettato nelle ricerche dei tanti Laura, Martina e Rocco; Pareto diluito nelle tesi di Luigi, Stefania e Matteo, dalle Alpi a Lilibeo. Non solo, AlmaLaurea monitora ciò che avviene a valle del “pezzo di carta”: chi lavora e chi no, in quali settori, a che livello di inquadramento, con quale pertinenza con gli studi seguiti, con che forma contrattuale, con quale salario e molto altro ancora. Osservando i laureati al lavoro, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo, quest’altra «indagine sulla condizione occupazionale dei laureati» (il 12 marzo si presenta la XVI edizione) è, a suo modo, un’ulteriore ecografa al corpaccione della nostra accademia, in grado di rivelarcene lo stato di salute, sia pure in presenza di una patologia esterna conclamata come la crisi e i suoi tassi record di disoccupazione giovanile. Ma che cosa succede nella pancia di AlmaLaurea, quando un’azienda va alla ricerca di un neolaureato? «L’imprenditore o il direttore delle risorse umane hanno una grande possibilità di interrogazione», spiega Cammelli muovendosi a colpi di click nella maschera di ricerca di almalaurea.it, «dalle informazioni sulla carriera scolastica, dal voto di maturità in poi, fno all’esperienze lavorative e alle attività di volontariato». La consultazione è gratuita, poi, se l’azienda vuole conoscere le coordinate del laureato, deve comprare il curriculum, a un prezzo che oscilla dagli 8 euro fno ai pochi centesimi, a seconda del numero di profli acquistati. La prova su strada. Abbiamo fatto un test drive, una sorta di prova su strada: ci siamo immedesimati in un’azienda italiana che dovesse spedire in Polonia un ingegnere ottimamente laureato in energetica. Non un professionista qualsiasi ma uno che avesse già avuto un’esperienza lavorativa nel setto-
Martino LoMbezzi/contrasto
di Giampaolo Cerri
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Le eccellenze Un gruppo di laureati in attesa di ricevere il titolo di dottore di ricerca all’Università di Bologna, in occasione di una cerimonia pubblica.
Laureati di secondo LiveLLo deL 2007 occupati a cinque anni
il privato batte il pubblico
6,9
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re gestionale e parlasse un inglese fuente e naturalmente disposto a espatriare. Clicca qui, “fagga” là, il sistema individua un signore genovese, 32enne, addottorato sotto la Lanterna, con esperienza assai qualifcata in multinazionale. È il nostro uomo: paghiamo virtualmente il cv e, dopo un “invio”, compaiono, rapidamente, nominativo, residenza, telefoni. Nel caso dell’ingegner L.C., oplà, anche la foto. Si è laureato nel lontano 2006 ma ha continuato ad aggiornare il cv con regolarità, «come fanno almeno in 70mila», sottolinea il direttore. «Quando, un anno e mezzo fa, presentammo AlmaLaurea alla ministro Elsa Fornero», ricorda Cammelli, «volle provare anche lei, cercando un candidato per un’ipotetica azienda italiana che si affacciasse sul mercato cinese. Solo che la responsabile del Lavoro decise, alla fne, di chiamare sul cellulare il prescelto. Era staccato e lasciò un messaggio in segreteria». In giornata da Bologna lo richiamarono, per dirgli che non
RiccaRdo
ontRasto VentuRi/c
I primi passi
Gruppo di studio Studenti in aula al Politecnico di Milano durante una lezione. Attualmente questa università conta quasi 41mila iscritti, di cui 900 allievi di dottorato.
era stato uno scherzo, ma «semplicemente una prova con un ministro in persona». L’operazione che abbiamo fatto noi (ed Elsa Fornero) viene ripetuta, ogni anno, 400mila volte, tanti sono infatti i curricula acquistati dalle aziende, ma non è purtroppo dato sapere quante di queste candidature vadano effettivamente a buon fne. Ci sono poi società, americane e olandesi, aggiunge il professore, «che chiedono a noi di fare una selezione, inviando nominativi già scremati». Vendere questi cv, anzi «cederli dietro un modesto rimborso», come preferisce dire il direttore, rende al consorzio 1 milione e 50mila euro all’anno. La nota economica è però dolente per Cammelli e i suoi da quando, con l’ultima fnanziara, il ministero dell’Istruzione ha ridotto il contributo del 50%: da 1,5 milioni a poco più di 700mila euro. «Il resto», spiega il direttore, «lo pagano gli stessi atenei, trasferendoci cinque euro a curriculum». Università
che, dopo quattro mesi dall’inserimento dei dati di una coorte di laureati, riceve indietro un rapporto dettagliato sull’andamento dei propri studenti, incluso il grado di soddisfazione per la frequenza ai corsi. I conti. Complessivamente il bilancio di Al-
maLaurea sfora i cinque milioni di euro, conto che le casse pubbliche pagano dunque per i tre quarti: un’inezia a fronte di alcune elefantiache strutture ministeriali o del parastato. Alla fne, l’Italia paga poco o niente un sistema che il Times Higher Education, il blasonato magazine britannico dedicato alla formazione superiore, ha elogiato nel 2011 con un articolo dal titolo signifcativo: «Bella fgura: Italian model sets trend with expert ftting service», più o meno «il modello italiano fa tendenza con un servizio esperto e su misura». Mentre “bella fgura” non necessita di traduzioni. A farci belli è una macchina che funziona con appena una sessantina di addetti, suddivisi nelle sedi di Bologna, Milano, Roma e Padova, le ultime tre dedicate ai rapporti con le imprese. Uno staff giovane: girando gli uffci bolognesi, si vedono tanti 30enni incollati al computer o impe-
Nuovi progetti anche in Marocco e in Croazia Best pratice da esportazione. AlmaLaurea è stata scelta, già nel 2013, dalla Commissione europea per sostenere lo sviluppo di alcuni Paesi candidati all’adesione all’Ue. Si tratta del progetto “Adriatic Ipa”, che promuove «politiche e pratiche per una più veloce integrazione economica e sociale vicina agli standard dell’Unione». AlmaLaurea sta sostenendo
atenei croati, bosniaci, serbi e montenegrini nel realizzare sistemi simili a quello che, in Italia, è nato vent’anni orsono. Un progetto per cui Bruxelles ha stanziato un fnanziamento di tre milioni di euro. Si chiama invece Grinsa, Graduate’s insertion and assessment, ovvero “valutazione e ordinamento dei laureati”, il progetto che il consorzio interuniversitario
sta sviluppando in Marocco a favore della locale formazione superiore, con gli atenei di Meknes, Oujda, Marrakech ed El Jadida, e sempre col sostegno europeo. Sotto le insegne del progetto di cooperazione continentale Tempus, in Tunisia e in Armenia, AlmaLaurea sta infne lavorando alla creazione di un osservatorio sull’istruzione universitaria.
gnati al telefono. AlmaLaurea è un po’ fglia di un giovanile impegno di Cammelli, nel 1980, quando era assessore all’Istruzione della giunta di Renato Zangheri. Anche allora aveva l’idea che aziende e mondo della formazione dovessero collaborare: «Convinsi l’Olivetti a fornire gratis i suoi macchinari più moderni al prestigioso istituto tecnico di Bologna, l’Aldini-Valeriani», ricorda, «in cambio l’azienda poteva usare le aule per le sue dimostrazioni, ovviamente fuori dall’orario scolastico». Cammelli tiene molto anche al grande patrimonio di dati che il consorzio bolognese offre, ogni anno, a chi, ai vari livelli, deve governare l’istruzione di questo Paese. Perché dalla messe di informazioni che migliaia e migliaia di giovani depositano all’in-
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nel mondo del lavoro e i primi stipendi (cinque anni dopo)
terno della banca dati si può anche estrapolare l’immagine dell’Italia che cambia e che non lo fa sempre in meglio. Guardando i numeri del Proflo dei laureati e l’Indagine occupazionale, risaltano infatti tutti i chiari ma anche gli scuri della nostra formazione superiore. Per esempio, che solo uno studente su tre, dopo la maturità, sceglie di proseguire verso la laurea, o che ben 82 studenti su 100, fra quanti si iscrivono all’università, sono fgli di genitori non laureati o, ancora, che un dottore magistrale, dopo un anno, guadagna addirittura il 32% in più di una collega donna. Numeri che dicono cioè di ritardi o di differenze inaccettabili, insieme ad altri che ci parlano invece del valore della educazione o dei miglioramenti di sistema. «Abbiamo documentato che fno al 2000
si laureava in corso solo il 10% degli iscritti e che dopo, con la riforma, il bistrattato 3+2, lo fa il 40%», ricorda Cammelli. O che, a cinque anni dalla laurea, indipendentemente dal tipo di corso, sono occupati 90 dottori su 100. O che il titolo di dottore, aldilà dei luoghi comuni, è sempre utile sul piano delle retribuzioni: «Può accadere che un neolaureato guadagni meno di un coetaneo diplomato», sottolinea il professore, «anche perché entra dopo nel mercato del lavoro». Alla distanza, però, i numeri si ribaltano: dopo i 25 anni il differenziale salariale fra chi è laureato e chi no cresce fno al 50%, a vantaggio del primo. Crede nel valore dei dati, Cammelli. Quelli che AlmaLaurea produce, alcuni dei quali pressoché istantaneamente, sono fondamentali per chi, a vari livelli, governa l’uni-
versità, dal ministero fno all’ultimo ateneo. Anche se ogni tanto ricorda John Maynard Keynes che, nel 1937, dalle colonne del Times, avvisava: «Non c’è nulla che un governo odi di più dell’essere bene informato, perché ciò rende delicato e diffcile il processo che porta alle decisioni». E crede nel valore dell’istruzione, il professore, convinto che il sapere valga tutto, senza distinzioni funzionalistiche fra una laurea e un’altra. Alla potente London school of economics, fa notare, hanno scelto come motto non una citazione di Adam Smith, ma un verso delle Georgiche: Rerum cognoscere causas, cioè «conoscere le cause delle cose». Virgilio defniva appunto «felix», felice, «qui potuit». Chi può. Giampaolo Cerri © riproduzione riservata
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