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ID INFOGRAFICHE, DATI E TECNICHE DI INFORMATION DESIGN

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica Diploma Accademico di Primo Livello in graphic design indirizzo comunicazione di impresa Anno Accademico 2015/16 Candidato Marco Bruno Relatore Marco Lo Curzio

Progetto grafico Marco Bruno Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. Pubblicazione composta in Univers, disegnato da (Adrian Frutiger) nel (1956). © Copyright 2016 Accademia di Belle Arti di Catania Marco Bruno

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Tutti i diritti riservati www.accademiadicatania.com


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INDICE

1. La Mente e le origini 1.1. Vedere e percepire 1.2. Le origini delle infografiche 2. Visualizzare le Informazioni 2.1. Edward Tufte e classificazione tipologica 2.2. Niegel Holmes umorismo e funzionalitĂ 2.3. Ruota della visualizzazione di Cairo 3. Forma e Funzione 3.1. La forma segue la funzione 3.2. La funzione vincola la forma 3.3. Funzione ed emozione 4. Dati e interattivitĂ 4.1. Big data 4.2. Open data 4.3. Infografiche Interattive 5. Profili 5.1. Angela Morelli 5.2. Francesco Franchi 7


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INTRODUZIONE

L’Information Design è un settore di ricerca, che si occupa di individuare e fornire indicazioni per la trasmissione delle informazioni, ricorrendo a precisi criteri finalizzati ad ottimizzare l’organizzazione dei contenuti per facilitare l’apprendimento. Quando i dati e l’informazione sono complessi o non strutturati, la rappresentazione visiva può supportare la comprensione del messaggio rendendo più efficace il processo comunicativo. Con l’avvento di internet, l’informazione si è trasformata in un capitale economico di primaria importanza gestibile e commerciabile attraverso le reti informatiche. Diventa così fondamentale sviluppare su più livelli una efficace capacità di organizzazione dell’informazione, sui contenuti e sui flussi informativi. Infografiche e rappresentazioni visive di dati sono oggi riconosciute da tutti come strumenti incredibilmente efficaci non solo per catturare l’attenzione su un tema, ma anche per permettere ai loro fruitori di esplorare storie e fenomeni sociali, culturali ed economici complessi, attraverso la visualizzazione stessa. Sempre di più, quindi, la visualizzazione delle informazioni è considerata non solo un fine per la presentazione di risultati, ma un mezzo, così come i dati e la loro analisi, per comprendere realtà articolate. Nel primo capitolo di questo elaborato, verrà esposta la capacità della nostra mente di creare e comprendere rappresentazioni visive, di come l’occhio si comporta quando visualizza un’immagine e come le leggi della percezione visiva possano essere applicate alle infografiche. Vedremo come si è evoluta nel corso della storia, l’informazione visiva, dalle prime mappe alla creazione di un linguaggio iconico universale. Nel secondo capitolo, verranno esaminate teorie contrastanti di due personaggi che hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo delle tecniche di visualizzazione dei dati; da un lato la ricerca del minimalismo puro e dell’eccellenza grafica, dall’altro il tentativo di coinvolgere e divertire l’utente tramite l’utilizzo di illustrazioni. Al centro di queste teorie di pensiero, si pone il terzo

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personaggio che ci aiuterà a comprendere come trovare il giusto equilibrio nel progettare un’infografica. La terza parte del testo analizza la relazione che c’è tra la forma e la funzione delle infografiche, e di come anche i dati possono generare un’emozione all’utente che li visualizza. Il quarto capitolo, mostra il costante flusso crescente dell’informazione e dei dati sul web, e delle caratteristiche che i dati assumono per poter essere fruibili a chiunque. Con l’era di internet, le infografiche hanno avuto un cambiamento nel rappresentare le informazioni, permettendo all’utente di interagire con esse e di esplorarle a suo piacimento. Infine delle interviste a due personaggi che nel territorio italiano, sono riuscite a spiccare per l’importanza dei temi trattati e per le ottime tecniche utilizzate nella visualizzazione dei dati.

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LA MENTE E LE ORIGINI

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1.1

VEDERE E PERCEPIRE Le caratteristiche della percezione visiva e come la mente elabora le informazioni ricevute.

Dei nostri cinque sensi, che ci aiutano ad entrare in contatto con il mondo che ci circonda, la vista, è quella che ci permette di assumere quante più informazioni possibili. Nel 1979 il fisiologo A.Granit affermava: “l’occhio è il nostro organo di senso principale, crea il mondo in cui viviamo”. Il processo della visione si realizza attraverso lo sguardo, che può essere breve o prolungato, se ciò che osserviamo ci interessa particolarmente. L’osservazione prolungata produce nel nostro cervello delle tracce mnemoniche dette engrammi; i ricordi non sono altro che queste tracce che si creano a seguito di un processo fisiologico; ogni volta che osserviamo a lungo qualcosa, si formano delle connessioni fra un neurone e l’altro, si crea una cosiddetta rete neuronica1. Da qui si evince come una parte della nostra percezione visiva, sia formata dai nostri personali ricordi, mentre l’altra, raggruppa alcuni fattori cognitivi che sono simili per tutti gli abitanti del pianeta, processi mentali che ci permettono di analizzare e organizzare ciò che “vediamo”; processi che i teorici della Gestalt hanno considerato innati nell’uomo. Iniziamo tenendo presente che la visione umana è fondata sulla percezione della luce, essa proveniente da una fonte (il sole, una lampadina) colpisce un oggetto, che assorbe 14

1 Massimo Hachen, Scienza della Visione, Apogeo Education, 2007 p. 12


alcuni fotoni e ne riflette altri. I fotoni che rimbalzano sulla superficie dell’oggetto, passano attraverso gli occhi e stimolano certe cellule fotosensibili che risiedono nella retina. Queste cellule trasformano lo stimolo luminoso in un impulso elettrico, che raggiunge il cervello attraverso nervi ottici. La luce può essere descritta come una serie di onde che si diffondono a diverse lunghezze, frequenze e cariche energetiche. La frequenza di un onda luminosa è la misura del numero di onde che attraversano un particolare punto in un determinato intervallo di tempo. La frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza: più un’onda è corta, più alta è a sua frequenza2. I nostri occhi riescono a percepire solo una minuscola frazione dello spettro elettromagnetico (Figura 1.1), lo spettro visibile dell’uomo va dal violetto al rosso.

Brevi

Alte

Lunghezza d’onda

Frequenza ed energia

Lunghe

Basse

Raggi gamma

Raggi X

Ultravioletto

Luce visibile

Infrarossi

Microonde

Onde Radio Figura 1.1 Lo spettro elettromagnetico 2 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p. 99

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Figura 1.2 La struttura dell’occhio

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Per comprendere il processo della percezione visiva, bisogna analizzare l’anatomia e il funzionamento dell’organo della vista. Come mostra la Figura 1.2, il sistema ottico umano è composto, da una lente esterna detta cornea e da una interna biconvessa, il cristallino, che agisce come regolatore per la messa a fuoco dell’immagine; la pupilla invece controlla la quantità di luce che entra nell’occhio, si dilata quando c’è assenza di luce e si contrae quando ce né troppa. Una volta entrata nell’occhio, la luce viene filtrata e regolata, raggiungendo la retina, un sensibile strato di tessuto nervoso, contenente diversi tipi di cellule, quelle che ci aiutano a percepire la luce sono chiamate fotorecettori. Divise in due gruppi principali: i bastoncelli, circa 100 milioni, preposti alla visione in bianco e nero e attivi a bassi livelli di illuminazione; i coni, con un numero nettamente inferiore (7 milioni), sono i responsabili del riconoscimento dei colori ad alti livelli di illuminazione. Questi fotorecettori sono collegati a delle cellule nervose che formano il nervo ottico, che invia le informazioni all’area del cervello (corteccia visiva), deputata a smistarle inviarla ad altre aree che permetteranno la visualizzazione dell’immagine. Ciascun occhio, ha la capacità di visualizzare tutto quello che si trova nell’arco di un angolo di 180°, ma come mostra la Figura 1.3, vediamo con precisione solo ciò che si trova difronte a noi e in un angolo ristretto di circa due gradi, il cui vertice


Visione Periferica: 180°

Campo visivo foveale: 2°

Campo visivo parafoveale: 10°

Figura 1.3 Vediamo con precisione in un angolo di circa due gradi.

risiede nella regione retinica detta fovea, contenente solo i coni su una minuscola superficie di un millimetro quadrato, i coni si diradano spostandoci dalla fovea in una piccola regione che la circonda con un angolo di circa 10°, la parafovea. Fuori dalla parafovea la retina è ricoperta di bastoncelli. Avendo un campo di acutezza così ristretto, esso incide sulla percezione. Fortunatamente i nostri occhi non restano fermi, vorticano intorno a ciò che visualizziamo a grande velocità due o tre volte al secondo, fissandosi su diversi punti di qualunque cosa abbiamo difronte. Questi movimenti si chiamano saccadi e ogni pausa che effettuiamo su un punto preciso si chiama fissazione. Nel XX secolo uno psicologo russo Alfred L. Yarbus, effettuò degli studi sui movimenti oculari e dimostrò che quando siamo difronte a un volto, i nostri occhi si fissano sui tratti che possono aiutarci al meglio a identificare l’individuo. Gli occhi stabiliscono quindi delle priorità, sono attratti da delle caratteristiche che aiutano il riconoscimento dell’immagine; il cervello, agisce mettendo insieme i vari punti di visualizzazione e crea un’immagine mentale. Il cervello infatti, per aiutarci a una visualizzazione rapida, crea delle illusioni che ci aiutano a visualizzare con efficienza e con velocità di risposta anche immagini che non sono perfettamente visibili. Quello che la nostra retina riceve non è ciò che il cervello percepisce. Quello che comunemente viene chiamato vedere, sono un gruppo di tre operazione: vista, percezione e cognizione. La nostra mente, quando visualizza un’immagine, distingue per prima ciò che si trova in primo piano e ciò che sta sullo sfondo, identifica i confini degli oggetti nel nostro campo visivo, le variazioni dei colori e l’intensità della luce: se due macchie di colore contigue hanno un contrasto maggiore, esse verrano visualizzate come due entità diverse; margini indefiniti e minore contrasto porteranno il cervello a lavorare maggiormente per distinguerle. Il cervello, riesce a percepire più velocemente le variazioni di tona-

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lità che le differenze nella forma3. Nella visualizzazione delle infografiche infatti, è importante aiutare il lettore a facilitare ciò che intendiamo far visualizzare, tenendo conto delle differenze cromatiche e delle forme. Se ad esempio stiamo creando una mappa che localizzi diversi tipi di fabbriche in Italia, possiamo identificarle con pittogrammi diversi, ma se vogliamo che il lettore percepisca al meglio le differenze e riesca a stimare il loro numero rapidamente, l’uso dei colori è importante per raggiungere il nostro scopo (Figura 1.4). Il cervello visivo, si è evoluto in un sistema capace di individuare schemi, di raggruppare gli oggetti che appaiono simili (stesse dimensioni e tonalità) e separare quelli che appaiono diversi, segue quindi alcuni principi per l’organizzazione della percezione. Uno scienziato tedesco, Max Wertheimer nel 1892, iniziò alcune ricerche sulla percezione visiva e sulla psicologia; a lui, ben presto si unirono alcuni studiosi come Kurt Koffka e Wolfgang Köler, e insieme diedero vita alla Gestaltpyschologie, che letteralmente tradotto significa psicologia della forma, più semplicemente chiamata Gestalt. Il principio della teoria gestaltica è che il cervello nel processo di percezione visiva, non visualizza macchie di colore e forme come entità singole, ma come complessi; l’oggetto quindi è percepito nella sua totalità prima delle singole parti da cui è composto. Max Wertheimer affermava: ”Le strutture sono dei complessi, o meglio delle totalità, il cui comportamento non viene determinato da quello dei singoli elementi costituenti, ma dalla natura intrinseca del processo globale stesso”. La Gestalt sosteneva la teoria dell’innatismo secondo la quale tutti nasciamo con conoscenze innate che ci accomunano; studi più recenti sulla fisiologia del cervello e sulla percezione, hanno si affermato che nel cervello di individui diversi ci sono cellule uguali che hanno le stesse reazioni di fronte a delle stimolazioni visive e quindi costituiscono dei meccanismi innati, ma è anche stato osservato che la mancanza di una stimolazione nella prima infanzia può portare alla degenerazione di alcune abilità della vista4. Wertheimer nel 1923, ci ha lasciato delle leggi, chiamandole leggi di unificazione figurale, considerate fondamentali per la percezione visiva; ne analizzeremo alcune che applicate alle infografiche, possono aiutare sia l’information designer che l’utente che visualizzerà le immagini. 18

3 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p.113 4 Massimo Hachen, Scienza della Visione, Apogeo Education, 2007 p. 28


Figura 1.4 Nella seconda immagine è piÚ semplice identificare il numero e il tipo di fabbriche

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Vicinanza Quando gli elementi sono vicini tra loro, vengono percepiti come gruppi naturali. La Figura 1.5 mostra come sia semplice percepire che la disposizione delle barre non sia casuale.

Figura 1.5 Oggetti vicini tra loro saranno percepiti come un gruppo

Somiglianza Se l’insieme è costituito da una moltitudine di oggetti diversi tra loro (Figura 1.6), si tende a raccogliere in gruppi gli elementi simili tra loro.

Figura 1.6 Oggetti che si somigliano verranno identificati come un gruppo

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Connessione Elementi collegati attraverso linee o curve, saranno percepiti come membri di un gruppo naturale.Presentando la figura senza collegamenti il cervello inizialmente raggrupperĂ gli oggetti per forme e


colori seguendo naturalmente leggi sopra elencate, collegandole con linee o curve la nostra mente elaborerà che gli oggetti sono in relazione tra loro. Figura 1.7, mostra come collegando con semplici linee gli oggetti si possano stabilire gerarchie che aiutano il percorso del lettore a visualizzare l’infografica.

Figura 1.7 Le linee sono indicazioni che la mente usa per percepire se gli oggetti sono in relazione tra loro

Continuità Linee spezzate o che procedono in maniera spigolosa e dura, sono più difficili da percepire rispetto a forme tondeggianti che hanno un andamento regolare curvilineo. Nella visualizzazione il nostro cervello riconosce meglio i collegamenti con le curve rispetto a linee rette sovrapposte Figura 1.8.

Figura 1.8 La percezione della continuità diventa più semplice se i collegamenti sono composti da curve rispetto a linee ed angoli.

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Chiusura Oggetti all’interno di una zona chiusa con confini netti, saranno percepiti come un gruppo unico. Nelle infografiche il principio di chiusura è utile per facilitare il lettore a distinguere gli insiemi degli oggetti che visualizza, possiamo usare lo stesso principio di chiusura nelle visualizzazioni applicandolo anche con superfici di colori differenti, senza dover caricare l’infografica di riquadri e linee nette. Figura 1.9

40% 30% 20% 10% 0%

40% 30% 20% 10% 0%

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Figura 1.9 Racchiudere le barre aiuta chi visualizza a percepire meglio i gruppi.


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1.2

LE ORIGINI DELLE INFOGRAFICHE Un breve percorso nella storia dalle prime forme di informazione figurativa, al linguaggio iconico universale.

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Un fondamentale aspetto che da sempre caratterizza la rappresentazione grafica delle informazioni è la ricerca di un ordine che trasformi i dati in informazioni imponendo ad essi una struttura relazionale. Liste, tabelle e formule sono le forme di base di qualunque rappresentazione dell’informazione, ma anche la raffigurazione grafica con intenti descrittivi e narrativi affonda le sue radici in un’antichità molto lontana. Alcune prime forme di informazione grafica, risalgono alle pitture rupestri delle Grotte di Lascaux intorno al 17000 a.C., un complesso di caverne che si trova nella Francia sud-occidentale, contengono circa duemila immagini raffiguranti uomini, animali e simboli astratti. Alcuni ipotizzano che gran parte dei dipinti siano rappresentazioni delle costellazioni di quegli anni, altri sostengono che erano un modo per trasmettere notizie agli altri cacciatori, flussi di dati su come e dove trovare le prede migliori. Un altro esempio di information design è la cartografia: mappe risalenti al 7500 a.C., come quella di Catal Huyuk, importante centro abitato di epoca Neolitica dell’Anatolia (Turchia), figura come “la più antica rappresentazione topografica”. Dipinta sulla parete di un’abitazione di prestigio, la composizione, riproduce una configurazione urbanistica geometrica modulare, di forte impronta geometrica. Nel 1300 a.C., in Mesopotamia, venne inciso su una tavoletta d’argilla (Figura 1.10) il piano urbanistico della città di Nippur, dove sono ben distinguibili un canale centrale che attraversa la città,


il santuario di Enil e il tempio di Inana di Duranki. L’importanza di questa tavoletta è dovuto all’inserimento di variabili cartografiche, tra cui orientamento e notazioni grafiche. Un importante impulso sui metodi della geografia matematica e della cartografia, è un trattato di Tolomeo scritto intorno al 150 a.C. dal titolo “Geografia”. L’opera riscoperta nel XV secolo, contiene una mappa dell’ecumene (mondo abitato) che ricopre 180 gradi di longitudine e circa 80 gradi di latitudine (Figura 1.11) ed è ricca di riferimenti testuali (come ad esempio i nomi che stanno ad indicare i luoghi), colorazioni che aiutano a distinguere le zone di terra da quelle acquatiche e indicazioni e simboli riferiti ai venti ed allo zodiaco. Facendo un salto temporale, ci ritroviamo nel 1375 d.C., quando venne progettata la più importante carta nautica dell’epoca dal cartografo Abraham Cresques, che rappresentò gran parte del mondo conosciuto fino ad allora, dall’Atlantico alla Cina, composto da dodici fogli incollati su tavolette di legno per un totale di 65 x 300 cm. Nella mappa sono presenti variabili che fanno rifermento al testo al colore e alla dimensione, sono presenti infatti sia notazioni geografiche che simboli utili alla comprensione di ciascuna mappa.

Figura 1.10 La mappa della città di Nippur è considerata una delle cartografie più antiche al mondo

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Figura 1.11 “Geografia”, fu pensata e disegnata da Tolomeo e rappresenta la sua idea di Terra all’epoca.

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Nel XV secolo, un cartografo, matematico e astronomo tedesco, Peter Bienewitz, meglio conosciuto come Pietro Apiano, realizzò “Horoscopion Apiani”, un particolare astrolabio dedicato sia alla soluzione dei normali problemi di carattere astronomico che a quelli relativi alla misura delle dimensioni di oggetti non direttamente accessibili. L’immagine mostrata nella Figura 1.12, presenta un quadrante solare per la misurazione dell’angolo di elevazione del Sole (ossia quando sorge) e quindi la durata dei singoli giorni. La scala di misurazione è composta dall’intersezione di linee verticali (che indicano la data) e linee orizzontali (che invece rappresentano l’orario). Gli studi astronomici, sono stati una parte fondamentale per lo sviluppo delle informazioni grafiche e di nuovi metodi di visualizzazione. Galileo Galilei nel 1613, rappresentò uno studio sull’osservazione delle macchie solari in un determinato arco di tempo (dal 23 ottobre al 14 dicembre 1613). Per rappresentare i movimenti, Galileo si servì di riproduzioni più piccole del Sole, nelle quali rappresentava ogni volta il cambiamento di direzione delle macchie solari. In questa illustrazione, Galileo si serve di immagini simultanee che hanno come obiettivo quello di evidenziare le informazioni temporali riguardo la densità delle macchie ed i loro spostamenti (Figura 1.13). Nel 1626 viene pubblicato un ulteriore trattato di astronomia “Rosa Ursina sive Sol” di Christoph Scheiner, astronomo e fisico gesuita tedesco, dove mostra la rotazione solare con delle illustrazioni che possono essere definite infografiche in senso proprio, tale opera può essere considerata una degli ultimi tentativi di sostegno verso il sistema cosmologico tolemaico. Il XVII secolo non fu solo dedicato all’osservazione dei corpi celesti ma fu spettatore di grandi scoperte ed invenzioni considerate oggi la base della visualizzazione statistica e quindi della produzione infografica. Nel 1637 René Descartes, meglio conosciuto come Renato Cartesio, dimostrò che è possibile specificare la posizione di un punto o di un oggetto su una superficie usando come strumenti di misurazione due rette (ascisse e ordinate) che si intersecano in uno specifico punto. Questo metodo, chiamato “Sistema di riferimento cartesiano” è alla base dei più moderni grafici a trama. William Playfair, studioso inglese di economia politica, pubblicò nel 1786 “The Commercial and Political Atlas”, un’opera che presenta 43 tavole sull’evoluzione ed i cambiamenti politici ed economici di molti paesi (Figura 1.14), introducendo grafici a barre e linee del tempo (timeline).


Figura 1.12 Horoscopion Apiani, carta astronomica del 1533, disegnata da Piero Apiano.

Figura 1.13 Una delle prime forme di small multiples, ossia disegni simultanei che hanno come obiettivo quello di evidenziare le informazioni temporali.

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Figura 1.14 Il grafico tratto da “Commercial and Political Atlas�, rappresenta la variazione del debito pubblico inglese dal 1699 al 1800.


In “Statistical Breviary” del 1801, Playfair introduce la prima rappresentazione di dati economici mediante cerchi di area diversa, comunemente chiamato grafico a torta. Un’infermiera londinese, Florence Nightingale, nel 1857 realizza un grafico che evidenzia le cause della mortalità durante guerra di Crimea, il diagramma circolare (Figura 1.15) suddiviso in 12 parti che indicano i mesi dell’anno, evidenzia le cause della mortalità dell’esercito inglese, avvenuti maggiormente a causa di malattie contagiose come il colera e il tifo (blu). Qualche anno dopo, venne creata la più famosa infografica di sempre; Charles Joseph Minard, ingegnere civile francese della École Nationale des Ponts et Chaussées, nel 1869, disegna un grafico dove attraverso una visualizzazione grafica di flussi è possibile osservare la disfatta della campagna russa di Napoleone del 1812. Il grafico si serve di molteplici variabili, tra cui la dimensione dell’esercito (in ocra verso mosca e in nero il rientro in patria), i riferimenti geografici, le temperature incontrate lungo il percorso e il flusso temporale (Figura 1.16).

Figura 1.15 Grazie a questo grafico fu possibile ottenere un notevole miglioramento delle condizioni sanitarie al fronte, con conseguente riduzione dei decessi.

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Con l’avvento del ‘900, molti studiosi cominciarono ad interessarsi alle tecniche di visualizzazione e sintetizzazioni di informazioni complesse; uno di questi è Willard Cope Brinton, nato nel New England nel 1880 e formatosi ad Harvard come ingegnere meccanico, nel 1914 pubblica “Graphic methods for presenting facts”, una sorta di manuale sulle varie tipologie di infografica possibili, dove l’importanza è rivolta sopratutto alla presentazione dei dati. Successivamente, nel 1939 scrive “Graphic presentation”, un corposo volume in cui l’autore passa in rassegna decine e decine di tecniche di rappresentazione dei dati, dai grafici a barra alle illustrazioni, analizzando e mettendo a confronto tutta una serie di usi virtuosi e usi sbagliati, segnalando le corrette modalità di comunicazione in base all’uso, allo scopo e al contesto.

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La vera svolta nel settore dell’infografica, la possiamo attribuire a un uomo che ha rivoluzionato i metodi di comunicazione visiva. Otto Neurath, filosofo, matematico e sociologo austriaco nato nel 1882, era un pioniere dell’istruzione di massa, voleva connettere ambienti sociali differenti, a prescindere dal grado di competenza o istruzione dei soggetti. Nel 1925, aiutato da un grafico tedesco Gerd Arntz, e la sua futura moglie Marie Reidemeister, concepì un linguaggio universale, ISOTYPE (International System of Typographic Picture Education), un sistema di rappresentazione, attraverso segni e pittogrammi, che permette di visualizzare dati complessi e che supera le barriere culturali e linguistiche di ogni paese (Figura 1.17). Oggi i pittogrammi di Neurath sono alla base delle moderne forme di comunicazione, vengono utilizzate nella segnaletica dei trasporti e degli edifici pubblici, nell’editoria e nelle icone dei nostri computer.

Figura 1.16 Versione ricostruita dell’infografica di Charles Joseph Minard creata nel 1869, probabilmente l’infografica più famosa che sia mai stata realizzata.

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Figura 1.17 Alcuni pittogrammi dell’ ISOTYPE di Otto Neurath e Gerd Arntz. Fonte: www.gerdarntz.org/isotype

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VISUALIZZARE LE INFORMAZIONI

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2.1

EDWARD TUFTE E LA CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA “L’eccellenza grafica è quella che dà allo spettatore il maggior numero di idee nel minor tempo possibile con il minimo di inchiostro nello spazio più piccolo.” Edward R. Tufte, The Visual Display of Quantitative Information

Esplorate le origini e i precursori dell’information design, concentriamo l’attenzione sui pionieri delle tecniche di visualizzazione dei dati. Il principale riferimento nell’ambito della grafica statistica, professore di scienza politica e statistica alla Yale University, Edward R. Tufte è l’eccellenza per ciò che concerne le rappresentazioni grafiche. I suoi libri The Visual Display of Quantitative Information (Tufte, 1983), Envisioning Information (Tufte, 1990), Visual Explanations (Tufte, 1997) e il suo ultimo lavoro: Beautiful Evidence (Tufte, 2006), sono letture fondamentali nel campo delle infografiche. Tufte si concentra sui criteri da seguire affinché una rappresentazione grafica sia efficace, secondo lui un grafico è una presentazione ben costruita di dati “interessanti”1 ; 38

1 Riccardo Mazza, La rappresentazione grafica delle informazioni, Milano, Apogeo Education, 2010


In The Visual Display of Quantitative Information, elenca delle regole da seguire per rappresentare un infografica: • • • • • • • •

mostrare i dati; Indurre il lettore a pensare alla sostanza piuttosto che alla metodologia, al progetto grafico, alla tecnologia di produzione; evitare di distorcere quello che i dati devono dire; rendere coerenti vasti archivi di dati; Incoraggiare l’occhio a cercare il confronto tra differenti classi di dati; Rivelare i dati a vari livelli di dettaglio, dal colpo d’occhio generale alla struttura più sottile; Seguire uno scopo ragionevolmente chiaro: descrizione, esplorazione, intabellamento o decorazione; Essere strettamente integrata con le descrizioni statistiche e verbali dell’archivio di dati2.

Per Tufte il minimalismo e l’efficienza sono dei pilastri per raggiungere lo scopo dell’eccellenza grafica: • • •

L’eccellenza grafica è la presentazione ben congegnata di dati interessanti – una questione di sostanza, statistica e pianificazione. L’eccellenza grafica consiste in idee complesse comunicate con chiarezza, precisione ed efficienza. L’eccellenza grafica è ciò che offre all’osservatore il numero maggiore di idee nel minor tempo, con la minor quantità di inchiostro e nello spazio più limitato3.

Definisce questo principio di efficienza come rapporto dati-inchiostro: gli elementi necessari per l’integrità della presentazione rimarranno, quelli che costituiscono la decorazione possono anche essere eliminati perché superflui e potrebbero compromettere l’attenzione del lettore. Per evitare di rappresentare informazioni ridondanti e inutili sul grafico, Tufte definisce un criterio molto semplice sulla massimizzazione dell’inchiostro utile:

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Edward R. Tufte, The Visual Display of Quantitative Information, p 13 Edward R. Tufte, The Visual Display of Quantitative Information, p 51

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L’obiettivo è eliminare gli elementi non essenziali, l’uso di ornamenti inutili o di prospettive superflue non rende i grafici stessi più attrattivi, anzi, non fa altro che distogliere l’attenzione da ciò che il grafico vuole comunicare. Pertanto andrebbero sempre evitati quei grafici che, invece di illustrare dati, sono delle mere composizioni artistiche. Quella di Tufte è una vera e propria guerra tra le fazioni di chi predilige un approccio scientifico e professionale che ponga particolare attenzione alla funzionalità del grafico, e chi da maggiore importanza all’aspetto estetico ed emotivo. In Envisioning Information, definisce i pittogrammi e le illustrazioni presenti nei grafici e nelle mappe come chartjunk (ciarpame da grafico). Dietro il chartjunk si cela un disprezzo sia per l’informazione, sia per il pubblico. I fautori del chartjunk immaginano che i numeri e i dettagli siano noiosi, barbosi e tediosi, e che necessitino di ornamenti per vivacizzarsi. La decorazione cosmetica, che spesso distorce i dati, non compenserà mai una carenza di base nei contenuti. Se i numeri sono noioisi, allora avete quelli sbagliati (..) Peggio ancora è il disprezzo per il nostro pubblico, lavorare come se i lettori fossero ottusi e incuranti. Al contrario, i consumatori di infografiche spesso sanno gestire le informazioni disponibili con più intelligenza di quelli che fabbricano la decorazione dei dati (…) Il presupposto etico per operare nell’information design dovrebbe essere che i nostri lettori sono svegli e interessati; possono avere da fare, essere ansiosi di passare oltre, ma non sono stupidi4.

Inoltre Tufte elenca degli esempi di chartjunk ogni visualizzatore dovrebbe evitare: • L’effetto moirè. Occorre evitare gli effetti fastidiosi dovuti all’interazione tra l’alternanza di linee chiare e scure e la fisica della visione umana. Le “vibrazioni” provocate dalla campitura a strisce della superficie del “Nord” non sono piacevoli. L’effetto di rottura dato dalla fascia di punti per il Centro crea una discontinuità inutile. Secondo Tufte, il rumore (ma sarebbe meglio dire il fracasso) con cui tali trame si pongono sulla scena rende un cattivo servizio alla rappresentazione. 40

4 Edward R. Tufte, Envisioning Information, p.34


• Le griglie. Tufte (1993, pp. 112-113) sostiene: la griglia può servire nella bozza del grafico e non nella pubblicazione finale. Grosse linee che attraversano il disegno rubano l’attenzione ai dati, non sono portatrici di informazioni utili ed inducono riflessioni non centrate sull’oggetto della rappresentazione. • La terza dimensione Secondo Tufte (1983, p. 71) l’uso di due (o tre) dimensioni per presentare fenomeni univariati è una scelta debole ed inefficiente e malissimo impiegata per rilevazioni poco numerose; peraltro, contiene spesso errori di rappresentazione e dà adito ad ambiguità di percezione: il grafico deve avere una dimensionalità congrua ai dati su cui si basa. Tufte (1983, p. 118) osserva che la grafica basata sui falsi rilievi -di gran moda nella grafica statistica- abbonda nelle relazioni finali agli azionisti, gli pseudo studi statistici presentati negli spot e dai media, e nei più stravaganti sondaggi d’opinione. Pur essendo rigide, le regole di Tufte imponevano il buon senso in un periodo in cui l’apparire prevaleva sulla funzionalità, e il figurativo predominava sull’intellettuale, ma hanno comunque dato al campo dell’information design dei principi che aiutano i grafici e gli statistici a produrre al meglio le infografiche. Nelle pagine seguenti verranno indicati degli esempi sulle tipologie di infografiche esistenti.

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2.2

NIGEL HOLMES UMORISMO E FUNZIONALITÀ Un information designer che punta a divertire e informare il suo pubblico.

Dal lato scientifico abbiamo visto come Edward Tufte, affrontava l’approccio alla progettazione di information design con regole molto rigide, talvolta troppo restrittive, criticando designer e artisti, per i metodi utilizzati nella produzione delle loro infografiche. “Ogni capitolo dei suoi libri consiste in discussioni, messe insieme alla meglio, sui meriti di particolari rappresentazioni”1. Con queste parole nel 2006 John Grady, professore del Wheaton College, critica la metodologia dei suoi principi astratti applicati al mondo reale. Tufte non indica mai se le sue regole sono basate sulla ricerca o sulle sue personali riflessioni, la scelta di puntare all’estremo minimalismo, non è solo una scelta razionale ma anche estetica. La formula dati-inchiostro, non sempre facilita la comprensione del lettore: le risorse che Tufte indica come inchiostro non impiegato per dati, come le griglie o le icone che identificano l’argomento trattato dal grafico, potrebbero non essere superflue. Diversi studi accademici hanno verificato le ipotesi di Tufte, facendo emergere che talvolta, anche i cosiddetti chartjunk, non sono 46

1 Luc Pauwels, Visual Culture of Science (Hanover, NH: University Press of New England, 2006), pp.222-265.


soltanto elementi superflui all’interno delle infografiche, ma aiutano il lettore a ricordare l’immagine che visualizza. In un’indagine della University of Saskatchewan (Canada) del 20102, 20 studenti sono stati sottoposti a visualizzare vecchi grafici della rivista Time del noto designer e artista di infografiche Nigel Holmes, all’epoca direttore artistico del magazine, e la versione minimalista degli stessi (Figura 2.1).

Figura 2.1 Sopra il grafico creato da Holmes, in basso la versione semplificata 2 S. Bateman, R.L. Mandryk, C. Gutwin, A.M. Genest, D. McDine, C. Brooks. “Useful Junk? The Effects of Visual Embellishment on Comprehension and Memorability of Charts,” (New York: ACM, 2010).

47


Diviso in tre fasi, lo studio si è servito prima di dispositivi che registrassero i movimenti ottici degli studenti quando visualizzavano i due grafici, nella seconda fase è stato proposto un questionario sui contenuti dei grafici, dove gli utenti erano interrogati su quale fosse l’argomento centrale, quali fenomeni e variabili mostrasse, i cambiamenti che evidenziava e se il grafico presentasse in maniera oggettiva le informazioni o se l’autore esprimeva opinioni sui contenuti. Nella terza fase, i ricercatori hanno testato la capacità di ricordare ciascun grafico a breve e a lungo termine; divisi in due gruppi omogenei, il primo è stato esaminato cinque minuti dopo aver visualizzato il grafico e l’altro tre settimane dopo; entrambi i gruppi di partecipanti riuscivano a ricordare i contenuti e gli argomenti trattati nei grafici di Holmes. Il metodo teorico e scientifico di Tufte, non sempre è la migliore strada da percorre per quello che si vuole trasmettere all’utente, Holmes con i suoi grafici “coarse”(grossolano, aggettivo che Tufte attribuisce ai lavori di Holmes) e pieni di “chartjunk”, riesce ad emozionare il lettore aiutandolo a ricordare i contenuti dei suoi grafici.

48

Figura 2.1 Grafico di Niegel Holmes per la rivista Time.


L’influenza di Tufte nell’ambito di visualizzazione dati e infografiche, ha spinto molti ad adottare uno stile freddo, serioso e privo di qualunque aspetto grafico, che non aiuta a ricordare e ad emozionare gli utenti. Donald A. Norman in Emotional Design (2003), afferma che le cose belle sono più funzionali, un oggetto che ci trasmette sensazioni positive migliora anche la nostra capacità di utilizzarlo per raggiungere il suo scopo. Nigel Holmes aveva già anticipato questa idea, nei suoi primi scritti, sosteneva che umanizzare l’infografica e renderla umoristica, avrebbe attirato maggiormente l’attenzione di chi visualizza. In Designer’s Guide to Creating Charts and Diagrams (1984), emerge una critica diretta ai metodi minimalisti di Tufte, elogiando anche la parte umoristica delle infografiche: Se appartenete alla scuola di chi ritiene che i grafici debbano solo presentare statistiche nella maniera più chiara e lineare, senza nessun aiuto visivo per il lettore oltre, che per esempio, alla barra del grafico a barre, la linea del grafico della temperatura, il cerchio del grafico a torta, o le righe della tabella, saltate questa parte del libro. Finchè l’artista è cosciente che la funzione primaria è comunicare delle statistiche e rispetta questo dovere allora ci si può divertire (o fare i seri) con l’immagine, cioè la forma in cui quelle statistiche compaiono […] L’umorismo è un’arma potente del nostro arsenale visivo. Purché non ci sia malizia, far ridere le persone con noi, in genere, le aiuta a ricordare la nostra immagine e quindi lo scopo del grafico. Anche solo un sorriso incoraggerà il lettore a dare uno sguardo alle statistiche, se, difronte a un grafico con meno abbellimenti, non avrebbe pensato di farlo1.

Gli esempi che Holmes include nel suo libro, sono strutturalmente complesse perché linee e barre su illustrazioni, come la Figura 2.1, potrebbero generare distorsioni ingannevoli. Bisogna però ricordare che questi libri sono stati pubblicati circa trent’anni fa; oggi nei suoi più recenti libri Wordless Diagrams (2004) e The Lonely Planet Book of Everything: A Visual Guide to Travel and the World (2013) (Figura 2.2 e Figura 2.3), notiamo come lo stile di Holmes si sia evoluto, le illustrazioni nelle infografiche sono più sobrie e istruttive, e hanno mantenuto lo scopo di divertire l’utente.

1 Nigel Holmes, Designer’s Guide to Creating Charts & Diagrams (New York: Watson-Guptill Publications, 1984), pp. 72-76

49


50


Figura 2.2 Come chiudere un burrito. Contenuto in The Lonely Planet Book of Everything: A Visual Guide to Travel and the World pag 134-135

51


52


Figura 2.3 Dove sono le costruzioni piĂš alte del mondo?. Contenuto in The Lonely Planet Book of Everything: A Visual Guide to Travel and the World pag 174-175

53


2.3

LA RUOTA DELLA VISUALIZZAZIONE DI ALBERTO CAIRO “Se il graphic designer Nigel Holmes e il visualizzatore di dati Edward Tufte avessero avuto un bambino, il suo nome sarebbe stato Alberto Cairo”. Stephen Few, Author of Show Me the Numbers

Tra i due grandi poli opposti della data visualization, quello complesso di Tufte e quello comprensibile di Holmes, troviamo una figura fondamentale nell’ambito delle infografiche: Alberto Cairo, responsabile della creazione del dipartimento di infografica interattiva nella redazione di El Mundo, già direttore per le infografiche e la multimedialità ad Editoria Globo in Brasile, tra il 2005 ed il 2009, è stato docente alla scuola di giornalismo dell’università del North Carolina-Chapel Hill e adesso insegna Information Graphics and Visualization presso la School of Communication at the University of Miami. Nel suo libro L’Arte Funzionale infografica e visualizzazione dei dati (2013) conduce un attenta analisi su come dovrebbero strutturarsi le infografiche per mostrare una complessità di dati in modo semplice ed efficace, per lui, una buona rappresentazione deve soddisfare due requisiti fondamentali: presentare le informazioni e permettere agli utenti di esplorarle1. 54

1 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p. 113


Utilizza una ruota della visualizzazione (Figura 2.4), ispirata a una ruota analoga di Joan Costa2, suddivisa in due emisferi dove ciascuno contiene le proprie caratteristiche: nella parte superiore si definiscono le infografiche complesse per la cognizione dell’utente che le visualizza, nella parte inferiore invece quelle più comprensibili e superficiali, gli assi corrispondono agli aspetti da valutare quando si progetta un’infografica; prenderemo in esempio alcune delle sue infografiche contenute nel libro per capire meglio gli assi della ruota della visualizzazione3.

Figura 2.4 La ruota della visualizzazione

2 Costa, Joan. La esquemática: visualizar la información. Barcelona: Paidós,1998. 3 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p. 51

55


ASTRAZIONE-RAFFIGURAZIONE Una rappresentazione grafica più è fedele a una realtà materiale più è figurativa. Nella Figura 2.5, che rappresenta un’infografica sulla missione Cassini-Hyugens della NASA su saturno, l’illustrazione nella parte superiore somiglia all’oggetto che si intende spiegare, quindi il punto sull’asse tenderà verso la raffigurazione, nella schermata inferiore i pianeti sono ridotti a semplici punti colorati.

56

Figura 2.5 Infografica interattiva creata da Alberto Cairo per la Nasa. http://www.elmundo.es/elmundo/2004/graficos/jun/s4/cassini.html


DENSITÀ - LEGGEREZZA Lungo quest’asse la posizione che occupa un’infografica è legata alla quantità di dati presentati in relazione allo spazio utilizzato. Le due infografiche nella Figura 2.6, pur essendo simili mostrano differenti densità di dati, la prima molto densa la seconda molto leggera ma comunque informativa.

Figura 2.6 “Megarampa: gara di skateboard a San Paolo” e “Come la cappuccina bionda caccia le termiti”

57


58


Figura 2.7 Infografica sulle carceri brasiliane

59


FUNZIONALITÀ - DECORAZIONE L’asse fa riferimento agli elementi visivi che non vengono utilizzati per favorire la comprensione dei dati. In un’infografica di Cairo sul sovraffollamento delle carceri brasiliane, creata per la rivista settimanale Epoca (San Paolo, Brasile), dove indica il filo spinato come un elemento visivo non funzionale, ma decorativo. La decorazione non è negativa di per sé, ma, se non è gestita bene, può interferire con l’interlocutore4. Figura 2.7 MULTIDIMENSIONALITÀ – UNIDIMENSIONALITÀ Quest’asse misura il numero di livelli di approfondimento in cui un’infografica permette all’utente di addentrarsi e le diverse forme che utilizza per codificare i dati. Un esempio di multidimensionalità è la Figura 2.8 pubblicata dal New York Times, dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Il voto elettorale è rappresentato per densità di popolazione in cartogramma areale e in una mappa che impiega diversi colori e sfumature. ORIGINALITÀ – FAMILIARITÀ Sull’asse vengono assegnate infografiche che possono essere comuni per l’utente che visualizza, come i grafici a barre e i diagrammi a torta, o nuove forme grafiche che tendono a rappresentare l’informazione in modi alternativi. Un esempio di originalità è il theme river (stream graph), realizzato per Yahoo!, da Periscopic azienda che opera nel settore della visualizzazione. Il grafico mostra le parole chiave elaborate dal motore di ricerca in un intervallo di 30 secondi. Le dimensioni delle parole e lo spessore delle linee indicano il volume di occorrenza. In grigio sono visualizzate le parole spam. Figura 2.9 NOVITÀ- RIDONDANZA L’infografica far visualizzare più informazioni una sola volta (novità) o spiegare con mezzi diversi le stesse informazioni con mezzi diversi. La novità è importante per non annoiare il lettore, la ridondanza aiuta quando si vuol essere più chiari. La Figura 2.10 mostra un’infografica sulle onde giganti, la parte che mostra il testo che accompagna le onde, ripete alcune informazioni codificate nell’illustrazione, rafforzando il messaggio e chiarendo ciò che l’immagine mostra. 60

4 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p. 54


Figura 2.8 The New York Times (2004)

Figura 2.9 Stream graph realizzato da Pericscopic per Yahoo! (http://periscopic.com)

Figura 2.10 Le illustrazioni accompagnate da testo

61


Trovare il giusto equilibrio tra i vari punti della ruota quando si progetta un’infografica, non sempre è una cosa semplice; è importante capire come presentiamo le informazioni e se diamo la possibilità al lettore di esplorarle, sfruttare al meglio lo spazio che abbiamo a disposizione senza caricare il progetto di elementi che non aiutano chi visualizza. Un fattore comune nel mondo dell’infografica è che esse siano un mezzo per semplificare le informazioni, quest’idea spesso porta a generare visualizzazioni spropositate, prive di informazioni e poco profonde. Un esempio comune è applicare l’effetto 3D (Figura 2.11) a un grafico o a un diagramma a torta, anche se lo scopo è progettare qualcosa d’impatto per il lettore, esso può distorcere drasticamente le informazioni che presentiamo, e non permette di esplorare le indagini o riflessioni su ciò che viene mostrato. La bellezza se pur importante nel mondo della visualizzazione di informazioni è secondaria, se paragonata alla costruzione di una struttura che la mente possa comprendere, Stephen Few, uno dei maggiori esperti nel settore, professore presso l’Università della Califormia di Berkely, autore di libri che nel campo infografico sono paragonabili ai manuali di Tufte, fa notare: Rendere bella la visualizzazione dei dati in una maniera che danneggia l’integrità di questi ultimi gioca sempre a nostro sfavore. Anche quando l’informazione non è compromessa, la bellezza può ugualmente giocare a nostro sfavore attirando l’attenzione sulla grafica della visualizzazione piuttosto che sull’informazione che cerca di comunicare. (…) La bellezza non è lo scopo della visualizzazione, e in genere non è necessaria per raggiungere lo scopo (…) Ricordate che lo scopo è dare lumi5.

62

5 Stephen Few, “Should Data Visualizations Be Beautiful?”, 1° Febbraaio 2012, post del blog, Perceptual Edge.


Figura 2.11 Applicare l’effetto 3D a un grafico può distorcere le proporzioni.

63


64


3

FORMA E FUNZIONE

65


3.1

LA FORMA SEGUE LA FUNZIONE “ La forma segue sempre la funzione. È questa la legge.”. Louis Sullivan, The Tall Office Building Artistically Considered

Le infografiche sono mezzi per raggiungere scopi il cui obiettivo è quello di aiutare il pubblico a portare a termine determinati compiti. Affermando quindi che la visualizzazione è prima di tutto uno strumento, possiamo dire che la disciplina cui appartiene non è solo arte, ma arte funzionale. Diversamente da un’artista che esprime attraverso l’arte le proprie emozioni e il suo mondo interiore, chi progetta infografiche dovrà aspirare all’oggettività, alla precisione, alla funzionalità e alla bellezza. In molti casi nel settore della visualizzazione dei dati la funzione vincola la forma1. Partendo da questo concetto analizzeremo la forma e la funzione, e come nell’ambito della visualizzazione il rapporto tra di esse può essere ricco di sfaccettature. 66

1 Alberto Cairo, L’arte Funzionale, Milano - Torino , Pearson Italia, 2013 p. 26


DEFENSE IN SOUTH AMERICA An overview of the armed forces of countries around Brazil

254.2

Population (millions of people)

$

115

Defense budget

(billions of dollars)

Size of armed forces

(thousands)

$ 44.2

$

7.14

26

Prospects: Colombia will improve its armed forces in the next few years. It will invest 30 billion dollars to buy Brazilian

2.6

Prospects: Venezuela will keep buying Russian vehicles, such as

367.9

gunships. It will also buy several Kilo class submarines.

Spanish propelled rockets

VENEZUELA COLOMBIA

57

ECUADOR

$ 13.7

0.92

BRAZIL

PERU

$ 190

Prospects: Ecuador will not the near future

21.6

Prospects: building 250 Leopard tanks, and

BOLIVIA

It will also buy nondisclosed number of combat planes

114

46,1 $ 28.6

1.2

Prospects: Peru will invest in an upgrade of its airforce

65

CHILE

$ 9.1

ARGENTINA

Prospects: Bolivia will not the near future

76 $

16.3

4.6

Prospects: Chile will buy several A310 planes and Leopard tanks

21.6

$ 40.3

2.05

Prospects: Argentina has announced that it will

Figura 3.1 Gli equilibri di potere in america del sud

Sources: Folha de SĂŁo Paulo , Brazilian Center for Strategic Studies

67


La Figura 3.1 mostra un infografica intitolata “La difesa dei vicini: una panoramica delle forze armate dei paesi che ci circondano”, del quotidiano brasiliano Folha de Sao Paulo, che accompagnava un servizio critico spiegando come alcuni investimenti del paese non erano programmati bene e che alcuni degli stati vicini al Brasile avessero individuato meglio di cosa avevano bisogno per la protezione del loro territorio. Quando visualizziamo delle infografiche su un quotidiano, una rivista, un sito o un libro, dobbiamo cercare di individuare delle proprietà fondamentali per capire se la forma che assume sia funzionale a ciò che ci viene presentato: • • • •

68

presentare diverse variabili permettere confronti organizzare i dati mostrare correlazioni o rapporti

Di queste diverse variabili, l’infografica ne mostra solo uno in maniera soddisfacente, presenta molti dati ma non mostra il rapporto che hanno tra di loro rendendo impossibile al lettore di approfondire l’argomento. Se volessimo confrontare il numero delle popolazioni, o il budget stanziato per la difesa, dovremmo memorizzare i numeri e poi organizzarli nella nostra mente; la cartina geografica, non ha bisogno di essere l’elemento principale della composizione, occupa molto spazio per mostrare quali siano i paesi che confinano con il Brasile, riducendo lo spazio per poter organizzare i dati in modo da poterli confrontare; i militari sono rappresentati da dei pittogrammi ognuna delle quali equivale a 1.000 soldati, ma i simboli sono inutili se le barre formate dalle sagome non poggiano sullo stesso asse orizzontale, nella Figura 3.2 è mostrato come affiancando semplicemente le colonne dei soldati il confronto diventa più semplice e dato che le barre facilitano il confronto rispetto ad altri modi di codificare le variabili, è bene utilizzarle per rappresentare i nostri dati come nella Figura 3.3. Così come ci sono stati mostrati i dati, sembra che il Brasile sia il primo paese perché ha il maggior numero della popolazione, il numero di forze armate e il budget più alto rispetto agli altri stati. Queste variabili però non sono in correlazione tra di loro, codificano cifre assolute e non mostrano se il numero delle forze armate è direttamente proporzionale al numero della popolazione.


Figura 3.2 La collocazione delle barre sullo stesso asse orizzontale permette confronti più accurati.

Figura 3.3 I grafici a barre più tradizionali permettono una migliore visualizzazione dei dati

In questo caso è preferibile utilizzare una variabile derivata, ossia prendere il numero delle forze armate dividerlo per il numero della popolazione e moltiplicarlo per 1.000, ottenendo così il numero di soldati ogni mille persone. Possiamo fare lo stesso calcolando la spesa pro capite per la difesa o i soldi spesi per ogni dipendente delle forze armate come mostra la Figura 3.4, facendoci notare che paesi come Bolivia e Colombia sono più militarizzati rispetto al Brasile. IN ARMED FORCES Colombia

5.8

Chile

282.2

Chile

70.8

Bolivia

5.1

Colombia

161.5

Brazil

58.7

Venezuela

4.4

Brazil

113.7

Colombia

28.1

Ecuador

4.2

Venezuela

100.0

Argentina

27.0

Chile

4.0

Ecuador

61.2

Venezuela

22.6

Peru

4.0

Argentina

50.9

Ecuador

Brazil

1.9

Peru

41.9

Peru

10.5

Argentina

1.9

Bolivia

17.6

Bolivia

3.5

Figura 3.4 Le classifiche appaiono differenti quando codifichiamo con variabili derivate.

16.1

69


70

Figura 3.4 Le classifiche appaiono differenti quando codifichiamo con variabili derivate.


C’è anche la possibilità di mettere in correlazione i valori assoluti dei dati, in un’infografica riproposta da Alberto Cairo nel libro L’arte Funzionale (Figura 3.4), sull’analisi di questo caso di infografica sul Brasile, c’è una versione dal titolo “a different look at the data” che rappresenta gli stessi dati dei grafici a barre in un grafico a dispersione, mostrando che nella maggior parte dei casi non c’è un solo modo di codificare un particolare complesso di dati, ma che forma e funzione nelle visualizzazione vanno progettate in base alle domande che i lettori si pongono quando visualizzano un’infografica. Form follow Function (la forma segue la funzione), venne coniato dall’architetto Louis Sullivan, nel saggio The Tall Office Building Artistically Considered del 1896, questo è il passo più citato: Tutte le cose in natura hanno un foggia, cioè, una forma, delle sembianze esteriori, che ci dicono cosa sono, lo distinguono da noi stessi e tra di loro. Puntualmente, in natura, queste forme esprimono la loro vita interiore, le qualità innate dell’animale, dell’albero, dell’uccello, del pesce, e ce la presentano; sono così caratteristiche, così riconoscibili, che semplicemente diciamo che è “naturale” che sia così (…) È la legge insita in tutte le cose organiche e inorganiche, fisiche e metafisiche, in tutte le cose umane e sovrumane, in tutte le manifestazioni reali della mente, del cuore, dell’anima, che la vita è riconoscibile nella sua espressione, che la forma segue sempre la funzione. È questa la legge2.

Molti studiosi dell’arte contemporanea, dalla scuola del Bauhaus fino a luminari come Le Corbusier, abbracciarono l’idea di Sullivan cercando di incentrare qualunque progetto su chi ne fruisce e ancora oggi quest’idea viene presa in considerazione per la progettazione di edifici, software e prodotti. Per Sullivan la funzione è una proprietà intrinseca delle entità sia naturali sia artificiali, e la forma di una cosa è un indizio della sua natura. Se analizziamo in senso letterale il testo sopracitato, ci accorgeremo che il passo contiene una serie di credenze errate che ci aiuteranno a comprendere il rapporto tra forma e funzione nella visualizzazione.

2 Louis Sullivan, “The Tall OfficeBuilding Artistically Considered”, Lippincott’s Magazine, Marzo 1896.

71


Prendendo in considerazione questo passaggio: Tutte le cose in natura hanno un foggia, cioè, una forma, delle sembianze esteriori, che ci dicono cosa sono... Puntualmente, in natura, queste forme esprimono la loro vita interiore, le qualità innate dell’animale, dell’albero, dell’uccello, del pesce, e ce la presentano.

Potremmo ipotizzare, come hanno fatto i pensatori premoderni, che pesci e delfini appartengono allo stesso ordine animale perché la loro conformazione dei corpi è identica, o che ippopotami, elefanti e rinoceronti fanno parte della stessa “famiglia” perché in comune hanno la grossezza delle zampe o le tonnellate di massa corporea che ricoprono la loro pelle dura. Ma la scienza, e in questo caso la genetica, smentisce le apparenze. L’ippopotamo ad esempio discende dalle balene che si sono evolute per tornare dal mare alla terra ferma3. Anche nel mondo della tecnologia e della progettazione degli oggetti, la tesi di Sullivan non sempre può essere applicata: è vero che un cucchiaio ha la sua forma perché deve portare dei liquidi alla bocca e quindi compie la funzione attraverso la sua forma, ma se pensiamo ad esempio alla forma della rotella dell’iPod ci accorgiamo che non suggerisce affatto come dovrebbe essere usata naturalmente, ma che dobbiamo capire come utilizzare quella forma per la funzione che deve eseguire. In questo caso il rapporto tra forma e funzione va appreso e queste riflessioni ci mostrano come la legge di Sullivan non possa essere applicata rigorosamente. Un’altra teoria che ha influenzato il pensiero che “la forma segue la funzione”, fu quella di Jean-Baptiste Lamarck, uno dei primi scienziati che cercarono di descrivere l’evoluzione della specie, che nel 1809 pubblicò l’opera Philosophie zoologique. Egli propose una teoria scientifica chiamata “ereditarietà dei caratteri acquisiti”, esponendo che gli organismi fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Nel tentativo di sostenere questa teoria, propose l’esempio delle giraffe, sostenendo che inizialmente sarebbero esistite dei pre-giraffa con il collo corto; queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero riuscite a sviluppare collo e zampe ante72

3 Carl Zimmer, At the Water’s Edge (NewYork: Touchstone,1999)


riori e quindi ad avere organi adatti alle circostanze. Per i seguaci del lamarckismo la forma segue letteralmente la funzione. Negli studi successivi sull’evoluzione della specie, Charles Darwin nel 1859 pubblicò L’origine delle Specie, proponendo una teoria alternativa sostenendo che l’evoluzione non è andata avanti per l’acquisizione dei caratteri e abilità ereditari, ma la selezione naturale di tratti che aiutano un organismo a sopravvivere nel suo ambiente, per lui la funzione non determina la forma. Riprendendo l’esempio della giraffa4, Darin sosteneva che gli antenati delle giraffe vivevano in praterie e foreste e si nutrivano della loro vegetazione, ogni nuovo nato poteva avere il collo leggermente più corto o più lungo dei genitori a causa di mutazioni del suo DNA, egli non conoscendolo lo identificò con il nome di variazione. La siccità che aveva reso l’erba scarsa portò i pre-giraffa a reperire il cibo in zone più difficili, e chi aveva il collo più lungo ne avrebbe tratto vantaggio riuscendo a cibarsi delle foglie degli alberi e a godere di maggiore salute rispetto ai propri simili. In altre parole, il bisogno di arrivare più in alto (funzione) non ne ha imposto lo sviluppo di un collo più lungo (forma). Il collo più lungo è stato il risultato di mutazioni genetiche casuali che sono state selezionate dall’ambiente. Il natura, rapporto tra forma e funzione è molto più complesso di quello che pensava Sullivan. Casi come questi ci aiutano a capire come il rapporto tra forma e funzione sia bidirezionale. La forma non segue sempre la funzione, in molti casi è la funzione che segue la forma che prima seguiva un’altra funzione non correlata.

4 G.Mitchell e J.D. Skinner, “On the origin evolution and phyligeny of giraffes Giraffa camelopardalis”, Transactions of the Royal Society South Africa.

73


3.2

LA FUNZIONE VINCOLA LA FORMA “ Lo scopo dell’infografica e della visualizzazione di dati è quello di illuminare le persone, non per farle divertire, non per vendere prodotti, servizi o idee, ma per informarli.” Alberto Cairo, The Truthful Art: Data, Charts, and Maps for Communication

74

Nel capitolo precedente abbiamo visto come la funzione non necessariamente determina la forma, ma che la forma di deve dipendere dalle mansioni per cui dev’essere d’aiuto. Uno dei concetti fondamentali delle infografiche e della visualizzazione è che la forma deve essere vincolata dalle funzioni della nostra presentazione. I dati possono assumere più di una forma per permettere agli utenti di esplorare in profondità ciò che viene presentato, ma non possono assumere una forma qualunque. La scelta della conformazione delle infografiche non dev’essere basata solo su gusti o scelte personali, se definiamo bene gli scopi che l’artefatto deve comunicare la scelta delle forme che deve assumere diventerà meno vasta. Per esporre questo principio ci serviremo dell’infografica nella Figura 3.5, simile a un template utilizzato da molti quotidiani in Spagna per pubblicare mensilmente i dati del governo sulla disoccupazione. Presenta tutti i dati, e comprende un livello di informazione con tre diverse tonalità di colore rappresentando le regioni con tasso di impiego superiore, nella media e sotto la media, aggregandoli e offrendo una veloce panoramica dei dati.


Visualizzando la mappa, non possiamo intuire velocemente dove la disoccupazione è cresciuta di più, dove è scesa e la variazione maggiore o minore che hanno avuto le regioni. La nostra mente per comprendere i dati dovrà svolgere operazioni, memorizzare numeri e organizzarli dal più grande al più piccolo. I lettori in questo modo non avranno un quadro chiaro generale della situazione, non vedranno i dati messi a confronto e probabilmente si stancherebbero nell’esplorazione dell’infografica. Galicia

Percentage change compared to previous month

Asturias

Cantabria

Navarra

Castilla Madrid

CastillaLa Mancha

Extremadura

Baleares Comunidad Valenciana

Canarias Ceuta

Melilla

Murcia

Figura 3.5 Tassi di disoccupazione con due diverse tonalità di colore

La Figura 3.6, mostra invece come anticipare e ridurre al lettore le operazioni che stava svolgendo, presenta gli stessi dati organizzandoli dal più grande al più piccolo affiancati ad una mappa che indica come il tasso di disoccupazione si sta aggravando nel sudest della Spagna, offrendo al pubblico più opzioni per esaminare i dati.

Figura 3.6 Grafici a barre permettono migliori confronti

75


Il rapporto tra forma e funzione è stato anche definito in maniera concisa da Edward Tufte, in un’intervista rilasciata a Technical Communication Quarterly nel 2004: La validità di un grafico analitico presuppone la trasformazione di principi intellettivi in principi visivi. Perciò, se il compito intellettivo è capire la casualità, il principio grafico richiesto sarà: “mostra la casualità”. Se il compito intellettivo è rispondere a una domanda e confrontarla con dell’alternative, il principio grafico sarà: “Mostra i paragoni”. Il punto è che i grafici analitici non vanno definiti in base alla loro facilità d’uso per l’utente, o necessariamente alla loro leggibilità o a quello che ne pensano gli psicologi o gli arredatori; piuttosto, le loro strutture devono essere definite basandosi su come la struttura coadiuva la riflessione analitica sull’evidenza1.

Queste parole spesso non vengono prese in considerazione da parte di chi progetta infografiche. Una ricerca nel web della parola Infografics, produrrà migliaia di link che mostrano progetti in cui l’autore ha scelto la forma grafica non perchè sia funzionale con quello che deve mostrare, ma semplicemente per il proprio gusto grafico. Inoltre, una forma grafica di cui viene fatto un uso errato è il diagramma a bolla; Nel libro l’Arte Funzionale, Alberto Cairo propone una ricostruzione su un progetto reale della Bloomberg News che ci aiuta a capire come il lettore percepisce i cerchi quando visualizza le informazioni. Nella Figura 3.7 è mostrato il valore delle banche americane dal 2007 al 2009, dove i dati inseriti all’interno dei cerchi ci aiutano a capire e visualizzare all’istante che il valore di tutte le banche è crollato dal 2007 al 2008. Facendo analizzare a un pubblico il diagramma, l’autore del libro, propone una Figura 3.8, dove non sono presenti i dati numericamente ma si possono visualizzare soltanto le aree dei cerchi: il 70% del pubblico sapendo che il valore della prima bolla ammonta a 80 miliardi di dollari, stima che il valore del secondo cerchio relativo al 2009, è all’incirca 40 miliardi di dollari. Nella Figura 3.9 invece sono riproposti gli stessi valori ma in un grafico a barre, e rivela come il valore di Société Générale nel 2009 fosse circa un terzo di quello che era nei due anni precedenti.

76

1 Mark Zachary e Charlotte Thralls, “An interview with Edward Tufte”, Technical Communication Quarterly, 2004


Figura 3.7 Banche che si rimpiccioliscono come bolle.

Figura 3.8 Il 70% degli utenti percepisce l’area del cerchio piÚ scuro la metà del primo.

Figura 3.9 Le barre ci aiutano a percepire meglio le proporzioni

77


Le persone sovrastimano il diagramma a bolle perché la mente non riesce effettivamente a calcolare le aree delle superfici, ma riesce a confrontare meglio le dimensioni singole come la lunghezza o l’altezza. Nella Figura 3.10, il concetto è molto evidente, i lettori anziché confrontare le aree dei cerchi ne confrontano i diametri. Se volessimo applicare ciò che dice Tufte sulla trasformazione dei principi intellettivi in principi grafici, la Figura 3.12 potrebbe soddisfare le sue teorie, perché permette i raffronti e si concentra sui cambiamenti avvenuti nei due anni. Come abbiamo visto prima, la funzione non impone la forma, ma vincola le scelte che dobbiamo prendere quando progettiamo un’infografica, le forme dovrebbero essere scelte in base agli scopi che ci interessano. Se volessimo mostrare dei cambiamenti nel tempo sarebbe più opportuno usare un grafico della serie storica, un grafico a barre è più utile per confrontare i dati e un grafico a dispersione per mostrare le correlazioni (Figura 3.11); non sono delle regole rigide che impongono come progettare una visualizzazione, ma delle linee guida per permettere alle nostre infografiche di essere utilizzate dai lettori come uno strumento per raggiungere lo scopo per cui sono state progettate.

Figura 3.10 I lettori tendono a confrontare le altezze e non le aree.

255

80

300

215 165

200

Citigroup HBSC

120 26

2007

78

2008

2009

100

Citigroup HBSC

RBS

RBS

51

01

5

Figura 3.11 Tre tipi comuni di grafico: (da sinistra a destra) serie storica, grafico a barre e diagramma a dispersione


Figura 3.12 Un grafico che rappresenta i cambiamenti

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3.3

FUNZIONE ED EMOZIONE “ Ci sono azioni che tutti possiamo fare ogni giorno per cambiare la società per il meglio” Kim Rees Periscopic, Agenzia di Information Design

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Creando una visualizzazione il cui scopo è quello di comunicare, come abbiamo visto la funzione restringe la varietà di forme che i dati possono assumere. All’inizio dell’analisi dei dati il designer ha ovviamente a disposizione una varietà pressoché infinita di modelli visivi ed elementi grafici esistenti tra cui scegliere, ma in seguito li abbandona uno ad uno finché non rimane con due o tre forme che sono appropriate per il messaggio o la “funzione” che vuole comunicare. Il designer deve concentrarsi su cosa vuole che i tuoi lettori facciano con i dati, è un processo razionale e le decisioni sono basate su intuizioni relative a chi sarà il pubblico. La funzione, coincide in buona parte con l’obiettivo di una visualizzazione, che può essere descritto come “intrattenimento” o come la volontà di generare un’emozione. I dati possono anche essere utilizzati per veicolare un messaggio, dove l’autore può cercare di creare un’esperienza per raccontare una storia o fornire un forte impatto emozionale. Un progetto di Periscopic, un’agenzia americana che si occupa di


visualizzazione dei dati per aziende e che punta alla sensibilizzazione del pubblico tramite l’informazione, ha creato un’infografica interattiva dal titolo “U.S. Gun Deaths”, che mostra le uccisioni per arma da fuoco negli Stati Uniti avvenute nel 2010 e nel 2013. La schermata si apre con uno sfondo nero e due contatori posti in alto che rappresentano le persone uccise e gli anni rubati alle loro vite, un asse orizzontale mostra una linea temporale che va da 0 a 108 anni (Figura 3.13).

Figura 3.13 La schermata iniziale dell’infografica di Periscopic.

L’animazione comincia con una linea arancione sottile che forma un arco. Un’etichetta suggerisce che il percorso è la lunghezza della vita di una persona. Il suo nome è Alexander Lipkins. Improvvisamente, quando l’animazione raggiunge i 29 anni, si ferma e un punto cade sulla linea di base. Una vita è perduta. (Figura 3.14)

Figura 3.14 La linea arancione rappresenta la lunghezza della vita.

Da quel momento in poi, la linea diventa grigia rappresentando gli anni che Lipkins avrebbe potuto vivere, il suo viaggio interrotto dagli spari. Un istante dopo, dal lato sinistro partono centinaia, migliaia di linee che dall’arancione passano al grigio, i punti continuano a crollare, e i contatori continuano a crescere. (Figura 3.15 e Figura 3.16)

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Figura 3.15 L’animazione dell’infografica interattiva

Periscopic cominciò a lavorare su “U.S. Gun Deaths” subito dopo la sparatoria a Sandy Hook del Connecticut della scuola elementare in cui sono stati uccisi 20 bambini e sei adulti. L’agenzia chiese su Twitter se qualsiasi organizzazione o istituzione dei media erano interessate a pubblicare una visualizzazione sulla violenza delle armi. Kim Rees, una designer di Periscopic all’OpenVis Conference 20131:”Noi di solito lavoriamo per un cliente, abbiamo offerto di lavorare gratis, ma in questo caso nessuno è venuto a noi, così abbiamo deciso di farlo da soli. Vogliamo usare le nostre capacità di contribuire alla società, portando l’attenzione ai problemi rilevanti.” Periscopic ha utilizzato The Uniform Crime Report2, un archivio di dati raccolti dall’FBI sui crimini avvenuti negli Stati Uniti, e ha utilizzato anche informazioni provenienti da Slate, un magazine on-line che ha pubblicato un progetto speciale sui decessi per arma da fuoco. Poi, ha utilizzato i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per stimare l’aspettativa di vita di ogni persona e la causa più probabile della sua morte.

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1 Conferenza sulla visualizzazione dei dati nel web. https://openvisconf.com/ 2 Dal 1930 l’FBI raccoglie e archivia questi dati. https://ucr.fbi.gov/


Figura 3.16 I contatori delle persone uccise e degli anni rubati continuano ad aumentare.

Figura 3.17 Scansionando il Qr code si viene direttamente indirizzati al sito http://guns.periscopic.com/

Nella descrizione del progetto, Periscopic spiega: “In primo luogo abbiamo eseguito una previsione di età ponderata in base alla distribuzione per età dei decessi negli Stati Uniti. Usando questa età, abbiamo poi previsto un probabile causa di morte a quell’età. Non abbiamo potuto regolare per aspettativa di vita tra i gruppi demografici, in quanto non abbiamo ancora trovato i dati così estesi”. Scelte stilistiche (colore, tipo, animazione), sono state fatte per trasformare l’interattivo sia in un efficace strumento per l’analisi dei dati (i lettori hanno la possibilità di ordinare e filtrare per sezioni), che in una potente metafora visiva. Progetti come questo dimostrano che la visualizzazione dei dati, associate a storie di questo tipo, possono generare emozioni rese funzionali; tramite il Qr code posto nella Figura 3.17 si viene indirizzati al sito di U.S. Gun Deaths.

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