hzine - Kharrat/Garilli

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Vignelli

Spiekermann

Gadgetica

NYC Subway

Unimark

Anno I Marzo 2012

Design is one. Anni di studi e lavoro insieme alla fedele moglie Lella.

Helvetica sucks. Critiche all’Helvetica.

I gadget dedicati al font e dove trovarli.

Uno dei lavori più apprezzati di Vignelli.

Bob Noorda, Vignelli e altri 5 maestri fondano la “clinica del design”.


Valentina Redi direttore Sebastiano Garilli progetto grafico Samir Kharrat progetto grafico Danilo De Marco responsabile web copyright © 2012 tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore.

bibliografia Niggli Josef Müller-Brockmann Grid Systems in Graphic Designs One Pubblisher Vignelli A-Z Vignelli Longanesi & C. D. Baroni / M. Vitta Storia del Design Grafico sitografia http://it.todoroms.com http://4crediti.blogspot.com http://www.buraku.org http://www.ninjamarketing.it/ http://www.aiap.it/notizie/11905/20 http://www.italicnews.it http://www.aiap.it/ http://www.culturbis.it/

Questa rivista è composta in helvetica. Concepito da Eduard Hoffmann e disegnato da Max Miedinger nel 1957.


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Questo non è nemmeno il primo numero di Hzine, ma solo il suo annunciatore. A pensarci bene... quanto sudore per uno zero stampato in copertina, quale miglior rappresentante del fatidico nulla. Ma a pensarci ancora meglio, è davvero poi così orrendo il nulla? Chissà, in questo caro, arrugginito mondo, così pieno e rumoroso, forse non è la peggiore delle cose, l’assenza. Anche la nostra H nella lingua italiana assomiglia tanto a un’assenza. Così incompresa, nel suo mutismo, spesso minimizzata dalla collettività. Ci siamo allora presi la briga di diventare le sue corde vocali per dar voce a tutto quello che finora le è stato impedito di esprimere. Ricorda un po’ lo stato dell’arte, così misconosciuta, così appartata, come si avesse paura di fare la sua conoscenza. Eppure non uccide, non ferisce, non il corpo delle persone e non con armi fatte di metallo e polvere da sparo. Così veramente bella (accanto a lei, “bello” non è mai banale), così varia, così oscena. Fa male solo a chi non si aspetta di essere attaccato, ma è una fitta che fa presto a diventare riflessione. Ma sia ben chiaro, è prima di tutto per noi che stiamo facendo tutto questo, non siamo apostoli di nessuno, eccetto che di noi stessi. Lucia Grassiccia, Valentina Redi

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Spiekermann

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Helvetica sucks

Gadgetica

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Oggetti quotidiani con lo spirito dell’Helvetica

Vignelli: design is one

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Anni di studi e lavoro insieme alla fedele moglie Lella.

New York City Subway

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Alla scoperta di uno dei progetti grafici più importanti al mondo.

Unimark

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Bob Noorda, Vignelli e altri 5 maestri fondano la “clinica del design”.

Movies Books

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Contest

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Helvetica il font onnipresente 55 anni dalla nascita del font disegnato da Max Miedinger

di Mario Rossi Nel 1956 Hoffmann, direttore della Haas, decise di creare un nuovo carattere sans-serif per salvare la sua fonderia dall’imminente fallimento che di lì a poco sarebbe stato causato dal successo globale del carattere Akzidenz Grotesk, della concorrente stamperia H.Berthold AG.[2] Incaricò Miedinger, un ex impiegato commerciale della Haas, e ora disegnatore freelance, di disegnare un set di caratteri sans serif da aggiungere alla loro linea. Il risultato fu dapprima denominato Neue Haas Grotesk, ma il nome fu successivamente cambiato in Helvetica (derivato da Helvetia, il nome latino per la Svizzera), quando le società tedesche Stempel e la Linotype introdussero sul mercato la serie completa di caratteri nel 1961.[3][4] Introdotto nel bel mezzo di un’onda rivoluzionaria nel campo del lettering, la popolarità del carattere svizzero fece presto breccia nelle agenzie di pubblicità che vendettero questo nuovo stile di disegno ai loro clienti; l’Helvetica così comparve rapidamente nei marchi corporativi, nel signage per i sistemi di trasporto, nelle stampe d’arte ed in altri innumerevoli campi della comunicazione. Nel dicembre 1989, grazie all’intervento di Massimo Vignelli, divenne il carattere tipografico ufficiale per l’intera segnaletica di New York, dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città, vincendo la sfida contro l’allora preferito Standard (Akzidenz Grotesk)[5] L’inclusione, nel 1984, nei font di sistema Macintosh confermò la sua diffusione anche nella grafica digitale.

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You can say, “I love you,” in Helvetica. And you can say it with Helvetica Extra Light if you want to be really fancy. Or you can say it with the Extra Bold if it’s really intensive and passionate, you know, and it might work. Massimo Vignelli

And I think I’m right calling Helvetica the perfume of the city. It is just something we don’t notice usually but we would miss very much if it wouldn’t be there. Lars Müller

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La tavola periodica dei caratteri tipografici C’è quella degli elementi naturali, perchè non creare quella dei font?

di Mario Rossi Vi ricordate la Tavola Periodica degli Elementi? Ideata dal chimico russo Dmitrij Mendeleev nel 1869, rappresenta lo schema con il quale vengono ordinati gli elementi sulla base del loro numero atomico Z. Noi invece vi presentiamo la Tavola Periodica dei Caratteri Tipografici, ovviamente ispirata a quella di Mendeleev, qui troviamo divisi per famiglie e classi i gruppi di font tipografici più popolari: sans-serif, serif, script, blackletter, glyphic, display, grotesque, realist, didone,

garalde, geometric, humanist, slabserif e misti. Creata da Camdon Wilde, designer per lo studio Squidspot, quest’idea rappresenta sicuramente l’incontro tra intuito, riflessione e creatività, un punto di partenza per chiunque voglia approfondire l’argomento. Questa tabella elenca in particolare 100 dei tipi di carattere più popolari, influenti e noti. In ogni cella è presente il font, il designer che l’ha progettato e l’anno in cui è stato creato. La classifica, stilata

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attraverso delle statistiche, ordina e integra diverse opinioni. Inoltre grazie all’enorme successo avuto, lo studio Scribble On Everything ha deciso di farne dei poster, ma anche degli stickers per poter rendere al meglio questa creazione. E se siete tra quelli amanti delle famose agende Moleskine, Engrave your Book ha curato e creato la cover per moleskine con la stessa tavola.

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Erik Spiekermann, born 1947, studied History of Art and English in Berlin. He is information architect, type designer (ff Meta, ff MetaSerif, itc Officina, ff Govan, ff Info, ff Unit, LoType, Berliner Grotesk and many corporate typefaces) and author of books and articles on type and typography.

di Mario Rossi Naturalmente, sono ammalato di tipografia, una malattia incurabile, se non mortale. Non saprei spiegarla, solo che mi piace guardare i caratteri. Un vero carattere, ha bisogno di avere ritmo, di avere contrasto. Discende dalla scrittura a mano. È per questo che io posso leggere la tua calligrafia, e tu puoi leggere la mia. E sono sicuro che le nostre calligrafie sono lontane anni luce dall’Helvetica o da qualsiasi cosa che potrebbe essere considerata leggibile. Ma possiamo leggerla, e capirla, perché c’è un ritmo, un contrasto. L’Helvetica non ha niente di tutto questo. Perché è ancora così popolare dopo 50 anni? Non lo so. Perché il cattivo gusto è dappertutto? No, in effetti era un buon carattere per quel periodo. Rispondeva a una necessità. Adesso, però, è diventato una specie di luogo comune, in parte a causa della diffusione del computer, che ormai dura da vent’anni i PC, intendo era il carattere di default sul Macintosh e

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Spiekerman: helvetica sucks

Critiche all’Helvetica

diventò di default su Windows che copiò tutto quello che aveva fatto Apple, come sai. E probabilmente non verrà più abbandonato. Perché è ovunque, è un default, è come l’aria hai presente? C’è, non si può scegliere. Si deve respirare, e quindi si deve usare l’Helvetica. Si porta dietro uno stile, come ogni carattere. Ha un certo...è come una persona. Se hai un po’ di pancia, non te ne vai in giro con una maglietta

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aderente. Sembreresti uno scemo e l’Helvetica ha la pancia. Quindi ha un certo... ha bisogno di avere dello spazio attorno, un sacco di spazio bianco si deve scegliere con cura il giusto grado di peso e ha anche bisogno di molto spazio sui lati. Allora, diventa molto leggibile, però se reso molto piccolo e stretto, e leggero come fanno i designer moderni, allora diventa assolutamente un incubo. Non lo direi se non ci avessi provato.


Perché tutte le lettere... un po’ l’ideologia svizzera. Chi lo ha disegnato ha cercato di rendere tutte le lettere uguali. Hello? Hai presente? Queste non sono più persone, è un esercito. Un mucchio di gente che hanno tutti in testa lo stesso cazzo di elmetto. Non favorisce l’individualità e lo scopo della tipografia è quello di rendere le cose abbastanza singolari da essere interessanti, ma naturalmente, il 95% di qualsiasi alfabeto deve assomigliare agli altri altrimenti, non riusciresti a leggerlo. Sono sempre in orario, ma un anno in ritardo, hai presente? Però, un anno dopo spacco il secondo. E quindi ho questo difetto, che esce fuori nei caratteri che progetto, non sono mai perfetti, hanno sempre qualche spigolo grezzo. Nel senso che quando mi hanno annoiato smetto di lavorarci. So che c’è gente che mi odia, che non userebbe un mio carattere neanche in un milione di anni, e, viceversa, gente che userebbe qualunque carattere disegnato da me non perché sia buono o particolarmente adatto a un certo scopo, ma solo perchè l’ho fatto io. Lo facciamo tutti. Ci sono gruppi di cui compro ogni CD che esce; alcuni sono una schifezza. Ma li compro lo stesso, perché ho sempre comprato i loro CD. Li ho sempre comprati. O la loro musica. Perché la gente compra certe cose? Perché il marchio li attrae. E i caratteri sono un marchio. Ti rivolgi a un pubblico, gli dici “questo è per voi” usando un certo tono di voce tipografico. Il marchio Marlboro, lo riconosci da lontano perché usano un carattere che usano solamente loro. Puoi comprarlo, io ce l’ho. Si chiama Neo Contact, chiunque può comprarlo. Però Marlboro lo ha reso il proprio carattere. E puoi riconoscere da lontano una pubblicità della Marlboro per via di uno stupido carattere. Se avessero usato l’Helvetica... Ehi? Non funzionerebbe proprio.

Gadgetica Oggetti quotidiani con lo spirito dell’Helvetica di Mario Rossi Un amore innato quello fra i graphic designer e l’Helvetica. Il font più amato, e forse anche quello più odiato (Vedi articolo su Spiekermann) dai Graphic Designer di tutto il mondo viene spesso celebrato con degli oggetti di vita quotidiana che prendono spunto dalle forme del noto carattere. In questa pagina alcuni degli articoli che più hanno attirato la mia attenzione fra la miriade di oggetti disponibili e in vendita on-line. Se ad esempio amate il poker ma non rinunciate a un mazzo di carte ben progettato e soprattutto composto in Helvetica non potete farvi mancare il numero 1 http:// goo.gl/nCTpB se invece amate il riposo non potete non scegliere il cuscino 2 http://goo.gl/v4na6 o la sedia disegnata da Shiro To Kuro http://goo.gl/v4na6. Infine se siete degli sportivi, da oggi potrete andare in giro con uno skateboard che faccia capire a tutti che siete dei designer che amano l’Helvetica http://goo.gl/uFx9d

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Massimo Vignelli con la collaborazione della moglie Lella, attraverso la Vignelli Associates, si è occupato di graphic design, ha curato l’immagine grafica di importanti industrie, di prodotti, ha progettato svariati oggetti, interni e segnaletiche ambientali.

di Mario Rossi Architetti e Designer (Lella nata a Udine nel 1931, Massimo nato a Milano nel 1931). Lella si laurea a Venezia e si specializza negli Stati Uniti, Massimo, cofondatore dell’adi, partecipa all’attività della triennale di milano. Nel 1960 aprono uno studio di architettura e design a Milano per occuparsi di grafica, immagini coordinate, segnaletiche, ecc. lavorano per Knoll International, Poltronova; Nel 1966 fondano la Vignelli Associates e si trasferiscono definitivamente a New York. Massimo Vignelli il nostro motto è proprio the things you not find, design. Ciò che non trovi, disegnalo. Non è che si disegna per partito preso. Si disegna quando ci serve una cosa particolare che non si riesce a trovare. Massimo Vignelli cerchiamo sempre di far capire che non è l’apparenza che conta, è l’essenza. Bisogna modificare, bisogna agire sull’essenza di una industria... questo è anche divertente perché, in fin dei conti, fa parte del grande mito o della grande utopia del movimento moderno, verso il quale noi ci sentiamo fortemente legati. E lo siamo sempre stati, anche in questi miserandi ultimi vent’anni del post modernismo e di vari camuffamenti formali. Lella Vignelli vede che feroce? Massimo Vignelli grazie a dio, proprio come i cinesi sulla sponda del fiume, siamo vissuti abbastanza per vedere questi movimenti passare, così velocemente, con la corrente dell’acqua. Per fortuna, dobbiamo dire che in questo momento c’è una specie di rinascita e di interesse verso l’essenza delle cose, verso l’essenza delle forme. Quindi, il minimalismo, al quale noi siamo sempre stati vicini, sembra ritornare a galla. Purtroppo, ho l’impressione che possa venir frainteso come moda, anche perché la moda si è interessata al minimalismo in questo momento. E sono sempre molto contrario alle mode. Noi siamo sempre contrari alla obsolescenza, al concetto di obsolescenza, che troviamo

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immorale e disonesto: è legato al profitto di per sé. Quindi speriamo che questa attenzione verso il minimalismo non sia una moda, ma sia un frutto di una presa di coscienza verso l’assurdità del consumo. Massimo Vignelli gli stati uniti sono abbastanza indietro sul piano del design. In certi campi sono molto avanzati rispetto a certi altri, evidentemente. In italia il design fa parte del tessuto culturale della nazione. In america, invece, è ancora inteso come un incentivo alle vendite. Ed è lì il disastro. È lì che vien fuori il disastro. D’altra parte è quello che ci fa forza sempre e che ci incoraggia a combattere, per cui ci sentiamo molto più motivati negli Stati Uniti, dove c’è una battaglia da portare avanti, piuttosto che in italia dove, più o meno, di designer è strapieno. Lella Vignelli e anche, negli stati uniti non c’è questa coscienza comune del design, diciamo. Perché qui veramente l’uomo comune, la donna comune sanno che cos’è il design. Ci sono un sacco di riviste, anche a livello medio, eccetera, che parlano di design. Mentre là assolutamente questo non esiste, per cui c’è una grossa carenza anche nel capire - e anche nell’industria - nel capire la necessità dell’integrazione del design nella produzione e non all’ultimo momento, facendo così un piccolo abbellimento. Lella Vignelli il computer è veramente uno strumento fantastico, perché si può fare un progetto con una persona, invece che con cinque come si faceva una volta, mandando fuori in tipografia, rincollando, rimandando fuori, eccetera, eccetera. Quindi, è veramente un controllo immediato. Massimo Vignelli mai nella storia della tipografia c’è stata la possibilità di fare una tipografia più bella, come oggi. Purtroppo, invece, cosa succede? Che viene usata proprio per il fatto contrario. La tipografia viene completamente trasformata, compressa, estesa, eccetera, eccetera. È incredibile cosa sta succedendo in questo campo, in questo momento, con un mezzo che avrebbe potuto invece essere... Lella Vignelli usato bene... noi lo usiamo bene. Massimo Vignelli il designi italiano è spiritoso, divertente. È come gli italiani, d’altra parte. Il design di ogni paese rispecchia l’andatura del paese, c’è poco da fare, compresi i luoghi comuni. Il design tedesco è estremamente efficiente, estremamente a lunga durata, un pochino noioso a volte, però è molto serio. Il design italiano è estremamente brillante e, a volte, di poca durata. Però ci sono dei personaggi di grandissimo valore... Lella Vignelli e poi anche c’è il fatto che il design ha permeato tutto in italia. Perché vai all’upim e trovi delle cose di design. Cosa che non succede in america, insomma, per fare un esempio. Quindi, c’è questa grossa diffusione che è il fenomeno forse più importante che si sente, venendo dall’estero, del design italiano.

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In basso la collana senza fine, il manidesto per la Knoll International e il marchio progettato per American Airlines. A fianco la mappa della metropolitana di NY progettata nel 1972, il restyling del 2008 e come appare attualmente.


New York City Subway Alla scoperta di uno dei progetti grafici più importanti al mondo.

di Mario Rossi Essenziale e versatile è l’unico stile della metropolitana di NYC. Così una scelta grafica si fonde perfettamente con lo spirito di una città. La chiave di ogni sistema di informazioni è la sua chiarezza, la possibilità del venir compreso nel minor tempo possibile. Questo vale ancora di più per i cartelli di un luogo di transito come la metropolitana, in cui i passanti guardano rapidamente le scritte e le indicazioni che li guidano nel sistema di linee, fermate e stazioni. E poi ci sono la folla, il rumore dei treni in partenza, le pubblicità. Un buon design dell’informazione in questi casi diventa fondamentale. A volte succede addirittura che chi progetta cartelli e segnaletiche faccia così bene il proprio lavoro che le sue scelte finiscono per identificarsi con l’intera città. È

il caso di New York, della sua metropolitana e del carattere Helvetica, che dagli anni Sessanta prova a mettere ordine nel flusso costante e frettoloso di viaggiatori cittadini. Con il suo stile semplice, essenziale e versatile l’Helvetica si è ormai identificato con la città. Ad introdurlo è stato Massimo Vignelli con Bob Noorda, che già qualche anno prima aveva usato una carattere molto simile per semplificare la vita agli utenti della metro di Milano. Da allora l’Helvetica campeggia su treni, stazioni e binari della Grande Mela. Non solo, come riflette Alice Rawsthorn, columnist del New York Times, il carattere tipografico ha finito per fondersi con l’anima della città. Come tanti newyorkesi l’Helvetica è immigrato negli Stati Uniti dall’Europa: nato in un

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piccolo paese svizzero a metà anni Cinquanta, ha cambiato nome quando è sbarcato sotto la Statua della Libertà (prima si chiamava Neue Haas Grotesk) per venire incontro ai problemi di pronuncia statunitensi. Ma l’Helvetica non ha avuto vita facile. Prima di diventare l’unico stile ammesso underground ha infatti dovuto superare la frammentazione del sistema metropolitano di New York: le diversi linee sono state, per vari decenni, gestite da diverse compagnie e quindi con diversi codici grafici. Una volta finite le difficoltà però l’Helvetica è stato addirittura esposto al MoMA, il celebre museo di arte moderna. È ormai da inizio anni Novanta che la città ha definitivamente trovato il suo carattere.

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Unimark International Bob Noorda, Vignelli e altri 5 maestri fondano la “clinica del design”. di Mario Rossi Dagli anni Sessanta agli inizi dei Settanta, Unimark International è stata una agenzia di design e comunicazione globale, con 11 uffici in 5 paesi. L’uso moderno del design e successivamente del marketing ne ha fatto un riferimento noto e senza rivali, con clienti di livello planetario come Gillette, Jaguar, Knoll International, Olivetti, Pirelli, Ranx Xerox, Unilever, IBM, American Airlines e Ford. Unimark era riconosciuta per l’utilizzo di ogni innovazione tecnologica tanto da aver iniziato con i computer ben prima di chiunque altro. Con uno stile visivo unico, i designer di Unimark hanno avuto una fondamentale influenza per il nostro intorno avendo lavorato con alcuni dei brand più importanti, come del resto il loro approccio, le pratiche e le teorie sono ancora attuali. Una delle firme inconfondibili era l’utilizzo dell’Helvetica per le corporate identity dei loro clienti.

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Sono due documentari diretti da Gary Hustwit. Il primo è del 2007, parla della tipografia e del design grafico ed è incentrato, ovviamente, sul carattere tipografico del titolo, ossia l’Helvetica. Il secondo è un documentario del 2009 che parla del design degli oggetti di uso quotidiano e delle persone che stanno dietro a quegli oggetti. Entrambi i documentari in pratica parlano del nostro tempo e sono utili per capire alcuni concetti e alcune realtà che possono

sembrare scontate ma che invece sono il punto di arrivo (momentaneo) di un percorso iniziato forse con la rivoluzione industriale o forse ancora prima. A parte alcune sbandate nel sinistrosamente corretto (abbastanza inevitabili in questo settore), questi due film hanno il pregio di mostrarci “il dietro le quinte” degli oggetti materiali e non con i quali ci relazioniamo quotidianamente e la rivoluzione della semplicità e razionalità tipografica nella comunicazione scritta. Io che, in quanto fornitore delle materie prime che per antonomasia rappresentano la modernità e il design, faccio parte in modo molto laterale di questo mondo, mi rendo conto che non è semplice spiegare la poesia (derivata dallo studio di una soluzione) che può esserci dietro uno spazzolino o una sedia in plastica. Questi due film fanno poesia sulla modernità e ci inducono a riflettere sulla bellezza del tanto bistrattato presente.

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Objectified e Helvetica

Frutiger Il film-documentario di Anne Cuneo su Adrian Frutiger dal titolo “Schriftengestalter” (progettista di lettere, 54 minuti) nella sua versione in lingua italiana, consente di conoscerne meglio la filosofia e la metodologia progettuale da sempre allergiche alle mode, piuttosto concentrate sul miglior risultato possibile a beneficio degli utenti finali. Un personaggio la cui centralità nella storia recente della tipografia è anche nell’aver vissuto

in diretta e attivamente il passaggio dalle tecniche analogiche a quelle digitali che hanno profondamente trasformato i processi di riproduzione della scrittura. Nato il 24 maggio 1928 può essere considerato uno dei padri della tipografia moderna: autore di caratteri come l’Univers, il Frutiger, l’OCR-B, l’Avenir, ha seguito tra i vari progetti per le segnaletiche dell’aereoporto Charles De Gaulle e della metropolitana di Parigi.

Art&Copy Ecco quello che sembra destinato a diventare un piccolo oggetto di culto che tratteggia il mondo dell’advertising e la sua influenza sulla cultura americana, attraverso la storia di alcune celebri campagne e dei loro visionari ideatori, come Lee Clow (Apple e iPod) o Dan Wieden (Just Do It). Diretto dal videomaker Doug Pray (al suo attivo già diversi documentari, come Hype! sulla scena musicale di Seattle, o

Scratch! dedicato all’HipHop e alla DJ culture, solo per citare i più noti), il film raccoglie materiali girati nell’arco di quattro anni e promette dal trailer immagini suggestive. È stato finanziato da un’associazione non-profit newyorkese, The One Club, che si occupa di segnalare e promuovere l’eccellenza in ambito pubblicitario, e selezionato nella sezione documentari del Sundance Festival 2009.

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Da cosa nasce cosa: la ricetta di Bruno Munari

Symbols

Il metodo progettuale non è altro che una serie di operazioni necessarie, disposte in un ordine logico dettato dall’esperienza. Il suo scopo è giungere al massimo risultato col minimo sforzo. Progettare una torta caprese o la terrina in cui cuocerla, richiede l’uso di un metodo che aiuterà a risolvere il problema. La serie di operazioni del metodo progettuale è fatta di valori oggetti che diventano strumenti operativi nelle mani di progettisti creativi. Valori oggettivi sono, naturalmente, valori riconosciuti da tutti come tali. Il metodo progettuale non è qualcosa di assoluto e di definitivo; è qualcosa di modificabile se si trovano altri valori oggettivi che migliorano il processo.

I simboli giocano un ruolo fondamentale nell’identità visuale di un branding. Spesso e volentieri, i simboli vengono usati insieme ai logotipi, i due lavorano sinergicamente per illustrare i valori e le qualità di un marchio al suo pubblico. In questo libro troverete ogni simbolo accompagnato da didascalie e informazioni con sezioni intervallate da brevi casi di studio, ma caratterizzati da dettagli classici esempi di simboli ancora in uso ed esempi eccezionali di simboli progettati recentemente.

Catania è “Fieramente” Estetica popolare nel cuore della città.

di Pinella Leocata È l’equivalente del suk di Tunisi e di altre città mediorientali, luoghi che da turisti visitiamo, ma che, in casa, tendiamo a sminuire, a trascurare. E se a farlo è anche l’amministrazione, negando i necessari servizi, ecco che queste realtà tramandateci da generazioni si snaturano, decadono, lasciano spazio al sovrapporsi di nuovi insediamenti, come sta avvenendo con il prevalere delle bancarelle e delle merci cinesi. Questioni delicate che anche l’arte può contribuire a rimettere al centro dell’attenzione

e della programmazione pubblica. Ed è quello che fa l’Accademia di Belle Arti di Catania con il progetto «FieraMente» con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura del Comune. Una mostra che ha come sottotitolo: «Estetica popolare nel cuore di Catania». Il «Mercato del Lune è una straordinaria testimonianza della cultura popolare siciliana e delle sue articolate radici che abbracciano le sponde del Mediterraneo», sottolineano i promotori della mostra Salvo Russo e Gianpiero Vincenzo, docenti

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dell’Accademia di Belle Arti. Gli allievi dell’Accademia hanno rilevato un’altra caratteristica importante del Mercato di piazza Carlo Alberto, quella di essere in «forte controtendenza rispetto al progressivo inaridimento dei rapporti personali e alla massificazione e mercificazione estetica che caratterizzano sempre più le società moderne». Dal punto di vista estetico, poi, segnalano «numerosi e sorprendenti esempi di rielaborazioni kitsch e d’arte popolare.


books Helvetica Forever

Müller-Brockmann - Grid systems in Graphic Designs

Eduard Hoffmann nel 1950 decide di introdurre un nuovo tipo di carattere sans serif nel mercato svizzero dando inzio ad uno dei progetto di maggior successo della sua lunga carriera. Interessante il quaderno di Eduard Hoffmann in cui incollava tutte le prove che erano rilevanti per la genesi del Neue Haas Grotesk e poi Helvetica. Ha documentato ogni singola fase di sviluppo per ciascuna lettera, numero, e carattere speciale in tutti i pesi disponibili. Come in un diario dal 16 novembre 1956 fino al 21 luglio 1965 ha datato ogni voce, preso atto del parere di terzi, ha richiamato le modifiche desiderate, e regolarmente confrontati i risultati con il “fratello-rivale” Grotesk Akzidenz.

Da un professionista per i professionisti, ecco la parola definitiva sull’uso dei sistemi di rete nella progettazione grafica. Anche se Muller-Brockmann primo ha presentato la sua interpretazione della rete nel 1961, questo testo è ancora oggi utile per tutti coloro che operano nella più recente progettazione assistita da computer. Un manuale di comunicazione visiva per i progettisti grafici, tipografi e tre designer dimensionale. Considerato da molti come il libro definitivo sui sistemi di rete. Questo libro è un must per ogni designer. Dal concetto di istruzione, questo libro copre tipografia attraverso i sistemi di rete utilizzati nella progettazione 2D e 3D.

Contest Sculture per un Museo L’Associazione culturale Montemaggiore Arte organizza il X° Concorso Internazionale di scultura “Sculture per un museo” con la finalità di selezionare durante la mostra, una o più opere da installare nel percorso parco del museo di sculture all’aperto localizzato sul Montemaggiore . Dead-line 14.04

Celeste Prize 2009 Concorso per l’arte contemporanea in cui gli artisti decidono chi vince! 40.000 Euro di premi in 5 catego- rie: Painting, Photography & Digital Graphics, Instal- lation & Sculpture, Video & Animation, Live Media. Mostra finale e consegna dei premi a Berlino, Ger- mania, fine Settembre 2009. Dead-line 31.03

Textile Design contest La terza edizione del Textile Design Contest propone ai suoi partecipanti la pro- gettazione e il disegno di un tessuto che sia in grado di valorizzare ed esaltare le peculiarità del filato im- piegato; non solamente dunque la proposta di un tessuto ma la sintesi di un intero percorso creativo. Dead-line 01.04

Premio Targhetti Light Art Il tema dell’edizione 2009 del premio indetto dalla Fondazione Targetti è: l’utilizzo della luce artificiale come strumento espressivo e contenuto pri- mario di un’opera d’arte. AI vincitori andranno 10.000 €, inoltre avrà la possibilità di collaborare con i tecnici specializzati di Targetti Dead-line 04.04

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MacBook Air Ăˆ leggero e sottile. Eppure è un duro

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