A caccia di rane nei fossi - Rosa Manara Gorla

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A caccia di rane nei fossi Nei mesi primaverili, come hanno fatto per decine di milioni di anni, le rane si risvegliano dal letargo e inizia, o meglio iniziava, un simpatico gracidio nei fossi e nelle acque tranquille dei canali della regona cividalese. Oggi questo “canto” non si sente più. Uccelli da palude come gli aironi, le nitticore e altri uccelli, i diserbanti usati dagli agricoltori, il cambiamento climatico, hanno cancellato totalmente la presenza di rane e pesci. I fossi, alimentati di acqua sorgiva pullulavano di tinche, lucci, orate e naturalmente le rane. Oggi, per parlare di rane e pesci si è costretti agli “amarcord”! A caccia di rane ci sono andata anch’io. Avevo 13, 14 anni, erano i primi anni Sessanta e mi ricordo benissimo di questa singolare esperienza, specialmente per una ragazza. Una sera di primavera mio cugino Carlo decise di portare sua figlia Paola e me a caccia di rane nei fossi e nel canale, nei pressi della cascina Lame. In primavera bisognava coprirsi per non prendere freddo, d’estate per difendersi da zanzare e insetti vari. Bisognava conoscere le lune per assicurarsi di fare un buon bottino. Era insomma una scuola di vita, una scuola dell’arrangiarsi e del sopravvivere, e poteva capitare di incontrare altri giovani ragazzi sullo stesso percorso. Di giorno era quasi impossibile catturarle e di notte, se non c’era la luna bisognava abbagliarle, accecarle con una luce potente fornita da una lampada a carburo, una luce fredda, azzurra, intensissima. Una volta abbagliata la rana, con un gesto fulmineo veniva catturata e infilata ad uno strumento di filo di ferro o messa in un piccolo sacco di iuta. A me quella sera fu affidato il sacco, e mentre anche Paola le catturava con una velocità impressionante, suo padre teneva la lampada puntata sulla povera ranocchia. Bisognava camminare con passo felpato e in silenzio. Il minimo rumore le faceva scappare. Il passaggio dell’anfibio, una volta catturato, avveniva con soggezione, la rana si muoveva scivolosa tra le mani, era difficilissimo il passamano tra Paola e me e, nonostante le raccomandazioni, con fare bonario e paziente di Carlo, erano più quelle che mi scappavano che quelle messe nel sacco. Scuoteva la testa e senza rimproverarci abbozzava un timido sorriso per sdrammatizzare, dopo un paio di ore tornammo a casa stanchi ma contenti. In compenso ci siamo divertiti tanto e una ventina di verdi ranocchie ce le siamo divise, a cucinarle ci pensò mia madre con una indimenticabile frittata. Quanti ragazzi oggi sono in grado di far questo? Seduti davanti alla televisione con un telefono tra le mani, non sanno nemmeno quanto grande sia una gallina. Quel mondo di caccia alle rane era un avvicinamento alla natura, più di un qualsiasi oggetto elettronico, più di un cellulare. Quanti ragazzi hanno portato a casa qualcosa che la madre ha poi preparato per pranzo o cena! Oggi tutto è vietato, cacciare le rane per mangiarle non va bene, avvelenarle coi pesticidi si! Qualunque animale


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