Al tempo della paura di Egidio Braghini
La campagna era coperta da un mezzo metro di neve. Sembrava un paesaggio polare fatto da una distesa di ghiaccio su cui ci si poteva camminare sopra senza sprofondare. La luce della luna piena rifletteva sui cristalli della neve e illuminava, di una luce non sua, la notte di quel diciassette gennaio del 1945. Io avevo dodici anni appena e dormivo nel mezzo di un grande letto matrimoniale assieme alle due mie sorelle. Ero la più piccola delle tre e avevo la testa dove loro avevano i piedi. Il freddo era così intenso che entrava nella mia stanza, ghiacciando la condensa sulla parte interna dei vetri della finestra. Per scaldarmi mi coprii fin sopra le orecchie con le lenzuola che mi regalò mia nonna. Anche la grande e soffice trapunta, che era imbottita con le piume del pollame di casa nostra, era quella della nonna. Invece il mio materasso era quello che scartarono i miei genitori. Era imbottito con le foglie delle pannocchie di mais dei nostri campi. Quelle più grandi e più belle. Quelle che, secondo mio padre, contenevano più energia. La nostra era una famiglia di contadini e tutti i materassi in casa nostra erano fatti così. E dentro al mio sapevo che c’era nascosto un portafoglio nero. Era pieno di banconote che sarebbero servite solo in caso di estrema necessità. Così mi disse mia madre quando la sorpresi a nasconderlo. A quel tempo, io ero piccola e non conoscevo il valore dei soldi. Mi chiesi come mai mia madre avesse nascosto, tanto accuratamente, dei tovaglioli colorati. Assieme ai suoi abitanti, tutta la casa era addormentata. La luce della luna entrava con fatica dalle fessure degli scuri re-
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