La buca - Giampietro Lazzari

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La buca di Giampietro Lazzari

Era tempo di guerra. Quell’8 settembre del ’43, carico di conseguenze drammatiche, era appena passato. Da poco dunque Italia e Germania non erano più alleate, ma nemiche. Due uomini sedevano silenziosi davanti al camino che scoppiettava piano in quella sera di novembre. La luce fioca ondeggiava creando ombre e improvvisi guizzi sui loro volti stanchi. Non erano volti felici. L’uno, Giuseppe, un uomo poco oltre la quarantina, aveva da poco tempo perso la moglie e viveva con il figlio Aldo nella cascina alle porte dell’abitato. L’altro, di cui non ricordo il nome, forse Franz, era un soldato tedesco, uno di quelli che, sebbene abbondantemente avanti con l’età, il Reich aveva chiamato a servire dopo ormai oltre quattro anni di guerra, esaurite le avanguardie dei giovani coscritti caduti o dispersi sui fronti d’Europa e di altre parti del mondo che bruciava. Giuseppe era contadino; anche Franz lo era prima del richiamo in guerra. Al tempo, poco distante dalla cascina, in una abitazione signorile sulla via larga che conduceva in paese si era da poco installato il presidio germanico che controllava il paese e le zone circostanti. Franz era di stanza presso questa guarnigione. Alla metà di settembre l’ufficiale in comando del presidio, dopo aver scorto la vigna di Giuseppe piena di bei grappoli maturi, chiese che Franz gliene portasse. E Franz, con le poche parole di italiano che aveva imparato in quei mesi di guerra, si presentò un giorno al cospetto di

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