Adele Pignagnoli Di Lena
I suoni della vita Un gruppo di ragazzi quasi diciottenni sta pedalando verso Correggio. La guerra ha interrotto i loro studi; i continui bombardamenti, i mitragliamenti, le lotte tra le parti nemiche, hanno costretto le scuole a chiudere i battenti. Da poco la guerra è finita, perciò vogliono recuperare il tempo perduto e affrontare l’esame di maturità che permetterà loro di iscriversi all’università. Dove? A Bologna, a Parma o a Milano? Ognuno di loro cercherà di orientarsi verso l’ateneo più comodo da raggiungere e, quindi, meno dispendioso. A Correggio trovano gli insegnanti del liceo disposti ad aiutarli, chi nell’istituto stesso, chi nel proprio studio e la bicicletta è alla portata di tutti; così ogni giorno percorrono i chilometri che li portano a Correggio. La strada? E’ tanta, ma cercano di abbreviarla scegliendo ad un bivio l’argine di un canale tra Canolo e Correggio. Più che una strada è una carraia per cui pedalano in fila indiana, conversando e discutendo fra loro quasi sempre su argomenti scolastici non del tutto chiari, a volte incolpando l’insegnante, a volte ammettendo la propria incapacità. Per ognuno il superamento di questa prova sarà motivo di gioia, di soddisfazione personale, ma comporterà anche problemi familiari, economici soprattutto. Le loro famiglie, spesso numerose, di tradizioni in parte contadine e abituate a vivere con poco, si sentiranno gravate delle spese che le lezioni richiedono e che l’allontanamento dei figli, dopo, il costo della vita in città, i viaggi, le tasse comporteranno. Il gruppetto, però, è ben intenzionato, fermo nel proposito di portare avanti gli studi e deciso ad impegnarsi seriamente per non deludere chi in loro ha fiducia. Si conoscono da tempo: Margherita, Imelde, Paolo, Efrem, Enrico, Adele. Un mattino il loro animo è sconvolto per una notizia diffusa da pochi giorni. Durante la guerra in quel canale, che quasi quotidianamente costeggiano, possono aver trovato la morte due ragazze del loro paese, coetanee e amiche: Marisa e Maria Domenica, vittime della violenza e dell’odio fra fascisti e partigiani. L’umore cambia; per parecchi giorni nessuno del gruppo ha voglia di parlare, né tanto meno di scherzare; quell’acqua fredda e grigia che sta sotto i loro occhi suscita brividi di paura. I professori si accorgono del turbamento dei ragazzi e aspettano perché ritrovino la loro serenità necessaria per l’esame che intanto si sta avvicinando.
La professoressa di italiano, piccola, magretta e paziente, raccoglie la simpatia di quasi tutti, mentre l’insegnante di latino e greco è spesso scontroso e poco sensibile. Inappuntabile nel suo completo blu con colletto e polsini bianchi inamidati, è estraneo all’umore del gruppo, tanto che ai ragazzi piace immaginarlo nella vasca da bagno, nudo ma non senza il colletto e i polsini inamidati. E’ più vicino a loro il professore di matematica, che cerca di rendere gradevole la sua materia e parla con affetto del suo gattino. Un giorno lo porta nello studio e spiega le espressioni algebriche con il gattino sulle spalle. Giovane e un po’ scanzonato il professore di chimica; i ragazzi lo sentono quasi coetaneo, appassionatissimo della sua materia, spiega e rispiega con pazienza, pronto ad ogni richiesta. Spesso vedono appostato in un angolo della via, all’ingresso del paese, un ragazzetto sudicio e smilzo che aspetta un aiuto dai passanti e tende la mano. I ragazzi gli sorridono, gli offrono qualche monetina e se ne vanno. Si commuovono quando la mattina dell’esame se lo trovano lì davanti al portone del liceo, per fare loro gli auguri. Istintivamente lo abbracciano. E’ passato tanto tempo; il ricordo della guerra è lontano. Ognuno ha trascorso la sua vita e ha portato con sé un cumulo di esperienze vissute. Fra quelle anche le ‘biciclettate’ per la conquista della maturità. Qualcuno dei ragazzi non c’è più, qualche altro vive lontano e non di tutti ho notizie. Sono convinta però, che ognuno, se vive fuori, serbi in cuor suo l’amore per la propria terra e ritornerebbe volentieri nella pianura padana. Qui in ogni stagione la natura offre la sua ricchezza. Penso agli spettacoli dolci dell’autunno come lo spegnersi e il morire dell’estate, al profumo della terra arata di fresco e della vendemmia, alla coltre bianca che d’inverno offre panorami ‘mozzafiato’, ai colori e ai profumi della primavera, quando spuntano le gemme e i campi offrono verdi distese, alle serate estive nelle piazze festose. Sono i suoni della vita, accanto ai quali cresce la nostra sensibilità. A quei ragazzi che hanno pedalato tanto in gioventù e che forse hanno dovuto pedalare per tutta la vita, va il mio ricordo più caro e il mio ‘grazie’ per l’affetto e l’amicizia che mi hanno dato.