Il silenzio della solitudine - Pier Antonio Barbieri

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il silenzio della solitudine (fatti non fummo per restare soli)

Solo come un cane, sulla strada di casa: mani in tasca, silenzio intorno, solo il suono del mio passo. Maledettamente solo, ma cosa sono adesso non lo so, come un uomo in cerca di se stesso. Nei miei occhi c’è l’inverno, e sull’asfalto la mia ombra, la silenziosa amica che non posso perdere mai, che mai potrà lasciarmi. Presto arriverò a casa. Stanotte prenderò il largo, arriverò fino al mare, dove tutto può finire o ricominciare, dove tutto può accadere. O forse no, è un’idea bizzarra, e anche un po’ strampalata. Meglio starsene in casa, solo soletto, col profumo di casa nelle narici. Magari mi scrivo un bel racconto malinconico, magari con la penna stilografica. Lo scriverò come se rammendassi un mantello, da leggere con le orecchie, non con gli occhi. E scriverò pensando a lei, appesa al pendolo della sua lunga spiaggia: con le suole di vento starà volando via lontano, come Mercurio dai sandali alati o il Dio Pan della foresta di betulle. In quei cinquanta metri quadri d’Italia, che è casa mia, stasera voleranno i miei pensieri, la mia fantasia e le mie emozioni. La sua voce calma, le pause infinite, i suoi occhi di mare, così la ricordo. Ed ora sono semplicemente e orribilmente solo e vi chiedo come ci si sente, come ci si sente, avvolti e soffocati dal silenzio angosciante della solitudine? Scriverò come sulla sabbia, tanto poi l’acqua vi scorrerà sopra, perché no. Leggetemi – ancora – con le orecchie, vi prego. Leggete tra le righe del mar di levante e dell’homme atlantique. Leggete sulle righe biancazzurre del mio pigiama solitario. Eccomi a casa, giro la chiave nella toppa, c’è la house, ma non c’è la home, ma pur sempre e semplicemente casa mia. È andata male perché passavo e vivevo da una carezza all’altra, da un’emozione all’altra: poteva forse andare meglio? Invece a lei non succederà mai nulla, perché ha l’anima di una fanciulla, è lei che contiene il ron ron del gatto, lei è tutto un continente nel mare degli zingari. A volte di notte mi accade di raccontarmi e di stare a guardare cos’è che succede ai mille azzurri dei suoi occhi. Li ho intravisti in una piega di un sogno, li ho visti infuocarsi in una pennellata di nero, nel fervore mirabile di un’idea o di una sorpresa. Li ho visti impallidire in una pennellata di bianco per… non so… per la chiaroveggenza del numero sette.


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