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La legalità è un bene prezioso

Guido Pelliciardi LA LEGALITÀ È UN BENE PREZIOSO

L'EX MAGISTRATO GHERARDO COLOMBO: AMARE LA COSTITUZIONE PER ESSERE LIBERI

«Le regole democratiche sono necessarie e utili per vivere, per il nostro benessere, per avere tutti le stesse sicurezze e possibilità di base»: lo ha sostenuto Gherardo Colombo il 2 marzo scorso in un doppio incontro in streaming con cittadini e scuole di Correggio. L’ex magistrato è conosciuto in particolare per avere fatto luce nei primi anni Novanta, assieme ai colleghi di “Mani Pulite”, su quel vastissimo mondo di corruzione, tangenti e favori illegali che ha avvelenato la politica, soprattutto i partiti di governo e le istituzioni, come pure numerose imprese e tanti cittadini. Ha poi lasciato la magistratura, non nascondendo una certa delusione per il mancato rinnovamento morale dell’Italia, ma con la consapevolezza che solo

cambiando la testa degli italiani sarà possibile vivere in un Paese

più giusto e civile. Da tempo è convinto che la sola repressione della magistratura non sia sufficiente per invertire la rotta e sconfiggere il crimine e l’illegalità. È per questo che è impegna-

to in un’opera incessante di formazione di una cultura democratica profonda ed autentica soprattutto

nelle scuole. Non a caso, per l’occasione correggese, prima che con il pubblico si era incontrato, sempre in streaming, con gli insegnanti del nostro distretto nell'ambito di un progetto di formazione sull'educazione civica. L’ex giudice ritiene che la nostra Costituzione, fatta di un intreccio coerente di valori e regole, faccia fatica ad affermarsi perché la cultura degli italiani, intesa come sentire comune prevalente, vive di una pesante eredità, millenaria, di principi diversi da quelli democratici. L’Italia è un Paese che non conosce la sua Costituzione repubblicana perché a scuola, in famiglia, sui mass media se ne parla poco e non la si approfondisce.

L’idea fondamentale della Costituzione, quella che siamo tutti ugua-

li, che va superata una società verticale gerarchica che si perpetua intatta, non

piace alla stragrande maggioranza

dei cittadini. L’Italia pare apprezzare le gerarchie. Gli italiani paiono impegnati solo a scalare individualmente, anche in modo illecito, i gradini sociali che li sovrastano, non ad appianarli, dimostrando di essere figli di una storia fatta di disuguaglianze, oppressioni e privilegi. «La Costituzione nacque nel 1948 come reazione ad una devastante fase storica caratterizzata nei cinquant’anni precedenti da due guerre mondiali, dai massacri coloniali e nazionalisti, dalla Shoah e dalla bomba atomica. È nata perché questa storia non potesse più ripetersi. La Costituzione ha voluto riconoscere la dignità di tutte le persone e ha voluto garantire a tutti le stesse possibilità, dichiarandolo nella prima parte e garantendolo con le norme e le regole negli articoli seguenti». Lo spirito e gli articoli della Costituzione paiono essere però in conflitto con il pensiero dominante degli italiani di oggi. E quando le leggi sono in con-

trasto con la cultura, vince la cul-

tura. Gli italiani non comprendono che le regole sono solo strumenti necessari per ottenere risultati migliori, utili e a beneficio di tutti. E se non sono più

ritenute giuste, vanno fatte cam-

biare, non aggirate. La lotta continua e senza limiti per prevalere sull’altro, per schiacciare l’altro, è dannosa per una comunità che ha invece bisogno che tutti siano responsabilmente partecipi e che considerino la legalità un bene e non un ostacolo. Avere presente quest’utilità comune e questa conquista del sapere e della civiltà umana ci farebbe vivere meglio, più sereni e sicuri. Farlo comprendere a scuola, coinvolgendo se possibile anche le famiglie, è lo strumento principe. L’incontro è stato presentato dal sindaco Ilenia Malavasi e condotto dal direttore di Radio Bruno Pierluigi Senatore. Dopo avere ascoltato questa “lezione magistrale” di Gherardo Colombo mi è sorta spontanea una domanda: per l’Italia dei Mille Campanili, dei Guelfi e dei Ghibellini, dei furbetti e dei sottomessi, dei plaudenti agli invasori di turno prima e agli uomini di potere senza scrupoli poi, durante la monarchia e il fascismo, senza dimenticare gli indifferenti e i collusi con mafie e corruzione, per questa Italia, mi chiedo, fare propria la cultura costituzionale è proprio un’impresa contronatura? Non sarebbe una rivoluzione civile che varrebbe la pena perseguire, per scongiurare quei rischi involutivi che evocano le pagine peggiori della nostra storia?

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