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cultura popolare Amore... istruzioni per l’uso

Non si può restare indifferenti di fronte alla drammatica escalation di violenze famigliari, di cui sono quasi sempre vittime le donne. La crisi economica e la pandemia hanno generato ulteriori tensioni e hanno reso ancora più acuto il problema. Molte famiglie moderne sono fragili. Non hanno modelli di riferimento, sono spesso prive di “reti di protezione parentali” e degli strumenti culturali necessari per affrontare la complessità della vita attuale. La disgregazione famigliare provoca percorsi affettivi faticosi e tormentati, che generano sofferenze ed instabilità emotiva. La fragilità psicologica di molti giovani porta alla creazione di “rapporti malati” fondati sulla dipendenza affettiva che diventa una droga di cui non si può fare a meno. Edgar Morin, sociologo e filosofo francese, ha usato una efficace metafora per descrivere la condizione nella quale stiamo vivendo: “dobbiamo navigare in oceani di incertezze tra arcipelaghi di certezze”. Navighiamo in mare aperto ed abbiamo bisogno di riferimenti, una bussola che ci guidi e carte nautiche che ci indichino dove approdare per trovare cibo e nutrimento.

La saggezza antica della cultura popolare può servire come antidoto contro le violenze della contemporaneità. Ci offre uno sguardo disincantato e leggero, utile per generare consapevolezza e vivere

i rapporti con maggiore serenità.

COS’É L’AMORE

L’amore è un sentimento travolgente, che emoziona, coinvolge e a volte travolge… provoca sconvolgimenti fisici incontenibili... Amor e caghet chi n’al prova n’al cred. Amore e diarrea chi non li prova non può capire.

LA RICERCA DELL’ANIMA GEMELLA

A volte, in modo imprevedibile, scocca una scintilla e tutto prende fuoco, si accende: desiderio, amore… Altre volte ci si accanisce ad inseguire persone, sogni, infatuazioni… e si vivono cocenti delusioni. Tutto andrebbe vissuto con maggiore leggerezza. Buona sera a sun bein chè col ch’a gh’a ch’ieter a gh’l’o anca mè a s’era gnû per fer l’amor mo a ved ch’a gh’è già ch’il fà buona sera a vagh a cà. Buona sera sono qua quello che hanno gli altri l’ho anche io ero venuto per fare l’amore ma vedo che c’è già chi lo fa buona sera vado a casa. Questa filastrocca ci insegna che non dobbiamo mai inseguire chi non ci vuole, sono energie sprecate inutilmente: chi non ci ama non ci merita.

COME VIVERE I RAPPORTI AMOROSI

Mort un Pepa a s’in fa n’eter pers un caioun a s’in cata n’eter. Morto un Papa se ne fa un altro perso un coglione se ne trova un altro. Vi prego di apprezzare la definizione “caioun”, particolarmente efficace e acuta. Non vuole essere in nessun modo dispregiativa, ma è stata scelta per ricordare che non esistono persone perfette, ognuno di noi ha anche difetti... Ch’in gh’a un difet gh’a un mancameint ch’i an gh’n’a un gh’n’a seint. Chi non ha un difetto ha un mancamento chi non ne ha uno ne ha cento. Il messaggio è chiaro: “non esistono persone perfette!” Ognuno, a modo suo, è un “coglione”, cioè imperfetto, e possiamo sempre trovare un sostituto. Un altro “coglione” con pregi e difetti. Se tutti fossimo capaci di vivere i mo-

menti di abbandono con questa consapevolezza, avremmo molti meno episodi di inutile violenza. Acquisita questa saggezza, possiamo affrontare l’argomento successivo.

RAPPORTO DI COPPIA

Premetto che non ho nessun pregiudizio sul tipo di rapporto: libero, esclusivo… Ci tengo solamente a farvi riflettere su alcuni luoghi comuni: fedeltà, tradimenti… Per fare questo vi racconto una storia di quelle che si tramandavano oralmente. Un signore non più giovane aveva conosciuto una ragazza bella e particolarmente gentile di cui si era innamorato e l’aveva sposata. La ragazza era molto più giovane di lui e questo aveva suscitato l’invidia dei compaesani e aveva generato malelingue, pettegolezzi e i comportamenti disinvolti della giovane li aveva alimentati… Un giorno questo signore è andato dal barbiere. Come si sa le barberie di un tempo erano luoghi in cui si coltivava l’interesse per le belle donne ed erano luoghi di incontro degli sfaccendati che commentavano ogni avvenimento. Agli avventori quel giorno non pareva vero di avere l’occasione per deridere “lo sposo”… Hanno iniziato con qualche allusione e poi piano piano si sono fatti prendere dalla eccitazione e il tenore delle loro battute è diventato pesante e volgare: lui lasciava fare… pareva che non sentisse nemmeno le parole. Quando la derisione è arrivata al culmine, l’attempato signore novello sposo ha posto alla attenzione di tutti una sua profonda convinzione: Bade ragas, ch’l’è d’mei na torta in des che na merda un daperlò. Ascoltate bene ragazzi, è meglio una torta in dieci che una merda uno, da solo. Queste parole davano chiara la dimensione della consapevolezza dell’uomo, che aveva fatto una scelta valutando ogni aspetto, ma contemporaneamente stendeva un’ombra spaventosa sulle qualità delle altre mogli… I consigli che ci provengono dalla cultura popolare sono il frutto “del lento ruminio del tempo”, maturati dalla esperienza di generazioni di uomini e donne. C’è una saggezza antica e un’ironica leggerezza. Chiudo con una canzone che fa sintesi dei vari argomenti e ci permette di vedere il rapporto amoroso dall’esterno, come spettatori disincantati. Eccola là, chi ela cola là l’è la Rosina cun tut i framballà. Se le la gh’i a l’è segn ch’ai pol purter gh’è al so muros ch’a ghi pol bein pagher. Guarda come la ride, come l’è tuta cunteinta quand al so muros a gh’va areinta sol per deregh un basein d’amor… E lo anca lo, e le anca le, caioun tut du, gnurant tut du ciapa na vecia e po’ besegh al cul. Eccola là, chi è quella là è la Rosina con tutte le balze. Se lei le ha, è perché le può portare il suo fidanzato gliele può ben pagare. Guarda come ride, com’è tutta contenta quando il suo fidanzato le va vicino solo per darle un bacino, d’amor... E lui, anche lui e lei, anche lei coglioni tutti e due, ignoranti tutti e due prendi una vecchia e baciale il culo.

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