Punti...di vista

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Capita che una sera, per una manciata di motivi qualsiasi, ti trovi a girare per il paese nel quale sei nato e cresciuto e dove ancora vivi, rendendoti conto che lo stai guardando con quella specie di curioso stupore che ti segue quando visiti un posto nuovo, non importa se questo sia una città o un paesino della provincia isontina. Capita allora che ti venga la curiosità di sapere come, quelle persone che tu conosci nel modo irregolare e strano di questi tempi cosiddetti sociali, vedano il Paese, su cosa si sono fermati i loro occhi, quali luci hanno visto, che particolari hanno notato. E pensi che sarebbe bello provare a fare un esercizio di parole, pensi che si potrebbe provare a fare un racconto a due facce, uno quello strettamente fotografico, ed è un punto vista, poi quello narrativo, un secondo punto di vista, fatto da un altro che descriva con le parole le sensazioni del fotografo. Poi parti contattando gli amici e chiedendo loro di produrre a loro modo il tutto. Il risultato di un paio di mesi di contatti, lavoro e immaginazione è questo libretto. Quale sia il risultato non lo so. So che è stato bello farlo, so che è stato bello ricordare che questo è un bel posto, basta saperlo guardare, basta volerlo dire. Grado 30/11/2010


Il Mio Paese Il mio paese è piccolo.

Ci si conosce un po’ tutti.

Con qualcuno si hanno rapporti veri, con altri ci si sente ogni tanto, altri li si incontra per caso, altri ancora sono semplici conoscenti. Più o meno siamo tutti vicini, viviamo gli stessi luoghi, parliamo delle stesse cose e questo ci accomuna. Se ti chiedono “conosci Tizio?”, finisce che rispondi sempre “sì sì, è un mio amico”. Anche se non è vero. Ma in certe realtà o sei amico, o sei nemico, e quindi tanto vale identificarsi come amici finché qualcosa non giustifichi il contrario. Nel mio paese siamo in pochi, tutto sommato, e la cerchia è comunque piccola. Le strade e i punti di riferimento sono gli stessi, i fatti sono sempre i medesimi, e questo ci offre un codice condiviso con cui scambiare le nostre opinioni. Ci si incrocia sovente. A volte si vedono gli altri solo da lontano, o magari solo in qualche occasione pubblica, ma il contatto rimane comunque vivo non appena uno muove un piede per strada e mostra così la propria presenza agli altri. Nel mio paese ogni tanto spunta il personaggio del momento. Quelli più bizzarri arrivano sulla bocca di tutti, e basta qualsiasi loro minima capacità, leggenda o pettegolezzo per portarli nelle piazze e nei bar in cui ci troviamo a discutere. E le storie si gonfiano, si plasmano, passano di bocca in bocca un po’ copiate e un po’ esagerate, fino a diventare una storia nuova e differente, ma sempre incredibile. Sempre pazzesca. Nel mio paese i giornali non servono. C’è chi raccoglie le notizie nelle piazze e poi le porta in giro di negozio in negozio, di bar in bar, di strada in strada. “Hai saputo cosa ha fatto Tizio? Me lo ha detto Caio”. Nel mio paese le notizie passano così. Non serve altro, perchè è piccolo e siamo in pochi. E quando tutto è così piccolo, ogni piccola notizia o ogni possibile fatto diventa materiale buono per il chiacchiericcio. Perchè tutto sommato è proprio il chiacchiericcio a tenerci uniti, assieme. Nel mio paese serve poco per far parlare di sé. Basta fare qualcosa, o dire di averlo fatto. Non importa che sia vero: il chiacchiericcio lo porterà comunque,


perché è un dialogo per buona parte fine a sé stesso. In questo flusso bisogna saperci entrare in modo intelligente, senza rifiutarlo, ma senza introdurre elementi nuovi: chi lo fa aggiunge rumore (e quanti sono!), ma ne esce più debole di prima. Chi inventa si fa la nomea di chiacchierone, e poi chi gli crede più? Nel mio paese le persone che contano sono poche. Quasi mai sono quelle più in gamba, e quasi mai contano davvero. Ognuno ha il suo ruolo, e questo ruolo, semplicemente, rende queste persone un po’ diverse dalle altre. Proprio perchè hanno un ruolo, ed in quel ruolo sono identificate all’interno del nostro tessuto sociale. Nel mio paese è l’amicizia a fare la differenza, non il prodotto. Con certi negozianti puoi addirittura telefonare a casa; ad alcuni artigiani puoi parlare direttamente nel retrobottega. Con questi il rapporto è privilegiato: ti tratteranno bene e tu sarai più tollerante. Il rapporto personale smussa le esigenze di entrambi in virtù della fedeltà di un rapporto che va oltre la sola vendita. Il nostro è un paese piccolo, ma forte. E’ forte perchè ci sono tanti piccoli legami che creano una trama unica. Per le strade ti sembra di vedere nessuno, ma tra le mura c’è un formicolio continuo di azioni e parole che uniscono tutto e tutti. La critica e il pettegolezzo vanno per la maggiore, ma l’opposizione è tutto sommato un modo antico e tradizionale di mettersi a confronto per affermare sé stessi, confrontarsi, fare squadra e sentirsi parte di un qualcosa. Nel mio paese ci sto bene. Ho tutto quel che mi serve e mi son circondato di tutto quel che posso desiderare. Tutti quelli che passano nel mio paese finiscono per tornarci il prima possibile, e molti si sono subito fermati qui per viverci giorno e notte. Il mio paese è qui. Il mio paese è il Web. Ennio Lugnan



El lampion


“ El lampion “ La via, ansi la piassa, comò che dize la tabela, la xe inportante, ma a quel vecio lampion ‘npicao là, su quele malte dute crepae e che le cage a tochi, no’ i ‘nporta ninte. Duto ruzinio e macolao, co’ la lanpadina rota ‘che garghe mamolo ‘l s’à diverto a ciapà mira co’ la fionda, el sà che prima o dopo quel muro che lo tien su ‘l cagiarà o ‘l vignarà ghitao zò. No’l bassìla gnanche che gargun vàga là a ganbiai la lanpadina e a mîtili una nova che la fàssa un bel ciaro: in tanti ani, quel che ‘l ‘vèva de vèghe l’à zà visto e ‘i vànsa ... Madone de Barbana, procission, sposalissi co’ confeti e risi ghitai in aria, funerai silensiusi co’ la piova che càge zò, cresème e comunion co’i mamuli vistii de grandi e le mamòle comò le spose, altari pe’l mese de la Madona de le Rose e pe’ le recite de i rosari, la banda pe’ le feste e celebrassion, el mercao de’l sabo co’ dute le bancarele e ’l ciacoleo ciassoso de la zente che conpra, mamuli a zugà de sconde, ai canditi o a la poma al vaso, murusi che i se deva apuntamento la soto e che dopo i spariva inte’i cantuni piu’ scuri, inbriaghi che i vigniva fora de Tanori o de Massagatti a òle e che giutai de la so’ luze fioca i sercheva la stra’ pe’ tornà a casa... e tante, tante oltre storie l’à visto quel lanpion. Sarà un zorno che i lo dispicarà zò e i lo ghitarà in garghe discarica e co’ elo sparirà anche duti ‘sti ricordi ... Dopo, de siguro sarà gargun che ‘l disarà che gera propio ora de mète un bel lanpion novo e moderno al posto de quel là duto vecio e carolao, perchè la via, ansi la piassa, in fin de i cunti l’à un nome nobile ...

Foto di Ennio Lugnan

commento di Aldo Tognon



“ El cason de’l Moro “ Quando si và in barca da Grado verso Barbana, nella laguna di levante, il primo casone che si incontra è quello chiamato “cason de’l Moro”. Dalla sua valle di pesca proveniva il pregevole pesce che si poteva degustare nel famoso ristorante “Da Colussi”, la cui stessa famiglia ne era proprietaria. Nei primi anni ’60 questo casone cominciò ad avere una certa notorietà in quanto durante i fine settimana vi giungevano, invitati, alcuni dei più noti politici ed industriali della regione. Questi ospiti partecipavano a dei banchetti dove veniva servito il miglior pesce ed anche la miglior cacciagione della zona. Negli appositi periodi venivano poi organizzate anche delle battute di caccia in laguna e quindi il casone ferveva di attività praticamente per tutto l’anno. Col tempo poi le cose cambiarono e così oggigiorno alcuni tra politici, ricchi industriali o uomini di affari non sono più degli ospiti in quanto hanno acquisito il possesso o la proprietà di casoni, di mote o di valli, e pertanto non hanno bisogno di nessun invito. Sullo sfondo, in eterea dissolvenza, la Madonna di Barbana non può fare altro che osservare quanto succede nella sua laguna e continuare a vegliare su questa nostra piccolo isola … Foto di Ennio Lugnan

commento di Aldo Tognon



“ El barcon murào “ Soto un arco de muduni russi, comò in suasa, xe un pìcolo barcon che co’ do forati e quatro cassiolae de malta i l’ à serào e, giusto pe’ tignì lontan i curiusi, a rumbi disegnao i à ‘na ‘nferiada. Co’ garghe sghiribisso può i à fàto un portavasi e garghe fior inbeletao: che no’ sìa belo comò a vè le viole o i zerani duti i pòl vèghe e chè i so’ profumi no’ tu pòl disegnali … ma cussì forse i à pensao de sparagnà l’aqua pe’ bagnali ! A quii che à fàto ‘sto lavor forse i suaseva ‘na stansa, un logo in più … ma, e perdonème se lo digo, in quela stansa scura me no’ staravo, che xe più belo a ‘vè la luze, ‘l sol, e vèghe Gravo !

Foto di Ennio Lugnan commento di Aldo Tognon


Le prossime pagine sono dedicate a Luca Decorte un mamolo caduto sulla strada della sua passione, la fotografia. Le sue fotografie sono bellissime e ispiratrici. Io per ricordarlo le ho volute inserire e Stefano Dovier (Teti) gli ha scritto questa dedica:

Comò un ragio ciamao dal sielo tu son 'ndao, ma la tova luze tu n'hà lassao. Co' la tova anema sensibile t'hà sabuo fermà 'l tenpo fotografando duto quel che gera belo. Le tove foto, per me, opere d'arte, tu le hà messe a disposizion per cu che veva più bisogno, fazendo nasse "sghiribissi", ...un magio in meso a sto grando mar de cultura..., che mai 'ndarà a pico, e là e intel cuor mio per senpre tu vivarà. CIAO LUCA un bazo a le tove creature, che 'desso tu le vardarà e tu i sarà visin dal sielo.



Cason


“Casòn”

L’immagine ci consente di viaggiare con una visione grandangolare dal tempo all’eternità, dallo spazio all’infinito: rappresenta efficacemente una metafora della caducità umana e ambientale; eppure noi Gradesi abbiamo sempre idealizzato la laguna come un ecosistema in continua palingenesi, fisiologicamente immune da qualsiasi assalto di virus degeneranti… dimenticando la sua fragilità ed esponendola a tentativi di irrazionale e innaturale utilizzo. Nella foto ci sono sentimenti contrastanti di una bellezza che sfugge, ma che è anche fortemente attratta verso qualcosa di irresistibile, di polarizzante. Questa convergenza dinamica verso il punto focale suggerisce l’idea della limitatezza dell’uomo, del suo vorace possesso del creato, che un alto progetto vuole sottrarre alla cieca e indiscriminata violenza.

Foto di Luca Decorte commento di Matteo Marchesan


Fine del Mondo


“Fine del mondo” Non è uno scenario apocalittico, l’immagine anzi suggerisce un senso di distensione, di serenità, quasi di contemplazione, sicuramente di pace interiore: di fronte alla sublimità e alla maestà della vita, di tutta la vita, l’animo si confonde, si perde tra le nubi della realtà. Quel groviglio di rami rappresenta il mondo con le sue contraddizioni, con i suoi labirinti, ma c’è un punto luminoso, una meta, cui tende questa vita che rendiamo così complessa, perché non sappiamo innalzare lo sguardo al di là della misera quotidianità e di una programma esistenziale povero di significati e privo di entusiasmi, aggrovigliati su noi stessi. Eppure qualcosa c’è, là, in fondo, che ci rende partecipi di un’altra natura…

Foto di Luca Decorte commento di Matteo Marchesan


Fine Spiagia


“Fine spiagia” L’immagine richiama la calda speranza dettata dalla visione di un lontano tramonto che prelude alla nuova vita, “ostacolata” brutalmente dalle insormontabili barriere fisiche e mentali che noi stessi erigiamo lungo la strada che abbiamo scelto di percorrere. Di fronte alle difficoltà e allo stupore dell’esistenza, agli itinerari melmosi, sbarrati e senza uscita, l’uomo ha sempre dinanzi a sé un orizzonte di luce tenue, di calore lieve, di speranza possibile, capace di infrangere e superare qualsiasi sbarramento che intralcia il suo cammino, il suo andare ostinato ad una meta fallace, che ci costringe ad innalzare continui “muri” per proteggere la nostra assoluta privatezza, il nostro egocentrico tornaconto.

Foto di Luca Decorte commento di Matteo Marchesan


Su la Mugia


“Su la Mugia” Da quale bosco e da quale devastante evento sarà stato sradicato quell’albero, disteso tra il mare che l’accoglie e il cielo che lo protegge, e quale tormentato tragitto avrà faticosamente percorso prima di adagiarsi liscio, lieve ed appagato sui bassi fondali di un banco sabbioso generato da un fiume annoiato ed errabondo? Nella pace che segue la tempesta quell’albero ci indica, all’orizzonte, il territorio che gli antichi chiamarono Histria e che per secoli è stato associato alla Venetia. Quei rami secchi e spogli esprimono il desolante senso storico di un confine labile, di una frontiera travagliata ed instabile nei secoli, che cielo e mare sembrano congiungere idealmente in un abbraccio fraterno.

Foto di Luca Decorte

commento di Matteo Marchesan


Piassa de la Cesa


Piassa de la Cesa Salizo nuo, vistio a festa, ma no zè più riso ghitao per tera e fantulini desculsi che core a miera, solo do lunserve vilie che serca 'ncora vogi e barcuni carghi de sussiai co' culuri scrostai e mogi. 'Nà piassa...'nà volta piena de cristianeitae 'desso svoda e sita comò la graisaneitae.

Foto di Sergio Marchesan

commento di Stefano Dovier (Teti)


Cale de Palasso


Cale de Palasso 'Nà bava core 'ntel borgo de drento, la sbrissa via fin 'ntel polindron, 'nà Madonina la stà pregando, sconta vissin de un balaor. Recordi ciaro-scuri de 'nà etae passagia, quando la gua steva 'ncora là, la ne ingazieva biechi de oni sorta e a canditi se tornava a zugà.

Foto di Sergio Marchesan commento di Stefano Dovier


Batela


Batela Tu son 'ncora là ligagia int'una bita, vecia batela mia al tenpo te fà sita. Le fasse dute rote al trasto carolao, ma 'l fondo 'l vanta 'ncora al gera ben stopao. Se tu pudissi ciacolà, quanto tu me dizaravi, duti 'sti ani sola ...forsi tu me sigaravi. Vecia batela mia, quante vogade insieme, svolando su le ristie in serca de serene. T'hè tolto che al legno ancora 'l lagremeva, e t'hè lassao de bando pe' 'ndà int'un oltra tera. Ma 'desso son tornao e governate devo, se vogio vogà 'ncora co' tu...incontra al sielo.

Foto di Sergio Marchesan commento di Stefano Dovier


Tera


Tera Terra, a due passi dalla nostra isola e cosi' remota, mi sono piu' remote la distese di papaveri e la pinete che le colline africane punteggiate dalla acacie. E fin da piccolo con i genitori erano escursioni in un altro mondo condotte con prudenza come in territorio nemico: sugli argini per asparagi con lo sguardo di tanto in tanto a chiedere soccorso e conforto allo specchio della laguna, la scampagnata a San Marco con la merenda festosa ma sullo spiazzo piu' in alto guardando le reti e le velme, a costruire una capanna oltre Fossalon ma vicino all'acqua dell'Isonzo, sempre acqua era.

Foto di Lorenzo Boemo commento di Luciano Cicogna


Barche e Vele


Barche e Vele Barca e vele, per restare modesti e fondamentali nel fondo e gioire nel tripudio dei colori delle tradizioni.

Foto di Lorenzo Boemo commento di Luciano Cicogna


Barbana


Barbana Barbana al fondo, cielo mare la stessa cosa, come Marin trovava Dio a suo modo, soďŹƒo vitale, e Pasolini miti ancestrali, cosi' lo possiamo ancora noi trovare oggi sempre che sappiamo e vogliamo cercarlo.

Foto di Lorenzo Boemo commento di Luciano Cicogna


Cani (Asia’)


Cani (AsiĂ )

Scene di vita e di morte, la storia del mondo in un momento fermato dallo scatto. La vita, il mestiere del pescatore spinto dalla necessitĂ a esercitare il proprio lavoro dispensando morte, che in un circolo ridiventerĂ vita sotto forma di cibo.

Foto di Luciano Cicogna commento di Ennio Lugnan


Via Stefania


Via Stefania L’antica via dei”siuri” delle botteghe del Castrum che si affaccia al Borgo de Fora. Antico e moderno fusi in un continuum che ci fa andare dentro e fuori dal tempo.

Foto di Luciano Cicogna commento di Ennio Lugnan


Al Porto


Al Porto He viagiao per più tere de quele che he tocao... he visto più paesagi de quii che he pusao i oci... he vuo esperiense, sensasiuni e pur, più che sintivo, più me mancheva, ma al porto ze sempre stao la gnò vita, al gno punto de arivo, co elo me sintivo felisse.

Foto di Luciano Cicogna commento di Lugnan Ennio


Carneval


Carneval tutti in piazza per un giorno, dimentichiamo le preoccupazioni, è il carnevale, i soliti matti che propongono il tema dell'anno, quest' anno il tema è l'austerità, però a ben pensarci il tema è ricorrente solo che questa volta invece che piangere ne ridiamo.

Foto di Franco Menotti commento di Ennio Lugnan


Due amici


Due amici Due cari amici, visti in un momento spensierato di tanti anni fa. Mi fanno venire il magone e pensieri belli e brutti. Vederli e ricordarli mi fanno scorrere i pensieri all'indietro come un film all'incontrario. Eravamo ancora in grado di essere contenti con poco.

Foto di Franco Menotti

commento di Ennio Lugnan


La cuccagna


La cuccagna Fulminai quii mamuli, vardeli, i se stira su l'albero de la cucagna, i sbrissa, no i la fa, eh siguro quii salami, quele salsice, fa una gola... i tira fora le onge, l'albero no i fa paura al grasso i lo suga i deve rivĂ in sima, sa cussĂŹ la fame passa.

Foto di Franco Menotti commento di Ennio Lugnan


corcali In liberta’


Corcali in libertĂ L' aria trema de ricordi, su 'sta tera la storia pesa. I ani no i ne lassa ma i passa. Me vago la, fin al mar nel paese de le aleghe, del sal. Sento vose che conta storie fantastiche visionarie, 'ndola 'l ator ze l'imaginario. L'anema vibra. I eroi i nasse, i more resta la poesia. L' orizonte te da vertigini I corcali, in libertĂ , i gira intorno al mondo no i ha paese, al so paese ze al mar.

Foto di Alessandro Tirelli testo di Ennio Lugnan


Verso S. zulian


Verso S. Zulian

La laguna di Grado: storia, natura, tradizione. Il verde dell' "Erba Cordela", il viola dei "Fiuri de Tapo", sono le sfumature della tradizione gradese che vanno a comporre quella tavolozza di colori con i quali la laguna si presenta sul verto de "S.Zulian" a fianco del PalÚ Siliso. Grande respiro in quest'immagine che raccoglie tutto un mondo del passato, presente e futuro perchè immutabile nella sua bellezza eterna. Grandi i versi del Poeta B.Marin: Maravegiusi ingani dei fiuri che no' dura, dei nuòli sensa afani che navega per l'aria azura.

Foto di Alessandro Tirelli testo di Ennio Lugnan


fine stagion


Quest'immagine evoca tristezza, la tristezza pallida dell'attesa. Un mondo sospeso, appena abbandonato eppur pronto a suo modo a rinascere a risentire grida di bimbi "col segelo" e mamme bruciate dal sole, rosolate piano con olio solare. Acqua nel segelo 'na fantulina la zoga metendo nel segelo al sabion, cò la man drento e fora la missia acqua e capame su 'n colpo la svoda al segelo e la ribalta duto l'acqua tase, sparindo sul sabion, 'na giossa de sol dopo una scorlada del segelo la s'ha ficao nel sabion. Il fine stagione evocato dall' immagine resta la a ricordarci la speranza della rinascita, della ripresa, del futuro.

Foto di Alessandro Tirelli testo di Ennio Lugnan


Le Nasse


le nasse La rete - "l'arte" - è la componente essenziale della pesca. In essa si concentrano secoli di tradizione e osservazioni di stuoli di pescatori, che apportando migliorie continue hanno creato uno strumento semplice, essenziale, efficace. La nassa che si divide in vari tipi a seconda se è usata in mare o in Laguna è l'archetipo della trappola. Nella sostanza si attira la preda posizionando al suo interno un'esca diversa ogni volta cambia il tipo di pesce da pescare, si favorisce l'ingresso nella trappola con un'imboccatura larga che si restringe sempre più sino a non consentire più la fuoriuscita della preda.

Foto e Commento di Ennio Lugnan


Eleganza


Eleganza La pesca a Grado, nel dopoguerra della Seconda Guerra Mondiale ripartì dai bragozzi a vela e da imbarcazioni con motori di camion militari adattati ma con l'attrezzatura di pesca obsoleta, qualche barca arrivò dall'Istria con tecniche e mentalità di pesca nuove (i mussoleri) ma nella sostanza l'ambiente era ancora legato alla tradizione. Nel 1950 una famiglia di industriali lombardi i Ciocca (produttori di filati e calze) si stabilì a Grado e decise di investire nel settore peschereccio creando una lacerazione tra mondi la pesca lenta tradizionale e quella frenetica moderna. Da Genova arrivarono due imbarcazioni completamente diverse per come erano strutturate, armate e per i mezzi di pesca. L' Eleganza e Rinomanza seguite poi da un bragozzo Speranza formarono la flotta dei Ciocca, dipinte di giallo vennero chiamate le "barche zale" erano dotate di motori semilenti Ansaldo da 120 Hp (una mostruosità per l'epoca) di ghiacciaia e di gabinetto a bordo. Una rivoluzione. Le reti erano in nailon acquistate nel Nord Europa e prime in assoluto da queste parti dove ci si tormentava con il cotone e con le cure cui necessitava. Foto e commento di Ennio Lugnan


Vive a...cason !


Vive...a cason! Vive dentro un sbuffo de vento un fistià de tempo como che tu rivi, vive sensa soportà più de tanto pusao su un riflesso in meso tra al giorno e la note vive intensamente tignindo duro e no sintì dolor, ne badà a che che i te dise vive sensa scuse, acetando la tova condision co la forsa de esse saggio.

Foto e commento di Ennio Lugnan


Questo lavoro collettivo è stato realizzato da.

Fotografi: Ennio Lugnan Luciano Cicogna Lorenzo Boemo Franco Menotti Sergio Marchesan Luca Decorte Alessandro Tirelli

Commenti: Ennio Lugnan Aldo Tognon Luciano Cicogna Matteo Marchesan Stefano Dovier

Le foto ed i commenti sono proprietĂ riservata.


SOLITAE 'Nà scussa portagia de un corcàl in furlania... solitae, al saludo de un amòr che'l zè 'ndao via... solitae, un fogia che del ramo la se staca... solitae, 'nà amia che la prega co' la fiaca... solitae, i bragossi che i se disfa in panpagnola... solitae, al reparo che'l no baza più 'nà ola... solitae al gno nio che nol canta più cansuni... solitae, i foresti i zè paruni dii casuni... solitae, le gno fige che favela solo 'taliàn... solitae pe' vè 'nà casa hè dovùo fame furlan... solitae Se podareve 'ndà 'vanti fin che se stufemo, per dute le robe che 'desso a Gravo te fà SOLITAE Teti (Stefano Dovier)

L’immagine ultima di copertina è di Renzo Degrassi


L’ ideazione del Progetto Editoriale è di : Ennio Lugnan Proprietà riservata.


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