Federazione Italiana Pallacanestro
Settore Giovanile
SUPERSTAGE SUI FONDAMENTALI Jesolo 29 maggio - 4 giugno 1994
Indice Metodologia d’insegnamento Fondamentali d’attacco Lo stretching Potenziamento e transfer 1 > 1 con palla Il lavoro individualizzato Lavoro sull’1 > 1 difensivo Primo allenamento – lavoro individuale Secondo allenamento – lavoro individuale Fondamentali individuali difensivi Costruzione di un sistema di gioco per letture Esercizi La psicologia applicata allo sport Conclusione
Roberto Di Lorenzo Guido Saibene Piero Mango Piero Mango Guido Saibene Roberto Di Lorenzo Roberto Di Lorenzo Di Lorenzo - Mango Di Lorenzo - Mango Giovanni Piccin Roberto di Lorenzo Roberto Di Lorenzo Tommaso Biccardi Roberto di Lorenzo
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Metodologia d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione Roberto Di Lorenzo Introduzione La metodologia dell’insegnamento è la base di una corretta crescita tecnica, tattica e psicologica degli atleti. Gli obiettivi della mia relazione sono: la definizione dei presupposti teorici e cioè cosa intendo per: • metodologia d’insegnamento; • comunicazione; • atleta ed allenatore; • processo d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione. proporre uno schema di lavoro attraverso delle esemplificazioni pratiche. Nel preparare questa lezione ho tenuto conto del lavoro da proporre in un settore giovanile, in particolare della fascia di età compresa tra i tredici ed i diciassette/diciotto anni. Premesse teoriche Per metodologia d’insegnamento intendo le strategie, le tecniche e le modalità utilizzate per insegnare. Base dell’insegnamento è la comunicazione tra allenatore ed atleta. Definisco comunicazione lo scambio di informazioni tra due individui con lo scopo di comprendersi l’un l’altro. Quando parlo di individuo ho presente che ciascuno ha un suo modo unico, personale di interpretare la realtà, sulla base delle proprie emozioni, idee ed esperienza. Vi voglio definire, inoltre, il mio modello ideale di; giocatore: voglio una persona capace di pensare, di fare delle scelte, non voglio costruire un giocatore imbottito di nozioni, telecomandato. allenatore: deve aiutare il proprio giocatore a trovare, nel corso dell’allenamento, tutta la gamma di soluzioni tecniche funzionali al gioco. In questa ottica credo sia importante specificare che cosa noi vogliamo dai nostri giocatori. Il giocatore deve avere una completa padronanza dei fondamentali individuali dal punto di vista tecnico ma soprattutto tattico. Il fondamentale visto come atto motorio, cioè scelta cosciente di una risposta funzionale alla situazione. Si deve lavorare per individualizzare l’insegnamento, sviluppando la capacità creativa dei giocatori. Una diretta conseguenza di questa impostazione è lo sviluppo della responsabilità individuale dei giocatori. La capacità di trovare una soluzione personale alla situazione proposta dal campo, sviluppa la loro indipendenza e l’abitudine a risolvere da soli le situazioni proposte dal gioco. La specializzazione viene messa da parte a favore della crescita totale del giocatore. Il processo d’insegnamento è funzione del giocatore che noi desideriamo. - Vogliamo una scimmietta ammaestrata? Useremo urla, bastone e carota e proporremo una sierre di esercizi meccanici, degli stereotipi. - Vogliamo un essere pensante? Dovremo creare un atleta autonomo nelle scelte, proporremo degli esercizi in cui creeremo dei problemi che il giocatore dovrà risolvere, trovando la soluzione più opportuna. Sapendo che la funzione dell’allenatore-istruttore deve sempre tendere a scemare, lungo il percorso d’apprendimento, per diventare un allenatore-tattico, mentre l’allievo si trasforma in maestro di se stesso. All’interno di questo sistema didattico è fondamentale sottolineare l’importanza del lavoro individualizzato (anche solo ¼ d’ora al giorno), inteso quale momento di approfondimento del rapporto tecnico e personale tra l’allenatore ed il giocatore. Ogni istruttore deve quindi definire i suoi modelli e da questi derivare i principi della sua metodologia d’insegnamento. L’applicazione pratica di questi principi produrrà le progressioni didattiche da utilizzare in palestra. Analisi del processo d’insegnamento Nel processo d’insegnamento possiamo definire una prima fase di proposta del fondamentale, attraverso la spiegazione e la dimostrazione, ed una seconda fase di analisi e miglioramento del gesto attraverso la correzione. Spiegazione La spiegazione è un invio di comunicazioni al fine di insegnare. 2
L’istruttore necessita della conoscenza approfondita di ciò che va ad insegnare: deve essere uno studioso della pallacanestro. In più deve comprendere le capacità motorie, razionale ed emotive di chi apprende. Il linguaggio deve adattarsi come un vestito ai ragazzi. - Parlare in modo conciso, chiaro: la prima cosa da definire è lo scopo dell’esercitazione, dare l’idea di ciò che vogliamo fare, poi la tecnica. Per esempio: Ti voglio insegnare a fare canestro, come lanciare la palla nel canestro. - Definire i punti chiave su cui fissare l’attenzione. Quando si insegna un movimento nuovo ricordiamo che quanti più riferimenti si danno, tanto più sarà difficile eseguirlo per i ragazzi e correggerlo per noi: una, massimo due, informazioni alla volta. Per esempio: Nell’insegnamento del tiro: occhi nel canestro; appoggio dei piedi; mano sul pallone; chiusura della mano “nel canestro”. 1. L’impostazione della mano di tiro sulla palla e la sua spinta. Inizio con un tiro da sotto per poi allontanare, gradualmente il giocatore. 2. L’utilizzo della mano guida. 3. La spinta coordinata di braccia e gambe. 4. Il tiro successivo ad un palleggio; 5. Il tiro da ricezione di un passaggio: Auto passaggio Passaggio battuto Passaggio diretto Nell’insegnamento del tiro si deve tenere conto dello sviluppo delle qualità motorie dell’atleta: 1. Tiro piazzato 2. Tiro in elevazione 3. Tiro in sospensione, facendo attenzione che il giocatore abbia acquisito la tecnica corretta di tiro ed abbia la capacità motorie necessarie ad eseguire questo gesto. Nel comprendere le reazioni emotive di un giocatore si deve notare la presenza di un abbattimento o di un euforia in corrispondenza dell’esito di una esercitazione, per dare il giusto valore a ciò che accade. Nell’adattare le parole al livello razionale del giocatore che, per esempio, non da una corretta rotazione alla palla nel tiro: Con un giovanissimo diremo: la palla non gira! Con un giocatore maturo diremo: La palla non ha un corretto spin! Dimostrazione “Un’immagine è meglio di cento parole”, recita un vecchio adagio, per cui è buona abitudine accompagnare la spiegazione con una dimostrazione. Per esempio, nell’insegnare la corretta posizione difensiva, si può: a) spiegare: “Prendi la posizione basso con le gambe, con i piedi larghi quanto le spalle, o un po’ di più, il peso equamente distribuito, le braccia larghe con le mani all’altezza dei fianchi, muovi i piedi per andare dove vuoi.” b) assumere la corretta posizione e dire: “Prendi questa posizione, piegato sulle caviglie, e sposta i piedi nella direzione in cui ti vuoi muovere.” Chi deve dimostrare? L’allenatore: se ne è capace, nel senso di poter effettuare una dimostrazione fluida. L’errore nel risultato ci può essere, ciò che conta è l’esecuzione. Per esempio, nel dimostrare la tecnica di tiro libero, l’allenatore esegue un gesto corretto, ma il tiro non va dentro. Ciò che conta è l’esecuzione, l’errore è una componente dell’esercitazione. Un giocatore: in questo caso si possono utilizzare a rotazione tutti i giocatori, e nel caso in cui qualcuno sia più in difficoltà, spiegare in anticipo ciò che deve dare. Accentuare i punti chiave del movimento: per sviluppare nei ragazzi la capacità di auto analisi del movimento, valutando se è necessario spezzare l’esecuzione e la dimostrazione in più segmenti. Il numero di ripetizioni dipende dalla complessità del gesto: un passaggio verrà ripetuto un paio di volte, un movimento di 1 > 1 va dimostrato più volte. Per una corretta metodologia d’insegnamento si deve fare attenzione alla progressione con cui si lavora ed al rispetto dei tempi di passaggio da una fase all’altra.
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1. Nella prima fase di apprendimento del fondamentale preferisco lavorare staticamente. Il ragazzo deve imparare il gesto, probabilmente, in questa fase, lo controlla visivamente, seguendolo per segmenti, ed accompagnando con le parole il movimento (il tiro è corto, è lungo; la palla mi scappa di mano …). Per esempio, nel terzo tempo, dopo avere mostrato l’intero movimento, a seconda del sistema che voglio utilizzare, analitico o globale, comincio, in modo analitico, insegnando il tiro da sotto, poi aggiungo un passo prima del tiro, per poi partire dal palleggio; o in modo globale dalla corsa con stacco, al recupero della palla e tiro, etc. Il lavoro va prima assimilato con la mano forte per poi passare gradualmente alla mano debole. 2. Nella seconda fase di rielaborazione e progressiva automatizzazione del fondamentale, lo faccio eseguire in movimento con esercitazioni pratiche. Il gesto viene rielaborato, eseguito con un minore dispendio di energie e con un controllo cinestetico sempre maggiore. In questa fase devo stimolare l’atleta a mantenere l’attenzione rivolta sul risultato del gesto, più che sull’esecuzione del gesto. Per esempio, in questa fase utilizzo degli esercizi in corsa in cui propongo il terzo tempo in modo globale all’interno di diverse situazioni: Elementari, ricezione di palla da un appoggio: battuto a terra passaggio diretto Complesse, in cui il fondamentale si accoppia con altri movimenti: treccia, esercizi di contropiede, etc. 3. Nella terza fase il gesto viene gestito inconsciamente, tatticamente in funzione della situazione di gioco, immetto delle situazioni di stress: tempo di esecuzione, difesa, etc. Per esempio, utilizzo esercizi in cui devono realizzare un certo numero di canestri per unità di tempo, prevedo la presenza di un difensore che ostacola il tiro, per poi arrivare ad esercizi agonistici. A questa terza fase appartengono gli esercizi di scelta nell’uso del fondamentale. Per esempio, nell’insegnamento dell’1 > 1 con palla, è stato di grande interesse ciò che ha mostrato Pete Newell: partire dall’insegnamento delle singole soluzioni di 1 > 1, insegnate senza difesa, sempre curando la corretta esecuzione di ogni fondamentale. Insistendo con successive ripetizioni, 3-4 ripetizioni prima di cambiare il giocatore; difesa passiva dell’allenatore che da una chiave di lettura all’attacco, sempre mantenendo il principio delle ripetizioni successive, per stimolare il giocatore a provare i nuovi movimenti; difesa agonistica, stimolando il giocatore a provare le soluzioni nuove: la motivazione viene data sottolineando l’esecuzione e non il risultato. Nel caso di una corretta scelta non conclusa, però, con un canestro: “Bravo hai scelto il giusto lato di penetrazione.” Correzioni Il primo concetto da sottolineare è quello del feedback: è il processo con cui il soggetto si rende cosciente di ciò che sta facendo di giusto o di sbagliato. Dalla capacità di dare all’atleta il corretto feedback, nonché dalla sua capacità di elaborare i feedback visivi legati alla sua esecuzione, deriva il miglioramento dei gesti. L’atleta sente, l’allenatore vede. La prima fase della correzione consiste nella ricezione di comprensione del messaggio, ovvero nell’analisi del gesto: analisi comparazione del gesto, considerare la personalizzazione determinare l’errore, la causa, la correzione scelta dell’errore da correggere, il più semplice A questo punto si inserisce la comunicazione della correzione. L’errore deve diventare un test d’approccio per migliorare, non un insuccesso. Perché ciò avvenga è fondamentale che questo diventi un nostro atteggiamento ancor prima che il giocatore; se io reagisco ad un errore alterandomi, abbattendomi, il giocatore lo percepirà come un insuccesso. L’allenamento è quindi prima per noi istruttori, poi per i giocatori. Nell’inviare il feedback ho presente tre principi generali: tenere conto dell’individuo precisione dell’informazione scelta del tempo 4
Tenere conto dell’individuo Piccoli passi, poche notizie precise adatte dal punto di vista cognitivo e motorio a chi le deve ricevere, il livello dei dettagli delle correzioni deve essere conforme alle conoscenze ed abilità di chi le riceve. Per esempio, con un giocatore agli inizi, dovendo correggere l’abitudine di guardare la palla durante il palleggio: Sì: Perché palleggi? Per spostarti con la palla per il campo, evitando gli avversari e vedendo i compagni cui passare la palla. Quindi, come devi palleggiare? No: Gli dico, palleggia con la testa alta, spingendo forte la palla verso il basso. Nel caso l’esercizio sia svolto da più giocatori contemporaneamente, non dimenticare di rivolgere, di volta in volta, correzioni ed elogi a tutti. Nessuno deve sentirsi trascurato o perfetto. Precisione dell’informazione Approccio positivo, valutazione costruttiva dell’errore, attacco genera difesa! Sgridate ed insulti provocano chiusura. I commenti vanno riferiti alla performance e non alla personalità dell’atleta. Per esempio, un giocatore non difende bene in una situazione di 1 > 1, restando alto sulle gambe. Sì: devi piegare le caviglie, e muovere i piedi se vuoi difendere bene. No: Non hai le p… , vedi che non sei capace di difendere su nessuno. Se è il caso di apprezzamento personale va fatto in modo diretto ed in sede appropriata. Sforzarsi a cogliere l’aspetto positivo (tecnico, motorio, mentale), in ogni esecuzione. Dare indicazioni dirette nella correzione: evitare messaggi confusi. Per esempio, nel correggere il tagliafuori difensivo: Sì: Sul tiro, taglia fuori il tuo uomo, prendendo contatto con lui. No: Sul tiro devi tagliare il tuo uomo, ma fai attenzione che devi essere pronto a ricevere il passaggio di apertura del contropiede. specificare chiaramente ciò che si vuole, non più di una, due informazioni. Per esempio, nel correggere l’1 > 1 con palla: Sì: Giorgio, quando ricevi la palla, vedi se puoi tirare, se no te la senti passa e taglia; scegli se andare a canestro o bloccare la palla, se il tuo avversario si avvicina, battilo 1 > 1. Verifica che il messaggio sia arrivato e verifica delle reazioni corporee ed emotive del giocatore, la sua mimica facciale, l’eventuale presenza di smorfie ci può dare l’indicazione degli effetti emotivi del messaggio. Sapendo che nel processo di apprendimento la sfera emotiva è determinante per l’acquisizione di nuovi comportamenti, il nostro compito, come istruttori, è quello di verificare continuamente il tipo di emozioni e la loro intensità. Scelta di tempo Analizzare bene la correzione da fare e proporla solo quando si è sicuri di ciò che si dice. Per esempio, osservando un tiro cercare di capire quale è l’errore principale; in presenza di più errori cercare di correggere il più semplice, per motivare al lavoro il giocatore. Proporre la correzione quando la può recepire, alla fine del gesto, prima della successiva ripetizione. Per esempio, nel corso dell’esecuzione di un esercizio di tiro l’invio di messaggi continui (chiudi il polso, attento al gomito, etc.) provoca solo interferenze al gesto. Il nostro cervello può elaborare una sola informazione alla volta. Aspettare la fine, osservando e poi valutare la correzione da fare. Valutare il tipo di esercitazione che si utilizza, se stiamo lavorando sulla percentuale di tiro non possiamo correggere un aspetto tecnico, ma dovremo trovare una situazione analitica per farlo. Dare frequenti suggerimenti, evitare che il sovrapporsi di errori ingigantisca il problema. Per esempio, nel lavoro quotidiano dedicato agli esercizi non passare sopra agli errori. I lunghi non prendono bene posizione, commettono infrazioni perchè sono in cattivo equilibrio, non sono bassi. Interrompere ed insistere sul particolare. Ma attenzione, potrebbe dipendere da “pigrizia”, o anche da una cattiva condizione fisica. All’interno di un esercizio di costruzione del gioco di squadra, sottolineare e correggere tutti i particolari dei fondamentali individuali. Correzioni a secondo del livello di apprendimento dei giocatori Principianti La correzione deve essere continua per creare il corretto schema motorio del fondamentale. Una cosa alla volta, di più il nostro cervello non ne recepisce.
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Per esempio, nel tiro non c’è una corretta rotazione della palla, estrapolare il particolare, lavorando, per esempio, stesi per terra, tirando verso l’altro, per imparare a fare girare la palla. Medio Man mano che l’apprendimento procede e la capacità motoria di ripetere il gesto in modo automatizzato migliora, i feedback devono diminuire progressivamente per rendere più indipendente l’atleta dall’istruttore. Per esempio, in questa fase insistere sulle correzioni con domande. Cosa credi sia l’origine dell’errore? Dare per esempio dimostrazioni differenti e chiedere quale sia la giusta esecuzione. Aiutare loro a trovare l’errore. Alto I feedback saranno occasionali, per essere certi che ciò che stanno eseguendo sia corretto. In questa fase le correzioni vanno indirizzate sull’attenzione, l’errore deriva da una scarsa concentrazione generale. Anche qui il meccanismo che prediligo è la domanda. Per esempio, un giocatore sbaglia un tiro, forzando. Cosa, secondo te, hai sbagliato? Utilizzo funzionale delle punizioni Spiego la situazione che voglio evitare, avvertendo l’atleta prima di punirlo. Controllo le emozioni nel punire, evitando di presentarle con ostilità, criticando, urlando. Devo avere coerenza nell’atteggiamento. Sempre lo stesso atteggiamento verso tutti i giocatori. Uso le punizioni solo quando necessario e sempre enfatizzando ciò che c’è di positivo nello sforzo di migliorare e correggersi. Per esempio, i miei giocatori non corrono in allenamento, sia per cambiare le posizioni, che gli esercizi. Lì avverto che, se non corrono, li punirò con uno sprint. Tutti insieme, è la squadra che perde se non è rapida nelle reazioni. Alla prima occasione di errore ricordo loro che non sono stati rapidi nello spostarsi e li schiero sulla linea di fondo per uno sprint. Il gioco del basket prevede di reagire rapidamente. Conclusione In conclusione voglio sottolineare l’importanza del rapporto allenatore – atleta, inteso come scambio di comunicazioni tra individui nella loro unicità. Per una corretta crescita dei nostri ragazzi è un punto da non dimenticare. Il successo del nostro insegnamento nasce dalla nostra capacità di trasmettere ai ragazzi le giuste informazioni tecniche e la mentalità del lavoro finalizzato a migliorare, a vincere ogni giorno se stessi. Alle ultime Olimpiadi di Lillehammer i nostri fondisti al termine della staffetta, hanno così spiegato la loro vittoria: “Il nostro successo non nasce da una scuola, ma da una cultura del lavoro.” Io istruttore devo trasmettere questo valore, l’importanza del lavoro quotidiano teso al miglioramento individuale ed alla crescita personale. Insegniamo con attenzione, sviluppiamo la capacità di analisi, curiamo i particolari di ogni gesto ricordando che: l’allenatore di basket deve essere un buon istruttore di sport individuale all’interno di uno sport di squadra.
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Fondamentali d’attacco Guido Saibene Il passaggio: tecnica e tattica Nello spazio a mia disposizione non tratterò la tecnica specifica dei vari tipi di passaggio. Vorrei, invece, puntualizzare gli aspetti tecnici che hanno in comune e che ritengo necessari per una corretta esecuzione del passaggio. Ricerca e raggiungimento dell’equilibrio Nell’esecuzione dei fondamentali individuali la ricerca ed il raggiungimento dell’equilibrio, deve essere una costante. Equilibrio e padronanza del proprio corpo devono essere anteposti alla velocità di esecuzione. Ricercare nella fase di apprendimento tecnico la velocizzazione estrema di un movimento può risultare decisamente improduttivo, se non addirittura controproducente. La velocità dovrà arrivare solo in seguito, e, cioè, quando i gesti atletici e tecnici sono stati memorizzati. Ricezione, presa e posizione delle tre minacce Ricezione e presa corretta consentono il rapido utilizzo di tutti quei fondamentali offensivi (tiro, penetrazione a destra e a sinistra, passaggio), di cui un giocatore deve essere dotato. Il loro insegnamento è strettamente collegato. Chi vuole ricevere deve mostrare una mano di riferimento (dare un bersaglio) e andare velocemente verso la palla, afferrandola in volo con decisione, come fosse un rimbalzo (cosa importante soprattutto contro difese pressante). Andare incontro al pallone è necessario per ridurre la distanza del passaggio e, conseguentemente, la possibilità di intercettamento da parte della difesa. Il possesso della palla attraverso la presa è vincolato alla corretta posizione delle mani. Fine è quello di ottenere il pieno controllo dell’attrezzo e consentire una rapida esecuzione di tiro, penetrazione o passaggio. Personalmente preferisco che il giocatore tenga le mani sulla palla, in modo che sia pronto per il tiro. La mano che tira sarà, quindi, dietro la palla, mentre l’altra risulterà laterale (avrà funzione di aiuto); i pollici formeranno una “T”. La palla va tenuta con tutte e dieci le dita, più precisamente con i polpastrelli, che ne sono la parte più sensibile, e deve essere portata all’altezza del petto (sul fianco relativo alla mano forte), per avere immediata possibilità di tiro, penetrazione e passaggio. Contemporaneamente, il corpo dovrà assumere una posizione raccolta, molto simile a quella di uno sprinter (gambe piegate, busto leggermente inclinato in avanti, piede corrispondente alla mano forte un poco più avanzato rispetto all’altro, occhi puntati al canestro). Una posizione del genere, caricata e nello stesso tempo estremamente reattiva, permette al giocatore in possesso di palla di minacciare sia un tiro, sia un’entrata in palleggio o un passaggio (posizione delle tre minacce), non permettendo all’avversario diretto una facile scelta difensiva. La visione periferica Per un attaccante in possesso di palla è indispensabile vedere cosa c’è tra se ed il canestro. La visione periferica lo consente, permettendo la lettura globale delle diverse situazioni di gioco. Il giocatore che guarda dove vuole passare, dà riferimenti precisi non solo al proprio avversario, ma anche al difensore del compagno che ha intenzione di servire (passaggio telefonato). Tale comportamento rende il passaggio estremamente prevedibile e facilmente intercettabile. Vedere non è fissare. La visione periferica va, quindi, allenata, migliorata con appositi esercizi. Le finte Sono indispensabili per mettere fuori equilibrio o fuori tempo la difesa, qualora il passatore non disponga di un evidente vantaggio iniziale. Hanno lo scopo di indurre l’avversario ad una qualsiasi reazione, al fine di trovare lo spazio utile al passaggio. L’idea è quella di far credere al difensore di volere passare la palla da un determinato punto, salvo poi farlo, dopo la sua reazione, da un’altra posizione. La finta viene così ad assumere grande importanza prima di far partire la palla. Per la corretta esecuzione del movimento deve essere curata la velocità con la quale la si esegue.
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La velocità della finta: 1. non deve essere troppo veloce, da non dare il tempo alla difesa di reagire. Non sono i movimenti veloci ad essere i più produttivi. Ciò che conta è infatti il cambio di velocità, inteso come incremento o decremento della velocità, per impedire alla difesa di prendere il ritmo dell’attacco. 2. non deve essere troppo lenta, da non provocare alcuna reazione. Dovrà, invece, effettivamente muovere i difensori più vicini, così da farli arrivare in ritardo sulla reale direzione del passaggio. Prendiamo ora in considerazione una situazione di gioco molto ricorrente, come quella del passaggio guardia-ala, ed analizziamola in funzione di chi riceve e di chi passa. Chi riceve deve: - andare incontro alla palla per accorciare il passaggio per fornire il giusto angolo di passaggio (migliorare l’angolo di passaggio) [esempio, smarcamento a “V” … prendere un piccolo contatto] - dare un bersaglio parlare con le mani (O.K. anche l’uso della voce) Chi passa deve: - stare piegato sulle gambe La ragione di questo particolare va così motivata: la ricerca di un migliore equilibrio, di un maggior controllo del corpo; per non subire la pressione della difesa (posso assorbire le spinta ed “entrare” nella difesa); riesco a dare maggiore forza alla palla nel momento in cui passo. Il passaggio così esce più veloce, teso, preciso e non lento, parabolico. - Accompagnare il passaggio con un passettino (1/2 passo) Nel passaggio trascuriamo spessissimo di fare un piccolo passo di accompagnamento nell’attimo in cui lanciamo la palla. Vogliamo curare questo particolare perché: non si rischia di perdere l’equilibrio; si accorcia il passaggio; si crea un angolo di passaggio ottimale, senza dover ricorrere all’uso del palleggio (uso meno fondamentali ed ho minore possibilità di errore e concedo meno tempo alla difesa per reagire); Esempio, smarcamento a “V” … prendere un piccolo contatto - passaggio ala - pivot basso dopo allineamento). nel momento in cui completo un fondamentale posso iniziarne un altro (se pressato posso passare e tagliare contemporaneamente, togliendo il tempo alla difesa per posizionarsi correttamente). Esempio, passare e tagliare - dai e vai come continuazione dell’1 > 1, spezzare un raddoppio di marcamento; Komazec finta il tiro per poi passare e tagliar - Passare la palla al momento giusto Quando il compagno si è liberato, quando la chiama, quando le cose stanno per accadere e non quando sono già avvenute. - Nel punto giusto, dove il compagno la vuole - Nel modo giusto, lontano dalle mani del proprio difensore, lontano dalle mani del difensore del compagno che deve ricevere - Con la forza giusta, in funzione della distanza fra chi passa e chi riceve (non vogliamo passaggi troppo lenti, né passaggi che pieghino le mani del compagno) - La chiusura del passaggio Quanto alla esecuzione puramente meccanica del passaggio - Il corpo deve essere sempre a protezione della palla - è consigliabile eseguire il passaggio lateralmente a due mani (si può chiuderlo con una sola mano) Tattica del passaggio Sapere sempre a chi si sta passando e in quale situazione si trova: in situazione di grande velocità? Per esempio in contropiede? Marconato non è Basile. In situazione di grande pressione fisica? Per esempio un difensore appoggiato che spinge? A. Vedi passaggio ala - post basso. 8
B. Vedi passaggio ala - post alto. C. Vedi passaggio guardia - ala (Oscar) Chiave: il passaggio battuto a terra, lontano dalla difesa, per aiutare il compagno a capire quando andare a prendere la palla. N.B. Quando la palla batte a terra è il momento di lasciare il contatto e andare a ricevere. Concludiamo con una serie di esercizi inerenti il passaggio.
Giocatori disposti come da diagr. 1. A coppie si passano la palla, al segnale del Coach, quelli senza palla devono muoversi nella metĂ campo opposta e continuare a passarsi la palla fino a nuovo segnale. Giocatori disposti come da diagr. 2. A coppie devono mantenere la giusta spaziatura sul movimento della palla, prima del passaggio. Variante 1: come il precedente, con un difensore che cerca di intercettare la palla. Giocatori disposti come da diagr. 3. 1 passa a 5, X1 che va a difendere su 5. 1 sale per ricevere da 5 e tirare (diagr. 4).
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Lo stretching Piero Mango Se si parte dal presupposto che lo stretching è un metodo di allenamento, sarà più facile considerare (nella giusta misura) i principi sui quali si basa. L’approccio esatto per questo tipo di allenamento è porsi il problema di “sentire” il proprio corpo, cosa possibile solo attraverso una buona concentrazione. Fondamentale, inoltre, è la comunicazione tra istruttore ed allievo: l’istruttore dovrà saper trasmettere l’utilità di questo lavoro (già personalmente sperimentato). Principi di base nell’uso dello stretching 0. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Si lavora sul proprio corpo Predisporre una sequenza stabile di esercizi Eseguire lentamente i passaggi Evitare assolutamente i molleggi Abbinare sempre la respirazione Evitare qualsiasi sensazione dolorosa Provare gli esercizi su se stessi Personalizzare le posizioni
1) Si lavora sul proprio corpo Molto spesso non ci si rende conto che si sta lavorando su se stessi. È, quindi, importante prestare attenzione alle sensazioni del proprio corpo, evitando che durante lo stretching ci sia una perdita di concentrazione, con chiacchiere tra compagni o con “comunicazioni di servizio” di dirigenti o del coach. 2) Predisporre una sequenza stabile di esercizi Una corretta sequenza di esercizi determina l’allungamento di tutti i gruppi muscolari interessati; cosa che, in alcuni casi, sarebbe difficile se, ad esempio, l’allungamento dei muscoli flessori delle gambe non precede quello degli estensori. Inoltre, si facilita la memorizzazione degli esercizi ,partendo dalla testa e scendendo verso i piedi. 3) Eseguire lentamente i passaggi Poiché lo stretching rappresenta un lavoro propriocettivo di allungamento muscolare, sia la ricerca della posizione che un ritorno troppo rapido dall’allungamento alla posizione di normalità, non consentendo il giusto controllo sull’esercizio, potrebbero causare traumi. 4) Evitare assolutamente i molleggi Eseguire lo stretching molleggiando può provocare dei microtraumi alle fibre muscolari che possono essere causa di dolore o, a lungo andare, di lacerazione delle fibre stesse. 5) Abbinare sempre la espirazione È assolutamente necessario non effettuare esercizi di stretching in apnea, abbinando alle fasi dell’esercizio una corretta sequenza di respirazione. 6) Evitare qualsiasi sensazione dolorosa Poiché il sistema neuromuscolare è predisposto per reagire a una sensazione dolorosa con una contrazione, bisogna evitare il raggiungimento della “soglia del dolore”. 7) Provare gli esercizi su se stessi È fondamentale che l’istruttore verifiche in precedenza cosa succede su se stesso, per poi poter riuscire a comunicare con il soggetto con cui opera, le caratteristiche del lavoro e dell’esercizio specifico. È di fondamentale importanza trasmettere il messaggio che lo stretching è qualcosa di utile. 8) Personalizzare le posizioni Poiché non esiste una posizione di allungamento standard, efficace per tutti, il singolo atleta dovrà trovare la “sua” posizione che gli consente di “sentire” il gruppo muscolare su cui si sta lavorando, ed ottenere l’allungamento ottimale. Gli esercizi di stretching possono essere attuati in diversi modi:
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È opportuno che lo stretching venga effettuato da soli o al massimo con il preparatore, in quanto il lavoro a coppie con un compagno potrebbe non essere utile, se non dannoso, in quanto risulta difficile, se non sia ha molta esperienza, dosare la forza necessaria per allungare i muscoli di un’altra persona. L’uso dell’appoggio è utile per evitare posizioni troppo complesse o carichi troppo elevati a livello articolare. Uso dello stretching · Attività iniziale per sedentari · Riabilitazione Per infortunio Post operatoria · Allenamento · Gara Prendiamo in esame solo le ultime due categorie che andremo poi a sviluppare nelle molteplici situazioni applicative. È consigliabile effettuare lo stretching in fase preparatoria dopo una breve corsa blanda, in quanto una fase di preriscaladamento prolungata non controllata potrebbe creare problemi, anche se è diffusa la pratica di un preriscaldamento che preceda lo stretching. Anche durante l’allenamento gli esercizi di stretching possono essere utili, sia prima di un esercizio particolarmente impegnativo per meglio predisporre la struttura neuromuscolare, così come dopo un esercizio impegnativo per facilitare il recupero ed evitare contratture difensive. Alla fine dell’allenamento sarebbe utile predisporre delle mini sequenze da utilizzare per i gruppi muscolari maggiormente sollecitati durante il lavoro per favorire il deflusso dei lattati e, quindi, un recupero più rapido.
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Talvolta in gara capita di prestare meno attenzione allo stretching, perché presi dalla tensione pre-gara, senza considerare che proprio lo stretching può aiutare a concentrarsi e a ridurre le tensioni. Senza dubbio, però, è durante la gara che questa attività non viene utilizzata come si potrebbe e dovrebbe, sia nei momenti precedenti la sostituzione per chi entra in campo, sia nei successivi per chi esce. Come nei momenti di pausa (forzata o prevista), sia per i titolari sia per le riserve. Anche al termine delle gare, così come alla fine dell’allenamento, magari solo per i giocatori più impegnati, sarebbe utile una mini sequenza di esercizi di stretching.
Ogni esercizio di stretching in qualsiasi situazione deve essere effettuato seguendo le indicazioni qui riportate, abbinando la corretta fase respiratoria. Prima fase o di ricerca della posizione. Dura dai tre ai cinque secondi e va effettuata mentre si inspira profondamente. Seconda fase o dello stretching. Dura dai dieci ai venti secondi ed è accompagnata da una espirazione lunga e prolungata. In questo modo si verifica l’annullamento delle tensioni muscolari dovuta ad una prolungata apnea, che oltre tutto impedisce una corretta ossigenazione dei tessuti. Terza fase o recupero della posizione. Deve avvenire in tre - cinque secondi e va abbinata ad una fase di inspirazione. La sequenza degli esercizi di stretching Partendo dalla testa gli esercizi da eseguire sono nell’ordine: · flessione del capo in avanti con seguente abduzione a destra e a sinistra (diagr. a,b,c); · stretching dell’articolazione scapolo - omerale. Si effettua innalzando in alto le mani unite e contrapposta (diagr. d); · allungamento del tricipite ottenuto mediante adduzione del gomito dietro la testa (diagr. e); · dalla posizione seduti a terra portare il capo verso le ginocchia, sollevando i piedi da terra in modo d’allungare i muscoli para vertebrali (diagr. f); · stesi a terra portare gli arti inferiori in flessione massima in modo da estendere i muscoli della schiena ed i muscoli posteriori della coscia. Con gambe molto piegate si ha l’allungamento dei glutei (diagr. g); · estensione del busto all’indietro con l’ausilio di un appoggio per allungare i muscoli addominali (diagr. h); · torsione laterale del busto mantenendo il bacino fermo, ottenendo l’allungamento dei muscoli obliqui (diagr. i); · posizione seduta, a ginocchia divaricate e piedi contrapposti per ottenere l’allungamento dei muscoli adduttori (diagr. l), portare il bacino verso i piedi; 12
· dalla posizione supina, portare una gamba in alto impugnando al terzo medio della gamba con un progressivo ampliamento dell’angolo del ginocchio onde ottenere l’allungamento dei flessori della coscia (diagr. m); · posizione dell’ostacolista per ottenere l’allungamento dei flessori ed adduttori della coscia (diagr. n); · allungamento del quadricipite portando la gamba indietro verso l’alto con la mano che impugna la caviglia (diagr. o); · contro una resistenza fissa allungamento dei muscoli gemelli della gamba, ottenuta mediante estensione del corpo verso un sostegno senza sollevare il tallone da terra (diagr. p); · come l’esercizio precedente ma con l’arto semi flesso, onde ottenere l’allungamento del soleo (diagr. q); · da seduti allungamento delle caviglie con ipertensione delle stesse in basso fuori ed in basso dentro (diagr. r,s).
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Potenziamento e transfer Piero Mango Si deve porre la massima attenzione sui possibili danni causati da un prematuro lavoro di potenziamento. Infatti, l’immediatezza dei miglioramenti ottenuti, grazie ad un’attività di potenziamento precoce, può precludere il pieno sviluppo delle potenzialità motorie dell’atleta. A livello giovanile è indispensabile far precedere ad un lavoro di potenziamento, un’attività di sviluppo delle capacità propriocettive, finalizzata ad una migliore conoscenza e percezione del proprio corpo. Questo tipo di lavoro aiuta a prevenire gli infortuni, soprattutto a carico delle articolazioni. Attualmente rispetto al potenziamento muscolare, si registrano tre grossi filoni di tendenza:
Il primo metodo utilizzato prevede un aumento progressivo del carico esterno, ma ciò determina difficoltà di transfer ed un numero maggiore di situazioni a rischio d’infortunio. Il terzo l’utilizzo di piccoli carichi esterni o l’eliminazione, addirittura, del carico esterno, per ricercare situazioni dinamiche, anche di intensità elevata con il cosiddetto “carico naturale”. Ciò chiaramente facilita il transfer e determina minori rischi di infortunio. La seconda situazione prevede l’utilizzazione di esercitazioni del primo e del secondo metodo in base alle caratteristiche del singolo e agli obiettivi del periodo. In ogni caso il potenziamento muscolare deve essere continuamente sollecitato, anche se in modo diverso, per tutto l’anno e non relegato solo in un determinato periodo della preparazione fisica. A livello generale il potenziamento muscolare è utilizzato per un miglioramento delle prestazioni che, a seconda del tipo di capacità condizionale sollecitata, può esprimersi con una diversa unità di misura. Inserendo queste considerazioni in un ambito specifico come il basket avremo:
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Lo schema precedente mostra che, in particolare a livello giovanile, in corrispondenza del potenziamento muscolare si registra uno scadimento della capacità di prestazione tecnica in rapporto all’attrezzo. Provocatoriamente occorre, quindi, scegliere se rinunciare al potenziamento per non far diminuire il rendimento tecnico, oppure programmare un’attività di potenziamento orientato. Dove con questo termine si intende un intervento che tenga conto della struttura neuro muscolare dei singoli giocatori e che preveda situazioni allenanti quanto più vicine alle situazioni tecniche specifiche. Addirittura si potrebbe rinunciare a fare pesi, perché non è con questo metodo che si costruisce un giocatore di pallacanestro, bensì sviluppando principalmente le capacità cerebrali (percettive, elaborative, mnemoniche, cognitive, intellettive, associative, … ). Se alleniamo a pensare e a gestire il proprio corpo nel modo migliore possibile, per assurdo potremmo anche non potenziare il soggetto come comunemente si usa, in quanto trarremo il massimo beneficio dalle esercitazioni cosiddette “normali” sempre ché ogni volta spingiamo il soggetto ad allenarsi un punto sopra le sue possibilità del momento. Creeremo così delle situazioni di continuo “potenziamento endogeno”. Solo in questo modo e a questo punto si possono utilizzare al meglio determinati mezzi dell’allenamento come ad esempio la pliometria che è eccellente per i giocatori di basket, ma che può diventare inefficace o, addirittura, pericolosa se applicata e utilizzata in modo scorretto. L’esercitazione pliometrica sollecita le capacità elastiche della struttura muscolo-tendinea. Consiste in una caduta dall’alto cui fa seguito un immediato rimbalzo, con un tempo di contatto dei piedi sul terreno inferiore ai 350 millesimi di secondo (vedi figura n. 1 a pag. 21). L’efficacia del lavoro è data dal predisporsi mentalmente al contatto con il suolo, al fine di accumulare l’energia cinetica della caduta come sovraccarico per il successivo rimbalzo. I problemi possono nascere nel momento del contatto con il suolo: un terreno troppo duro può causare infiammazioni tendinee e legamentose; un terreno troppo cedevole rende inefficace il lavoro, in quanto aumenta il tempo di contatto. Il parquet è la superficie ideale. È importante riflettere sulla determinazione delle altezze di caduta, dato che l’altezza di salto non è determinabile a priori. Se non si hanno a disposizione gli strumenti idonei alla misurazione (ad. Es. Ergo Jump), si ricorre ad un test di elevazione. Questo test consiste nel provare cadute da altezze progressive, misurando ogni volta l’elevazione dell’atleta (vedi figura n. 2 pag. 1). I dati rilevati concorrono alla formulazione di un grafico da cui è deducibile l’ACO o altezza ottimale di caduta in quel momento (vedi figura n. 3 pag. 22). Per quanto riguarda l’angolo di piegamento gamba - coscia, è importante che esso non sia inferiore ai 120°, altrimenti si scaricano le catene biomeccaniche.
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Nella tabella seguente si presenta la progressione di un piano di lavoro sperimentale pluriennale, da me condotto con gruppi giovanili, che riproduce un esempio di potenziamento orientato/specifico per il basket. Sperimentazione 1. Lavoro propriocettivo 2. Lavoro con deficit sensoriale indotto 3. Lavoro propriocettivo Espressione tecnica del gesto allenato 4. Lavoro con deficit sensoriale indotto Espressione tecnica del gesto allenato 5. Potenziamento con piccoli sovraccarichi Espressione tecnica del gesto allenato 6. Lavoro con deficit sensoriale indotto Potenziamento con piccoli sovraccarichi Espressione tecnica del gesto allenato Di seguito si riportano alcuni esempi di esercizi utilizzati in questa sperimentazione, per meglio identificare il campo d’azione di ogni singola fase del lavoro. Lavoro sul campo Esercizi n. 1 Obiettivo: lavoro propriocettivo In ogni
ordine sparso, scalzi di fronte all’istruttore: assumere la posizione fondamentale e mantenerla; dalla stessa posizione, spostare il peso del corpo in avanti, sul piede destro e su quello sinistro. (Nel corso di questo esercizio poniamo l’attenzione degli atleti sulla percezione corporea, in particolare sui piedi e sugli arti inferiori.) camminare accentuando il movimento di rullata dei piedi (tallone - pianta - punta). Esercizio n. 2 Obiettivo: lavoro propriocettivo - espressione tecnica del gesto allenato. Una fila di giocatori sotto canestro con palla. Dalla posizione fondamentale, effettuare un passo e tiro (simulando la chiusura del terzo tempo). Esercizio da ripetersi su entrambi i lati. (Riportare in questo esercizio la sensibilità evidenziata nell’esercizio precedente, accentuando l’attenzione sul lavoro del piede di stacco.) Esercizio n. 3 Obiettivo: lavoro con deficit sensoriale indotto. 18
A coppie, un giocatore bendato, l’altro palleggia camminando per il campo. Il giocatore bendato cerca di rubare palla. Esercizio n. 4 Obiettivo: lavoro con deficit sensoriale indotto - espressione tecnica del geto allenato. Un giocatore in lunetta palleggia guardando il canestro. Una fila di giocatori è posta a metà campo e, a turno, cercano di rubare la palla da dietro. Il palleggiatore deve reagire, eseguendo un cambio di mano, verso il lato sicuro, senza mai voltare la testa. Almeno le prime volte, chi ruba palla non deve evitare di far rumore con i piedi. Esercizi n. 5 e n. 6 Obiettivo: lavoro con deficit sensoriale ridotto - potenziamento con piccoli sovraccarichi - espressione tecnica del gesto allenato.
A coppie. Un giocatore bendato con la palla deve passare al compagno dopo che questo lo ha chiamato. Chi riceve il passaggio, riconsegna la palla fornendo sull’esecuzione in modo che il passatore possa correggersi (se necessario). A coppie, a distanza di 6/9 metri, effettuare passaggi due mani petto con palla medica da 2/3 Kg. A coppie, dalla distanza di 8/12 metri, effettuare passaggi due mani petto con pallone da basket.
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1 > 1 con palla Guido Saibene In attacco il nostro obiettivo è quello di fare canestro. Giocare 1 > 1 significa appunto mettersi in condizione di ricevere la palla e procurarsi un tiro. Per ricevere è necessario liberarsi dalla marcatura del diretto avversario attraverso uno smarcamento. L’attaccante che si muove per smarcarsi deve imparare a vedere insieme il compagno con palla ed il proprio difensore per accorgersi di qualsiasi errore difensivo, di cui immediatamente approfittare. Per far ciò, una volta in possesso di palla, deve avere già una scelta offensiva in relazione al comportamento della difesa. 1 > 1 dinamico Nel caso in cui si avveda del ritardo del difensore, l’attaccante sfrutterà subito il vantaggio ottenuto senza dare al proprio avversario il tempo di recuperare. Questo sarà possibile mettendo in atto istantaneamente quanto necessario per batterlo. La casistica è estremamente semplice: - su difensore chiaramente in ritardo, ricevo e tiro (diagr. 5); - su difensore che recupera, prendo la palla con l’idea di fare un tiro (finta di tiro) e batto il difensore che mi corre addosso con una penetrazione (diagr. 6); - su un difensore che arriva posizionato correttamente, gioco l’1 > 1 statico (lo vedremo di seguito, oppure cambio lato alla palla e mi muovo (ideale per giocatori poco esperti).
Chiave: sapere un momento prima di ricevere cosa è meglio fare, sapere cosa fare mentre ricevo palla e non dopo averla ricevuta. È cosa frequente trovare difensori che, nell’affrontare un avversario privo di un tiro efficace, sistematicamente si allontanano da lui, sfidandolo a tirare, non appena questi viene in possesso della palla. Ora se è concettualmente corretto che un giocatore non marcato debba tirare, è altrettanto giusto affermare che una lunga serie di errori da parte di un tiratore avrebbe certo un’influenza negativa sul risultato della partita. Soprattutto, cosa ben più grave, potrebbe avere effetti devastanti sul giovane atleta. Cosa chiedere ai nostri giocatori in questi frangenti? Oltre che preoccuparci ovviamente di migliorare le proprie percentuali di tiro, possiamo suggerirgli di: - cambiare lato alla palla e tagliare contemporaneamente in post basso. Toglieremo così al difensore il tempo per un corretto posizionamento (anticipo), consentendo al nostro giocatore una facile ricezione ed un tiro da sotto (diagr. 7); - passare la palla ed andare immediatamente a bloccare il compagno che ha ricevuto. Questo porterebbe il difensore del bloccante nell’impossibilità di aiutare il compagno bloccato (diagr. 8).
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Così facendo risulteremo, comunque, un pericolo per la difesa e questo darà fiducia ai nostri ragazzi. Nostro obiettivo sarà quello di mantenere sempre l’iniziativa sugli avversari attraverso l’uso corretto dei fondamentali. Volgiamo sempre essere pericolosi con tutti e cinque i giocatori schierati in campo e per esserlo non dovremo preoccuparci esclusivamente di tirare. 1 > 1 statico Si usa nel caso in cui il giocatore che si sta smarcando, si accorge, mentre riceve palla, che il difensore non è in ritardo, ma è posizionato correttamente. Immediatamente, dopo la ricezione, il giocatore assumerà la posizione delle tre minacce e, non disponendo di un evidente vantaggio iniziale, dovrà invitare l’avversario a muoversi al fine di trovare lo spazio utile alla conclusione. Per raggiungere tale scopo, viene usato un piccolo passo iniziale di finta (1/2 passo). L’idea è quella di far credere al difensore di dover contrastare una partenza in palleggio. Per la corretta esecuzione del movimento, devono essere sottolineate alcune particolarità: lunghezza del passo, non deve essere né troppo breve da non invitare ad alcuna reazione l’avversario, né troppo lungo da non consentire successivi movimenti in altre direzioni; Né troppo veloce, da non dare il tempo alla difesa di reagire, né troppo lento da non provocare alcuna reazione. equilibrio statico, errore comune a molti ragazzi è quello di esagerare la portata del passo di finta. Questo determina lo spostamento in avanti del baricentro e l’impossibilità di partire con esplosività verso altre direzioni. Il passo di finta ha lo scopo, come detto, di invitare il difensore a reagire. La scelta della conclusione che l’attaccante dovrà utilizzare sarà in relazione al comportamento del difensore. Questa reazione può avvenire in tre modi diversi: - il difensore non reagisce al passo di finta, partenza in palleggio, allungando fortemente la lunghezza del passo nella stessa direzione della finta (Step & Go); - il difensore arretra, tiro in sospensione. In questo caso assume particolare importanza la lunghezza del passo, che non dovrà spostare il baricentro per poter caricare il tiro senza ulteriori spostamenti (Tiro); - il difensore fa un passo laterale nel senso della finta, allungamento del passo di finta, incrociando la partenza sul lato opposto (Step & Cross Over). Tendenza negativa Il giocatore tiene palla ferma per troppo tempo, avvantaggiando conseguentemente la difesa. Per poter giocare l’1 > 1 statico sono necessarie qualità atletiche e capacità tecniche al di sopra della media. Infatti, sono estremamente pochi i giocatori in grado di giocarlo con efficacia. Per tale ragione l’1 > 1 statico dovrebbe essere insegnato successivamente a quello dinamico. Vogliamo evitare che i nostri ragazzi tengano la palla ferma per troppo tempo. La palla non deve stare ferma se non in mano a determinati giocatori. Didattica dell’1 > 1 Proposta 1 > 0 - apprendimento del gesto tecnico Come si fa - In questa fase si vuole immettere nel bagaglio tecnico del ragazzo una serie di nozioni, mezzi di cui servirsi per giocare 1 > 1. Stiamo lavorando per l’apprendimento, il perfezionamento, la correzione della tecnica di un fondamentale. In questa situazione non deve esserci presenza di alcuna forma di stress agonistico (avversario, risultato, tempo), ne pretendere velocità nell’esecuzione. Se richiediamo ad un giocatore una maggiore cura della frustata nel tiro, non possiamo certo proporgli una gara per farlo. Non si deve imporre nell’esercizio lo stress del tempo o dell’errore, perché l’attenzione del giocatore andrebbe inevitabilmente sul risultato da conseguire e non sul particolare da curare. Quindi, se lavoriamo sulla tecnica non possiamo lavorare contemporaneamente sullo stress fisico e mentale. C’è un enorme differenza tra l’allenamento tecnico (per imparare, per migliorare) e quello agonistico. Quando avremo memorizzato i gesti atletico - tecnici, li alleneremo con maggiore velocità, ritmo, forza per poterli automatizzare. Mai prima! 1 > 1 con difesa passiva Perché si fa - Esiste una grande differenza fra l’insegnamento dei fondamentali fin qui svolti e l’insegnamento dell’1 > 1. Da questo momento, infatti, si inizia ad entrare nello spirito più vero del gioco, 21
cioè la presenza contemporaneamente di due avversari. Situazione, questa, che necessiterà non solo di conoscere i mezzi tecnici cui fare ricorso, ma anche di saperli utilizzare tempestivamente. In questa fase usiamo la difesa passiva per facilitare la lettura delle diverse situazioni, che la difesa può presentare. Per tale ragione sarà l’allenatore e non un giocatore a fungere da difensore. L’allenatore le lacune dei propri giocatori, sa su cosa è meglio insistere e quando sarà il momento di aumentare l’attività difensiva. Giocatori disposti come da diagr. 9. A turno eseguono ricezione, fronteggiano e sulla lettura del comportamento difensivo del Coach, reagiscono correttamente. Il Coach forzerà per ogni giocatore le situazioni nelle quali quest’ultimo è più carente.
1 > 1 ad handicap - Fase che possiamo definire semi agonistica. Vi è la presenza del difensore, che però viene limitato nella sua capacità di azione (per esempio gli è impedito l’uso delle mani, oppure viene costretto a partire in una posizione svantaggiosa rispetto a quella dell’attaccante). Entriamo gradatamente in una situazione di gara, che evidenzia la necessità di usare quel determinato fondamentale e la sua esecuzione appropriata. 1 > 1 agonistico Quando si fa - Infine, attaccante contro difensore, ciascuno con il massimo impegno. Ora serve sapere leggere la difesa ed essere in grado di approfittare dei suoi errori, o delle sue concessioni, nel modo più rapido ed efficace possibile. In questa fase agonistica è comunque possibile svolgere un utile lavoro didattico. Ciò è possibile permettendo all’attaccante 4 - 5 ripetizioni consecutive prima di passare a difendere o andare in coda alla fila. L’avere a disposizione più opportunità di giocare conseguentemente l’1 > 1 porta il ragazzo a: - essere molto assillato dal risultato da ottenere (fare canestro); - mettere maggiore attenzione alla lettura della difesa; - avere l’opportunità di affrontare differenti situazioni create dai diversi comportamenti della difesa. Il giocatore così avrà modo di vedere, analizzare, valutare i propri errori ed i successi, quindi di apprendere e memorizzare quanto fatto. Tutto questo sarebbe sicuramente più problematico usando negli esercizi sistemi di rotazioni diversi (chi attacca va a difendere, chi difende va in coda, chi segna sta in attacco, ecc.) che non sono di per se migliori o peggiori. Hanno semplicemente diverse finalità quali ad esempio esasperare l’agonismo. Conclusioni - In conclusione sino ad oggi cosa ci siamo detti? Abbiamo parlato della necessità di ricercare costantemente l’equilibrio durante l’esecuzione dei fondamentali, di stare bassi sulle gambe, di ricezione, presa, posizione delle tre minacce, visione periferica, finte del passaggio e di come accompagnarlo con un piccolo passo, dell’1 > 1 con palla: dinamico e statico. Abbiamo parlato degli elementi di base del gioco e non della sua organizzazione schematica. Dobbiamo tenere bene a mente che senza i primi non si riuscirà mai a giocare in modo efficace. Per avere una migliore esecuzione tattica del nostro attacco è imprescindibile curare i particolari ed i fondamentali individuali. Quel che serve è una buona tecnica individuale di base e una buona conoscenza del gioco.
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Il Lavoro individualizzato Roberto di Lorenzo Introduzione - Il mio obiettivo, in questa lezione, è di fornire una guida al lavoro individuale, di livello giovanile, quale momento di crescita personale dei giocatori e dell’allenatore. Il lavoro individuale va definito sotto differenti aspetti: - aspetto relazionale, l’allenamento visto come momento di approfondimento del rapporto personale tra l’allenatore ed il giocatore; - aspetto tecnico, analizzare il movimento nella sua complessità per definire le linee dell’intervento. A questo proposito è bene definire il significato di movimento. Per movimento si intende l’atto motorio in se, cioè un movimento finalizzato, che nasce da un progetto motorio legato all’obiettivo che vogliamo raggiungere, Quindi, non il movimento meccanico fine a se stesso. Per esempio, alzare la mano, eseguire il movimento di tiro, ma sempre finalizzato ad uno scopo come alzare la mano per salutare una persona, vedere il difensore lontano e tirare a canestro. Per gesto intendo il movimento finalizzato alla risoluzione di una situazione, individualizzato sulle caratteristiche del singolo individuo. Per esempio la meccanica di tiro viene adattata alle caratteristiche di ciascun giocatore. Morse, Bird, Silvester, il ragazzino del campetto, ciascuno trova una sua personale interpretazione del movimento di tiro a canestro. “È importante che l’allenatore consideri la prestazione anche nell’ottica dei meccanismi mentali che ne rendono possibile e ne favoriscono l’apprendimento e che, successivamente, ne sostengono la realizzazione ad alti livelli.” Credo che a questo punto sia necessario parlare di alcuni concetti generali e darne la definizione. “Per processi mentali intendiamo tutti quei meccanismi che il cervello mette in atto per recuperare le informazioni dall’ambiente (interno o esterno che sia), per analizzare e, comparandole con altre già precedentemente memorizzate, per decidere (in funzione agli scopi che si pone) la risposta motoria da emettere (o per decidere di non emettere alcuna risposta), per programmare la risposta stessa e controllare l’esecuzione”. Quindi, per eseguire un gesto il giocatore riceve le informazioni, le passa in memoria, elabora una risposta, il programma motorio, esegue il gesto e ne controlla l’esecuzione. “Il programma motorio è visto come un’organizzazione predeterminata dell’azione che permette di fare partire e di controllare una sequenza di operazioni bene definite e coordinate in vista dell’ottenimento di un certo risultato.” “Il soggetto si costruirà attraverso l’esperienza dei programmi di base codificati, in cui specificherà di volta in volta solo i parametri in funzione della situazione che vai ad affrontare” Gli elementi del programma motorio appartengono, quindi, a due classi distinte di informazioni: - le invariati, che definiscono la struttura e l’organizzazione generale della risposta (per esempio, nel tiro le invariati sono le componenti della meccanica del tiro). - i parametri che dipendono dalle condizioni particolari dell’esecuzione e che devono essere specificati di volta in volta (per esempio i parametri saranno la distanza, la situazione in cui ci si trova a tirare). Il gesto che vado ad seguire è a questo punto differente da quello “a secco”. A secondo della situazione ci sarà una risposta legata sia alla situazione, sia alle condizioni iniziali del soggetto, ed alle caratteristiche individuali del momento (psicologiche, antropomorfiche e funzionali). In particolare, vorrei mettere l’accento sulla postura. Per postura bisogna intendere, secondo Phelps “quel particolare atteggiamento di base per le attività funzionali, vera espressione di adattamento all’ambiente in vista di determinate finalità motorie”. Questa definizione di postura è, quindi, collegata oltre che a fattori anatomici (altezza, rapporti di lunghezza fra i vari segmenti, distribuzione delle masse, sviluppo muscolare, etc.) anche a fattori funzionali (tono muscolare, schemi posturali ereditari ed acquisiti). Una diversa definizione di postura è la seguente. Atteggiamento abituale di una persona determinato dalla contrazione di gruppi muscolari scheletrici che si oppongono alla gravità. Il movimento è condizionato dall’atteggiamento posturale, che non è un parametro fisso, ma si modifica in vista dell’azione che si va ad eseguire: se io vado a sollevare un secchio, che credo pieno d’acqua, ed invece lo è solo a metà, rischio di rovesciarmi addosso tutta l’acqua, poiché mi sono “preparato, predisposto in base alle informazioni che ho ricevuto” a sollevare un certo peso. Se ricevo un pallone per tirare a canestro e mi viene passato un pallone di eguale forma, ma di peso diverso, la mia azione di tiro sarà sicuramente errata, o , comunque, dovrò rallentarla per adattarmi alla nuova situazione. È evidente che tutto questo è 23
condizionato dal progetto che ho sviluppato, che si determina da come io raccolgo le informazioni dal di fuori e da come le percepisco dentro di me. Il mio intervento tecnico è determinato, quindi, da ciò che io vedo, deve tenere contro sia degli aspetti meccanici del movimento che dei processi mentali che presiedono all’esecuzione del movimento stesso. Sviluppo dell’intervento individualizzato Aspetto relazionale Il lavoro individualizzato nasce, quindi, dalla raccolta di dati che io effettuo osservando il mio atleta, dall’elaborazione di questi dati rispetto alle mie conoscenze, che mi fornirà le modalità del lavoro da svolgere con l’atleta per raggiungere l’obiettivo. Questo processo è lo stesso che svolge l’atleta per eseguire un gesto. Raccoglie le informazioni che gli giungono, le elabora per poi produrre il gesto necessario per raggiungere l’obiettivo. Quindi, dal confronto tra i due individui, l’allenatore ed il giocatore o la giocatrice, nasce la risposta necessaria alla risoluzione del problema: l’allenamento individualizzato. Analisi del gesto Abbiamo detto che si devono osservare gli atleti durante il movimento per ricavare due tipi di informazioni sui fattori che lo influenzano: · fattori meccanici, come la macchina muscolare esegue la meccanica del movimento; · fattori funzionali, come si sviluppano i processi mentali che organizzano il movimento. Analisi dei fattori meccanici: movimenti preparatori; inizio del movimento; sviluppo e chiusura del movimento. Analisi dei fattori funzionali: osservazione e lettura del corpo, risalire ai suoi processi; vista, occhi, punti di attenzione; baricentro, equilibrio del corpo; tensioni muscolari, movimenti a scatto, movimenti associati. Osservo cosa l’atleta fa, di giusto o di sbagliato, l’analisi dl movimento mi fa conoscere gli elementi che servono per poter costruire una proposta didattica. Sulla base di questa osservazione, devo dare al giocatore le modalità per organizzarsi a raggiungere l’obiettivo. Per esempio, in difesa il primo obiettivo è stare tra la palla ed il canestro, devo trovare degli esercizi che diano all’atleta la possibilità di risolvere questo problema. Modalità dell’intervento tecnico Il mio intervento può utilizzare diversi strumenti per raggiungere l’obiettivo: - strumenti tecnici, lavoro su situazioni tecniche specifiche del basket; - strumenti fisici, lavoro con l’utilizzo di mezzi di allenamento generali non specifici del basket. Ma, altrettanto importante è determinare cosa fare per condizionare la motivazione del giocatore e fare passare correttamente il messaggio tecnico. È importante chiedere al giocatore immediatamente dopo l’esecuzione del gesto, di richiamare mentalmente ciò che ha fatto per confrontarlo con le indicazioni dell’allenatore. In questo modo si rafforza il gesto stesso e si verifica la coscienza con cui è stato eseguito. La capacità di immagazzinare queste informazioni insieme alla verifica del risultato del gesto vanno a formare l’esperienza del giocatore. Esperienza che consentirà all’atleta di programmare la risposta direttamente dall’identificazione dello stimolo, in modo automatico. Nello scegliere l’intervento l’allenatore deve comunicare l’obiettivo ed una serie di modalità necessarie all’atleta ad organizzarsi, ma la soluzione che il giocatore troverà, sarà sua personale. Ancora una volta voglio sottolineare l’importanza del confronto consapevole tra due individui differenti. Quando parlò di individuo ho presente che ciascuno ha un suo modo unico, personale di interpretare la realtà, sulla base delle proprie emozioni, idee ed esperienze. Nel valutare il gesto del singolo si deve, a mio parere, tenere conto della: · fluidità del gesto, continuità dl movimento; · diversificazione dal modello che può limitare verso l’alto livello. Osservare l’esecuzione del gesto per determinare in che punto del movimento si vuole intervenire: 1. movimenti preparatori, tutti quei movimenti tecnici che precedono il movimento stesso (per esempio, nel tiro tutti i movimenti fatti per ricevere la palla); 2. inizio del movimento, osservare nel giocatore la postura (per esempio, la posizione dei piedi nell’arresto per tirare; 24
la capacità d’anticipo del movimento in relazione alla situazione – connessione con l’attenzione (per esempio nel tiro la focalizzazione dell’attenzione sul riferimento avversario - pallone nella ricezione, lo spostamento dell’attenzione verso il canestro per tirare, la posizione presa con il corpo e con la palla dopo avere rilevato che la difesa e lontana e mi permette un tiro. Nel lavoro dei punti 1 e 2 il lavoro sarà di tipo globale sul movimento e di tipo analitico sugli aspetti mentali. 3. Sviluppo e chiusura del movimento, interventi finalizzati di uno sviluppo di una corretta esecuzione della meccanica del gesto. In questo caso è possibile intraprendere differenti strade: · proporre delle situazioni globali funzionali alla soluzione del problema (come vedremo in alcuni esemplificazioni): · in modo più tradizionale organizzare una sequenza del tipo: lavoro analitico; globale mirato; globale.
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Lavoro sull’1 > 1 difensivo sulla palla Roberto di Lorenzo Organizzazione generale del lavoro Chiarificazione degli obiettivi: stare tra la palla ed il canestro, attaccare l’attacco. Motivazione al lavoro: l’errore come elemento positivo per migliorare la propria condotta motoria in situazione di gioco. Termini tecnici del movimento: percezione della posizione statica dinamica del movimento: lavoro degli arti inferiori e superiori. Intervento fisico: lavoro sull’equilibrio e sul controllo motorio e transfer tecnico. Come occupare i tempi di recupero: lavoro di stretching. Definizione degli interventi Chiarificazione degli obiettivi Stare tra la palla ed il canestro, attaccare l’attacco, ovvero avere l’iniziativa anticipando i suoi movimenti. L’azione termina con la perdita di possesso della palla: tiro: cercare di ottenere un tiro forzato. passaggio: toccare tutti i passaggi. recupero della palla. Tempi di riscaldamento e recupero Stretching, applicazione dei princìpi della lezione teorica del Prof. Mango. Intervento di tipo fisico Lavoro sull’equilibrio: dalla posizione fondamentale spostamento del baricentro e sensibilizzazione dell’appoggio. Esercizi di dissociazione per gli arti inferiori e superiori. Lavoro di velocità di spostamento: lavoro per il quadricipite femorale di transfert con sovraccarico. Transfert tecnico del lavoro fisico Specchio a coppie Specchio “Crudelia”: messaggio visivo coretto, verbale errato. Prima con il corpo, poi con la palla. Ruba l’anticipo, lavoro 1 > 1 senza palla con un fazzoletto in tasca, cercare di toccare con una mano l’interno del ginocchio e di rubare il fazzoletto con l’altra mano. Tempi di recupero occupati con esercizi di stretching per gli adduttori, flessori e quadricipiti. Intervento di tipo tecnico 1 > 1 statico da palla consegnata Possibilità di 1 > 1 in una sola direzione, solo avanti (diagr. n. 10). Possibilità di 1 > 1 in una sola direzione, avanti e indietro (diagr. n. 11). Possibilità di una finta prima di giocare 1 > 1 (diagr. n. 12).
1 > 1 da recupero di posizione Penetrazione sul fondo (diagr. n. 13). Un palleggio sul centro e penetrazione sul fondo (diagr. n. 14). Penetrazione centrale (diagr. n. 15). Penetrazione sul fondo e ritorno centrale (diagr. n. 16) Agonistico. 26
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Primo allenamento - Lavoro individuale Roberto di Lorenzo - Piero Mango Obiettivi: percezione e coordinazione statico-dinamica delle mani e dei piedi, utilizzo del corpo nella posizione fondamentale di difesa. Stretching localizzato per i muscoli degli arti inferiori: posizione eretta, gambe divaricate, piegamento del busto in avanti con distensione delle braccia verso il suolo (stiramento dei muscoli ischiocrurali); posizione decubito supino, presa al terzo medio della gamba, aprire l’angolo del ginocchio (stiramento dei muscoli ischio-crurali); posizione decubito laterale, flessione dell’arto con trazione verso il gluteo (stiramento del quadricipite laterale); seduti a terra, presa della caviglia con pressione e torsione laterale della stessa (stiramento dei muscoli peri laterali della caviglia), scalzi ricerca della postura della posizione fondamentale: spostamento del peso corporeo su un arto (fondamentale è la concentrazione sulla tensione del quadricipite femorale, in quanto è il muscolo maggiormente interessato nella esecuzione degli scivolamenti difensivi); lo stesso esercizio spostando il peso del corpo sull’arto opposto; lo stesso mantenendo la posizione per 4’’ su ogni arto. In questi esercizi, al fine di verificare una migliore percezione e sensibilizzazione del muscolo, viene consigliato di appoggiare la mano sul muscolo interessato. In appoggio mono podalico, spostamento del peso del corso su di un arto con ricerca dell’equilibrio (lavorare su entrambi gli arti). Stessa sequenza di esercizi con i due atleti che calzano le scarpe da gioco. Atleti in movimento liberi all’interno del campo: corsa in avanti, corsa all’indietro, scivolamenti laterali … . Test “navetta” con lo scopo di rilevare la velocità di esecuzione degli scivolamenti laterali. Atleta disposto come da diagr. n. 17; esegue scivolamenti difensivi laterali per quattro volte, toccando con la mano esterna i due coni a 5 metri l’uno dall’altro.
Variante 1: stessa esecuzione con rilevazione cronometrica. (stimolare continuamente l’atleta a migliorare la propria prestazione,focalizzando l’attenzione sugli errori di esecuzione e sui correttivi da apportare. Variante 2: utilizzo di un piccolo sovraccarico (palla medica da 2 Kg.) Di nuovo senza sovraccarico, per percepire le differenti sensazioni. Esercizio “specchio” - Giocatori disposti a coppie uno di fronte all’altro. Il giocatore “guida” si sposta liberamente per il campo, l’altro scivolando, reagisce alle stimolazioni del compagno, il più rapidamente possibile, cercando di “leggere” le sue intenzioni in anticipo. Esercizio “specchio Crudelia” - Come il precedente, con il giocatore “guida” che può dare false indicazioni verbali (es. “Vai indietro!”, mentre esegue uno spostamento a sinistra). Esercizi di dissociazione del lavoro delle gambe e delle braccia. Questa serie di esercizi, viene proposta prima di passare all’1 > 1 difensivo, in quanto propedeutici al lavoro di tecnica difensiva, dove gli arti superiori si muovono in maniera dissociata rispetto agli arti superiori. Saltelli alternati a piedi uniti e divaricati, con distensione in avanti delle braccia. 28
Saltelli su di una gamba con l’altra che si flette e si estende lateralmente, mentre le braccia eseguono alternativamente una battuta di mani anteriore ed una posteriore. Come il precedente con le braccia che ruotano avanti ed indietro. Come il precedente con rotazione alternata delle braccia. Stesso esercizio con circonduzione dissociata delle braccia. Esercizio “ruba la benda” - Giocatori disposti a coppie all’interno delle circonferenze con una benda sul fianco destro infilata nei pantaloncini. Vince chi per primo tocca tre volte il ginocchio destro dell’avversario con la mano destra o chi con la mano sinistra riesce a rubare la benda. Tecnica dell’1 > 1 difensivo Questa serie di esercizi vengono eseguiti con il difensore che consegna palla all’attaccante e con il supporto di un appoggio al fine di evitare forzature da parte dell’attaccante. Giocatori disposti come da diagr. n. 18. 1 penetra solo verso il fondo, X1 deve contenere la penetrazione. 1 esegue due palleggi verso il centro, per poi penetrare verso il fondo, X1 reagisce e contiene la penetrazione. 1 esegue due palleggi verso il fondo, per poi penetrare verso il centro, X1 contiene la penetrazione.
La stessa sequenza di esercizi viene eseguita con il difensore che passa la palla all’attaccante e corre a difendere (diagr. n. 19). La progressione prevede l’estensione del lavoro su spazi più ampi: metà campo, tutto campo.
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Secondo allenamento - Lavoro di squadra Roberto di Lorenzo - Piero Mango Obiettivi: incremento della velocità e della resistenza alla velocità. Esercizio n. 1 (di attivazione) I giocatori si muovono liberamente per il campo, passandosi la palla con i piedi. Regole: a) la palla non deve uscire dal campo; b) ciascun giocatore non può toccare la palla per più di una volta consecutivamente. Esercizio n. 2 Come il precedente con l’aggiunta di un secondo pallone, che i giocatori si devono passare con le mani. Regole: a) la palla non deve uscire dal campo; b) la palla non deve cadere. Importante è la comunicazione verbale e visiva (dieci dita) tra i giocatori. Variante 1: per aumentare la difficoltà dell’esercizio, vengono inseriti più palloni. Stretching Sequenza di esercizi già visti nell’allenamento precedente. Esercizio n. 3 “Allunghi in progressione” Giocatori disposti lungo la linea di fondo campo, eseguono quattro ripetizioni di allunghi fino al fondo campo opposto. Esercizio n. 4 (di recupero attivo) Palleggio libero per il campo, mantenendo sempre il riferimento visivo del canestro. Per tenere sempre alta l’attenzione e la concentrazione sul compito assegnato, i due istruttori si muovono per il campo, “chiamando” la palla con le dieci dita. Esercizio n. 5 “Scatti a metà campo con la palla” Giocatori disposti sulla linea di fondo campo ciascuno con un pallone. Al fischio eseguono uno scatto fino a metà campo in palleggio, per poi finire a fondo campo con una corsa blanda di recupero (serie di quattro ripetizioni consecutive). Esercizio n. 6 (di recupero attivo) “Tiri liberi” I giocatori disposti sui due canestri, tirano a turno un tiro libero per circa 1’ e 30’’. Viene riproposto l’esercizio n. 5. Viene riproposto l’esercizio n. 6. Esercizio n. 7 Come l’esercizio n. 5, con la variante con chi arriva per primo a metà campo corre a tirare in terzo tempo. Si cura nel palleggio la visione periferica. Viene riproposto l’esercizio n. 6. Esercizio n. 8 Come l’esercizio n. 7, con la variante che il secondo che arriva a metà campo, corre a canestro per concludere in sospensione da 4-5 metri. Viene riproposto l’esercizio n. 6. Esercizio n. 9 “Cacciatori” Giocatori disposti come da diagramma 20. 1 e 2 devono colpire più compagni possibile, lanciando la palla dalla vita in giù. Gli ultimi due superstiti assumono il ruolo di cacciatori. Regole: a) 1 e 2 devono palleggiare e rimanere con almeno un piede sulla linea di metà campo; b) i compagni hanno 10’’ per passare metà campo; c) chi viene colpito esegue dieci addominali.
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Esercizio n. 10 “Tiro a coppie” Tre serie da tre tiri a testa da differenti posizioni. Chi tira va al rimbalzo. Esercizio n. 11 Giocatori disposti come da diagramma 21. 1 esegue auto passaggio, arresto e tiro. Cattura il proprio rimbalzo e corre in palleggio alla massima velocità possibile verso l’altro canestro (lo stesso lavoro viene ripetuto dieci volte consecutive). Viene riproposto l’esercizio n. 10. Esercizio n. 12 “Savy” - Contropiede 3 > 0 in continuità. Discesa a tre in velocità, 1 passa a 2, questi a 3 che conclude a canestro. Chi cattura il rimbalzo esegue il passaggio di apertura per il terzo pronto a ripartire. Esercizio n. 13 “3 > 0 – 2 > 1” Nel 3 > 0, chi tira difende. Esercizio n. 14 “Tutti contro tutti” Tutti i giocatori palleggiano all’interno del campo di pallavolo e cercano di rubare palla ad un avversario, buttandola fuori dal campo. Esercizio n. 15 “Suicidio” con palleggio - 30’’ di recupero - “Suicidio” in palleggio Esercizio n. 16 “Tiri liberi” Ogni giocatore tira tre serie da cinque tiri liberi, memorizzando la percentuale di realizzazione e la sequenza degli errori. Stretching.
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Fondamentali individuali difensivi Giovanni Piccin Prima di iniziare il mio allenamento, riguardante i fondamentali individuali difensivi, voglio sottolineare quelli che sono i princìpi da tenere sempre presenti in questo tipo di lavoro. Pressione sulla palla Una buona difesa di squadra non può prescindere da un forte lavoro di condizionamento sulla palla. L’obiettivo non è tanto rubare la palla ad ogni costo, con il rischio di andare fuori equilibrio difensivo, bensì di tenere sotto costante pressione l’attaccante con palla, in modo tale da rallentare il più possibile lo sviluppo del gioco offensivo. Giusto posizionamento Nel momento in cui si marca un giocatore senza palla, diviene importante sapersi posizionare tra il proprio attaccante e la palla in modo correlato alle diverse situazioni sul campo (un passaggio, due passaggi, lato forte, lato debole, … ). Questo consentirà al difensore di continuare a difendere efficacemente sul proprio attaccante e portare aiuto difensivo sulla palla. Tensione agonistica Ma questi due aspetti tecnici non sono sufficienti a garantire una difesa aggressiva se non coadiuvati da un costante atteggiamento mentale di volontà, grinta e determinazione nel non farsi battere. Aspetto sostanziale di una vera difesa. Questi tre princìpi rappresentano le costanti di ogni esercizio oggi proposto. Esercizio n. 1 “Riscaldamento” Giocatori con un pallone ciascuno. Palleggio libero per il campo (diagr. n. 22). Viene posta l’enfasi sul giusto ritmo da dare all’esercizio; i giocatori nel cambiare mano, direzione, velocità, … devono immaginare situazioni di partite, agonistiche.
Esercizio n. 2 “Prendersi” Giocatori disposti come da diagr. n. 23. Il giocatore ‘cacciatore’ 1 in palleggio con la mano debole, deve catturare, toccandolo, 2 prima che quest’ultimo superi la metà campo. Uso del movimento in arretramento da parte di 2 se si trova in difficoltà, con lo scopo di allargare la distanza da 1 e poi ripartire in avanti. Variante 1: giocatori disposti come da diagr. n. 24; 2 deve toccare 1, che palleggia con la mano forte, prima che questi superi metà campo. Variante 2; giocatori disposti come da diagr. n. 25; con 1 e 2 che devono toccare 3 e 4, prima che questi ultimi superino metà campo in palleggio.
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In tutta questa sotto serie di esercizi, il concetto base è quello di non aspettare in difesa, ma di aggredire la palla (mentalità). Nella variante 2 viene introdotto il concetto di comunicare in difesa. In tutti questi esercizi l’uso del palleggio è un aiuto per il lavoro della difesa, rallentando i movimenti degli attaccanti (fuggitivi). Esercizio n. 3 1 > 1 a metà campo Giocatori disposti come da diagr. n. 26. X1 e X2 consegnano palla rispettivamente ad 1 e a 2, per poi giocare 1 > 1 a metà campo. L’obiettivo è una efficace difesa che faccia ‘muro’, evitando i falli, soprattutto nella fase di tiro. Si finisce con un tagliafuori difensivo. Variante 1: palla su un quarto di campo. Viene addizionata una componente ‘tattica’. Una volta che l’attaccante è stato indirizzato su uno dei sue lati della metà campo, il difensore dovrà impedire il ritorno dell’attaccante verso il centro. All’attacco si chiede di forzare il rientro verso il centro allo scopo di allenare la difesa. Obiettivo finale è quello di chiudere lo spazio operativo dell’attacco, forzandolo verso la linea di fondo, il più lontano possibile dal canestro. Variante 2: 1 > 1 agonistico.
Esercizio n. 4 2 > 2 press Giocatori disposti come da diagr. 27. 1 e 2 concludono a canestro. L’allenatore recupera la palla e rimette per 3 e 4, mentre 1 e 2 vanno rapidamente a difendere su quest’ultimi. Uno dei due attaccanti deve correre verso l’altro canestro, mentre l’altro si smarca per prendere la rimessa. I due difensori devono reagire e marcare entrambe le linee di passaggio, applicando il concetto di posizionamento tra uomo e palla in relazione alla distanza tra l’attaccante e la palla: più breve questa distanza, più netta la posizione d’anticipo difensivo, più lunga la distanza, più staccato verso la palla sarà il difensore. Dopo la rimessa chi marca la palla, dovrà renderle ‘cieco’, applicando una forte pressione sulla palla.
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Esercizio n. 5 2>2 Giocatori disposti come da diagr. 28. 1 e 2 statici nelle loro posizioni si passano la palla, tenendola per 2’’, in modo tale da consentire ai difensori il giusto adeguamento al movimento della palla. Rotazioni: chi attacca va a difendere, chi difendeva va in coda alle due file. Il difensore sulla palla assume la posizione di difesa su un quarto di campo, impedendo il ritorno al centro, aggredendo e mettendo pressione sulla stessa. Il difensore sul lato debole si stacca verso la palla sulla linea di passaggio. Sul passaggio i due difensori si scambiano di ruolo ‘volando’ con la palla, arrivando insieme alla palla (tempo).
Variante 1: l’attaccante con palla può penetrare verso il fondo, la difesa si adegua in relazione alla posizione della palla. Variante 2: come nella variante precedente, con l’attaccante che una volta raggiunto l’angolo può forzare una penetrazione centrale. Variante 3: 2 > 2 agonistico a metà campo. Giocatori disposti come da diagr. 29. Qui vengono ripresi tutti i concetti degli esercizi precedenti, in una situazione reale di gioco. Variante 4: dopo la conclusione i due attaccanti devono muoversi in copertura del contropiede, uno a marcare la rimessa, l’altro il centro del campo. A questo punto i giocatori si riposano attivamente, effettuando due esercizi di tiro il primo di tiro dagli angoli, il secondo di tiri liberi. Primo esercizio tiro dall’angolo Giocatori suddivisi sulle due metà campo e disposti come da diagr. 30. Chi tira va al rimbalzo, passa al primo della fila opposta privo di pallone e segue. Il primo gruppo che realizza cinque canestri vince. Eseguiremo tre gare, che perde farà cinque piegamenti. Secondo esercizio di tiri liberi Giocatori disposti sulle due lunette. Dopo il tiro su un canestro, si va sull’altra metà campo. Esercizio n. 6 2 > 2 difesa sui tagli Giocatori disposti come da diagr. n. 31. - 1 passa a 2, questi a 3. 1 va a difendere su 4 e 2 su 3. 3 ribalta il pallone su 5 per poi eseguire un taglio. Un secondo taglio viene eseguito da 4. 1 e 2 devono difendere su questi due tagli consecutivi, ‘rompendo’ il movimento degli attaccanti, ‘mantenendo’ il dominio dell’area. 34
Esercizio n. 7 Difesa sui blocchi sul lato debole 3 che dopo avere passato a 5, porta un blocco per 4. 1 e 2 difendono su questo blocco, con il difensore del bloccato che passa dietro il blocco. Esercizio n. 8 Volare Giocatori disposti come da diagr. n. 32. X1 deve ‘volare’ con la palla, recuperando la corretta posizione difensiva sul suo attaccante, allorché questi riceve palla. Esercizio n. 9 1>1 Giocatori disposti come da diagr. n. 33. X1 passa palla a 1, questi potrà decidere di attaccare o sulla sua sinistra o sulla sua destre, X1 dovrà reagire prontamente e difendere da una posizione di svantaggio. Esercizio n. 10 Difesa sul post basso Giocatori disposti come da diagr. n. 34. 1 passa a 2, questi a 3, sui passaggi 1 taglia verso l’altro lato e si posiziona in post basso. X1 deve difendere tre quarti in anticipo sopra. Nel momento in cui 1 riceve palla, X1 deve marcarlo da dietro.
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Costruzione di un sistema di gioco per letture Roberto di Lorenzo I principi generali 1. I giocatori devono sviluppare la mentalità dell’1 > 1, battere il proprio avversario è la prima idea. 2. Il passaggio la seconda scelta. 3. Muoversi con cambi di direzione e velocità: per il giocatore senza palla il punto di riferimento è la linea diretta di passaggio, va verso la palla se è anticipato taglia back door. 4. Proporre tutte le situazioni di gioco e di collaborazione, anche con i blocchi, presentati, non come situazioni specifiche, ma a partire dall’analisi dei fondamentali individuali. Questo, perché, in una realtà povera di vissuto motorio generale e specifico dei nostri ragazzi, ritengo sia meglio proporre loro quante più situazioni differenti di gioco fin dall’inizio. Insegno il blocco come utilizzo dell’arresto, del cambio di direzione e di velocità a partire dalla lettura della posizione sul campo degli avversari. Non propongo tutte le possibili letture, ma cerco di stimolare nei ragazzi la ricerca della soluzione più corretta ai problemi che il gioco propone. 5. I fondamentali individuali sono lo strumento didattico principale, la chiave di lettura di tutte le situazioni di gioco. L’equilibrio e l’uso dei piedi: il cambio di direzione e di velocità; gli arresti e l’uso del piede perno; il tagliafuori offensivo. 1 > 1 con palla: il tiro; l’1 > 1 da fermo; l’1 > 1 in palleggio. Il passaggio: Il bersaglio, le dieci dita; l’uso del piede perno; l’uso delle finte. Il rimbalzo offensivo: la tecnica e la mentalità. Le componenti del gioco 1>1 Chi ha la palla deve guardare il suo avversario e vedere i quattro compagni. Fronteggiare il canestro per tirare o penetrare. Passare la palla ad un compagno vicino canestro Passare la palla ad un giocatore perimetrale. Chi non ha la palla deve guardare il suo difensore e vedere i quattro compagni. Giocare contro gli aiuti difensivi. Andare verso la palla per ricevere o tagliare back door se anticipato. Collaborare con i compagni per smarcarsi. Bloccare sulla palla. Spacing E’ il modo più efficace di occupare lo spazio, di avere cioè le migliori opportunità per giocare 1 > 1 con e senza palla ed è fondamentale per un corretto sviluppo dei concetti d’attacco. Utilizzo le linee del campo quale riferimento per una distribuzione equilibrata dei giocatori in campo. Giocatori esterni: si muovono tra l’arco dei tre punti ed il canestro. Giocatori interni: si muovono tra la linea perimetrale dell’area dei 3’’ ed il canestro. Giocatori esterni - interni: si muovono tra l’arco dei tre punti, al di sotto del tiro libero, l’area perimetrale dell’area dei 3’’ ed il canestro. Collaborazione tra giocatori senza palla Tagli per togliere l’aiuto difensivo, regola dell’orologio. Tagli per ricevere la palla, diretti e/o back door. Uso dello stack come posto di blocco. Blocco cieco. Collaborazioni tra giocatori con la palla Blocchi sulla palla. 36
Come insegnare a giocare Sviluppare delle abitudini attraverso gli esercizi per il miglioramento dei fondamentali. 1. La scelta dello schieramento 2. Esercizi per le collaborazioni: 1 > 0, 2 > 0, 3 > 0, uso degli appoggi, situazioni agonistiche 2 > 2 3. Esterni 4. Interni 5. Interni – esterni: 3 > 3, 4 > 4, 5 > 5 La scelta dello schieramento - È funzionale alle esigenze della squadra che si allena. Vi presento tre diversi schieramenti che utilizzo con la Nazionale Giovanile, con la Cadetti e nei Centri Regionali. Nazionale giovanile - La squadra non ha alcun centro vero. Ho scelto uno schieramento con quattro giocatori che partono dal perimetro, di cui uno è un lungo ed un giocatore che parte interno (diagrammi 35 - 37).
Le regole sono: tre esterni, che si muovono tra l’arco dei tre punti ed il canestro; un giocatore interno che parte in post basso lontano dalla palla; un secondo lungo che parte esterno e si muove tra gli angoli ed il perimetro dell’area dei 3’’. L’obiettivo è abituare i lunghi a giocare anche fronte a canestro, scambiandosi di ruolo tra loro. Nazionale Cadetta - La squadra aveva alcuni centri di ruolo, molti esterni e giocatori abituati in categoria a giocare vicino canestro. Si è scelto uno schieramento un po’ più rigido che desse una traccia di gioco ben definita, limitando alcuni movimenti ma lasciando comunque molto spazio all’1 > 1. Lo schieramento adottato prevede: tre giocatori esterni; due interni, uno in post basso ed uno in post alto. I due giocatori in post vengono usati dagli esterni senza palla per smarcarsi. Il post alto può bloccare la palla, giocando a due con un esterno (diagrammi 38-40).
Nei Centri Regionali ho utilizzato spesso uno schieramento con: quattro giocatori esterni; un giocatore interno. In questo caso ho scelto uno schieramento che desse il minor numero di vincoli possibile ai giocatori pur mantenendo il principio di un interno, che poteva essere uno qualunque dei giocatori, per abituare comunque gli esterni a collaborare con un giocatore spalle a canestro. Il giocatore interno aveva come unica regola di bloccare per un compagno prima di andare verso la palla, per ricevere o giocare a due (diagramma 41-42).
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Esercizi per le collaborazioni: uno 1 > 0, 2 > 0, 3 > 0, uso degli appoggi, situazioni agonistiche 2 > 2 Esterni 1 > 0 (serie autopassaggio) – 1 > 1 con un appoggio Martello Caspoggio Maravich Batti la pressione Spacing: 2 > 0 (serie autopassaggio) 2 > 2 con un appoggio 1>1 Backdoor Clock 1 > 1, dai e vai Interni 1 > 0 (serie autopassaggio) Duke Flash pivot Maravich Collaborazioni 2 > 0 Spacing 2 > 2 con un appoggio Alto - basso Flash pivot Blocco e giro Interni - esterni Clock Spacing 2 > 2 con un appoggio Messina Un - Out Spacing Maravich Feed the post 2 > 2 con un appoggio Stack Basso 2 > 2 con un appoggio Alto Blocchi ciechi Feed the post 2 > 2 con un appoggio Piva Blocco sulla palla Spacing 2 > 2 con un appoggio 3 > 0 passa e corri Due esterni con 4 Due esterni con 5 Un esterno con 4 e 5 4>0 Passa e corri Tre esterni con 4 Tre esterni con 5 Due esterni con 4 e 5 3 > 3 situazioni organizzate in modo graduale, dal 3 > 0 come esercizio di riscaldamento e tiro, con una sequenza didattica. 38
Due esterni con 4 2 esterni con 5 Un esterno con 4 e 5 4 > 4 situazioni organizzate in modo graduale, dal quattro contro zero come esercizio di riscaldamento e tiro, con una sequenza didattica. Tre esterni con 4 Tre esterni con 5 Due esterni con 4 e 5 5>5 Metà campo Possessi Volley Contropiede Restrizioni Tutto campo. Esercizio “1 > 0 serie auto passaggio”: Giocatori disposti come da diagr. 43. Il primo della fila esegue nell’ordine: auto passaggio, ricezione, fronteggiare il canestro, partenza incrociata e tiro in terzo tempo. Da questo movimento base possiamo inserire tutte le varianti che vogliamo (finta di tiro e partenza, finta di tiro e partenza pari, finta di tiro partenza incrociata, arresto a due tempi all’indietro e tiro.
Esercizio “Martello”: Come il precedente, con il giocatore che esegue auto passaggio e si muove come nel taglio a “V” per andare a recuperare la palla. Esercizio “Caspoggio” (Back door guardia - ala in continuità): Giocatori disposti come da diagr. 44. 1 senza palla si muove verso palla, per poi tagliare back door, riceve da 2 e conclude a canestro. 2 esegue lo stesso movimento con 3. Continuità. Chi tira cattura il rimbalzo e cambia fila. Esercizio “Maravich”: Giocatori disposti come da diagr. 45. 1 tira in continuità con 2 e 3 che lo riforniscono del pallone.
Esercizio “Caspoggio” (serie): Giocatori disposti come da diagr. 46. 1 passa a 2 per tagliare dritto e ricevere il passaggio di ritorno e tirare a canestro. Variante 1: come il precedente con 1 che dopo aver ricevuto finta il tiro ed esegue partenza incrociata. Variante 2: 1 esegue back door. Esercizio 2 > 0 (serie auto passaggio): Giocatori disposti come da diagr. 47. 1 esegue auto passaggio alla sua destra o alla sua sinistra, 2 si muove dall’altra parte con la giusta spaziatura. 1 conclude a canestro, mentre 2 sale verso il centro per togliere l’aiuto. 39
Variante 1: giocatori disposti come da diagr. 48; 1 penetra e scarica per 2, che nel contempo è sceso verso l’angolo oltre la linea dei tre punti.
Esercizio “Clock” (serie Tracuzzi): Giocatori disposti come da diagr. 49. 1 può penetrare verso il centro o verso la linea di fondo. 2 si muoverà in modo tale da conservare la giusta spaziatura (come le lancette dell’orologio). Esercizio “Duke”: Giocatori disposti come da diagr. 50. 5 esegue nell’ordine: taglio flash, ricezione e tiro; blocco cieco, seconda linea di passaggio, ricezione e tiro; taglio in post alto, ricezione e tiro (diagrammi 51 53).
Esercizio “Messina”: Giocatori disposti come da diagr. 54. I giocatori lavorano prima senza difesa sulle tre possibili letture della situazione di blocco. Poi il Coach difende sul bloccante, poi sul bloccato. A questo punto si inserisce la difesa su 3 e 5, ed infine si gioca 3 >3.
Esercizio “Alto - basso”: Giocatori disposti come da diagr. 55. Il Coach si sposta in palleggio su un lato, il giocatore su quel lato sale in post alto, mentre l’altro taglia flash in post basso, chi riceve passa al compagno che conclude. Esercizio “Feed the post”: Giocatori disposti come da diagr. 56. 5 decide di portarsi in post basso a destra o a sinistra; 1 si sposta in palleggio su quel lato, per poi passare a 5 che conclude. Giusta tecnica del passaggio. Esercizio “Blocchi ciechi - Feed the post” : Giocatori disposti come da diagr. 57. 1 si sposta in palleggio su un lato, il giocatore posizionato su quel lato porta un blocco cieco al terzo giocatore, che si è posizionato sul gomito della lunetta. Due linee di passaggio, chi riceve conclude (diagr. 58).
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Esercizio “Piva” (blocchi ciechi in continuità): Giocatori disposti come da diagr. 59. 1 blocca per 2, si gira riceve da 3 e tira. 1 cattura il rimbalzo e va in fondo alla fila di 3, mentre questi va in fondo alla fila di 1. 2 blocca per 4 (diagr. 60). Continuità. Esercizio “3 > 0 - passa e corri”: Giocatori disposti come da diagr. 61. 5 passa a 1 e corre in post basso sull’altro lato, 3 si posiziona in ala. Soluzioni 3 > 0 con questo schieramento. Variante: lo stesso con quattro giocatori, due perimetrali e due interni. Esercizio “4 > 4”: Giocatori disposti come da diagr. 62. Il quartetto in difesa nel momento che recupera palla, la passa al Coach, recupera il secondo pallone posizionato dal Coach a terra ed attacca su un nuovo quartetto.
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Gli esercizi Roberto di Lorenzo L’obiettivo della mia lezione è spiegare la funzione e l’uso degli esercizi e come creare un esercizio utile allo scopo che ci si prefigge. Lo scopo di un esercizio è di:
Ogni esercizio deve essere uno strumento per sviluppare la corretta esecuzione e l’adattamento alle situazioni di gioco dei fondamentali. Insegnare Nella prima fase dell’apprendimento si mira alla acquisizione di un nuovo movimento attraverso l’utilizzo di situazioni analitiche e globali. Per esempio, voglio insegnare i primi concetti dello spacing per il gioco libero: parto da un esercizio semplice con due giocatori con un pallone, auto passaggio del primo giocatore, con il secondo che si deve muovere per creare il giusto spazio per giocare 1 > 1. In questa prima fase propongo una serie di situazioni semplici in cui i giocatori eseguono dei movimenti prefissati, con la sola idea di occupare lo spazio in modo corretto. Nel proseguo dell’allenamento costruisco situazioni di collaborazione con tre e quattro giocatori, che richiedono una difficoltà maggiore. Automatizzare Nella seconda fase l’obiettivo è l’automatizzazione di un movimento, creare, cioè, un’abitudine motoria attraverso esercizi ripetitivi in situazioni differenti dal semplice al complesso. Per esempio, nell’insegnare lo spacing utilizzo lo stesso esercizio, rendendolo più complesso: chiedo ai due giocatori di interagire in modo creativo, si muoveranno con i movimenti appresi nella prima fase senza che sia io a suggerirli, ma saranno loro che dovranno reagire alle situazioni che si creano sul campo. Comincio a creare una situazione tattica, di scelta, senza però porre l’ostacolo avversario, ma suggerendola attraverso la lettura del comportamento del compagno. Perfezionare Nella terza fase si vuole ottenere il controllo tattico del movimento, utilizzare il fondamentale in funzione della situazione in campo. Per esempio, nell’insegnamento dello spacing questa è la fase degli esercizi con la difesa. Anche in queste esercitazioni c’è una gradualità da seguire: all’inizio si suggeriscono alternative semplici, si parte per esempio solo dall’1 > 1 con e senza la palla per insegnare a leggere la difesa, per poi passare alla collaborazione in taglio dopo aver passato la palla ed arrivare al gioco a due con la palla, il dai e segui e blocco sulla palla. Scelta degli esercizi Un esercizio deve rispettare questi punti: - semplicità e funzionalità - coinvolgimento mentale dei giocatori - organizzazione Semplicità e funzionalità Definire l’obiettivo dell’esercizio: deve servire a curare gli aspetti del gioco che mi interessano, meno sono i particolari coinvolti più è semplice verificare la corretta esecuzione e correggere. Limitare al massimo gli spostamenti inutili, ma finalizzare all’insegnamento tutto ciò che i ragazzi fanno nell’esercizio. L’esercizio non deve essere coreografico, ma ogni movimento deve servire a mettere a fuoco un aspetto di ciò che si vuole insegnare. Coinvolgimento mentale dei giocatori Anche negli esercizi più semplici cerco di abituare a fare le cose per una logica. Organizzazione Una accurata organizzazione dell’esercizio è necessaria per garantire l’efficacia e favorire la concentrazione dei giocatori. 42
Numero di giocatori coinvolti direttamente nell’esercizio Devo sapere che con molti giocatori in movimento contemporaneamente non è possibile seguire e correggere, ma troppi giocatori in attesa fanno abbassare l’intensità dell’allenamento. Per ovviare a questi problemi è bene organizzare in modo attivo le rotazioni. Tempi dell’esercizio I tempi dell’esercizio sono i tempi di lavoro, i tempi di recupero (tra un’esecuzione e l’altra) ed il numero delle ripetizioni. La previsione di questi dati mi da un’idea del tipo di lavoro che vado ad eseguire, la sua intensità ed il tipo di sforzo che i giocatori affrontano nel corso dell’esercizio. Rotazioni Devono essere quanto più semplici e funzionali al gioco della pallacanestro. Per esempio, nell’esercizio per lo spacing, al termine dell’esercizio voglio che si organizzino per andare uno a rimbalzo ed un secondo a coprire il contropiede, correndo a metà campo. In questo modo i tempi morti tra una esecuzione e l’altra diminuiscono ed ogni fase dell’esercizio, anche la rotazione, diventa funzionale all’insegnamento. Un altro espediente che si può utilizzare nel lavoro a metà campo è di trasformare in transizione offensiva la rotazione: chi conclude a canestro va in contropiede dall’altro lato, prima di ritornare in fila. Numero dei palloni usati I palloni devono essere lo stretto necessario per evitare confusione e conseguente perdita di tempo. Un pallone in meno è sempre meglio che uno di troppo, si può prevedere di fare arrivare il pallone in fila con una serie di passaggi come, per esempio da uno sviluppo iniziale di contropiede. Principi per la costruzione di un esercizio L’obiettivo (lo spacing) La definizione dell’obiettivo nasce dal lavoro in palestra e dall’analisi delle partite, del comportamento dei giocatori. Per esempio, nel corso di questi anni la maggior difficoltà incontrata nell’insegnare il gioco libero alle mie squadre è stata l’incapacità dei giocatori a muoversi in modo coordinato, con e senza palla, senza ,cioè, ammassarsi in un fazzoletto. Devo definire se è un: - elemento semplice, un particolare di un fondamentale individuale, una determinata situazione di collaborazione. Per esempio, la mano guida nel tiro, la lettura di uno specifico comportamento difensivo. - elemento complesso, per valutare l’opportunità di scomporlo in più elementi, una carenza grave in un fondamentale, una situazione di gioco complessa da analizzare in tutti i particolari. Per esempio, insegnare il terzo tempo, la lettura del blocco cieco. O anche lo spacing che è legato alla capacità di occupare lo spazio ed alla conoscenza di molti fondamentali: - uso dei piedi, equilibrio del corpo - cambio di direzione e velocità -1>1 - palleggio - passaggio È, quindi, una buona occasione per allenare tutti i fondamentali. Va insegnato in modo graduale. Il livello degli atleti cui proporre l’esercizio In base a questo definisco il linguaggio e gli strumenti di intervento. A livello giovanile tutto deve essere ricondotto ai fondamentali individuali. Per esempio, essendo un lavoro composto di elementi semplici, la base di partenza è uguale per tutti, il livello di sviluppo degli esercizi andrà poi graduato sulla maturità dei giocatori. Definire i particolari che voglio curare Il minor numero possibile. Per esempio, l’equilibrio in ogni sua manifestazione, occupare lo spazio, l’esecuzione dei cambi di velocità e di direzione, l’1 > 1. Sottolineo l’aspetto mentale, si lavora insieme ad un compagno. Sviluppo della sequenza Definire una sequenza per sviluppare gradualmente l’argomento, l’esercizio deve essere il più semplice possibile, costruendo una situazione che riproduca, quanto più possibile, la realtà del gioco. Scelta della sequenza base 1. Spiego al giocatore il principio base e chiedo di eseguire un solo movimento preordinato. 43
Per esempio, i due punti fondamentali sono il giocatore con la palla, che gioca 1 > 1, ed il giocatore senza, che deve occupare una posizione che gli permetta di collaborare con il compagno. Da questi elementi mi è nata l’idea di fare partire i due giocatori in fila, il primo con la palla ed il secondo senza: il primo lancia la palla in una delle due direzioni, spostandosi a raccoglierla per fronteggiare, mentre il secondo si deve muovere per prendere una posizione a tre - quattro metri. Come riferimento viene dato originalmente l’arco dei tre punti. Già in questo primo elemento c’è la necessità di muoversi in coordinazione non preordinata.
Una volta definita la sequenza base, si sviluppa l’esercizio attraverso differenti stadi. 2. Propongo nuovi elementi sempre sul principio base Per esempio, 1 > 1 con la palla e rotazione dell’uomo senza palla. - Differenti punti di partenza. - Passaggio al compagno, diretto e back door. 3. Lascio al giocatore la scelta Lettura, dopo avere proposto le prime soluzioni base si gioca 1 > 1 con e senza la palla in modo preordinato, si lascia ai giocatori la scelta coordinata delle soluzioni. 4. Inserisco un elemento esterno che dia una chiave di lettura al giocatore che dovrà imparare a trovare la soluzione che ritiene più convenite nella situazione proposta. - Propongo il lavoro in coppia in modo che la lettura nasca dal comportamento del compagno. - Inserisco una difesa passiva per dare la chiave di lettura, in un primo momento prefissata, poi variabile. Per esempio, un allenatore difende passivo sulla palla o sull’uomo senza, per dare la chiave di lettura. 5. Agonistico Per esempio, 2 > 2. La stessa sequenza può essere ripetuta per diverse combinazioni di movimenti con lo stesso ordine. Valutare il numero di atleti da coinvolgere. È una buona regola coinvolgere lo stretto numero indispensabile di giocatori in un esercizio, ben focalizzando il suo scopo. Per evitare che troppi stiano fermi a guardare si può: - utilizzarli come appoggi; - lavorare in più quarti di campo. - Prevedere una fase di rotazione funzionale all’apprendimento di abitudini funzionali al gioco (copertura del contropiede, transizione a tutto campo,ecc. ). Per esempio, la cellula base di una collaborazione è due, per cui sono partito da due giocatori, ho poi aggiunto un appoggio, quindi lavorato a tre, poi aggiunto un appoggio, infine 4 > 0. - Prevedere la rotazione dell’esercizio, che deve seguire una logica tecnica ben precisa. Per esempio, il giocatore più prossimo al canestro va a rimbalzo, mentre il secondo sprinta a metà campo per recuperare dal contropiede. Chi ha recuperato la palla, ritorna in fila in palleggio. Si può provare ad usare un pallone in meno e prevedere un passaggio di apertura all’uomo senza pallone in fila, aggiungendo così un elemento di passaggio di apertura. - valutare il numero dei palloni necessari. Un numero ridotto di palloni favorisce l’ordine dell’esercizio, quindi la concentrazione, migliora i tempi di lavoro, favorisce un’attenzione generale, essendo molti giocatori coinvolti nelle rotazioni che portano al recupero della palla. Spiego l’esercizio su di un lato ma lavoro su 2/4 di campo contemporaneamente, aggiungendo l’elemento traffico per abituare i giocatori alla giusta scelta di tiro. Se mentre sto penetrando a canestro vedo un compagno che sta recuperando la palla, devo essere pronto ad arrestarmi per non franargli addosso. È una situazione partita! Valutare l’opportunità di utilizzare degli appoggi, allenatori o giocatori. L’utilizzo degli appoggi rende più mirato l’esercizio, limitando le difficoltà dei giocatori. 44
Se come appoggio viene usato un allenatore si può rendere ancora più didattica la sua funzione, suggerendo delle soluzioni piuttosto che altre, cogliendo gli errori di esecuzione. Utilizzando i giocatori come appoggio si ottiene sia un miglioramento tecnico, sia nella comprensione del gioco, ed inoltre un maggiore numero di giocatori nell’esercizio. Gli appoggi possono avere una funzione: passiva, solo per eseguire un passaggio definito, indicare un tipo di taglio, ecc. attiva, dettare una soluzione di attacco con un passaggio, dettare una lettura all’attacco con una posizione difensiva. In questo caso si inizia solo con una determinata soluzione per poi passare ad un comportamento variabile. Per esempio, in un secondo momento si aggiunge un appoggio interno o esterno per cominciare a lavorare sulle collaborazioni a due senza palla. Lo stesso appoggio può essere usato negli esercizi di lettura per abituare i giocatore a non fermarsi se non ricevono palla; finta un passaggi, per cui il giocatore, come se fosse anticipato si deve muovere. L’appoggio può essere usato come posto di blocco, per insegnare la corretta esecuzione dei fondamentali in un taglio su di un blocco. - Definire i fondamentali. Definito l’esercizio riesamino i particolari dei fondamentali che vanno curati per essere certo che i punti base siano ben definiti. Per esempio, la prima cosa da curare è l’equilibrio ed il tempo delle spinte nei movimenti con e senza palla. La posizione nel fronteggiare. L’esecuzione del passaggio (fin dall’inizio gli allenatori ostacolano i passaggi. Il lavoro dei piedi nelle ricezioni. Le conclusioni di tiro). Proseguendo nella scelta delle soluzioni, la stessa analisi va adattata alle situazioni proposte, sempre però insistendo sul particolare elementare per dare una chiave di lettura generale. I giocatori devono essere abituati ad effettuare una verbalizzazione dell’esecuzione dell’esercizio, a posteriori, con l’utilizzo degli stessi elementi fondamentali. Per ottenere questo è importante focalizzare dalla spiegazione questi particolari, invitando i giocatori a percepire ciò che fanno nelle prime esecuzioni. Un altro punto base è legato al fornire ai giocatori di punti di osservazione che permetta loro una scelta anticipata dei movimenti da eseguire. Per esempio, mentre un giocatore fronteggia, il compagno sa che quello è il momento di offrire un bersaglio di passaggio, se il difensore anticipa, il compagno potrà giocare 1 > 1, se il difensore aiuta potrà ricevere. Conclusioni In conclusione voglio sottolineare che: 1. i fondamentali devono essere gli elementi su cui costruire gli esercizi; per una corretta lettura di uno esercizio osserviamo l’esecuzione dei fondamentali. In particolare, l’equilibrio ed il ritmo con cui vengono eseguiti piuttosto che la velocità. 2. in tutti gli esercizi cercare di inserire degli elementi di impegno mentale per i giocatori; chiarire i principi generali del gioco da cui derivare le risposte. 3. il lavoro così impostato permette di destinare al miglioramento dei fondamentali la gran parte del tempo degli allenamenti, migliorando nello stesso tempo il gioco di squadra. 4. lo sviluppo della coscienza individuale negli esercizi favorisce la crescita individuale dei nostri giocatori; ricordiamoci della loro unicità e cerchiamo di sviluppare la loro creatività e non la nostra prepotenza.
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Psicologia applicata allo sport: la preparazione psicologica nel basket Tommaso Biccardi Premessa Nel percorso formativa triennale dei corsi CNAG e nell’esperienza dell’anno scorso di Madonna di Campiglio, sono state analizzate le seguenti tematiche: · psicologia dell’età evolutiva; · motivazione e frustrazione; · concetto di gruppo/squadra e sua gestione; · ruolo dell’allenatore, sua crescita personale e professionale, influenza sulla squadra. Come più volte abbiamo ricordato, allenare è una attività complessa: si lavora con persone e, quindi, con tutti i problemi relativi alle relazioni umane. Il processo storico di concepimento/sviluppo del basket presenta una serie di distinte fasi e relativi modelli interpretativi: 1ª fase pedagogica (Naismith, la nascita di questo sport); 2ª fase tecnica (fino agli anni ’40: blocchi, tiro in sospensione, … ); 3ª fase tattica (anni ‘50-’70: le difese, i vari tipi d’attacco); 4ª fase atletica (anni ‘70-’80 potenziamento fisico massimale: Erving, Jordan); 5ª fase psicologica (sviluppatasi molto lentamente a partire dagli anni ’60). Ciascuna fase storica ha contribuito alla costruzione di uno o più modelli interpretativi del gioco. Il modello psicologico resta, probabilmente quello più arretrato; il suo sviluppo sarà punto di passaggio decisivo per migliorare il nostro sport. Concludiamo questa breve introduzione di carattere teorico, sottolineando l’importanza di modelli consapevoli di interpretazione/riduzione della realtà in quanto è sempre più chiaro che ognuno di noi ha/produce una sua teoria e che essa influenza il proprio agire. La realtà viene letta e filtrata attraverso modelli. La preparazione psicologica del basket Oggi e domani percorreremo l’ultima tappa di questo viaggio informativo sulla psicologia applicata al basket, prima di trattare l’aspetto metodologico, devo dare alcune informazioni sull’idea di uomo (antropologi) che guida i miei interventi e sui motivi che mi fanno ritenere necessaria una preparazione psicologica dei giocatori, dei coach, dello staff e di altre figure del sistema sportivo. Le discipline scientifiche che studiano la persona umana hanno cercato di superare il dualismo cartesiano mente - corpo. Un modo per superarlo è stato il considerare l’uomo solo nei suoi aspetti osservabili e misurabili; in tal modo, per evitare la complessità strutturale, si è semplificato tanto da ridurlo a macchina (ottica materialistica). Di contro, il modello che propongo, riporta la persona alla sua interezza di unità psicofisica, con tale definizione intendo affermare che quanto più questa unità è funzionale, tanto più i comportamenti dell’individuo sono efficienti. Ottica intra - personale Dal punto di vista intra - personale si considera l’uomo nella razionalità (Ra), fantasia (Fa), emotività (Em), corporeità (Co). Per razionalità va inteso l’uomo che pensa (idee, teorie, cultura), per fantasia l’uomo che nel suo aspetto creativo ed innovativo; per emotività le emozioni che avverte nel rapporto con il mondo e con gli altri (emozioni di base sono paura, rabbia, tristezza e gioia); per corporeità l’uomo come sensazioni muscolari e sistema osseo che riceve da sé e da gli altri stimoli e che attraverso la coordinazione di ossa e muscoli, produce piccoli e grandi movimenti, volontari e/o involontari (vedi figura n. 1). Questi livelli di struttura di personalità si influenzano reciprocamente e le loro interazioni generano comportamenti funzionali o disfunzionali. Esempi Un uomo spaventato può avere una muscolatura rigida, può sollevare le spalle, mantenendo questo atteggiamento per molti anni così da riportare rigidità nelle spalle e nella schiena con assenza di armonia (coordinazione) nei movimenti che richiedono il coinvolgimento di tali settori corporei (iterazione livello corporeo - livello emotivo). Ancora, un uomo spaventato può abitualmente avere lo sguardo basso e/o fisso, con scarsi movimenti oculari, con conseguente difficoltà nella percezione degli stimoli esterni. Un tale
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atteggiamento comporta una limitazione alla capacità di produrre strategie comportamentali adeguate alla situazione esterna non percepita (interazione livello emotivo-corporeo-razionale). Un uomo può avere pensieri tipo: “Non sono capace … sono proprio stupido!!” o ancora “Sono egoista e cattivo … “, o “Nessuno mi capisce … gli altri vogliono farmi del male; non posso fidarmi di nessuno!!!”. Questi pensieri che sono generalmente il prodotto di esperienze precoci legate a figure genitoriali significative, stimolano a livello emotivo rabbia e/o paura, con conseguenti atteggiamenti corporei e comportamentali; tali comportamenti spesso possono non avere alcun legame con la situazione attuale vissuta dalla persona, ad esempio completamente inconsapevoli, risultano disfunzionali al contesto. La peculiarità in questi esempi è l’inconsapevolezza. Essa rende difficile, se non impossibile, in assenza di qualcuno che comprenda i comportamenti agiti e i diversi livelli che li sottendono, il controllo e quindi la modifica, in una direzione di funzionalità, dai comportamenti disfunzionali. Modello strutturale di personalità di Giovanni Ariano
Ottica inter - personale Da un punto di vista interpersonale, intendiamo focalizzare come interagiscono le diverse strutture di personalità tra loro e come si influenzano. A seconda che una persona sia più razionale o emotiva, avrà atteggiamenti relazionali identificabili nel momento integrato come comportamenti genitoriali, adulti o infantili; più specificatamente vogliamo dire che ci sono persone, per esempio “razionali”, che nel “relazionarsi con …”, utilizzano la modalità del “prendersi cura di …”; altre per esempio “emotive” che nel “relazionarsi con …”, ottengono migliori risultati nel “farsi prendere cura da …”. Esempi È importante che se un giocatore ha una modalità relazionale di tipo razionale-genotoriale, l’allenatore sia capace di utilizzare nel dirgli istruzioni un tipo di comunicazione che tenga presente la struttura della personalità del giocatore; più concretamente un modo di dire “Che ne pensi se utilizziamo questo
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movimento?” (atteggiamento collaborativo), sarà più efficace di dirgli: “Fa questo!” (atteggiamento impositivo). Con un giocatore sul versante emotivo - bambino, l’allenatore deve essere più deciso, ma anche più rassicurante nel passare istruzioni. La complessità delle interazioni a livello intra - personale e interpersonale, non è comunemente oggetto di studio di coloro che si rifanno al pensiero materialista: essi tendono alla spiegazione dei soli dati immediatamente osservabili e “consapevoli”. Nel passato le scienze applicate allo sport avevano fondamentalmente questa ottica; non a caso la fisiologia e la metodologia dell’allenamento, la medicina dello sport in genere, si limitavano ad intervenire strettamente solo sull’area corporea, scindendola dai restanti livelli della persona (vedi figura n. 1). Per esempio il medico poteva soffermarsi su un paramorfismo del giocatore (atteggiamento scoliotico o piedi “piatti”), il tecnico su come questa postura alterata influenzava l’ottimizzazione del gesto tecnico (per esempio nel tirare), ma senza entrambi ipotizzare che le costruzioni muscolari, le vere cause dell’assetto disfunzionale, potevano essere dovute a problemi emotivi della vita passata del giocatore non consapevoli e non risolti. Guardare dunque il giocatore come una persona globale che vive in un contesto (vedi figura n. 2) e che integra il livello Ra - Fa - Em - Co (ottica solistica), ci consente una maggiore discriminazione delle problematiche che lui porta e, quindi, la possibilità di scegliere l’intervento specifico per migliorare la sua prestazione in campo. Mappa dei rapporti tra i sistemi ed i sotto sistemi del mondo sportivo che influenzano i giocatori
Obiettivi operativi · Pianificare la preparazione psicologica di pari passo a quella tecnica e fisica. · Concordare con il coach, l’assistente, il metodologo ed il medico i tempi ed i modi. · Adeguare l’intervento al tipo di squadra costruita e agli obiettivi che il coach persegue. · Individualizzare gli interventi (a seconda della struttura di personalità del giocatore e del coach). 48
Collaborazione con il coach, l’assistente, il metodologo e il medico L’esperienza mi ha convinto che coltivare solo il proprio orticello non serve a nessuno: né alla squadra, né al tecnico, né a ciascun membro dello staff. In più ogni intervento sul giocatore è inevitabilmente tecnico, motorio, biologico, psicologico; intendo dire che ciascun esperto sia altamente esperto nel suo ambito. Non di meno, però, dovrebbe esserci una possibilità di comunicazione tra i rispettivi responsabili per poter valutare quando, come e perché le problematiche di uno specifico settore possono essere risolte con l’aiuto di altri settori. Esempi In un giocatore con tendenza agli incidenti (distorsioni, strappi muscolari, ecc.) si potrebbe ricercare la causa in uno scarso sviluppo muscolare dei settori che determinano quel movimento (area medico - motoria); ma potrebbe, invece, dipendere da una frammentazione dello schema corporeo, con conseguente disarmonia nel giocatore nei suoi movimenti (area psicologica). Un’ottica interdisciplinare che prevede la possibilità di guardare il singolo caso dai diversi punti di vista, rende un intervento adeguato. Per un giocatore “lento” il solo lavoro di potenziamento muscolare potrebbe non risolvere il suo problema. Guardare, invece, alla sua struttura globale corporea, in particolare come usa gli appoggi dei piedi, come il bacino fa da cerniera tra gli arti inferiori, tronco e arti superiori, dipendentemente dalle sue problematiche emotive, potrebbe risultare utile per decidere un piano di lavoro che integri l’area tecnica, metodologica, psicologica e biologica. La consulenza psicologica al coach Il lavoro del coach è di primaria importanza, esso non consiste solo nel fornire un profilo psicologico del giocatore, ma, soprattutto, nell’esplicitare che il coach è una persona con una sua storia, che interagisce con la squadra e la influenza. Il focalizzare le problematiche inconsapevoli dell’allenatore e della sua relazione facilità la comunicazione e, quindi, il rendimento dei giocatori. Ciò significa lavorare sui postulati di fondo del coach e sulle sue emozioni di base: entrambi spesso se non esplicitati, producono ciò che io chiamo “innamoramenti” o “repulsioni” verso un giocatore; producono “alleanze” o “isolamento” nella squadra e favoriscono l’insorgenza di sottogruppi ostili tra loro. Quello che comunemente viene chiamata “simpatia” o “antipatia” se non gestita consapevolmente, influenza la scelta dei giocatori, il loro apprendimento e la loro resa agonistica, così pure i pregiudizi (“I ragazzi che giocano con la serie A, quando ritornano nelle giovanili non si impegnano!”) possono distorcere la realtà (“sono una banda di str… non mi cac.. proprio più!”). Da qui l’importanza per il coach di avvicinarsi al suo atteggiamento emotivo e alle idee che ha verso la squadra, in quanto si ritrova con i giocatori ad instaurare un rapporto che rassomiglia a quello tra padre e figli. I figli esprimono le parti più profonde dei genitori, così il coach passa ai giocatori le parti più profonde di sé. Egli produce un plagio a due livelli: uno consapevole a livello tecnico - tattico, l’altro (in genere meno consapevole) a livello emotivo - cognitivo. Questo non è né un bene, né un male, ma semplicemente esiste. Nella consulenza con il coach, vanno chiariti i valori che lui passa e come questi spesso contrastino con i valori inconsapevoli dei giocatori; ciò può sfociare in un conflitto sotterraneo che crea tensione tra le due parti, sino a causare cali nell’apprendimento e nella gara. La scelta dell’assistente Anche in questo caso gioca molto la sfera emotiva. Il coach può scegliere (inconsapevolmente) per: · condividere e confrontarsi; · avere un sostegno; · avere una vittima da tiranneggiare; · paura delle responsabilità; · complementarità (per esempio un coach molto freddo e razionale si sceglie un assistente caldo e passionale); · similarità (per esempio entrambi spaventati i arrabbiati). Anche in questo caso averne consapevolezza, fornisce alla “coppia” la possibilità di poter crescere insieme e di aiutare la squadra a crescere, proprio come una coppia genitoriale ben affiatata. Individualizzare gli interventi a seconda del coach e dei giocatori Nel perseguire questo obiettivo ho bisogno di: · farmi un’idea (diagnosi struturale e dinamica) del giocatore. Cioè apprendere il suo funzionamento nei diversi livelli Ra - Fa - Em - Co e come questi livelli interagiscono tra loro. Comprendere come le relazioni del passato con le figure genitoriali significative, abbiano influenza sia nella sua struttura di personalità sia sulle relazioni che intrattiene con il coach, i compagni di squadra e lo staff. Costruire una strategia d’intervento. 49
· farmi un’idea del sistema squadra, delle dinamiche che intercorrono tra i giocatori, tra coach, assistente e giocatori; di come si influenzano reciprocamente. Costruire una strategia d’intervento. · farmi un’idea tra sistema squadra e gli altri sistemi del contesto sportivo. Rapporti con lo staff, con i dirigenti ecc., costruire una strategia di intervento. Metodologia dell’allenamento psicologico (A.P.) L’ottica sistemica consente, nella pratica, di focalizzare la “parte giocatore” per esempio relazionandola ad altre parti del tutto. Con il coach, il compagno di squadra, il pubblico, i genitori, ecc. Cercherò di descrivere gli interventi che opero a secondo del sotto sistema che evidenzio rispetto agli altri, cioè alla parte che rendo “primo piano” rispetto alle altre che restano momentaneamente sullo sfondo (vedi figura n. 2). Lavorando con persone poi, ho bisogno di un modello di funzionamento delle persone, così come il meccanico per intervenire su un auto, si avvale del modello di funzionamento dei motori a scoppio. Il modello da me utilizzato è quello integrato di Giovanni Ariano. L’applicazione del modello nelle relazioni umane permette di leggere il funzionamento della persona (e delle relazioni) lungo quattro livelli: comportamentali relazionali stereotipati G - A - B; linguaggio dell’energia abitualmente usato Ra - Fa - Em - Co, (vedi figura n. 1). Fasi dell’allenamento psicologico · Fase informativa · Fase diagnostica · Fase di riflessione e confronto (con il tecnico, il metodologo, il medico) · Fase operativa Fase informativa Lo scopo è fornire informazioni sulla preparazione psicologica: · al coach ed all’assistente attraverso colloqui individuali; · allo staff con riunioni di gruppo; · ai giocatori con colloqui di gruppo e individuali. È indispensabile informare e motivare i giocatori (e lo staff) all A.P. Preferisco dare le informazioni sui colloqui individuali, sui test psicologici e sulle regole di etica professionale che governeranno il nostro rapporto in gruppo; sempre in gruppo organizzo gli incontri con i giocatori e lo staff, gli appuntamenti per i colloqui ed i test, la scelta dell’ambiente. Informo sul tipo di colloquio, di test che somministrerò ed il loro scopo. Fase diagnostica Per un qualsiasi intervento è indispensabile avere un’idea consapevole di cosa fare, con chi, quando, come ed ipotizzarne le conseguenze. Per costruire la mia idea del singolo e della squadra utilizzo: osservazione diretta dell’allenamento e della partita · focalizzazione del giocatore (struttura corporea, atteggiamento emotivo di base, capacità percettive e tattiche, comportamenti motori e tecnici stereotipati). Tipo di relazioni che ha tecnico compagni di squadra assistenti staff dirigenti · focalizzazione sulla relazione allenatori - giocatori. Tipo di relazione, chi tra i due si prende cura dell’altro? Chi ha più senso di realtà e capacità di valutazione? Chi invece si affida i si lascia guidare? Capacità comunicative e linguaggi preferii da ciascuno (Ra - Fa - Em - Co); emozioni di base nella “coppia”; competenza del coach nell’uso dei feedback. Capacità empatica del coach nel dare feedback. Capacità di fare da “modello” a: livello cognitivo (saper far pensare, insegnare ai propri giocatori a costruirsi strategie); livello comportamentale (gestire le proprie emozioni, i rapporti sociali); livello etico (valori, norme). · focalizzazione sulle dinamiche di squadra. Esistenza di “coppie”; “innamoramento” e rivalità. Giocatori che danno sostegno, giocatori che vanno sostenuti, alleanze simbiotiche, simbiosi costruttive e simbiosi distruttive. Colloqui e test Da 1 - 3 colloqui (psicologici) 50
Test della Figura Umana (F.U) Test squadra Test di Raven (per l’intelligenza) Reattivo delle forme identiche (per la capacità attentiva e discriminatoria) Se necessari Test di P.N. (per capire la personalità) Test di Rosarch (per capire la personalità) La batteria di test sopra elencata indaga la sfera razionale, fantastica ed emotiva della persona. Sono elencati dal più semplice al più complesso rispetto ai tempi di somministrazione e di correzione; non li uso su tutti a priori, ma a secondo dei problemi che rilevo, passo a successivi approfondimenti. Le ulteriori indagini sono a cavallo tra l’area biologica e psicologica. Per esempio l’uso delle foto per la postura, le impronte dei piedi e la spirometria. Fase di riflessione e confronto Consiste nella sintesi, mirata ad una “diagnosi” multi - disciplinare del giocatore, dai dati acquisiti nella prima fase, integrati dai dati dei test clinici (area medica), dei test motori (area metodologica) e delle abilità tecnico – tattica (area tecnica). Lo scopo è che ciascun esperto abbia chiaro cosa concretamente fare, in concerto con i colleghi ed i tecnici per aiutare il giocatore a sviluppare le sue aree deficitarie. Le strategie le tecniche di intervento prese collegialmente si traducono sia in un profilo multidisciplinare del giocatore a disposizione dei tecnici e dello staff; sia in piani di lavoro individuali da realizzare con il giocatore. Fase operativa · Lavoro con i giocatori · Consulenza con coach/assistente · Collaborazione con lo staff Lavoro con i giocatori Attraverso colloqui individuali, do informazioni ai giocatori sui risultati dei test nelle varie aree, ed in particolare sulla sua struttura di personalità. Chiarisco che le informazioni più delicate (o che il giocatore non desidera che siano divulgate) reitereranno segreto professionale. Le altre, invece, convergono nel suo “profilo psicologico”, a disposizione del coach e dello staff. Ripeto che tutto questo (profilo psicologico, motorio e tecnico) viene fatto in funzione della sua crescita personale e professionale. In questo processo di crescita, chiarisco che lui è parte attiva e responsabile. Che se vuole migliorare deve assumersi l’impegno di lavorare sulle aree giudicate meno sviluppate. Questa premessa è necessaria prima di costruire con il giocatore un piano di lavoro individualizzato e adatto veramente a lui. Solo dopo questi passi si può lavorare con esercizi di sensibilizzazione (stretching) e di rilassamento (respirazione), o focalizzare i comportamenti tecnici e tattici da modificare, sul costruire strategie per il cambiamento e sul focalizzare parti del corpo da: · potenziare; · coordinare con altre; · sensibilizzare; · rendere flessibili (rilassare), sull’accedere alle idee di fondo (verso il sé e gli altri). Su come queste idee ed emozioni, influenzano nel bene e nel male le sue relazioni con i tecnici e i compagni di squadra e come esse possono limitare o esaltare le sue capacità di apprendimento e di resa agonistica. Spiego che nell’A.P. si sono momenti in si potrà sentire confuso e disorientato (spaventato), ma informo che sono passaggi normali, tipici di ogni processo di cambiamento. Lavoro con il coach A seconda del livello di formazione psicologica del tecnico, ma anche dalla sua motivazione, dal tempo a disposizione, dalla durata del rapporto, dalla distanza geografica, posso stabilire il tipo di intervento più adatto ovvero: · informazioni occasionali; · informazioni stabili; · utilizzo e verifica nella pratica delle nuove acquisizioni; · modifica di atteggiamenti di superficie; · mettersi in discussione come allenatore; · modifica di atteggiamenti profondi nel lavoro e nella vita (mettersi in discussione come persona). 51
Utilizzo nella pratica dell’A.P. Gli interventi, se efficaci, devono produrre cambiamenti in tre direzioni: gestione di sé (ansia pre-gara, sintomi vari, emozioni ed idee di base più consapevoli), senso di realtà verso sé stessi ed il proprio lavoro, aspettative realistiche, programmazione del lavoro con obiettivi realistici; gestione della squadra, idee ed emozioni verso la squadra, pregiudizi, tendenza a : · negare; · delegare (ai giocatori, all’assistente, ai dirigenti); · affrontare il problema, verifica nella pratica del proprio stile comunicativo. Utilizzo di test e/o del modello di personalità, per farsi un’idea dei propri giocatori. Capacità di individualizzare l’allenamento e rapporto con l’assistente; gestione dell’ambiente, Rapporti con lo staff (tendenza ad essere collaborativi o competitivo, emozioni ed idee verso lo staff, “alleanza” con chi, “ostilità” verso chi, coordinare, esplicitare i ruoli, tracciare i confini sulle proprie competenze e responsabilità), rapporti con i dirigenti (idee ed emozioni verso i dirigenti), esplicitare i ruoli, tracciare o confini sulle proprie competenze e responsabilità rapporti con altri allenatori: · colleghi del Settore Squadre Nazionali; · colleghi del club; · colleghi in formazione, idee ed emozioni verso essi, valutazione delle loro motivazioni rispetto ad un progetto comune, disponibilità ad una formazione continuativa, disponibilità ad una collaborazione continuativa (per i tecnici di club), disponibilità ad una formazione e supervisione (per i tecnici in formazione). Inevitabilmente, l’utilizzo dei nuovi comportamenti provoca, sia nell’allenatore, sia nelle persone che lo circondano (giocatori soprattutto), cambiamenti, stabilizzando quelli già appresi. In tal modo un “nuovo fare” spinge sempre verso un “nuovo essere”. Questo era il concetto centrale della lezione che ho tenuto nell’agosto ’93 a Madonna di Campiglio: ”Come crescere allenando”. Più un allenatore è motivato a crescere come professionista e come persona, più riesce a far crescere i giocatori e le persone che lo circondano ed ottenere dei risultati. Lavoro con lo staff Per staff intendo: masso fisioterapista, medico, metodologo, psicologo. Ciascuno possiede un campo di intervento ben definito e ciascuno ha rapporti con i giocatori ed i tecnici. Nel 1989 i medici dell’Alta Specializzazione si occupavano della prevenzione dei traumi, del pronto soccorso e dell’alimentazione. Nel 1993 i dott. Mauro Maiani e Alberto Ferrantelli hanno curato nella fase diagnostica il rilievo dell’impronte e le fotografie dei giocatori usando questo materiale a me utile per il suo profilo psicologico, per valutare i paramorfismi dei giocatori. Nel 1989 il metodologo guardava gli atleti soprattutto come macchine neuromuscolari da coordinare e potenziare. Concetti come propriocezione, respirazione consapevole, rapporto corpo - emozioni erano per lui innovativi. Nel 1992 il Professore Piero Mango a Caspoggio propone un modello di allenamento delle capacità senso - propriocettive che si fonde su concetti biologici e psicologici: lo stretching, le tecniche di rilassamento e di sensibilizzazione, diventano capisaldi nella sua metodologia dell’allenamento. Sono due esempi di come il lavoro interdisciplinare abbia influenzato i membri dello staff. Operativamente può essere utile per facilitare la collaborazione fra i singoli esperti, avviare un lavoro di formazione psicologica dell’intero staff nel quale si focalizzano principalmente le dinamiche interpersonali tra i membri stessi e con i giocatori, cercando di rinforzare le relazioni positive e funzionali ed evitare quelle distruttive e disfunzioni. Conclusioni Mi auguro di essere riuscito nel compito prefissomi: descrivere le idee, il metodo, le tecniche dell’A.P. e di come lo applico. Dell’importanza, in questo modello, di intervenire sulla struttura globale di personalità del giocatore e sul sistema nel quale vive. Solo una maggiore funzionalità intrapsichica e interpersonale produce una innalzamento della prestazione individuale e della squadra.
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Conclusioni del Superstage Roberto di Lorenzo In questo corso ho voluto presentare la mia idea di giocatore di basket: un giocatore capace di controllare tecnicamente e tatticamente i fondamentali individuali, interpretandoli in modo personale e creativo. I fondamentali individuali devono essere il linguaggio attraverso cui si esprimono e comunicano i giocatori di basket. L’allenatore deve utilizzare una metodologia di insegnamento che tenga conto delle fasi dell’apprendimento e dei differenti obiettivi: insegnare; automatizzare; perfezionare. Perché ciò avvenga, ho sottolineato l’importanza della comunicazione, intesa come scambio di informazioni tra individui, con l’intento di comprendersi l’un l’altro. Cosa c’è dietro l’esecuzione di un fondamentale, di un’azione di gioco? Lo studio dei processi mentali, che sono alla base di tutto ciò, ci può aiutare a comprendere meglio la modalità e le finalità del nostro lavoro. Abbiamo parlato di meccanismi che il cervello mette in atto per raccogliere informazioni, per elaborare un processo mentale, decidere la risposta motoria da emettere e controllarla. Ciascuno, atleta ed allenatore, ha un suo modo individuale, caratteristico di interpretare ed eseguire un movimento che ho definito gesto, intendendo con questo termine un movimento finalizzato, caratterizzato dalle caratteristiche individuali di chi lo esegue. Da una attenta analisi di questi processi, può nascere un nuovo approccio all’insegnamento. L’allenamento, in questa ottica, serve ad individualizzare e ritualizzare le prestazioni degli atleti, la partita è per loro il momento di competere, per gli allenatori è l’occasione di osservare e trovare gli spunti per organizzare il successivo allenamento. Il concetto di individualizzare deve guidare costantemente il nostro lavoro di allenatori: l’allenatore di basket deve essere un buon istruttore di sport individuale in uno sport di squadra. Perché ciò avvenga, ho presentato una serie di esemplificazioni pratiche di come strutturare il nostro allenamento nelle diverse fasi: lavoro individualizzato per il miglioramento dei fondamentali individuali; come creare un esercizio; la costruzione di un gioco di squadra per letture, attraverso il lavoro per il miglioramento dei fondamentali individuali. Il lavoro sull’individuo sottintende uno sviluppo armonico di tutte le sue componenti: tecniche, fisiche e psicologiche. Voglio sottolineare che la psicologia deve essere qualcosa che vi da degli strumenti per elaborare delle azioni sul campo, e non una scienza magica che risolve i problemi.
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